TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 480 di Venerdì 11 settembre 2015

 
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INTERPELLANZE URGENTI

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   la perdurante situazione di grave di crisi economica e sociale del Mezzogiorno e lo stato di attuazione del programma di utilizzo dei fondi europei ad esso destinati, non possono non suscitare profonda preoccupazione e sollecitare una significativa inversione di tendenza nell'azione dello Stato;
   il Presidente del Consiglio dei ministri, sin dal suo insediamento, ha ripetutamente dichiarato che fa parte degli indirizzi prioritari del Governo accrescere rapidamente la capacità di spesa dei fondi europei del vecchio ciclo (2007-2013) e del nuovo (2014-2020) e nello stesso tempo migliorare la qualità della spesa;
   secondo gli ultimi dati forniti dal dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, al 30 maggio 2015, ovvero a sette mesi dalla scadenza fissata dall'Unione europea per la certificazione della spesa del ciclo dei fondi europei 2007-2013, risultano ancora non spesi 12,3 miliardi di euro, pari al 26,4 per cento della dotazione complessiva, di cui circa 10 miliardi di euro nelle regioni del Mezzogiorno;
   nel precedente Governo, il Ministro per la coesione territoriale aveva avviato una serie di iniziative di riprogrammazione per accelerare la spesa e concentrarla su alcuni obiettivi anticiclici e tali iniziative di riprogrammazione riguardavano anche il Fondo per lo sviluppo e la coesione e il Piano di azione coesione;
   altre ipotesi di riprogrammazione a livello centrale, con il coordinamento del Ministro e la concertazione con le regioni, erano state annunciate in relazione all'andamento della spesa dei programmi operativi regionali e nazionali (gestiti da vari ministeri);
   nel gennaio 2014 si è ufficialmente avviato il nuovo ciclo dei fondi strutturali europei 2014-2020 e le risorse europee a disposizione del nostro Paese ammontano a 41,5 miliardi di euro, ai quali vanno aggiunti il cofinanziamento nazionale e il Fondo per lo sviluppo e la coesione per un valore complessivo che supera i 100 miliardi;
   non risulta che a più di un anno e sei mesi dall'avvio del nuovo ciclo si sia iniziato a utilizzare tali risorse, pur in presenza di una situazione di grave crisi economica e sociale del Mezzogiorno;
   i Por e i Pon sono stati approvati dalla Commissione europea solo negli ultimi mesi e alcuni restano ancora da approvare e non risulta che siano state intraprese iniziative per integrare più efficacemente detti programmi operativi nazionali e regionali in sede di formulazione, in modo da contrastare la dispersione delle risorse e favorire la loro concentrazione su pochi obiettivi di rilievo strategico, così come formulati nelle premesse dell'accordo di partenariato presentato all'Unione europea e così come auspicato dai precedenti Ministri dei Governi Monti e Letta;
   non risulta inoltre che siano in corso iniziative specifiche adeguate per accelerare l'utilizzo delle risorse;
   il Fondo per lo sviluppo e la coesione, istituito con il decreto legislativo n. 88 del 2011, comprende le risorse nazionali destinate al riequilibrio territoriale e tale decreto prevede che nella legge di stabilità, che precede il nuovo ciclo dei fondi europei, venga fissato l'ammontare complessivo (per la durata del ciclo dei fondi europei) delle risorse nazionali da utilizzare per obiettivi di coesione territoriale attraverso il Fondo per lo sviluppo e la coesione (articolo 5). Con la legge di stabilità approvata nel 2013 la dotazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione è stata determinata in 54 miliardi di euro per il settennio 2014-2020. La percentuale riservata alle regioni meridionali è stata fissata all'80 per cento. Tuttavia, a quasi due anni dalla determinazione di tale stanziamento, non risulta che sia stato avviato il processo di programmazione strategica del Fondo, per il quale è prevista una destinazione prevalente a grandi reti infrastrutturali, materiali e immateriali (articolo 4 comma 3); programmazione strategica da realizzarsi in stretta connessione con quella dei fondi europei (articolo 4 comma 2);
   l'Agenzia per la coesione territoriale, istituita dall'articolo 10 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, costituisce un'importante innovazione al fine di promuovere un più efficace coordinamento nazionale nella programmazione dell'uso dei fondi europei e per la integrazione di tali risorse con quelle del Fondo per lo sviluppo e la coesione, prima ricordato. Inoltre, ad essa sono attribuiti compiti di accompagnamento e di supporto delle autorità di gestione dei programmi operativi regionali e nazionali, anche ai fini dell'accelerazione degli interventi e se necessario di riprogrammazione; in casi di particolare gravità, l'Agenzia può inoltre assumere poteri sostitutivi. La legge istitutiva prevedeva che lo statuto dell'Agenzia venisse adottato entro il 1o marzo 2014 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Lo statuto è stato in realtà adottato il 9 agosto 2014. Il direttore è stato scelto nel luglio del 2014 e si è insediato nel dicembre 2014. Tuttavia, l'Agenzia non risulta a tutt'oggi pienamente operativa per la mancanza di regolamenti relativi all'organizzazione e alla contabilità. Di fatto, l'Agenzia non ha quindi potuto finora svolgere efficacemente i ruoli per cui era stata con urgenza istituita, con nocumento sia della necessaria azione di riprogrammazione dei fondi 2007-2013 – con i relativi i rischi di perdita consistente di tali risorse prima ricordati – che del necessario contributo di coordinamento dei fondi del nuovo ciclo e della loro programmazione integrata con il Fondo per lo sviluppo e la coesione;
   la scelta di ridurre il cofinanziamento nazionale dal 50 al 25 per cento ai programmi operativi di alcune regioni meno sviluppate dovrebbe alimentare una programmazione «parallela», sull'esempio della Politica agricola comune. Tuttavia, in mancanza di una programmazione certa degli interventi finanziati con queste risorse «liberate», rischia di tradursi in un'ulteriore riduzione dell'impegno finanziario dello Stato per le politiche di sviluppo e di coesione nel Mezzogiorno;
   avendo il Presidente del Consiglio dei ministri rinunciato alla presenza nel suo Governo di un Ministro delegato per la coesione territoriale, le relative deleghe sono state affidate all'allora Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Graziano Delrio. Tuttavia, in seguito alla nomina di quest'ultimo a Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il 2 aprile 2015, le deleghe non sono state più riattribuite, in un momento peraltro cruciale per la conclusione del vecchio ciclo dei fondi e l'avvio del nuovo –:
   se l'azione del Governo non sia stata obiettivamente contrastante con gli indirizzi programmatici – ripetutamente espressi dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri – volti a accelerare il più possibile la spesa dei fondi, migliorandone al contempo la qualità, e quindi l'impatto positivo sulla grave situazione economica e sociale del Mezzogiorno, sulla quale concordano i principali istituti di ricerca;
   se non si ritenga pertanto necessario rivedere la scelta di non avvalersi di un Ministro per la coesione territoriale pienamente impegnato nel compito di coordinare più efficacemente l'impiego delle risorse europee e nazionali, rafforzando il suo ruolo con la possibilità di usufruire della piena operatività dell'Agenzia per la coesione territoriale ed, eventualmente, con l'introduzione di modifiche nei meccanismi istituzionali di governo delle politiche di coesione che rendano possibile un miglior coordinamento e una più efficace strategia nazionale;
   se non ritengano altresì necessaria una maggiore attenzione complessiva al problema dello sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno – attualmente, a parere degli interpellanti, marginale nell'azione del Governo – inteso come componente centrale e ineludibile della strategia per la ripresa complessiva del Paese e, a tal fine, quali iniziative intendano intraprendere in questa direzione.
