TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 352 di Giovedì 18 dicembre 2014

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI DIRITTI DEI RICHIEDENTI ASILO E DEI RIFUGIATI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA REVISIONE DEL REGOLAMENTO DELL'UNIONE EUROPEA NOTO COME «DUBLINO III»

   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno dei rifugiati e richiedenti asilo in Europa – a causa dei drammatici conflitti e delle violenze che stanno investendo l'area mediterranea e, più in generale, il continente africano – sta assumendo dimensioni terribili. Secondo il rapporto di Eurostat sul primo trimestre del 2014, le persone che, tra gennaio e marzo, hanno chiesto asilo sul territorio dei 28 Paesi dell'Unione europea sono state circa 108.300, quasi 25.000 in più rispetto allo stesso periodo del 2013, con un aumento del 30 per cento; in particolare, l'Italia ha ricevuto 10.700 domande, risalendo così al quarto posto tra i Paesi dell'Unione europea come meta dei richiedenti asilo. Tra i Paesi di provenienza, la Siria continua ad occupare il primo posto (16.770), seguita da Afghanistan (7.895) e Serbia (5.960);
    il numero delle vittime e delle violazioni dei diritti umani da parte dei trafficanti, negli anni, è considerevolmente aumentato (in generale, dal 2000 al 2013, sono morti più di 23 mila migranti nel tentativo di fuggire dai conflitti e di raggiungere l'Europa via mare o attraversando i confini del vecchio continente via terra: in media più di 1.600 l'anno);
    nonostante lo straordinario impegno del Governo italiano con l'operazione di soccorso denominata Mare Nostrum, che ha salvato migliaia di vite umane, i drammi e le violazioni dei diritti umani continuano a perpetrarsi;
    la gestione dell'accoglienza, dell'identificazione e dell'assistenza da parte di molti Paesi dell'Unione europea presenta numerose criticità, data la consistenza del fenomeno e considerate le talvolta difficili condizioni sociali ed economiche dei Paesi riceventi, difficoltà che si riflettono sia sulle popolazioni accoglienti che sui rifugiati e richiedenti asilo;
    con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, le materie concernenti l'asilo, la protezione sussidiaria e la protezione temporanea hanno acquisito la qualifica di politica comune dell'Unione europea (articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea); pertanto, la concreta regolamentazione di tali materie risulta un'applicazione del Trattato;
    la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che con il Trattato di Lisbona ha acquisito la stessa portata e rilevanza giuridica del Trattato stesso: riconosce e garantisce il diritto di asilo nel rispetto delle norme stabilite dalla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal Protocollo del 31 gennaio 1967 sullo status dei rifugiati, e a norma del Trattato sull'Unione europea e del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (articolo 18); vieta le espulsioni collettive e le espulsioni ed estradizioni verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti (articolo 19);
    le richieste di asilo nei Paesi dell'Unione europea sono disciplinate dal regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 (cosiddetto regolamento «Dublino III»), che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di Paese terzo o da un apolide;
    il regolamento «Dublino III» intende assicurare il pieno rispetto del diritto d'asilo garantito dall'articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché dei diritti riconosciuti ai sensi degli articoli 1, 4, 7, 24 e 47 della Carta medesima (diritto alla dignità umana, proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, rispetto della vita privata e familiare, diritto del bambino e diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale);
    l'obiettivo del regolamento «Dublino III» è quello di realizzare un sistema di asilo europeo basato su criteri omogenei di riconoscimento del diritto d'asilo dei richiedenti, sul rispetto dei diritti umani nei Paesi d'accoglienza e sulla solidarietà tra gli Stati membri e di consentire la rapida determinazione ed identificazione dello Stato membro competente al fine di garantire l'effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale, non pregiudicando l'obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale;
    nei fatti, l'applicazione del regolamento in questione è di difficile gestione e il principio generale in esso stabilito, secondo cui i Paesi responsabili dell'esame di una domanda di protezione internazionale «anche di coloro che hanno varcato illegalmente le frontiere di uno Stato membro» sono quelli di prima accoglienza, presenta notevoli criticità a causa del numero sempre crescente di migranti;
    tra le principali criticità vi è la gestione nazionale, ossia in carico ai singoli Stati, delle richieste d'asilo, che induce in numerosi migranti il rifiuto di farsi identificare e il loro incontrollato movimento tra i Paesi europei;
    come rilevato da alcune agenzie di protezione dei rifugiati, tra cui l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, alcune disposizioni del regolamento «Dublino III», in particolare quelle relative alle procedure da adottare per la presa in carico dei minori non accompagnati, stanno determinando seri problemi di interpretazione e di implementazione;
    come rilevato da un report dell'Aida 2013, la regolamentazione sta diventando sempre più complicata e complessa e le garanzie a favore dei migranti (nell'espletamento della procedura di richiesta), tra cui il diritto all'assistenza legale, si stanno via via indebolendo;
    a più riprese l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, da sempre particolarmente attenta al tema dei rifugiati e dei richiedenti asilo e, in generale, del rispetto dei diritti umani dei più deboli, ha raccomandato, da ultimo nella risoluzione 2047 (2014), una profonda revisione del suddetto regolamento;
    il Consiglio europeo del 26 e 27 giugno 2014, nel definire gli orientamenti strategici della programmazione legislativa e operativa nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia per gli anni a venire, ha chiesto alle istituzioni dell'Unione europea e agli Stati membri: di dotarsi di una politica efficace in materia di migrazione, asilo e frontiere, guidata dai principi di solidarietà ed equa condivisione delle responsabilità; di recepire ed attuare efficacemente, quale priorità assoluta, il sistema europeo comune di asilo (Ceas), adottando norme comuni di livello elevato e istituendo una maggiore cooperazione per creare condizioni di parità che assicurino ai richiedenti asilo le stesse garanzie di carattere procedurale e la stessa protezione in tutta l'Unione europea; di rafforzare il ruolo svolto dall'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (Easo), in particolare promuovendo l'applicazione uniforme dell’acquis; di intensificare la cooperazione con i Paesi di origine e di transito, anche attraverso l'assistenza volta a rafforzare le loro capacità di gestione della migrazione e delle frontiere; di potenziare ed espandere i programmi di protezione regionale, in particolare nelle vicinanze delle regioni di origine;
    in considerazione del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea e in vista del prossimo Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014, è opportuno che il nostro Paese ponga la necessità di mettere al centro dell'agenda europea la definizione di una politica solida e condivisa, improntata su solidarietà e responsabilità, in materia di immigrazione e diritto d'asilo,

impegna il Governo

   a proporre nelle competenti sedi europee la necessità di una revisione del regolamento «Dublino III», che ponga al centro:
    a) il rispetto e la protezione dei diritti umani dei rifugiati e dei richiedenti asilo, al fine di garantire un ambiente più favorevole a una loro accoglienza, compatibilmente con le possibilità dei Paesi ospitanti, e di provvedere efficacemente a una loro identificazione per evitare che finiscano vittime del traffico clandestino, fornendo loro un'adeguata assistenza;
    b) un omogeneo sistema europeo che regoli la concessione del diritto di asilo secondo standard e procedure comuni e il coordinamento nella raccolta delle domande dei richiedenti, anche al di fuori del territorio dei Paesi membri e in collaborazione con l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, per permettere agli aventi diritto di raggiungere i Paesi di accoglienza in modo sicuro e prevenire ogni abuso del sistema con la presentazione di domande di asilo multiple da parte di una sola persona;
    c) un sistema europeo di accoglienza che si basi sulla solidarietà tra i Paesi membri e che distribuisca la presenza dei rifugiati per quote definite sulla base degli indici demografici ed economici;
    d) un sistema di mutuo riconoscimento tra gli Stati membri della concessione del diritto di asilo, tale da garantire la libertà di stabilimento del beneficiario in ogni Stato membro, per cui il riconoscimento della protezione internazionale ad un richiedente asilo all'interno di un determinato Stato sia valido nell'intero territorio dell'Unione europea, considerato che tale sistema, che presuppone la responsabilità condivisa di un piano comune europeo di protezione temporanea e di riconoscimento dell'asilo, risulta prodromico all'istituzione del sistema europeo di accoglienza;
    e) l'istituzione di un'agenzia europea per l'asilo e l'immigrazione al di fuori del territorio dell'Unione europea, favorendo l'utilizzazione delle sedi diplomatiche già esistenti in alcuni Paesi africani, quali sedi operative nelle zone di maggior transito dei rifugiati, in grado di gestire le domande di protezione internazionale e di contenere il numero dei flussi migratori indistinti.
(1-00603)
«Nicoletti, Speranza, Berlinghieri, Amendola, Giuseppe Guerini, Quartapelle Procopio, Campana, Beni, Fiano, Monaco, Chaouki, Moscatt, Iacono, Scuvera, Piazzoni, Migliore, Bruno Bossio, Mattiello, Fabbri, Amoddio, Malisani, Brandolin, Alfreider, Patriarca».
(3 ottobre 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    la Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, considerato che l'Unione europea è soggetta a pressioni migratorie strutturali, conseguenti a cambiamenti sociali e politici negli Stati limitrofi, è tenuta ad assolvere entro il 31 dicembre 2014 il rafforzamento della tutela dei diritti fondamentali, attraverso un'efficace promozione della migrazione, individuando strumenti operativi;
    secondo i dati dello European asylum support office (Ufficio europeo di sostegno per l'asilo – Easo) diffusi nei giorni scorsi, si è registrato nei primi otto mesi un aumento del 28 per cento delle domande di asilo presentate nell'Unione europea, rispetto allo stesso periodo nel 2013. Uno su cinque dei richiedenti asilo è siriano, infatti la Siria è tra i primi tre Paesi di origine dei richiedenti in diciannove Stati dell'Unione europea;
    secondo i dati del Ministero dell'interno, nei mesi gennaio-settembre 2014 il numero dei richiedenti asilo si attestava a circa 44.000, con un aumento del 153 per cento a fronte dei dati del 2013 negli stessi mesi, pari a circa 17.387;
    in seguito al tragico naufragio di oltre trecento migranti del 3 ottobre 2013, l'operazione militare ed umanitaria italiana Mare Nostrum, iniziata il successivo 18 ottobre 2013, ha costituito un esempio efficace per affrontare e gestire in modo consapevole lo stato di emergenza umanitaria nello stretto di Sicilia, dovuto dall'afflusso eccezionale di migranti. L'operazione Mare Nostrum, operando congiuntamente ed in sinergia con le attività previste dall'europea Frontex, ha contribuito fattivamente a salvare vite umane in pericolo in mare, nonché a contrastare il traffico illegale di migranti. Secondo dati dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, le navi di Mare Nostrum hanno salvato circa il 70 per cento dei migranti e richiedenti protezione internazionale sbarcati da gennaio ad oggi in Italia;
    a partire dal prossimo mese di novembre avrà inizio la futura operazione Frontex Plus con obiettivi diversi, legati ad una maggiore vigilanza della frontiera meridionale dell'Unione. Frontex Plus sarà operativa solo nell'area marittima rientrante nella giurisdizione italiana, senza realizzare interventi di salvataggio in acque internazionali o nelle acque di altri Paesi che non riescono a gestire la propria zona di ricerca e salvataggio;
    «il successo di Frontex Plus dipende dalla partecipazione dei singoli Paesi», secondo quanto affermato dal Commissario europeo per gli affari interni Cecilia Malmström ed è necessario l'apporto dei singoli Governi per farsi carico di una gestione europea del fenomeno migratorio. Premesso ciò, le due operazioni dovrebbero essere complementari, convergendo nella promozione dell'integrazione europea delle politiche migratorie;
    negli ultimi anni si sono accentuate le differenze sostanziali tra i sistemi di protezione dei diversi Paesi, sia per quando riguarda le misure di accoglienza, sia relativamente alle percentuali di riconoscimento e alle procedure di esame della domanda;
    con il regolamento «Dublino III» si è voluto realizzare un sistema di asilo europeo basato su criteri omogenei di riconoscimento del diritto d'asilo dei richiedenti, per evitare disparità nel trattamento delle persone e nell'esame delle loro domande;
    tuttavia, l'applicazione del regolamento ha evidenziato alcune criticità, segnalate soprattutto da operatori del settore, relativamente alle procedure di gestione in generale e per la presa in carico dei minori non accompagnati, che necessitano di essere corrette,

