TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 25 di Mercoledì 29 maggio 2013

 
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MOZIONI CONCERNENTI L'AVVIO DEL PERCORSO DELLE RIFORME COSTITUZIONALI

   La Camera,
   premesso che:
    il Presidente del Consiglio dei ministri nelle sue dichiarazioni programmatiche ha sottolineato l'assoluta priorità di una modifica della vigente legge elettorale;
    tale priorità, pur formalmente enunciata anche nella XVI legislatura, non ha condotto, nonostante l'impegno di molti, a risultati concreti;
    occorre, dunque, che la Camera dei deputati, pur nel rispetto dell'iniziativa governativa, si attivi immediatamente per esaminare le numerose proposte di legge in materia che, a partire dall'inizio della XVII legislatura, sono state depositate da deputati appartenenti a diversi gruppi parlamentari;
    il tema della riforma della legge elettorale è urgente e di grande rilievo: da un lato, infatti, non possono essere disattese le profonde e diffuse aspettative del corpo elettorale anche in relazione ai contenuti della recente campagna elettorale e agli autorevoli richiami in tal senso del Capo dello Stato, dall'altro occorre intervenire improrogabilmente sulla questione del premio di maggioranza, così come raccomandato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 15 del 2008. In tale pronuncia la Corte costituzionale ha ritenuto doveroso «segnalare al Parlamento l'esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi»;
    l'elevato numero di sottoscrizioni raccolte per la presentazione di quesiti referendari in materia elettorale nel 2009 e nel 2011, sebbene gli esiti delle relative consultazioni siano stati negativi (nel primo caso non è stato raggiunto il quorum prescritto dall'articolo 75, quarto comma, della Costituzione, nel secondo caso i quesiti sono stati dichiarati inammissibili dalla Corte costituzionale), dimostra come sia diffusa già da tempo nell'opinione pubblica la convinzione che l'attuale sistema elettorale debba essere rapidamente cambiato;
    i recenti risultati elettorali hanno definitivamente evidenziato come l'attuale legge sia del tutto inidonea al raggiungimento di un risultato elettorale che garantisca la governabilità del Paese;
    nell'attuale complessa situazione politica la legge elettorale costituisce di per sé un'emergenza istituzionale e rappresenta un presupposto necessario rispetto a qualsiasi altra riforma;
    in questo contesto, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, l'unica modifica al vigente sistema che possa coagulare in tempi brevi il consenso di un'ampia maggioranza parlamentare è il ritorno alla previgente disciplina, ovvero al cosiddetto Mattarellum; si tratta di una riforma da approvare subito per garantire che un'eventuale consultazione elettorale anticipata non si realizzi più con l'attuale legge elettorale, ma che allo stesso tempo potrà essere superata qualora in sede di riforme costituzionali si approdi a soluzioni che richiedano un sistema elettorale diverso,
impegna sé stessa ed i propri organi, ciascuno per le proprie competenze, ad esaminare ed approvare in tempi rapidissimi una riforma della vigente legge elettorale nei termini sopra evidenziati.
(1-00053)
«Giachetti, Antonio Martino, Migliore, Schirò Planeta, Schullian, Bueno, Luciano Agostini, Aiello, Airaudo, Amato, Anzaldi, Biffoni, Bini, Bobba, Boccadutri, Bonaccorsi, Bonafè, Bonavitacola, Bonifazi, Franco Bordo, Boschi, Bratti, Bruno Bossio, Capozzolo, Carella, Carra, Carrescia, Caruso, Casati, Casellato, Causi, Civati, Coccia, Coppola, Costantino, Dallai, Decaro, De Menech, Marco Di Maio, Di Salvo, Donati, D'Ottavio, Duranti, Ermini, Famiglietti, Fanucci, Faraone, Fedi, Fratoianni, Fregolent, Gandolfi, Gelli, Gentiloni Silveri, Giuliani, Gnecchi, Gozi, Gutgeld, Lacquaniti, Lavagno, Lotti, Madia, Magorno, Malpezzi, Manzi, Martelli, Melilla, Morani, Nardella, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Parrini, Pastorino, Peluffo, Salvatore Piccolo, Pilozzi, Piras, Quartapelle Procopio, Rampi, Realacci, Ricciatti, Rocchi, Rotta, Rubinato, Sberna, Scalfarotto, Taricco, Tentori, Vargiu, Venittelli, Ventricelli, Verini, Zan, Zanin, Zaratti, Rughetti».
