TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 59 di Mercoledì 24 luglio 2013

 
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   FORMISANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il gravissimo fenomeno dei roghi dolosi di discariche in Campania, nella cosiddetta «Terra dei fuochi», non accenna a diminuire. Nel 2013 già oltre 800 sono i roghi che si sono sviluppati in quelle zone martoriate;
   nella ormai ex Campania felix, infatti, si continua a bruciare rifiuti tossici di ogni genere e pericolosità e si prosegue negli sversamenti illegali di rifiuti tossici ed industriali;
   è noto che tra poco tempo verranno fatti partire molti bandi per le bonifiche ed è facile immaginare che il nuovo flusso di denaro attirerà ancora una volta le ecomafie, che probabilmente non sono estranee ai nuovi roghi;
   le indagini sui recenti incendi mostrano un salto di qualità per quel che riguarda i materiali usati per dare alle fiamme i rifiuti. Infatti, oltre ai purtroppo tradizionali copertoni, sono stati utilizzati per la prima volta frigoriferi, con un ulteriore aumento della pericolosità delle conseguenze dei roghi;
   gli incendi non sono l'unico dramma che colpisce la «Terra dei fuochi». In sei mesi circa sono stati effettuati ben 150 sequestri di aree contaminate. Il generale Sergio Costa, comandante del Corpo forestale provinciale di Napoli, ha affermato che i suoi uomini, di fatto, sono costretti ad un sequestro al giorno di terreni inquinati;
   in particolare, appare ancor più angoscioso, se possibile, quanto scoperto a Caivano, dove è stata riscontrata la presenza del micidiale veleno toluene in un terreno coltivato;
   nella discarica abusiva sono stati, inoltre, trovati decine di metri cubi di terreno indenne, ammonticchiati ai lati della parte «infetta». Questo terreno pulito serviva per «ravvivare» lo strato superficiale, contaminato, e permettere, quindi, la coltivazione degli ortaggi. Si tratta di una constatazione di enorme gravità, perché fa comprendere che chi coltivava quegli alimenti ben sapeva dove lo stesse facendo, e soprattutto sopra cosa;
   altro gravissimo sito inquinante è quello della ex Resit a Giugliano, laddove numerose inchieste hanno stabilito che per 20 anni sono stati sversati rifiuti tossici, tra i quali i fanghi della Acna di Cengio, con la contaminazione delle stesse falde acquifere presenti nella zona;
   nelle due cave, dette «Z» ed «X», della ex Resit sono presenti fenomeni sconcertanti, come le cosiddette «fumarole», ossia fumi pestilenziali che si levano dalla sommità della discarica, rendendo irrespirabile l'aria della zona, e questo mentre nei campi vicini si prosegue a coltivare come se nulla fosse;
   non si tratta di una questione locale, ma nazionale a tutti gli effetti, sia perché i rifiuti bruciati e sepolti nella «Terra dei fuochi» provengono da industrie dislocate in tutta Italia, industrie che preferiscono collaborare con la camorra piuttosto che con chi lavora onestamente, sia perché la salvaguardia dell'ambiente è un tema di vitale importanza per la stessa coesione nazionale;
   roghi e sversamenti abusivi avvengono anche perché, nonostante l'impegno costante delle forze dell'ordine, manca una sorveglianza continua nella aree più a rischio e non si può chiedere ai comuni, che spesso sono in difficili condizioni economiche, di provvedere da soli;
   occorre non solo stroncare i fenomeni sopra riportati, ma anche colpire con durezza i responsabili di questo stato di cose, non limitandosi a punire i camionisti che portano i rifiuti, ma arrivando anche ai responsabili di più alto livello;
   la questione delle discariche e dei ritardi nelle bonifiche è motivo di sanzioni da parte dell'Unione europea nei confronti del nostro Paese;
   il Ministro interrogato ha annunciato una serie di importanti misure per intervenire sulla vicenda, mentre la regione Campania ha assicurato che interverrà con coi fondi per le aree sottoutilizzate –:
   se il Ministro interrogato non ritenga, per quanto di sua competenza, fissare gli obiettivi, anche temporalmente, e i modi per giungere ad una soluzione definitiva della situazione sopra illustrata e che perdura da troppo tempo, con danni gravissimi ed innegabili alla salute dei cittadini non solo campani. (3-00223)
(23 luglio 2013)

   COSCIA, ROCCHI, MALPEZZI, CAROCCI, GHIZZONI, ASCANI, BLAZINA, BONAFÈ, BOSSA, COCCIA, D'OTTAVIO, LA MARCA, MALISANI, MANZI, NARDUOLO, ORFINI, PES, PICCOLI NARDELLI, RACITI, RAMPI, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 13 luglio 2011 è stato adottato il decreto del direttore generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – 4a serie speciale – concorsi n. 56 del 15 luglio 2011, con il quale veniva bandito il concorso per titoli ed esami per il reclutamento di dirigenti scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado e per gli istituti educativi;