(2-01056)
«Speranza, Cuperlo, Albini, Amato, Amoddio, Argentin, Beni, Borghi, Bossa, Bruno Bossio, Capodicasa, Carra, Carrozza, Casellato, Cenni, Cimbro, D'Attorre, Epifani, Gianni Farina, Folino, Fontanelli, Fossati, Carlo Galli, Giorgis, Gnecchi, Iacono, La Marca, Laforgia, Lattuca, Leva, Patrizia Maestri, Marzano, Miotto, Mognato, Murer, Giorgio Piccolo, Pollastrini, Preziosi, Rigoni, Roberta Agostini, Giovanna Sanna, Stumpo, Terrosi, Ventricelli, Zappulla, Zoggia, Fabbri, Malisani».
(4 agosto 2015)

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   da una lettera pubblicata su «La Stampa» cronaca di Cuneo e provincia giovedì 9 luglio 2015, sono drammaticamente emerse le difficoltà che un disabile ha incontrato, entrando per una visita all'Inps di Cuneo, a causa delle barriere architettoniche che ne hanno reso difficile l'accesso;
   l'avvocato in questione e autore della lettera, sulla sedia a rotelle, ha rilevato ostacoli e difficoltà per poter arrivare alla sala delle visite dell'Inps di Cuneo. Più in particolare, all'ingresso dove vengono convocate le persone per le verifiche, un cartello indica che per poter accedere agli sportelli i disabili in carrozzina devono entrare da un ingresso attiguo, dove l'auto di chi accompagna il disabile può entrare per scaricare l'accompagnato, per poi uscire ed andare a posteggiare sul piazzale o negli spazi blu a pagamento;
   il citofono è ad altezza di persone in piedi e si entra solo dopo aver superato uno scalino di qualche centimetro, attraverso una porta a vetri, superata la quale il disabile deve salire altri scalini per poi essere caricato su un montascale che non riesce a fare salire le carrozzelle elettriche;
   l'ufficio a cui il disabile accede è un ufficio deputato alla verifica di pensionati e di portatori di handicap, per questi motivi ci si aspetterebbe, a parere degli interpellanti, quanto meno che parcheggi e accessi fossero facilitati: non è così;
   in risposta, il direttore della sede provinciale dell'Inps ha elencato i dati in base ai quali è riscontrabile che fino a tre anni fa lo stato delle barriere architettoniche era peggiore di quello attuale, evidenziando come l'edificio sia stato costruito alla fine degli anni Sessanta ed attualmente non più di proprietà dell'istituto e che, pur avendo adottato accorgimenti utili a facilitare l'accesso ai portatori di handicap, è evidente che gli standard dell'epoca in materia di barriere architettoniche erano molto diversi dagli attuali;
   la struttura necessita di urgenti ulteriori interventi, per rendere possibile l'accesso ai portatori di handicap, pur nella consapevolezza delle inevitabili problematiche sia dal punto di vista edilizio che finanziario –:
   se sia a conoscenza delle difficoltà di accesso per i disabili alla sede dell'Inps di Cuneo, e se non ritenga urgente, al fine di agevolarne l'accesso, utilizzare ogni misura necessaria al fine di abbattere le barriere architettoniche che rappresentano, ancora oggi e nonostante le migliorie condotte, un grave ostacolo per i portatori di handicap;
   se e in che modo l'Inps abbia affrontato il problema delle barriere architettoniche in tutte le sue sedi e quale sia la situazione attuale di superamento delle stesse.
(2-01059) «Monchiero, Mazziotti Di Celso».
(4 agosto 2015)

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   agli interpellanti sono giunte reiterate segnalazioni in merito alla presenza di componenti in amianto sugli elicotteri in uso ai vigili del fuoco;
   a tal proposito, peraltro, si sottolinea come sin dal 1992 sul territorio italiano siano state bandite la commercializzazione e la produzione di amianto. Nonostante ciò, così come denunciato con l'interrogazione a risposta scritta a firma Luigi Di Maio n. 4-09498 di mercoledì 17 giugno 2015 (alla quale non è stata ancora data risposta, nonostante quanto previsto dall'articolo 134 del Regolamento della Camera dei deputati), alcune fonti giornalistiche hanno segnalato che un documento dell'ente minerario del Governo indiano rivela che l'Italia nel 2011 e nel 2012 sarebbe risultato il maggiore importatore al mondo di amianto con rispettivamente oltre 1.040 tonnellate e 2.000 tonnellate. Tale nocivo minerale sarebbe tuttora impiegato non solo nel campo dell'edilizia, ma sarebbe ancora utilizzato dall'azienda Agusta Westland, partecipata di Finmeccanica e guidata da Daniele Romiti, che fornisce elicotteri a tutti i Corpi armati dello Stato. Il minerale sarebbe presente anche in alcuni elicotteri in uso dalla Guardia di finanza (ma secondo quanto riportato nella denuncia giornalistica anche agli altri corpi di sicurezza), gli AB412, A109, NH500 prodotti dalla predetta azienda;
   risulta di tutta evidenza l'estrema gravità della circostanza riportata – e nei confronti della quale non risultano al momento smentite – per cui un'azienda partecipata da Finmeccanica – e quindi dallo Stato italiano – seguiti ad acquistare e utilizzare amianto nella fabbricazione di beni strumentali che vengono poi utilizzati dalle forze di sicurezza italiane;
   secondo quanto segnalato agli interpellanti, peraltro, in seguito alle numerosissime denunce da parte del personale dei vigili del fuoco e anche grazie all'intervento della magistratura con il dottore Raffaele Guariniello, che avrebbe aperto un fascicolo di indagine a Torino, sarebbero state avviate seppur parzialmente le necessarie bonifiche sugli elicotteri in dotazione ai vigili del fuoco;
   tuttavia, i provvedimenti adottati risultano, a parere degli interpellanti, insufficienti e comunque inadeguati, per cui occorrerebbe senz'altro un maggiore e più incisivo impegno nella bonifica dei aeromobili e una maggiore sistematicità nel sottoporre il personale che utilizza elicotteri a controlli sanitari periodici e nel verificare la non contaminazione degli aeromobili e dei luoghi di lavoro;
   infine, a parere degli interpellanti sarebbe necessario ottenere il riconoscimento per i vigili del fuoco, per lo meno con riferimento agli addetti al traffico elicotteristico, di categoria a rischio con eventuali benefici economici, pensionistici, ma soprattutto sanitari, dal momento che tutto il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco non ha tutele assicurative per mancanza di fondi e conseguentemente tutto l'onere diagnostico e terapeutico grava sulle spalle di lavoratori che vengono beffati doppiamente dallo Stato –:
