TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 416 di Lunedì 27 aprile 2015

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE DI COMPETENZA IN ORDINE ALLA RAZIONALIZZAZIONE DELLA RETE DEGLI UFFICI POSTALI

   La Camera,
   premesso che:
    Poste italiane spa ha presentato il 16 dicembre 2014 il nuovo piano strategico 2015-2019 in cui si prevede la ridefinizione del servizio universale postale in quanto considerato disallineato rispetto ai reali bisogni delle famiglie e non più sostenibile dal punto di vista economico: previsione più che preoccupante vista la missione di società a capitale interamente pubblico che gestisce i servizi postali in una condizione di sostanziale monopolio e che garantisce l'espletamento del servizio universale sulla base di un contratto di programma siglato con lo Stato;
    nei fatti, stando a quanto riferito da fonti sindacali e dagli organi di stampa, la società, che si impegna nel contratto di servizio a raggiungere determinati obiettivi di qualità, tra cui quelli concernenti l'adeguatezza degli orari di apertura degli sportelli rispetto alle prestazioni richieste, ha previsto, a partire dai prossimi mesi, la progressiva chiusura di ben 455 uffici postali a livello nazionale e la riduzione degli orari di apertura in circa 608 uffici, ritenuti «improduttivi» o «diseconomici»;
    questa decisione unilaterale di Poste italiane spa conferma l'orientamento portato avanti dalla società negli ultimi anni che insegue una logica del guadagno puntando su assicurazioni, carte di credito, telefonia mobile e servizi finanziari in genere a scapito delle esigenze della collettività, sacrificando uffici che ritiene non redditizi, senza considerare la loro importanza dal punto di vista sociale e rinnegando la ratio propria del servizio universale, che – a tutela delle esigenze essenziali degli utenti – impone la fornitura del servizio anche in situazioni di fallimento di mercato, caratterizzate da bassi volumi di domanda ed alti costi di esercizio, tali da rendere l'erogazione delle prestazioni strutturalmente non redditiva ed antieconomica;
    si legge nel rapporto della Consob che: «Le verifiche condotte hanno evidenziato che la società si avvale, nello svolgimento dei servizi di investimento, di meccanismi di pianificazione commerciale e di incentivazione del personale fondati sul perseguimento di specifici interessi “di business” (prevalentemente declinati in termini di redditività) che, affiancati da rilevanti pressioni gerarchiche a tutti i livelli della struttura organizzativa, hanno determinato, a valle del processo distributivo, significative distorsioni nella relazione con la clientela»;
    Consob evidenzia criticità nel rapporto con i risparmiatori: 330 mila clienti su 900 mila hanno un profilo di rischio Mifid (gli altri hanno rapporti avviati prima dell'entrata in vigore della norma, replica l'azienda). Ma il 74,5 per cento dei clienti del BancoPosta si classifica sui tre livelli più elevati di «esperienza e conoscenza», soltanto il 5 per cento ha conoscenze minime. I dubbi sono di una profilazione troppo alta che permette di vendere prodotti ad alta complessità e ad alto rischio. Addirittura, l'80 per cento dei clienti sopra i 70 anni, che hanno comprato una polizza index-linked (una forma di investimento che garantisce il capitale e ha un rendimento legato all'andamento di un indice) hanno un orizzonte di investimento superiore ai 7 anni. La società, «a fronte di una specifica richiesta del team ispettivo, non è stata in grado di estrapolare i dati» relativi alla situazione finanziaria effettiva del cliente. E non considera l'età anagrafica per garantire un periodo di investimento adeguato;
    la delibera n. 342/14/Cons dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nel modificare i criteri di distribuzione degli uffici postali, ha disposto specifici divieti nei confronti di Poste italiane spa a tutela degli utenti del servizio postale universale che abitano nelle zone svantaggiate del Paese: in particolare, sono state previste particolari garanzie per i comuni caratterizzati da una natura prevalentemente montana del territorio e dalla scarsa densità abitativa e per le isole minori in cui sia presente un unico presidio postale. La delibera, inoltre, impone a Poste italiane spa di avvisare con congruo anticipo le istituzioni locali sulle misure di razionalizzazione, al fine di avviare un confronto sull'impatto degli interventi sulla popolazione interessata e per individuare possibili soluzioni alternative più rispondenti allo specifico contesto territoriale;
    con riguardo specifico all'esigenza di assicurare un'adeguata copertura del territorio nazionale, «incluse le situazioni particolari delle isole minori e delle zone rurali e montane», la direttiva n. 97/67/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 1997, recante «Regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio», come modificata, da ultimo, dalla direttiva n. 2008/6/CE, sottolinea che «le reti postali rurali, in particolare nelle regioni montuose e insulari, svolgono un ruolo importante al fine di integrare gli operatori economici nell'economia nazionale/globale e al fine di mantenere la coesione sociale e salvaguardare l'occupazione» e si riconosce che «i punti di accesso ai servizi postali nelle regioni rurali e remote possono inoltre costituire un'importante rete infrastrutturale ai fini dell'accesso universale ai nuovi servizi di comunicazione elettronica». Nel successivo considerando si afferma, poi, che «gli Stati membri dovrebbero adottare le misure regolamentari appropriate, per garantire che l'accessibilità ai servizi postali continui a soddisfare le esigenze degli utenti, garantendo, se del caso, un numero minimo di servizi allo stesso punto di accesso e, in particolare, una densità appropriata dei punti di accesso ai servizi postali nelle regioni rurali e remote». Inoltre, nel considerando n. 22, nel sottolineare il contributo significativo che un servizio postale di alta qualità può apportare al conseguimento degli obiettivi di coesione sociale e territoriale, si fa presente che «il commercio elettronico, in particolare, offre alle regioni remote e alle regioni scarsamente popolate nuove possibilità di partecipare alla vita economica»;
    pochi giorni fa Poste italiane spa, nella persona dell'amministratore delegato Francesco Caio, si è ufficialmente impegnata con il Sottosegretario allo sviluppo economico Antonello Giacomelli e il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni Angelo Cardani a coinvolgere regioni e gli enti locali nella fase precedente a quella di razionalizzazione per spiegare come verrà assicurata la tutela del servizio universale per i cittadini, eppure sembra che la chiusura degli uffici sia prevista a partire dal 13 aprile 2015, senza che le amministrazioni locali dei comuni interessati siano state debitamente coinvolte ed informate;
    i servizi postali, in particolare per le famiglie e le imprese, sono fondamentali nello svolgimento di moltissime attività quotidiane, come il pagamento delle utenze, il ritiro del denaro contante da parte dei titolari di conto corrente postale e l'invio di comunicazioni soggette al rispetto perentorio di scadenze, soprattutto quelle di carattere legale. La chiusura degli uffici e la limitazione degli orari di apertura pone, quindi, in seria difficoltà i privati, i turisti e tutto il bacino industriale;
    questa operazione di razionalizzazione si traduce in gravi disservizi, soprattutto per i residenti anziani, che si troveranno a non poter usufruire con la dovuta comodità di servizi essenziali, come il pagamento delle bollette, con la conseguenza di essere costretti a fare lunghe file nei giorni di apertura, ritardare le operazioni o affrontare frequenti e difficili spostamenti. Gli utenti della fascia più debole, quelli di età avanzata, ai quali è già stata negata la possibilità da febbraio 2012 di riscuotere la pensione in contanti e si sono, quindi, visti costretti a lasciare i propri risparmi sui libretti postali, ora si vedono nuovamente danneggiati, non potendo usufruire dei servizi resi dagli uffici periferici, nonostante il regime di servizio universale debba essere finalizzato alla promozione di inclusione sociale di categorie deboli di consumatori;
    l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con la delibera 728/13/Cons, ha manifestato evidenti perplessità sul mantenimento di alcuni servizi all'interno del perimetro del servizio universale, ritenendo che alcuni servizi come la posta assicurata degli invii singoli, la corrispondenza ordinaria degli invii multipli, gli invii di atti giudiziari non dovrebbero essere offerti in regime di esclusiva;
    attualmente, nel nostro Paese, a differenza di quanto accade negli altri Paesi europei, questi prodotti rientrano nel perimetro del servizio universale, godendo dell'esenzione iva qualora forniti da Poste italiane spa, e sono, invece, «ivati» se forniti da operatori diversi, con tutte le conseguenze in termini di limiti alla concorrenza e all'equa competizione tra gli operatori del mercato;
    nel contratto di programma (articolo 2, comma 8), con riguardo all'apertura minima settimanale degli uffici nei comuni con un unico presidio postale, è specificato che «l'apertura deve intendersi effettuata a giorni alterni per un minimo di 18 ore settimanali», che comprendono sia il tempo di accesso del pubblico ai locali, sia quello immediatamente precedente e successivo all'accesso al pubblico (pari ad un massimo di un'ora al giorno), durante il quale vengono espletate attività necessarie a rendere operativo l'ufficio;
    gli uffici postali nelle piccole realtà, soprattutto montane, che vivono spesso condizioni generali di servizio già di per sé disagiate, rappresentano un punto di riferimento e la loro chiusura diventa un problema per tutta la comunità, contribuendo al depotenziamento del territorio e allo spopolamento dei piccoli comuni. Da un'elaborazione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sui dati di Poste italiane spa si evince che il 60 per cento dei 288 comuni privi di un ufficio postale appartiene proprio alla categoria dei comuni rurali e totalmente montani;
    il criterio guida per la distribuzione degli uffici postali stabilito dal decreto ministeriale del 7 ottobre 2008 è costituito, in base alla normativa vigente, dalla distanza massima di accessibilità al servizio, espressa in chilometri percorsi dall'utente per recarsi al presidio più vicino. In particolare, «il fornitore del servizio universale assicura un punto di accesso entro la distanza massima di 3 chilometri dal luogo di residenza per il 75 per cento della popolazione, un punto di accesso entro la distanza massima di 5 chilometri dal luogo di residenza per il 92,5 per cento della popolazione, un punto di accesso entro la distanza massima di 6 chilometri dal luogo di residenza per il 97,5 per cento della popolazione»,

impegna il Governo:

