TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 54 di Martedì 16 luglio 2013

 
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INTERPELLANZA E INTERROGAZIONI

A) Interrogazione

   BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'ufficio postale di Pisticci Scalo è stato oggetto pochi giorni fa di una rapina;
   dal giorno della rapina l'ufficio postale non è stato più riaperto con gravi conseguenze per l'utenza costretta a dover spostarsi presso altri uffici postali;
   l'ufficio di Pisticci Scalo, oltre a servire un quartiere residenziale e anche diverse contrade rurali, è situato in un'area industriale e, quindi, rappresenta un servizio fondamentale;
   non sono chiare le ragioni di questa chiusura: l'interrogante paventa possa trattarsi di un pretesto per procedere ad una chiusura inaccettabile –:
   se e quali iniziative il Governo intenda promuovere per verificare con Poste italiane quanto deciso per l'ufficio di Pisticci Scalo e se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per la piena operatività dell'ufficio postale.
(3-00001)
(15 marzo 2013)

B) Interrogazioni

   BINETTI e GIGLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   una recente indagine, condotta dai Nas di Latina in sinergia con l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e dall'Istituto superiore di sanità (Iss), ha portato alla luce la produzione e il commercio di un farmaco da banco contraffatto. L'appello lanciato dal vicecomandante dei Nas, Antonio Diomeda, invita chi ne fosse in possesso a non utilizzare e a riconsegnare il farmaco anti-tosse Ozopulmin alla farmacia vicino casa o ai carabinieri;
   i Nas assicurano di avere già ritirato tutte le confezioni presenti nelle farmacie, ma secondo le stime ci sarebbero circa 9.500 confezioni del prodotto nelle case degli italiani, con scadenza a marzo 2016;
   l'indagine ha portato agli arresti domiciliari dei tre manager dell'azienda Geymonat, accusati di avere inserito al posto del principio attivo una sostanza simile, normalmente usata per cosmetici e integratori alimentari, ma farmaceuticamente inefficace;
   si tratta di un farmaco da banco per bambini e adulti, un anti-tosse ad azione balsamica – non un antibiotico – e l'assenza del principio attivo lo rende di fatto inefficace ma in grado di simularne analiticamente la presenza. I Nas sono riusciti a portare alla luce la contraffazione grazie ad una segnalazione «di una farmacia di Roma», che avrebbe evidenziato uno sgretolamento sospetto delle supposte appartenenti a tre lotti. Da lì sono partite delle analisi nel marzo 2013 e le ispezioni nell'azienda produttrice;
   il farmaco Ozopulmin prodotto e commercializzato, su scala nazionale, è deliberatamente contraffatto e pericoloso per la salute anche di lattanti e bambini, così come hanno spiegato i Nas. I pazienti, inconsapevolmente, assumevano un farmaco «completamente inidoneo allo scopo terapeutico», come giudicato dall'Istituto superiore di sanità dopo specifiche indagini analitiche eseguite sui campioni sequestrati;
   nello specifico, dalle indagini condotte dall'Agenzia italiana del farmaco e dai Nas, su delega della procura della Repubblica presso il tribunale di Frosinone, è emerso che gli indagati, rimasti privi del principio attivo a seguito di un disaccordo commerciale con la ditta fornitrice, per assicurare la continuità del prodotto nelle farmacie e non perdere concorrenzialità sul mercato, avevano deciso di avviare comunque la produzione dei lotti del farmaco incriminato, pur consapevoli, secondo le dichiarazioni dei Nas, di esporre a rischi per la salute un considerevole numero di persone e di bambini, mettendo in commercio un farmaco contraffatto e inidoneo al suo scopo terapeutico, che avrebbe potuto procurare un aggravamento dei problemi respiratori;
   tutte le aziende sanitarie si stanno attrezzando per abbattere i loro costi attraverso un incremento dei farmaci generici e gli stessi medici di medicina generale, i cosiddetti medici di famiglia, propongono ai loro pazienti un farmaco nel format di generico per ridurre le relative spese. Una frode come quella oggetto di questa interrogazione riduce la fiducia dei medici e dei cittadini nei confronti dei farmaci generici e si traduce in un aumento complessivo dei costi individuali e del sistema –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle irregolarità e dei mancati controlli che hanno fatto sì che una frode quale quella individuata in premessa e perpetrata a danno della salute anche di bambini e di neonati potesse essere messa in atto;
   se non ritenga necessario e urgente potenziare il sistema di verifiche e di controlli per impedire che simili fatti possano nuovamente verificarsi, anche in considerazione dell'evidenza che a farne le spese sono le persone più indifese, i bambini, che dovrebbero essere tutelati al di sopra di tutto e tutti.
(3-00134)
(20 giugno 2013)