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza del fatto che l'Italia ancora importa amianto, cosa che gli interpellanti ritengono vergognosa e se non si sentano in dovere di attivarsi, ciascuno per quanto di competenza, affinché cessi quanto prima l'importazione e l'utilizzo di un minerale che ha provocato e sta provocando in Italia e nel mondo milioni di morti tra atroci sofferenze;
   se il Ministro dell'interno non ritenga di dover accelerare le operazioni di bonifica dei mezzi infestati dall'amianto;
   se il Ministro dell'interno non ritenga di dover intensificare i controlli sul personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco esposto all'amianto;
   se il Ministro dell'interno non ritenga di dover riconoscere al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco la specialità di categoria a rischio, garantendo loro una copertura assicurativa in relazione alle patologie sviluppate per causa di servizio con particolare attenzione alle malattie asbesto correlate.
(2-01033)
«Luigi Di Maio, Cozzolino, Nuti, Toninelli, Cecconi, Dadone, Dieni, D'Ambrosio, Grande, Grillo, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Nesci, Parentela, Petraroli, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Terzoni, Tofalo, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Zolezzi».
(14 luglio 2015)

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   la città di Savona ha vissuto nei giorni scorsi un episodio grave che richiama, più in generale, la necessità di una grande attenzione e di stretta collaborazione tra i diversi livelli istituzionali per fare sì che il livello di convivenza e di sicurezza soddisfacente che si registra in quella comunità non venga messo in discussione dalla possibile sottovalutazione di situazioni critiche;
   una rissa scoppiata presso un locale bar-sala giochi ha provocato la morte violenta di una persona e il ferimento grave di un'altra, di fronte alle decine di persone e alle famiglie con bambini riunite in un altro locale nelle vicinanze: protagonisti tre uomini di origine nord africana;
   le modalità dell'accaduto hanno generato una forte apprensione nella comunità savonese; il coinvolgimento di persone straniere ha focalizzato su questo l'attenzione dei commentatori e dell'opinione pubblica;
   il locale in cui la rissa si è generata era stato oggetto di segnalazioni e denunce di residenti e operatori economici, che percepivano la pericolosità dell'ambiente che vi si era creato e una gestione assolutamente discutibile da parte dei titolari;
   il sindaco di Savona, nella riunione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, il 4 giugno 2015, aveva indicato alle amministrazioni centrali competenti la necessità di interventi che potessero costituire efficace prevenzione di ulteriori criticità. Il fatto che nel locale si esercitassero anche attività di gioco d'azzardo getta ulteriori ombre su quella vicenda;
   la comunità savonese è caratterizzata da un buon livello di coesione sociale e di integrazione;
   la crisi economica, che pure ha segnato anche questa zona, è stata affrontata con grande attenzione da parte delle istituzioni locali, con azioni di sostegno alle persone e con scelte che prefigurano un possibile nuovo cammino di crescita, ovviamente in presenza di adeguate politiche a livello nazionale e comunitario;
   la popolazione straniera sul totale si è attestata attorno al 10 per cento (circa 8,5 per cento la media provinciale), dopo una crescita progressiva e ordinata, di non più di un punto percentuale all'anno;
   la disponibilità delle comunità di immigrati a entrare positivamente in relazione con la comunità nel suo insieme e con le istituzioni locali è testimoniata, tra l'altro, dall'altissima risposta delle famiglie all'iniziativa dell'amministrazione comunale, che da oltre tre anni consegna ai bambini nati a Savona da genitori cittadini stranieri regolarmente soggiornanti e residenti l'attestato di cittadinanza onoraria «ius soli»;
   l'indice di invecchiamento della popolazione in Liguria e in provincia di Savona, molto alto rispetto alla media nazionale, fa sì che l'immigrazione sia una componente fondamentale del necessario riequilibrio tra le generazioni, a tutto vantaggio dei cittadini da sempre qui residenti;
   la mancata prevenzione di episodi gravi di violenza e di criminalità di vario grado rischia di dare fiato a indiscriminate campagne contro la presenza di persone immigrate. D'altra parte è assolutamente necessario che l'insieme della popolazione possa vivere in condizioni di sicurezza e percepire come sicura e vivibile la propria città;
   inoltre, la disponibilità dimostrata dalla città di Savona e da altri enti locali ad accogliere gruppi di profughi per fare fronte all'emergenza che si è determinata in tutto il Paese fa i conti con una reale difficoltà a governare tale emergenza a livello regionale e nazionale, che richiederebbe una distribuzione equilibrata tra diversi territori e una piena solidarietà tra tutti i livelli istituzionali, nella ricerca delle soluzioni più idonee;
   in particolare, nel comune di Cairo Montenotte si sono manifestate serie criticità relative all'accoglienza dei profughi e l'amministrazione comunale mette in evidenza difficoltà di coordinamento da parte della locale prefettura;
   da oltre un mese il ruolo di prefetto di Savona risulta vacante per il trasferimento della ex titolare, dottoressa Basilicata, ad altro incarico –:
   quali iniziative intenda intraprendere per assicurarsi che venga garantita, anche in situazioni come quella descritta per la città di Savona e per le altre comunità della provincia, la necessaria fermezza e determinazione nella prevenzione e repressione di fenomeni di illegalità e di minaccia alla sicurezza e alla tranquilla convivenza della popolazione nativa e immigrata;
   nello specifico, se intenda verificare per quali ragioni la locale questura non abbia ritenuto di dare corso a verifiche su quanto segnalato assumendo le conseguenti iniziative di competenza;
   con quali tempi, che si richiede siano molto celeri, si intenda provvedere a rendere pienamente operativa e autorevole la funzione dell'ufficio decentrato del Governo in provincia di Savona.