(28 maggio 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    da diversi anni e da molte legislature, nel Paese e in Parlamento, è in corso il dibattito sull'opportunità di modifiche alla seconda parte della Costituzione, che ha dato anche luogo a diversi progetti di riforma costituzionale;
    i tentativi di riforma non sono mai sfociati nell'approvazione definitiva di modifiche costituzionali, in quanto spesso è mancato non solo il necessario ampio consenso parlamentare, ma anche, a monte, nonché nel corso dei lavori, la leale collaborazione tra i gruppi, in relazione a proposte in alcuni casi urgenti, oltre che condivisibili;
    tuttavia, non è venuta meno l'esigenza di interventi sulla nostra Carta fondamentale, essendo convinzione generale ormai che l'impianto studiato ed approvato dai Padri costituenti in materia di Ordinamento della Repubblica (parte seconda della Costituzione) richieda ormai una revisione, ferma restando la centralità del ruolo del Parlamento nel bilanciamento complessivo dei poteri e degli organi costituzionali;
    è assolutamente necessario un percorso volto a promuovere, in tempi celeri, una riforma della parte seconda della Costituzione (Ordinamento della Repubblica) che, in particolare, preveda:
     a) il mantenimento della forma di Governo parlamentare e la centralità del ruolo del Parlamento nel bilanciamento complessivo dei poteri e degli organi costituzionali;
     b) la riduzione del numero dei deputati e dei senatori;
     c) il superamento del bicameralismo perfetto, attraverso la trasformazione del Senato della Repubblica in Senato delle autonomie, ad elezione indiretta, composto dai presidenti e rappresentanti delle regioni, nonché dai sindaci delle città metropolitane e dei comuni più rappresentativi, nonché l'introduzione di ipotesi residuali di bicameralismo paritario nell'ambito del procedimento legislativo;
     d) la revisione dell'articolo 49 della Costituzione che ponga precisi principi e criteri in tema di democrazia interna e trasparenza dei partiti e, più in generale, delle organizzazioni politiche, onde garantire la puntuale attuazione dello stesso e l'adeguamento dei soggetti coinvolti;
     e) l'obbligatorietà dell'esame e del voto in tempi certi (entro tre mesi) delle proposte di legge d'iniziativa popolare, anche modificando sul tema il Regolamento della Camera dei deputati;
     f) l'introduzione di limiti più rigidi all'uso della decretazione d'urgenza da parte del Governo, provvedendo alla contestuale modifica del Regolamento della Camera dei deputati;
     g) la modifica del Titolo V (Le Regioni, le Province, i Comuni) e, in particolare, la revisione delle materie di competenza esclusiva delle regioni, riducendo drasticamente l'elenco delle materie di competenza concorrente tra Stato e regioni e introducendo la cosiddetta clausola di supremazia, nonché l'abolizione delle province, l'individuazione delle città metropolitane e la disciplina del loro ordinamento da prevedersi con legge statale;
     h) la sottoposizione a referendum popolare confermativo - con quesiti distinti per omogeneità di materia - delle leggi costituzionali e di revisione costituzionale, anche nel caso in cui queste siano approvate dalle Camere con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti;
    l'articolo 72, quarto comma, della Costituzione prevede che per le leggi di revisione costituzionale sia «sempre adottata» «la procedura normale di esame e di approvazione diretta» da parte delle due Camere;
    in nessun caso, tuttavia, sarebbe legittimo il deferimento dell'esame del provvedimento alla sede deliberante, nonché a qualsivoglia organo/organismo che privasse i parlamentari del pieno potere emendativo, in ottemperanza al principio di eguaglianza dei parlamentari;
    dall'ambito dell’iter parlamentare sulle riforme va svincolata la modifica della legge elettorale, rispetto alla quale si richiede l'intervento del legislatore in tempi brevissimi, anche alla luce della recente decisione della Corte di cassazione che, ritenendo rilevanti le questioni di legittimità costituzionale sollevate in relazione al cosiddetto porcellum, ha disposto l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale,

impegna il Governo

nel rispetto delle sue prerogative di iniziativa legislativa, a tener conto in maniera vincolante di quanto esposto in premessa, concorrendo con proprie proposte all’iter parlamentare sul tema delle riforme, rispetto al quale sono già depositate diverse proposte di legge dei diversi gruppi parlamentari.