   tuttavia, la suddetta procedura concorsuale ha rilevato forti elementi di criticità: non è una coincidenza, infatti, se in diverse regioni gli uffici scolastici hanno dovuto affrontare ricorsi per presunte irregolarità che hanno portato a pronunce dei tribunali amministrativi regionali e, in un caso, dello stesso Consiglio di Stato, determinando l'annullamento di tutta o parte della procedura;
   tale è il caso della regione Molise dove, con sentenza del 7 dicembre 2012, il tribunale amministrativo regionale ha annullato le fasi concorsuali svolte per riconosciuti vizi nella formazione della commissione giudicante;
   ed ancora in Toscana dove, con sentenza del tribunale amministrativo regionale del 19 aprile 2013, sono state riconosciute le ragioni dei ricorrenti che adducevano irregolarità nella sostituzione di componenti della commissione giudicante, nonché vizi nella correzione delle prove scritte. L'effetto della sentenza, attualmente sospeso per l'accoglimento di istanza di sospensiva, produrrà l'annullamento della graduatoria di merito, nonché la revoca di tutti i contratti per dirigente scolastico già posti in essere;
   l'8 febbraio 2013 il tribunale amministrativo regionale della Campania ha stabilito la sospensione cautelare degli esami orali, intimando alla direzione scolastica regionale di bloccare le prove e, dunque, accogliendo le ragioni dei ricorrenti;
   identica sorte ha subito il concorso nella regione Abruzzo dove, l'11 luglio 2013, il tribunale amministrativo regionale ha decretato l'annullamento dell'elenco dei candidati ammessi agli orali;
   ancora più grave e clamorosa appare la situazione del concorso svoltosi nella regione Lombardia, dove, con sentenza n. 3747 dell'11 luglio 2013, il Consiglio di Stato ha rigettato l'appello promosso dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca avverso alla sentenza del tribunale amministrativo regionale della Lombardia, che aveva annullato il concorso svolto nella medesima regione per violazione del principio dell'anonimato, in conseguenza della ritenuta trasparenza delle buste utilizzate in sede di esame per contenere gli elaborati scritti; si è così determinata l'impossibilità, con grave danno per l'utenza, di poter ricoprire le numerose sedi vacanti con una dirigenza titolare e stabile;
   alla luce di quanto descritto, appare evidente il senso di incertezza e preoccupazione che il mondo della scuola sta vivendo a causa di procedure apparse costellate di errori probabilmente dovuti a qualche leggerezza o superficialità e spesso riconducibili a norme farraginose, che, più che garantire trasparenza e correttezza, sono riuscite a far lievitare il contenzioso ed a creare un grave vulnus che sta seriamente compromettendo la funzionalità di molte scuole, nonché il regolare avvio del prossimo anno scolastico;
   tali episodi appaiono preoccupanti per le conseguenze sia sul piano dei costi per la pubblica amministrazione che per la qualità ed efficienza dei servizi all'utenza, minacciate dall'aggravarsi del disagio di tante scuole (la percentuale di scuole senza dirigente scolastico varia, a seconda delle regioni, dal 25 per cento al 50 per cento) che con fatica cercano di realizzare un minimo di stabilità negli assetti di governo e vengono in tal modo spinte nella più totale incertezza, ulteriormente aggravata dall'impossibilità di garantire stabilità contando sulle figure dei collaboratori del dirigente scolastico, che, dall'anno scolastico 2011/2012, hanno visto fortemente ridotte le possibilità di ottenere esoneri o semiesoneri dall'insegnamento;
   le scuole, e con esse le comunità locali, le famiglie e gli studenti, hanno diritto ad un dirigente scolastico titolare stabile, presente ed efficace, nel pieno delle sue funzioni, perché solo la stabilità garantisce la definizione e l'attuazione di piani formativi di qualità, la verifica e valutazione dei risultati, il sostegno al lavoro dei docenti e, in definitiva, rende la scuola una comunità inclusiva ed aperta al territorio –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare per predisporre con urgenza i necessari atti amministrativi e/o normativi che, in questa fase di contenziosi aperti, possano garantire il regolare avvio del prossimo anno scolastico con una dirigenza stabile e adeguatamente coadiuvata dall'attività dei vicari e dei collaboratori del dirigente. (3-00224)
(23 luglio 2013)