(2-01053)
«Giacobbe, Vazio, Basso, Carocci, Tullo, Gnecchi, Ginato, Gandolfi, Miccoli, Casellato, Carloni, Montroni, Mognato, Marcon, Pagani, Rocchi, Fiorio, Giuseppe Guerini, Roberta Agostini, Fabbri, Mariani, Patrizia Maestri, Bolognesi, Ghizzoni, Giovanna Sanna, Rostellato, Baruffi, Paris, Albanella, Gribaudo, Incerti».
(3 agosto 2015)

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno e il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   tra il 17 e il 22 luglio 2015 è stata effettuata una serie di salvataggi in mare che, tra le altre, ha salvato 69 donne, di presunta cittadinanza nigeriana, provenienti dalle coste libiche;
   le stesse sarebbero state indirizzate nei centri di prima accoglienza di Lampedusa, Pozzallo e Augusta. A tutte le 69 donne, di cui tre in evidente stato di gravidanza, sarebbe stato notificato un decreto di respingimento immediatamente dopo la loro foto-segnalazione, a cui ha fatto seguito il trasferimento al centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria a Roma, al fine di essere rimpatriate dalla frontiera di Roma-Fiumicino;
   a tutte le cittadine nigeriane a quanto consta agli interpellanti sarebbe stato convalidato il provvedimento di trattenimento senza prendere in considerazione, sia la loro condizione fisica, sia il motivo del viaggio attraverso il Mediterraneo, viaggio peraltro «offerto» loro dalle reti di tratta dei migranti presenti in Nigeria e in Libia;
   secondo quanto raccolto da alcuni esponenti della campagna «LasciateCIEntrare», che hanno potuto incontrare due volte le donne nel mese di agosto 2015 a Ponte Galeria, al momento dello sbarco, a nessuna sarebbero stati letti i propri diritti, quindi non sarebbero state fornite le informazioni necessarie per eventualmente, far richiesta di protezione in Italia;
   sempre secondo quanto registrato dalla campagna «LasciateCIEntrare», il giorno dell'arrivo delle donne al centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, un funzionario dell'ambasciata nigeriana sarebbe stato presente per le procedure di identificazione necessarie e dirimenti per la procedura di rimpatrio;
   il 25 luglio 2015 presso il suddetto centro di identificazione ed espulsione si sono tenute tutte le udienze di convalida con tre diversi giudici e, secondo quanto segnalato da alcuni degli avvocati presenti, tali udienze si sarebbero risolte in circa 5 minuti di colloquio;
   tutte le donne hanno poi presentato richiesta di asilo e per questa ragione l'udienza di proroga del trattenimento si è tenuta di fronte al giudice ordinario;
   in data 17 agosto 2015, presso il tribunale di Roma, si è tenuta l'udienza di proroga di ulteriori 30 giorni, in assenza però delle interessate. In tale occasione, l'avvocato Di Giovanni, che ne rappresenta 12, ha chiesto il rinvio dell'udienza per consentire alle sue assistite di presenziarvi e che la stessa si tenesse a porte aperte;
   il giudice ha accolto la richiesta, fissando l'udienza per il giorno 19 agosto 2015 all'interno del centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, nonostante il Consiglio superiore della magistratura abbia più volte denunciato che celebrare le udienze presso i centri di identificazione ed espulsione pregiudica fortemente le condizioni di imparzialità della funzione giurisdizionale;
   il tribunale di Roma ha convalidato le richieste di proroga di ulteriori 30 giorni nei confronti di tutte le interessate –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali siano gli intendimenti in merito alla situazione segnalata in premessa;
   se e quali misure siano state assunte per dotare le vecchie e nuove commissioni territoriali di personale competente capace di conoscere la pericolosità di contesti che non necessariamente implichino un conflitto armato (interno o internazionale) o la presenza di un regime autoritario;
   se non si intenda adottare iniziative di competenza affinché le attività di convalida si svolgano salvaguardando le condizioni di imparzialità proprie della funzione giurisdizionale, così come segnalato dal Consiglio superiore della magistratura;
   se non si ritenga necessario ed urgente adottare misure volte ad ospitare le 69 donne nigeriane in strutture che non prevedano la totale privazione della libertà di movimento e comunicazione con l'esterno, strutture peraltro individuate dalla campagna «LasciateCIEntrare» e pronte all'accoglienza di tutte le richiedenti asilo.
(2-01065)
«Locatelli, Albini, Borghi, Zampa, D'Ottavio, Carloni, Pastorino, Terrosi, Pastorelli, Lenzi, Gnecchi, Carlo Galli, Amato, Tinagli, Giuseppe Guerini, Scanu, Iori, Pellegrino, Fitzgerald Nissoli, Beni, Magorno, Minnucci, Patriarca, Sberna, Fossati, Paola Boldrini, Manzi, Distaso, Di Salvo, Nicchi, Marzano, Giorgio Piccolo, Murer, Pollastrini, Chaouki, Venittelli, Gandolfi, Cenni, Sereni, Rossomando, Albanella, Costantino, Quartapelle Procopio, Valeria Valente, D'Incecco, Piazzoni, Roberta Agostini, Miotto, Scotto, Carra, La Marca, Capua, Bossa, Giuliani, Laforgia, Gribaudo, Bruno Bossio, Manfredi, Carrozza, Schirò, Verini, Malisani, Ermini, Nicoletti, Parrini, Causi, Sgambato, Fontanelli, Stella Bianchi, Martelli, Carocci, Braga, Zanin, Tidei, Mazzoli, Giacobbe, Grassi, Giancarlo Giordano, Carnevali, Kronbichler, Cassano, Piccoli Nardelli, Romanini, Rocchi, Mariani, Casellato, Scuvera, Capozzolo, Villecco Calipari, Iacono».
