TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 322 di Venerdì 31 ottobre 2014

 
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INTERPELLANZE URGENTI

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   il Lido, situato tra la laguna di Venezia e il Mare Adriatico, è un'isola lunga dodici chilometri che va dall'estremità di San Nicolò (nord) e Alberoni (sud). Esso comprende anche Malamocco, antico borgo romano (Metamauco);
   il Lido è la più grande e popolata isola della laguna di Venezia, famosa a livello internazionale per essere sede della Mostra internazionale d'arte cinematografica, che si tiene ogni anno nella prima decade di settembre;
   l'amministrazione comunale di Venezia, alla fine del 2013, ha ceduto per circa 50 milioni di euro alla Cassa depositi e prestiti l'area dell'ex ospedale al mare. L'operazione era finalizzata al rilancio economico dell'isola;
   quest'area non solo non è stata interessata da progetti di riqualificazione, pur già approvati, ma attualmente versa in uno stato di totale abbandono e degrado;
   nelle vicinanze è situato il distretto sanitario (cosiddetto monoblocco) dove i cittadini, principalmente anziani, giornalmente si recano per le cure sanitarie; in questo periodo nell'area territoriale citata, stando alle numerose denunce, si registra una crescita esponenziale di fenomeni di microcriminalità. Il verificarsi di episodi di violenza verso le persone e l'aumento di furti nelle abitazioni ed esercizi commerciali si possono ragionevolmente ricondurre alla presenza di delinquenti e sbandati che all'interno dell'ex nosocomio hanno trovato rifugio;
   è necessario evidenziare che all'interno dell'area dell'ex ospedale sono sorte anche valide iniziative spontanee con l'obiettivo di riqualificare la struttura e destinare l'utilizzo per attività culturali. Sorge, infatti all'interno della struttura il teatro Marinoni, dove si svolgono attività culturali e ricreative che coinvolgono la comunità ma operanti in uno stato di abusivismo e pericolo per l'incolumità delle persone;
   con una mozione approvata all'unanimità dal consiglio di municipalità di Lido e Pellestrina del comune di Venezia è stato formulato un impegno per chiedere al prefetto di attivarsi in tempi rapidi;
   si ricorda che il 25 di giugno 2014 il prefetto Vittorio Zappalorto è stato nominato commissario prefettizio per la provvisoria amministrazione del comune di Venezia, con i poteri del sindaco, della giunta e del consiglio comunale –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali provvedimenti intenda adottare per far sì che i progetti già approvati di riqualificazione del territorio siano finalmente attivati, soprattutto al fine di garantire la sicurezza dei cittadini;
   se, a seguito dell'impegno formale ufficializzato con l'approvazione della mozione da parte del consiglio di municipalità, il Ministro interpellato sia stato messo a conoscenza della situazione descritta in premessa dal commissario prefettizio.
(2-00727) «Prataviera, Fedriga».