impegna il Governo:

   a garantire una forma di protezione temporanea ai richiedenti provenienti dalla Siria, dall'Iraq e dall'Eritrea, attraverso la concessione di un permesso per motivi umanitari, in applicazione della direttiva 2001/55/CE, recepita dall'Italia con il decreto legislativo 7 aprile 2003, n. 85, relativa alla «concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati» e alla «promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi»;
   al fine di gestire il fenomeno dei flussi migratori misti, a promuovere la creazione di un centro di accoglienza gestito in collaborazione con altri Paesi europei in Sicilia, che, in modo sperimentale, esamini le domande di protezione internazionale;
   a promuovere, in sede europea ed in collaborazione con l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, la creazione di centri di accoglienza nei Paesi di transito, quali Tunisia, Egitto, Marocco, Etiopia e Giordania, dove presentare domanda di protezione internazionale;
   ad adottare tutte le misure opportune per potenziare il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati;
   a sostenere presso le competenti sedi europee la necessità di una revisione del regolamento «Dublino III» al fine di eliminare le criticità sollevate in più sedi da personalità e istituzioni operanti nel settore, al fine di consentire ai richiedenti asilo di poter ottenere una protezione vera nei Paesi in cui hanno legami familiari o culturali e concrete prospettive di inserimento sociale e lavorativo.
(1-00604) «Santerini, Marazziti, Dellai».
(6 ottobre 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    l'Europa non ha ancora mostrato di voler adottare una politica comune per la gestione dei flussi migratori e certamente non è stata capace di mostrare il volto umano della solidarietà di fronte all'emergenza umanitaria di flussi crescenti di migranti, lasciando sostanzialmente sola l'Italia, mentre ha il dovere, a fronte di questa continua richiesta di aiuto, di far sì che chi fugge dalla morte per raggiungerla, non trovi la morte nel suo cammino; si tratta di persone costrette a lasciare la propria terra per fuggire da situazioni di violenza, di degrado, di costrizione, di negazione di libertà e di privazione della dignità umana, e ad affidarsi a trafficanti criminali; il numero delle vittime e delle violazioni dei diritti umani da parte di questi ultimi, infatti, negli anni è considerevolmente aumentato (in generale, dal 2000 al 2013, sono morti migliaia di migranti nel tentativo di fuggire dai conflitti e di raggiungere l'Europa via mare o attraversando i confini del vecchio continente via terra, in media più di 1.600 l'anno);
    le ondate di sbarchi degli ultimi mesi sulle coste siciliane ha rimesso al centro del dibattito anche il diritto d'asilo facendo riemergere di nuovo la questione della normativa che lo regola a livello italiano ed europeo e degli strumenti con cui l'Unione europea può aiutare i Paesi membri sottoposti a forti pressioni migratorie alle frontiere;
    come Stato di frontiera esterna dell'Unione europea l'Italia è sottoposta a una pressione maggiore alle proprie frontiere rispetto a quanto non sarebbe se tale ingresso non coincidesse anche con l'ingresso nell'area dell'Unione europea, tuttavia ciò non può sottintendere che il Paese accogliente abbia responsabilità maggiori o speciali;
    pur tra polemiche e criticità, l'operazione di soccorso denominata Mare Nostrum ha comunque raggiunto lo scopo per il quale era stata avviata; infatti, dall'inizio del 2014, è stata salvata la vita a oltre 22.000 persone e il nostro Paese ha ancora una volta confermato la propria vocazione umanitaria che da sempre la contraddistingue in Europa; tuttavia, i sottoscrittori del presente atto di indirizzo non ritengono che Mare Nostrum possa rappresentare una soluzione permanente alla questione immigrazione, anche perché non ha impedito l'incremento dei flussi migratori illegali, garantendo, di fatto, l'arrivo in Italia a tutti coloro che si imbarcano sulle coste libiche;
    secondo il rapporto di Eurostat sul primo trimestre del 2014, sono state 435 mila le richieste di asilo in Europa nel 2013, facendo registrare un forte rialzo rispetto al 2012 quando erano state 335 mila. Secondo le stime, circa il 90 per cento sono nuove domande. Le più numerose sono state presentate da cittadini di nazionalità siriana. Emerge ancora dai dati Eurostat che il 70 per cento delle richieste si è concentrato in Germania, Francia, Svezia, Regno Unito e Italia. Nel 2013 il più alto numero di richieste d'asilo è stato registrato in Germania (127 mila, pari al 29 per cento dell'insieme delle domande), seguito da Francia (65 mila, 15 per cento), Svezia (54 mila, 13 per cento), Regno Unito (30 mila, 7 per cento) e Italia (28 mila, 6 per cento). In questi cinque Stati membri si è concentrato il 70 per cento di tutti i richiedenti asilo dell'Unione europea a 28 nel 2013;
    la gestione dell'accoglienza, identificazione, assistenza da parte di molti Paesi dell'Unione europea presenta numerose criticità data la consistenza del fenomeno e considerate talvolta le difficili condizioni sociali ed economiche dei Paesi riceventi, difficoltà che si riflettono sia sulle popolazioni accoglienti che sui rifugiati e richiedenti asilo;
    il 29 giugno 2013 sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea gli atti legislativi mancanti per completare la «revisione» di tutte le principali norme del Sistema europeo comune di asilo; in particolare, l'adozione del regolamento (UE) n. 604/2013, cosiddetto «Dublino III», entrato in vigore il 19 luglio 2013, in sostituzione del regolamento (CE) n. 343/2003, cosiddetto «Dublino II», ma la cui applicazione è stata prevista solo a partire dal 1o gennaio 2014;
    il regolamento «Dublino III» intende assicurare il pieno rispetto del diritto d'asilo garantito dall'articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, nonché dei diritti riconosciuti ai sensi degli articoli 1, 4, 7, 24 e 47 della Carta medesima (diritto alla dignità umana, proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, rispetto della vita privata e familiare, diritto del bambino e diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale); inoltre, contiene i criteri e i meccanismi per individuare lo Stato membro competente al fine di garantire l'effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale, non pregiudicando l'obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale;
    il regolamento «Dublino III» è senza dubbio la parte del Sistema europeo comune di asilo più discusso e criticato, non solo dal punto di vista delle conseguenze negative sulla vita dei richiedenti asilo; infatti, il principio generale su cui si basa è lo stesso della vecchia convenzione di Dublino del 1990 e di «Dublino II»: ogni domanda di asilo deve essere esaminata da un solo Stato membro e la competenza per l'esame di una domanda di protezione internazionale ricade in primis sullo Stato che ha svolto il maggior ruolo in relazione all'ingresso e al soggiorno del richiedente nel territorio degli Stati membri, salvo eccezioni; insomma, sono stati apportati pochi aggiustamenti;
    tuttavia, malgrado l'Unione europea si sia dotata di un proprio sistema di asilo (basato sulla nozione di protezione internazionale, articolata nelle tre forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione temporanea, volte a consentire a chiunque di vedersi riconosciuto lo status appropriato alla propria situazione), faticosamente completato dopo 12 anni di lavori nel giugno 2013, come già detto, il cammino verso il raggiungimento di un sistema comune europeo di asilo giusto ed efficace appare ancora lungo; la realizzazione di tale sistema costituisce, in ogni caso, l'esito ultimo di un processo di progressivo avvicinamento delle legislazioni nazionali in materia le cui tappe sono state delineate nei programmi pluriennali per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia;
    tra l'altro, con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, le materie concernenti il diritto d'asilo, la protezione sussidiaria e la protezione temporanea hanno acquisito la qualifica di politica comune dell'Unione europea (articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea); pertanto, la concreta regolamentazione di tali materie risulta un'applicazione del Trattato;
    l'applicazione del regolamento in questione è di difficile gestione e il principio generale in esso stabilito, secondo cui i Paesi responsabili dell'esame di una domanda di protezione internazionale «anche di coloro che hanno varcato illegalmente le frontiere di uno Stato membro» sono quelli di prima accoglienza, presenta notevoli criticità a causa del numero sempre crescente di migranti, tra le quali la gestione nazionale, ossia in carico ai singoli Stati delle richieste d'asilo, che induce in numerosi migranti il rifiuto di farsi identificare e il loro incontrollato movimento tra i Paesi europei;
    sia il Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli sia l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati ritengono criticamente che tale sistema non riesca a fornire una protezione equa, efficiente ed efficace, impedisca l'esercizio dei diritti legali e del benessere personale dei richiedenti asilo, compreso il diritto a un equo esame della loro domanda d'asilo e, ove riconosciuto, a una protezione effettiva e conduca a una distribuzione ineguale delle richieste d'asilo tra gli Stati membri;
    la seconda fase del processo, attualmente in corso e recante la definitiva realizzazione di un Sistema europeo comune di asilo, prevede la revisione della citata normativa vigente; a più riprese l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, da sempre particolarmente attenta al tema dei rifugiati e dei richiedenti asilo e, in generale, del rispetto dei diritti umani dei più deboli, ha raccomandato, da ultimo nella risoluzione 2047 (2014), una profonda revisione del sopracitato regolamento;
    il Consiglio europeo del 26 e 27 giugno 2014, nel definire gli orientamenti strategici della programmazione legislativa e operativa nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia per gli anni a venire, ha chiesto alle istituzioni dell'Unione europea e agli Stati membri: di dotarsi di una politica efficace in materia di migrazione, asilo e frontiere, guidata dai principi di solidarietà ed equa condivisione delle responsabilità; di recepire e attuare efficacemente, quale priorità assoluta, il Sistema europeo comune di asilo (Ceas), adottando norme comuni di livello elevato e istituendo una maggiore cooperazione per creare condizioni di parità che assicurino ai richiedenti asilo le stesse garanzie di carattere procedurale e la stessa protezione in tutta l'Unione europea; di rafforzare il ruolo svolto dall'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (Easo), in particolare promuovendo l'applicazione uniforme dell’acquis; di intensificare la cooperazione con i Paesi di origine e di transito, anche attraverso l'assistenza volta a rafforzare le loro capacità di gestione della migrazione e delle frontiere; di potenziare ed espandere i programmi di protezione regionale, in particolare nelle vicinanze delle regioni di origine;
    il Governo italiano si è impegnato a chiedere nelle sedi appropriate una risposta europea più adeguata e a inserire la questione di una più efficace gestione in comune delle politiche migratorie fra le priorità del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea;
    occorre, a questo punto, che a livello europeo si predisponga al più presto almeno un canale umanitario affinché chi fugge dalla guerra possa chiedere asilo alle istituzioni europee nei Paesi che affacciano sul Mediterraneo o lì dove è necessario (presso i consolati o altri uffici) senza doversi imbarcare, con ciò alimentando il traffico di essere umani e il bollettino dei tragici naufragi, per poi accogliere sul suolo europeo chi fugge ed esaminare qui la domanda dei richiedenti;
    la Costituzione italiana, attraverso il terzo comma dell'articolo 10, recita chiaramente: «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge», ovvero sussiste l'obbligo dell'accoglienza dei richiedenti asilo;
    è nel pieno della sua attività il semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea (e anche in vista del prossimo Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014) ed è, dunque, opportuno che il nostro Paese ponga la necessità di mettere al centro dell'agenda europea la definizione di una politica solida e condivisa, improntata su solidarietà e responsabilità, in materia di immigrazione e diritto d'asilo,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per adottare un testo unico di tutte le disposizioni di attuazione degli atti dell'Unione europea in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione internazionale e temporanea, in attuazione anche dell'articolo 10 della Costituzione, e per rivedere tutta la normativa esistente in tema di regolamentazione organica dell'intera materia dell'immigrazione dall'estero;
   ad attivarsi in ogni sede dell'Unione europea, soprattutto in occasione del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, al fine di realizzare il superamento dell'attuale quadro normativo (così detto sistema di «Dublino III») attraverso una sua revisione per favorire: l'inserimento dei richiedenti asilo già dal momento dell'avvio della procedura di protezione, nei Paesi dell'Unione dove già vivono propri parenti, prima ancora che acquisiscano lo status di apolide; il rispetto e la protezione dei diritti umani dei rifugiati e dei richiedenti asilo, al fine di garantire un ambiente più favorevole a una loro accoglienza, compatibilmente con le possibilità dei Paesi ospitanti e di provvedere efficacemente a una loro identificazione per evitare che finiscano vittime del traffico clandestino, fornendo loro un'adeguata assistenza;
   ad assumere iniziative, in sede di Unione europea, per una più efficace azione nei confronti dei Paesi di origine e di transito, impegnando e incentivando i rispettivi Governi in una seria e solidale politica di gestione dei flussi, soprattutto nella lotta alle organizzazioni criminali che lucrano sul traffico di esseri umani;
   a favorire l'avvio di un sistema europeo di accoglienza che si basi sulla solidarietà tra i Paesi membri e che distribuisca la presenza dei rifugiati per quote definite sulla base degli indici demografici ed economici, favorendo le logiche di ricongiungimento familiare, etnico, religioso e linguistico;
   a promuovere l'adozione di:
    a) un omogeneo sistema europeo che regoli la concessione del diritto di asilo secondo standard e procedure comuni e il coordinamento nella raccolta delle domande dei richiedenti, anche al di fuori del territorio dei Paesi membri e in collaborazione con l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, per permettere agli aventi diritto di raggiungere i Paesi di accoglienza in modo sicuro e prevenire ogni abuso del sistema con la presentazione di domande di asilo multiple da parte di una sola persona;
    b) un sistema di mutuo riconoscimento tra gli Stati membri della concessione del diritto di asilo, tale da garantire la libertà di stabilimento del beneficiario in ogni Stato membro, per cui il riconoscimento della protezione internazionale a un richiedente asilo all'interno di un determinato Stato sia valido nell'intero territorio dell'Unione europea;
   a favorire l'istituzione di un'agenzia europea per l'asilo e l'immigrazione al di fuori del territorio dell'Unione europea attraverso la creazione di basi europee direttamente finanziate dall'Unione europea o l'utilizzazione delle sedi diplomatiche già esistenti in alcuni Paesi africani, quali sedi operative nelle zone di maggior transito dei rifugiati, in grado di gestire le domande di protezione internazionale e di contenere il numero dei flussi migratori indistinti;
   a rivedere tutte le note del Ministero dell'interno che concernono i finanziamenti dei bandi interministeriali destinati alla prima accoglienza e alla gestione dei servizi connessi, con particolare riguardo ai criteri di spesa ad essi inerenti;
   a verificare la possibilità di promuovere interventi per assicurare beni e servizi per le famiglie italiane meno abbienti con il fine di evitare tensioni tra italiani e richiedenti asilo all'interno della comunità.
(1-00605)
«Manlio Di Stefano, Spadoni, Grande, Scagliusi, Del Grosso, Di Battista, Sibilia, Currò, Artini, Carinelli, Silvia Giordano, Rostellato, Brescia, Frusone, Colonnese, Lorefice, Sorial, Mantero, Grillo, D'Incà, Spessotto, L'Abbate, Benedetti, Liuzzi, Dall'Osso, De Lorenzis».
(7 ottobre 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    i dati forniti da Eurostat sulle richieste di asilo presentate in Europa fotografano un fenomeno, quello dei rifugiati e richiedenti asilo, di imponenti dimensioni e che necessita di una forte politica comune dell'Unione europea;
    secondo il rapporto fornito dall'istituto europeo di statistica, le persone che nei primi tre mesi del 2014 hanno chiesto asilo sul territorio dell'Unione europea sono state circa 108.300, con un aumento di circa il 30 per cento rispetto al dato dello stesso periodo del 2013, che ha registrato nell'anno circa 450 mila richieste di asilo presentate ai 28 Stati dell'Unione europea, con un aumento di circa 100 mila richieste rispetto al 2012;
    l'Italia nel 2013 ha ricevuto 27.800 domande di asilo. Erano state 31.723 nel 2008, 19.090 nel 2009, 12.121 nel 2010, 37.350 nel 2011 e 17.323 nel 2012;
    nel 2013 il più alto numero di richieste d'asilo è stato registrato in Germania (127 mila), seguito da Francia (65 mila), Svezia (54 mila), Regno Unito (30 mila). Complessivamente, sommato al dato italiano, questi numeri compongono il circa il 70 per cento del totale delle richieste d'asilo presentate nell'Unione europea;
    tra i Paesi di provenienza, la Siria occupa il primo posto (16.770 richieste), seguita da Afghanistan (7.895) e Serbia (5.960);
    secondo l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, il numero totale di persone arrivate via mare in Italia, sempre nei primi mesi del 2014, è di oltre 18.500 e quasi 43.000 persone sono arrivate via mare nel 2013;
    l'operazione di soccorso in mare denominata Mare Nostrum ha salvato in mare, in questi mesi, migliaia di vite umane. Tuttavia, ha dimostrato più volte i suoi limiti, come, ad esempio, nella tragedia del 12 maggio 2014 al largo di Lampedusa e nelle centinaia di morti nei pressi delle coste libiche;
    Mare Nostrum è stata una risposta emergenziale ad una questione strutturale, quale è quella relativa ai flussi migratori. Inadeguata e insufficiente e che, in ogni caso, non previene in alcun modo l'esposizione dei potenziali rifugiati ai rischi delle traversate per mare e che, se pure ha permesso di fermare molti dei cosiddetti scafisti, certo non è in grado di intervenire sull'emergenza della tratta di esseri umani, che ha luogo principalmente in Libia e che vede negli scafisti solo l'ultimo anello della catena;
    le navi dell'operazione Mare Nostrum, se, da un lato, svolgono un'importante opera di pattugliamento e di soccorso, come prescritto dalle convenzioni internazionali in vigore, dall'altro, tuttavia, nulla può rispetto all'altra grande emergenza che l'Unione europea si trova ad affrontare: la gestione dell'accoglienza e l'assistenza ai richiedenti asilo negli Stati europei e, in particolare, nel nostro Paese, specificatamente interessato dalla pressione migratoria;
    la gestione dell'accoglienza, la «presa in carico» e l'assistenza da parte di molti Paesi dell'Unione europea presenta numerose criticità, data la consistenza del fenomeno e considerate le talvolta difficili condizioni sociali ed economiche dei Paesi riceventi, difficoltà che si riflettono sia sulle popolazioni accoglienti che sui rifugiati e richiedenti asilo;
    con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, le materie concernenti l'asilo, la protezione sussidiaria e la protezione temporanea hanno acquisito la qualifica di politica comune dell'Unione europea (articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea); pertanto, la concreta regolamentazione di tali materie risulta un'applicazione del Trattato;
    la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che con il Trattato di Lisbona ha acquisito la stessa portata e rilevanza giuridica del Trattato stesso, riconosce e garantisce il diritto di asilo nel rispetto delle norme stabilite dalla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal Protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, del Trattato sull'Unione europea e del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (articolo 18); vieta le espulsioni collettive e le espulsioni ed estradizioni verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti (articolo 19);
    le richieste di asilo nei Paesi dell'Unione europea sono disciplinate dal regolamento n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 (cosiddetto regolamento «Dublino III»), che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di Paese terzo o da un apolide;
    il regolamento «Dublino III» intende assicurare il pieno rispetto del diritto d'asilo garantito dall'articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché dei diritti riconosciuti ai sensi degli articoli 1, 4, 7, 24 e 47 della Carta medesima (diritto alla dignità umana, proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, rispetto della vita privata e familiare, diritto del bambino e diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale);
    l'obiettivo del regolamento «Dublino III» è quello di realizzare un sistema di asilo europeo basato su criteri omogenei di riconoscimento del diritto d'asilo dei richiedenti, sul rispetto dei diritti umani nei Paesi d'accoglienza e sulla solidarietà tra gli Stati membri e di consentire la rapida determinazione ed identificazione dello Stato membro competente, al fine di garantire l'effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale, non pregiudicando l'obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale;
    rispetto al precedente regolamento denominato «Dublino II», in particolare, sono state modificate le definizioni di familiari; è stato introdotto l'effetto sospensivo del ricorso; sono stati inseriti i termini anche per la procedura di ripresa in carico; è possibile il trattenimento del richiedente per pericolo di fuga; è introdotto lo scambio di informazioni sanitarie a tutela del richiedente;
    studi effettuati negli ultimi anni mostravano ancora differenze sostanziali tra i sistemi di protezione dei diversi Paesi, sia per quando riguarda le misure di accoglienza, sia relativamente alle percentuali di riconoscimento, sia rispetto alle procedure di esame della domanda; pertanto, l'Unione europea ha riformato il complesso della normativa in materia, ponendolo, nelle intenzioni, come base uniforme al fine di evitare disparità nel trattamento delle persone e nell'esame delle loro domande, proprio come premessa delle misure previste dal regolamento «Dublino», nella sua versione modificata;
    tuttavia, al di là dei buoni propositi sopra richiamati, diverse disposizioni del regolamento «Dublino III» stanno determinando seri problemi di interpretazione e applicazione negli Stati membri;
    l'obiettivo iniziale di tale sistema era quello di garantire che almeno uno degli Stati membri prendesse in carico il richiedente. Tuttavia, è ormai evidente come in realtà l'applicazione di tale insieme di regole sia diventata un insensato percorso a ostacoli per chi cerca protezione: famiglie separate, persone lasciate senza mezzi di sostentamento o addirittura detenute, lungaggini burocratiche e rimpalli tra Stati e uffici che rendono il diritto d'asilo inesigibile;
    in particolare, il regolamento «Dublino III» limita oltremodo la mobilità dei richiedenti asilo nell'Unione europea, con un impatto fortemente negativo sulla vita dei rifugiati;
    per quanto concerne l'Italia, il regolamento di Dublino interessa, in particolare, due categorie di migranti: quelli che sono stati rimandati in Italia, in quanto individuata come Stato responsabile per esaminare la loro domanda d'asilo («dublinati») e quelli che devono essere trasferiti dall'Italia a un altro Stato europeo, dove precedentemente sono stati identificati attraverso le impronte digitali (in attesa di trasferimento);
    il rilievo delle impronte digitali assume un'importanza poiché il regolamento prescrive che il migrante sia «preso in carico» dal Paese di primo accesso. Essendo l'Italia un Paese di transito per la maggior parte dei migranti e vista la diffusione delle notizie sulla lentezza delle procedure del nostro Paese nell'evasione delle richieste d'asilo e sulle limitazioni – pur se illegittime – poste alla libera circolazione in territorio europeo anche successivamente al riconoscimento dello status di rifugiato, sono molti i migranti che si oppongono al rilevamento;
    il regolamento (UE) n. 604/2013, nato per contrastare il fenomeno del cosiddetto asylum shopping (la presentazione della richiesta di protezione in più Paesi), appare del tutto inadeguato a gestire i flussi migratori attuali; esso impedisce, di fatto, la necessaria solidarietà europea nella gestione delle domande di protezione e incentiva fenomeni di fughe collettive dai centri di prima accoglienza e, quindi, di «clandestinizzazione» dei migranti;
    un'altra criticità particolarmente vistosa riguarda l'accoglienza. Occorre segnalare come non sia stato organizzato nel nostro Paese un sistema di prima accoglienza idoneo alla portata del fenomeno delle migrazioni e, in particolare con riferimento ai richiedenti asilo, siano state spesso utilizzate strutture di accoglienza del tutto improprie e al limite della dignità umana;
    un ulteriore elemento critico è la mancanza di un'effettiva ed esigibile tutela legale da parte dei migranti, e ciò ha un forte impatto sull'equità della procedura di asilo. La procedura «Dublino», infatti, può durare molto e il migrante non ha la possibilità di essere aggiornato su come procede il suo caso, né attraverso un apposito ufficio informazioni, né accedendo a un sistema on line o agli sportelli di altri uffici delle autorità competenti, come quelli territoriali dell'immigrazione;
    questo produce frustrazione, depressione e un profondo senso di precarietà, che coinvolge anche le popolazioni locali interessate dalla pressione migratoria;
    la rigidità del «sistema di Dublino», infatti, spinge i richiedenti asilo a muoversi continuamente in Europa in cerca di protezione, piuttosto che fermarsi in un posto solo, nel tentativo di aggirare un sistema percepito come poco sicuro;
    nonostante le criticità del sistema siano note da tempo, l'Unione europea non sembra voler porre rimedio, anzi pare prendere misure che vanno nella direzione opposta a quella della risoluzione dei problemi;
    ne è l'esempio la gigantesca operazione di polizia appena partita in tutta Europa volta a fermare, controllare e identificare tutti i migranti che verranno intercettati sul territorio continentale;
    l'Italia guiderà tale operazione di polizia europea, denominata «Mos Maiorum», un intervento coordinato dalla direzione centrale per l'immigrazione e la polizia di frontiera del Ministero dell'interno italiano, in collaborazione con l'agenzia Frontex, volto a perseguire l’«attraversamento illegale dei confini»; un'operazione più repressiva che di tutela nei confronti di quella moltitudine di individui che approdati in Europa stanno cercando di realizzare un loro nuovo progetto di vita, lontano da guerre, miseria e persecuzioni;
    di fatto, l'identificazione, già dal prelevamento delle impronte digitali, rappresenta oggi per il migrante non una garanzia di tutela dei diritti connessi al proprio status, ma una limitazione della propria libertà di movimento all'interno dell'Unione europea, anche al fine di proporre istanza di protezione in un Paese diverso da quello di primo accesso. Doversi nascondere dall'autorità statuale del Paese di primo accesso rappresenta, in molti casi, l'inizio di un percorso di emarginazione;
    ventuno parlamentari di Italia, Francia, Spagna, Grecia, Croazia, Serbia, San Marino, appartenenti a gruppi politici diversi (Pse, Ppe, Alde – tra gli italiani Pd, Fi, Popolari, Sel, 5Stelle) hanno depositato presso l'Ufficio di Presidenza dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa la richiesta di un rapporto ad hoc sull'applicazione del regolamento «Dublino III», che possa contenere analisi fattuali dei dati e proposte ai Governi per un suo miglioramento, come più volte richiesto dall'Assemblea di Strasburgo;
    sempre l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha raccomandato, nella sua ultima risoluzione, la 2047/2014, una profonda revisione del regolamento «Dublino III»;
    riveste particolare importanza la circostanza che l'Italia è presidente di turno dell'Unione europea ed appare qui opportuno che l'Italia ponga la necessità di aggiungere anche tale punto all'ordine del giorno del Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014,

