TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 383 di Venerdì 27 febbraio 2015

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER IL RICONOSCIMENTO DELLO STATO DI PALESTINA

   La Camera,
   premesso che:
    i popoli israeliano e palestinese hanno diritto alla pace e alla sicurezza e ciò può essere garantito solo attraverso una forte azione da parte della comunità internazionale che porti ad una pace giusta e duratura basata sul rispetto del diritto internazionale e la piena applicazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;
    il 29 novembre del 2012, con la risoluzione n. 67/19, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, con una larghissima maggioranza, ha concesso lo status di osservatore permanente allo Stato di Palestina;
    attualmente sono 135 i Paesi che hanno deciso di riconoscere unilateralmente lo Stato di Palestina, tra questi diversi membri dell'Unione europea: Svezia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Cipro, Slovacchia, Ungheria, Malta, Polonia e Romania;
    in particolare, il giorno 30 ottobre 2014, Margot Wallström, Ministro degli esteri, ha annunciato che la Svezia ha riconosciuto lo Stato di Palestina attraverso il seguente annuncio: «Il governo svedese considera che i criteri del diritto internazionale per un riconoscimento dello Stato di Palestina sono rispettati: un territorio, «sebbene senza frontiere fisse» una popolazione e un governo (...). Il riconoscimento è un contributo ad un futuro migliore per una regione che per troppo a lungo è stata caratterizzata da negoziati congelati, distruzione e frustrazione»;
    il 3 ottobre 2014 il primo Ministro svedese Stefan Löfven, durante il suo discorso di insediamento in Parlamento, aveva detto che: «Il conflitto tra Israele e Palestina può essere risolto solo con la soluzione a due Stati, negoziata secondo i dettami del diritto internazionale. Una soluzione a due Stati richiede il riconoscimento reciproco e la volontà di una convivenza pacifica. Per questo la Svezia riconosce lo Stato di Palestina»;
    il giorno 13 ottobre 2014 la Camera dei comuni inglese ha approvato a larghissima maggioranza la seguente mozione per riconoscere lo Stato di Palestina: «Questa Camera crede che il Governo dovrebbe riconoscere lo Stato di Palestina oltre allo Stato di Israele, come contributo ad assicurare una soluzione negoziata dei due Stati»;
    analoghe iniziative a quelle della Camera dei comuni britannica sono state prese dai Parlamenti di Irlanda, Spagna e Belgio, mentre il Parlamento francese ha votato il 28 novembre 2014 una mozione per il riconoscimento dello Stato di Palestina;
    l'Italia ha votato a favore della risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite che riconosce la Palestina come Stato osservatore delle Nazioni Unite e si è espressa da sempre sulla posizione «due Popoli due Stati», così come fa l'Unione europea fin dal 1980,

impegna il Governo:

a riconoscere lo Stato di Palestina, così come è stato riconosciuto lo Stato di Israele, quale azione di politica estera che imprima una svolta positiva al necessario negoziato tra le parti per giungere alla soluzione «due popoli due Stati» e a garantire la coesistenza nella libertà, nella pace e nella democrazia dei due popoli.
(1-00675)
«Palazzotto, Airaudo, Bruno Bossio, Franco Bordo, Capodicasa, Cenni, Cimbro, Cominelli, Costantino, D'Ottavio, Duranti, Ferrara, Fratoianni, Gandolfi, Giancarlo Giordano, Iori, La Marca, Kronbichler, Marcon, Matarrelli, Mattiello, Melilla, Migliore, Misiani, Mognato, Nicchi, Daniele Farina, Paglia, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Prina, Quaranta, Ricciatti, Romanini, Rossi, Sannicandro, Scotto, Zaccagnini, Zanin, Zaratti, Bossa».
(26 novembre 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    dal 1948 il popolo palestinese attende che sia riconosciuto dalla comunità internazionale lo Stato di Palestina;
    il 29 novembre 2012 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato a larga maggioranza la risoluzione n. 67/19 per la concessione dello status di osservatore permanente, come Stato non membro, allo Stato di Palestina. Tale risoluzione ha conferito allo Stato palestinese uno status equivalente, in seno all'Onu, a quello dello Stato della Città del Vaticano;
    la risoluzione n. 67/19 ha sicuramente rappresentato un importante passo verso il riconoscimento dei diritti fondamentali del popolo palestinese, ma l'attuale status non chiarisce, ad esempio, se la Palestina può o meno ricorrere alla Corte penale internazionale;
    il processo di pace sorto dagli accordi di Oslo del 20 agosto 1993 si è, di fatto, arrestato con l'uccisione di uno dei firmatari dell'accordo stesso, il Primo ministro israeliano Yitzhak Rabin, assassinato da estremisti sionisti contrari allo smantellamento delle colonie e alla costituzione dello Stato di Palestina. Da quel momento in poi il Governo d'Israele ha portato avanti una politica sempre più ostaggio degli estremisti delle colonie e gli insediamenti sui già scarsi territori palestinesi si sono moltiplicati a dispetto degli impegni sottoscritti e del diritto internazionale;
    l'espandersi continuo degli insediamenti illegali nei territori occupati di Cisgiordania e Gerusalemme est, la costruzione del muro di separazione, la distruzione di case e l'espulsione di palestinesi, la sottrazione di fondamentali risorse idriche ai palestinesi (l'acqua è sottoposta alla legge militare), nonché il protrarsi dell'embargo sulla striscia di Gaza, che ha preceduto e seguito gli attacchi militari con migliaia di vittime (si vedano le operazioni «Piombo fuso» e «Margine sicuro») compromettono qualsiasi sforzo per il processo di pace;
    sono continue le violazioni da parte del Governo israeliano della convenzione di Ginevra, a cui si aggiungono la detenzione arbitraria di migliaia di palestinesi (tra i quali Marwan Barghouti, il «Mandela palestinese», uno degli estensori degli accordi di Oslo), l'umiliazione a cui sono costretti i palestinesi nei continui checkpoint dei militari israeliani, il proseguimento di esecuzioni extragiudiziali e delle punizioni collettive (distruzione di case per rappresaglia);
    questa politica israeliana ha rafforzato e non indebolito le posizioni fondamentaliste religiose – un tempo marginali – tra i palestinesi, finendo per favorire l'ascesa di Hamas a discapito delle altre formazioni laiche;
    è urgente che la comunità internazionale adotti nuove iniziative per contribuire al rispetto del diritto internazionale e delle pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite;
    tutti i popoli del Medio Oriente hanno diritto alla pace e alla sicurezza e ciò può essere garantito a lungo termine solo attraverso una pace giusta e duratura basata sul rispetto del diritto internazionale e la piena e completa applicazione delle risoluzioni n. 242 del 1967 e n. 338 del 1973 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sul ritiro delle forze di occupazione e lo smantellamento degli insediamenti, sul riconoscimento del diritto al rientro dei rifugiati in applicazione della risoluzione n. 194 del 1948 delle Nazioni Unite e sulla liberazione dei prigionieri politici palestinesi;
    sono 121 i Paesi in tutto il mondo che hanno già riconosciuto lo Stato di Palestina nei confini del 1967, secondo quanto previsto dalle citate risoluzioni delle Nazioni Unite, con Gerusalemme est quale sua capitale;
    in particolare, di grande significato è il recente riconoscimento dello Stato di Palestina che porta a 8 i Paesi membri dell'Unione europea che hanno reputato necessario questo riconoscimento, anche come pressione nei confronti del Governo d'Israele per farlo recedere dalla politica delle colonie e per riprendere il percorso di pace;
    il Parlamento britannico, la più antica democrazia liberale del mondo, con 274 voti favorevoli e 12 contrari, ha recentemente approvato una mozione che chiede al Governo di Londra di «riconoscere lo Stato palestinese al fianco dello Stato di Israele» come «contributo per assicurare la soluzione negoziata dei due Stati» nella regione,

impegna il Governo:

   a riconoscere pienamente e formalmente lo Stato di Palestina nei confini del 1967 secondo le risoluzioni delle Nazioni Unite;
   a proporre, nelle sedi internazionali, un atto analogo da parte di tutti i Paesi membri dell'Unione europea e della Nato, da intendersi anche come un contributo importante nella lotta al terrorismo del fondamentalismo religioso;
   a predisporre in tempi rapidi una visita del Presidente del Consiglio dei ministri in Israele e in Palestina per illustrare ai Governi di questi due Paesi il senso del riconoscimento dello Stato di Palestina e per contribuire al riavvio del processo e del negoziato di pace.
(1-00625)
«Rizzo, Sibilia, Artini, Manlio Di Stefano, Basilio, Grande, Frusone, Di Battista, Corda, Spadoni, Tofalo, Del Grosso, Paolo Bernini, Scagliusi».
(14 ottobre 2014)