(8 settembre 2015)

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   in questi giorni i cittadini di Napoli stanno vivendo, ancora una volta, momenti angoscianti a causa della spirale di sangue e di violenza perpetrata dalle organizzazioni criminali: esecuzioni, accoltellamenti, spari dimostrativi, danneggiamenti di varia natura;
   in particolare nel centro storico, al Rione Sanità, sono avvenute le esecuzioni di Pasquale Ceraso e del diciassettenne Gennaro Cesarano e, prima di queste, a fine luglio, quella di Luigi Galletta; nella zona orientale, a Ponticelli, l'omicidio del trentenne Antonio Simonetti; nella zona occidentale, al Rione Traiano, da giorni volteggiano in aria proiettili di kalashnikov, sparati da persone a bordo di scooter, a scopo dimostrativo e, poco più in là, a Pianura, è stata rinvenuta una bomba a mano in un parcheggio;
   alla faida camorristica che si sta consumando nel centro storico di Napoli per la conquista delle piazze di spaccio potrebbe essere collegato anche l'accoltellamento di un uomo sugli spalti dello stadio San Paolo, nel corso della prima partita casalinga del campionato di calcio;
   nel mese di luglio, dopo il verificarsi dell'esecuzione del giovanissimo boss Emanuele Sibilo e delle azioni criminali compiute dalla cosiddetta «paranza dei bambini» nella zona di Forcella, il Ministro dell'interno Angelino Alfano ha disposto l'incremento da 50 a 100 unità «del contingente dei Reparti Inquadrati, peraltro già operativi nei quartieri di Scampia e Secondigliano, allo scopo di implementare i servizi di sicurezza e ordine pubblico nelle aree a rischio»;
   attraverso tale dispositivo, noto come «Operazione Alto Impatto», il Governo ha voluto dare «una risposta importante a garanzia dei cittadini napoletani che possono e devono contare, specialmente dopo i gravi fatti recentemente avvenuti, su una costante presenza dello Stato, tradotta concretamente in una serie di interventi pronti e mirati anche al contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa»;
   in seguito alla catena di atrocità riportate dalla cronaca degli ultimi giorni, il prefetto Gerarda Maria Pantaleone ha convocato il 7 settembre 2015 il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza, da cui è scaturita la richiesta al Governo di un consolidamento dell'Operazione Alto Impatto attraverso l'incremento della presenza delle forze dell'ordine in città;
   il Ministro interpellato ha annunciato l'invio di altre 50 unità, fra polizia e carabinieri, per il presidio dei quartieri che in queste ore sono maggiormente in balìa della violenza criminale messa in atto, sempre di più, dalle giovanissime leve delle organizzazioni camorristiche;
   tuttavia, se la «presenza dello Stato» in tutti i territori in cui è annidato il cancro della criminalità di stampo mafioso costituisce l'elemento indefettibile per la lotta a tali organizzazioni, essa non può essere confusa, o comunque esaurirsi nella mera disposizione di posti di blocco e presidi, pure necessari nei momenti in cui la violenza dei clan viene esibita in modo così eclatante e devastante;
   la logica che presiede all'operazione «Alto Impatto» e alle misure recentemente disposte è intrinsecamente debole per almeno due ordini di ragioni;
   in primo luogo, qualsiasi rafforzamento dei contingenti delle forze dell'ordine rappresenta una misura necessariamente temporanea, la quale, nelle diverse forme in cui è stata già declinata in passato, ha ampiamente dimostrato la sua inefficacia, soprattutto se svincolata da un accrescimento delle risorse materiali e tecnologiche che consentano alle forze dell'ordine di operare nel modo più efficace ed efficiente nei territori, così come da un ripensamento delle norme in materia di prescrizione dei reati e, più in generale, di contrasto all'attività delle cosche camorristiche;
   inoltre, si tratta di una risposta, se isolata, debole e miope perché concepisce il principio di legalità come risultato fine a se stesso, secondo una logica meramente securitaria e repressiva, mentre la legalità è un concetto più ampio che, soprattutto nello stato di diritto costituzionale, appare indissolubilmente legato alle condizioni sociali, culturali ed economiche della comunità, ed è soltanto in relazione a queste che esso si definisce e può concretamente realizzarsi;
   l'emarginazione sociale, la disoccupazione, la mancanza dei servizi essenziali, l'assenza delle istituzioni scolastiche oppure il loro spaventoso degrado, il disinvestimento nell'istituzione di spazi culturali – fattori spesso congiuntamente presenti in alcuni territori della città, dal centro storico alle periferie – in sostanza l'assenza dei mezzi culturali e materiali per lo sviluppo e la dignità della persona precludono all'origine l'affermazione del principio di legalità inteso nel suo significato più ampio, che però è anche l'unico che può essere ricavato dalla lettura sistematica della Costituzione italiana;
   la lotta che lo Stato conduce contro le organizzazioni criminali di stampo mafioso non può che declinarsi, dunque, nella definizione di una politica di interventi plurisettoriali – interessando il settore occupazionale, urbanistico, scolastico, culturale e sociale – mirata a sradicare la cultura criminale e recuperare alle generazioni che verranno la libertà che la Costituzione garantisce loro –:
   quali siano i risultati conseguiti fino ad oggi dall'avvio dell'operazione «Alto Impatto», tenuto conto della recrudescenza degli episodi criminali negli ultimi giorni e della pessima prova offerta in passato da soluzioni analoghe a quella adottata dal Governo;
   se il Governo stia predisponendo una strategia più ampia di contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso, che affianchi ai presidi sul territorio maggiori investimenti nelle risorse strumentali a disposizione delle autorità preposte e che si ponga l'obiettivo di rafforzare l'azione integrata del governo locale, della magistratura, delle forze dell'ordine e delle associazioni impegnate nella lotta alle cosche;
   quale sia la posizione del Governo rispetto alle proposte e all'approccio indicati in premessa e se, in particolare, non ritengano indifferibile l'avvio, in stretta intesa con gli enti locali interessati, di una politica strutturale di ampio respiro, che miri a ricostruire il tessuto sociale ed economico di interi quartieri umiliati dalle faide tra clan e, per questa via, ad affermare il principio di legalità nella sua accezione più pregnante.
(2-01067)
«Fico, Luigi Di Maio, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Micillo, Pisano, Tofalo, Sorial, D'Incà».