impegna il Governo:

   a proporre nelle competenti sedi europee un'iniziativa tesa a sospendere l'applicazione del regolamento cosiddetto «Dublino III» e a sostenere la necessità di una sua revisione, che ponga al centro:
    a) il rispetto e la protezione dei diritti umani dei rifugiati e dei richiedenti asilo, al fine di garantire un ambiente più favorevole a una loro accoglienza, fornendo loro un'adeguata assistenza fisica, psicologia e legale, nonché un adeguato percorso di integrazione;
    b) un sistema di mutuo riconoscimento tra gli Stati membri della concessione del diritto di asilo, che estenda ai richiedenti asilo ed ai rifugiati i diritti previsti per i cittadini europei dal Trattato di Schengen, permettendo così un'allocazione libera e, dunque, più razionale dei flussi migratori;
    c) l'istituzione di un'agenzia europea per l'asilo e l'immigrazione, favorendo l'utilizzazione delle sedi diplomatiche già esistenti in alcuni Paesi africani, quali sedi operative nelle zone di maggior transito dei rifugiati;
    d) a prendere tutti i provvedimenti necessari affinché il tempo richiesto per l'esame delle richieste di asilo in Italia si allinei alla media europea;
    e) ad operare per ottenere le modifiche al regolamento di Dublino III idonee a rendere l'identificazione del migrante non un limite alla propria libertà di circolazione e al pieno godimento dei diritti connessi al proprio status, ma una garanzia del rispetto degli stessi diritti;
   a farsi portatore in sede europea di un'iniziativa che porti al definitivo superamento del sistema Frontex, affinché quelle risorse siano finalizzate in primis ad organizzare un efficiente sistema di monitoraggio e soccorso;
   ad interrompere la prassi di rimpatri cosiddetti «immediati», effettuati prima che sia data ai migranti la possibilità di proporre istanza di protezione, posto che tali provvedimenti, anche se presi in forza di accordi bilaterali, sono illegittimi in quanto costituiscono rimpatri collettivi non motivati singolarmente ed in quanto negano al migrante la possibilità, riconosciuta da numerose convenzioni internazionali, di proporre istanza di protezione;
   a porre in sede europea la questione dell'indifferibilità dell'apertura di canali di «accesso protetto», che tramite corridoi umanitari garantiscano la possibilità ai migranti di fare richiesta di asilo direttamente nei Paesi di transito, come l'Egitto, per poi poter entrare in Europa in sicurezza.
(1-00616)
(Nuova formulazione) «Palazzotto, Fratoianni, Scotto, Nicchi, Costantino, Pannarale, Duranti, Piras, Kronbichler, Zaratti».
(13 ottobre 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    il tema dell'immigrazione, di per sé particolarmente complesso e delicato, assume un particolare rilievo in questo momento storico a causa della grave instabilità politica dei Paesi africani del Mediterraneo e di quelli dell'Africa subsahariana. Si sta assistendo, infatti, ad una mutazione delle cause storiche del fenomeno migratorio. Se prima povertà e scarsezza dei mezzi economici rappresentavano il motivo principale della spinta alla migrazione, oggi la causa prioritaria e più significativa è costituita dalle guerre e dalle persecuzioni;
    infatti, la ciclicità delle crisi che attraversano quei Paesi, segnati da fragili equilibri politici interni e debolezza degli apparati statuali, determina spesso tumulti, sommosse e vere e proprie rivoluzioni che rendono impossibile ogni forma di civile convivenza;
    ciò cambia il profilo dei flussi migratori che, inizialmente originati dal desiderio di fuggire dalla povertà e da condizioni sociali allarmanti, oggi, per i motivi esposti, sono soprattutto determinati dal desiderio di sfuggire da guerre e devastazioni e spingono i migranti a richiedere all'Europa asilo politico;
    i cosiddetti «viaggi della speranza» partono da Eritrea, Mali, Siria, Libia, Gambia, Somalia, Senegal, Pakistan, Nigeria, Egitto ed altri;
    secondo il rapporto Eurostat sul primo quadrimestre del 2014, le persone che, tra gennaio e marzo 2014, hanno richiesto asilo sul territorio dei 28 Paesi dell'Unione europea sono state circa 108.300, quasi 25.000 in più rispetto allo stesso periodo del 2013, con un aumento del 30 per cento. In particolare, l'Italia ha ricevuto 10.700 domande, risalendo così al quarto posto tra i Paesi dell'Unione europea come meta dei richiedenti asilo;
    per quanto attiene alla politica europea di asilo, si ricorda che il tema è già stato oggetto, da parte delle istituzioni comunitarie, di dibattito e di specifiche valutazioni in relazione anche ai complessi e difficili percorsi di integrazione nei Paesi dell'Unione europea;
    con il Trattato di Amsterdam, la politica migratoria compie un passo decisivo verso la «comunitarizzazione», diventando oggetto di competenza concorrente tra Unione europea e Stati membri;
    nel 2009 il Trattato di Lisbona, confermando l'impegno dell'Europa verso una comune politica migratoria, ha reso vincolante la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea: pertanto, con il Trattato di Lisbona, le materie concernenti l'asilo, la protezione sussidiaria e la protezione temporanea hanno acquisito la qualifica di politica comune dell'Unione europea (articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea);
    con il regolamento «Dublino III» (regolamento (UE) n. 604/2013) si stabiliscono i criteri ed i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente ad esaminare le domande di protezione internazionale presentate da cittadini di un Paese terzo o da un apolide;
    il nuovo regolamento, che abroga il regolamento (CE) n. 343/2003, detto «Dublino II», modifica alcune disposizioni previste per la determinazione dello Stato membro dell'Unione europea competente per l'esame della domanda di protezione internazionale e le modalità e le tempistiche ad esso correlate. Il nucleo fondamentale di tale regolamento è costituito dai criteri che determinano quale sia lo Stato membro dell'Unione europea competente;
    altro obiettivo del regolamento «Dublino III» è quello di realizzare un sistema di asilo europeo basato su criteri omogenei di riconoscimento del diritto di asilo dei richiedenti: nel pieno rispetto dei diritti umani da parte dei Paesi di accoglienza, della solidarietà degli Stati membri e con l'impegno di pervenire ad una rapida e sicura identificazione;
    il regolamento «Dublino III» (in base al quale lo Stato membro responsabile dell'esame dell'istanza è quello in cui è avvenuto il primo ingresso del richiedente protezione internazionale) risulta ormai superato, essendo già mutato il quadro di riferimento e le stesse condizioni nelle quali esso è stato definito;
    il nostro Paese, ad esempio, risulta essere di gran lunga il primo punto di approdo dei migranti: ma la maggior parte di questi desiderano raggiungere familiari inseriti in comunità già insediate in altre nazioni e rifiutano, pertanto, il riconoscimento considerando l'Italia come un mero Paese di transito;
    il superamento del regolamento «Dublino III» consentirebbe, quindi, il trasferimento legale di questi migranti, ma fino a quando non verrà permesso al richiedente asilo o al rifugiato di muoversi legalmente all'interno dell'Europa, si continuerà ad assistere all'aumento dei flussi migratori considerati illegali verso altri Stati membri, a cui seguono, normalmente, nuovi e costosi trasferimenti nel nostro Paese, punto di prima accoglienza;
    il regolamento «Dublino III» ha, quindi, un grande limite, perché non risponde più alle esigenze attuali e scarica sul nostro Paese, normalmente meta di primo ingresso, l'intero peso dei flussi migratori, con le drammatiche conseguenze economico sociali che tutti possono valutare;
    occorre, pertanto, porre in essere una strategia di ampio respiro che deve potere agire sulle cause e sulla gestione di un tale fenomeno epocale, essendo evidente che non può incombere solo sull'Italia l'immenso peso di questo immane flusso migratorio verso l'Occidente europeo;
    il Consiglio europeo ha presentato il 26 e 27 giugno 2014 il proprio documento programmatico. Nell'agenda strategica trovano spazio le priorità chiave per i prossimi cinque anni, tra cui quelle inerenti alla gestione dei flussi migratori, alla tutela del diritto di asilo e alla libertà di circolazione. Il Consiglio ha, quindi, invitato le istituzioni dell'Unione europea e gli Stati membri ad attuare pienamente tali indicazioni prioritarie;
    l'Unione europea, ad avviso del Consiglio europeo, deve, infatti, dotarsi di una politica efficace e ben gestita in materia di migrazione, asilo e frontiere, guidata dai principi di solidarietà ed equa condivisione delle responsabilità in conformità all'articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e garantendone l'effettiva attuazione;
    il pieno recepimento e l'attuazione del sistema europeo costituiscono una priorità assoluta. In particolare, occorre che ci si avvii verso «norme comuni di livello elevato ed in una maggiore cooperazione, creando condizioni di parità che assicurino ai richiedenti asilo le stesse garanzie di carattere procedurale e la stessa protezione in tutta l'Unione europea»;
    il Governo è già intervenuto incrementando, anche con l'intervento degli enti locali, il sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) e le commissioni territoriali;
    la questione va considerata nel semestre di presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea ed in vista del prossimo Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014,