   La Camera
   premesso che:
    si esprime profonda preoccupazione per il continuo aggravarsi della crisi che avvolge tutta la regione mediorientale e nordafricana, nella quale cresce l'influenza dell'Islam politico radicale e delle sue emanazioni jihadiste, dedite alla lotta armata anche in Europa;
    va evidenziato come tale situazione costituisca un'obiettiva preoccupazione che accomuna l'Europa allo Stato d'Israele, unico presidio democratico nella regione sopramenzionata insieme alla Tunisia;
    si rileva la circostanza che lo Stato d'Israele continua ad esser bersaglio di attacchi terroristici che tendono a negarne il diritto di esistere e a condizionarne il comportamento, provocandone ad arte le reazioni militari, secondo la triste logica del «tanto peggio tanto meglio»;
    va ricordato altresì come i territori appartenenti all'Autorità nazionale palestinese siano soltanto in parte sotto l'effettivo controllo dell'esecutivo basato a Ramallah e presieduto da Abu Mazen, trovandosi la Striscia di Gaza sotto la predominante influenza di Hamas, articolazione locale della Fratellanza Musulmana, e di gruppi collaterali di ispirazione jihadista;
    non si può non sottolineare come proprio Hamas sia stato all'origine, nel corso dell'ultimo decennio, di aspri confronti militari con lo Stato ebraico, cosa che permette di concludere che l'esecutivo presieduto da Abu Mazen non possiede il monopolio della forza armata nei territori amministrati dall'Autorità nazionale palestinese;
    inoltre si osserva come Hamas sia internazionalmente appoggiato dalla Turchia, Paese che ha promosso un tentativo di violare il blocco marittimo imposto nei confronti della Striscia di Gaza con la cosiddetta Freedom Flottilla ed è sospettato di sostenere anche il sedicente Stato Islamico sorto a cavallo tra Siria ed Iraq;
    la situazione geopolitica mediorientale appare estremamente delicata e complessa ed ogni passo unilaterale conseguentemente si ritiene un azzardo inopportuno;
    va apprezzato, comunque, che almeno parte del sistema politico palestinese ha accettato il metodo diplomatico come principale strumento d'iniziativa, archiviando la pratica pluridecennale del terrorismo da parte dell'Olp;
    tuttavia si ritiene che la causa del processo di pace debba avanzare attraverso il dialogo tra le parti coinvolte – Stato d'Israele ed Autorità nazionale palestinese – anche con il sostegno esterno assicurato dagli Stati Uniti, dall'Unione Europea e dalla Russia,

impegna il Governo:

   a non assecondare né agevolare ulteriori tentativi unilaterali dell'Autorità nazionale palestinese tesi ad ottenere il riconoscimento internazionale dello status di Stato sovrano senza che sia intervenuto un accordo bilaterale preventivo con lo Stato d'Israele;
   a sostenere la causa del dialogo diretto tra le parti coinvolte, anche con l'apporto dell'Unione europea, degli Stati Uniti e della Federazione Russa;
   a favorire ogni genere di misura che possa contribuire all'indebolimento di Hamas, in particolare escludendo il movimento islamista dalla gestione degli aiuti alla ricostruzione della Striscia di Gaza.
(1-00699)
«Gianluca Pini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Prataviera, Rondini, Simonetti.»
(15 gennaio 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    è interesse strategico dell'Italia e dell'Unione europea che il conflitto israelo-palestinese sia disinnescato una volta per tutte, come passo fondamentale per la pacificazione e la stabilizzazione dell'intero Medio Oriente e dell'area del Mediterraneo;
    è indispensabile rilanciare il processo di pace tra israeliani e palestinesi tramite la ripresa di negoziati diretti che portino ad un accordo di pace complessivo e duraturo, nel rispetto del diritto internazionale e nella piena applicazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;
    ciò può essere garantito solo da una forte, credibile, imparziale azione da parte della comunità internazionale attraverso mediazioni costruttive nei confronti di entrambe le parti, evitando atti e dichiarazioni che rischiano solo di apparire come prese di posizione ostili e condizioni imposte ad una sola delle parti in causa, cioè a Israele, unico Stato davvero democratico dell'area;
    l'eventuale riconoscimento di uno Stato palestinese al di fuori di un accordo di pace complessivo tra le parti non favorirebbe la ripresa dei negoziati diretti, ma, al contrario, rappresenterebbe un ulteriore ostacolo sulla via della pace, perché avrebbe l'effetto di aumentare il livello di diffidenza tra le parti e, soprattutto, di Israele nei confronti della comunità internazionale, compromettendo e vanificando l'importante ruolo di mediazione imparziale che l'Unione europea e, in particolare, l'Italia stanno da decenni svolgendo e devono continuare a svolgere sia nei confronti degli israeliani che dei palestinesi;
    il 30 dicembre 2014, il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha bocciato una risoluzione dei Paesi arabi, promossa dall'Autorità nazionale palestinese, in cui si prevedevano unilateralmente termini e tempi di un accordo di pace, tra cui il riconoscimento della piena sovranità statuale palestinese entro il 2017;
    la legittima aspirazione palestinese di un riconoscimento statuale non può trovare soddisfazione prima che l'altrettanto legittimo diritto degli israeliani alla sicurezza non sia assicurato attraverso l'abbandono da parte palestinese di qualsiasi aspirazione alla distruzione di Israele e di ogni atto d'aggressione ai suoi danni;
    i popoli israeliano e palestinese hanno entrambi diritto a vivere in pace e in sicurezza, ma ciò può essere garantito, oltre che dalla soluzione «due popoli due Stati», solo se anche il futuro Stato palestinese sarà uno Stato democratico, in grado di garantire ai suoi cittadini libertà e diritti umani fondamentali;
    l'eventuale riconoscimento di uno Stato palestinese senza aver prima sciolto in un negoziato diretto i nodi del complessa vicenda, e soprattutto in presenza di un forte conflitto tra Autorità nazionale palestinese e Hamas, quest'ultima un'organizzazione terroristica, per il controllo dei territori palestinesi, costituirebbe una minaccia all'esistenza stessa di Israele, ma anche nei confronti dello stesso popolo palestinese, che è e sarebbe ancor più esposto non solo all'oppressione e alle violenze di Hamas, ma anche alle incresciose conseguenze delle legittime azioni difensive di Israele in risposta agli atti di aggressione lanciati dalla Striscia di Gaza o da altre zone dei territori palestinesi,

impegna il Governo:

   ad evitare di compiere atti e gesti simbolici che possano rappresentare forme di riconoscimento, o portare ad un'accelerazione di qualsiasi processo di riconoscimento, di uno Stato palestinese al di fuori del negoziato diretto e di un accordo di pace complessivo tra le parti;
   a sostenere, in sede sia bilaterale che multilaterale, e di concerto con gli altri Stati membri dell'Unione europea e con gli Stati Uniti d'America, il rilancio del processo di pace tra israeliani e palestinesi attraverso la ripresa del negoziato diretto come via maestra per arrivare alla soluzione «due popoli due Stati» e per l'attuazione degli accordi di Oslo e delle relative risoluzioni delle Nazioni Unite;
   ad evitare di compiere qualsiasi atto e gesto simbolico di legittimazione di organizzazioni terroristiche islamiche, Hamas compresa, e a promuovere nei loro confronti, di concerto con gli altri Stati membri dell'Unione europea e con gli Stati Uniti d'America, un'azione di intransigente contrasto ad ogni livello.
(1-00738) «Brunetta, Capezzone».
(18 febbraio 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    il diritto del popolo palestinese ad avere un proprio Stato entro confini riconosciuti ed internazionalmente garantiti, che conviva pacificamente con Stato di Israele, assicurando ad entrambi condizioni di sicurezza e stabilità, è da tempo una consolidata posizione italiana ed europea;
    largamente condivisa, a livello internazionale, è la convinzione che l'effettivo raggiungimento di tale risultato può avvenire soltanto attraverso il negoziato sul mutuo riconoscimento dei confini a partire da quelli del 1967 ed eventuali scambi di territori tra le parti, sulla soluzione dello status di Gerusalemme, nonché sulla questione del diritto del ritorno dei profughi palestinesi;
    largamente condivisa, a livello internazionale, è altresì la convinzione che tale risultato non può essere perseguito tramite il ricorso alla valenza e al terrorismo, richiamando in tal senso l'importanza del rispetto dei tre principi del cosiddetto quartetto (Usa, Russia, Onu e Unione europea), che presuppone, tra l'altro, il diritto dei due popoli a vivere al riparo da ogni violenza e atti di terrorismo;
    preoccupante e da deplorare è lo stallo intervenuto nel processo negoziale che rischia di alimentare violenze e di creare le condizioni per sanguinosi e tragici conflitti;
    come ribadito anche dalla risoluzione del Parlamento europeo – approvata a larghissima maggioranza il 17 dicembre 2014 – occorre evitare tutte le azioni che mettano in dubbio gli impegni assunti a favore di una soluzione negoziata, invitando entrambe le parti ad astenersi da qualsiasi azione suscettibile di compromettere la fattibilità e le prospettive di una soluzione fondata sulla coesistenza dei due Stati, evidenziando, tra l'altro, come l'espansione degli insediamenti sia illegale dal punto di vista anche del diritto internazionale e come sia altresì necessario promuovere il raggiungimento di una intesa tra tutte le forze politiche palestinesi che, attraverso il riconoscimento dello Stato d'Israele e l'abbandono della violenza, determini le condizioni per una convivenza pacifica;
    l'attuale altissima tensione nell'area, con una guerra civile in atto in Siria, la preoccupante fondazione del sedicente Stato islamico in un'area compresa tra Iraq e la stessa Siria, le fasi finali del negoziato sul nucleare con l'Iran reclamano un maggiore investimento politico e diplomatico nella soluzione del conflitto, anche attraverso la massima unità possibile di intenti tra l'Europa e gli Stati Uniti;
    l'Italia come altri Paesi ha già effettuato alcuni passi importanti nel riconoscimento delle prerogative della Palestina, ove si pensi al voto a favore del riconoscimento dello status della Palestina quale «Stato non membro osservatore delle Nazioni Unite», all'attribuzione dello status diplomatico pieno alla rappresentanza palestinese in Italia, al costante sostegno politico alle richieste palestinesi di divenire membri in diverse organizzazioni internazionali;
    l'Italia ha già più volte espresso la propria disponibilità a riconoscere formalmente, al momento opportuno e nelle appropriate condizioni, uno Stato palestinese accanto allo Stato di Israele e in pace con esso;
    rilevante è già e ancor più dovrà esserlo in futuro il ruolo del nostro Paese – anche operando negli ambiti europei ed internazionali – per la cooperazione allo sviluppo e per il sostegno al rafforzamento delle istituzioni palestinesi nonché per rafforzare la cooperazione e la comprensione nel più vasto quadro mediterraneo e mediorientale, la pace, la sicurezza e lo sviluppo umano, sociale ed economico;
    la comunità internazionale deve garantire, in particolare in Europa, il pieno contrasto ad ogni rigurgito di violenza ed intolleranza nei confronti dei cittadini e delle comunità ebraiche che già hanno conosciuto, nel corso della storia, persecuzioni e, nel nostro Continente, un vero e proprio genocidio. I recenti episodi di antisemitismo, razzismo e xenofobia richiedono di riaffermare con forza che l'ebraismo è parte integrante dell'identità europea e che l'Europa è anche la casa degli ebrei,

impegna il Governo:

   a continuare a sostenere in ogni sede l'obiettivo della costituzione di uno Stato palestinese che conviva in pace, sicurezza e prosperità accanto allo Stato di Israele, sulla base del reciproco riconoscimento e con la piena assunzione del reciproco impegno a garantire ai cittadini di vivere in sicurezza al riparo da ogni violenza e da atti di terrorismo;
   a promuovere il riconoscimento della Palestina quale Stato democratico e sovrano entro i confini del 1967 e con Gerusalemme quale capitale condivisa, tenendo pienamente in considerazione le preoccupazioni e gli interessi legittimi dello Stato di Israele;
   a ricercare, a tal fine, un'azione coordinata a livello internazionale, e in particolare in seno all'Unione europea ed alle Nazioni Unite, in vista di una soluzione globale e durevole del processo di pace in Medio Oriente fondata sulla esistenza di due Stati, palestinese ed israeliano;
   ad attivarsi per sostenere e promuovere il rilancio del processo di pace tramite negoziati diretti fra le parti.
(1-00745) «Speranza, Locatelli, Marazziti».
(26 febbraio 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    è indispensabile una strategia generale che porti a una situazione nuova nel Medio Oriente dove sussistono conflitti in parte autonomi l'uno dall'altro, come quelli esplosi in Iraq e in Siria e determinatisi per la crisi di questi Stati e per la conseguente affermazione dell'Isis; il conflitto libico verificatosi in seguito all'eliminazione di Gheddafi senza che fosse maturato un nuovo equilibrio politico; le complesse problematiche causate dal dramma di un enorme numero di immigrati che opprime Paesi come la Giordania e il Libano; lo scontro israeliano-palestinese;
    in questo quadro il conflitto israeliano-palestinese è attualmente segnato da un armistizio che non elimina il rischio di una ripresa delle ostilità e che comunque non risolve in modo stabile e positivo la vicenda;
    le drammatiche conseguenze di carattere umanitario, politico e sociale del conflitto israeliano-palestinese costituiscono fonte di allarme e di preoccupazione. La necessità di una pacificazione è resa ancora più ineludibile dall'avanzata del fondamentalismo islamico che pratica il terrorismo in forme particolarmente efferate in Siria e in Iraq, che tende ad esportarlo in molti altri Paesi, colpendo contemporaneamente il resto del mondo islamico, gli ebrei, i cristiani, i credenti in altre religioni;
    di fronte allo stallo negoziale è auspicabile che la comunità internazionale dia un proprio contributo come mediazione costruttiva tra le parti e non con decisioni unilaterali che potrebbero determinare esiti controproducenti;
    la formula dei due Stati per due popoli conserva piena validità e si fonda sulla parallela esigenza di assicurare la compiuta realizzazione dello Stato palestinese e la sicurezza di quello israeliano;
    è interesse strategico dell'Italia e dell'Europa contribuire alla pacificazione nel Medio Oriente nell'ottica della stabilizzazione della regione mediterranea e dell'intensificazione della cooperazione con gli Stati rivieraschi;
    lo Stato di Israele, pur fra contraddizioni ed errori, rappresenta nel Medio Oriente un insediamento di reale democrazia, è caratterizzato da un profondo pluralismo delle idee e delle posizioni, svolge un ruolo assai importante nella lotta a ogni forma di terrorismo ed esprime una storia dell'ebraismo che va rispettata e tutelata in contrapposizione a ogni forma di antisemitismo. È necessario che lo Stato d'Israele non proceda negli insediamenti;
    la costituzione dello Stato palestinese è un obiettivo condivisibile anche per dare una soluzione positiva a una lunga storia di battaglie politiche e di sofferenze. Perché esso sia compiutamente conseguito è necessario tuttavia un accordo fra le due parti in campo. Altrettanto necessario per il riconoscimento dello stato palestinese è che si arrivi ad una reale intesa politica tra Al-Fatah e Hamas che implichi il riconoscimento dello stato d'Israele e l'abbandono della violenza come strumento di soluzione del conflitto; riconoscere per essere riconosciuti è un'equazione ineludibile;
    un corretto processo di pace passa attraverso la libera e sincera condivisione delle responsabilità fra le parti, favorita in tutti i modi dall'Unione europea, dagli Usa e dall'Italia;
    in questo drammatico contesto merita di essere valorizzata la sensibilità che stanno dimostrando i Paesi arabi moderati, dall'Egitto alla Tunisia, dalla Giordania, al Marocco, dall'Algeria agli Emirati Arabi Uniti. Essi stanno svolgendo un ruolo essenziale nel contrapporsi alle correnti fondamentaliste e nell'operare in funzione di una pacificazione. È auspicabile che nel futuro lo stesso ruolo sia svolto anche da altri Stati di grande rilievo quali la Turchia e l'Arabia Saudita, e che in Iran prevalgano le tendenze riformiste,