(22 ottobre 2014)

B)

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), all'articolo 3, comma 44, stabilisce un limite massimo alle retribuzioni e ai compensi percepibili a carico delle finanze pubbliche, prevedendo espressamente che la disposizione si applica non solo alle pubbliche amministrazioni, ma anche alle «società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica», tra le quali certamente figura la Rai; la norma impone altresì alle pubbliche amministrazioni e alle società, non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica, di pubblicare sul proprio sito istituzionale il nome dei destinatari degli incarichi e l'importo dei compensi;
   in esecuzione della predetta disposizione è stato emanato il decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 195, che precisa i contenuti del predetto obbligo di pubblicità, ricomprendendo esplicitamente ogni rapporto di lavoro subordinato o autonomo che implichi la corresponsione di retribuzioni o emolumenti direttamente o indirettamente a carico delle pubbliche finanze, includendo anche i compensi percepiti da società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica, secondo quanto previsto dall'articolo 2 del citato decreto del Presidente della Repubblica;
   le disposizioni appena richiamate non sono state abrogate da alcuna normativa successiva, risultando, pertanto, tuttora in vigore; in particolare, non risulta alcuna incompatibilità (che comporterebbe l'effetto di un'abrogazione implicita) con l'articolo 15 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, recante «Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni», che chiarisce soltanto i contenuti degli obblighi di pubblicazione degli incarichi dirigenziali conferiti dalle pubbliche amministrazioni;
   parimenti, non può ritenersi ostativo all'obbligo di pubblicità sancito dal citato articolo 3, comma 44, della legge n. 244 del 2007 nemmeno il disposto di cui all'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come modificato dalla legge di conversione del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 (legge n. 125 del 2013), là dove disciplina gli obblighi di comunicazione del Ministero dell'economia e delle finanze e del dipartimento della funzione pubblica del costo annuo del personale;
   a tal proposito va precisato che l'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni» ha, infatti, integralmente sostituito, a decorrere dal 1o gennaio 2014, l'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che, nella precedente formulazione, prevedeva che gli enti pubblici economici e le aziende che producono servizi di pubblica utilità, nonché gli enti e le aziende di cui all'articolo 70, comma 4, sono tenuti a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri «Dipartimento della funzione pubblica», e al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, il costo annuo del personale comunque utilizzato, in conformità alle procedure definite dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   il decreto-legge n. 101 del 2013 estende, in primo luogo, l'ambito soggettivo di riferimento del citato articolo 60, ampliando la platea dei soggetti tenuti al rispetto dell'obbligo di comunicazione anche alle società non quotate, partecipate direttamente o indirettamente, a qualunque titolo, dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, diverse da quelle emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e dalle società dalle stesse controllate, e dalla società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo;
   detto intervento opera, inoltre, sul contenuto informativo dell'obbligo stesso, in particolare per la Rai, società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, specificando che il costo annuo del personale comunque utilizzato ed oggetto della comunicazione deve ritenersi riferito ai singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo; in virtù di tale disposizione, pertanto, anche la Rai è tenuta a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri «Dipartimento della funzione pubblica» e al Ministero dell'economia e delle finanze il costo annuo del personale comunque utilizzato, con riferimento ai singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo, in conformità a specifiche procedure definite d'intesa con i predetti dicasteri;
   né la disposizione sopra richiamata, che sancisce l'obbligo di pubblicità in questione, può ritenersi tacitamente abrogata dall'articolo 13 del decreto-legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014, che si limita, infatti, a modificare il limite massimo delle retribuzioni percepibili a carico delle finanze pubbliche, aggiungendo, al comma 5-bis, un obbligo di trasparenza ulteriore, non incompatibile con quello già introdotto nell'ordinamento con l'articolo 3, comma 44, della legge n. 244 del 2007 (e confermando implicitamente, in tal modo, la vigenza di tale norma);
   il sottoscritto interpellante ha già depositato, in relazione all'attuazione delle disposizioni sopra richiamate, cinque interpellanze urgenti, ricevendo risposte, da parte del Governo, assolutamente insoddisfacenti: si tratta dell'interpellanza urgente n. 2-00353 discussa il 10 gennaio 2014, dell'interpellanza urgente n. 2-00400 discussa il 7 febbraio 2014, dell'interpellanza urgente n. 2-00434 discussa il 7 marzo 2014, dell'interpellanza urgente n. 2-00486 del 4 aprile 2014 e, infine, dell'interpellanza urgente n. 2-00663 discussa l'8 settembre 2014;