impegna il Governo:

   a proporre, nelle sedi europee competenti, la necessità di una revisione del regolamento «Dublino III» che riguardi:
    a) compatibilmente con le possibilità dei Paesi ospitanti, l'impegno a provvedere in modo efficace ad una loro identificazione per evitare che possano finire vittime del traffico clandestino;
    b) un sistema europeo di accoglienza che si basi sulla solidarietà tra i Paesi membri e che distribuisca la presenza dei rifugiati per quote sulla base degli indici demografici ed economici;
    c) un sistema di mutuo riconoscimento tra gli Stati membri per la concessione del diritto di asilo in modo tale da garantire che il riconoscimento della protezione internazionale ad un richiedente asilo sia valido per l'intero territorio dell'Unione europea;
   a valutare, insieme ai partner europei, i possibili vantaggi dell'istituzione di un'agenzia europea per l'asilo e l'immigrazione che utilizzi le sedi diplomatiche presenti nei Paesi di origine dei flussi migratori, al fine di analizzare e valutare le richieste di protezione internazionale, anche per arginare la consistenza dei flussi migratori.
(1-00617)
«Dorina Bianchi, Misuraca, Bosco, Garofalo, Minardo».
(13 ottobre 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    con il termine «immigrazione» si tende ad indicare fenomeni tra loro molto diversi da un punto di vista sociologico ma, soprattutto, e di conseguenza, normativo e che l'ormai diffuso utilizzo dell'espressione «migranti», senza la necessaria distinzione tra immigrazione regolare, irregolare e asilo, è una palese discriminazione tra chi ha un titolo legittimo e chi invece viola le leggi;
    l'asilo e l'immigrazione, per le loro implicazioni sul governo e controllo delle frontiere e del territorio, è sempre stata di competenza esclusiva dei singoli Stati, finché l'Unione Europea, a partire dagli anni 2000 e poi con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ne ha eroso la potestà, avocando a sé parte sempre più considerevole della disciplina;
    con riguardo all'immigrazione clandestina, la direttiva 2008/115/CE, cosiddetta «rimpatri» pone in capo agli Stati l'obbligo di procedere all'espulsione di chi entra clandestinamente entro lo spazio europeo e la legittimità del trattenimento amministrativo, onde procedere non solo all'identificazione ma ad un effettivo allontanamento del clandestino, anche ricorrendo a misure coercitive;
    attualmente, secondo anche quanto riportato nel rapporto del luglio 2014 sui centri di identificazione ed espulsione (istituti dalla cosiddetta legge Turco-Napolitano e poi ridisciplinati nel 2011) in Italia: degli 11 centri di identificazione ed espulsione solo 5 sono funzionanti, mentre gli altri sono chiusi a causa dei danneggiamenti provocati dagli ospiti ed altri ancora, snaturandone la funzione, sono stati convertiti in centri di accoglienza per richiedenti asilo; al 4 febbraio 2014, su una capienza complessiva di 1.791 posti, risultava una capienza effettiva di 842 posti e 460 presenze, mentre a luglio 2014 il Ministro dell'interno Alfano dichiarò che i posti disponibili erano già scesi a 500;
    le espulsioni sono drasticamente diminuite di numero, come riporta il rapporto appena citato, il che appare una logica ed inevitabile conseguenza della chiusura dei centri a ciò adibiti e della attuale politica di incentivo all'immigrazione;
    della direttiva cosiddetta «rimpatri», l'articolo 2 ha costituito fonte normativa per legittimamente formulare il cosiddetto reato di clandestinità, mentre l'articolo 15, al comma 6, prevede il trattenimento fino a 18 mesi al fine di procedere all’«allontanamento»;
    invece, in materia di protezione internazionale le direttive comunitarie attualmente di riferimento sono la direttiva 2013/33/UE cosiddetta «accoglienza», la direttiva 2013/32/UE cosiddetta «procedure», direttiva 2011/95/UE cosiddetta «qualifiche»; tuttavia, nonostante le nuove disposizioni in materia di accoglienza e procedure l'obiettivo di creare un sistema europeo comune di asilo (Ceas) è ormai palesemente fallito per le prassi e le legislazioni ancora molto differenziate tra i diversi Stati membri;
    proprio in virtù di tali obblighi di controllo dei confini e di una crescente legislazione comunitaria in materia è in vigore il cosiddetto regolamento «Dublino III» (riformulato nel 2013): nato come convenzione ma diventato regolamento, pone il principio del Paese di ingresso quale criterio per la gestione degli arrivi anche per «responsabilizzare» gli Stati membri e obbligarli al controllo dei confini nazionali facenti parte di quelli comunitari;
    tali direttive, in forza dei Trattati europei, pongono dei vincoli in materia, tuttavia, come da consolidata giurisprudenza, la regolamentazione dell'ingresso e del soggiorno degli stranieri nel territorio dello Stato è «collegata alla ponderazione di svariati interessi pubblici, quali, ad esempio, la sicurezza e la sanità pubblica, l'ordine pubblico» (sentenze n. 148 del 2008, n. 206 del 2006 e n. 62 del 1994 della Corte costituzionale), cui lo Stato non può rinunciare nell'assicurare la pacifica convivenza sociale;
    mancando un'azione comune a livello comunitario, occorre, infatti, da parte dei Governi una rigorosa legislazione di contrasto all'immigrazione clandestina, una continua cooperazione internazionale con i Paesi di origine per la stipula o il rinnovo di accordi sia con riguardo alle operazioni di controllo dei confini, soprattutto di quelli costieri, sia per velocizzare e agevolare le operazioni di rimpatrio dei clandestini; anche in questo caso, sono i numeri a dimostrare la validità di tale sistema: ad esempio, dal maggio 2009, a seguito dell'accordo stipulato dal Ministro dell'interno pro tempore Maroni tra l'Italia e la Libia, prima della guerra, il flusso di sbarchi di immigrati era quasi cessato, passando da 39.000 persone nel 2008 a 450 nel 2009;
    sicuramente il regolamento «Dublino III» ha particolarmente penalizzato l'Italia, quale Paese di confine marittimo; tuttavia l'Italia è ancora più penalizzata, rispetto agli altri Stati nelle medesime condizioni geografiche, quali, ad esempio, Spagna o Grecia, dalle politiche dell'attuale e del precedente Governo in materia di immigrazione, in totale controtendenza rispetto a quelle degli altri Paesi europei: l'abrogazione del reato di immigrazione clandestina e la missione Mare Nostrum hanno costituito un incentivo per un flusso incontrollato di ingressi nel nostro Paese e per la tratta degli esseri umani;
    in particolare, il fallimento della missione «militare-umanitaria» denominata Mare Nostrum, autorizzata dal Governo italiano ad ottobre 2013, è attestato dai più di 130.000 arrivi attraverso il Mediterraneo solo dall'inizio del 2014, da 2.600 persone annegate o disperse e da un costo complessivo di 1,2 miliardi di euro in anno;
    per il momento di grave crisi economica che stanno attraversando i nostri cittadini è impossibile farsi carico degli ingenti costi diretti e conseguenti all'operazione Mare Nostrum, stante i numeri degli sbarchi, i continui arrivi e il numero di immigrati in attesa di salpare dalle coste libiche e africane (pare 800.000);
    secondo gli ultimi dati pubblicati sul sito del Ministero dell'interno in merito alle richieste di asilo, tra le principali nazionalità dei richiedenti asilo, sia per il 2013 che per il 2014, non compare né la Siria né l'Eritrea, mentre da agosto 2013 a settembre 2014 le variazioni percentuali più consistenti, ossia l'aumento delle richieste di asilo, sono state registrate da Bangladesh (+615 per cento), Senegal (+556 per cento), Gambia (+508 per cento), mentre la Siria ha avuto un calo delle domande del 17 per cento e l'Eritrea del 76 per cento; con riguardo agli esiti delle domande, a luglio 2014, su 4.135 domande esaminate a 376 è stato riconosciuto lo status di rifugiato;
    a fronte dell'emergenza del virus Ebola, ormai arrivato in Europa, e del grave problema costituito dal rischio di infiltrazioni terroristiche, confermato dal Ministro dell'interno e aggravato anche dalle continue dichiarazioni dell'Isis, mentre gli altri Stati europei stanno attuando misure di controllo sempre più stringenti sugli ingressi nel proprio territorio, l'Italia è in totale controtendenza, poiché addirittura va a prendere in acque territoriali di altri Stati chiunque tenti di raggiungere l'Europa via mare e non ha più alcun controllo sul proprio territorio per le continue fughe dai centri di accoglienza e le tendopoli abusive che stanno sorgendo in numerose città;
    la Marina militare e le forze dell'ordine dovrebbero essere impiegate per proteggere i confini italiani e garantire il necessario controllo del territorio, e i cittadini devono essere tutelati dai rischi sanitari a cui vengono oggi esposti;
    anche il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, a fronte dei dati riportati dall'Organizzazione mondiale della sanità (secondo cui «dal dicembre 2013, quando l'epidemia è iniziata alla data di ieri 8 ottobre, sono 8.011 casi probabili, confermati e sospetti, e 3.877 decessi, con un tasso di letalità del 46 per cento nei Paesi dell'africa occidentale») ha dichiarato che «sono necessari più controlli alle frontiere»,