(8 settembre 2015)

G)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   come è noto, il Governo non ha inteso rinnovare per tutto il 2015 la sospensione dell'esecuzione degli sfratti per finita locazione nei confronti di nuclei familiari in possesso di determinati requisiti: reddito familiare non superiore a 27 mila euro e contemporaneamente la persistenza di gravi fragilità quali presenza di minori, anziani ultra sessantacinquenni portatori di handicap gravi, malati terminali;
   fortissime sono state le proteste delle organizzazioni degli inquilini che hanno svolto, nel corso della conversione in legge del decreto cosiddetto «mille proroghe» iniziative, anche presso la Camera dei deputati, come per esempio quella promossa dall'Unione inquilini il 20 gennaio 2015 a Piazza Monte Citorio;
   tuttavia, in sede di conversione del decreto-legge in materia di proroga dei termini (decreto-legge n. 192 del 2014) è stato inserito il comma 10-bis dell'articolo 8 che ha previsto quanto segue: «10-bis, Nelle more dell'attuazione, per l'annualità 2015, del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di cui all'articolo 11, comma 5, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, e successive modificazioni, e dell'effettiva attribuzione delle risorse alle regioni, e comunque fino al centoventesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, al fine di consentire il passaggio da casa a casa per i soggetti interessati dalle procedure esecutive di rilascio per finita locazione di cui all'articolo 4, comma 8, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, il competente giudice dell'esecuzione, su richiesta della parte interessata, può disporre la sospensione dell'esecuzione di dette procedure»;
   la norma sostanzialmente dispone, pertanto, che i nuclei familiari, con i limiti di reddito e le condizioni di fragilità suddette, al fine di consentire loro il passaggio da casa a casa, possano godere di contributi economici previsti dal succitato decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, relativo al cosiddetto fondo sociale per gli affitti, e, nelle more di tale erogazione, possano avere dal giudice competente, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, ovvero entro il 27 giugno 2015, una sospensione delle procedure di esecuzione;
   il previsto decreto ministeriale, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 6 marzo 2015, ha stabilito che:
    a) una quota non superiore al 25 per cento delle risorse ripartite alle regioni per il fondo sociale per gli affitti relativo al 2015, di complessivi 100 milioni di euro, sia riservata a detti nuclei familiari, «promuovendo prioritariamente la sottoscrizione di contratti a canone concordato»;
    b) entro 30 giorni (quindi entro il 5 aprile 2015) i comuni avrebbero dovuto comunicare alle regioni il numero dei provvedimenti esecutivi di rilascio per finita locazione per i soggetti interessati, in possesso dei requisiti di reddito e delle condizioni di fragilità stabiliti;
    c) entro i successivi 30 giorni (pertanto entro il 5 maggio 2015) le regioni avrebbero dovuto provvedere al riparto delle disponibilità e all'erogazione delle risorse statali trasferite;
   le suddette procedure prevedono tempistiche serrate al fine di permettere che la scadenza del 27 giugno non provochi episodi di esecuzioni forzata ai danni dei detti soggetti con redditi bassi e gravi fragilità familiari, senza che siano precedentemente messi in campo quei strumenti economici che consentano di attuare la previsione fondamentale della norma: «consentire il passaggio da casa a casa»;
   il loro rigoroso rispetto è pertanto necessario, anche al fine di prevenire gravi condizioni di disagio nelle aree metropolitane e nelle altre città, già interessate in questi anni da un fenomeno generale di incremento degli sfratti (in particolare per la causale della morosità) molto elevato e che mette gravemente a repentaglio la coesione sociale –:
   quanti e quali siano i comuni che hanno comunicato alle regioni gli elenchi dei soggetti in possesso dei requisiti per godere dei contributi previsti dalla norma legislativa in questione, sulla base dei fondi ripartiti alle regioni con il sopracitato decreto;
   quali e quante siano le regioni che hanno, conseguentemente, provveduto al riparto delle risorse disponibili e all'erogazione delle risorse statali trasferite;
   in quanti e quali comuni siano stati erogati i contributi ovvero tali procedure siano in corso di svolgimento;
   quanti nuclei familiari abbiano, a tutt'oggi, usufruito concretamente di detto contributo e conseguentemente quanti nuovi contratti a canone concordato siano stati sottoscritti a favore dei sopraddetti nuclei familiari;
   se non ritenga necessario, infine, al fine di prevenire conseguenze gravi nella coesione sociale e per garantire il rispetto della finalità della norma legislativa in questione, intervenire con un provvedimento di urgenza, al fine di prolungare il termine stabilito dal sopradetto comma 10-bis dell'articolo 8 del decreto-legge n. 192 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 del 2015, rendendolo quantomeno coincidente con la concreta erogazione del contributo ai nuclei familiari e l'effettivo completamento del percorso previsto del passaggio da casa a casa.
(2-01034)
«Morassut, Cinzia Maria Fontana».
(14 luglio 2015)

H)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:
   un utilizzo razionale ed opportuno dell'informatica è imprescindibile per una pubblica amministrazione moderna e produttiva, e ciò è consapevolezza comune da parecchi decenni ormai nel nostro Paese, almeno a partire dagli anni Ottanta, quando il Cnel osservava che «l'informatica non è uno strumento aggiunto nella Pubblica Amministrazione, ma uno strumento di riforma»;
   con l'approvazione del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (codice dell'amministrazione digitale) e successive modificazioni, vengono raccolte e inquadrate le disposizioni, in parte già esistenti, che regolano l'uso dell'informatica nella pubblica amministrazione, si stabiliscono i rapporti tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese, i diritti di questi ultimi, le responsabilità della struttura dirigenziale per l'attuazione dei principi in esso contenuti;
   la sezione II, Capo I del codice dell'amministrazione digitale definisce i diritti di cittadini ed imprese e, nello specifico, l'articolo 3 sancisce il «diritto a richiedere ed ottenere l'uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni», e l'articolo 5-bis, comma 1, stabilisce che lo scambio di informazioni e documenti tra imprese e pubbliche amministrazioni «avviene esclusivamente utilizzando le tecnologie dell'informazione e della comunicazione»;
   l'articolo 12, comma 1-ter, del codice dell'amministrazione digitale, inoltre, stabilisce la responsabilità del dirigente nell'applicazione e attuazione delle disposizioni stabilite all'interno dello stesso, ai sensi e nei limiti degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
   si è venuti a conoscenza di una comunicazione ufficiale firmata dal direttore generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali, n. prot. 0006564-01/07/2015-USCITA, indirizzata alle società concessionarie, in cui si invita le stesse «ad astenersi dal trasmettere alla Scrivente Direzione corrispondenza via mail e via PEC priva di allegati» pena la mancata presa in considerazione delle comunicazioni medesime;
   una tale comunicazione è contraria ad ogni tipo di norma contenuta nella legislazione vigente e tende secondo gli interpellanti a minare la reputazione della pubblica amministrazione generale ed in particolare il Ministero in questione;
   la riforma della pubblica amministrazione, in termini di efficienza, innovazione e semplificazione è obiettivo primario di questo Governo e tale riforma passa essenzialmente attraverso un'applicazione corretta delle norme da parte di dirigenti e funzionari –:
   se il Governo sia a conoscenza di simili atteggiamenti e comportamenti della propria struttura amministrativa;
   se il caso in questione sia isolato o sintomo di una scarsa conoscenza della legislazione in materia di amministrazione digitale o, peggio ancora, di una sottovalutazione dell'importanza del digitale e una mancanza di volontà a innovare i procedimenti amministrativi;
   se la comunicazione di cui in premessa verrà rettificata e quali provvedimenti verranno presi ai sensi dell'articolo 12 del codice dell'amministrazione digitale.