   nel corso della seduta della Camera dei deputati dell'8 settembre 2014, il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Giovanni Legnini, in risposta all'ultima interpellanza presentata, riferendosi agli obblighi introdotti con la norma di cui all'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, ha dichiarato che «la Rai, in adempimento dei citati obblighi di legge, ha provveduto a trasmettere nel termine previsto e secondo i criteri delineati dal dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, tutti i dati richiesti dal Ministero dell'economia e delle finanze d'intesa con il Dipartimento della funzione pubblica»;
   il Sottosegretario di Stato Legnini ha, inoltre, affermato quanto segue: «l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con una nota del 13 maggio scorso, ha osservato che l'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001, è evidentemente finalizzato al solo rilevamento dei costi del lavoro pubblico e non prevede di per sé alcuna forma di pubblicità dei dati raccolti. La norma in questione non contempla, infatti, né la pubblicazione delle informazioni in sé, né gioco forza le eventuali modalità di tale applicazione e soprattutto non riguarda specificamente i compensi dei conduttori, degli ospiti e degli opinionisti, né tantomeno i costi di produzione dei programmi RAI»;
   a parere dell'interpellante, le dichiarazioni del Sottosegretario di Stato Legnini restano insoddisfacenti e comunque incomplete, dato che affrontano la questione della pubblicità e della trasparenza dei dati Rai, ovvero una società a partecipazione pubblica, limitandosi a riportare un parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato riguardante la sola norma di cui all'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001, senza considerare le altre norme vigenti sullo stesso tema;
   il nuovo articolo 60, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non incide in alcun modo sull'obbligo di pubblicità previsto, anche in capo alla Rai, dalla citata legge n. 244 del 2007, che rimane vigente e che il Governo non cita nella propria risposta; inoltre, se è vero che lo stesso articolo 60 non prevede in maniera esplicita un obbligo di trasparenza, è altrettanto corretto affermare che la medesima norma non solo non esclude l'obbligo di pubblicità già presente nell'ordinamento, ma ne conferma la vigenza non regolando diversamente i relativi obblighi di trasparenza;
   inoltre, la pubblicazione dei compensi Rai non è impedita dalla disciplina contenuta nel Codice della privacy (decreto legislativo n. 196 del 2003), come chiarito dal Garante per la protezione dei dati personali, a fronte delle sopra richiamate disposizioni legislative e regolamentari che la contemplano espressamente (peraltro come obbligatoria);
   nell'ambito di una disamina degli obblighi Rai, bisogna poi ricordare quanto prevede il contratto di servizio 2010-2013 siglato dalla Rai e il Ministero dello sviluppo economico, ancora in vigore, seppur in regime di prorogatio: in tema di trasparenza, il testo dispone, all'articolo 27, comma 7, che «la Rai pubblica sul proprio sito web gli stipendi lordi percepiti dai dipendenti e collaboratori nonché informazioni, anche tramite il mezzo televisivo, eventualmente con un rinvio allo stesso sito web nei titoli di coda, e radiofonico, sui costi della programmazione di servizio pubblico»;
   non è di poco rilievo, infine, ricordare che il 7 maggio 2014 la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei sistemi radiotelevisivi ha approvato il parere di propria competenza previsto in relazione allo schema di contratto di servizio 2013-2015 tra la Rai e il Ministero dello sviluppo economico, ad oggi, ancora in via di definizione. Tra le disposizioni contenute, all'articolo 18, comma 7 del contratto di servizio, si prevede che «la Rai pubblica nel rispetto della legge n. 125 del 2013, per la razionalizzazione della PA, le informazioni sui curricula e i compensi lordi percepiti dai dirigenti, dai collaboratori e dai consulenti, così come definite dal Ministero dell'Economia e delle Finanze d'intesa con il Dipartimento della Funzione Pubblica, nonché informazioni, anche tramite il mezzo televisivo e radiofonico, sui costi della programmazione di servizio pubblico»;
   il parere approvato dalla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei sistemi radiotelevisivi in tema di total disclosure è molto puntuale e prevede non solo un riferimento al cosiddetto decreto-legge sulla razionalizzazione della pubblica amministrazione sopra richiamato, ma anche l'obbligo per la Rai di pubblicare i curriculum vitae dei dipendenti e i loro stipendi lordi –:
   quali misure intenda adottare il Ministro interpellato, secondo le proprie competenze, per garantire in tempi rapidi l'attuazione della normativa richiamata in premessa e rendere così pubblici i dati relativi al costo del personale trasmessi al Governo dalla Rai, a norma delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, (Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni), in considerazione di quanto previsto dal contratto di servizio vigente, e, soprattutto, alla luce dell'obbligo di pubblicità previsto per la Rai dall'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), che non risulta messo in discussione dall'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), così come modificato dal decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013, che non solo non esclude l'obbligo di pubblicità già presente nell'ordinamento, ma ne conferma la vigenza, non regolando diversamente i relativi obblighi di trasparenza.