   SANGA. — Al Ministro della salute e al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale congiuntura economica negativa ha diminuito le capacità di spesa del consumatore medio, rendendo maggiormente appetibile una vasta gamma di prodotti non originali, ormai presenti in tutti i settori del mercato, secondo diverse fasce di prezzo;
   l'utilizzo di nuove tecnologie ha reso più semplice l'imitazione, la duplicazione e la falsificazione di un'ampia area di prodotti, aprendo letteralmente il mercato legale alla penetrazione di merce contraffatta;
   secondo le analisi più recenti, il commercio del falso nel nostro Paese, con il solo riferimento al mercato interno (senza dunque considerare la quota di merci contraffatte che partono dall'Italia verso l'estero), avrebbe prodotto un fatturato annuo di circa 7 miliardi di euro, con un'ingente perdita per il bilancio dello Stato, in termini di mancate entrate fiscali;
   a tali effetti negativi sul piano dell'economia nazionale, si aggiungono i pericoli che, come di recente testimoniato da un episodio di cronaca, l'utilizzo di prodotti contraffatti può comportare per la salute dei cittadini, posto che questi ultimi tendono ad inserirsi con sempre maggiore frequenza nel circuito produttivo legale, sfuggendo a qualsiasi tipologia di controllo e senza alcun tipo di garanzia per i consumatori;
   è notizia di mercoledì scorso che tre dirigenti di un'importante casa farmaceutica di Anagni sono stati arrestati dai carabinieri del Nas di Latina con l'accusa di aver contraffatto un medicinale, l’Ozopulmin, utilizzato per la cura di affezioni respiratorie di bambini e lattanti;
   secondo quanto riportato dai principali quotidiani nazionali, i titolari dell'azienda interessata, non avendo più a disposizione il principio attivo del farmaco a causa di un disaccordo commerciale con la ditta fornitrice, per assicurare la continuità del prodotto nelle farmacie e non perdere quote di mercato, avevano deciso di avviare comunque la produzione di lotti di farmaco contraffatti, nella piena consapevolezza di esporre a rischi per la salute un considerevole numero di persone e di bambini;
   le indagini condotte dai carabinieri del Nas, che hanno portato al sequestro di tre lotti di medicinale, per un totale di 35 mila confezioni, hanno accertato che nei farmaci era presente una sostanza simile al principio attivo proveniente dalla Francia e normalmente usata per cosmetici ed integratori alimentari. I medicinali non solo risultavano inefficaci, ma erano in grado di simulare la presenza del principio attivo durante l'esito delle analisi obbligatorie eseguite sul prodotto finito;
   alla luce del quadro delineato, nonché dei frequenti episodi di cronaca cui si assiste, appare assolutamente necessario intervenire per non lasciare i cittadini-consumatori in balia di fenomeni che, in mancanza di un'azione sinergica di monitoraggio e controllo da parte delle istituzioni e degli enti a ciò preposti, possono incidere direttamente sulla sicurezza e sulla incolumità di tutta la popolazione –:
   se i Ministri interrogati ritengano di dover assumere le iniziative di competenza per garantire ai cittadini un'adeguata protezione rispetto ai fenomeni della contraffazione, in particolare modo laddove ad essere coinvolti risultino comparti e settori produttivi, quali ad esempio l'industria farmaceutica, i cui prodotti possono incidere negativamente e direttamente sulla salute dei consumatori.
(3-00205)
(12 luglio 2013)
(ex 4-00975 del 21 giugno 2013)

C) Interpellanza e interrogazione

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
   il Parlamento russo ha approvato, l'11 giugno 2013, con 436 voti a favore e un solo astenuto, la legge che vieta la propaganda omosessuale tra i minori, come reso noto da Yelena Mizulina, presidente della commissione degli affari della famiglia;
   la legge approvata in seconda e terza lettura dalla maggioranza della Duma mette al bando la promozione di «comportamenti sessuali non tradizionali», come è stato definito dalle autorità, tra i minori;
   la dizione utilizzata dalla legge rivela la profonda omofobia diffusa nelle istituzioni russe, le quali apparentemente condannando i comportamenti sessuali, ma in realtà intendono condannare l'orientamento sessuale delle persone;
   in base al testo, la promozione dei rapporti «non tradizionali» tra gli adolescenti – vale a dire «la diffusione di informazioni volte a promuoverli» – è punibile con multe sino a un milione di rubli (23 mila euro). La norma può comportare anche la sospensione delle attività delle persone giuridiche per un massimo di 90 giorni;
   il provvedimento è stato fortemente criticato dalle associazioni per i diritti delle persone omosessuali. Prima del voto, secondo quanto riferito dall'agenzia di stampa russa Interfax, in un picchetto di protesta organizzato sotto l'edificio del Parlamento nel centro di Mosca, un gruppo di nazionalisti ortodossi si è scontrato con gli attivisti per i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e intersessuali (lgbti), portando all'arresto da parte delle forze di polizia circa 20 manifestanti;
   la paura delle associazioni è che, con il passaggio della nuova legge, le persone omosessuali siano più esposte ad attacchi e discriminazioni;
   Human rights watch parla di «una discriminazione e una violazione dei diritti umani fondamentali delle persone lgbti (lesbiche, gay, bisessuali, trans gender e intersessuali). Cercare di escluderli come «non tradizionali» è cercare di renderli meno che umani. Cinico e pericoloso»;
   dubbi ha espresso anche il commissario russo per i diritti umani Vladimir Lukin: «un'applicazione crudele e imprudente della legge potrebbe portare a perdite e tragedie umane»;
   l'omosessualità era reato nel Paese fino al 1993, malattia mentale fino al 1999 e l'omofobia resta diffusa;
   a maggio 2013 due giovani sono stati uccisi dopo aver fatto «coming out»;
   il capo del partito di opposizione Yabloko Sergei Mitrokhin ha bollato come «inquisizione» le due leggi: «lo Stato sta cercando di prendere le distanze dai valori liberali europei»;
   la Germania, tramite il suo Ministro degli affari esteri Guido Westerwelle, politico apertamente omosessuale, si è detta «preoccupata» sul progetto di legge che in Russia punta a vietare la propaganda dell'omosessualità tra i minori. Westerwelle, in un comunicato, si è detto «molto preoccupato» e ha aggiunto che il suo ministero aggiornerà le guide per i viaggiatori, mettendo in guardia i connazionali che si recano nel Paese dal progetto di legge che riguarda anche gli stranieri;
   «Non smettiamo di sperare che il Governo russo, la Duma, voglia ancora sospendere questa decisione», ha commentato il portavoce della Merkel, Steffen Seibert, nel corso di un briefing con la stampa (fonte AFP);
   l'ambasciatore americano Michael McFaul si è detto «preoccupato» perché, secondo lui, il divieto di propaganda omosessuale in Russia «contraddice lo spirito di una società democratica». Il capo missione lo ha dichiarato su Twitter in russo –:
   quali iniziative intenda assumere l'Italia nei confronti della Russia affinché siano rispettati i fondamentali diritti umani delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e intersessuali e la libertà di manifestazione in qualunque sua espressione, inclusi i Gay Pride –:
   come il Governo italiano intenda proteggere le cittadine e i cittadini omosessuali italiani che si recano in Russia.
(2-00108) «Zan».
(20 giugno 2013)