   CENTEMERO e BALDELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'istruzione e la formazione rappresentano ambiti di particolare importanza per ogni Paese, sia per il pieno e consapevole esercizio dei diritti di cittadinanza che per la valorizzazione del capitale umano. A questo scopo, tra i compiti dello Stato vi è quello di tutelare il diritto alla libertà di scelta educativa, diritto riconosciuto nelle Costituzioni e nelle legislazioni della gran parte degli Stati membri del Consiglio d'Europa, compreso il nostro Paese, l'Italia;
   tutto questo è stato chiaramente ribadito nella risoluzione dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa n. 1904, F-67075 di Strasburgo, del 4 ottobre 2012, «Il diritto alla libertà di scelta educativa in Europa», la quale, dopo aver ribadito che «in un quadro giuridico nazionale appropriato, le scuole che non sono gestite dallo Stato (di seguito “scuole private”, indipendentemente dalla terminologia e dalle diversità specifiche nei diversi Paesi) possano favorire lo sviluppo di un'educazione di qualità e l'adeguamento dell'offerta formativa alla domanda delle famiglie» raccomanda agli Stati membri del Consiglio d'Europa:
    a) «6.1. di procedere rapidamente all'analisi richiesta per identificare le riforme necessarie a garantire in maniera effettiva il diritto alla libertà di scelta educativa;
    b) 6.2. di assicurare una messa in opera progressiva di queste riforme a ciascun livello di governo (Stato, regioni, enti locali) secondo le proprie competenze in materia, al fine di andare verso miglioramenti sistematici auspicabili in termini ragionevoli e tenendo conto delle implicazioni di disponibilità finanziaria»;
   il rapporto Education at a glance del 2010 evidenzia che nei Paesi Ocse i Governi, a seguito della crisi economica globale, stanno ridefinendo i loro impegni finanziari e l'istruzione è al centro di un rinnovato interesse. Education at a Glance del 2010 prende in esame la seguente questione: in che misura i genitori possono scegliere le scuole dei loro figli. Per quanto concerne la libertà di scelta delle famiglie, il rapporto mette in evidenzia che, oltre alle scuole pubbliche, i Paesi in genere hanno una varietà di istituzioni educative superiore all'Italia. Sono quattro dei cinque Paesi Ocse per i quali i dati sono disponibili, che consentono a scuole private che dipendono dal Governo e a scuole private indipendenti di fornire l'istruzione obbligatoria. La quota di scuole private che dipendono dal Governo supera il 10 per cento in sette Paesi. Tra i sistemi utilizzati per favorire la libertà di scelta vi sono incentivi fiscali come i voucher per la scolarizzazione, soprattutto per gli studenti economicamente svantaggiati, o sgravi fiscali a favore di genitori o famiglie e anche per i privati che danno finanziamenti alle scuole. Il rapporto Ocse mette in evidenza che i finanziamenti pubblici alle scuole dovrebbero essere effettivamente legati al numero di alunni, ossia il finanziamento dovrebbe seguire lo studente per rendere effettiva le libertà di scelta delle famiglie;
   la legge 10 marzo 2000, n. 62, in attuazione dell'articolo 33 della Costituzione, ha sancito che il nostro è un sistema integrato di istruzione, che comprende scuole statali, scuole paritarie private e comunali, e ha sancito le condizioni per il riconoscimento della parità scolastica tra le scuole statali e le scuole non statali e della funzione pubblica svolta a pieno titolo da queste ultime. Nel sistema nazionale di istruzione, la realizzazione della parità scolastica rappresenta il riconoscimento della libertà di scelta da parte delle famiglie nell'educazione scolastica dei propri figli e dà attuazione a numerosi principi costituzionali;
   la Costituzione, infatti, sancisce all'articolo 3 l'uguaglianza dei cittadini e all'articolo 30 il dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. La Repubblica, inoltre, detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato (articolo 33), ossia senza oneri per la loro istituzione, come è chiarito dai dibattiti dell'Assemblea costituente, ma non per il funzionamento;
   il costante richiamo europeo al sostegno di tutti gli istituti pubblici deve far riflettere la nostra società su cosa si intenda per scuola pubblica e per sistema nazionale di istruzione integrato, che forniscono il loro servizio a tante famiglie sul territorio nazionale: in questo contesto, infatti, spesso l'aggettivo «pubblico» non indica ciò che è statale, ma ciò che nasce per il popolo, per tutti. Un servizio è pubblico quando è accessibile a tutti in modo libero, senza preclusione né economica, né sociale, rispetto ai potenziali fruitori;
   il modello europeo conferma la conclusione che la qualifica di «servizio pubblico» non deriva dalla qualifica del «soggetto gestore», bensì dall'intrinseca utilità del servizio stesso, i cui requisiti sono indicati e valutati dallo Stato che ha compiti di controllo del soggetto gestore (enti privati e pubblici) di tale servizio;