(2-00701) «Brunetta».
(1o ottobre 2014)

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   dall'8 all'11 ottobre 2014 si è svolto il Media forum internazionale di Greenaccord presso l'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli;
   l'11 ottobre 2014 nel corso del Media forum internazionale di Greenaccord mentre interveniva il dottor Mantovani dell'Istituto superiore di sanità un gruppo di cittadini provenienti dalla «Terra dei fuochi» interrompeva i lavori, contestando con forza la posizione del Ministro della salute in merito alla mancanza di nesso tra siti a rischio e aumento delle patologie;
   il dottor Mantovani dirigente dell'Istituto superiore di sanità, nel corso della contestazione, ha rilasciato una video intervista a Fanpage nella quale ha reso dichiarazioni molto precise sul nesso tra aumento delle patologie e siti a rischio quali la «Terra dei fuochi»;
   il dottor Mantovani ha dichiarato, infatti, che «la correlazione tra siti a rischio e aumento delle patologie è evidente e dimostrata da dati scientifici, in possesso dell'Istituto superiore di sanità, incontrovertibili»;
   le dichiarazioni del dottor Mantovani smentiscono in maniera inequivocabile e inconfutabile quanto dichiarato più volte dal Ministro della salute secondo cui l'aumento delle gravi patologie riscontrate nella «Terra dei fuochi» sarebbe addebitabile ad uno scorretto stile di vita, in particolare alimentare;
   il dottor Mantovani ha, altresì, dichiarato che se fosse stato un residente della «Terra dei fuochi» anche lui probabilmente avrebbe manifestato insieme agli altri cittadini e che le patologie riscontrate nei siti inquinati non derivano dagli stili di vita o alimentari della popolazione residente –:
   se siano a conoscenza dei dati scientifici in possesso dell'Istituto superiore di sanità e se non si intenda renderli noti unitamente al numero dei malati suddiviso per zone;
   a fronte dei dati scientifici incontrovertibili in possesso dell'Istituto superiore di sanità, se non intendano avviare immediate iniziative per proseguire ed implementare il monitoraggio epidemiologico delle aree relative alla cosiddetta «Terra dei fuochi», con particolare riferimento alla popolazione dei minori e accelerare le procedure di bonifica;
   quali ulteriori iniziative, di concerto con gli altri Ministri competenti, si intendano avviare al fine di intervenire con maggiore rigore ed efficacia e di contrastare i fenomeni criminali che ruotano attorno al business dei rifiuti;
   se non si ritenga necessario avviare un piano straordinario di recupero e bonifica dei territori interessati dagli incendi, garantendo il ripristino della legalità e il massimo livello di tutela per la salute delle persone e dell'ambiente;
   quali siano i siti a rischio nei quali ad oggi effettivamente sono in corso bonifiche, ovvero a che punto siano le gare pubbliche di appalto ed eventualmente lo stato di avanzamento dei lavori nonché l'ammontare delle risorse disponibili per le bonifiche, in quanto appare evidente che le bonifiche hanno una stretta attinenza con le patologie e il loro incremento ed ogni ritardo si riverbera sui cittadini e, soprattutto, sulla loro salute;
   se non si ritenga improcrastinabile assumere le necessarie iniziative, anche di carattere normativo, al fine di istituire un registro nazionale dei tumori, allo scopo di monitorare e contrastare efficacemente il fenomeno delle patologie in relazione ai siti a rischio.