   ad assumere le necessarie iniziative presso Poste italiane spa per fornire una lista dettagliata degli uffici postali coinvolti nella razionalizzazione, specificando per ognuno il rapporto costi/benefici, spread del territorio suddiviso per Nord, Sud e Centro, costi delle locazioni, depositi medi, numero della popolazione servita;
   ad assumere, per quanto di competenza, iniziative conoscitive in merito alla razionalizzazione della rete di uffici postali (chiusura o rimodulazione oraria) da parte di Poste italiane spa, al fine di valutare di volta in volta, in relazione al caso concreto, la portata dei disagi eventualmente arrecati all'utenza, anche in relazione all'età anagrafica della popolazione servita e alle condizioni del trasporto pubblico che collega gli uffici postali, nonché i corrispondenti benefici in termini di miglioramento dell'efficienza complessiva della rete e di riduzione dei costi del servizio universale ricadenti sulla collettività;
   a pubblicare sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze l'ammontare complessivo dei contributi statali erogati negli ultimi cinque anni a Poste italiane spa per l'espletamento del servizio pubblico universale;
   a rivedere, valutato il ridimensionamento del servizio pubblico offerto, l'ammontare dei contributi statali e il persistere delle convenzioni in essere;
   a rendere noti i dati relativi all'ammontare dei depositi postali suddivisi per regione;
   a valutare la possibilità che alcuni servizi, non ritenuti strettamente connessi all'espletamento del servizio universale, vengano offerti non in regime di esclusiva da Poste italiane spa;
   a promuovere un rinvio dell'entrata in vigore del nuovo piano di razionalizzazione di Poste italiane spa previsto per il 13 aprile 2015, in attesa di una concertazione fra la società e le amministrazioni locali coinvolte, finalizzata a valutare l'impatto degli interventi sulla popolazione interessata e la possibile individuazione di soluzioni alternative più rispondenti allo specifico contesto territoriale, così come previsto dalla delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che siano in grado di coniugare le esigenze di equilibrio economico con quelle di tutela dell'utenza.
(1-00755)
«Guidesi, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini, Simonetti».
(3 marzo 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    Poste italiane spa ha presentato il 16 dicembre 2014 il nuovo piano strategico 2015-2019 e nell'ambito di un suo comunicato stampa ha evidenziato che il piano avrebbe previsto un unico gruppo integrato, focalizzato su tre aree: logistica e servizi postali, pagamenti e transazioni, risparmio e assicurazioni, prevedendosi:
   a) un fatturato in crescita verso i 30 miliardi di euro e una profittabilità che dovrebbe tornare a crescere;
   b) investimenti in piattaforme e servizi digitali per circa 3 miliardi di euro, di cui 500 milioni di euro per la sicurezza e la riqualificazione degli uffici postali come luogo di servizio, assistenza e consulenza ai cittadini e alle famiglie;
   c) una crescita nella «logistica pacchi» con l'obiettivo di quota di mercato superiore al 30 per cento nel segmento business to consumer;
   d) lo sviluppo della piattaforma dei pagamenti digitali, incrementando da 20 a 30 milioni di euro le carte di pagamento;
   e) l'ingresso di 8.000 nuove persone (50 per cento di nuove professionalità) e la riqualificazione di 7.000 persone;
   f) la ridefinizione del servizio universale postale in quanto considerato disallineato rispetto ai reali bisogni delle famiglie e non più sostenibile dal punto di vista economico, prima della firma del nuovo contratto di programma 2015-2019 prevista per il mese di marzo 2015;
    nonostante Poste italiane spa riceva significativi contributi da parte dello Stato nell'ambito della legge di stabilità per consentire agli uffici postali periferici di garantire l'erogazione dei servizi postali essenziali, con il citato piano veniva previsto a livello nazionale, nell'ambito dell'avviato processo di privatizzazione, la chiusura e la riduzione degli orari di apertura di centinaia di uffici postali;
    al riguardo appare opportuno rammentare che con la delibera n. 342/14/CONS, che è stata preceduta da una consultazione pubblica, sono stati modificati i criteri di distribuzione degli uffici postali fissati dall'articolo 2 del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 7 ottobre 2008, integrandoli con specifiche previsioni a tutela degli utenti del servizio postale universale che abitano nelle zone remote del Paese. Al fine di garantire un livello di servizio adeguato in tali aree, la delibera introduce specifici divieti di chiusura di uffici postali, di cui Poste italiane spa deve tenere conto nella redazione del piano annuale di razionalizzazione degli uffici postali. La delibera, infatti, prevede particolari garanzie per i comuni caratterizzati da una natura prevalentemente montana del territorio e dalla scarsa densità abitativa e per le isole minori in cui sia presente un unico presidio postale. La delibera, infine, impone a Poste italiane spa di avvisare con congruo anticipo le istituzioni locali sulle misure di razionalizzazione, al fine di avviare un confronto sull'impatto degli interventi sulla popolazione interessata e sulla possibile individuazione di soluzioni alternative più rispondenti allo specifico contesto territoriale;
    nonostante ciò, per mesi si sono diffuse notizie di imminenti decisioni di chiusure di sportelli e uffici in tutta Italia (dalla Toscana all'Emilia-Romagna, dalla Lombardia alla Sicilia, dalla Sardegna all'Abruzzo e in altre regioni);
    la decisione di Poste italiane spa di ridurre il perimetro del servizio universale nei modi anzi descritti, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, confermava la volontà da parte della società di perseguire la mera logica del profitto puntando su assicurazioni, carte di credito, telefonia mobile e servizi finanziari in genere, che nulla hanno a che fare con il servizio universale, a scapito delle esigenze della collettività, chiudendo uffici che ritiene «improduttivi» o «diseconomici», senza considerare che i servizi postali rappresentano un servizio fondamentale per lo svolgimento delle attività quotidiane di numerosissime imprese, famiglie e residenti anziani che si troveranno nella condizione di non poter più usufruire di prestazioni essenziali, quali il pagamento delle bollette o la riscossione della pensione, con la conseguenza di essere costretti a fare lunghe file nei giorni di apertura, ritardare le operazioni o affrontare frequenti e difficili spostamenti nei territori più disagiati;
    non a caso, le proteste da parte dei rappresentanti delle istituzioni regionali e locali non hanno tardato a giungere all'attenzione del Ministero dello sviluppo economico tanto da aver costituito oggetto di specifici incontri tra l'amministratore delegato di Poste italiane spa e il Sottosegretario di Stato con delega alle comunicazioni Giacomelli;
    in particolare, il 12 febbraio 2015, presso il Ministero dello sviluppo economico, si è tenuto un incontro tra il Sottosegretario di Stato, Antonello Giacomelli, l'amministratore delegato di Poste italiane spa, Francesco Caio, e il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Angelo Cardani. La conclusione condivisa raggiunta è stata l'assicurazione, da parte di Poste italiane spa, circa la realizzazione di un confronto con regioni e comuni che precederà la fase attuativa del piano di razionalizzazione degli uffici postali. Poste italiane spa ha inoltre assicurato che il piano di chiusura degli uffici postali, previsto nel 2015, è conforme ai criteri fissati dalla delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e che spetterà all’authority verificare ex post il rispetto degli obblighi previsti dal decreto ministeriale 7 ottobre 2008;
    pertanto, il successivo 19 febbraio 2015 la Conferenza delle regioni e delle province autonome, al fine di discutere il piano industriale, ha incontrato, insieme ai rappresentati dell'Anci, il presidente e l'amministratore delegato di Poste italiane spa, Luisa Todini e Francesco Caio. In questa occasione l'amministratore delegato ha ribadito che il piano industriale dell'azienda comprenderà la chiusura di 450 uffici postali mentre 609 saranno aperti a giorni alterni;
    in tale occasione Francesco Caio ha rivendicato la bontà del piano strategico di Poste italiane spa citando, come possibile soluzione alla chiusura degli uffici postali, il potenziamento del così detto «portalettere telematico», in grado di offrire a domicilio i servizi principali dell'ufficio postale, vale a dire l'accettazione di raccomandate, la ricarica di postepay, l'utilizzo di poste mobile e il pagamento dei bollettini. Ha inoltre ricordato che i pagamenti delle pensioni potranno essere erogati su conti correnti o carte libretto che non richiedono l'accesso agli uffici postali;
    il «portalettere telematico» richiede che si stabilisca un rapporto di conoscenza e fiducia fra l'utente e lo stesso portalettere e che, in mancanza di questo rapporto, l'utenza, come è buona norma suggerita anche dalla Polizia di Stato, non aprirà la porta allo sconosciuto «portalettere telematico» al fine di evitare truffe, furti e rapine da parte di delinquenti oramai specializzati in questo tipo di reati. Il fenomeno appena descritto colpisce maggiormente la popolazione anziana che, secondo le proiezioni demografiche Istat relative al periodo di riferimento 1o gennaio 2011-2065, risulta in aumento. Infatti, gli ultra 65enni aumenteranno fino al 2043, anno in cui oltrepasseranno il 32 per cento. Dopo tale anno, tuttavia, la quota di ultra 65enni si consoliderebbe intorno al valore del 32-33 per cento, con un massimo del 33,2 per cento nel 2056. Il rischio concreto sarà quindi il mancato uso del «portalettere telematico» proprio da parte dell'utenza anziana che, per la ridotta capacità di movimento, ne avrebbe maggiormente bisogno;
    nel corso dell'audizione informale tenutasi presso l'8o Commissione (Lavori pubblici, comunicazioni) del Senato della Repubblica, nella seduta dell'11 marzo 2015, l'amministratore delegato Caio ha segnalato che Poste italiane spa ha effettuato 481 incontri con esponenti di regioni, Anci, prefetti, province e sindaci;
    in tutto il territorio nazionale, sono circa 9.000 i comuni che, direttamente o indirettamente, saranno coinvolti nel piano proposto da Poste italiane spa che, è bene ricordare, si basa su un totale di 1.064 interventi complessivi;
    appare pertanto del tutto evidente che il numero di incontri effettuati da Poste italiane spa risulti essere, per quanto sembra, ancora decisamente esiguo;
    il 7 aprile 2015, Poste italiane spa ha comunicato il differimento dell'attuazione del piano industriale;
    in data 15 aprile 2015, l'amministratore delegato di Poste italiane spa Francesco Caio, intervenendo nell'ambito di un'audizione informale svoltasi presso la Commissione IX (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera dei deputati, ha dichiarato che: «Se non si interviene con piano strategico importante, la prospettiva di tutta la redditività dell'azienda porta alla non sostenibilità nell'insieme di Poste italiane». I ricavi, ha sottolineato Francesco Caio, «sono passati da 21 a 28 miliardi ma il margine operativo è più che dimezzato nello stesso periodo. Sui ricavi registriamo la raccolta delle polizze vita» mentre «sulla componente della redditività incide l'andamento in forte flessione della corrispondenza». Caio ha poi aggiunto che «il piano industriale, messo a punto a dicembre e iniziato a eseguire a gennaio, dà alle Poste nell'orizzonte 2020 un ruolo di motore di sviluppo inclusivo» per il Paese. «Se saremo bravi, dovremmo invertire il trend in cui l'azienda è da qualche anno e tornare alla crescita anche dei margini»;
    è di queste ultime ore la notizia dell'acquisizione da parte di Poste italiane spa del 10,3 per cento della società di gestione del risparmio Anima da Monte dei Paschi di Siena per 215,2 milioni di euro. Un'acquisizione che secondo Francesco Caio avrebbe «una forte valenza industriale»,

impegna il Governo:

   a valutare l'impatto sociale e occupazionale della razionalizzazione degli uffici;
   ad adoperarsi per garantire la capillarità sul territorio e la permanenza degli uffici postali nei comuni rurali, montani e svantaggiati;
   a favorire il confronto costruttivo già in corso tra Poste italiane spa, regioni e comuni, con l'obiettivo di ridiscutere il piano di razionalizzazione degli uffici postali al fine di assicurare la piena operatività del servizio universale e di evitare che le decisioni assunte arrechino disagi agli abitanti dei comuni più disagiati del Paese, che si vedrebbero privati dell'effettiva erogazione di un servizio pubblico di qualità, così come previsto dall'accordo siglato tra Poste italiane spa e lo Stato;
   a perseguire con fermezza l'obiettivo di assicurare, durante l’iter di privatizzazione di Poste italiane spa la tutela, la protezione sociale e il mantenimento dei livelli occupazionali attuali di tutti i lavoratori impiegati presso l'ente, con particolare riferimento a quelli operanti nel settore del recapito postale in conformità all'ordine del giorno n. 9/2679-bis-A/26 presentato dal gruppo Sinistra Ecologia Libertà e accolto dal Governo in data 30 novembre 2014;
   a fornire al Parlamento l'indicazione complessiva dei contributi statali erogati negli ultimi cinque anni a Poste italiane spa per l'espletamento del servizio pubblico universale;
   a porre in essere ogni atto di competenza finalizzato a far sì che siano illustrate e diffuse pienamente le opportunità dei nuovi servizi telematici;
   ad assumere iniziative presso Poste italiane spa, per quanto di competenza, affinché, al termine del confronto in atto con regioni e comuni, venga pubblicata la lista completa degli uffici postali prossimi alla chiusura o interessati da una riduzione dell'orario di apertura.
(1-00818)
«Franco Bordo, Scotto, Nicchi, Paglia, Piras, Airaudo, Placido, Zaratti, Ricciatti, Ferrara, Marcon, Duranti, Fratoianni, Melilla, Quaranta, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Matarrelli, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Sannicandro, Zaccagnini».
(21 aprile 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    Poste italiane spa è la più grande infrastruttura di servizi in Italia, grazie alla presenza capillare su tutto il territorio nazionale, fornisce servizi logistico-postali, di risparmio e pagamento, assicurativi e di comunicazione digitale a oltre 32 milioni di clienti;
    il suo capitale è detenuto dallo Stato italiano per il 65 per cento e dalla Cassa depositi e prestiti per il 35 per cento (a sua volta partecipata per il 70 per cento dallo Stato e per il 30 per cento da fondazioni bancarie);
    Poste Italiane spa è attiva tramite le controllate: Postel, Poste Vita, PosteShop, Postemobile, Sda Express Courier, Poste Assicura, Europa Gestioni Immobiliari, Mistral Air, Postecom, BancoPosta Fondi Sgr, Poste Tutela e Poste Energia;
    nel complesso Poste italiane spa impiega 143 mila lavoratori e nel 2013 il gruppo ha registrato ricavi totali pari a 29 miliardi di euro, un risultato operativo che si attesta a 691 milioni di euro, un utile netto di 212 milioni di euro, con un totale di risparmio amministrato, diretto e indiretto, pari a 459 miliardi di euro;
    il 28 gennaio 2015 si è svolto al Ministero dell'economia e delle finanze un incontro sul processo di privatizzazione di Poste italiane spa, nel corso del quale sono stati vagliati obiettivi, sequenza temporale e misure necessarie per procedere alla quotazione della società, per la quale sembra essere confermata la scadenza 2015 e l'alienazione non superiore al 40 per cento del capitale in più fasi;
    il processo di armonizzazione e liberalizzazione del mercato postale, previsto dalle direttive europee e completato dalla direttiva 2008/6/CE, recepita con decreto legislativo 31 marzo 2011, n. 58, ha determinato, progressivamente, un'erosione dell'area dei prodotti universali riservati ai fornitori del servizio universale;
    Poste italiane spa è tenuta a presentare annualmente all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni l'aggiornamento del piano di razionalizzazione delle strutture che non garantiscono condizioni di equilibrio economico redatto in conformità alla vigente normativa;
    il piano del 2014 è stato presentato da Poste italiane spa il 29 settembre del 2014 e prevede la chiusura di 445 uffici postali e una rimodulazione degli orari in 608 uffici;
    gli interventi previsti dal piano di razionalizzazione devono essere definiti nel pieno rispetto degli obblighi del servizio universale e dei vincoli di distribuzione degli uffici postali sul territorio italiano di cui al decreto ministeriale 7 ottobre 2008 recante «Criteri di distribuzione dei punti di accesso alla rete postale pubblica» e alla recente delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 342/14/CONS;
    il citato decreto ministeriale 7 ottobre 2008 definisce vincoli di presenza territoriale e con riferimento ai criteri di distribuzione degli uffici postali stabilisce: le distanze massime tra gli uffici postali ed i luoghi di residenza sulla base delle percentuali di popolazione nazionale residente; l'obbligo di assicurare l'operatività di almeno un ufficio postale nel 96 per cento dei comuni italiani; il divieto di soppressione di uffici postali che siano presidio unico sul territorio comunale (con orario minimo di 3 giorni e 18 ore settimanali);
    per tutelare in maniera maggiore le realtà più piccole e remote del Paese, la delibera n. 342/14/CONS dell'Autorità di settore ha integrato tali criteri prevedendo: il divieto di chiusura di uffici ubicati in comuni qualificati nel contempo rurali e montani (secondo i più recenti dati Istat), salvo siano presenti più di 2 uffici ed il rapporto abitanti per ufficio postale sia inferiore a 800, e il divieto di chiusura di uffici postali che siano presidio unico di isole minori;
    Poste italiane spa è quindi chiamata a conciliare una rete efficiente e capillare di uffici postali che rispetti i criteri di distribuzione previsti dalla normativa e, al contempo, ad adottare azioni per una gestione efficiente che sani eventuali diseconomie;
    i finanziamenti statali coprono, infatti, solo parzialmente l'onere di servizio universale e la legge di stabilità 2015 ha, inoltre previsto una riduzione consistente di risorse pubbliche destinate al finanziamento del servizio universale (262,4 milioni di euro annui nel periodo 2015-2019, rispetto ai circa 350 milioni di euro annui stanziati nel 2011 e nel 2012);
    l'utilizzo della rete degli sportelli postali per l'erogazione di servizi ulteriori rispetto a quelli rientranti nel perimetro del servizio universale ha consentito, in questi anni, il conseguimento di una maggiore efficienza nella gestione della rete;
    Poste italiane spa peraltro, al fine di migliorare la facilità di accesso della clientela ai propri servizi, ha sviluppato, già da tempo, opportunità di servizio alternative, che consentano a quest'ultima di usufruire di molteplici servizi direttamente da casa, dando avvio, già a partire dal 2007, al progetto «postino telematico», che prevede la dotazione progressiva del palmare a tutti i portalettere e che consentirà di disporre di una piattaforma tecnologica in grado di supportare nuovi servizi di Poste italiane spa a domicilio della clientela;
    recentemente, tuttavia, Poste italiane spa ha intrapreso un processo di internalizzazione del servizio recapiti, riducendo il numero delle agenzie di recapito esterne nonché il numero di città coperte dal servizio stesso. Ciò ha comportato la chiusura di numerose aziende di recapito con conseguente perdita di posti di lavoro, a fronte dell'assunzione da parte di Poste italiane spa di 8.000 persone con contratti a tempo determinato, scelta che potrebbe far perdere al servizio la qualità raggiunta grazie all'esperienza pluridecennale e un know how di basilare rilevanza per l'erogazione del servizio;
    il piano strategico di Poste italiane spa 2015-2019, secondo quanto esposto dall'amministratore delegato Francesco Caio alle competenti Commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della repubblica, persegue un obiettivo di sostenibilità del servizio universale nel lungo periodo, bilanciando adeguatamente la propria missione di azienda sociale e di mercato in un contesto di profonda discontinuità rispetto al passato;
    secondo l'amministratore delegato, la ricerca di un difficile punto di equilibrio tra i diversi fattori, che devono sostenere la trasformazione di Poste italiane spa, impone anche: una forte accelerazione nei prossimi 5 anni in termini di investimenti per l'innovazione dei servizi anche a favore del sistema Paese; di sostenere costi crescenti per la fornitura del servizio postale universale a fronte del declino della corrispondenza tradizionale e delle dinamiche concorrenziali; di mantenere i livelli occupazionali e al contempo di investire in formazione e rinnovamento delle competenze, per migliorare gli obiettivi di redditività;
    nell'audizione di mercoledì 15 aprile 2015 nella sede della Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni alla Camera dei deputati, l'amministratore delegato Caio ha difeso, in particolare, la strategia del gruppo affermando che il processo di razionalizzazione della presenza di uffici postali sul territorio è normato da regole precise e che il piano presentato nel settembre 2014 è molto al di sopra dei vincoli minimi indicati dalla legge, mantenendo un livello di presenza capillare degli uffici sul territorio tra i più alti d'Europa;
    lo stesso Francesco Caio ha ricordato che la legge di stabilità 2015, accanto al taglio del contributo pubblico per il servizio universale, introduce meccanismi di flessibilità nel servizio di recapito coerenti con le richieste che arrivano dal mercato e dai cittadini. I cittadini chiedono certezza della consegna più che velocità e per avere velocità sono disposti a pagare un po’ di più. Inoltre, il quadro normativo delineato dalla legge di stabilità è funzionale anche a dare certezze agli investitori in occasione della prevista privatizzazione di Poste italiane spa;
    poiché il servizio universale costa 1 miliardo di euro l'anno, per raggiungere l'obiettivo della sua sostenibilità finanziaria, secondo Caio, andrebbero ripensate – nell'ambito del nuovo contratto universale quinquennale in corso di definizione con il Ministero dello sviluppo economico – le regole d'ingaggio tra Poste italiane spa e Stato e la definizione stessa di servizio universale, prevedendo ad esempio nuovi servizi nell'ambito dell'Agenda digitale della pubblica amministrazione, che Poste italiane spa può contribuire ad accelerare; Poste italiane spa potrebbe diventare l'interfaccia digitale della pubblica amministrazione nei rapporti con cittadini e fornitori, assumendo un ruolo di diffusione dell'alfabetizzazione digitale, utilizzando gli uffici postali come punto d'appoggio;
    l'articolo 18 del disegno di legge sulla concorrenza approvato dal Consiglio dei ministri, intende abrogare, a partire dal 10 giugno 2016, l'articolo 4 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, liberalizzando il servizio di notifica a mezzo postale degli atti giudiziari e delle violazioni al codice della strada, in tal modo eliminando la riserva disposta a suo tempo a favore di Poste italiane spa; in tal modo Poste italiane spa perderà lo storico monopolio della notifica degli atti giudiziari e delle sanzioni e con esso altri 233 milioni di euro l'anno di ricavi;
    l'eliminazione della residua area di riserva è funzionale al processo di privatizzazione di Poste italiane spa in quanto consente di rimuovere un elemento potenzialmente lesivo della concorrenza, la cui permanenza mal si concilia con i cambiamenti connessi all'ingresso di soci privati nel capitale di Poste italiane spa;
    nel frattempo Poste italiane spa, su sollecitazione del Governo e del Parlamento, ha rinviato l'attuazione del piano che comporterebbe la chiusura di 445 uffici,