impegna il Governo:

   a sostenere sia in sede bilaterale che multilaterale, di concerto con i partner europei, la tempestiva ripresa del negoziato diretto fra israeliani e palestinesi, come via maestra per la realizzazione degli Accordi di Oslo;
   a promuovere il raggiungimento di un'intesa politica tra Al-Fatah e Hamas che, attraverso il riconoscimento dello Stato d'Israele e l'abbandono della violenza, determini le condizioni per il riconoscimento di uno Stato palestinese;
   a promuovere in seno all'Unione europea un'azione più determinata sulla crisi del Medioriente ripristinando l'inviato speciale per il processo di pace ma soprattutto prospettando a entrambe le parti i vantaggi di un partenariato speciale con la stessa Unione, una volta che fosse concluso il conflitto.
(1-00746)
«Alli, Rabino, De Girolamo, Mazziotti Di Celso, Cicchitto, Dorina Bianchi, Pizzolante, Scopelliti, Causin, Sammarco».
(26 febbraio 2015)

INTERPELLANZE URGENTI

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   nell'aprile 2014, un cartello di organizzazioni composto essenzialmente da genitori di persone con disabilità intellettiva, riunite nell'Utim (Unione per la tutela delle persone con disabilità intellettiva) e nell'associazione «Promozione Sociale», hanno presentato, nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri, due ricorsi al Tar del Lazio contro il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, riguardante il «Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)»;
   l'11 febbraio 2015, la prima sezione del tribunale amministrativo regionale ha accolto, sia pure parzialmente, i sopraddetti ricorsi con le sentenze n. 2454, n. 2458 e n. 2459, che, di fatto, modificano parzialmente l'impianto di calcolo dell'indicatore della situazione reddituale, cioè di una delle due componenti dell'ISEE, previsto dall'articolo 4 del sopraddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
   sostanzialmente i dispositivi delle sentenze del Tar, escludono dal computo dell'indicatore della situazione reddituale i «trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche» (articolo 4, comma 2, lettera f), ossia in pratica le pensioni, gli assegni, le indennità per minorazioni civili, gli assegni sociali, le indennità per invalidità sul lavoro, gli assegni di cura e altro;
   non si può che concordare sul principio generale che le provvidenze assistenziali non possono essere considerate alla stregua dei redditi. Fin dall'esame dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di revisione dell'ISEE, presentato per il parere alla Camera dei deputati il 9 luglio 2013, gli interpellanti avevano evidenziato il forte rischio di iniquità e «ingiustizia» contenuto nelle previsioni che considerano, a tutti gli effetti, come reddito ai fini ISEE, provvidenze assistenziali riservate agli invalidi civili, ciechi e sordi, compresa l'indennità di accompagnamento e l'indennità di comunicazione fino ad oggi erogate a prescindere da qualsiasi reddito, nonché indennità percepite a titolo di risarcimento, come nel caso di inabilità per infortunio sul lavoro o per malattia professionale;
   tra le motivazioni addotte dal Tar, si legge tra l'altro: «Non è dato comprendere per quale ragione, nella nozione di “reddito”, che dovrebbe riferirsi a incrementi di ricchezza idonei alla partecipazione alla componente fiscale di ogni ordinamento, sono stati compresi anche gli emolumenti riconosciuti a titolo meramente compensativo e/o risarcitorio a favore delle situazioni di “disabilità”, quali le indennità di accompagnamento, le pensioni INPS alle persone che versano in stato di disabilità e bisogno economico»;
   inoltre una delle tre sentenze ha anche ritenuto che fosse illegittima la differenza tra le franchigie previste per i maggiorenni con disabilità/non autosufficienti e quelle, più alte, previste per i minori con disabilità/non autosufficienti (articolo 4, lettera d), nn.1, 2 e 3);
   la sentenza n. 2459 del 2015, peraltro, censura la disposizione che prevede che l'opportunità di ricorrere all'ISEE ridotto (personale o proprio e del coniuge) sia riservata ai soli disabili maggiorenni e non invece anche ai minorenni, creando così una disparità di trattamento –:
   se non si intenda provvedere alle opportune modifiche e integrazioni al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, al fine di adeguarlo e renderlo coerente con quanto stabilito dal Tar del Lazio.
(2-00861)
«Nicchi, Paglia, Albini, Argentin, Matarrelli, Scotto».
(24 febbraio 2015)