(2-00731) «Silvia Giordano, Baroni, Cecconi, Dall'Osso, Di Vita, Grillo, Lorefice, Mantero, Ferraresi, Bonafede, Businarolo, Agostinelli, Colletti, Sarti, Turco, Basilio, Artini, Paolo Bernini, Corda, Frusone, Rizzo, Tofalo, Manlio Di Stefano, Di Battista, Sibilia, Del Grosso, Spadoni, Scagliusi, Ruocco, Pisano».
(28 ottobre 2014)

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   l'articolo 32 della Costituzione italiana tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana;
   l'azienda ospedaliera Roma C opera all'interno di una vasta area della città di Roma comprendendo il territorio di 4 municipi della città, per un'area di oltre 250 chilometri quadrati e una popolazione pari a circa 600.000 abitanti. All'interno di tale vasta area opera il polo regionale ospedaliero Sant'Eugenio cto «Andrea Alesini»;
   la situazione in cui versa tale polo ospedaliero è assolutamente preoccupante; in particolare, per l'ospedale Sant'Eugenio sono stati segnalati dai cittadini e dalle associazioni del territorio i seguenti disservizi:
    a) dal 4 aprile 2014 il servizio di medicina nucleare è stato sospeso in quanto il responsabile della sicurezza dell'azienda ospedaliera ha segnalato alcune importanti carenze, tanto da rendere obbligatoria la chiusura immediata del servizio. Ad oggi, nonostante alcune assicurazioni verbali da parte del direttore dell'azienda sanitaria locale e del presidente della regione Lazio, i lavori di messa a norma non sono stati avviati e non risulta, agli atti degli uffici tecnici dell'ospedale, nessun progetto di ristrutturazione approvato;
   b) il reparto di ematologia, che comprende la terapia intensiva e il reparto di trapianto di midollo, attende da mesi la ristrutturazione più volte annunciata ma mai partita. Questo costringe i medici e gli operatori ad accogliere i pazienti in locali ormai fatiscenti e fuori norma, tant’è che si nutrono dubbi per il prossimo accreditamento della struttura;
    c) il reparto di radiologia da mesi esegue prestazioni limitate ai soli ricoveri interni, mentre per malati esterni, vi sono lunghe liste con attesa di almeno 5 mesi per tac e risonanze magnetiche;
    d) per la medicina oncologica, a quanto risulta agli interpellanti, si prevede la chiusura del reparto nel mese di novembre 2014 attraverso il trasferimento del servizio in altri ospedali della città di Roma con evidenti disservizi per i pazienti in cura;
   il pronto soccorso del Sant'Eugenio accoglie già da tempo anche le urgenze provenienti dall'ospedale cto, il quale si sta avviando sempre più ad una specializzazione solamente per la medicina d'urgenza relativa all'ortopedico. Tale scelta ha sovraccaricato il pronto soccorso del Sant'Eugenio, per il quale si registrano ore di attesa per ricevere le prestazioni mediche. In generale, in molti reparti si evidenzia una lenta riduzione dei posti letto, soprattutto per la mancanza di medici ed infermieri e in particolare nei reparti di psichiatria, chirurgia d'urgenza, urologia, medicina;
   pertanto, è evidente che dalla descrizione evidenziata manca un piano coordinato di ristrutturazione dei reparti che metta in condizione il territorio di capire quale destinazione avrà l'ospedale Sant'Eugenio e, soprattutto, non è stata data ai cittadini, fruitori dei servizi ospedalieri in questione, informazione sufficiente sui tempi di riutilizzo delle strutture sanitarie chiuse –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza delle circostanze critiche e preoccupanti riportate in premessa e quali siano le iniziative che intende porre in essere, nell'ambito delle proprie competenze e anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, per verificare e chiarire la situazione, assicurando il pieno funzionamento del polo regionale ospedaliero Sant'Eugenio-cto e accertando che i servizi siano ripristinati nel più breve tempo possibile;
   se il Ministro interpellato intenda rendere pubbliche tutte le informazioni eventualmente acquisite al fine di dare massima trasparenza alle modalità con cui i servizi sanitari siano stati gestiti in questa particolare circostanza.