impegna il Governo:

   a garantire, anche in vista del processo di privatizzazione in atto, la sostenibilità economica del servizio universale postale e a valorizzare tutti gli asset di Poste italiane spa: servizi di logistica e corrispondenza, prodotti finanziari e prodotti assicurativi, salvaguardando la presenza capillare della società, che deve essere considerata nella sua unicità, su tutto il territorio nazionale, ottimizzando le sinergie tra i diversi settori di attività;
   a valutare con particolare attenzione l'impatto sociale del piano di razionalizzazione degli uffici di Poste italiane spa per gli anni 2015-2019, sollecitando ulteriormente Poste italiane spa affinché, nel confronto in atto con i diversi livelli istituzionali ponga particolare attenzione alla necessità di garantire il servizio nelle situazioni più critiche con particolare attenzione alle aree pedemontane caratterizzate dalla presenza di località o frazioni collinari e/o montane isolate ricomprese in comuni di pianura e alle comunità di cittadini in prevalenza anziani a ridotta mobilità;
   ad intervenire presso l'azienda Poste italiane spa perché, nell'ambito dell'attuazione del piano, sia posta una particolare attenzione allo sviluppo dei servizi innovativi e ad una loro più adeguata politica di informazione e di conoscenza dirette alle comunità interessate, con particolare riferimento alle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie come l'utilizzo di palmari da parte dei portalettere per offrire servizi «in mobilità», su appuntamento, l'accettazione a domicilio delle raccomandate, il pagamento di tutte le tipologie di bollettini, la tracciatura della corrispondenza fino al momento della consegna, la notifica degli atti esattoriali ed altro;
   a chiedere a Poste italiane spa di precisare l'impatto occupazionale del piano di razionalizzazione della rete degli uffici postali nella sua attuazione a regime;
   a rilanciare con spirito costruttivo un nuovo modello di sviluppo nel settore della logistica di recapito, anche in considerazione dalle nuove possibilità che la diffusione che l’e-commerce offre, attraverso l'istituzione di un tavolo di concertazione tra tutti i soggetti interessati al processo – come quello che ha prodotto il memorandum del 2007 fra Ministero delle comunicazioni, Poste italiane spa e agenzie di recapito – per individuare un percorso comune tra la strategia industriale di Poste italiane spa e la valorizzazione del know how presente nelle aziende private.
(1-00819)
«Tullo, Bonaccorsi, Bonomo, Brandolin, Bruno Bossio, Cardinale, Carloni, Castricone, Coppola, Crivellari, Culotta, Ferro, Cinzia Maria Fontana, Gandolfi, Pierdomenico Martino, Massa, Mauri, Minnucci, Mognato, Mura, Pagani».
(21 aprile 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    Poste italiane spa rappresenta una realtà aziendale sana che produce utili e che si è caratterizzata in questi anni, oltre che per un importante dinamismo imprenditoriale, anche per avere offerto il servizio universale postale ai cittadini del nostro Paese;
    il processo di armonizzazione e di liberalizzazione del mercato postale, previsto dalle direttive europee, completato dalla direttiva 2008/6/CE, recepita con il decreto legislativo 31 marzo 2011, n. 58, ha determinato, in modo progressivo, una trasformazione profonda del settore che ha comportato una diminuzione dell'area dei servizi postali universali riservati ai fornitori del servizio universale;
    il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, ha determinato il passaggio delle funzioni di regolamentazione e la vigilanza di Poste italiane spa all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Poste italiane spa è tenuta a presentare annualmente il piano di razionalizzazione delle strutture alla stessa Autorità;
    in ottemperanza al citato decreto-legge, il piano industriale 2015 è stato presentato da Poste italiane spa il 29 settembre 2014 con una previsione di chiusura di 455 uffici postali e di rimodulazione di orari in 609 uffici. Tale piano prevede, inoltre: un fatturato in crescita verso i 30 miliardi di euro ed una profittabilità che, dopo anni di flessione, potrà tornare a crescere; investimenti in piattaforme e servizi digitali per circa 3 miliardi di euro, di cui 500 milioni di euro per la sicurezza e la riqualificazione degli uffici postali come luogo di servizio; assistenza e consulenza ai cittadini ed alle famiglie. Secondo quanto sostenuto dall'amministratore delegato di Poste italiane spa le chiusure e le razionalizzazioni degli uffici postali preserveranno la capillarità della rete. Dopo l'attuazione del piano, il 92,49 per cento della popolazione avrà, infatti, uno sportello entro 3 chilometri, a fronte di un vincolo previsto dalla normativa vigente del 75 per cento e il 97,79 per cento lo avrà entro 5 chilometri, contro il 95 per cento fissato dalla legge;
    il contratto di programma vigente prescrive che Poste italiane spa trasmetta all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con cadenza annuale, l'elenco degli uffici postali e delle strutture di recapito che non garantiscono condizioni di equilibrio economico e che l'Autorità, nell'esercizio dei propri poteri di vigilanza, abbia la possibilità di integrare lo stesso piano;
    gli interventi previsti dal piano di razionalizzazione devono essere definiti nel pieno rispetto degli obblighi del servizio universale e dei vincoli di distribuzione degli uffici postali sul territorio italiano, come previsti dal decreto ministeriale 7 ottobre 2008 e alla delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 342/14/CONS. Tale delibera, nel modificare i criteri di distribuzione degli uffici postali, ha disposto limitazioni a Poste italiane spa a tutela degli utenti del servizio postale universale che abitano in zone svantaggiate del Paese. In particolare, la delibera citata ha disposto il divieto di chiusura di uffici ubicati in comuni qualificati nel contempo rurali e montani, salvo siano presenti più di due uffici ed il rapporto abitanti per ufficio postale sia inferiore a 800, e il divieto di chiusura di uffici postali che siano presidio unico di isole minori. Inoltre, possono essere razionalizzati fino a garantire un orario minimo di 12 ore per 2 giorni settimanali gli uffici postali unici di un comune con meno di 500 abitanti, se entro 3 chilometri ci sia un ufficio aperto almeno 15 ore e 3 giorni la settimana;
    è da sottolineare, inoltre, come il contratto di programma vigente preveda che Poste italiane spa si impegni a dare completa attuazione ai progetti ed agli interventi programmati nel piano d'impresa e nel contratto, con particolare riguardo al mantenimento dell'offerta qualitativa dei servizi ed al contenimento dei costi connessi all'erogazione del servizio postale universale;
    risulta essenziale, pertanto, che Poste italiane spa si confronti con gli enti locali al fine di valutare l'effetto del proprio piano industriale sui servizi offerti, garantendo la piena operatività del servizio universale, in particolare modo per i cittadini che risiedono nelle aree svantaggiate del Paese, prendendo in considerazione anche l'età anagrafica delle persone coinvolte. Tale confronto è indispensabile per evitare che le decisioni assunte in modo unilaterale provochino criticità nei riguardi degli abitanti dei comuni più disagiati del Paese che, in questo modo, si vedrebbero privati dell'erogazione di un servizio pubblico di qualità, così come previsto dall'accordo siglato tra Poste italiane spa e lo Stato;
    Poste italiane spa è pertanto chiamata ad affrontare il complesso compito di coniugare l'esigenza del servizio universale da fornire agli utenti con l'efficienza della gestione. Infatti, in ottemperanza a quanto previsto dalla normativa vigente, deve dotarsi di una rete di uffici postali che rispetti un criterio di distribuzione degli stessi e favorisca l'utenza del servizio postale;
   è opportuno, inoltre, che Poste italiane spa precisi l'impatto occupazionale del piano di razionalizzazione della rete degli uffici postali dopo la sua attuazione;
    inoltre, è importante che Poste italiane spa ponga una maggiore attenzione allo sviluppo dei servizi innovativi con particolare riguardo alle offerte derivanti dalle nuove tecnologie. In particolare, occorre favorire la realizzazione del progetto « postino telematico». Tale progetto secondo il piano depositato dall'amministratore delegato di Poste italiane spa presso la Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati, raggiungerà nel 2016 un livello di copertura pari al 100 per cento del territorio,

impegna il Governo:

   ad attuare, per quanto di competenza, interventi diretti a far sì che Poste italiane spa garantisca il servizio pubblico universale che presuppone un'adeguata copertura del territorio nazionale;
   ad accertarsi che il processo di consultazione con gli enti locali avvenga, così come previsto, tramite un confronto con gli stessi per valutare attentamente la ricaduta che il piano potrà comportare sulle diverse aree del Paese salvaguardando, al contempo, tutte le aree dell'Italia che sono particolarmente svantaggiate, e a pubblicare, al termine del confronto, la lista completa degli uffici postali prossimi alla chiusura o interessati ad una riduzione dell'orario di apertura precisando le modalità sostitutive dei servizi;
   ad intervenire presso Poste italiane spa perché, nell'ambito dell'attuazione del piano, sia posta una maggiore attenzione e rapidità allo sviluppo di servizi innovativi e tecnologici in modo da consentire ai cittadini di poter effettuare direttamente dalla propria abitazione un serie di operazioni che attualmente sono disponibili solo presso gli sportelli postali;
   a chiedere a Poste italiane spa di precisare l'impatto occupazionale del piano di razionalizzazione degli uffici postali dopo la sua attuazione;
   a monitorare con maggiore attenzione i bandi pubblici per l'assegnazione dei servizi postali in capo alle pubbliche amministrazioni, troppo spesso oggetto di affidamento diretto, in contrasto con quanto previsto dalle normative europee;
   ad operare, in linea con le principali esperienze a livello internazionale, una riduzione del perimetro del servizio universale con riguardo ai prodotti inclusi, lasciando al suo interno solo la posta consumer ed escludendo la posta spedita dalle aziende, al fine di limitare l'impegno economico dello Stato per quel segmento postale che riguarda la posta massiva che può essere liberamente gestita dal mercato, considerato che i proventi aggiuntivi in termini di gettito IVA dall'eventuale riforma potrebbero essere destinati a incrementare il fondo di compensazione per l'espletamento del servizio;
   ad assumere iniziative per prevedere che alcuni servizi, non strettamente connessi all'espletamento del servizio universale, vengano offerti non in regime di esclusiva da Poste italiane spa.
(1-00820)
«Garofalo, Dorina Bianchi, Piso».
(21 aprile 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    la regolazione del settore postale, soggetta ad un'opera di armonizzazione a livello europeo, è contenuta nel decreto legislativo n. 261 del 1999, recante «Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio», come da ultimo modificato dal decreto legislativo n. 58 del 2011, recante «Attuazione della direttiva 2008/6/CE che modifica la direttiva 97/67/CE, per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali della Comunità»;
    sulla base del decreto legislativo n. 58 del 2011 sopra richiamato Poste italiane spa, controllata a livello totalitario dal Ministero dell'economia e delle finanze, risulta affidataria per quindici anni e quindi fino al 2026 del servizio universale postale, che comprende, ai sensi del disposto dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 261 del 1999, e successive modificazioni: «a) la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione degli invii postali fino a 2 kg; b) la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione dei pacchi postali fino a 20 kg; c) i servizi relativi agli invii raccomandati ed agli invii assicurati»;
    i rapporti tra lo Stato e il fornitore del servizio universale sono disciplinati nel dettaglio dal contratto di programma. Il contratto di programma tra il Ministero dello sviluppo economico e Poste italiane spa per il triennio 2009-2011 è stato approvato con legge n. 183 del 2011 (comma 31 dell'articolo 33), fatti salvi gli adempimenti previsti dalla normativa comunitaria;
    la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014), al comma 274, ha previsto che: «a) il contratto di programma per il triennio 2009-2011, stipulato tra il Ministero dello sviluppo economico e la società Poste italiane spa, approvato dall'articolo 33, comma 31, della legge 12 novembre 2011, n. 183, resta efficace fino alla conclusione della procedura di approvazione del nuovo contratto di programma per il quinquennio 2015-2019 secondo le previsioni di cui al comma 275 del presente articolo»;
    il successivo comma citato prevede che «Il contratto di programma di cui al comma 274, lettera b), è sottoscritto tra il Ministero dello sviluppo economico e il fornitore del servizio postale universale entro il 31 marzo 2015 e contestualmente notificato alla Commissione europea per le valutazioni di competenza»;
    la stessa legge di stabilità, ai commi 277 e seguenti, prevede che il contratto di programma 2015-2019 per il servizio postale possa contenere misure di razionalizzazione del servizio e di rimodulazione della frequenza settimanale di raccolta e recapito sull'intero territorio nazionale, ferme restando le competenze dell'autorità di regolamentazione (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni), derogando per tal via agli obblighi di servizio universale postale di Poste italiane spa;
    sebbene la legge di stabilità di cui sopra fissava quale termine ultimo per la sottoscrizione del contratto di programma 2015-2019 il 31 marzo 2015, lo stesso non risulta ancora essere stato sottoscritto;
    come noto, infatti, l'affidamento del servizio universale postale comporta, in ossequio alle previsioni del legislatore comunitario, a carico della società affidataria l'obbligo di rispettare specifici livelli qualitativi e quantitativi del servizio offerto, che deve essere prestato in modo omogeneo all'interno del territorio nazionale e deve essere offerto a tariffe accessibili;
    la vigilanza sull'attività di Poste italiane spa nell'espletamento dei propri compiti di servizio universale è affidata al Ministero dello sviluppo economico e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, secondo diversi ambiti di rispettiva competenza;
    la delibera n. 342/14/Cons dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni prevede criteri specifici di distribuzione degli uffici postali con divieto di chiusura di uffici situati in comuni rurali che rientrano anche nella categoria dei comuni montani e di uffici che sono presidio unico nelle isole minori. La delibera, inoltre, impone a Poste italiane spa di avvisare con congruo anticipo le istituzioni locali sulle misure di razionalizzazione, al fine di avviare un confronto sull'impatto degli interventi sulla popolazione interessata e sulla possibile individuazione di soluzioni alternative più rispondenti allo specifico contesto territoriale;
    da un'elaborazione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sui dati di Poste italiane spa si evince che il 60 per cento dei 288 comuni privi di un ufficio postale appartiene alla categoria dei comuni rurali e totalmente montani;
   nel quadro descritto è noto che il Governo con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, approvato nel Consiglio dei ministri n. 16 del 2014, ha avviato un processo di privatizzazione del 40 per cento del capitale azionario di Poste italiane spa da collocarsi attraverso un'offerta pubblica di vendita rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia, inclusi i dipendenti del gruppo Poste italiane spa, e/o a investitori istituzionali italiani e internazionali;
    Poste italiane spa ha presentato il 16 dicembre 2014 il nuovo piano strategico 2015-2019, che, tra le altre cose, intende ridefinire gli obblighi di servizio universale postale posti a carico della società dalla normativa europea e nazionale, da un punto di vista economico, logistico e organizzativo. La società si impegna con il nuovo piano industriale a raggiungere determinati obiettivi di qualità, prevedendo, però, a partire dai prossimi mesi, in numerose regioni, la progressiva chiusura di ben 455 uffici postali a livello nazionale e la riduzione degli orari di apertura in circa 608 uffici, ritenuti «improduttivi» o «diseconomici»;
    la nuova politica aziendale che Poste italiane spa intende perseguire sta determinando diffuse preoccupazioni nei cittadini, in particolar modo nei piccoli centri urbani, spesso isolati, così come evidenziato anche dai sindacati dei pensionati, nonché da sindacati regionali di categoria come Spi (Sindacato pensionati italiani) della Cgil, Fnp (Federazione nazionale pensionati) della Cisl e Uilp (Unione italiana lavoratori pensionati) della Uil, che criticano l'iniziativa in ottica di livelli occupazionali, nonché in virtù delle gravi ripercussioni che si determineranno nella fascia di popolazione più debole, composta da disabili e anziani;
    dal piano presentato emerge che Poste italiane spa intende puntare su assicurazioni, e-commerce, carte di credito, telefonia mobile e servizi finanziari in genere, anziché garantire il servizio universale, a scapito delle esigenze della collettività, chiudendo uffici che ritiene «improduttivi» o «diseconomici», senza considerare che i servizi postali rappresentano un servizio fondamentale per lo svolgimento delle attività quotidiane di numerosissime imprese, cittadini ed in particolare delle famiglie;
    le zone maggiormente colpite dalle annunciate chiusure risultano essere quelle aree nelle quali insistono numerosi comuni e frazioni interessati dal ridimensionamento messo in atto da Poste italiane spa. In tali zone attualmente vengono offerti servizi destinati a frazioni contigue già prive di uffici postali. Appare, quindi, ulteriormente inopportuna l'attuazione del piano, soprattutto nelle regioni nei cui territori insistono uffici che sono stati già oggetto di altri piani di razionalizzazione locale;
    il 27 marzo 2015 la Commissione europea ha bocciato la parte del piano di Poste italiane spa che prevede la consegna della posta a giorni alterni, perché in violazione del diritto di accesso al servizio di posta universale che garantisce la consegna giornaliera della posta presso la sede della persona;
    nel piano illustrato dall'amministratore delegato di Poste italiane spa Francesco Caio in audizione presso la IX Commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati, si fa riferimento a una progressiva digitalizzazione dei servizi offerti dal gruppo Poste italiane spa funzionale alla progressiva riduzione e razionalizzazione degli uffici postali presenti sul territorio;
    a distanza di un anno dall'avvio del processo di privatizzazione, non sono ancora chiare le modalità operative attraverso le quali si provvederà alla vendita di quote della società di cui in parola. Restano, dunque, fondate le preoccupazioni circa un possibile scorporo di Poste italiane spa con la creazione di una cosiddetta good company oggetto della privatizzazione e una cosiddetta bad company dedita al servizio universale postale a carico dello Stato,

impegna il Governo:

   a rivedere l'operazione di privatizzazione di Poste italiane spa e, quindi, a rivalutare l'opportunità di procedere alla cessione di quote della società;
   ad intervenire presso Poste italiane spa per chiedere una profonda revisione del piano industriale, nel pieno rispetto degli obblighi di servizio universale previsti dalla normativa europea e nazionale;
   a garantire la piena operatività del servizio universale, in particolare modo per i cittadini che risiedono in aree svantaggiate del Paese, incentivando forme di consultazione obbligatoria delle popolazioni coinvolte;
   ad intervenire presso Poste italiane spa affinché nel processo di riorganizzazione degli uffici postali si continui a garantire l'accessibilità ai servizi postali nelle regioni rurali e remote, anche attraverso la previsione di criteri ulteriori a quelli già previsti nella normativa vigente, quali i tempi di percorrenza per il raggiungimento dell'ufficio più vicino, l'età anagrafica media degli abitanti, l'offerta di trasporto di cui i cittadini possono avvalersi per raggiungere i medesimi uffici;
   ad intervenire presso Poste italiane spa affinché il rinnovato piano industriale punti con maggiore decisione sulla digitalizzazione dei processi, prevedendo, da un lato, che il gruppo Poste italiane spa si faccia carico di programmi di alfabetizzazione digitale dei propri utenti (in particolare in favore delle fasce più deboli della cittadinanza) e, dall'altro, che eventuali interventi di razionalizzazione dei punti fisici di accesso alla rete postale siano preceduti dalla piena operatività di servizi digitali e da valutazioni indipendenti circa l'impatto di tali nuovi servizi sulla popolazione interessata;
   a salvaguardare gli attuali livelli occupazionali, con particolare riferimento ai contratti di lavoro già in essere anche alla luce del progetto di crescita illustrato dall'amministratore delegato di Poste italiane spa.
(1-00821)
«Nicola Bianchi, Dell'Orco, Liuzzi, Spessotto, Carinelli, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano, Grillo, Frusone, Businarolo, Parentela, Gagnarli, Battelli, Pesco, Tripiedi, Cominardi, Castelli, Sorial, Caso, Brugnerotto, Cariello, Colonnese, D'Incà».
(21 aprile 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    Poste italiane spa è una società che si occupa della gestione del servizio postale in Italia. Fondata nel 1862 come azienda autonoma che gestiva in monopolio i servizi postali e telegrafici per conto dello Stato, attualmente è una società per azioni il cui capitale è detenuto al 100 per cento dallo Stato italiano tramite il Ministero dell'economia e delle finanze;
    negli ultimi anni la società ha dato vita ad un processo di razionalizzazione degli uffici tramite la riduzione degli orari di apertura, l'accorpamento o la loro definitiva chiusura, provocando disfunzioni nell'offerta del servizio e arrecando danni ai cittadini, in particolar modo per coloro che vivono in territori disagiati;
    tale riduzione negli anni ha provocato una diminuzione del personale impiegato con contestuale blocco del turn-over, che, da un lato, ha comportato un notevole aumento della mole di lavoro individuale e, dall'altro, un abbassamento del livello di qualità del servizio offerto;
    il rapporto tra Stato e Poste italiane spa richiede che la società consegua obiettivi di qualità, tra i quali quelli concernenti l'adeguatezza degli orari di apertura degli sportelli rispetto alle prestazioni richieste, obiettivi che non possono non tenere conto delle esigenze manifestate dalle autorità locali come espressione delle necessità degli utenti del servizio stesso;
    in data 16 dicembre 2014, Poste italiane spa ha presentato il piano strategico 2015-2020 in cui è prevista la progressiva chiusura di 455 uffici postali a livello nazionale e la riduzione degli orari di apertura di altri 600, ritenuti improduttivi nonché anti-economici;
    dalla decisione si può evincere che nel business plan messo in atto da Poste italiane spa predomina una politica del profitto, che investe su assicurazioni, carte di credito ricaricabili, telefonia cellulare e servizi finanziari, a discapito delle reali necessità della popolazione che necessiterebbe della fornitura di servizi, anche in condizioni del mercato in perdita;
    i servizi postali, in primis per le famiglie e le imprese, sono di vitale importanza per l'esecuzione di tantissime attività quotidiane, quali il prelievo di contante per i titolari di conti correnti postali, il pagamento delle utenze, il deposito di valuta nei libretti postali al portatore, l'invio di comunicazioni urgenti, soprattutto quelle di carattere giudiziario. La paventata chiusura o la limitazione degli orari degli uffici pone in gravi difficoltà cittadini, turisti e aziende;
    in particolare, nei piccoli comuni, e specialmente in quelli montani, la soppressione di un ufficio postale, al pari di una farmacia, di un presidio medico o di uno sportello bancario, rappresenterebbe il venire meno di un servizio essenziale per una comunità, in particolar modo per quei cittadini anziani o con handicap fisici, per i quali un eventuale accorpamento degli uffici significherebbe raggiungere un comune distante a piedi o con mezzi pubblici: in entrambi i casi la persona per ritirare la corrispondenza, effettuare pagamenti, o utilizzare un qualsiasi servizio offerto da Poste italiane spa (sportello bancario, servizi finanziari, assicurativi ed altri) sarà costretta ad impiegare molto tempo in più;
    è evidente che ci sia da parte dell'azienda una reale quanto imprescindibile necessità di orientare la gestione dei servizi alla sostenibilità economica, ma ciò avviene a discapito del mantenimento di alcuni presidi, soprattutto in zone periferiche come quelle montane che anche a causa di questi processi di razionalizzazione saranno sempre più soggette all'abbandono, ancor più se si considera che, in base alla delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, le zone rurali e montane sono meritevoli di specifica considerazione nell'ambito del servizio postale universale. Al fine di garantire un livello di servizio adeguato in tali aree, Poste italiane spa dovrebbe tener conto delle particolari esigenze da garantire ai comuni che si caratterizzano per la natura prevalentemente montana del territorio e per la scarsa densità abitativa;
    per quanto concerne, specificatamente, la necessità di garantire un'adeguata diffusione nel territorio nazionale, la direttiva n. 97/67/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, e successive modificazioni e integrazioni, recante «Regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio», sottolinea l'importanza delle reti postali rurali, in particolar modo nelle zone impervie, al fine di mantenere la coesione sociale e la salvaguardia dell'occupazione;
    l'eventuale privatizzazione totale dell'azienda o la soppressione del servizio a livello locale, proprio per la loro specificità e rilevanza, non possono essere trattati unilateralmente dall'azienda o dal Governo, poiché necessiterebbero di un'ampia condivisione anche a livello parlamentare;
    nella transizione economica e normativa verso un mercato aperto, la previsione e la regolamentazione del servizio universale postale garantisce a tutti i cittadini la possibilità di fruire di un servizio di pubblica utilità, indipendentemente da fattori come il reddito o la collocazione geografica. In Italia, il servizio universale postale è affidato a Poste italiane spa fino al 2026. Sull'affidamento il Ministero dello sviluppo economico effettua, ogni 5 anni, una verifica sulla base di un'analisi dell'Autorità;
    l'11 marzo 2015, con la sentenza n. 1262/15, la VI sezione del Consiglio di Stato ha ribaltato la precedente pronuncia di primo grado del tribunale amministrativo regionale, accogliendo l'appello di un piccolo comune della Campania e ribadendo la pubblica utilità degli uffici postali e la loro «influenza sociale», in special modo per quei piccoli centri situati in zone rurali e montane;
    la decisione del Consiglio di Stato si fonda su due argomentazioni, la prima delle quali è legata al criterio di distribuzione degli uffici nella distanza massima di accessibilità al servizio espressa in chilometri percorsi dall'utente, fissato dal decreto del Ministero dello sviluppo economico del 7 ottobre 2008, recante «Criteri di distribuzione dei punti di accesso alla rete postale pubblica»;
    la seconda considerazione, su cui si basa la sentenza del Consiglio di Stato e che trova fondamento anche in altre pronunce favorevoli ai comuni, riguarda le motivazioni su cui è basata la chiusura dell'ufficio postale, che nel caso specifico hanno avuto riguardo al solo profilo economico e gestionale;
    in sostanza, Poste italiane spa non può porre in essere politiche di spending review recando un danno ai piccoli comuni, determinando disservizi e disagi, soprattutto, alla popolazione anziana e a quella priva di strumenti tecnologici, perché le chiusure devono tenere conto della dislocazione degli uffici postali, con particolare riguardo alle aree rurali e montane, ma anche delle conseguenze che la relativa presenza produce sull'utilità sociale;
    il 18 marzo 2015 Poste italiane spa ha ufficialmente sospeso il piano di razionalizzazione degli uffici postali, rinviando i tagli previsti e concedendo così più tempo ai comuni per formulare le loro controproposte;
    il 27 marzo 2015, con le delibere n. 163/15/CONS e 164/15/CONS, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha stabilito due consultazioni pubbliche sulle nuove modalità di recapito degli invii postali a giorni alterni e sulle tariffe e sugli standard di qualità del servizio universale di corrispondenza;
    l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha previsto che la consegna a giorni alterni della corrispondenza non dovrebbe interessare i 5.296 comuni, come previsto dal «piano Caio», ma 4.721 comuni, intervenendo, di fatto, con un ridimensionamento di quanto previsto dal piano di ristrutturazione di Poste italiane spa,