(1-00054)
«Migliore, Pilozzi, Kronbichler, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Di Salvo, Duranti, Daniele Farina, Claudio Fava, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti».
(28 maggio 2013)

   La Camera,

delibera:

   di dare attuazione alle dichiarazioni programmatiche rese, in relazione alle riforme costituzionali, al Parlamento dal Presidente del Consiglio dei ministri e sulle quali ha ottenuto la fiducia, in particolare:
    a) «Al fine di sottrarre la discussione sulla riforma della Carta costituzionale alle fisiologiche contrapposizioni del dibattito contingente sarebbe bene che il Parlamento adottasse le sue decisioni sulla base delle proposte formulate da una Convenzione aperta anche alla partecipazione di autorevoli esperti non parlamentari e che parta dai risultati delle attività parlamentari della scorsa legislatura e dalle conclusioni del Comitato dei saggi istituito dal Presidente della Repubblica. La Convenzione deve poter avviare subito i propri lavori sulla base degli atti di indirizzo del Parlamento, in attesa che le procedure per una legge costituzionale possano compiersi. Dal momento che questa volta l'unico sbocco possibile su questo tema è il successo nell'approvazione delle riforme che il Paese aspetta da troppo tempo, fra diciotto mesi verificherò se il progetto sarà avviato verso un porto sicuro. Se avrò una ragionevole certezza che il processo di revisione della Costituzione potrà avere successo, allora il nostro lavoro potrà continuare. In caso contrario, se veti e incertezze dovessero minacciare di impantanare tutto per l'ennesima volta, non avrei esitazione a trarne immediatamente le conseguenze»;
    b) «Dobbiamo superare il bicameralismo paritario per snellire il processo decisionale ed evitare ingorghi istituzionali come quello che abbiamo appena sperimentato, affidando ad una sola Camera il compito di conferire o revocare la fiducia al Governo. Nessuna legge elettorale, infatti, è in grado di garantire il formarsi di una maggioranza identica in due diversi rami del Parlamento. Dobbiamo, quindi, istituire una seconda Camera - il Senato delle regioni e delle autonomie - con competenze differenziate e con l'obiettivo di realizzare compiutamente l'integrazione dello Stato centrale con le autonomie, anche sulla base di una chiara ripartizione delle competenze tra livelli di Governo con il perfezionamento della riforma del Titolo V»;
    c) «Bisogna altresì chiudere rapidamente la partita del federalismo fiscale rivedendo il rapporto fiscale tra centro e periferia, salvaguardando la centralità dei territori delle regioni». «Si può anche esplorare il suggerimento del Comitato dei saggi, istituito dal Presidente della Repubblica, per l'eventuale riorganizzazione delle regioni e dei rapporti tra loro».
(1-00055)
«Giancarlo Giorgetti, Bossi, Fedriga, Busin, Borghesi, Molteni, Marcolin, Attaguile, Prataviera, Grimoldi, Invernizzi, Allasia, Caon, Rondini, Buonanno, Caparini, Gianluca Pini, Matteo Bragantini».