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   in data 31 gennaio 2015, a causa del maltempo il fiume Sele ha esondato per l'ennesima volta, allagando la piana del territorio salernitano da cui prende il nome, determinando l'allagamento di centinaia di abitazioni e la conseguente evacuazione degli abitanti, danni ingenti alle infrastrutture, al patrimonio storico-artistico nonché alle attività agricole e zootecniche presenti che prefigurano risarcimenti per un importo pari a svariati milioni di euro;
   l'esondazione rappresenta l'ennesimo disastro annunciato per il quale i costi di risarcimento e per riparare i danni saranno sicuramente maggiori rispetto a quelli che dovevano essere impegnati per le necessarie attività di prevenzione, mitigazione e manutenzione da predisporre con urgenza dopo le esondazioni già avvenute nel 2010 e successivamente nel 2013;
   le cause principali dell'esondazione sono sicuramente da ricercare nella mancata manutenzione dell'alveo del fiume, nella presenza di detriti, tronchi di albero e materiali vari, che impediscono il regolare deflusso delle acque fluviali, nonché nell'innalzamento dell'alveo del fiume che in alcuni punti ha raggiunto il livello degli argini, i quali si presentano privi di manutenzione e con diverse rotture dovute ad eventi franosi e all'insediamento di tane di volpe e di nutria;
   è sempre più urgente intervenire con opere di ripristino dell'officiosità del corso d'acqua principale e di quelli secondari, prendendo atto che a nulla sono serviti gli appelli più volte rivolti alle autorità territoriali competenti affinché si provvedesse, con urgenza, a risolvere gli annosi problemi degli argini e dell'alveo del fiume, non ultima, la missiva indirizzata al prefetto di Salerno e alla protezione civile della provincia di Salerno nell'ottobre 2014;
   a marzo 2014 da notizie di stampa si era appreso dello stanziamento di 1.200.000 euro di fondi, ottenuti per l'alluvione del Sele volti al rafforzamento degli argini del rio Ciorlitto, importante affluente che contribuisce ad alimentare le cause degli eventi alluvionali alla confluenza con il Sele, dell'inizio del piano di monitoraggio e dell’iter amministrativo della gara per l'affidamento dei lavori;
   dal sito istituzionale del Consorzio bonifica Paestum si apprende la pubblicazione di una aggiudicazione definitiva del «Primo stralcio urgente dei lavori per il ripristino arginale del Rio Ciorlitto - Rio La Lama e sistemazione affluente collettore acque Salse per prevenire l'allagamento della frazione Gromola del Comune di Capaccio (SA)», ma non risultano disponibili i documenti originali nonché la data di scadenza;
   nella legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) il Fondo per le emergenze nazionali (cap. 7441), che disponeva di 140 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2015-2017, è stato ulteriormente finanziato con una quota di 60 milioni di euro, rimanendo tali risorse acquisite al bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri nell'anno 2015 –:
   se si ritenga urgente procedere ad acquisire ogni utile informazione per conoscere con certezza lo stato di attuazione del piano di monitoraggio del fiume Sele, al fine di procedere, con la massima urgenza, all'attuazione del progetto relativo agli interventi di asportazione di materiali dall'alveo del fiume e alle attività di manutenzione straordinaria delle sponde ripariali e degli argini;
   se l'amministrazione regionale abbia proceduto alla richiesta del riconoscimento dello stato di emergenza, dato il continuo verificarsi di esondazioni e allagamenti che continuano a creare gravi difficoltà e disagi alle popolazioni e alle attività economiche del territorio del bacino del fiume Sele;
   se si ritenga necessario, affinché si eviti una nuova catastrofe annunciata, procedere a finanziare con le risorse afferenti al Fondo per le emergenze nazionali, fermo restando quanto previsto dalle finalità e dalle norme tecniche dei piani di bacino, le opere di ripristino dell'officiosità del corso d'acqua del fiume Sele e dei suoi affluenti, comprendenti la rimozione di materiali litoidi dagli alvei, ma anche la manutenzione e il consolidamento degli argini, la pulizia e la rinaturalizzazione delle sponde fluviali;
   se si ritenga necessario, al fine di interrompere l'ingiustificata inerzia amministrativa e recuperare le risorse finanziarie non impiegate, provvedere, per il tramite della struttura tecnica di missione costituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, al recupero dei fondi non spesi e avviare con urgenza gli interventi necessari nonché quelli previsti dagli strumenti di pianificazione e programmazione vigenti.
(2-00837)
«Capozzolo, Tino Iannuzzi, D'Incecco, Borghi, Sgambato, Capone, Ragosta, Valiante, Donati, Morani, Dallai, Benamati, Migliore, Famiglietti, Cardinale, Rostan, Fregolent, Pastorino, Tartaglione, Zardini, Sani, Paris, Impegno, Capodicasa, Braga, Barbanti, Pisano, Carra, Covello, Grassi, Fiorio, Oliverio, Salvatore Piccolo».
(10 febbraio 2015)

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   il rischio idrogeologico è divenuto una perdurante emergenza nazionale, corroborata da dati statistici, analisi scientifiche e dal verificarsi di gravi eventi destinati a ripetersi con allarmante ricorrenza;
   è sufficiente esaminare le aree che circondano gli alvei fluviali per rendersi conto della crescente occupazione delle zone di espansione naturale dei corsi d'acqua con abitazioni, insediamenti industriali, produttivi e commerciali e attività agricole e zootecniche;
   la progressiva urbanizzazione e l'impermeabilizzazione di tutte quelle aree dove un fiume in caso di piena può espandersi liberamente hanno presentato e rappresentano una delle principali cause del dissesto idrogeologico italiano;
   purtroppo, frequentemente gli interventi di difesa idraulica continuano a seguire filosofie tanto vecchie quanto evidentemente inefficaci: in molti casi vengono realizzati argini senza un serio studio sull'impatto che possono portare a valle, vengono cementificati gli alvei e alterate le dinamiche naturali dei fiumi; soprattutto, troppo spesso le opere di messa in sicurezza si trasformano in alibi per continuare a costruire;
   in Lombardia, nella giornata del 12 novembre 2014, il fiume Seveso è nuovamente esondato creando panico tra gli abitanti delle aree attraversate dal fiume, causando danni a immobili, negozi, uffici, scantinati e trascinando le proprie acque inquinate nelle aree abitate fino ad una stazione ferroviaria; per fronteggiare tale emergenza sono stati programmati degli interventi di sicurezza idraulica che prevedono la realizzazione di grandi opere idrauliche fortemente impattanti sul territorio, quali per esempio le vasche di laminazione presso il comune di Senago o presso il parco nord Milano, anziché interventi contenuti e diffusi per la regimentazione ed il disinquinamento del fiume;
   la vasca di laminazione è un'opera idraulica volta alla realizzazione di un ampio bacino scavato in profondità per permettere il contenimento delle acque che, in caso di piena, il fiume non è in grado di contenere nel suo alveo;
   in Campania, nell'ambito degli interventi del Governo ricompresi, nel grande progetto per il completamento della riqualificazione e recupero del fiume Sarno, è stata prevista la realizzazione di vasche di laminazione, con il rischio che la miscela di acqua, detriti e sostanze inquinanti trascinata fuori dal letto del fiume venga trattenuta nelle vasche di laminazione e lasciata a ristagnare nelle vasche in prossimità di aree coltivate;
   ai considerevoli impatti ambientali di realizzazione dell'opera si sommano le elevate criticità strutturali e di gestione di tali impianti che si traducono in ulteriori esternalità negative di rilevante impatto per l'ambiente e la tutela della biodiversità e della salute dei cittadini: ulteriore consumo di suolo in zone a destinazione agricola, ristagno e accumulazione di inquinanti nella vasche di laminazione, per lo più situate a ridosso di aree coltivate, potenziale alterazione di habitat ed ecosistemi, interferenze con le acque di falda e altro;
   sotto il profilo funzionale si tratta di interventi volti ad arginare situazioni emergenziali di piena che, pur richiedendo consistenti e costosi interventi di manutenzione, sono estranei ad una prospettiva di gestione programmata e monitorata dei fenomeni alluvionali che dovrebbe, invece, essere perseguita attraverso interventi strutturali alternativi più efficaci – che riguardino il sistema fognario, la rete degli impianti di depurazione delle acque, la manutenzione ordinaria e straordinaria del reticolo idrografico esistente, la prevenzione degli scarichi musivi attraverso il capillare esercizio dei poteri di vigilanza e sanzione – tali da consentire un graduale processo di rinaturalizzazione dei torrenti, nel rispetto del principio di invarianza idraulica;
   le vasche di laminazione sono opere consistenti che richiedono elevati costi di realizzazione e di manutenzione, per appalti che diventano facile appannaggio di grandi aziende, spesso in forma di associazioni temporanee di imprese, rischiando di ledere i principi della concorrenza e della correttezza nelle procedure di affidamento dei lavori –:
   se il Governo non ritenga necessario adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, affinché nelle aree ad alto rischio di dissesto idrogeologico siano posti in essere piani di manutenzione ordinaria degli alvei fluviali, provvedendo ad una corretta applicazione del principio di invarianza idraulica nel territorio circostante e, qualora si debba optare per la residuale soluzione delle vasche di laminazione, se intenda assumere iniziative per stabilire delle linee guida con le quali, in ogni caso, prevedere:
    a) il divieto di costruzione delle vasche in terreni agricoli, aree protette e aree verdi non impermeabilizzate;
    b) la localizzazione delle opere in via prioritaria su terreni da bonificare o già impermeabilizzati;
    c) che le vasche di laminazione siano realizzate esclusivamente in collegamento con corsi fluviali che rispettano la normativa europea sulla qualità delle acque fluviali;
    d) che, a seguito di contaminazione delle falde acquifere a causa del malfunzionamento delle vasche, i costi di bonifica siano posti a carico delle aziende aggiudicatrici degli appalti;
    e) che siano stipulate dalle aziende polizze fideiussorie, per questi interventi, tali da coprire il possibile rischio ambientale derivante dal malfunzionamento delle opere stesse per almeno 15 anni.
(2-00847)
«De Rosa, Micillo, Busto, Daga, Mannino, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli, Spessotto, Cozzolino, Toninelli, Dadone, Dieni, D'Ambrosio, Nuti, Ferraresi, Bonafede, Businarolo, Agostinelli, Colletti, Sarti, Simone Valente, Marzana, Brescia, D'Uva, Di Benedetto, Luigi Gallo, Vacca, Paolo Nicolò Romano, Cominardi, Dall'Osso, Rizzo, Tofalo».
(17 febbraio 2015)