   questo principio favorisce nel resto d'Europa la libertà di scelta educativa, da parte delle famiglie, di un servizio educativo pubblico tra una pluralità di gestori accreditati;
   in questo contesto il diritto alla libertà di scelta educativa deve essere assolutamente tutelato, mentre attualmente appare fortemente contratto rispetto ad una situazione di emergenza finanziaria;
   la situazione delle scuole paritarie nel nostro Paese risulta essere particolarmente grave a causa di diversi fattori, tra cui le difficoltà di carattere economico che riguardano molte famiglie e la lentezza dei trasferimenti dei contributi statali e della maggioranza delle amministrazioni regionali e comunali, che generalmente concorrono al sostegno delle scuole paritarie gestite da enti no-profit;
   i circa 500 milioni di euro di finanziamento alle scuole paritarie sono una parte dei 40 miliardi di euro di spesa per la scuola pubblica e rappresentano una piccola parte, che, però, ha una fondamentale importanza, laddove il sistema delle scuole statali non riesce ad arrivare, in particolare sulla scuola dell'infanzia su cui è necessario tornare ad investire;
   le scuole paritarie contano 1.042.000 alunni, ovvero circa il 12 per cento dell'intera popolazione scolastica, e svolgono un ruolo eccellente in termini di servizi educativi;
   anche secondo quanto è emerso dalle recenti dichiarazioni del Ministro interrogato in occasione della presentazione delle linee programmatiche del proprio mandato alle Commissioni riunite istruzione pubblica, beni culturali del Senato della Repubblica e Cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati, occorre salvaguardare il carattere plurale del nostro sistema di istruzione mediante misure volte a tutelare la qualità e l'inclusività anche delle scuole pubbliche paritarie;
   è auspicabile che sia data la giusta attenzione all'indagine conoscitiva, richiesta dal gruppo parlamentare Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, in Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati, sul sistema scolastico italiano di istruzione e formazione integrato in Italia e in Europa (libertà di scelta, autonomia e qualità) riguardante un'analisi approfondita del sistema nazionale di istruzione e formazione integrato, come designato dalla legge n. 62 del 2000 in un confronto con i sistemi degli altri Stati membri dell'Unione europea;
   il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, all'articolo 2 («riduzione dei costi della politica»), dispone che le regioni riducano i costi collegati agli apparati politici;
   dette riduzioni dovevano essere decise dalle regioni entro il 23 dicembre 2012, ovvero entro il 7 giugno 2013, qualora occorressero modifiche statutarie;
   la disposizione prevede, inoltre, che l'80 per cento dei trasferimenti dovuti a ciascuna regione sia assegnabile ed erogabile solo a condizione che la medesima regione abbia attuato le suddette disposizioni di contenimento dei costi della politica. Sono esclusi dall'applicazione di questa sanzione soltanto gli stanziamenti destinati al servizio sanitario nazionale ed al trasporto pubblico locale;
   risulta che per tali motivi sarebbero stati accantonati circa 160 milioni di euro del fondo destinato ai trasferimenti alle regioni per il sostegno alle scuole paritarie (Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – capitolo di bilancio 1299);
   tale accantonamento riguarderebbe tutte le regioni, anche quelle che hanno effettuato le disposizioni di contenimento dei costi della politica (cioè la maggior parte);
   tale trasferimento non rappresenta un trasferimento effettivo alle regioni, bensì una mera partita di giro verso le quasi 14.000 scuole paritarie, che, come previsto dalla legge di stabilità per il 2013, sanno di poter contare su un contributo complessivo di 502 milioni di euro per il 2013 –:
   se il Governo, alla luce di quanto esposto in premessa, non ritenga doveroso procedere con la massima urgenza all'erogazione delle risorse per il 2013, da destinare alle scuole paritarie, che risultano attualmente accantonate, e possa dare avvio a politiche di supporto ed implementazione del sistema nazionale integrato d'istruzione, come previsto dalle normative ed in linea con i Paesi dell'Unione europea, anche attraverso la stabilizzazione, per il prossimo triennio, dei finanziamenti previsti a sostegno delle scuole paritarie del nostro Paese. (3-00225)
(23 luglio 2013)