   SCALFAROTTO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   gli organi di stampa hanno dato notizia che domenica 30 giugno 2013 il Presidente russo Vladimir Putin ha firmato una legge contro la cosiddetta «propaganda omosessuale», intendendosi per essa il semplice parlare di questioni o fatti che attengono alla vita delle persone omosessuali, anche sui media, quando la comunicazione o le informazioni possono giungere anche a minori di 18 anni;
   sempre sulla stampa è stata data notizia che in occasione della manifestazione del Gay Pride di San Pietroburgo del 29 giugno 2013 si sono registrati violenti scontri tra attivisti lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (lgbti) e gruppi anti-gay;
   il 24 giugno 2013 il Consiglio dell'Unione europea ha adottato il documento n. 11492/13 recante «Gli orientamenti per la promozione e la tutela dell'esercizio di tutti i diritti umani da parte di lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (lgbti)»;
   sia l'Italia sia la Russia sono membri del Consiglio d'Europa e sottoscrittori della La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Da ultimo, con la raccomandazione CM/Rec(2010)5 del Comitato dei ministri agli Stati membri è stata avanzata la richiesta di adottare misure per combattere la discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere;
   la Corte europea dei diritti dell'uomo ha già condannato la Russia nel 2010 per aver violato la Convenzione, proibendo i Gay Pride che dovevano svolgersi a Mosca negli anni 2006, 2007 e 2008 –:
   quali azioni il Ministro interrogato intenda intraprendere per conto dell'Italia o di quali iniziative sul piano diplomatico intenda farsi promotore presso altri Paesi per sollecitare la Russia ad abrogare la legge appena approvata e a garantire il rispetto dei diritti fondamentali delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (lgbti).
(3-00206)
(12 luglio 2013)
(ex 4-01161 del 5 luglio 2013)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE A SALVAGUARDIA DEL BILINGUISMO NELLA TOPONOMASTICA DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO

   La Camera,
   premesso che:
    nel mese di settembre 2012 il consiglio provinciale di Bolzano ha approvato la legge n. 15, recante «Istituzione del repertorio toponomastico provinciale e della consulta cartografica provinciale»;
    tale legge, approvata dai soli consiglieri del gruppo linguistico tedesco, affida ad una commissione di sei membri, di cui solo due di lingua italiana, il compito di decidere, sulla base delle indicazioni ad esso formulato dalle comunità comprensoriali, tutte a maggioranza tedesca, quali nomi avranno la titolarità ad essere usati nella toponomastica ufficiale;
    attualmente la toponomastica della provincia è composta approssimativamente da 120.000 toponimi tedeschi e solo 8.500 di lingua italiana; negli ultimi anni sono stati «inventati» centinaia di toponimi per denominare strade forestali, sentieri, bacini montani e piccoli corsi d'acqua con nomi intraducibili, ovviamente in lingua tedesca, e anche la segnaletica sui sentieri di montagna è quasi ovunque esclusivamente in lingua tedesca, persino i cartelli che segnalano i pericoli;
    al contrario, appare evidente come la legge provinciale n. 15 porterà alla cancellazione di migliaia di toponimi di lingua italiana;
    inoltre, il consiglio provinciale di Bolzano ha legiferato su questa materia assai delicata e complessa eccedendo, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, le proprie competenze, e in violazione di una normativa di rango superiore, posto che lo Statuto di autonomia è legge costituzionale e prevede espressamente l'obbligo del bilinguismo nella toponomastica;
    in particolare, l'articolo 8 dello Statuto di autonomia della regione Trentino-Alto Adige, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972, in base al quale le province autonome hanno la potestà di emanare norme legislative, tra l'altro, in materia di toponomastica, precisa, tuttavia, che l'esercizio di siffatto potere normativo deve rispettare alcuni limiti, tra i quali, precisamente, la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica, il rispetto degli interessi nazionali, tra cui la tutela delle minoranze linguistiche locali, e l'obbligo della bilinguismo nel territorio della provincia di Bolzano;
    alla stessa stregua l'articolo 101 dello Statuto prevede che nella provincia di Bolzano le amministrazioni pubbliche debbano usare, nei riguardi dei cittadini di lingua tedesca, anche la toponomastica tedesca, se la legge provinciale ne abbia accertata l'esistenza ed approvata la dizione;
    durante lo svolgimento di un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea sullo stesso tema, svolto nella seduta del 19 settembre 2012, il Ministro Giarda, per il Governo, aveva annunciato che l'intervento normativo della provincia di Bolzano sarebbe stato attentamente vagliato ed esaminato dal dipartimento per gli affari regionali, il turismo e lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri, nell'attesa che lo stesso fosse pubblicato sul Bollettino ufficiale della regione, adempimento a partire dal quale decorrono i termini per l'eventuale impugnativa costituzionale;
    in data 16 novembre 2012, il Consiglio dei ministri ha poi effettivamente deliberato l'impugnativa, dinanzi alla Corte Costituzionale, della legge in oggetto, «in quanto contenente disposizioni in materia di toponomastica in contrasto con norme internazionali e, quindi, con l'articolo 117, primo comma, della Costituzione e con diversi articoli dello Statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige»;
    il Governo, nella sua impugnativa, ha, in particolare, eccepito sia i principi della legge provinciale in oggetto, sia la procedura in essa prevista: per quanto attiene al primo profilo, ha sottolineato che sia l'Accordo di Parigi, sia gli articoli 8 e 101 dello Statuto, «danno per presupposta l'esistenza storica e l'obbligatorietà giuridica della toponomastica in lingua italiana già introdotta al momento della loro entrata in vigore, in quanto precedentemente codificata dalla relativa legislazione statale tuttora vigente, prevedendo (e consentendo) unicamente la reintroduzione ufficiale e l'utilizzazione su un piano di parità della toponomastica in lingua tedesca (e ladina) in precedenza vietata e rimossa», ricordando anche che l'Accordo di Parigi e lo Statuto fissano «l'obbligo della bilinguità», muovendo «dal presupposto che quella in lingua italiana esiste già e che ad essa va semplicemente parificata quella in lingua tedesca (e ladina)», e che lo Statuto stesso prevede l'italiano quale «lingua ufficiale dello Stato»;
    per quanto attiene, invece, alle procedure, ha formulato rilievi fortemente critici rispetto al metodo indicato dalla legge, secondo cui «ogni toponimo è raccolto nelle versioni in lingua tedesca, italiana e ladina, in quanto in uso in ciascuna di tali lingue a livello di comunità comprensoriale», e approvato poi dal comitato paritetico, traendone la conclusione «che in futuro alcuni toponimi possano essere solamente monolingui e, in particolare, che quelli in lingua italiana già previsti dalla legislazione statale in vigore possano essere eliminati dalla toponomastica ufficiale sulla base del criterio puramente empirico, peraltro neppure minimamente specificato, dell'uso a livello di comunità comprensoriale»;
    secondo le deduzioni formulate dal Governo, quindi, né lo Statuto «attribuisce alla provincia la competenza ad intervenire sulla toponomastica ufficiale in lingua italiana», né tantomeno, il criterio dell'uso può essere utilizzato per intervenire «riduttivamente sui toponimi ufficiali in lingua italiana»;
    nei mesi scorsi la stampa ha pubblicato l'accordo tra la Svp e il leader del Partito democratico Bersani, il quale, in cambio dell'appoggio elettorale ottenuto dal partito etnico altoatesino, avrebbe promesso il ritiro del ricorso da parte del nuovo Governo, ad ulteriore conferma dell'assoluta fragilità dell'azione della provincia, che è ben consapevole del fatto che una simile violazione dello Statuto assai difficilmente potrebbe essere tollerata dalla Corte costituzionale,

impegna il Governo:

a non ritirare il ricorso proposto alla Corte costituzionale contro la legge della provincia di Bolzano che mira a cancellare i nomi italiani dalle principali località dell'Alto Adige.
(1-00071) «Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Rampelli, Taglialatela, Totaro».
(6 giugno 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    la Costituzione all'articolo 6 «tutela con apposite norme le minoranze linguistiche», all'articolo 116 stabilisce «che il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Suedtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con la legge costituzionale» e all'articolo 3 afferma che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali»;
    ai sensi dell'articolo 101 dello Statuto di autonomia della regione Trentino-Alto Adige «nella Provincia di Bolzano le amministrazioni pubbliche devono usare, nei riguardi dei cittadini di lingua tedesca, anche la toponomastica tedesca, se la legge provinciale ne abbia accertata l'esistenza ed approvata la dizione»;
    l'articolo 99 dello Statuto di autonomia della regione Trentino-Alto Adige precisa che «nella regione la lingua tedesca è parificata a quella italiana» ed è, dunque, riconosciuta come lingua ufficiale, al pari di quella francese in Valle d'Aosta, con pari diritti tra i diversi gruppi linguistici, come riconosciuto dalla pronuncia della Corte costituzionale, 30 settembre 1983, n. 312;
    analoghi principi sono riconosciuti dallo Statuto di autonomia della regione Trentino-Alto Adige, all'articolo 102, per le «popolazioni ladine e quelle mochene e cimbre» e, in particolare, all'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 574 del 1951 che stabilisce che nelle Valli Ladine può essere usato nella toponomastica locale, oltre all'italiano e al tedesco, anche il ladino;
    l'Italia aderisce al Genung (Gruppo degli esperti delle Nazioni Unite sui nomi geografici), nelle cui linee guida si afferma che il tedesco e il francese come lingue ufficiali sono parificate ed hanno i medesimi diritti dell'italiano, e si danno indicazioni, sul sistema ortografico e grammaticale, per le lingue minoritarie «riconosciute ma non parificate» come il ladino;
    la legge provinciale 20 settembre 2012, n. 15, con la quale la provincia autonoma di Bolzano ha disposto l'istituzione del repertorio toponomastico provinciale e della consulta cartografica provinciale, assolve allo scopo di risolvere, sulla base di criteri oggettivi e non politicizzati e nel rispetto dei dettati costituzionali ricordati, questa materia sicuramente delicata, e rientra nella potestà legislativa primaria attribuita dall'articolo 8, comma due, dello Statuto di autonomia della regione Trentino-Alto Adige, alla provincia autonoma di Bolzano in materia di toponomastica;
    a mente del secondo comma dell'articolo 1 della legge 20 settembre 2012, n. 15, «il repertorio dei toponimi rappresenta lo strumento per la corretta denominazione del territorio della provincia di Bolzano e per la diffusione della conoscenza, della pronuncia, dell'uso, del significato, della tradizione e dell'origine dei toponimi stessi»;
    a norma dell'articolo 2, secondo comma, della legge provinciale 20 settembre 2012, n. 15, «le denominazioni sono registrate nelle versioni in lingua tedesca, italiana e ladina, in quanto in uso in ciascuna di tali lingue»; si stabilisce pure che «l'ordine di precedenza è dato dalla consistenza dei gruppi linguistici nei luoghi di pertinenza, risultante dall'ultimo censimento generale della popolazione alla data della registrazione»;
    all'articolo 3, primo comma, della medesima legge provinciale si stabilisce che «la valutazione e l'approvazione delle proposte avanzate dalle comunità comprensoriali territorialmente competenti (...) spettano ad un comitato composto da sei persone esperte in materia storica, geografica e cartografica, che viene nominato dalla Giunta provinciale» e che di tale comitato «tre componenti, uno per ciascun gruppo linguistico, vengono designati dal Consiglio provinciale, su proposta dei consiglieri dei rispettivi gruppi linguistici, e tre dalla Giunta provinciale su proposta degli assessori dei rispettivi gruppi linguistici»;
    ne consegue che, in ragione della legge 20 settembre 2012, n. 15, non vi è alcuna negazione dei principi e delle norme relative al bilinguismo che in Trentino-Alto Adige/Suedtirol, in Valle d'Aosta, nel Friuli Venezia-Giulia, tutelano le lingue tedesca nella provincia autonoma di Bolzano/Bozen e francese nella Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste come lingue ufficiali e riconoscono le altre lingue minoritarie come il ladino in Trentino-Alto Adige Suedtirol, lo sloveno ed il friulano in Friuli Venezia Giulia;
    si tratta di lingue minoritarie che, al di fuori delle province e delle regioni autonome laddove abbiano competenza in materia, sono tutelate dalla legge 15 dicembre 1999, n. 482, recante «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche» e per quanto riguarda lo sloveno dalla legge 23 febbraio 2001, n. 38, recante «Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia»;
    la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie – che l'Italia ha firmato il 27 giugno 2000 ma non ancora ratificato – afferma che «il diritto di usare una lingua regionale o minoritaria nella vita privata e pubblica costituisce un diritto imprescrittibile, conformemente ai principi contenuti nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici delle Nazioni Unite e conformemente allo spirito della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del Consiglio d'Europa (...) coscienti del fatto che la tutela e il promovimento delle lingue regionali o minoritarie nei diversi Paesi e regioni d'Europa contribuiscano in modo considerevole a costruire un'Europa fondata sui principi della democrazia e della diversità culturale, nell'ambito della sovranità nazionale e dell'integrità territoriale»;
    non sembra, inoltre, contestabile il fatto che la competenza legislativa esclusiva in materia di toponomastica della provincia autonoma di Bolzano comprenda anche la competenza di intervenire sulla toponomastica «ufficiale» in lingua italiana;
    la Corte costituzionale «ha più volte affermato che la tutela delle minoranze linguistiche costituisce un principio dell'ordinamento costituzionale», con particolare riferimento all'articolo 6 della Costituzione ed ai principi di eguaglianza e non discriminazione affermati e ormai consolidati in ripetuti atti internazionali relativi al diritto all'uso delle lingue;
    il 16 novembre 2012, il Consiglio dei Ministri ha promosso un giudizio di legittimità costituzionale avverso l'articolo 1, commi 4 e 5, della legge 20 settembre 2012, n. 15, dinanzi alla Corte costituzionale, per violazione degli articoli 1, secondo comma, 101 e 156 dello Statuto speciale per il Trentino Alto Adige/Suedtirol;
    il Presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta, nelle sue dichiarazioni programmatiche alle Camere e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio, in audizione presso la Commissione parlamentare affari costituzionali della Camera dei deputati, hanno ribadito l'obiettivo di valorizzare il ruolo delle autonomie speciali nell'azione di governo e per le riforme costituzionali ed hanno indicato nell'accordo di Milano un punto di riferimento essenziale;
    il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio, ha affermato che: «abbiamo praticamente tenuta impegnata quasi esclusivamente la Corte costituzionale per sanare contenziosi tra le regioni e lo Stato», e come sia sua intenzione «ridurre questo contenzioso tra Stato e regioni del 40 per cento nel 2013 e altrettanto nel 2014», auspicando la collaborazione delle regioni e delle autonomie in questa prospettiva,

impegna il Governo:

ad avviare opportuni colloqui con la provincia autonoma di Bolzano al fine di individuare una soluzione del contenzioso, d'intesa con la provincia autonoma di Bolzano, che, in base all'accordo raggiunto, provvederà ad apportare le modifiche alla legge provinciale 20 settembre 2012, n 15, e, in generale, ad individuare opportune soluzioni dei contenziosi d'intesa con la provincia autonoma di Bolzano.
(1-00138) «Alfreider, Bressa, Dellai, Kronbichler, Marguerettaz, Blazina, Gebhard, Gnecchi, Ottobre, Plangger, Schullian».
(5 luglio 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    la legge della Provincia autonoma di Bolzano 20 settembre 2012, n. 15, recante «Istituzione del repertorio toponomastico provinciale e della consulta cartografica provinciale», avrebbe la finalità di redigere un repertorio dei toponimi dell'Alto Adige e regolare l'uso di questi ultimi nella cartografia ufficiale e nella denominazione delle aree e dei luoghi pubblici, nel «rispetto dell'articolo 8 comma 1 punto 2 dello Statuto di autonomia speciale per il Trentino-Alto Adige e per le finalità degli articoli 101 e 102 dello Statuto speciale»;
    l'articolo 8 dello Statuto del Trentino Alto Adige-Südtirol prevede che le province hanno la potestà di emanare norme legislative nella materia «toponomastica, fermo restando l'obbligo della bilinguità nel territorio della provincia di Bolzano». Questa previsione chiaramente impone che la toponomastica della provincia di Bolzano sia sempre e in ogni caso bilingue;
    disponendo in tal modo, lo Statuto ha operato in conformità all'articolo 117, primo comma, della Costituzione, secondo cui l'attività legislativa deve svolgersi nel rispetto degli obblighi internazionali. Infatti, la disposizione statutaria costituisce, sostanzialmente, espressione del principio codificato all'articolo 1, comma 2, lettera b), del cosiddetto Accordo di Parigi, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, che stabilisce, a sua volta, che «ai cittadini di lingua tedesca» sarà specialmente concesso «l'uso, su di una base di parità, della lingua tedesca e della lingua italiana nelle pubbliche amministrazioni, nei documenti ufficiali, come pure nella nomenclatura topografica bilingue»;
    conformemente a questi principi internazionali e costituzionali, l'articolo 101 dello Statuto precisa che «nella provincia di Bolzano le amministrazioni pubbliche devono usare, nei riguardi dei cittadini di lingua tedesca, anche la toponomastica tedesca, se la legge provinciale ne abbia accertata l'esistenza ed approvata la dizione», mentre l'articolo 102 prevede che anche le popolazioni ladine hanno diritto, tra l'altro, «al rispetto della toponomastica» nella propria lingua;
    queste previsioni significano, dunque, che la toponomastica italiana è imprescindibile e che la redazione bilingue della toponomastica su tutto il territorio altoatesino si attua prevedendo sempre anche una dizione tedesca e inoltre, nei casi dell'articolo 102, ladina;
    gli articoli 101 e 102, che dettano disposizioni specifiche in tema di toponomastica, vanno poi letti nella cornice generale dell'articolo 99 dello Statuto, secondo il quale: «Nella regione la lingua tedesca è parificata a quella italiana che è la lingua ufficiale dello Stato. La lingua italiana fa testo negli atti aventi carattere legislativo e nei casi nei quali dal presente statuto è prevista la redazione bilingue»;
    nessun atto pubblico, e, quindi, per quanto qui interessa, nessuna cartografia ufficiale e nessuna indicazione toponomastica, può, quindi, essere redatto soltanto in lingua tedesca o ladina. È sempre necessaria la redazione italiana, a cui quella bilingue o trilingue viene parificata;
    chiariti questi concetti, appare evidente l'illegittimità costituzionale della legge provinciale in questione;
    la legge provinciale n. 15 del 2012, che, tra l'altro, è stata approvata dai soli consiglieri del gruppo linguistico tedesco (il gruppo italiano è composto dai consiglieri del PdL-PD-Lega-Unitalia-Verdi), stabilisce che ogni toponimo è raccolto nelle versioni in lingua tedesca, italiana e ladina, in quanto in uso in ciascuna di tali lingue a livello di comunità comprensoriale, e approvato da un comitato composto da sei persone esperte in materia storica, geografica e cartografica, che viene nominato dalla giunta provinciale per la durata di una legislatura. Tre componenti, uno per ciascun gruppo linguistico, vengono designati dal consiglio provinciale, su proposta dei consiglieri dei rispettivi gruppi linguistici, e tre dalla giunta provinciale, su proposta degli assessori dei rispettivi gruppi linguistici; appare di tutta evidenza che tale comitato, data la composizione, sia a prevalenza di componenti di lingua tedesca;
    sempre secondo quanto previsto dalla legge provinciale, la proposta di inserimento dei toponimi è indirizzata al comitato dal consiglio della comunità comprensoriale territorialmente competente, tenuto conto delle denominazioni diffusamente utilizzate nelle rispettive lingue e del mantenimento invece della dizione originaria dei nomi storici;
    tale disposizione consente, pertanto, che in futuro alcuni toponimi possano essere solamente monolingui (come già, di fatto, predisposto dall'associazione provinciale privata a sovvenzione pubblica Alpenverein, che ha arbitrariamente sostituito tutti i cartelli di montagna riportando la sola lingua tedesca) e, in particolare, che quelli in lingua italiana, già previsti dalla legislazione statale in vigore, possano essere eliminati dalla toponomastica ufficiale sulla base del criterio (puramente empirico, peraltro neppure minimamente specificato) dell'uso a livello di comunità comprensoriale, prefigurando chiaramente la possibilità della deroga all'obbligo della bilinguità della toponomastica;
    ciò comporta come conseguenza che sia – non importa se solo potenzialmente e parzialmente – introdotta nel «territorio della provincia di Bolzano» (articolo 8 dello Statuto) una toponomastica ufficiale monolingue. Cioè, un tipo di toponomastica vietato dalle disposizioni internazionali e costituzionali sopra commentate;
    una simile ipotesi, chiaramente delineata nella legge provinciale, lede, perciò, il principio del «separatismo linguistico», che regge l'ordinamento statutario della provincia autonoma di Bolzano (si confronti la sentenza della Corte costituzionale n. 159 del 2009) e che comporta per l'appunto, nella materia in esame, la rigida bilinguità della toponomastica affermata dallo Statuto (come sottolineato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 188 del 1987, che ha ribadito l'inderogabilità del principio del bilinguismo nella provincia di Bolzano);