impegna il Governo:

  nelle more o in assenza di un intervento strutturale e strategico, coordinato a livello dell'Unione europea o a livello internazionale, per far fronte a condizioni di pericolo per la sicurezza del territorio nazionale, dovute all'eccezionale pressione migratoria verso l'Italia, anche attraverso l'utilizzo della normativa d'urgenza, ad adottare qualsiasi provvedimento o iniziativa idonea a:
   a) cessare immediatamente l'operazione cosiddetta Mare Nostrum, garantire il pattugliamento e il controllo dei confini, in particolare marittimi, anche mediante il rifiuto a partecipare alla missione Triton o a qualsiasi operazione o missione se non aventi tali finalità di disincentivo e divieto all'ingresso illegale nel nostro Paese;
   b) farsi promotore nelle più opportune sedi comunitarie della revisione del regolamento «Dublino III», senza rinunciare al principio di responsabilità degli Stati in materia di controllo dei flussi di ingresso, e contestualmente ripristinare le politiche di controllo dei confini, anche marittimi, e di contrasto all'immigrazione clandestina adottati dal Ministro dell'interno pro tempore Maroni, nonché, con riguardo al reato di cui all'articolo 10-bis del decreto legislativo n. 286 del 1998, assicurare per quanto di competenza la piena applicazione;
   c) assicurare la piena e immediata operatività dei già esistenti 13 centri di identificazione ed espulsione, prevedendone, nel caso, uno in ogni regione, e l'effettivo allontanamento o rimpatrio dei clandestini dal territorio nazionale, utilizzando le risorse del fondo per i rimpatri solo ed esclusivamente per le finalità stabilite dalla legge;
   d) tutelare la sicurezza e la salute dei cittadini, adottare qualsiasi altra iniziativa o promuovere l'adozione di norme speciali per contrastare la pressione migratoria verso il nostro Paese anche in deroga ai trattati comunitari, internazionali e ad ogni disposizione vigente;
   e) concordare strategie comuni con i Paesi dell'Unione europea che si affacciano nel Mediterraneo, impiegando gli stessi strumenti di disincentivo dei flussi migratori via mare;
   f) farsi promotore in tutte le sedi competenti di una strategia europea comune per il contrasto del fenomeno emergenziale degli sbarchi di immigrati sulle coste del Mediterraneo europeo e, altresì, per la gestione di emergenze dovute ad eventi bellici, in coordinamento con le organizzazioni internazionali al fine di predisporre gli interventi più idonei e tempestivi nelle aree confinanti alle zone colpite dai conflitti armati.
(1-00618)
«Matteo Bragantini, Molteni, Invernizzi, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Marcolin, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini, Simonetti».
(13 ottobre 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    secondo i dati Eurostat, 108.300 persone hanno chiesto asilo nei 28 Paesi dell'Unione europea nel primo trimestre del 2014, 24.320 in più rispetto allo stesso periodo del 2013 (+ 29 per cento). Nei primi 3 mesi del 2014, l'Italia ha avuto 10.700 richieste d'asilo, un dato molto superiore (+ 129 per cento) alle richieste registrate nel primo semestre del 2013;
    in particolare, secondo gli ultimi dati elaborati dall'Ufficio europeo di sostegno all'asilo (Easo, ottobre 2014), riguardanti i richiedenti asilo nel territorio dell’«UE+», cioè nei 28 Paesi dell'Unione europea più Svizzera e Norvegia, si conterebbero circa 50 mila richieste di asilo a giugno 2014, 60 mila a luglio 2014 e 58.500 ad agosto 2014, essendo Germania, Svezia, Italia e Francia, i Paesi che registrano il maggior numero di richiedenti (tali Paesi totalizzando insieme, ad agosto, il 62 per cento delle domande di protezione, praticamente due sue tre);
    solo ad agosto 2014, i richiedenti asilo siriani (circa 12.800) sono aumentati del 6 per cento rispetto a luglio 2014, quelli eritrei (6.350) del 21 per cento, mentre quelli ucraini (1.700 persone) del 32 per cento, con l'aumento percentualmente più elevato, i richiedenti fuggiti da questo Paese in Polonia, avendo per la prima volta dall'inizio della crisi in Ucraina superato quelli in Italia;
    secondo il rapporto annuale Global trends pubblicato dall'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), si assiste per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale ad un enorme aumento di rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni, che in tutto il mondo sono circa 51 milioni di persone. E solo nel 2013 sono aumentati di sei milioni, passando dai 45,2 milioni del 2012 ai 51,2 milioni del 2013; sempre secondo lo stesso Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, questo rapido e significativo aumento è stato causato in larga misura dalla guerra civile in Siria, un disastro umanitario che da solo ha prodotto 6,5 milioni di sfollati interni e 2,5 milioni di rifugiati all'estero, e in secondo luogo dagli esodi forzati avvenuti nella Repubblica Centrafricana e in Sud Sudan;
    del totale di 51,2 milioni di persone sradicate a forza a livello globale, ci sono circa 33,3 milioni di sfollati interni, 16,7 milioni di rifugiati (i principali Paesi che li hanno accolti e se ne fanno carico come possono sono il Pakistan, 1,6 milioni, l'Iran, 857.000, e il Libano, 856.000) e infine 1,2 milioni di richiedenti asilo (il Paese che ha ricevuto il maggior numero di nuove domande d'asilo è la Germania);
    secondo stime dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, nel mondo sono circa un milione i rifugiati che avrebbero bisogno di reinsediamento, perché nei Paesi ospitanti, in genere confinanti con quelli d'origine, non trovano condizioni che rispettino il loro diritto a ricostruirsi una vita accettabile, o sono sopravvissuti a torture e violenze;
    l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, pur non costituendo obbligo internazionale, incoraggia fortemente i Paesi ricchi e le democrazie occidentali a farsi carico stabilmente di queste situazioni con quote annuali di reinsediati, ad oggi, su scala globale, trovando posto in questi programmi di accoglienza solo un decimo dei rifugiati che ne avrebbero diritto;
    attualmente l'Europa non riveste un ruolo significativo tra i Paesi attivi nei programmi di reinsediamento dei rifugiati. In particolare, l'Unione europea, per parte sua, offre appena cinquemila posti l'anno, l'8 per cento del totale mondiale; gli sforzi maggiori in questo campo sono compiuti da parte di Paesi, come Stati Uniti, Canada e Australia, che reinsediano annualmente nel proprio territorio circa 60 mila rifugiati, a fronte di un numero di soggetti in Europa che sfiora a malapena le cinquemila unità;
    il regolamento «Dublino III» – che sostituisce il cosiddetto regolamento «Dublino II» (regolamento n. 343 del 2003), che a sua volta innovava la Convenzione di Dublino del 1990 – contiene i criteri e i meccanismi per individuare lo Stato membro che è competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o apolide;
    all'interno del sistema europeo comune di asilo, il regolamento «Dublino III» è stato ampiamente discusso e criticato, non solo dal punto di vista delle conseguenze negative sulla vita dei richiedenti asilo, ma anche per la scarsa efficienza del sistema (COM 2008/820, 3 dicembre 2008); sono state evidenziate una serie di carenze per lo più connesse con il livello di protezione garantito ai richiedenti protezione internazionale soggetti alla «procedura Dublino», e con l'efficienza del sistema istituito dall'attuale quadro normativo, dal momento che appena il 25 per cento circa delle richieste di trasferimento in un altro Stato è stato poi seguito da un trasferimento effettivo;
    il principio generale alla base del regolamento «Dublino III» è lo stesso della vecchia Convenzione di Dublino del 1990 e di «Dublino II»: ogni domanda di asilo deve essere esaminata da un solo Stato membro e la competenza per l'esame di una domanda di protezione internazionale ricade in primis sullo Stato che ha svolto il maggior ruolo in relazione all'ingresso e al soggiorno del richiedente nel territorio degli Stati membri, salvo eccezioni (COM 2008/820, 3 dicembre 2008); la competenza è individuata attraverso i criteri «obiettivi» del regolamento, che lasciano uno spazio ridottissimo alle preferenze dei singoli e, quindi, molti dubbi in merito alla tutela dei diritti umani dei richiedenti asilo, laddove l'esercizio di un loro diritto fondamentale – quello a fare domanda di protezione internazionale – è subordinato ad un regolamento, che, in questo caso, non terrebbe pienamente conto di un principio generale universalmente garantito e sovraordinato nella gerarchia delle fonti del diritto, quale quello del rispetto dei diritti umani;
    pur non intaccando tale principio, «Dublino III» apporta comunque una serie di novità importanti e certamente apprezzabili (molte derivanti in realtà dalla giurisprudenza), in quanto in grado di attenuare parzialmente gli effetti negativi del sistema; è necessario, però, porre rimedio ai problemi alla base del «sistema Dublino», il cui impianto si regge su un presupposto non corrispondente al vero, ovvero che gli Stati membri costituiscano un'area con un livello di protezione omogeneo; le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo e i tassi di accoglimento di domande di protezione cambiano drammaticamente da un Paese all'altro;
    chi ottiene la protezione internazionale non ha poi la possibilità di lavorare regolarmente in un altro Stato dell'Unione europea; ciò significa che, salvo eccezioni, lo Stato che viene individuato dal «sistema Dublino» come competente ad esaminare la domanda, sarà poi anche lo Stato in cui l'interessato dovrà rimanere una volta ottenuta la protezione, non tenendo conto né delle aspirazioni dei singoli, né delle concrete prospettive di trovare un'occupazione nei diversi Paesi europei;
    il Governo italiano, per fronteggiare l'eccezionale afflusso di migranti, ha avviato nel 2013 l'operazione Mare Nostrum per il controllo e il pattugliamento del Canale di Sicilia;
    negli ultimi tempi si è verificata una consistente ripresa degli sbarchi di cittadini stranieri nelle coste italiane, nonché diversi incidenti culminati in tragici naufragi con centinaia di vittime tra i migranti;
    l'attuazione di Mare Nostrum comporta una spesa di oltre 9 milioni di euro al mese, con l'evidente necessità di un interessamento dell'Unione europea, per farsi carico in maniera più decisa della questione migratoria, sia ampliando e rafforzando il ruolo di Frontex, sia intervenendo affinché si assuma un impegno più diretto nelle operazioni volte al controllo della frontiera marittima;
    il 16 aprile 2014 il Ministro dell'interno ha svolto un'informativa urgente sull'ingente incremento del flusso di migranti e sulle misure da adottare per farvi fronte, evidenziando che l'azione di Frontex, l'agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne, costituirà un tema centrale nel semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea (luglio-dicembre 2014);
    l'intenzione è quella di fare in modo che l'agenzia Frontex assuma la regia ed il coordinamento non solo delle attività di pattugliamento del Mediterraneo, ma anche delle attività di cooperazione operativa con i Paesi di origine e di transito dei flussi;
    è evidente la necessità di rendere più efficace il sistema di accoglienza, che ha comportato l'incremento da dieci a venti del numero delle commissioni territoriali destinate alla funzione di velocizzazione dell'esame della decisione delle istanze di protezione internazionale;
    è stato di recente annunciato l'avvio dell'operazione Triton, che avrà inizio a novembre 2014 e che avrà un budget iniziale di 2,9 milioni di euro al mese (a fronte dei 9 milioni mensili spesi per Mare Nostrum);
    la Commissaria per gli affari interni Cecilia Malmstroem ha lanciato l'appello affinché gli altri Stati membri ascoltino la richiesta di Frontex per avere più attrezzature e ufficiali stranieri, dal momento che l'operazione Triton si estenderà 30 miglia oltre le acque territoriali, coprendo 18 miglia di acque internazionali, con l'obiettivo di unire le due operazioni di Frontex (l'agenzia dell'Unione europea per il controllo delle frontiere con sede a Varsavia) nel Mediterraneo, denominate Hermes (area di intervento: il Canale di Sicilia) e Aeneas (che interviene sul Mar Jonio davanti alle coste di Calabria e Puglia);
    il decreto-legge n. 119 del 2014, da ultimo approvato dalla Camera dei deputati e ora all'esame del Senato della Repubblica, sembra, tuttavia, seguire l'ottica di una prosecuzione dell'operazione italiana, dal momento che dispone nuovi finanziamenti per fronteggiare l’«eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazionale»;
    il decreto-legge n. 119 del 2014 provvede ad incrementare il fondo per i richiedenti asilo di 51 milioni di euro, mentre 9 milioni vengono destinati alle commissioni che devono vigilare sulle richieste d'asilo. Viene, inoltre, istituito ex novo un fondo di 62 milioni di euro per «fronteggiare la nuova emergenza», cioè, si suppone, rifinanziare Mare Nostrum o Frontex. I soldi vengono prelevati dal fondo per i rimpatri, ovvero quel capitolo di spesa creato per rimpatriare gli stranieri giunti illegalmente nel nostro territorio, rendendo, quindi, ancora più difficile espellere dal nostro Paese i clandestini;
    non è credibile la sostituzione di Mare Nostrum da parte di Triton, ma è evidente che questa svolgerà piuttosto un intervento di supporto all'operazione italiana, in quanto dispone di un numero più esiguo di mezzi navali rispetto alla Marina militare italiana e la sua «autonomia» si ferma a 30 miglia dalle coste italiane; non potranno, quindi, essere garantite le operazioni di salvataggio come fino ad ora gestite da Mare Nostrum, considerando, inoltre, che il personale della Marina militare italiana opera anche screening sanitari a bordo, che rappresentano un valido deterrente contro la diffusione delle epidemie (ebola e tubercolosi);
    il 23 ottobre 2013 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sui flussi migratori diretta a realizzare un approccio coordinato basato sulla solidarietà e sulla responsabilità e sostenuto da strumenti comuni a livello di Unione europea, anche al fine di evitare il ripetersi dei tragici eventi di Lampedusa;
    in vista del prossimo Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014, è opportuno che il nostro Paese metta in evidenza l'urgenza di definire una politica condivisa in materia di immigrazione e diritto d'asilo;
    l'individuazione di misure auspicabili volte a migliorare il sistema dell'accoglienza e di gestione dei richiedenti asilo in arrivo non può essere disgiunta dall'obiettivo ultimo di garantire agli stessi condizioni di vita dignitose, nell'auspicio che essi possano costruire in Europa un futuro alternativo in tutta sicurezza rispetto alle realtà da cui fuggono;
    in tal senso, vi è la ferma convinzione che si debba separare il problema dell'asilo da quello dell'immigrazione economica, per evitare che il sistema costruito dagli Stati membri per proteggere chi chiede asilo crolli sotto la pressione, comprensibile, di persone in cerca di accettabili livelli di benessere, ma non bisognose, in senso stretto, di protezione;
    alla luce del «sistema Dublino», per il quale, come già ricordato, risulta competente lo Stato membro attraverso il quale il richiedente ha fatto ingresso nel territorio dell'Unione europea, si pone con forza l'esigenza di equilibrare gli sforzi da parte di tutti i Paesi membri proprio nell'accoglienza dei profughi, cioè di coloro che fuggono da situazioni di violenza, auspicando, in tal senso, una revisione dei criteri per la determinazione dello Stato competente per l'esame della domanda di asilo, che non necessariamente coincide con quello nel cui territorio la domanda è stata presentata;
    alla prova dei fatti, tale sistema presenta almeno due innegabili difetti, rischiando, da un lato, di sovraccaricare gli Stati membri geograficamente più esposti al flusso di profughi (al momento, gli Stati meridionali dell'Unione europea), dall'altro, di ostacolare un'allocazione efficiente dei profughi, quale quella che invece si otterrebbe selezionando lo Stato membro competente in base alla ricettività del suo mercato del lavoro o delle reti di sostegno (parenti, amici) di cui un dato profugo potrebbe soggettivamente godere, nonché dell'effettiva volontà di integrarsi del rifugiato in un Paese che sia stato da lui/lei scelto e non imposto;
    ogni tentativo di riforma che intendesse correggere questi difetti dovrebbe essere accompagnato da una periodica determinazione della percentuale di profughi che ciascuno Stato membro sarebbe tenuto ad accogliere in base alla propria situazione economica e da meccanismi di compensazione (burden sharing) per quegli Stati membri che si trovino ad accogliere una percentuale di profughi superiore a quella loro spettante;
    secondo l'esperienza che in primis l'Italia continua a vivere, appare non più procrastinabile da parte dell'Unione europea la necessità di un cambio di strategia nel rispondere ai fenomeni in atto, caratterizzati da afflussi contingenti di profughi di intensità straordinaria, che seppure generalmente associati a situazioni di guerra o violenza generalizzata, chiamano in causa la capacità di intervento e di mobilitare risorse da parte di tutta l'Unione europea, non solo dei territori più esposti come Lampedusa o Malta;