impegna il Governo:

   a verificare che sia confermato il differimento comunicato da Poste italiane spa fino al termine del confronto in atto con regioni e enti locali;
   a scongiurare l'ipotesi che non a tutti i cittadini italiani sia data la possibilità di fruire di un servizio di pubblica utilità, quale quello postale, indipendentemente da fattori quali il reddito e la collocazione geografica;
   ad adoperarsi presso la società Poste italiane spa e l'Anci affinché continui il confronto costruttivo già in corso, finalizzato a discutere il piano di razionalizzazione degli uffici postali;
   a far sì che Poste italiane spa e le amministrazioni locali intraprendano un confronto costruttivo per evitare che le decisioni unilaterali assunte arrechino disagi agli abitanti dei comuni più disagiati del Paese, che si vedrebbero privati dell'effettiva erogazione di un servizio pubblico di qualità, così come previsto dall'accordo siglato fra Poste italiane spa e lo Stato;
   ad attuare, per quanto di competenza, interventi per far sì che Poste italiane spa si occupi e garantisca pienamente il servizio pubblico essenziale che presuppone la prossimità e la copertura del territorio nazionale, anche per meglio fornire, come accade già in logica di mercato, gli altri servizi.
(1-00823) «Palese».
(21 aprile 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    Poste italiane spa ha presentato il 16 dicembre 2015 il nuovo piano strategico 2015-2019 in cui si prevede la ridefinizione del servizio universale postale in quanto considerato disallineato rispetto ai reali bisogni delle famiglie e non più sostenibile dal punto di vista economico: previsione più che preoccupante vista la missione di società a capitale interamente pubblico che gestisce i servizi postali in una condizione di sostanziale monopolio e che garantisce l'espletamento del servizio universale sulla base di un contratto di programma siglato con lo Stato;
    stando a quanto riferito da fonti sindacali e dagli organi di stampa, la società, che è obbligata nel contratto di servizio a raggiungere determinati obiettivi di qualità, tra cui quelli concernenti l'adeguatezza degli orari di apertura degli sportelli rispetto alle prestazioni richieste, ha previsto, a partire dai prossimi mesi, la progressiva chiusura di ben 455 uffici postali a livello nazionale e la riduzione degli orari di apertura in circa 608 uffici, ritenuti «improduttivi» o «diseconomici»;
    tali interventi per motivi economici rischiano di compromettere la qualità del servizio universale, che – a tutela delle esigenze essenziali degli utenti – impone, invece, la fornitura del servizio anche in situazioni di fallimento di mercato, caratterizzate da bassi volumi di domanda ed alti costi di esercizio, tali da rendere l'erogazione delle prestazioni strutturalmente non redditiva ed antieconomica;
    la delibera n. 342/14/Cons dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nel modificare i criteri di distribuzione degli uffici postali, ha disposto specifici divieti nei confronti di Poste italiane spa a tutela degli utenti del servizio postale universale che abitano nelle zone svantaggiate del Paese: in particolare, sono state previste particolari garanzie per i comuni caratterizzati da una natura prevalentemente montana del territorio e dalla scarsa densità abitativa e per le isole minori in cui sia presente un unico presidio postale. La delibera, inoltre, impone a Poste italiane spa di avvisare con congruo anticipo le istituzioni locali sulle misure di razionalizzazione, al fine di avviare un confronto sull'impatto degli interventi sulla popolazione interessata e per individuare possibili soluzioni alternative più rispondenti allo specifico contesto territoriale;
    pochi giorni fa Poste italiane spa, nella persona dell'amministratore delegato Francesco Caio, si è ufficialmente impegnata con il Sottosegretario per lo sviluppo economico Antonello Giacomelli e il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni Angelo Cardani a coinvolgere regioni ed enti locali nella fase precedente a quella di razionalizzazione per spiegare come verrà assicurata la tutela del servizio universale per i cittadini, eppure sembra che la chiusura degli uffici sia prevista a partire dal 13 aprile 2015 senza che le amministrazioni locali dei comuni interessati siano state debitamente coinvolte;
    la chiusura degli uffici e la limitazione degli orari di apertura conseguenti alla razionalizzazione determineranno particolari difficoltà per gli utenti appartenenti alle fasce di età più avanzate e per quelli delle zone più isolate o periferiche, sacrificando, quindi, in parte l'interesse alla coesione sociale e territoriale del Paese;
    l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con la delibera 728/13/Cons, ha manifestato evidenti perplessità sul mantenimento di alcuni servizi all'interno del perimetro del servizio universale, ritenendo che alcuni di essi, quali la posta assicurata degli invii singoli, la corrispondenza ordinaria degli invii multipli, gli invii di atti giudiziari, non dovrebbero essere offerti in regime di esclusiva;
    attualmente, nel nostro Paese, a differenza di quanto accade negli altri Paesi europei, questi prodotti rientrano nel perimetro del servizio universale, godendo dell'esenzione iva qualora forniti da Poste italiane spa e sono, invece, soggetti a iva se forniti da operatori diversi, con tutte le conseguenze in termini di limiti alla concorrenza e all'equa competizione tra gli operatori del mercato;
    come evidenziato dal documento ufficiale inviato dal Governo a Bruxelles il 20 febbraio 2015, è intenzione del Governo stesso completare entro la fine del 2015 la parziale privatizzazione di Poste italiane spa, tramite la vendita del 40 per cento delle relative azioni;
    la chiusura degli uffici e la limitazione degli orari di apertura conseguenti alla razionalizzazione determineranno particolari difficoltà per gli utenti appartenenti alle fasce di età più avanzate e per quelli delle zone più isolate o periferiche, sacrificando, quindi in parte, l'interesse alla coesione sociale e territoriale del Paese;
    pur non potendosi escludere la necessità di porre comunque in essere un piano di razionalizzazione degli uffici postali, ingenti risorse, utili a mitigarne gli effetti, potrebbero essere ricavate da una più incisiva lotta agli sprechi e, in particolare, ai fenomeni illeciti frequentemente denunciati, posti in essere da dipendenti o da terzi, che colpiscono il servizio postale e il patrimonio della società;
    una vera riforma strutturale non può prescindere da una reale liberalizzazione del mercato, da effettuarsi previamente o contestualmente alla privatizzazione,

impegna il Governo:

   a sollecitare, in qualità di socio unico, l'amministratore delegato a rafforzare i controlli interni sulla gestione dei costi e in particolare:
    a) ad avviare una verifica degli appalti esistenti nell'azienda, anche alla luce delle determinazioni assunte dall'Autorità nazionale anticorruzione, in modo da individuare diseconomie, correggerle e così recuperare risorse da destinare agli impegni nel servizio postale;
    b) ad effettuare un controllo dei trasferimenti interni di personale intercorsi negli ultimi anni per verificare che la priorità nelle richieste di trasferimento sia stata effettivamente accordata agli aventi diritto allo stesso ai sensi della legge n. 104 del 1992;
    c) a porre in essere più efficaci strumenti di gestione dei turni di ferie per minimizzare la necessità per il gruppo di ricorrere a forme di lavoro interinale;
    d) a garantire, in contemporanea con la diffusione dei servizi di postino telematico, la sicurezza dei lavoratori destinati a tali funzioni, a fronte delle criticità insite nella possibilità per gli utenti di corrispondere agli stessi denaro contante;
   a presentare al più presto alle Camere lo schema del prossimo contratto di servizio universale per le comunicazioni postali, al fine di avviare un confronto sui contenuti dello stesso e, in particolare, di assicurare una reale copertura delle aree disagiate;
   a promuovere la creazione di un mercato postale liberalizzato;
   a studiare la possibilità di affidare il servizio universale postale tramite bandi di gara divisi in lotti;
   ad instaurare un tavolo di lavoro, con la partecipazione di Poste italiane spa, dei principali concorrenti attivi nei diversi settori del mercato postale, delle società che forniscono servizi informatici e prodotti digitali per detto mercato, al fine di individuare nuove metodologie di lavoro e di collaborazione, finalizzate, attraverso il miglior utilizzo delle innovazioni tecnologiche, a garantire la più ampia soddisfazione delle esigenze degli utenti dei servizi di recapito;
   a porre in essere effettive ed efficaci interconnessioni tra i sistemi telematici di sicurezza interna di Poste italiane spa e le banche dati pubbliche, al fine di garantire la tutela del risparmiatore.
(1-00828)
«Catalano, Mazziotti Di Celso, Oliaro, Sottanelli».
(22 aprile 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    Poste italiane spa è una società con partecipazione pubblica totalitaria, il cui oggetto sociale è costituito - anche se non in via esclusiva gestendo anche l'attività di Bancoposta - dal servizio postale universale, che, in quanto destinato a soddisfare interessi pubblici di preminente interesse generale, rientra a pieno titolo nella categoria dei servizi pubblici;
    è evidente, dunque, che la società, prestando un servizio pubblico essenziale, deve garantire ai cittadini-utenti la fruizione dello stesso secondo standard di qualità e di efficienza;
    nel mese di dicembre 2014 Poste italiane spa ha approvato un piano industriale e strategico per il periodo 2015-2020 che stanzia 3 miliardi di euro di investimenti in 5 anni, per arrivare ad un fatturato di 30 miliardi di euro alla fine del quinquennio. L'amministratore delegato di Poste italiane spa, Francesco Caio, ha dichiarato che si tratta di «un piano di sviluppo» che tra gli obiettivi si propone di procedere ad una riconsiderazione di quello che deve essere il servizio universale postale, poiché attualmente non risulta essere in linea con le esigenze degli utenti e non più sostenibile economicamente;
    già da tempo la società ha annunciato che in attuazione del nuovo piano strategico è previsto un progetto di razionalizzazione per il quale si vuole procedere alla chiusura di 455 uffici postali a livello nazionale e alla riduzione degli orari di apertura di altri 600, ritenuti improduttivi nonché diseconomici;
    sul piano di razionalizzazione degli uffici e, dunque, sulla chiusura di un considerevole numero di sedi sono intervenute ben presto le accese proteste sia dei cittadini che degli amministratori locali. Sono numerosi anche gli atti di sindacato ispettivo presentati al Governo, per scongiurare l'attuazione del piano. Vi è, infatti, il timore che le decisioni assunte unilateralmente da Poste italiane spa su tutto il territorio nazionale possano determinare un grave calo della qualità e della fruibilità del servizio per i cittadini che risiedono in zone svantaggiate, come quelle di montagna;
    in Friuli Venezia Giulia, ad esempio, rispetto alle annunciate chiusure degli uffici postali ad essere danneggiati sono i piccoli uffici, indispensabili, soprattutto, alle persone anziane sprovviste di mezzi per spostarsi. È la provincia di Udine ad essere più penalizzata con il 70 per cento delle chiusure regionali. Tale regione già qualche anno fa è stata interessata da una prima tornata di chiusure che ha decimato soprattutto le zone di montagna. Sul punto, se è vero che non tutti gli uffici raggiungono la produttività ricercata dal management centrale, non può non tenersi conto che per un adeguato servizio dovrebbe essere presente almeno una sede per ciascun comune. Gli amministratori locali hanno, quindi, cercato un confronto con la società per evidenziare il disagio che si determinerebbe per la chiusura degli uffici e individuare delle soluzioni alternative;
    sulle annunciate chiusure in Friuli Venezia Giulia è stata presentata un'interrogazione (la n. 5-04731) al Ministero dello sviluppo, per evitare che Poste italiane spa proceda unilateralmente alla chiusura di uffici in zone svantaggiate con conseguente danno ai cittadini, che vengono ingiustamente privati di un adeguato servizio pubblico. Inoltre, si è richiesta l'adozione di provvedimenti affinché la società non disponga l'attuazione del piano, in assenza di una preventiva e necessaria concertazione con gli enti locali interessati. Non soddisfacente è stata la risposta del Ministero dello sviluppo economico che ha dichiarato genericamente, in sostanza, che le disposte chiusure sono conformi ai criteri previsti dalle disposizioni in materia. Il Ministero ha giusto tentato di dare delle rassicurazioni, affermando che, su propria richiesta a Poste italiane spa, il piano di razionalizzazione degli uffici verrà attuato solo con il completamento di un dialogo avviato con le istituzioni locali e che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni continuerà a vigilare sulla corrispondenza degli interventi ai criteri di distribuzione dei punti di accesso alla rete postale;
    ebbene, si ritiene necessario un cambio di politica da parte della dirigenza di Poste italiane spa, che troppo spesso assume unilateralmente decisioni senza un'idonea e concreta concertazione con le istituzioni centrali e locali. Non può essere consentito alla società di attuare le misure in questione, alla luce di una logica ragionieristica, che non considera né la fondamentale funzione sociale di un servizio pubblico, né le esigenze e peculiarità dei singoli territori coinvolti dagli interventi del piano di razionalizzazione;
    dunque, ricordando che la società ha un capitale che è detenuto al 100 per cento dallo Stato italiano, è chiaro che non può procedere all'attuazione di interventi di rilievo in esclusiva autonomia, soprattutto quando questi hanno serie ripercussioni non solo rispetto agli utenti, ma altresì verso i lavoratori della società stessa. Infatti, il nuovo piano strategico fa temere conseguenze negative anche da un punto di vista occupazionale, per il personale attualmente addetto presso le agenzie di recapito, sebbene l'amministratore delegato abbia dichiarato che, trattandosi di un piano di sviluppo, non sono previsti licenziamenti ma proseguirà il programma di uscite agevolate iniziato nel 2010,

impegna il Governo:

   ad adottare le iniziative di competenza affinché non sia attuato il nuovo piano di razionalizzazione di Poste italiane spa sino a quando non si proceda, concretamente, alla necessaria concertazione con le amministrazioni locali interessate, per esaminare le conseguenze delle misure previste dal piano e valutare soluzioni alternative, qualora vi sia il rischio di non poter garantire standard di qualità e di efficienza del servizio a tutti i cittadini, con particolare attenzione per i territori svantaggiati, come quelli di montagna;
   a promuovere iniziative affinché nell'attuazione del nuovo piano venga garantita la salvaguardia dei posti di lavoro della società.
(1-00829)
«Rizzetto, Barbanti, Rostellato, Mucci, Baldassarre, Artini, Prodani, Segoni, Turco, Bechis».
(22 aprile 2015)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA PROMOZIONE DELL'EDUCAZIONE ALIMENTARE NELLE SCUOLE

   La Camera,
   premesso che:
    nonostante le linee guida per l'educazione alimentare nella scuola italiana, pubblicate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in data 22 settembre 2011, lo spreco di cibo nella società odierna è sempre più alto e non è più sostenibile;
    si vive in una società paradossale e ambivalente che offre una scelta e un'abbondanza di cibo senza precedenti, proponendo al contempo ideali di magrezza, spesso irrealistici, come sinonimi di successo personale e sociale. Questi fattori possono incidere molto sul rapporto che gli adolescenti instaurano col cibo e col proprio corpo che, nelle difficoltà e criticità tipiche di quest'età, possono essere vissuti in modo molto conflittuale;
    quello che in sostanza non va dimenticato e che rende ragione dell'intervento degli psicologi in molte iniziative di educazione alimentare nelle scuole è che il rapporto col cibo è inestricabilmente connesso al rapporto con il proprio corpo, la propria identità e i propri affetti;
    è attraverso il cibo che si instaurano i primi fondamentali scambi affettivi ed è attraverso di esso che si continua a rimarcare relazioni d'intimità, l'appartenenza a un gruppo, l'identità, il bisogno di affetto e di essere amati, ma tuttavia è attraverso il cibo che possono nascere scontri e conflitti in adolescenza, perché spesso si è portati a uniformarsi alle mode e alle tendenze del gruppo dei pari con l'ostinato rifiuto di cibo per evitare o controllare emozioni e situazioni che non si è in grado di gestire;
    interventi formativi e informativi sui corretti stili di vita alimentare favoriscono l'apprendimento dei rischi connessi ai disturbi dell'alimentazione, quali anoressia e bulimia, e una corretta educazione alimentare nelle scuole è tesa a indurre nei giovani l'adozione di stili di vita sani e la rivalutazione di prodotti tipici del territorio;
    per ottenere dei cambiamenti si deve appunto partire dall'educazione dei ragazzi, ma non si può insegnare agli studenti l'importanza del cibo in aula per poi metterli di fronte all'evidenza di operatori addetti alla mensa scolastica, costretti a buttare nella spazzatura gli alimenti non avanzati;
    con l'Expo 2015 partirà il progetto di educazione alimentare nelle scuole avviato dai Ministeri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e delle politiche agricole, alimentari e forestali;
    detto progetto ha il giusto obiettivo di inserire un progetto sperimentale di educazione alimentare;
    l'alimentazione sana e corretta, come l'educazione sull'importanza del cibo e contro lo spreco alimentare, inizia, infatti, sui banchi della scuola. Ma una semplice fase sperimentale di un programma di educazione alimentare che coinvolgerà tutto il sistema scolastico italiano con visite didattiche e percorsi dedicati agli studenti all'interno dell'area che ospiterà l'Esposizione universale non sarà sufficiente a colmare il vuoto educativo di oggi;
    oltre 8 miliardi di euro si sprecano ogni anno in Italia per cibo buttato nella spazzatura, dati che emergono dal rapporto 2014 Waste watcher – knowledge for Expo;
    la sensibilizzazione allo spreco deve passare attraverso un'azione culturale anziché attraverso norme e leggi,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per inserire l'educazione alimentare nei piani di offerta formativa nelle scuole di ogni ordine e grado unitamente ad un piano di semplificazione normativa ed economica delle regole per il recupero del cibo avanzato.
(1-00557)
«Vezzali, Mazziotti Di Celso, Molea, Antimo Cesaro, Galgano, Matarrese, Sottanelli, Cimmino, Librandi, D'Agostino, Vecchio, Capua, Tinagli, Oliaro, Rabino».
(23 luglio 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    dal rapporto 2014 Waste watcher – knowledge for Expo più di 8 miliardi di euro di cibo all'anno vengono gettati nella spazzatura;
    nonostante gli italiani abbiano diminuito gli sprechi domestici, ancora oggi ogni cittadino butta nella spazzatura 76 chili di prodotti alimentari. Anche secondo un'indagine della Coldiretti, divulgata in occasione della giornata di prevenzione dello spreco alimentare in Italia istituita dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sei italiani su dieci (il 60 per cento) nel 2014 hanno sprecato di meno;
    anche a causa della crisi il 75 per cento fa la spesa più attentamente, il 56 per cento utilizza gli avanzi nel pasto successivo, il 37 per cento riduce le quantità acquistate, il 34 per cento guarda con più attenzione la data di scadenza e l'11 per cento dona in beneficenza;
    a livello mondiale un terzo del cibo prodotto viene sprecato per un totale di 1,3 miliardi di tonnellate, che sarebbero ampiamente sufficienti a sfamare la popolazione che soffre di fame cronica, secondo l'analisi della Coldiretti su dati Fao;
    gli sprechi alimentari hanno raggiunto le 670 milioni di tonnellate nei Paesi industrializzati e le 630 milioni di tonnellate in quelli in via di sviluppo;
    vi è un poi dato preoccupante: da uno studio effettuato dagli esperti dell'Osservatorio nutrizionale Grana padano i bambini italiani in sovrappeso sono il 30 per cento, i bambini obesi il 15 per cento, con un totale complessivo di bambini con peso in eccesso del 45 per cento e capire l'importanza di una sana alimentazione è il primo passo da compiere;
    l'indagine dell'Osservatorio ha valutato le abitudini alimentari, l'attività fisica e i dati antropometrici di 2.062 bambini e ragazzi di età compresa fra i 6 e i 13 anni, di cui 1.390 in età fra 6-10 anni e 672 in età compresa tra 11-13 anni, confermando una tendenza negativa sull'eccesso di peso dei bambini, che vede l'Italia ai primi posti della classifica europea, nonostante il nostro Paese sia rinomato nel mondo per la dieta mediterranea e stia preparando l'Expo 2015 proprio sul tema dell'alimentazione;
    dall'indagine emerge che i bimbi più piccoli (6-10 anni) consumano meno frutta e verdura dei bambini più grandi e, in particolare, introducono significativamente meno legumi, pomodori, broccoli, cavolfiore, cavoletti, carote, zucchine, fagiolini, peperoni e verdure verdi (spinaci, bieta, coste ed altro), ma anche meno frutta (mele, anguria e melone);
    emerge, inoltre, che i più piccoli consumano poco pesce rispetto ai ragazzi più grandi (circa la metà);
    l'alimentazione ha assunto nella società in cui si vive oggi un ruolo fondamentale nella determinazione della qualità della vita;
    l'educazione alimentare, in età scolare, rappresenta lo strumento essenziale per la prevenzione e la cura di malattie e, quindi, contribuisce al mantenimento di uno stato di salute ottimale e offre anche moltissimi spunti di crescita personale, culturale ed umana, nella prospettiva della formazione della personalità nelle sue diverse dimensioni (fisica, affettiva, sociale, morale, intellettuale, spirituale ed estetica);
    per gli alunni imparare a costruire un corretto rapporto con il cibo è essenziale, anche per una vita sana in età adulta, e in tale prospettiva il momento scolastico assume particolare importanza, con il duplice obiettivo, nutrizionale ed educativo, di ruolo primario per la salute, il benessere fisico e la socializzazione dei giovani;
    è importante riconoscere l'importanza dell'alimentazione, riportare le abitudini del bambino alla piramide alimentare, far conoscere la composizione e il valore nutritivo degli alimenti anche attraverso la lettura delle etichette, far conoscere l'importanza e la funzione dei vari alimenti (ad esempio, storia del grano e dei suoi derivati, il latte e i suoi derivati e altro), far sviluppare nell'adolescente un comportamento responsabile nella scelta dei cibi e far conoscere gli effetti di un'alimentazione eccessiva o insufficiente e le varie patologie legate all'alimentazione (celiachia e altre allergie e intolleranze alimentari, diabete, obesità e altro) e, di conseguenza, promuovere anche la prevenzione dei disturbi del comportamento alimentare;
    attribuire valore al cibo e ristabilire l'importanza della sua qualità potrebbe forse far riscoprire e riapprezzare l'identità umana e sociale,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative affinché nel primo e nel secondo ciclo di istruzione vengano impartite le conoscenze relative alla corretta alimentazione attraverso la disciplina denominata «educazione alimentare»;
   ad assumere iniziative volte a prevedere nelle scuola dell'infanzia che tale acquisizione venga realizzata mediante appositi percorsi formativi finalizzati all'insegnamento dell'importanza dell'alimentazione e della funzione dei vari alimenti;
   a sensibilizzare e promuovere, anche attraverso campagne mediatiche, l'utilizzo corretto degli alimenti, per bambini ed adulti, al fine di poter sviluppare nella collettività un comportamento sempre più responsabile nella scelta dei cibi, in maniera tale da far conoscere gli effetti di un'alimentazione eccessiva o insufficiente e le varie patologie legate all'alimentazione (celiachia e altre allergie e intolleranze alimentari, diabete, obesità e altro) e, di conseguenza, promuovere la prevenzione dei disturbi del comportamento alimentare.
(1-00834)
«Rostellato, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco».
(24 aprile 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    in Europa e in Nord America si stima che i consumatori buttino via tra i 95 e i 115 chili pro capite di cibo l'anno. La Fao stima che a livello mondiale la quantità di cibo che finisce tra i rifiuti ammonti a 1,3 miliardi di tonnellate e che 925 milioni di persone nel mondo sono a rischio di denutrizione. La popolazione mondiale ipernutrita è pari a quella sottonutrita e denutrita;
    nell'Unione europea oltre 79 milioni di persone vivono ancora al di sotto della soglia di povertà, mentre 18 milioni di persone dipendono dagli aiuti alimentari. Al contempo, le percentuali degli sprechi alimentari sono così ripartite: il 42 per cento dalle famiglie, il 39 per cento dai produttori, il 5 per cento dai rivenditori e il restante 14 per cento dal settore della ristorazione;
    nel nostro Paese, ogni famiglia butta tra i 200 grammi e i 2 chilogrammi di alimenti ogni settimana e ogni anno lo spreco domestico costa agli italiani 8,7 miliardi di euro, circa 7,06 euro settimanali a famiglia;
    è indispensabile fin dai primi anni di scuola promuovere dei modelli di consumo alimentare sani, sostenibili e responsabili, sensibilizzando i ragazzi alla necessità etica, prima ancora che economica, di una lotta allo spreco alimentare laddove gli squilibri relativi al diritto all'accesso al cibo sono ormai sempre più inaccettabili, sia a livello nazionale che planetario;
    sotto questo aspetto, quindi, la scuola può e deve avere un ruolo importantissimo per contribuire alla formazione di consumatori consapevoli. Consapevoli dello stretto legame tra qualità del cibo, un'alimentazione sana e la propria salute, nonché quanto le scelte alimentari siano strettamente connesse alla tutela dell'ambiente e del territorio. Consapevoli che scegliere prodotti locali, privilegiando la filiera corta, riduce i costi di trasporto e, quindi, le emissioni di anidride carbonica e sostiene l'economia locale; così come scegliere produzioni biologiche significa optare per prodotti più sani con evidenti benefici ambientali connessi, tra l'altro, al mancato utilizzo di prodotti chimici in agricoltura e altro;
    è, peraltro, evidente come quanto sopra esposto debba essere coerente e, quindi, accompagnato con politiche nazionali e comunitarie volte a incentivare l'alimentazione di qualità ed avviare efficaci iniziative normative per contrastare lo spreco alimentare: dalle vendite con ribasso del cibo prossimo a scadenza alla donazione dei prodotti invenduti, all'introduzione di criteri premianti negli appalti pubblici dei servizi di ristorazione collettiva per chi distribuisce gratuitamente le eccedenze;
    il 16 dicembre 2014 la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza ha approvato il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla povertà e il disagio minorile. Nel documento si segnala, tra l'altro, la diffusione di due fattori di rischio molto significativi per la salute dei minori: l'obesità e il sovrappeso;
    detti fattori di rischio risultano strettamente correlati al concetto di povertà come assenza o carenza di opportunità e ciò comporta, tra l'altro, che il divario sociale si traduca in un divario di salute che, nonostante i progressi della medicina e i livelli di offerta sanitaria nel nostro Paese, non risulta ancora colmato;
    dai dati 2014 risulta che i bambini in sovrappeso sono il 20,9 per cento e i bambini obesi sono il 9,8 per cento, compresi i bambini severamente obesi, che da soli sono il 2,2 per cento. Il suddetto documento conclusivo evidenzia che le regioni del Sud – sulla base di uno studio condotto dal Ministero della salute che ha riguardato i bambini di età tra 8-9 anni che frequentano la terza elementare – hanno una quota decisamente più alta di cittadini obesi o in sovrappeso, quindi a rischio di ammalarsi di diabete. Alcune regioni evidenziano, in questa fascia d'età, un 40 per cento di soggetti in condizioni di sovrappeso; e una gran parte degli obesi si trovano proprio nelle regioni del Sud. «Nelle regioni del Sud, quindi, tende ad affermarsi un modello nutrizionale sempre più simile a quello esistente nei Paesi del Sud del mondo, in cui si abbandona la tradizione alimentare nazionale a favore di un consumo eccessivo del cosiddetto junk food, il cibo ipercalorico a scarso valore nutrizionale, che però vanta un costo basso»;
    si evidenzia, inoltre, come la pubblicità di cibi «spazzatura» (junk food), rivolta ai bambini e non solo, contribuisce all'eccessivo consumo di snack nell'alimentazione quotidiana che ha snaturato la cultura del rispetto e della conservazione del cibo, che è stata falsata dalle multinazionali nella composizione dei valori nutrizionali, come, per esempio, nell'alterazione del contenuto dei grassi, degli zuccheri e del sale, al fine di rendere il cibo «appetitoso» e maggiormente prossimo al consumo immediato;
    è, peraltro, indispensabile prestare maggiore attenzione ai crescenti disturbi del comportamento alimentare. Spesso i primi sintomi di questi disturbi insorgono proprio in età evolutiva;
    nel corso degli ultimi anni si è registrato un aumento del tasso di incidenza e, contemporaneamente, un abbassamento dell'età di insorgenza di questi fenomeni. Il fatto che questi disturbi non riguardino più solo gli adolescenti, ma che si stiano diffondendo anche in età pre-adolescenziale, rende fondamentale il ruolo che può essere svolto dalle scuole;
    una corretta educazione alimentare attraverso un'appropriata conoscenza dei principi alimentari e la promozione di un sano rapporto con il cibo aiuterebbero i ragazzi a sviluppare consapevolezza critica verso messaggi mediatici sbagliati che associano bellezza e magrezza e li accompagnerebbe verso un equilibrato sviluppo e benessere psico-fisico. Sotto questo aspetto, progetti nelle scuole, iniziative e campagne di sensibilizzazione dovrebbero servire a prevenire anche queste patologie, sempre più diffuse ma spesso taciute;
    l'Organizzazione mondiale della sanità ha recentemente emanato le linee guida sull'assunzione dello zucchero presente negli alimenti. Le raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità riguardano l'assunzione di monosaccaridi (glucosio e fruttosio) e disaccaridi (saccarosio), aggiunti ad alimenti e bevande, e di zuccheri naturalmente presenti in miele, sciroppi, succhi di frutta e concentrati di succhi di frutta e prevedono la limitazione dell'assunzione di zuccheri semplici (quali quelli tipici delle merendine) al 10 per cento del fabbisogno calorico giornaliero, con l'esortazione a ridurre ulteriormente questa soglia a meno del 5 per cento. E questo con particolare attenzione ai più giovani;
    a parere del Ministero della salute italiano, che a quanto risulta è l'unico Paese dell'Unione europea a essersi dichiarato in disaccordo con dette raccomandazioni, le linee guida appaiono eccessivamente restrittive, soprattutto allorché propongono una riduzione del consumo di zuccheri semplici al di sotto del 5 per cento;
    come riportato anche dalle agenzia di stampa, il 19 novembre 2014 il Ministro Beatrice Lorenzin, parlando a margine della seconda conferenza internazionale sulla nutrizione, dichiarava riguardo alle nuove raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità sullo zucchero: «No a diktat senza base scientifica. È un'aggressione alle nostre tradizioni dolciarie (...) Dobbiamo fare esattamente l'opposto, cioè proporre il modello della dieta mediterranea, educare famiglie e bambini in età scolare a mangiare bene e anche a fare una giusta attività fisica. Ma non è facendo questo tipo di divieti che noi costruiamo la cultura dell'alimentazione»;
    un'ulteriore criticità, emersa nel corso dell'indagine conoscitiva sulla povertà e il disagio minorile sopra citata, ha riguardato le mense scolastiche, che spesso risultano scarsamente accessibili ai minori che vivono in nuclei familiari con difficoltà economiche. Sotto questo aspetto è stata sottolineata l'opportunità di offrire un servizio gratuito alle famiglie e ai bambini in condizioni di povertà certificata. Chiaramente questo tema si inserisce nella complessa questione delle risorse destinate alla scuola,