(2-01062)
«Coppola, Giuseppe Guerini, Senaldi, Benamati, Famiglietti, Ferrari, Manfredi, Zaccagnini, Melilla, Casati, Taricco, Prina, Carrescia, Capone, Arlotti, Borghi, Mariani, Di Salvo, Quintarelli, Murer, Carra, Zoggia, Garavini, Sereni, Albini, Marchi, Blazina, Richetti, Marzano, Boccadutri, Fragomeli, Fedi, Misiani, Piazzoni, Rostellato, Donati, Scuvera, Bombassei, Librandi, Catalano, Ascani, Pinna, Tentori, Moretto, Carrozza, Bonaccorsi, Bruno Bossio, Stumpo, Bonomo, Mucci».
(5 agosto 2015)

I)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   Expo Milano 2015 è l'Esposizione universale che ha avuto il via il 1o maggio 2015 e che terminerà il 31 ottobre 2015, incentrata sull'alimentazione e la nutrizione ed avente l'obiettivo di promuovere e garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli, nel rispetto del pianeta e dei suoi equilibri;
   trattasi di un'area espositiva di 1,1 milioni di metri quadri, con più di 140 Paesi e organizzazioni internazionali coinvolti, con un'attesa di oltre 20 milioni di visitatori;
   il raggiungimento della quota di visitatori prevista (20 milioni) è fondamentale per il successo dell'iniziativa internazionale, sia dal punto di vista del rientro economico che da quello del raggiungimento dell'obiettivo culturale, ovvero di rappresentare la piattaforma di un confronto di idee e soluzioni condivise sul tema dell'alimentazione che stimoli la creatività dei Paesi, promuovendo le innovazioni per un futuro sostenibile;
   Expo 2015, che dovrebbe promuovere nuovi e confacenti stili di vita fondati sulla condivisione delle risorse tra i popoli, nasce e si sviluppa attraverso diffusi fenomeni di corruttela su cui già da tempo sta indagando la magistratura italiana;
   il quadro dei fenomeni corruttivi è allarmante e i reati ipotizzati sono numerosi: associazione a delinquere, corruzione, turbativa d'asta, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, nonché rivelazione ed utilizzazione di segreti d'ufficio;
   tra i fatti più eclatanti si ricordano gli arresti di Antonio Acerbo (ai domiciliari), responsabile construction di Padiglione Italia e commissario delegato di Expo 2015 per il progetto «Vie d'acqua» (secondo l'accusa avrebbe favorito l'imprenditore Maltauro), di Angelo Paris, direttore generale di Expo 2015 Spa (in particolare, direttore generale della divisione construction and dismantling e di responsabile dell'ufficio contratti di Expo 2015) che ha patteggiato, di Antonio Rognoni, direttore generale di Infrastrutture lombarde, di Pierpaolo Perez, capo dell'ufficio gare e appalti della società operativa Infrastrutture lombarde società per azioni (Ilspa), di Enrico Maltauro, imprenditore (aggiudicatario bando vie d'acqua) che ha patteggiato, di Andrea Castellotti, manager della società Tagliabue e facility manager Padiglione Italia Expo 2015 spa;
   il raggiungimento dei 20 milioni di visitatori è fondamentale per la «riuscita economica» dell'Esposizione internazionale, ovvero per il rientro dei capitali investiti, in gran parte dei contribuenti italiani, come riportato nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2013 e nell'allegato 2 dello stesso;
   i costi sostenuti per la realizzazione di Expo 2015 possono così essere schematizzati: 2 miliardi di euro per realizzare gli edifici e i padiglioni di Expo e 15,8 miliardi di euro per le opere infrastrutturali di collegamento, mentre la ripartizione tra il capitale pubblico e privato dei 2 miliardi di euro risulta essere: 1,76 miliardi di euro a carico dello Stato (stanziati dai provvedimenti «Sblocca, Italia», «Fare», legge di stabilità e altri), 159 milioni di euro a carico del comune di Milano, 79,5 milioni di euro dalla provincia di Milano, 159 milioni di euro dalla regione Lombardia e 79,5 milioni di euro dalla Camera di commercio di Milano (finanziamento privato);
   da un'inchiesta giornalistica de Il Fatto Quotidiano, il numero dei visitatori di Expo Milano 2015 risulta essere inferiore a quello dichiarato dal commissario unico delegato del Governo per Expo Milano 2015, nonché dall'amministratore delegato di Expo 2015 Spa, Giuseppe Sala che nel comunicato del 9 luglio 2015 ha diffuso una cifra per i due mesi di apertura di 6,1 milioni;
   secondo l'indagine giornalistica di cui prima, basatasi sui numeri registrati con precisione millimetrica dai tornelli, che comprendono anche gli addetti, chi lavora nel sito, gli operatori professionali, il personale dei padiglioni, i volontari, i vigilanti e gli omaggi (almeno 10 mila persone al giorno) i «visitatori reali» non risultano essere più di 1,6 milioni a maggio e 1,8 a giugno ovvero meno di 3 milioni e mezzo nei due mesi;
   alla luce di queste misurazioni, e dato che Expo spa ha ipotizzato che nei primi due mesi arrivasse il 36 per cento dei visitatori totali, questi dovrebbero essere, nei sei mesi dell'Esposizione, 11 milioni, ben al di sotto dei 20 milioni promessi;
   se i visitatori saranno meno della metà di quelli previsti e dato che il costo del biglietto è stato di molto ridotto da una politica di sconti fin qui attuata (il 15 per cento degli ingressi totali avvengono dopo le ore 19 con un costo del biglietto di 5 euro), appare plausibile il rischio che gli incassi degli ingressi non saranno sufficienti a garantire il rientro dei capitali pubblici investiti;
   come si evince dal sito di Expo, i compiti del commissario unico delegato del Governo per Expo Milano 2015 e amministratore delegato di Expo 2015 spa sono importanti e fondamentali per la riuscita di Expo Milano 2015, in quanto vigila sull'intera organizzazione di Expo Milano 2015 con poteri sostitutivi per la risoluzione di eventi ostativi alla realizzazione delle opere essenziali e connesse all'adesione dei partecipanti o al regolare svolgimento dell'evento, partecipa alle riunioni del Comitato interministeriale per la programmazione economica riguardanti le decisioni strategiche per Expo Milano 2015, riferendo ogni tre mesi, espone periodicamente al Presidente del Consiglio dei ministri sullo stato di attuazione e sull'organizzazione generale dell'evento e ha il compito di attivare tutti gli strumenti per la completa realizzazione del progetto con poteri di deroga alla legislazione vigente a mezzo di ordinanze (nei limiti indicati con delibera del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il presidente della regione Lombardia) immediatamente efficaci e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare per individuare eventuali responsabilità del commissario unico delegato del Governo per Expo Milano 2015 alla luce delle sue recenti dichiarazioni, e quale sia la reale consistenza dei visitatori di Expo 2015 ad oggi;
   quali iniziative si intendano promuovere per una maggiore trasparenza sul numero di ingressi giornalieri dei visitatori di Milano Expo 2015, ad esempio anche mediante un contatore collegato direttamente ai tornelli e facilmente fruibile sul sito ufficiale di Expo;
   se non si ritenga che le stime al ribasso del numero di visitatori totali – anche in considerazione della riduzione del prezzo dei biglietti – non stia gravando sul bilancio complessivo dell'iniziativa, mettendo a rischio il «rientro» dei finanziamenti pubblici.