   RONDINI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI e PRATAVIERA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la sera di martedì 10 luglio 2013, a mezzanotte circa, la sedicenne Beatrice Papetti, mentre attraversava la strada provinciale Padana Superiore a Gorgonzola, è stata investita da un'auto pirata ad altissima velocità, che ha poi continuato nella sua folle corsa senza fermarsi per prestare soccorso;
   dopo sette giorni di indagini serrate da parte delle forze dell'ordine per individuare l'autore del crimine, che nel frattempo era fuggito e si era nascosto, martedì 16 luglio 2013 El Habib Gabardi, ambulante di 39 anni, separato con un figlio di sette, si è costituito e ha ammesso di essere stato lui a investire la ragazza la notte del 10 luglio;
   i carabinieri di Cassano, impegnati giorno e notte nelle ricerche dell'investitore di Beatrice, con l'ausilio delle altre forze dell'ordine e grazie anche alle riprese effettuate dalle telecamere della zona, erano ormai arrivati a delle perquisizioni in una serie di parcheggi nelle vicinanze di Ornago, in Brianza, poco lontano da Roncello, paese in cui abita El Habib, il quale, dunque, non poteva non esserne a conoscenza, dato il rilievo mediatico della vicenda;
   due giorni dopo che i carabinieri avevano tradotto in carcere El Habib Gabardi, il giudice per le indagini preliminari di Milano, Alessandro Santangelo, dopo l'interrogatorio di garanzia, non ha accolto le richieste del pubblico ministero, che, invece, aveva chiesto che l'uomo venisse tenuto in carcere, e dunque ha concesso all'investitore gli arresti domiciliari;
   tra le motivazioni del giudice per le indagini preliminari di Milano, vi è che non esiste pericolo di inquinamento delle prove e di fuga dell'imputato, il che appare del tutto assurdo considerato il comportamento dell'imputato, che si è dato proprio alla fuga dopo aver investito la ragazza di Gorgonzola e per i successivi giorni, per sottrarsi alle ricerche delle forze dell'ordine, nascondendo anche l'auto in un garage;
   il 39enne marocchino, dunque, dopo due soli giorni a San Vittore, è tornato nella sua casa a due piani, in una tranquilla corte nel centro di Roncello, in Brianza;
   Nerio Papetti, il padre della ragazza, fino ad ora pacato, appresa la notizia degli arresti domiciliari dell'investitore della figlia, ha così commentato: «Le leggi italiane hanno ucciso mia figlia per la seconda volta. È un provvedimento inaccettabile» e tale decisione «vanifica il lavoro di indagine svolto dai carabinieri»;
   la decisione del giudice per le indagini preliminari di Milano ha comunque suscitato rabbia e amarezza non solo nella famiglia della ragazza investita, che ora ha dato mandato all'avvocato Domenico Musicco, presidente dell'Associazione vittime della strada, ma altresì in tutta l'opinione pubblica;
   è del tutto condivisibile il pensiero del padre per cui per tali reati la giusta pena non possa che essere il carcere, anche per scoraggiare in futuro la commissione degli stessi –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali interventi e iniziative intenda adottare al riguardo, nel rispetto delle reciproche attribuzioni che la Costituzione assegna ai vari organi costituzionali, e se ritenga opportuno adottare iniziative per introdurre nel nostro ordinamento il reato di omicidio stradale a carico di chi provoca incidenti mortali e di assicurare a chi si macchia di tale reato l'espiazione della pena negli appositi istituti penitenziari, fin dal momento dell'arresto. (3-00226)
(23 luglio 2013)

   MIGLIORE, SANNICANDRO e DANIELE FARINA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la riforma della geografia giudiziaria, avviata dal Governo Monti, ha condotto ad una profonda razionalizzazione delle strutture giudiziarie sulla base di criteri matematico-statistici che difficilmente tengono conto delle realtà territoriali e, soprattutto, dell'opportunità di far funzionare realmente gli uffici giudiziari;
   in particolare, tale riforma prevede, ai sensi del decreto legislativo n. 155 del 2012, il taglio di ben 31 tribunali e 220 sezioni distaccate di tribunale;
   particolarmente complicata, a seguito della nuova mappatura degli uffici giudiziari, è la situazione che si configura per la Campania, dove si prevede la soppressione di centinaia di uffici – tra cui le sezioni distaccate del tribunale di Napoli istituite a Frattamaggiore, Casoria, Afragola e Marano – con contestuale previsione di messa in opera del tribunale di Napoli Nord, presso la sede monumentale del Castello aragonese di Aversa, a cui verrebbero assegnate tali sezioni distaccate;