impegna il Governo:

   a introdurre, fin dalla scuola dell'obbligo, programmi di studio di educazione alimentare che si riconnettano anche alla gestione ecosostenibile delle risorse naturali, attraverso un approccio multidisciplinare alle diverse tematiche relative al cibo, in quanto strettamente connesse ad ambiti quali lo spreco alimentare, la salute, l'agronomia, il benessere animale, l'ambiente e la biodiversità, l'economia;
   ad avviare, comunque quanto prima, apposite campagne informative nelle scuole, rivolte a genitori e alunni, sulla conoscenza e sensibilizzazione degli squilibri esistenti a livello internazionale e nel nostro Paese sull'accesso al cibo e sullo spreco alimentare, nonché sull'educazione al cibo di qualità e a una produzione alimentare ecosostenibile;
   a prevedere l'avvio di progetti e campagne di sensibilizzazione nelle scuole sui disturbi del comportamento alimentare, che troppo spesso insorgono proprio nell'età evolutiva, per favorire un'appropriata conoscenza dei principi alimentari e la promozione di un sano rapporto con il cibo, nonché per sviluppare consapevolezza critica verso messaggi mediatici sbagliati che associano bellezza e magrezza, accompagnandoli verso un equilibrato sviluppo e benessere psico-fisico;
   a incentivare, per quanto di competenza, la diffusione di orti didattici fin dalle scuole d'infanzia statali e paritarie degli enti locali, quali strumenti didattici con cui i bambini possono imparare la coltura di ortaggi e frutti, piantare i semi e vederli gradualmente trasformarsi in piante, imparando ad osservare la natura, i suoi ritmi, il ciclo delle stagioni, e raccogliere e consumarne i prodotti;
   ad adottare opportune iniziative normative, in accordo con gli enti territoriali, volte a privilegiare l'utilizzo dei prodotti biologici nelle mense scolastiche e degli alimenti a filiera corta, in conseguenza della loro migliore qualità e dei loro maggiori benefici ambientali;
   ad avviare efficaci iniziative in ambito scolastico volte a disincentivare, soprattutto tra i più giovani, il consumo eccessivo del cosiddetto junk food (cibo «spazzatura»), cibo ipercalorico e a scarso valore nutrizionale;
   a predisporre più efficaci iniziative normative per la lotta alla deprivazione alimentare, per contrastare lo spreco alimentare, favorendone il recupero e prevedendo adeguati strumenti normativi volti ad incentivare la donazione dei prodotti alimentari invenduti, la vendita con ribasso del cibo prossimo a scadenza, nonché a introdurre criteri premianti negli appalti pubblici dei servizi di ristorazione collettiva per chi distribuisce gratuitamente le eccedenze a cittadini indigenti, anche attraverso enti non profit;
   a garantire, d'intesa con gli enti territoriali, il servizio della mensa scolastica gratuito per le famiglie e i bambini in condizioni di povertà certificata;
   a recepire le raccomandazioni contenute nelle linee guida emanate dall'Organizzazione mondiale della sanità sulla riduzione dello zucchero presente negli alimenti, con particolare riferimento ai bambini/consumatori.
(1-00835)
«Giancarlo Giordano, Pannarale, Nicchi, Franco Bordo, Zaccagnini, Scotto, Pellegrino, Zaratti, Matarrelli».
(24 aprile 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    l'obesità rappresenta il più comune disordine nutrizionale nel mondo occidentale e la sua prevalenza è in progressivo aumento, tanto da indurre l'Organizzazione mondiale della sanità ad utilizzare la definizione di pandemia;
    i bambini in sovrappeso o obesi, tra 0 e 5 anni, censiti a livello mondiale dall'Organizzazione mondiale della sanità, sono aumentati dai 31 milioni del 1990 ai 44 milioni nel 2012. Le tendenze del fenomeno indicano ancora un rapido aumento ed a livello globale si stima che nel 2025 i bambini con tale disturbo potranno raggiungere circa i 70 milioni, la maggior parte dei quali sarà concentrata nei Paesi in via di sviluppo. In Italia, i dati 2014 del sistema di sorveglianza nazionale del Ministero della salute mostrano che i bambini in sovrappeso sono il 20,9 per cento, mentre i bambini obesi sono il 9,8 per cento;
    la dieta non sana è uno dei principali fattori di rischio per le malattie non trasmissibili, come l'obesità, ed i rischi presentati da una cattiva alimentazione iniziano già durante l'infanzia, accumulandosi poi nel corso della vita. Questi disturbi alimentari hanno anche un considerevole peso economico sulla spesa sanitaria; in Europa, infatti, si stima che obesità e sovrappeso siano responsabili, per una quota che può arrivare fino all'8 per cento, della spesa sanitaria totale per costi diretti;
    il percorso per combattere il sovrappeso e l'obesità, in particolare quella infantile, per giungere ad uno stile di vita corretto, non può non passare attraverso l'educazione alimentare nella scuola. L'ambiente scolastico è, infatti, il luogo in cui la maggior parte dei bambini e degli adolescenti trascorre buona parte della giornata; le sue finalità educative, le regole organizzative e la scansione della vita scolastica si prestano alla realizzazione di interventi di promozione della salute, ma purtroppo queste materie sono spesso tralasciate e non trovano sufficiente spazio nella scuola italiana;
    alcune proposte di legge e mozioni depositate in Parlamento affrontano l'argomento dell'educazione alimentare per contrastare i disturbi alimentari (si vedano la proposta di legge atto Camera n. 2904 o la mozione n. 1-00744);
    anche l'industria alimentare, in questo scenario, può svolgere un ruolo attivo nel contrastare l'insorgere dell'obesità, riducendo i grassi saturi, gli zuccheri ed i sali negli alimenti ed anche prevedendo un marketing responsabile, con un'attenzione particolare verso bambini e adolescenti. Le forme di marketing alimentare rivolte ai bambini sono, infatti, molto diffuse a livello planetario, in particolare la pubblicità televisiva;
    in Italia, né il codice di autoregolamentazione tv e minori, né la legge n. 122 del 1998, né la successiva «legge Gasparri», né il recente codice di consumo hanno dettato disposizioni specificamente rivolte alla regolamentazione della pubblicità di prodotti alimentari. Pertanto, si fa riferimento alle normative comunitarie che definiscono principi, parametri minimi e disposizioni specifiche a tutela dei minori, come il divieto di inserire la pubblicità nei programmi di cartoni animati;
    nel nostro Paese, tuttavia, si sono riscontrati numerosi casi di violazione evidente di tali disposizioni comunitarie, come il passaggio di spot durante la trasmissione di cartoni animati, la pubblicizzazione di birra o bevande analcoliche energetiche con alto tenore di caffeina nella fascia protetta;
    nel settore privato, come si evince dalla risoluzione WHA63.14 dell'Organizzazione mondiale della sanità del 2010, sono già stati compiuti dei passi in avanti verso la riduzione della commercializzazione di alimenti ad alto contenuto di grassi saturi, acidi grassi trans, zuccheri liberi e sali oltre, che di bevande non alcoliche ai bambini, ed in molti Paesi membri dell'Organizzazione mondiale della sanità sono già in vigore alcune norme applicate al marketing alimentare rivolto ai bambini. In Australia, per esempio, è vietata la pubblicità diretta ai giovani sotto i 14 anni, in Olanda il limite è portato a 12 anni ed in Svezia i personaggi dei cartoon non possono pubblicizzare alimenti per bambini;
    i grassi vegetali, contenuti negli snack e nei dolci, insieme a zuccheri, sodio, coloranti e conservanti, possono essere considerati tra i principali responsabili dell'obesità infantile; in particolare, una percentuale molto alta di questi prodotti è realizzata con olio di palma che contiene dal 45 al 55 per cento di grassi saturi a catena lunga, come l'acido palmitico, e favorisce l'aumento dei livelli di colesterolo;
    sempre in merito alle cattive abitudini alimentari, si segnala la grande diffusione dei distributori automatici, dove acquistano 23 milioni di italiani, tra i quali ben 10 milioni regolarmente, che, pertanto, necessita di un'innovazione e regolamentazione più rigida, soprattutto nei luoghi frequentati da bambini, che punti a privilegiare prodotti naturali, di stagione e made in Italy, con obiettivi salutistici ma anche di formazione;
    bisogna, inoltre, considerare che il consumo di alimenti di origine animale, legato al modello culturale ed economico dei Paesi industrializzati, è destinato a crescere, con implicazioni sulla salute, sulla spesa sanitaria, sull'ambiente e sulla sicurezza alimentare, considerato che, secondo i dati Fao, nel 2050 la popolazione arriverà oltre i 9 miliardi di persone, con il conseguente problema di raddoppiare la produzione globale di cibo, mentre le risorse sostenibili sono limitate;
    dagli anni ’60, infatti, l'Italia ha visto quasi triplicare i propri consumi di carne, da 31 a 87 chili nel 2011, contrariamente alle raccomandazioni delle linee guida internazionali sulla salute e alle indicazioni dell'equilibrata dieta mediterranea; il tutto senza considerare, tra le altre cose, che la produzione di alimenti di origine animale e, quindi, l'impatto delle scelte alimentari, oltre che sulla salute, pesano fortemente su diversi aspetti ambientali;
    in Italia sono diverse le iniziative messe in atto per implementare l'educazione alimentare nelle scuole, partendo anche da iniziative, promosse a livello comunitario, come le attività collegate al progetto «Frutta nelle scuole», al quale il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha recentemente destinato specifici fondi per la realizzazione di azioni di formazione rivolte agli insegnanti delle scuole primarie che hanno aderito al programma. Si tratta di seminari gratuiti per insegnanti che affiancheranno i docenti nel percorso di conoscenza dei prodotti;
    tali iniziative, tuttavia, non appaiono una misura sufficiente per la formazione completa degli insegnanti, che andrebbe, piuttosto, affrontata con apposite iniziative legislative, né tantomeno per una reale sensibilizzazione degli alunni e delle loro famiglie, anche considerando che l'educazione alimentare tocca diversi aspetti della vita: da un rapporto diretto tra cittadino e cibo, fino al rapporto tra consumo di cibo e tutela dell'ambiente,