(28 maggio 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    il tema delle riforme istituzionali, che accompagna il dibattito politico italiano dalla fine degli anni ’70, si intreccia oggi con le esigenze di rilancio della crescita economica e di rafforzamento della coesione sociale, ponendosi con esse al centro dell'attenzione del Parlamento e del programma di Governo;
    l'ammodernamento delle istituzioni repubblicane è condizione essenziale per favorire la stabilità del sistema politico e rendere più efficienti i circuiti decisionali di un sistema di governo multilivello tra Unione europea, Stato e autonomie territoriali assai più complesso e articolato che nel passato, elevando, per questa via, la qualità della vita democratica, la partecipazione dei cittadini e la trasparenza delle istituzioni;
    per avviare una stagione di riforme costituzionali di ampio respiro, occorre definire un metodo che consenta di affrontare, secondo un disegno coerente, le principali questioni sinora irrisolte, da ultimo richiamate nel discorso programmatico tenuto dal Presidente del Consiglio dei ministri innanzi alle Camere, concernenti la forma di Stato, la forma di Governo, il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari e la riforma del sistema elettorale, la quale – naturalmente – non potrà che essere coerente e contestuale con il complessivo processo di riforma costituzionale. Qualora si realizzino condizioni che rendono urgente un intervento in materia, occorrerà che lo stesso sia ampiamente condiviso;
    rilevata, pertanto, la necessità di definire tempestivamente, attraverso l'approvazione di un'apposita legge costituzionale, una procedura straordinaria di revisione costituzionale che permetta di avviare un lavoro comune dei due rami del Parlamento, di programmare una tempistica certa e in linea con le attese del Paese dell'esame dei progetti di legge di revisione della parte seconda della Costituzione, di assicurare un più largo consenso parlamentare in sede di approvazione degli stessi e di potenziare il controllo dei cittadini sul risultato finale del processo riformatore; una procedura, dunque, idonea a valorizzare il ruolo del Parlamento e ad assicurare la partecipazione diretta dei cittadini;
    preso atto dell'intendimento del Governo di avvalersi di una commissione di esperti per l'approfondimento delle diverse ipotesi di revisione costituzionale e dei connessi profili inerenti al sistema elettorale e di estendere il dibattito sulle riforme alle diverse componenti della società civile, anche attraverso il ricorso a una procedura di consultazione pubblica;
    valutato con favore il lavoro che stanno portando avanti i competenti organi delle Camere, al fine di pervenire in tempi rapidi all'approvazione di una riforma dei regolamenti parlamentari idonea a dare una prima efficace risposta alla domanda di modernizzazione delle istituzioni, nella prospettiva di una piena valorizzazione del Parlamento, di un efficace controllo sull'operato del Governo e di un più stretto raccordo con le istanze della società civile, anche al fine di elevare la qualità della produzione legislativa. In particolare, occorrerà superare l'eccessivo ricorso alla decretazione d'urgenza e a votazioni di fiducia su maxiemendamenti, salvaguardando, al contempo, le prerogative del Governo, cui deve essere riconosciuta la facoltà di attivare procedure che, senza comprimere il ruolo delle Camere, garantiscano tempi certi per l'approvazione dei disegni di legge di attuazione del suo programma, nonché rafforzando i diritti dei gruppi di opposizione e lo statuto regolamentare delle iniziative legislative popolari;
    richiamate le considerazioni espresse dal Presidente della Repubblica nel suo messaggio al Parlamento, formulato nel giorno del giuramento, circa la necessità di non «sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per sopravvivere e progredire la democrazia e la società italiana»,

impegna il Governo:

   a presentare alle Camere, entro il mese di giugno 2013, un disegno di legge costituzionale che, in coerenza con le finalità e gli obiettivi indicati nelle premesse, preveda, per l'approvazione della indicata riforma costituzionale, una procedura straordinaria rispetto a quella di cui all'articolo 138 della Costituzione, che tenda ad agevolare il processo di riforma, favorendo un'ampia convergenza politica in Parlamento. Il disegno di legge dovrà, altresì, prevedere adeguati meccanismi per un lavoro comune delle due Camere.