(2-00725) «Brunetta, Abrignani».
(21 ottobre 2014)

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   il Ministro interpellato, rispondendo all'interrogazione a risposta immediata in assemblea n. 3-00854, discussa in data 4 giugno 2014, riferì che era intenzione del Ministero verificare le conseguenze dell'applicazione della riforma delle circoscrizioni giudiziarie, in particolare per quanto concerneva gli 8 tribunali individuati nel decreto ministeriale del 13 settembre 2013, tenendo conto anche delle conclusioni cui sarebbe pervenuto il gruppo di lavoro, di verifica e di monitoraggio appositamente costituito, che, a quel momento, non aveva ancora presentato la relazione conclusiva;
   nella stessa occasione il Ministro interpellato non escluse la possibilità di adottare provvedimenti di correzione della geografia delle sedi giudiziarie, disegnata dalla riforma, avvalendosi della delega conferita, a suo tempo, dal Parlamento, il cui termine di esercizio sarebbe scaduto il 14 settembre 2014;
   il Governo non si è avvalso di tale facoltà e dalle comunità locali si sono levate voci di protesta volte ad evidenziare i disservizi provocati, in alcuni casi, dall'applicazione della riforma. In risposta alle sollecitazioni provenienti dai territori interessati, il Ministro interpellato ha, in più di una circostanza, ipotizzato un nuovo intervento volto a correggere alcune sperequazioni – una sorta di «tagliando» alla riforma – da adottare in concomitanza dell'annunciata revisione degli ambiti territoriali delle corti di appello. Si ricorda, fra i tanti, l'intervento svolto nel 32o Congresso nazionale forense tenutosi a Venezia l'11 ottobre 2014 che, anche per la rilevanza dell'evento, ha suscitato particolar attenzione e rinnovato la speranza di un provvedimento di modifica della più volte citata riforma;
   per dare corpo alle intenzioni si confidava in una delega che il Parlamento avrebbe potuto conferire al Governo in sede di conversione del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, in materia di processo civile. Nel testo della legge di conversione approvato dal Senato della Repubblica non vi è traccia di tale delega, ma in compenso si interviene sugli uffici del giudice di pace di Barra e Ostia;
   tra le cause della mancata emanazione dei provvedimenti adottabili entro la data del 14 settembre 2014 è ragionevole inserire le conclusioni del già citato gruppo di lavoro, che tendono a minimizzare i disagi lamentati negli ambiti territoriali di alcuni dei tribunali soppressi;
   nello specifico, il caso del tribunale di Alba costituiva uno dei più evidenti errori di valutazione della riforma, tant’è che già in un articolo apparso su Il Sole 24 ore dell'11 giugno 2014 veniva individuato come uno dei sette tribunali che avrebbero potuto essere recuperati o eventualmente trasformati in sezioni staccate. I fatti succedutisi da allora hanno dimostrato quanto frettolose fossero le conclusioni cui era giunto il gruppo di lavoro ministeriale – secondo il quale l'accorpamento al tribunale di Asti sarebbe avvenuto senza particolari problemi – e quanto contrastanti con l'opinione del mondo forense e delle comunità locali, che lamentano una rilevante serie di disservizi. Si cita, in particolare, il quotidiano La Stampa che nelle pagine dedicate alla provincia di Cuneo evidenzia, in data 22 settembre 2014, che oggi il tribunale di Asti impiega 4 mesi per l'emissione di un decreto ingiuntivo, mentre in precedenza il tribunale di Alba vi provvedeva in quattro giorni;