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   il Corpo forestale dello Stato è una delle cinque forze di polizia italiane, ad ordinamento civile e con funzioni di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza, dipendente dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali della Repubblica italiana;
   nato nel 1822, è specializzato nella difesa del patrimonio agro-forestale italiano, nella tutela dell'ambiente, del paesaggio e del controllo sulla sicurezza della filiera agroalimentare e concorre all'espletamento di servizi di ordine e sicurezza pubblica, nonché al controllo del territorio, con particolare riferimento alle aree rurali e montane;
   il Corpo forestale dello Stato originariamente aveva un ruolo di salvaguardia delle aree boschive, tuttavia ha acquisito, nel corso della sua storia, molteplici funzioni, anche al di fuori di tale ambito, come il contesto di difesa dell'ambiente e del territorio, della salute umana, di tutela degli animali, della flora e del patrimonio paesaggistico, di controllo sulle produzioni agro-alimentari, di conservazione della biodiversità e delle aree protette terrestri e marine;
   tra le competenze del Corpo forestale dello Stato si annoverano anche le operazioni di controllo sul traffico dei rifiuti (repressione dei traffici illeciti e degli smaltimenti illegali dei rifiuti) e sugli inquinamenti (tutela delle acque dall'inquinamento e del reato di danno ambientale);
   sia nelle regioni a statuto ordinario che in quelle a statuto speciale, il Corpo forestale dello Stato è presente nelle sezioni di polizia giudiziaria presso le procure ed i tribunali nonché, con alcuni nuclei, nell'ambito delle direzione investigativa antimafia;
   il personale del Corpo forestale dello Stato ammonta a circa 8.500 unità ed è dislocato su tutto il territorio nazionale ad eccezione delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano, nelle quali operano corpi forestali autonomi e dove sono comunque presenti delle sezioni di polizia giudiziaria presso le procure ed i tribunali;
   da notizie stampa si apprende di una progressiva riduzione dei finanziamenti destinati al Corpo forestale di Stato, tali da metterne in seria discussione l'effettività di personale e l'efficacia operativa;
   eclatante è il mancato rifinanziamento del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, recante disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate, convertito, con modificazioni dalla legge n. 6 del 2014, che prevede tra l'altro il monitoraggio dei terreni agricoli e la loro messa in sicurezza, operando di fatto un taglio di quasi 4 milioni di euro che va ad incidere direttamente sulla salute dei cittadini;
   ai tagli di cui al punto precedente occorre sottrarre ulteriori 5 milioni di euro dai capitoli di bilancio operativi dei «Forestali» operati dall'ultima legge di stabilità (2015);
   in questi anni il Corpo forestale dello Stato ha operato attivamente in diversi scenari sempre mostrandosi all'altezza della situazione e nell'assoluto interesse della sicurezza dei cittadini, come dimostrato dallo sforzo messo in campo nella tristemente nota «Terra dei Fuochi», dove, assieme all'Arpa Campania, il Corpo forestale dello Stato ha avviato un puntuale monitoraggio dei terreni oltre che alla supervisione dei lavori di bonifica;
   la «Terra dei Fuochi» è soltanto la «punta di un iceberg» visto che i fenomeni delle discariche abusive sono presenti purtroppo in tutta Italia e proprio in quest'ambito il Corpo forestale dello Stato ha sviluppato una capacità di indagine altamente professionale e dimostrata nelle azioni investigative di Pitelli (La Spezia), Porto Marghera (Venezia) e del Metaponto;
   la questione dello smaltimento illecito dei rifiuti in Italia coinvolge la malavita organizzata anche di stampo camorristico;
   è opinione degli interpellanti che le risorse non andrebbero tagliate ma almeno mantenute con l'unico obiettivo di rendere più efficiente il sistema di controllo e messa in sicurezza ambientale e forestale –:
   se il Ministro interpellato confermi questo andamento di una progressiva diminuzione dei finanziamenti al Corpo forestale dello Stato e se ciò sia o meno coerente con i principi di tutela e salvaguardia del patrimonio agro-silvo-pastorale italiano, nonché della salute e della sicurezza umana;
   quali iniziative intenda assumere, anche di carattere normativo, per sopperire all'eventuale vacanza dell'apporto investigativo e di controllo operato in questi decenni dal Corpo forestale dello Stato sul territorio nazionale, a seguito di quelli che gli interpellanti giudicano tagli irragionevoli ed indiscriminati.
(2-00858)
«Massimiliano Bernini, Luigi Di Maio, Nesci, Ciprini, Gallinella, Frusone, Villarosa, Lombardi, L'Abbate, Gagnarli, Parentela, Benedetti».
(24 febbraio 2015)