impegna il Governo:

   a promuovere l'educazione alimentare e motoria nelle scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di primo grado, attraverso percorsi rivolti ad alunni e docenti inseriti in modo coordinato nelle attività didattiche e formative dei minori e contenenti informazioni su: apparato digerente e gusto, principi e funzioni nutrizionali, etichette, funzione sociale del cibo, piramide alimentare, suddivisione dei pasti, conservazione degli alimenti, provenienza degli alimenti, importanza dei prodotti tipici, biologici, chilometro zero e chilometro utile, igiene della persona, pericolosità di alimenti e bevande che hanno uno scarso apporto nutrizionale, stile di vita attivo, piramide dell'attività fisica, apparato locomotore, attività sportiva;
   a prevedere programmi di educazione alimentare che contemplino anche l'insegnamento del corretto equilibrio tra consumo e rispetto del cibo, per rendere il consumatore consapevole degli sprechi di cibo, acqua ed energia e dei loro impatti ambientali ed economico-sociali, anche al fine di dimostrare come rendere più sostenibile l'acquisto, la conservazione, la preparazione e lo smaltimento finale degli alimenti;
   a prevedere l'applicazione, a livello nazionale, di standard nutrizionali minimi che i cibi somministrati nelle mense scolastiche ed erogati attraverso distributori automatici, nelle scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di primo grado, devono rispettare;
   a sostenere e promuovere nell'ambito dell'educazione alimentare la riduzione del consumo di alimenti di origine animale, indirizzando le scelte alimentari, a cominciare dalle scuole e dai giovani, verso modelli culturali, economici e sociali sostenibili e responsabili;
   a garantire nelle mense scolastiche, di tutti i livelli e gradi, un'adeguata disponibilità di menù privi di qualsiasi alimento di origine animale e a introdurre, per un giorno a settimana, la somministrazione solo di menù privi di alimenti di origine animale;
   ad avviare tutte le iniziative di propria competenza, di concerto con le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, per prevedere l'esclusione dagli appalti delle mense pubbliche di istituti scolastici, ospedali e aziende pubbliche, nonché dei distributori automatici in essi collocati, di ditte fornitrici di prodotti a base di olio di palma;
   a valutare l'opportunità di introdurre, posta la presenza delle sole disposizioni comunitarie, norme più restrittive applicate al marketing alimentare rivolto ai bambini, comprese le pubblicità inserite all'interno di trasmissioni esclusivamente dedicate ai minori, prendendo come esempi i casi dell'Australia, Olanda e Svezia, nonché promuovendo campagne di sensibilizzazione per mezzo di specifici spot sugli organi di stampa mainstream e/o con pubblicità progresso in tv per educare ad una sana alimentazione;
   a promuovere accordi con l'industria alimentare nazionale volti a contrastare l'insorgere dell'obesità, attraverso la progressiva riduzione del contenuto di grassi saturi, acidi grassi trans, zuccheri liberi e sali negli alimenti, con particolare attenzione ai prodotti maggiormente consumati dai minori, e ad assumere eventuali iniziative, anche di carattere normativo, per limitare la vendita di gadget associata agli alimenti per colazione e merende dedicate specificamente ai più piccoli;
   ad assumere iniziative, per quanto di propria competenza, per prevedere un sistema di etichettatura chiaro per i prodotti alimentari commercializzati in Italia contenenti grassi saturi, acidi grassi trans, zuccheri e sali liberi, specie per quelli consumati dai minori.
(1-00836)
«Gagnarli, Massimiliano Bernini, Busto, Mantero, Simone Valente, Benedetti, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela, Lorefice».
(24 aprile 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    la salute è un puzzle composto da educazione alimentare, fisica e mentale;
    lo spreco di cibo nella società è sempre più alto e sempre meno sostenibile. L'Expo 2015 che si terrà a Milano proporrà, con il tema «Nutrire il pianeta, energia per la vita», di affrontare il tema della nutrizione per l'uomo ed affermare il diritto ad un'alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutti gli abitanti della Terra;
    il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha pubblicato nel 2011 le «Linee guida per l'educazione alimentare nella scuola italiana», valutando come prioritario l'impegno della scuola di ogni ordine e grado rispetto all'educazione alimentare. Le istituzioni scolastiche, infatti, possono assolvere al compito di guidare un processo positivo di educazione alimentare per il loro radicamento territoriale, il dialogo e come presidio costante per un percorso formativo che conduca gli alunni ad un'alimentazione sana e sicura;
    nel nostro Paese, a partire dagli anni ’90, si sono sviluppati, soprattutto nella popolazione giovanile, problemi legati a cattive abitudini alimentari. Infatti, è aumentato il numero di giovani in sovrappeso o con problemi di obesità. Ciò è particolarmente grave, soprattutto se si pensa al possibile incremento delle malattie cronico-degenerative che possono derivare da tale stile di vita. Nonostante dal 2008 a oggi sia diminuito il numero dei bambini di età intorno agli 8-9 anni in sovrappeso o obesi, permangono, tuttavia, elevati livelli di eccesso ponderale, che pongono l'Italia ai primi posti in Europa per sovrappeso ed obesità infantile. Risulta, altresì, che i genitori non sempre hanno un quadro corretto dello stato ponderale del proprio figlio: dai dati 2014 (tratti da «OKkio alla salute», sistema di sorveglianza attivato dal Ministero della salute) emerge che tra le madri di bambini in sovrappeso o obesi, il 38 per cento non ritiene che il proprio figlio sia in eccesso ponderale e solo il 29 per cento pensa che la quantità di cibo da lui assunta sia eccessiva. Inoltre, solo il 41 per cento delle madri di bambini fisicamente poco attivi ritiene che il proprio figlio svolga una scarsa attività motoria; le persone sedentarie e in sovrappeso possono diventare più resistenti agli effetti dell'insulina, con le ovvie conseguenze che creano un circolo vizioso sull'ulteriore sovrappeso;
    risulta, quindi, fondamentale prestare attenzione alla qualità del cibo ed adottare corrette pratiche alimentari, anche attraverso la promozione di un cambiamento dei comportamenti che può essere favorito da politiche di sensibilizzazione e di educazione alla corretta nutrizione in tutte le fasi della vita;
    non basta porre attenzione a quello che si mangia, ma anche a come si mangia e nel progetto di educazione alimentare i giovani debbono comprendere quante e quali varianti facilitano o rendono più difficile l'assimilazione del cibo. Stare a tavola serenamente e correttamente contribuisce a mangiare meglio; lo stress, ad esempio, nella società moderna ha forti implicazioni sulla vita, anche per i ragazzi. Quando si è sotto stress alcune sostanze nutritive vengono esaurite più velocemente e le reazioni da stress in genere ostacolano i processi di digestione e assorbimento;
    è, altresì, necessario favorire l'orientamento a modelli nutrizionali più sani, anche attraverso la predisposizione di campagne informative rivolte ai cittadini per promuovere stili di vita basati sull'attività fisica e lo sport, favorendo, dunque, l'informazione in merito all'origine degli alimenti, alla tracciabilità dei prodotti agricoli e circa l'importanza dello sviluppo delle produzioni biologiche ed integrate;
    in questi anni insegnanti più attenti al tema della corretta nutrizione hanno elaborato del materiale didattico, frutto della collaborazione interdisciplinare con nutrizionisti, pedagogisti e psicologi, per giungere ad una corretta educazione alimentare anche attraverso comportamenti corretti, che favoriscano nei bambini una maggiore assunzione di ortaggi, legumi e frutta. Gli alunni, attraverso un metodo induttivo, ossia passando dalla pratica alla teoria, vengono messi in condizioni di sviluppare più facilmente conoscenza e consapevolezza di una cultura della qualità, privilegiando una didattica legata al concreto, al fare, all'assaggiare, sviluppando il piacere di sperimentare cose nuove;
    sulla base di tali considerazioni, sarebbe, pertanto, opportuno introdurre nelle scuole l'insegnamento dell'educazione alimentare, indispensabile per chi si occupa in prima persona dell'istruzione degli studenti, con attività mirate ad individuare particolari tematiche concernenti gli aspetti sociali e culturali legati all'alimentazione, evidenziando i rischi legati all'obesità;
    l'Italia attraverso programmi («Guadagnare salute») e piani nazionali (piano nazionale della prevenzione) ha rafforzato le azioni volte alla promozione di stili di vita sani, sviluppando interventi diretti a modificare i comportamenti individuali non salutari ed a creare condizioni ambientali che favoriscano corretti stili di vita,

impegna il Governo:

   ad introdurre nelle scuole del nostro Paese l'insegnamento dell'educazione alimentare attraverso esperienze concrete che facilitino l'acquisizione di corretti stili di vita, al contempo favorendo un sano esercizio fisico, anche attraverso il gioco e specifiche attività sportive, soprattutto nei bambini e negli adolescenti, per evitare che la sedentarietà contribuisca ad aggravare una condizione di cattiva nutrizione, per eccesso o per altre ragioni;
   a favorire iniziative in cui i ragazzi possano scoprire insieme ai loro insegnanti i luoghi dove si può trovare il cibo e capire come si passa dai prodotti naturali alla loro trasformazione: la natura, la bottega, la cucina e la tavola, luoghi scelti perché vicini al loro immaginario e al loro vissuto, per approfondire i principi nutrizionali di base e le sane regole alimentari, aiutandoli anche a scoprire come riutilizzare materiali e ingredienti, imparando a dare il giusto peso anche a quello che sembra poco, in linea con la sfida lanciata da Expo Milano 2015;
   ad effettuare campagne di sensibilizzazione dirette a far conoscere alle famiglie l'importanza di un'alimentazione sana, corretta ed equilibrata per assicurare che il comportamento individuale dei soggetti sia rivolto a scelte di vita salutari.
(1-00837)
«Binetti, Dorina Bianchi, Calabrò, Roccella».
(24 aprile 2015)

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