    rispetto a questo obiettivo, la normativa europea già prevede, con la direttiva 2001/55/CE, che il Consiglio dell'Unione europea possa concedere protezione temporanea a determinati gruppi di persone, con distribuzione dei profughi tra i vari Stati membri in base alla disponibilità accordata da ciascuno Stato;
    l'istituzione di un regime di questo tipo potrebbe essere accompagnata (anche in base alle disposizioni della direttiva stessa) dalla creazione di corridoi umanitari, ossia da misure di evacuazione dei destinatari della protezione, senza che essi debbano affidarsi a trafficanti e scafisti per raggiungere il territorio dell'Unione europea;
    l'istituzione del regime di protezione temporanea non si pone affatto come una modalità emergenziale per il riconoscimento del diritto alla protezione, che resta invece regolato dalle norme a regime, essendo piuttosto da considerarsi come una misura complementare a quanto già previsto in relazione al riconoscimento del diritto a ottenere protezione quando si fugge da un conflitto o da una situazione di violenza generalizzata, un elemento fondamentale della normativa dell'Unione europea, la quale riconosce tale diritto come soggettivamente esigibile (senza che, quindi, gli Stati membri possano opporre alle corrispondenti richieste dinieghi fondati su considerazioni di sostenibilità economica), prevedendo che la richiesta di protezione possa essere presentata solo sul territorio di uno Stato membro;
    drammatiche notizie giungono dal continente africano riguardo all'espandersi del virus ebola, in considerazione del flusso continuo di decine di profughi i quali, raccolti in mare in condizioni disperate mediante operazioni di salvataggio, vengono, quindi, accolti sul territorio senza che i tempi e i mezzi a disposizione permettano uno screening efficace per accertare la presenza o meno del virus;
    la tutela della salute verso i nostri concittadini è da porre su un piano che non può essere considerato di livello inferiore rispetto a quello teso a garantire la tutela e l'accoglienza dei soggetti migranti in arrivo, e quindi debbono espletarsi tutte le procedure, gli sforzi e le iniziative necessarie a garantire che il territorio nazionale possa essere protetto dal rischio di un'epidemia del virus per via dell'accoglienza prestata ai migranti accolti, che attualmente risulta priva di garanzie in tal senso,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative a livello europeo per una rapida revisione del regolamento «Dublino III» affinché si preveda la compartecipazione di tutti gli Stati membri nelle attività di accoglienza e di identificazione dei migranti, superando l'attuale principio del «Paese di primo arrivo», anche al fine di garantire il diritto fondamentale dei richiedenti asilo di presentare domanda di protezione alle autorità del loro Paese di elezione;
   ad adoperarsi affinché il Consiglio europeo del 24 e 25 ottobre 2014 preveda l'applicazione di quanto previsto in caso di «afflusso massiccio di sfollati nell'Unione europea», con le modalità di concessione della protezione temporanea, secondo quanto previsto dalla direttiva 2001/55/CE, definendo quote di accoglienza per ciascuno Stato membro, anche al fine di garantire ai richiedenti asilo e protezione internazionale il diritto costituzionalmente garantito della libertà di circolazione;
   ad assumere iniziative per individuare modalità di identificazione dei beneficiari della protezione temporanea da parte dell'Unione europea anche con il concorso diretto dei Paesi di transito, per esempio, attraverso le delegazioni diplomatiche del servizio europeo per l'azione esterna e/o la rete diplomatico-consolare degli Stati membri, con il coinvolgimento delle organizzazioni internazionali e delle associazioni umanitarie;
   ad assumere iniziative per prevedere la possibilità di introdurre clausole politiche più flessibili per quel che attiene all'identificazione dello Stato membro competente per una domanda di asilo, permettendo anche ad altri Paesi membri, privi di tale competenza, di decidere di assumere comunque titolarità in tal senso, in presenza di condizioni specifiche (una clausola che è costantemente applicata dall'Italia per i minori non accompagnati richiedenti asilo provenienti da altri Paesi);
   a favorire uno sforzo europeo coordinato a beneficio di un maggior utilizzo delle politiche di reinsediamento (resettlement), nonché la promozione di strumenti volti ad assicurare meccanismi di maggiore solidarietà tra gli Stati e di migliore condivisione delle responsabilità fra tutti i Paesi membri, stante il contributo che un più diffuso utilizzo del resettlement potrebbe offrire in termini di soluzione durevole alle problematiche incontrate dai rifugiati (sia quelli presenti sul territorio dell'Unione europea, sia quelli posti al di fuori dei confini europei), garantendo loro piena libertà di circolazione e accesso a tutta l'Europa;
   ad assumere iniziative per individuare chiare modalità e costi dei trasferimenti, prevedendo l'obbligo, prima di un trasferimento, di scambiarsi dati (soprattutto sanitari) necessari a garantire assistenza adeguata, continuità della protezione e soddisfazione di esigenze specifiche, in particolare mediche;
   a promuovere un sistema che regoli la concessione del diritto di asilo secondo standard e procedure comuni in tutti i Paesi e il coordinamento nella raccolta delle domande dei richiedenti, per permettere agli aventi diritto di raggiungere i Paesi di accoglienza in modo sicuro, prevenendo ogni abuso del sistema con la presentazione di domande di asilo multiple da parte di una sola persona;
   ad assumere iniziative volte ad assicurare un sistema di mutuo riconoscimento tra gli Stati membri della concessione del diritto di asilo, tale da garantire la libertà di stabilimento del beneficiario in ogni Stato membro, prodromico all'istituzione del sistema europeo di accoglienza;
   a prevedere, al fine di garantire il diritto costituzionale alla salute dei cittadini, che non può essere certamente considerato inferiore al diritto di libertà di circolazione dei migranti, misure di controllo sanitario più stringenti nei confronti dei migranti e dei richiedenti asilo provenienti dai Paesi attualmente focolaio del virus ebola, quali Liberia, Sierra Leone e Nuova Guinea.
(1-00619)
«Brunetta, Ravetto, Bergamini, Centemero».
(13 ottobre 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    il 15 giugno 1990 con la firma della Convenzione di Dublino, l'Unione europea si è dotata di un sistema di regole condivise per regolamentare e coordinare l'accoglienza e l'esame delle domande di protezione internazionale presentate negli Stati membri da cittadini di un Paese terzo o apolidi;
    in seguito la Convenzione è stata revisionata più volte, fino all'adozione dell'attuale regolamento europeo n. 604/2013, approvato il 26 giugno 2013, noto come «Dublino III» ed entrato in vigore il 1o gennaio 2014, che costituisce l'elemento portante del più ampio «sistema di Dublino» e il cui obiettivo iniziale era quello di garantire che almeno uno degli Stati membri prendesse in carico il richiedente asilo;
    il regolamento è applicato in una regione geografica che comprende i 28 Stati membri dell'Unione europea, ai quali si aggiungono la Norvegia, l'Islanda, la Svizzera e il Liechtenstein;
    l'altro pilastro del «sistema di Dublino» è l'Eurodac (European dactyloscopie), una banca dati centrale in cui vengono registrate le generalità di chiunque attraversi irregolarmente le frontiere di uno Stato membro, in particolare le impronte digitali;
    i due strumenti insieme consentono di stabilire dove è avvenuto il primo ingresso in Europa di una persona richiedente asilo e di attribuire a quel Paese l'onere dell'esame di un'eventuale domanda;
    il nuovo regolamento, che ha abrogato il precedente regolamento (CE) 343/2003, detto «Dublino II», modifica alcune delle disposizioni previste per la determinazione dello Stato membro dell'Unione europea competente all'esame della domanda di protezione internazionale e le modalità e tempistiche per la determinazione;
    come il precedente, il presente regolamento ha il duplice obiettivo di impedire che nessuno Stato si dichiari competente all'esame della domanda di protezione internazionale, privando così il rifugiato del diritto di accedere alla procedura amministrativa prevista per il riconoscimento dello status, e di impedire i movimenti interni all'Unione europea dei richiedenti protezione, dando agli Stati e non alle persone la facoltà di decidere in quale Stato la persona debba veder esaminata la domanda;
    le principali novità introdotte sono la modifica delle definizioni di familiari, al fine di agevolare i minori, l'introduzione dell'effetto sospensivo del ricorso, la possibilità di trattenere il richiedente per pericolo di fuga, nonché si chiarisce il contenuto del diritto all'informazione del richiedente;
    gli studi effettuati negli ultimi anni mostrano ancora differenze sostanziali tra i sistemi di protezione dei diversi Paesi, sia per quanto riguarda le misure di accoglienza, sia relativamente alle percentuali di riconoscimento;
    recentemente l'Eurostat ha pubblicato un dettagliato rapporto sul tema immigrazione che smentisce il luogo comune dell'Italia paese «ostile» verso gli immigrati, evidenziando che tra quelli maggiormente coinvolti nel problema immigrazione, il nostro è il Paese che respinge meno immigrati;
    alla fine del 2013, infatti, l'Italia era al quarto posto in Europa per numero di richieste di asilo pendenti, pari a 27.930, dopo Germania, Svezia e Gran Bretagna, e ne ha respinte il 36 per cento rispetto al 74 per cento della Germania, l'83 per cento della Francia, il 47 per cento della Svezia, l'82 per cento della Gran Bretagna e il 68 per cento del Belgio;
    del 64 per cento di richieste accolte nel 12 per cento dei casi è stato riconosciuto lo status di rifugiato, nel 30 per cento dei casi la protezione umanitaria e nel 22 per cento la «protezione sussidiaria», vale a dire un tipo di protezione aggiuntivo rispetto alle tipologie normate a livello internazionale, concessa dall'Italia a persone che, nel loro Paese, potrebbero subire ingiustizie;
    insieme al regolamento «Dublino III», a comporre il quadro del sistema europeo comune di asilo, che dovrebbe portare all'instaurazione di una procedura comune e a uno status uniforme valido in tutta l'Unione europea per i titolari della protezione internazionale, ai sensi dell'articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, concorrono la cosiddetta direttiva qualifiche n. 2011/95/UE, la «direttiva procedure» n. 2013/32/UE e la nuova «direttiva accoglienza» n. dir. 2013/33/UE;
    nel 2010 è stato istituito l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (Easo), che fornisce assistenza agli Stati al fine della corretta applicazione del regolamento, oltre ad un supporto informativo e un intervento rapido di supporto agli Stati in caso di afflusso massiccio di richiedenti protezione internazionale;
    con il nuovo regolamento di Dublino è rimasta invariata la gerarchia dei criteri per la determinazione dello Stato competente, che prevedono che:
     a) quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle circostanze indiziarie, che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un Paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l'esame della domanda di protezione internazionale; detta responsabilità cessa 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera;
     b) quando uno Stato membro non può o non può più essere ritenuto responsabile dell'ingresso irregolare e quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle circostanze indiziarie, che il richiedente – entrato illegalmente nei territori degli Stati membri o del quale non si possano accertare le circostanze dell'ingresso – ha soggiornato per un periodo continuato di almeno cinque mesi in uno Stato membro prima di presentare domanda di protezione internazionale, detto Stato membro è competente per l'esame della domanda di protezione internazionale;
     c) nei termini previsti lo Stato membro competente è obbligato a prendere o riprendere in carico il richiedente, a meno che non dimostri che il richiedente aveva lasciato il territorio degli Stati membri conformemente a una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento emessi da quello Stato membro a seguito del ritiro o del rigetto della domanda;
    inoltre, in caso di situazioni particolari, come l'afflusso di numerose persone in un Paese membro, che possa mettere in crisi l'applicazione del regolamento, la Commissione europea può chiedere allo Stato di presentare ed attuare un piano d'azione per fronteggiare la crisi, chiedendo allo stesso la garanzia che non si verifichino deroghe ai diritti dei richiedenti protezione;
    l'11 settembre 2014 ventuno parlamentari di Italia, Francia, Spagna, Grecia, Croazia, Serbia, San Marino, appartenenti a gruppi politici diversi hanno depositato presso l'Ufficio di presidenza dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa la richiesta di un rapporto ad hoc sull'applicazione del regolamento «Dublino III», che possa contenere analisi fattuali dei dati e proposte ai Governi per un suo miglioramento, come più volte richiesto dall'Assemblea di Strasburgo;
    il 9 settembre 2014 è stato pubblicato il rapporto «Mind the gap: una prospettiva delle organizzazioni non governative sulle sfide dell'accesso alla protezione nel sistema comune d'asilo», dal quale emerge che degli immigrati arrivati in Italia solo una percentuale minoritaria presenta la richiesta d'asilo nel nostro Paese, mentre la maggior parte di essi tenta di evitare l'identificazione per andare in altri Paesi europei a richiedere protezione;
    questo essenzialmente perché altri Paesi hanno sistemi di welfare migliori e, soprattutto, al fine di ricongiungersi ai propri familiari;
    in una ricerca recentemente condotta è emerso che il regolamento di Dublino nella sua concreta applicazione impedisce, almeno nella metà dei casi, che chi arriva in Italia possa ricongiungersi ai propri parenti che vivono in altro Stato europeo;
    inoltre, il regolamento presenta oneri e difficoltà per gli Stati: i trasferimenti necessitano di risorse economiche e umane e non sembrano portare particolari benefici, se non agli Stati interni dell'Unione europea che possono avere interesse a contenere il numero delle richieste d'asilo;
    le problematiche derivanti dall'applicazione del regolamento di Dublino nel nostro Paese sono anche legate alle gravi carenze del sistema di accoglienza italiano: posti insufficienti, frammentarietà causata dall'esistenza di diversi tipi di strutture, incoerenza e disomogeneità degli standard;
    manca un sistema di accoglienza unico, integrato, capace di rispondere a bisogni variabili e di offrire la stessa qualità di protezione in tutta Italia, che possa far riferimento a chiare linee guida nazionali e sia dotato di monitoraggio indipendente;
    la capacità della rete Sprar (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), anche se da gennaio 2014 è passata da tremila a sedicimila posti, rimane non proporzionata agli attuali bisogni;
    questi elementi, uniti all'assenza di misure di integrazione efficaci per i titolari di protezione internazionale, stanno creando un serio rischio di violazione dei diritti umani in Italia;
    la principale finalità del regolamento era e rimane quella di prevenire i movimenti secondari di richiedenti asilo all'interno dell'Unione europea, ma le persone continuano a spostarsi in percentuali allarmanti;
    nell'ambito del progetto Diasp-impatto del regolamento di Dublino sulla protezione dei richiedenti asilo, finanziato dal fondo europeo per i rifugiati, gli intervistati, in media, avevano alle spalle già tre o quattro viaggi;
    la rigidità del «sistema di Dublino», infatti, spinge i richiedenti asilo a muoversi continuamente in Europa in cerca di protezione, piuttosto che fermarsi in un posto solo, nel tentativo di aggirare un sistema percepito come poco sicuro;
    inoltre, allo stato attuale chi ottiene la protezione internazionale non ha poi la possibilità di lavorare regolarmente in un altro Stato dell'Unione europea e, quindi, salvo eccezioni, lo Stato che viene individuato dal «sistema Dublino» come competente ad esaminare la domanda sarà poi anche lo Stato in cui l'interessato dovrà rimanere una volta ottenuta la protezione;
    questo, tuttavia, non tiene conto né delle aspirazioni dei singoli, né dei loro legami familiari o culturali con alcuni Paesi, né delle concrete prospettive di trovare un'occupazione nei diversi Paesi europei, come se Malta, la Grecia, la Germania, la Svezia fossero la stessa cosa;
    anche la terza revisione del regolamento di Dublino, pur introducendo qualche cambiamento potenzialmente positivo, non ha modificato la sostanzialmente l'impianto del «sistema di Dublino», ma continua a impedire – o quanto meno a limitare pesantemente – la mobilità dei richiedenti asilo nell'Unione europea, con un impatto fortemente negativo sulla vita dei rifugiati;
    in realtà l'applicazione di tale insieme di regole è diventata un insensato percorso a ostacoli per chi cerca protezione,