    le comunità comprensoriali sono enti di diritto pubblico (ai sensi dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino Alto Adige-Südtirol in materia di minime proprietà colturali, caccia e pesca, agricoltura e foreste»), istituite solo allo scopo di promuovere la valorizzazione e la tutela ambientale delle zone montane o parzialmente montane interessate, favorendo la partecipazione della popolazione allo sviluppo economico, sociale, culturale ed ecologico delle stesse;
    considerate le limitate funzioni e la struttura territoriale e demografica delle comunità comprensoriali, appare evidente l'estraneità istituzionale di questi enti alla materia della toponomastica. Questa, infatti, non attiene se non in via secondaria alla valorizzazione culturale dei luoghi; mentre, in primo luogo, attiene alla libertà di circolazione delle persone sul territorio nazionale (articoli 16 e 120, primo comma, della Costituzione);
    sulla base di queste motivazioni, il Consiglio dei ministri ha deliberato, in data 16 novembre 2012, l'impugnativa dinanzi alla Corte costituzionale della legge provinciale in questione, «in quanto contenente disposizioni in materia di toponomastica in contrasto con norme internazionali e, quindi, con l'articolo 117, primo comma, della Costituzione e con diversi articoli dello Statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige»; il ricorso per questione di legittimità costituzionale è stato depositato in cancelleria il 4 dicembre 2012; la prima udienza pubblica in merito è prevista l'8 ottobre 2013;
    l'atto costituisce un passaggio di straordinario valore istituzionale e politico, teso a circoscrivere l'autonomia legislativa della provincia di Bolzano in materia di toponomastica nella cornice dei limiti posti dal principio assoluto ed inderogabile del bilinguismo sancito dallo Statuto;
    in Alto Adige la popolazione tedesca è di gran lunga maggioritaria rispetto a quella italiana e la Suedtiroler volkspartei rappresenta il principale partito di raccolta dell'elettorato di lingua tedesca dell'Alto Adige;
    purtroppo, il tema della toponomastica in Alto Adige è stato troppo spesso strumentalizzato, diventando «oggetto» di controversia politica in quanto percepito come mezzo di lotta per l'autonomia e di cancellazione dello Stato italiano;
    il precedente accordo Fitto-Durnwalder si poneva l'obiettivo di una soluzione definitiva ed equilibrata del tema della cartellonistica, affidando ad una commissione, pariteticamente composta da rappresentanti statali e della provincia, l'individuazione delle ipotesi in cui i toponimi dovessero essere riportati nelle due lingue e quelle in cui – secondo la Svp – invece dovessero mantenere la sola lingua tedesca; una commissione che aveva già concluso i lavori e che aveva affidato ai due rappresentati politici, il Ministro e il presidente della provincia, la soluzione delle poche questioni ancora controverse;
    l'accordo prevedeva la rimozione, all'esito dei lavori, dei cartelli di montagna (apposti appunto dall’Alpenverein) non più conformi in quanto recanti solo la lingua tedesca, ma l'interruzione dell'attività del Governo Berlusconi ne ha impedito la conclusione;
    l'accordo era stato salutato come la soluzione equilibrata che avrebbe eliminato le forti contrapposizioni che animano le diverse formazioni politiche presenti nella provincia, per porre in essere un modello – quello della decisione comune – che avrebbe indicato una nuova via;
    rispetto al precedente accordo la legge ora rappresenta un'evidente forzatura politica, in quanto in modo unilaterale e senza alcun confronto con lo Stato individua i toponimi continuando un percorso che amplia i confini della lingua tedesca a scapito dell'italiano, in modo non conforme ai principi statutari, percorso che, peraltro, era già iniziato con la vicenda della segnaletica di montagna che, nella misura di oltre 1500 toponimi, era tutta posta in lingua tedesca;
    nei mesi scorsi la stampa ha pubblicato i termini di presunti accordi elettorali del Partito democratico con la Suedtiroler volkspartei in merito ad eventuali azioni relative al ricorso presso la Corte costituzionale sopra richiamato;
    qualsiasi «patto» relativo all'impugnativa di leggi provinciali che non tutelano il bilinguismo nella Provincia autonoma di Bolzano risulta essere non solo inaccettabile per la popolazione di lingua italiana dell'Alto Adige, ma anche assolutamente privo di ogni fondamento giuridico;
    il ritiro dell'impugnativa risulterebbe il suggello a violazioni di leggi dello Stato ed internazionali a fini politici e ad un percorso all'indietro che la provincia ha iniziato già con l'approvazione della legge e che il Governo ora confermerebbe, non contribuendo alla soluzione del problema ma, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, solo alla «vittoria» degli estremismi linguistici di matrice tedesca;
    a tutto ciò si aggiunge, comunque, il fatto che ogni eventuale «patto di coalizione elettorale» non può continuare a sussistere, alla luce del risultato elettorale e dell'attuale assetto di Governo e di maggioranza, e che le parole espresse dal Presidente del Consiglio dei ministri Letta nel corso delle dichiarazioni programmatiche e dal Ministro Delrio nelle audizioni circa «l'obiettivo di valorizzare il ruolo delle autonomie speciali» non hanno nulla a che vedere con un lasciapassare per la violazione di leggi costituzionali italiane;
    la stessa Suedtiroler volkspartei, come tutte le forze politiche, che, tra l'altro, si apprestano ad affrontare la sfida elettorale prevista in Trentino Alto Adige-Südtirol nell'autunno 2013, non dovrebbe mettere in evidenza problemi di natura etnica in un momento così delicato per il Paese, in cui l'unico obiettivo comune per il bene collettivo dovrebbe essere quello di rilanciare l'economia, anche in Alto Adige;
    tra l'altro, è in gioco un'esigenza di carattere naturale e pratica, quale è quella di consentire a chiunque l'identificazione dei luoghi con i nomi della lingua nazionale; anzi, sarebbe il caso di aggiungere la lingua internazionale per attrarre turismo, maggior fonte di sostentamento della provincia di Bolzano. Un'esigenza alla quale si aggiungono particolari attenzioni quando trattasi di toponimi militari o di interessi economici, burocratici, amministrativi e turistici;
    la polemica relativa alla soppressione della maggior parte della toponomastica italiana ha avuto grande rilievo anche sui media nazionali, provocando effetti anche sulle scelte dei turisti italiani che hanno abbandonato l'Alto Adige preferendo la vicina Austria, che accoglie i nostri connazionali con cartellonistica in lingua italiana e, dunque, in maniera adeguata e ospitale,