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno e il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   nel marzo 2013 è stato indetto il concorso pubblico, per titoli ed esami, per il reclutamento di n. 964 allievi agenti della polizia di Stato, riservato ai sensi dell'articolo 2199, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale, i quali, se in servizio, abbiano svolto alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda almeno sei mesi in tale stato o, se collocati in congedo, abbiano concluso tale ferma di un anno. Di questi:
    a) n. 804 candidati saranno nominati allievi agenti della polizia di Stato ed ammessi direttamente alla frequenza del prescritto corso di formazione, fermo restando il completamento della ferma prefissata di un anno;
    b) n. 160 candidati saranno nominati allievi agenti della polizia di Stato ed ammessi alla frequenza del prescritto corso di formazione dopo aver prestato servizio nelle Forze armate in qualità di volontari in ferma prefissata quadriennale (denominati anche, volgarmente, in «seconda aliquota»);
   il 13 dicembre 2013 è stato pubblicato un nuovo elenco, a seguito di rettifica della graduatoria finale e ampliamento, in prima aliquota, di 119 posti, dei candidati risultati idonei alle prove di efficienza fisica ed agli accertamenti dell'idoneità fisica, psichica ed attitudinale, con la relativa posizione in graduatoria ed il voto finale risultante dalla somma dei voti della prova scritta e della valutazione titoli. Prima aliquota: dal n. 1 al n. 923; seconda aliquota: dal n. 924 al n. 1.083. Coloro i quali occupavano le restanti posizioni, ivi compreso l'ultimo candidato giudicato idoneo, ovvero dal n. 1084 al n. 1598, venivano considerati «idonei non vincitori» utili per un eventuale ripianamento posti (in caso di rinunce);
   entro la fine del mese di dicembre 2013 iniziava il 189esimo corso allievi agenti presso le scuole di formazione della polizia di Stato, reclutando i primi 923 idonei vincitori in ordine di graduatoria, della durata di 12 mesi;
   la cosiddetta «seconda aliquota» (160 unità), invece, rimaneva in attesa di reclutamento presso le Forze armate, quindi in attesa di disposizioni da parte del Ministero della difesa;
   contemporaneamente, iniziava il malcontento del contingente degli idonei non vincitori, dal momento che, se da una parte avevano superato tutte le fasi previste dal concorso per risultare nella graduatoria finale, da un'altra, invece, non avevano diritto a indossare la celeberrima divisa blu e amaranto in quanto il numero di vincitori previsto dal bando si limitava fino alla posizione n. 964 (poi successivamente modificata fino alla n. 1083). Iniziava, così, una vera e propria battaglia ai fini dell'assunzione da parte dei non vincitori (672 in totale), sostenuta dagli interpellanti, cominciando, dopo qualche mese, a smuovere anche gli animi in ambito politico, sindacale, nonché mezzi di informazione attraverso giornali, televisione e radio. La proposta prevedeva il reclutamento di n. 672 unità così suddivise:
    a) n. 512 candidati nominati allievi agenti della polizia di Stato ed ammessi direttamente alla frequenza del prescritto corso di formazione, fermo restando il completamento della ferma prefissata di un anno (quindi in ordine di graduatoria, dal n. 924 al n. 1436);
    b) n. 160 candidati nominati allievi agenti della polizia di Stato ed ammessi alla frequenza del prescritto corso di formazione dopo aver prestato servizio nelle Forze armate in qualità di volontari in ferma prefissata quadriennale (denominati anche, volgarmente, in «seconda aliquota», dal n. 1437 al n. 1598 in ordine di graduatoria);
   tutto ciò pur di rispettare quelle che erano le regole del bando di concorso, altrimenti, se fosse stata chiesta l'assunzione direttamente nella polizia di Stato solo e soltanto degli ultimi 512 in ordine di graduatoria, sarebbero stati «saltati» coloro i quali precedevano ed erano vincitori in seconda aliquota (dal n. 924 al n. 1.083). Una disparità che nessuno mai avrebbe accettato;
   si realizzava, quindi, lo scorrimento della graduatoria del concorso in oggetto, quindi il reclutamento di 672 unità, con decorrenza giuridica dal 1o settembre 2014, ferma restando la seconda aliquota. I dettagli sono consultabili al link http://img.poliziadistato.it;
   il 16 settembre 2014 le scuole allievi agenti polizia di Stato di Alessandria e Brescia reclutavano 512 allievi. Il contingente di 160 unità, invece, rimaneva in attesa di disposizioni in quanto, come si evince dal decreto sopracitato, l'elenco dei nominativi veniva trasmesso dal Ministero dell'interno al Ministero della difesa;
   l'attesa infinita dei 160 iniziava proprio quel giorno. Infatti, nonostante siano trascorsi diversi mesi, a tutt'oggi gli interessati attendono una data d'inizio per quanto riguarda il reclutamento in una forza armata –:
   quando avverrà il reclutamento;
   quali siano le misure che il Governo intende adottare affinché non venga pregiudicata l'incolumità psico-fisica dei candidati, durante il periodo quale «VFP4» (volontario in ferma prefissata di 4 anni), al fine di garantire con successo il futuro reclutamento nella polizia di Stato.
(2-00849) «Fedriga, Molteni».
(17 febbraio 2015)

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   il 13 giugno 2014 il Consiglio dei ministri ha deliberato la nomina, su proposta dei Ministro interpellato, del prefetto Umberto Postiglione a direttore dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc);
   ai sensi dell'articolo 111 del decreto legislativo n. 159 del 2011, comunemente conosciuto come codice antimafia, organi dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata sono il direttore, il consiglio direttivo composto dallo stesso direttore, da un magistrato designato dal Ministro della giustizia, un magistrato designato dal procuratore nazionale antimafia, due qualificati esperti in materia di gestioni aziendali e patrimoniali designati, di concerto, dal Ministro dell'interno e dal Ministro dell'economia e delle finanze, e il collegio dei revisori dei conti;
   a seguito di un atto di sindacato ispettivo rivolto dalla prima firmataria del presente atto per chiedere chiarimenti sulla mancata designazione del consiglio direttivo dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, nel novembre 2014, il rappresentante del Ministero dell'interno rispondeva che per «l'esigenza del rispetto del principio della parità di genere» il Governo non aveva ancora individuato la composizione del consiglio direttivo;
   a distanza di oltre otto mesi dalla nomina del prefetto Postiglione, si rileva che l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, nonostante la nomina dei componenti del consiglio direttivo, avvenuta solo nel mese di gennaio 2015, appare ulteriormente indebolita a seguito della notizia di indagine per mafia che ha interessato uno dei suoi membri conducendolo ad autosospendersi dall'incarico conferitogli appena un mese prima;
   il 18 febbraio 2015, in occasione del seminario «La riforma del codice antimafia: la relazione della Commissione antimafia e i progetti di legge all'esame parlamentare» promosso dalla stessa Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre organizzazioni criminali, anche straniere, è stato denunciato il drastico gap esistente tra il numero di beni confiscati alla criminalità organizzata, che nel 2014 ammonterebbe a 12.994, e il numero di beni effettivamente riutilizzati. Nella medesima occasione il direttore dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata – secondo quanto riportato dal quotidiano Avvenire in data 19 febbraio 2015, a pagina 11 – avrebbe denunciato: «dispongo di una struttura sotto dotata, composta da 80 persone, alcune con le competenze che servono, altre no. Certo, se avessi altre due sedi oltre alla cinque attuali e altri 50 lavoratori competenti, mi sentirei più tranquillo» –:
   se il Governo non ritenga di assumere le dovute iniziative volte a verificare quanto denunciato dal direttore Postiglione in merito all'inadeguatezza e alla non competenza di buona parte della struttura dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, al fine di rendere maggiormente efficace l'attività della stessa Agenzia e soprattutto quella delle forze dell'ordine impegnate nella lotta e nello sradicamento della criminalità organizzata;
   se il Governo condivida quanto dichiarato dal prefetto Postiglione o, contrariamente, se quest'ultimo goda ancora della fiducia da parte del Ministro interpellato e del Governo in merito alla carica di direzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
(2-00860)
«Dadone, D'Uva, Nuti, Sarti, Villarosa».
(24 febbraio 2015)