  In particolare, dovrà essere previsto:
    a) l'istituzione di un Comitato, composto da venti senatori e venti deputati, nominati dai rispettivi Presidenti delle Camere, su designazione dei gruppi parlamentari, tra i componenti delle Commissioni affari costituzionali, rispettivamente del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, in modo da garantire la presenza di ciascun gruppo parlamentare e di rispecchiare complessivamente la proporzione tra i gruppi, tenendo conto della loro rappresentanza parlamentare e dei voti conseguiti alle elezioni politiche, e presieduto congiuntamente dai Presidenti delle predette Commissioni, cui conferire poteri referenti per l'esame dei progetti di legge di revisione costituzionale dei Titoli I, II, III e V della parte seconda della Costituzione, afferenti alla forma di Stato, alla forma di Governo e all'assetto bicamerale del Parlamento, nonché, coerentemente con le disposizioni costituzionali, di riforma dei sistemi elettorali;
   b) l'esame dei progetti di legge approvati in sede referente dal Comitato bicamerale alle Assemblee di Camera e Senato, secondo intese raggiunte fra i due Presidenti;
   c) la previsione di modalità di esame, in sede referente e presso le Assemblee, dei progetti di legge che, fermo restando il diritto di ciascun senatore e deputato, anche se non componente il Comitato o componente del Governo, di presentare emendamenti, assicurino la certezza dei tempi del procedimento, con l'obiettivo di garantire che l'esame parlamentare sui disegni di legge di riforma si concluda entro 18 mesi dall'avvio;
   d) fermi restando i quorum deliberativi di cui all'articolo 138 della Costituzione, la facoltà di richiedere comunque, ai sensi del medesimo articolo, la sottoposizione a referendum confermativo della legge ovvero delle leggi di revisione costituzionale approvate dal Parlamento.
(1-00056)
«Speranza, Brunetta, Dellai, Pisicchio».
(28 maggio 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    la Costituzione repubblicana ed i valori supremi ad essa sottesi – per come esplicitati nei principi fondamentali della stessa – rappresentano il presupposto e la sostanza della nostra democrazia, la fonte primigenia dei principi, dei valori e delle regole alla base dell'ordinamento statale;
    tali principi sono identificabili nell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge; nel pieno riconoscimento della reale dignità di tutti i cittadini, motivo per cui la Repubblica si impegna a rimuovere gli ostacoli che potrebbero impedire l'effettivo sviluppo della persona e la reale partecipazione dei lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese; nel personalismo, inteso come attribuzione all'individuo della responsabilità etica, politica e giuridica per quanto egli faccia; nel pluralismo delle manifestazioni in cui si esplica la libertà del singolo, senza che queste possano pregiudicare l'egual diritto – possibile prima ancora che reale – di chiunque altro; nella giustizia sociale, in virtù della quale l'appartenenza alla medesima comunità riconosce ed accetta i limiti al profitto ed alla proprietà privati; nell'organizzazione «diffusa» ed equilibrata dei poteri, nonché nel sistema di garanzie;
    le Costituzioni, per definizione, sono dotate di senso unitario e coerente e lo sono per il concetto stesso di Costituzione. Nella consapevolezza che la prima parte della Carta costituzionale, contenente i principi fondamentali, non è affatto indipendente dalla seconda, risulta ormai evidente che singoli aspetti della parte seconda possano certamente essere oggetto di un intervento riformatore, ferma restando la piena validità del suo impianto complessivo e dei principi ad esso sottesi, delineati con sapienza ed equilibrio dai nostri Padri costituenti;
    il dibattito culturale e politico del periodo più recente, compreso l'attuale, ha indebitamente «scaricato» sulla Costituzione il grave onere dell'inadeguatezza dell'ordinamento statale vigente, attribuendole una vetustà presunta per occultare responsabilità che ricadono, invece, sulla classe politica, rea, nella prassi quotidiana, di aver mortificato la Costituzione. La totale inefficienza del nostro sistema istituzionale, lungi dall'essere attribuibile alla nostra Carta fondamentale, trova origine nella caratterizzazione marcatamente castale del sistema partitocratico, segnato dalla sua assoluta autoreferenzialità, causa dell'enorme scollamento tra cittadini e politica;