impegna il Governo:

a proseguire con determinazione, nell'ambito delle proprie competenze e nel pieno rispetto dello Statuto di autonomia speciale per il Trentino Alto Adige-Südtirol, nel contrasto ad ogni iniziativa, anche normativa, non rispettosa del bilinguismo e delle peculiarità di una provincia plurilingue, dando seguito al ricorso davanti alla Corte costituzionale esposto in premessa, partendo dal presupposto di imprescindibilità della presenza della toponomastica italiana, e ad assumere ogni iniziativa utile ad assicurare la tutela del bilinguismo prevista dall'articolo 8 dello Statuto di autonomia.
(1-00140) «Baldelli».
(8 luglio 2013)

MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE NORMATIVE PER LA SOSPENSIONE DEL PAGAMENTO DELLA RATA RELATIVA AL 2013 DEL FINANZIAMENTO PUBBLICO AI PARTITI

   La Camera,
   premesso che:
    la legge 3 giugno 1999, n. 157, all'articolo 1, sesto comma, stabilisce che i rimborsi per le spese elettorali sono corrisposti agli aventi diritto con cadenza annuale entro il 31 luglio di ciascun anno;
    il Ministero dell'economia e delle finanze ha già stanziato la somma di 91.354.339 euro per consentire alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica, per le rispettive competenze, di procedere al pagamento della rata di finanziamento pubblico per l'anno 2013 nei termini di legge. In tale rata sono compresi la prima quota dei rimborsi elettorali previsti per elezioni politiche 2013, la quinta quota dei rimborsi per le elezioni europee del 2009 e la quarta quota dei rimborsi per le elezioni regionali del 2010. A queste, si aggiunge la prima quota di contributi a titolo di cofinanziamento a partiti e movimenti politici, introdotto dalla legge n. 96 del 2012;
    il 18 giugno 2013, nella I Commissione parlamentare (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) della Camera dei deputati, è stato avviato l'esame legislativo della riforma della normativa relativa al finanziamento pubblico ai partiti e dell'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione. Al momento, sono state abbinate all'esame nove proposte di legge, delle quali sette di iniziativa parlamentare, una di iniziativa popolare ed una di iniziativa governativa. Cinque di queste proposte di legge, tra cui quella del Governo, dettano norme in materia di riforma dell'attuale sistema di finanziamento pubblico ai partiti;
    il calendario predisposto dalla I Commissione parlamentare della Camera dei deputati per l'esame delle proposte di cui sopra prevede che l’iter si concluda il 18 luglio 2013, con l'approvazione di un testo per l'Assemblea e il mandato a riferire ai relatori. Se si considera che oltre all'esame da parte dell'Assemblea della Camera dei deputati, al fine dell'approvazione definitiva di una nuova legge in materia, si dovrà svolgere l'intero iter legislativo di competenza del Senato della Repubblica, appare evidente che la rata del finanziamento pubblico per il 2013 verrà corrisposta prima che il Parlamento riesca a portare a termine l’iter legislativo avviato;
    tale ipotesi contribuirebbe in maniera determinante ad aumentare il sentimento di sfiducia e, in alcuni casi, di ostilità nutrito da molti cittadini nei confronti di istituzioni quali il Parlamento e il Governo. Dall'altro, ciò contribuirebbe a rendere meno credibile la legge di riforma che eventualmente il Parlamento approverà. È notorio da tempo, infatti, che uno dei principali motivi di sfiducia nei confronti della politica è costituito proprio dal finanziamento pubblico del quale i partiti politici sono stati destinatari in questi anni, un volume di denaro di portata talmente ampia che i cittadini, anche alla luce sia della grave crisi economica che attanaglia il Paese dal 2008, sia di clamorosi scandali che hanno coinvolto importanti formazioni politiche, hanno più volte dimostrato di ritenere non più accettabile,

impegna il Governo:

nelle more dell'approvazione della nuova legge di riforma del vigente sistema di finanziamento pubblico ai partiti, ad adottare iniziative normative urgenti volte a sospendere il pagamento della rata relativa all'anno 2013 del finanziamento pubblico ai partiti, anche individuando un nuovo limite temporale, successivo al 31 luglio 2013, entro il quale procedere in ogni caso al pagamento delle somme dovute ai soggetti aventi diritto.
(1-00110) «Cozzolino, Toninelli, Dadone, Nuti, D'Incà, Cariello, Busto, Barbanti, Benedetti, Sorial, Dieni».
(20 giugno 2013)

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