G)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   durante la riunione dei Ministri della difesa della Nato tenutasi a Bruxelles il 5 febbraio 2015 è stato deciso, nell'ambito della crisi in corso in Ucraina, un forte rafforzamento del dispositivo militare schierato ai confini orientali dell'Alleanza Atlantica;
   tale rafforzamento comprende di portare da 13.000 a ben 30.000 gli effettivi della Nato Response Force (NRF) che sarà guidata a rotazione da Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Polonia e Spagna, definite «nazioni framework»;
   i dettagli tecnici per l'ampliamento della Nato Response Force saranno definiti dal Comando Nato di Bruxelles entro il prossimo mese di giugno 2015, mentre la piena operatività della Nato Response Force rafforzata sarà raggiunta dopo il vertice Nato di Varsavia previsto per il giugno 2016;
   tra le misure di rafforzamento della Nato Response Force è stata decisa la creazione di una forza d'intervento rapida capace di essere schierata in sole 48 ore e denominata Very High Readiness Joint Task Force (VJTF);
   la VJTF sarà composta da circa 5.000 militari, incentrata su una brigata composta da 5 battaglioni di manovra e sopportata da forze aeree e navali;
   in caso di crisi maggiori la VJTF potrà essere rafforzata da ulteriori due brigate con capacità di dispiegamento rapido;
   la VJTF sarà una forza multinazionale, ma il suo corpo principale sarà fornito dalla «nazione framework» che in quel momento, in base alla rotazione annuale, avrà il comando della Nato Response Force;
   durante l'anno precedente all'attivazione come VJTF, ciascuna brigata sarà impegnata nella necessaria attività addestrativa e di certificazione, pur rimanendo dispiegabile in caso di necessità; nell'anno successivo alla sua attivazione la brigata resterà in riserva per un eventuale rinforzo della brigata VJTF attiva in quel momento, pur restando impiegabile per altri scopi in caso di necessità;
   la VJTF potrà contare su sei comandi denominati Nato Force Integration Unit (NIUF) che saranno costituiti rispettivamente in Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania e destinati ad «accogliere» la VJTF in caso di attivazione e a gestirne il dispiegamento;
   come spiegato dal Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, i Nato Force Integration Unit «assicureranno che le forze nazionali e NATO, ovunque si trovino, possano agire subito», «essi renderanno ancora più rapidi i dispiegamenti, supporteranno la difesa collettiva e aiuteranno a coordinare l'addestramento e le esercitazioni»;
   i Nato Force Integration Unit saranno costituiti per metà da personale del Paese ospite e per l'altra metà da personale Nato;
   il primo Paese a guidare la VJTF sarà la Spagna nel 2016 e la prima VJTF sarà composta da una brigata spagnola rafforzata da battaglioni di altri Paesi della Nato;
   il comando della prima VJTF sarà assegnato al Nato Rapid Deployable Corps (NRDC) spagnolo di Bétera (Valencia);
   l'Italia assumerà il comando della VJTF nel 2018 e, dunque, dovrebbe impiegare il comando NARDC-IT di Solbiate Olona (Varese) –:
   come si concretizzerà il contributo italiano alla Nato Response Force rinforzata;
   quali componenti delle Forze armate saranno coinvolte nel contributo alla Very High Readiness Joint Task Force (VJTF);
   come sarà finanziato questo nuovo sforzo militare.
(2-00846) «Artini, Pisicchio».
(17 febbraio 2015)

H)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   al comma 2 dell'articolo 15, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, si pone quale obiettivo quello di assicurare continuità al sostegno degli alunni con disabilità attraverso l'incremento dell'organico di diritto fino alla concorrenza del 90 per cento dell'organico di fatto nel 2014-2015 e del 100 per cento nel 2015-2016, determinato in base ai posti complessivamente attivati nell'anno scolastico 2006-2007 e cioè 90.032 su base nazionale;
   l'organico di fatto attribuito alla provincia di Bari nell'ultimo triennio è stato pari a 2.949, come si evince dalle note dell'ufficio scolastico regionale 11 luglio 2013, n. 4853 e 23 luglio 2014, n. 7899. Tale organico di fatto era costituito da 2387 cattedre in organico di diritto e da 562 cattedre aggiuntive, come risulta dal citato decreto dell'ufficio scolastico regionale della Puglia 23 luglio 2014, n. 7899;
   dei 562 posti aggiuntivi, 542 erano in capo alla scuola secondaria di secondo grado, numero che si ottiene sottraendo dal numero dell'organico di fatto, 983, come da nota 19 luglio 2013 dell'ufficio scolastico provinciale di Bari, il numero delle cattedre in organico di diritto, ovvero 441, come da decreto dell'ufficio scolastico regionale 11 aprile 2014 prot. n. AOODRPU.4089;
   nell'anno scolastico 2013-2014, alla scuola secondaria di secondo grado della provincia di Bari, venivano assegnate 983 cattedre consolidate, di cui 441 di diritto e 542 aggiuntive, mentre agli altri ordini di scuola venivano complessivamente assegnate 1966 cattedre, di cui 1946 in organico di diritto e 20 aggiuntive, con un evidente squilibrio nel riparto nei vari ordini dell'organico di diritto. Di fatto, mentre per la scuola superiore il rapporto, di 441 posti di diritto su 983 posti complessivi dell'organico di fatto, porta al 45 per cento circa di copertura, negli altri ordini si è già raggiunto quasi il 100 per cento, considerando complessivamente il rapporto di 1946 posti di diritto su 1966 di organico di fatto;
   in data 11 aprile 2014 l'ufficio scolastico regionale della Puglia, con proprio decreto n. 4089, ripartiva in questo modo l'incremento dell'organico di diritto attribuito alla provincia di Bari per complessivi 355 posti: 36 alla scuola dell'infanzia, 89 alla primaria, 53 alla secondaria di primo grado ed, infine, 177 alla scuola secondaria di secondo grado, portando i nuovi organici di diritto a 293 cattedre alla scuola dell'infanzia, che con 510 alunni ha un rapporto di un docente per 1,74 alunni (al di sopra della media voluta dalla norma), 1030 cattedre alla primaria per 1785 alunni con un rapporto di un docente per 1,74 alunni, 801 alla secondaria di primo grado per 1404 alunni con un rapporto di un docente per 1,75 alunni, ed infine 618 cattedre alla secondaria superiore per complessivi 1858 alunni con un rapporto di un docente per 3 alunni;
   il provveditore agli studi di Bari con propria nota del 25 luglio 2014, sulla base del citato decreto n. 7899 dell'ufficio scolastico regionale della Puglia, comunicava che le cattedre in organico di fatto delle scuole secondarie superiore non erano più 983, come il precedente anno scolastico, ma 818, tagliando circa 160 cattedre. Una decisione che appare agli interpellanti poco comprensibile se si considera che nella provincia di Bari le iscrizioni degli alunni con disabilità alle scuole secondarie superiori sono aumentate di circa 100 unità, da 1838 (anno scolastico 2013/2014) a 1952 (anno scolastico 2014/2015). Inoltre, il rapporto fra organico di diritto e organico di fatto, pur con la diminuzione di quest'ultimo, non rispetta i parametri imposti dal decreto-legge n. 104 del 2013, visto che si raggiunge la copertura del 75 per cento circa, invece del 90 per cento per l'anno 2014-2015;
   l'ufficio scolastico provinciale di Bari ha convocato il giorno 11, 12 e 15 settembre 2014 i docenti delle aree AD01, AD02, AD03 e AD04 e ha pubblicato in data 10 settembre 2014 le disponibilità delle cattedre per queste aree; da tali disponibilità si evince che le cattedre in prima convocazione risultano essere 223 + 90 spezzoni orari circa, a fronte di numeri ben diversi per l'anno scolastico 2013/2014, ovvero 553 + 81 spezzoni circa in prima convocazione;
   appare chiaro come sarà necessario assegnare ulteriori cattedre per rispettare i rapporti docente/alunni, secondo le normative vigenti, e che queste saranno assegnate con il meccanismo della deroga, creando disagi e ingiustizie, non solo per gli alunni diversamente abili e le loro famiglie, costretti molte volte anche a restare a casa per qualche settimana, ma anche per i docenti precari che dovranno attendere le deroghe per vedere riconosciuto quello che è in realtà un posto consolidato;
   il Tar Puglia, nell'ordinanza n. 42 del 2015, emessa a seguito del ricorso dei docenti, dice con molta chiarezza che «con il contestato modus operandi, l'amministrazione ha in effetti determinato un'artificiosa alterazione dell'ordine di scelta in relazione alle sedi di servizio contemplate negli elenchi di cui si controverte, in palese violazione del criterio meritocratico e con l'effetto aberrante di penalizzare i soggetti collocati in graduatoria in posizione migliore» –:
   se sia a conoscenza della situazione esposta in premessa;
   se non ritenga che si sia verificata una condizione contraria a quanto stabilito dal decreto-legge n. 104 del 2013;
   se non ritenga che questa situazione richieda un intervento immediato per garantire la continuità didattica per gli alunni diversamente abili delle scuole secondarie di secondo grado;
   se non ritenga doveroso intervenire per approfondire e fare luce sulle cause che hanno portato alla riduzione dell'organico di fatto per le scuole superiori di secondo grado della provincia di Bari, a fronte di un aumento della popolazione studentesca.
(2-00828) «Scotto, Fratoianni, Pannarale».
(5 febbraio 2015)

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