    norme sulla regolazione dei conflitti di interessi, sull'incandidabilità dei condannati e sulla lotta alla corruzione avrebbero già da tempo potuto cambiare il volto morale e politico del Paese, a Costituzione vigente. Tali enormi questioni sono state invece – e dolosamente – lasciate immutate dal sistema dei partiti che oggi, indegnamente, propone di modificare la Carta costituzionale;
    l'attuale «potere costituente», ovvero il Parlamento repubblicano, risulta essere stato eletto con legge costituzionalmente viziata, come sostenuto dallo stesso Presidente della Corte costituzionale. Tale circostanza, indebolendo significativamente la legittimità morale e politica del riformatore costituzionale, non può che abilitare le Camere ad intervenire limitatamente su alcune significative questioni unanimemente sentite dal popolo italiano, senza, però, scardinare il sistema della forma di Stato e forma di Governo vigenti;
    la scelta di interventi limitati ad alcune emergenze critiche, anche se di notevole portata, appare conforme alla corretta lettura dell'articolo 138 della Costituzione, che impone revisioni costituzionali circoscritte e fornite, comunque, di una matrice univoca ed omogenea; a tal riguardo, è ormai riconosciuto unanimemente dalla dottrina costituzionalistica che le leggi di riforma costituzionale debbano dotarsi di contenuto «specifico» ed «omogeneo», anche e soprattutto in forza del referendum confermativo previsto nell'ambito del procedimento vigente di revisione costituzionale;
    sul piano del metodo, pertanto, la materia istituzionale e, conseguentemente, l'approvazione di leggi di revisione costituzionale, oltre a richiedere una larga condivisione, non possono che risolversi pienamente nella procedura di cui all'articolo 138 della Costituzione. L'organismo abilitato per riformare la Costituzione è uno ed uno soltanto, scritto proprio nella stessa Carta, e cioè il Parlamento repubblicano, nelle sedi proprie, già disciplinate dai regolamenti parlamentari, cui si aggiungono i cittadini elettori, in virtù della possibilità di referendum popolare confermativo;
    vincolare le modifiche costituzionali a procedure istituzionalmente e temporalmente «aggravate», sottraendo determinati contenuti costituzionali al potere stesso di revisione, non può considerarsi in alcun modo scelta antidemocratica, ma fa parte dell'essenza stessa della democrazia costituzionale, essendone, addirittura, il logico presupposto;
    oltre a risultare non conforme al dettato costituzionale e allo spirito della stessa Carta, un qualsiasi iter di revisione della Costituzione al di fuori delle sedi parlamentari ordinarie, si dimostrerebbe del tutto inefficace (si ricordino le esperienze in tal senso nel corso della storia repubblicana più recente), in forza dell'inevitabile sovrapposizione di ruoli e di funzioni di nuovi organi rispetto a quelli già oggi esistenti ed operanti. Dunque, assurdo ed irragionevole risulterebbe intraprendere l’iter di una legge costituzionale volta all'introduzione di organi particolari, dotati di specifici poteri, poiché questa procedura rappresenterebbe una palese invenzione «gattopardesca», al di fuori sia della Costituzione che della razionale sensatezza;
    del tutto improprio appare un coinvolgimento diretto, formale e sostanziale, del Governo nell'ambito della revisione costituzionale: materia, questa, che dovrebbe essere di appannaggio esclusivo del Parlamento e dei cittadini italiani;
    nel contempo, appare, altresì, indispensabile ed urgentissima una revisione del sistema elettorale attraverso cui i cittadini possano scegliere in maniera diretta – e non esclusivamente «mediata» da partiti ed apparati politici – i propri rappresentanti in Parlamento, per come stabilito dagli articoli 56 e 58 della Carta;