   nel dettaglio, si prevede la soppressione delle cosiddette nuove sedi distaccate del tribunale di Napoli, quali: Pozzuoli, aperta solo due anni fa, completamente a norma e ristrutturata; Marano, rispetto al quale sono stati spesi 3 milioni di euro per la messa in sicurezza e a norma (con consegna prevista per fine 2013), i cui ruoli pendenti sono ingenti; Afragola, sede completamente a norma di recentissima costruzione; Frattamaggiore; Casoria, con ingente carico di ruoli; Ischia, con tutti gli intuibili problemi per gli utenti della giustizia derivanti dalla mancanza di un tribunale sull'isola; Portici;
   l'operatività della mutata organizzazione è prevista a partire dal 13 settembre 2013, data a partire dalla quale le udienze dovranno, quindi, celebrarsi nei nuovi uffici giudiziari;
   rispetto alla messa in opera di tale tribunale si nutrono dubbi, in quanto entro il 13 settembre 2013 sembra pressoché impossibile l'organizzazione della sede a norma; senza contare, da un lato, i costi notevoli dell'operazione e, dall'altro il fatto che, trattandosi di un castello, ovvero un bene artistico-storico plurivincolato, è necessario attendere i nulla osta delle varie soprintendenze;
   anche in relazione alle piante organiche, sembra difficile che il Consiglio superiore della magistratura riesca in così breve tempo ad istruirle e pubblicarle prima della suddetta data;
   il presidente del tribunale di Napoli, Alemi, ha chiesto al competente Ministero, nonché al Consiglio superiore della magistratura, una proroga strategica delle sedi di Casoria, Ischia e Marano, in relazione al sovrabbondante carico di ruoli facenti capo ad esse;
   alla luce di quanto rilevato, si paventa, dunque, un collasso del «sistema giustizia» campano, peraltro senza alcun risparmio di risorse economiche, ratio principale della revisione della geografia giudiziaria. E tutto ciò con tutte le intuibili conseguenze negative rispetto al diritto dei cittadini di accedere alla giustizia –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire con urgenza, nell'ambito delle proprie competenze, rispetto alla situazione illustrata in premessa, al fine di garantire il regolare esercizio del diritto di accesso alla giustizia in Campania, in particolare adottando disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 155 del 2012 che tengano conto della specificità territoriale e delle esigenze civili della comunità campana. (3-00227)
(23 luglio 2013)

   FERRARESI, AGOSTINELLI, BONAFEDE, BUSINAROLO, COLLETTI, MICILLO, SARTI, PETRAROLI e TURCO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 13 e il 14 giugno 2008, Giuseppe Uva e Alberto Biggiogero venivano condotti nella caserma dei carabinieri di Varese, senza alcuna formale attività di polizia e nessun verbale d'arresto, da un'autovettura dei carabinieri sopraggiunta in seguito alla chiamata da parte di alcuni cittadini in merito al disturbo che Uva e Biggiogero stavano arrecando loro per lo spostamento di alcune transenne a seguito dei festeggiamenti per la vittoria dell'Italia;
   in data 14 giugno 2008, successivamente all'intervento dei carabinieri e al ricovero in regime di trattamento sanitario obbligatorio, decedeva a soli 43 anni presso il reparto di psichiatria dell'ospedale di circolo di Varese Giuseppe Uva;
   la procura della Repubblica di Varese iscriveva nel registro delle notizie di reato i medici che avevano preso in cura Giuseppe Uva prima del decesso, dottor Fraticelli e dottor Catenazzi, e ne chiedeva successivamente il rinvio a giudizio per il reato di cui all'articolo 589 del codice penale, omicidio colposo, per errata somministrazione di psicofarmaci;
   a seguito della celebrazione dell'udienza preliminare di cui al suddetto procedimento, su indicazione del giudice, la procura della Repubblica di Varese iscriveva pure, per il medesimo reato, altro medico che era intervenuto nella cura di Giuseppe Uva, dottoressa Finazzi;
   circa il primo procedimento menzionato, il giudice per l'udienza preliminare pronunciava sentenza ex articolo 425 del codice di procedura penale, poi annullata dalla Corte di cassazione, nei confronti del dottor Catenazzi e rinviava a giudizio il dottor Fraticelli;
   il dottor Fraticelli veniva processato dal tribunale di Varese, che, in data 23 aprile 2012, nella persona del giudice, dottor Orazio Muscato, pronunciava la sentenza n. 498 del 2012, con la quale assolveva il dottor Fraticelli con la formula «perché il fatto non sussiste» e ordinava «la trasmissione degli atti al pubblico ministero in sede con riferimento agli accadimenti occorsi tra l'intervento dei carabinieri e l'ingresso di Giuseppe Uva al pronto soccorso dell'ospedale di Varese», con ciò escludendo che la causa della morte di Giuseppe Uva potesse ravvisarsi nelle condotte dei medici che lo avevano preso in cura dopo il suo ingresso in ospedale e ritenendo che si dovessero, invece, vagliare le condotte di tutti i soggetti che erano intervenuti dopo il suo arresto e fino al suo ingresso in ospedale;