impegna il Governo:

   nell'ambito della presidenza di turno dell'Unione europea a svolgere un ruolo di impulso per la revisione dei criteri del «sistema di Dublino» affinché ai migranti sia garantita la libertà di scegliere in quale Paese presentare la propria richiesta di protezione internazionale, eliminando l'obbligo di avanzarla nel Paese di primo ingresso, con particolare attenzione ai minori e alle loro possibilità di ricongiungimento familiare;
   nel medesimo ambito sovranazionale, a promuovere l'adozione di un sistema di gestione delle spese di accoglienza che ponga questi oneri in carico alla totalità degli Stati, non lasciando soli quei Paesi, come l'Italia, esposti per la loro semplice posizione geografica ai maggiori flussi d'ingresso;
   ad attivarsi in ambito europeo al fine di elaborare standard di accoglienza condivisi e maggiormente uniformi che possano consentire una migliore gestione dei richiedenti asilo;
   a valutare l'istituzione, in collaborazione con i Paesi membri dell'Unione europea, di appositi presidi nei Paesi dai quali partono i maggiori flussi migratori, che siano in grado di effettuare una valutazione preventiva delle possibilità dei soggetti migranti di ottenere lo status di rifugiato nell'ambito dell'Unione europea;
   ad informare preventivamente il Parlamento in merito alla stipula di ogni accordo internazionale in materia di immigrazione e di asilo.
(1-00654)
«Rampelli, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Giorgia Meloni, Nastri, Taglialatela, Totaro».
(3 novembre 2014)

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