    risulta, altresì, indifferibile un coinvolgimento dei cittadini in ordine alla scelta della forma di Governo e di Stato, anche attraverso la previsione e l'indizione di un apposito referendum di indirizzo, nell'ambito di un deciso potenziamento degli istituti di democrazia diretta e di tutti gli strumenti di consultazione e di partecipazione popolare alle scelte afferenti alla vita pubblica. Il referendum dovrebbe essere preceduto da un ampio dibattito pubblico che consenta al Paese, attraverso una campagna di informazione puntuale e aperta a tutte le parti interessate, di conoscere le diverse opzioni ed istanze sulle quali pronunciarsi successivamente, al fine di recuperare e ravvivare lo spirito del dettato costituzionale;
    emerge, pertanto, l'assoluta necessità di riforme istituzionali che migliorino il funzionamento della struttura parlamentare e della vita politica – negli ultimi anni mortificata da bassissimi livelli di moralità registratisi al suo interno – e che concorrano a determinare una drastica e celere riduzione dei costi della politica e delle amministrazioni pubbliche nel loro complesso,

delibera:

   di avviare preliminarmente un percorso volto a promuovere, in tempi rapidi, l'indizione di un referendum popolare di indirizzo, nel quale i cittadini siano chiamati ad esprimersi sull'opportunità di modificare ed in quale modo la forma di Governo e di Stato, tenendo conto delle risultanze emerse da un apposito dibattito pubblico approfondito ed aperto a tutte le istanze partecipative, condotto sulla base:
    a) di un programma comunicativo sui mezzi di informazione, di almeno sei mesi, ad opera dei gruppi parlamentari presenti in Parlamento alla data dell'approvazione del presente atto di indirizzo, in condizione di parità tra i suddetti gruppi, conformemente ai principi del pluralismo, dell'imparzialità, dell'indipendenza, dell'obiettività e della completezza delle informazioni;
    b) di un programma comunicativo sui mezzi di informazione e sulla rete internet, di almeno sei mesi, ad opera degli esperti nell'ambito costituzionalistico, conformemente ai principi del pluralismo, dell'imparzialità, dell'indipendenza, dell'obiettività e della completezza delle informazioni;
    c) di un programma formativo, di almeno sei mesi, nell'ambito del percorso scolastico ed universitario, di ogni ordine e grado, diretto all'approfondimento degli argomenti oggetto del referendum di indirizzo;
    d) di un diritto di voto ai cittadini che abbiano compiuto, alla data dello svolgimento del referendum, sedici anni di età;
   di procedere verso un immediato percorso volto a promuovere, in tempi rapidi, una limitata riforma della parte seconda della Costituzione, che, in particolare, preveda:
    a) la riduzione del numero dei deputati e dei senatori;
    b) la riduzione del numero dei consiglieri regionali;
    c) la soppressione delle province, al fine di semplificare, razionalizzare e responsabilizzare le istituzioni amministrative locali, dando contemporaneamente un deciso impulso al processo di accorpamento dei comuni, a cominciare da quelli che esercitano in forma associata le funzioni fondamentali;
    d) l'introduzione del referendum propositivo e consultivo senza quorum funzionale;
    e) l'eliminazione di ogni quorum funzionale per il referendum abrogativo;
    f) la fissazione del numero massimo di mandati elettorali a qualsiasi livello – pari a due – che ogni cittadino può essere chiamato a ricoprire;
    g) la previsione della incandidabilità alla carica di deputato e senatore di coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva per delitto non colposo, ovvero a pena detentiva superiore a mesi dieci e giorni venti di reclusione per delitto colposo, oltre che di coloro che ricoprono contemporaneamente altri incarichi elettivi;
    h) l'incremento delle garanzie costituzionali a favore delle opposizioni parlamentari, anche con l'innalzamento del quorum necessario all'adozione ed alla modifica dei regolamenti parlamentari;
    i) con riferimento ai disegni di legge di iniziativa popolare, un termine perentorio entro cui il Parlamento abbia l'obbligo di esaminarle;
   di affrontare la riforma attinente ai punti di cui alla lettera b) esclusivamente nelle sedi parlamentari proprie, in conformità agli articoli 72 e 138 della Costituzione.
(1-00057)
«Dadone, Nuti, Toninelli, Fraccaro, Dieni, Cozzolino, De Lorenzis, Frusone, Colletti, Nesci, D'Ambrosio».
(28 maggio 2013)

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