   già dal settembre 2009, la procura della Repubblica di Varese aveva aperto un ulteriore fascicolo rubricato al n. 5509/2009, che dovrebbe avere ad oggetto le circostanze che hanno condotto alla morte di Giuseppe Uva, con particolare riferimento a quanto occorso prima del suo ingresso in ospedale;
   secondo il tribunale di Varese: «Va rimarcato con chiarezza come costituisca un legittimo diritto dei congiunti di Uva Giuseppe – innanzitutto sul piano dei più elementari sentimenti propri della specie umana – conoscere, dopo quasi quattro anni, se negli accadimenti intervenuti antecedentemente all'ingresso del loro congiunto in ospedale siano ravvisabili profili di reato; e ciò tenuto conto che permangono ad oggi ignote le ragioni per le quali Uva Giuseppe – nei cui confronti non risulta essere stato redatto un verbale di arresto o di fermo, mentre sarebbe stata operata una semplice denuncia per la contravvenzione di cui all'articolo 659 del codice penale – è stato prelevato e portato in caserma, così come tuttora sconosciuti rimangono gli accadimenti intervenuti all'interno della stazione dei carabinieri di Varese (certamente concitati, se è vero che sul posto confluirono anche alcune volanti della polizia) ed al cui esito Uva – che mai in precedenza aveva manifestato problemi di natura psichiatrica – verrà ritenuto necessitare di un intervento particolarmente invasivo quale il trattamento sanitario obbligatorio»;
   nel suddetto procedimento non è stato mai ascoltato dal pubblico ministero titolare dell'indagine, dottor Agostino Abate, Alberto Biggiogero, condotto in caserma insieme a Giuseppe Uva, il quale ha, fin dal giorno successivo alla morte di Giuseppe, formalmente denunciato di aver sentito le sue grida atroci provenire dalla stanza dove era stato rinchiuso, tanto da chiamare dalla stessa caserma il 118 per chiedere un intervento, successivamente negato, per ordine proveniente dalla stessa caserma dei carabinieri;
   senz'altro, a tutt'oggi, i congiunti di Giuseppe Uva non hanno ricevuto alcun avviso di richiesta di archiviazione del pubblico ministero dottor Abate che consenta di sottoporre ad un giudice per le indagini preliminari, come da disposizioni di codice, la fondatezza di una sua richiesta di archiviazione per le notizie di reato in ordine al trattenimento in caserma;
   per converso, nell'ambito del fascicolo 5509/09, a fine marzo 2013, il dottor Abate ha comunicato la conclusione delle sue indagini per reati di diffamazione a carico di Lucia Uva, nonché di responsabili della trasmissione televisiva «Le Iene»;
   la nipote di Giuseppe Uva, Angela De Milato, ha successivamente sporto una denuncia innanzi alla procura di Brescia nei confronti del dottor Abate per le condotte tenute in relazione al fascicolo 5509/09, denunciando un'illecita «cestinazione» delle notizie di reato inerenti quanto occorso in caserma, senza la dovuta sottoposizione al giudice per le indagini preliminari degli esiti delle indagini compiute sul punto dalla procura, così di fatto integrando condotte di abuso d'ufficio e favoreggiamento nei confronti dei soggetti che potenzialmente potrebbero essere sottoposti ad indagini;
   in data 16 giugno 2014, interverrà la prescrizione dei reati, inerenti la fase di trattenimento di Giuseppe Uva prima dell'ingresso in pronto soccorso, ipotizzati nella denuncia delle sorelle di Giuseppe Uva: arresto illegale ex articolo 606 del codice penale, omicidio colposo, lesioni personali aggravate dalla qualifica di pubblico ufficiale, violenza privata;
   la procura generale della Repubblica presso la corte d'appello di Milano ha respinto l'istanza di avocazione presentata dall'avvocato Fabio Anselmo nell'interesse delle signore Angela De Milito, Lucia Uva, Carmela Uva e Maria Altomare Uva nell'ambito del procedimento penale n. 5509/2009, a fronte dell'iscrizione nel registro degli indagati della signora Lucia Uva e dei responsabili della trasmissione «Le Iene»;
   la morte di Giuseppe Uva resta tuttora senza colpevoli, in quanto il giudice per l'udienza preliminare di Varese, Giuseppe Fazio, il 16 aprile 2013 ha prosciolto il dottor Matteo Catenazzi e assolto la dottoressa Enrica Finazzi dall'accusa di omicidio colposo;
   il giudice per le indagini preliminari Giuseppe Battarino, in data 20 luglio 2013, non ha accolto la richiesta di archiviazione depositata dal pubblico ministero Abate in data 29 giugno 2013, rilevando altresì all'interno del decreto che:
    a) la richiesta del pubblico ministero risulta ricca di rilievi pesantemente critici dell'operato del giudice nella sentenza 498 del 23 aprile 2012, ma non è assistita «dal supporto di indagini diverse e successive rispetto a quelle compiute nel procedimento che ha dato luogo all'assoluzione citata e alla trasmissione di notizia di reato alla procura della Repubblica di Varese»;