   ancora più eclatante il caso apparso, in data 18 ottobre 2014, sul quotidiano online Targato CN, che descrive le peripezie di un'azienda alimentare, con sede a Narzole (Cuneo) e stabilimenti a Narzole (Cuneo) ed ad Ivrea (Torino), che rischia il fallimento, poiché a tutt'oggi non ha avuto risposta ad un'istanza di concordato, depositata nel febbraio 2014, presso il tribunale di Asti;
   l'articolo sopra citato descrive il fatto come emblematico delle inefficienze della giustizia italiana e delle ricadute che queste spesso hanno sulla vita delle aziende ed appare molto significativo che la doglianza provenga da un'impresa con sede legale nel territorio dell'ex tribunale di Alba, che era, quindi, abituata ad attendersi ben altra sollecitudine –:
   quali urgenti iniziative intenda adottare per dare corpo alle intenzioni più volte dichiarate di rimediare alle distorsioni della riforma delle circoscrizioni giudiziarie, con particolare riferimento al tribunale di Alba, al fine di evitare l'ennesima discrasia fra intenzioni proclamate ed azioni intraprese, malattia antica della politica che in questi ultimi anni si è aggravata sino a divenire la principale ragione delle scollamento tra i cittadini e le istituzioni.
(2-00732) «Monchiero, Rabino, Mazziotti Di Celso».
(28 ottobre 2014)

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   la Commissione europea ha approvato il 15 ottobre 2014 una lettera rettificativa al progetto di bilancio 2015 nella quale chiede al Consiglio e al Parlamento europeo di stralciare fondi per quasi mezzo miliardo di euro dal bilancio agricolo per la gestione della politica agricola comune 2015, al fine di sopperire alla mancanza di liquidità necessaria per sostenere altre politiche europee, quali il programma energetico europeo, il programma «Horizon 2020» e interventi di cooperazione con Paesi terzi in materia di gestione dei flussi migratori;
   a seguito di tale decisione le misure d'urgenza a favore degli agricoltori unionali derivanti dall'embargo imposto dalla Federazione russa, stimate in circa 340 milioni di euro, devono essere finanziate attraverso il ricorso alla riserva di crisi di cui al regolamento (UE) n. 1306/2013 costituita mediante l'applicazione di una riduzione dei pagamenti diretti con il meccanismo della disciplina finanziaria, che tuttavia riguarda non tutti gli Stati membri ma solo alcuni;
   è evidente che una tale scelta, sebbene imposta dalla disciplina di bilancio, penalizza enormemente il comparto primario, il quale risulta doppiamente colpito dagli effetti di una crisi che non ha in alcun modo contribuito a creare, considerato che parte delle risorse «spostate» dal bilancio agricolo a favore di altre politiche va anche a potenziare il sostegno al programma di stabilizzazione e di pacificazione dell'Ucraina;
   sebbene tutte le politiche unionali siano egualmente importanti e necessarie, tanto più quelle rivolte a creare condizioni stabili nei Paesi limitrofi nel loro interesse e in quello degli Stati membri, la sottrazione di risorse alle imprese agricole, già in forte difficoltà, appare agli interpellanti una scelta priva di qualsiasi logica e contraria agli interessi di molti Stati membri, in primis dell'Italia –:
   se non ritenga di dover esprimere la totale contrarietà dell'Italia alla rettifica al bilancio 2015 e di intraprendere ogni iniziativa, anche in qualità di Presidente del Consiglio dei ministri dell'agricoltura dell'Unione europea, affinché il Consiglio non accolga la proposta dell'Esecutivo comunitario.
(2-00724) «L'Abbate, Gallinella, Massimiliano Bernini, Benedetti, Gagnarli, Lupo, Parentela, Villarosa».
(21 ottobre 2014)

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