    b) «l'iscrizione delle persone asseritamente presenti all'interno della caserma dei carabinieri, per le quali ora si chiede l'archiviazione, è avvenuta solo il 7 maggio 2013», ovvero dopo 5 anni dalla morte di Giuseppe Uva, e ricorda che «l'iscrizione degli indagati nel registro delle notizie di reato è dovere ineludibile e immediato imposto dall'articolo 335 del codice di procedura penale»;
    c) «la stessa qualificazione giuridica dei fatti, risultante dall'iscrizione delle persone asseritamente presenti all'interno della caserma dei carabinieri come indagati per mere lesioni personali semplici, contraddice gli esiti argomentativi della sentenza n. 498/2012» (dove si assolve il medico Fraticelli, sentenza confermata anche dalla sentenza della corte d'appello) e risulta, quindi, «apodittica, a fronte di un evento – la morte di Giuseppe Uva – da ritenersi allo stato privo di spiegazione giudizialmente accertata» –:
   se non reputi necessario assumere iniziative ispettive presso la procura di Varese ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza, ivi compresa la promozione dell'azione disciplinare. (3-00228)
(23 luglio 2013)

   BINETTI, MARAZZITI, SANTERINI e PIEPOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto denunciato dal sindacato di polizia penitenziaria Sappe, si è verificata nei giorni scorsi una nuova aggressione nel carcere di Rebibbia nei confronti di un ispettore e due agenti di polizia penitenziaria da parte di una detenuta (per la quale era stata disposta la sorveglianza a vista), che si rifiutava di tornare in cella;
   questo ennesimo episodio di violenza aggrava una situazione già estremamente complessa: la carenza di personale e il costante sovraffollamento (la struttura romana è la più grande della regione, ospitando 1.758 detenuti), con le conseguenti ripercussioni negative sulla dignità stessa di chi deve scontare una pena in istituti affollati oltre ogni limite e soprattutto di chi in quei luoghi deve lavorare, sono concause dei numerosissimi fatti di violenza registrati negli ultimi anni;
   spesso, come a Rebibbia, il personale di polizia penitenziaria è stato ed è lasciato da solo a gestire quotidianamente all'interno delle prigioni italiane moltissime situazioni di disagio sociale e di tensione;
   il carcere è una primaria esigenza di ciascuna società e bisogna rivolgere particolare attenzione al ruolo della polizia all'interno della casa circondariale, una risorsa primaria e strategica per il reintegro del detenuto e del suo diritto alla tutela della salute –:
   se il Ministro interrogato non intenda intervenire tempestivamente, al fine di garantire adeguata sicurezza agli agenti ed alle strutture in cui essi operano. (3-00229)
(23 luglio 2013)

   GIORGIA MELONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   stando a quanto riferito il 28 giugno 2013 da alcune agenzie di informazione giornalistica, l'ex terrorista italiano Cesare Battisti rischierebbe l'espulsione dal Brasile a causa di una condanna, inflittagli in quel Paese, per uso di falsi timbri sul passaporto;
   come noto, Cesare Battisti, all'epoca appartenente al gruppo terrorista Proletari armati per il comunismo, nel nostro Paese è stato condannato all'ergastolo, con sentenze passate in giudicato, per quattro omicidi avvenuti tra il 1978 e il 1979;
   Battisti, già arrestato nel 1979 in Italia, riuscì ad evadere dal carcere nel 1981 e da allora ha trascorso la sua latitanza tra la Francia, il Messico ed il Brasile, dove è stato nuovamente arrestato nel marzo del 2007, a conclusione di un procedimento di indagini congiunte tra la polizia francese e i carabinieri del raggruppamento operativo speciale;
   la richiesta di estradizione per Battisti, presentata dal Governo italiano a quello brasiliano nel 2008, è stata, tuttavia, respinta e la relativa procedura archiviata, a fronte del fatto che le autorità governative brasiliane avevano deciso di accordare a Battisti lo status di rifugiato politico;
   il rifiuto opposto dalle autorità brasiliane alla richiesta di estradizione aveva determinato un moto di forte indignazione in tutto il Paese, anche a causa della motivazione del diniego, cioè il «fondato timore di persecuzione del Battisti per le sue idee politiche» –:
   se il Governo sia informato di quanto riportato dalla stampa e quali urgenti provvedimenti intenda assumere nel caso Battisti sia espulso dal Brasile affinché sia finalmente consegnato alla giustizia italiana per scontare la sua pena. (3-00230)
(23 luglio 2013)

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