(2-01039)
«Massimiliano Bernini, Lupo, Benedetti, Gagnarli, Parentela, Gallinella, L'Abbate, D'Incà».
(21 luglio 2015)

L)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   in seguito alla crisi scoppiata tra la Russia e l'Ucraina a febbraio 2014, e in particolare in seguito al referendum tenutosi in Crimea nel successivo mese di marzo 2015 che ha visto prevalere una maggioranza favorevole all'annessione alla Russia, Stati Uniti, Unione europea ed alcuni altri Paesi del nostro continente, nonché il Giappone e l'Australia hanno posto in essere sanzioni contro la Federazione russa;
   le sanzioni, attuate a partire dal 17 marzo 2014 da Stati Uniti, Unione europea e Canada e, successivamente, anche da Giappone, Australia, Albania, Islanda, Montenegro, Moldavia, Norvegia e Svizzera hanno gradualmente esteso il proprio raggio d'azione includendo progressivamente il congelamento dei beni di un numero crescente di cittadini russi, limitazioni all’export verso la Russia di strumenti e tecnologia militare, limiti alla cooperazione energetica e restrizioni alla possibilità delle banche russe di contrarre prestiti di breve e medio termine sui mercati finanziari dei Paesi aderenti alle sanzioni;
   le sanzioni, che sarebbero dovute terminare il 31 luglio 2015, sono state estese fino al 31 gennaio 2016 su proposta dei partecipanti alla riunione del G7 (Germania, Francia, Inghilterra, Italia, Giappone, Canada, Stati Uniti e Unione europea) che si è tenuta in Germania il 7 e 8 giugno 2015;
   come conseguenza delle sanzioni, fin da marzo 2014, la Federazione russa ha imposto restrizioni all'ingresso sul suo territorio ad alcuni cittadini provenienti dai Paesi che hanno adottato le sanzioni medesime nonché l'embargo all'importazione di una serie di prodotti provenienti dagli stessi Paesi. Il divieto riguarda in particolare i prodotti agricoli, con profonde ricadute negative sull’export e sull'economia italiana ovvero sui posti di lavoro collegati. In seguito alla decisione di prolungare ulteriormente le sanzioni, la Federazione russa ha specularmente esteso le proprie contromisure, dichiarando di volervi includere anche altri prodotti;
   le sanzioni e le conseguenti contro-sanzioni russe hanno, come si è detto, ricadute fortemente negative sull'economia italiana: secondo Confcommercio oggi la Russia non figura più tra le prime dieci destinazioni dell’export italiano proprio a causa delle sanzioni. Da un'analisi dell'Associazione italiana per il commercio estero emerge inoltre che le imprese italiane sono state colpite doppiamente dal gioco delle sanzioni incrociate di Unione europea e Russia. Infatti, se il settore dell’agrofood italiano è fortemente penalizzato dalle sanzioni imposte sull'esportazione di prodotti alimentari europei verso la Russia (con danni stimabili superiori al miliardo di euro e un calo di almeno il 25 per cento), tutti gli altri settori merceologici sono colpiti dall'effetto boomerang delle sanzioni europee sul settore finanziario russo, che impedisce di fatto alle banche russe di poter operare e garantire i pagamenti dei compratori russi nei confronti dei fornitori italiani;
   le restrizioni economiche e commerciali imposte alla Russia stanno anche causando effetti negativi sui consumi in Italia da parte dei turisti provenienti dalla Federazione. Da un'indagine di Federmodaitalia-Confcommercio e Global Blue (società leader nei servizi connessi allo shopping tax free dei turisti stranieri) emerge nei primi tre mesi del 2015 un calo molto pesante sia in termini di volume di acquisti (-54 per cento rispetto a un anno prima), che in valore delle transazioni (-56 per cento) da parte dei clienti russi;
   il settore più colpito, però, è sicuramente quello agroalimentare: secondo Coldiretti le esportazioni agroalimentari dell'Italia in Russia sono praticamente dimezzate (-51,1 per cento) nel primo trimestre del 2015, ma sono del tutto azzerate per l'ortofrutta, i formaggi e la carne e derivati, mentre la decisione di prorogare di un anno l'embargo sui prodotti alimentari da parte della Russia costerà all'Italia oltre 20 milioni di euro al mese. I prodotti colpiti dalle contromisure russe, oltre alla carne di manzo, suina e avicola, alla frutta e alla verdura, al latte ed ai formaggi includeranno presto, secondo quanto affermato dalle autorità russe, anche le conserve di pesce, fiori e dolciumi;
   il danno maggiore delle sanzioni, che rischia ricadute di lungo periodo, è determinato però dal fatto che lo «stop» alle importazioni ha provocato in Russia un vero boom nella produzione locale di prodotti italian sounding, ovvero di falso made in Italy di salumi e formaggi, con la produzione casearia russa che nei primi quattro mesi del 2015 ha registrato infatti un sorprendente aumento del 30 per cento e riguarda ormai anche imitazioni di mozzarella, robiola o parmesan. La conferma viene dal padiglione russo all'Expo dove sono stati addirittura esposti formaggi che richiamano all'Italia, ad esempio con il marchio «Prego» e con una scritta «Original Italian Recipe» sulla confezione, arricchita da un gagliardetto tricolore. I falsi prodotti italiani arrivano in Russia anche da molti Paesi che non sono stati colpiti dall'embargo, come la Bielorussia, l'Argentina o il Brasile;
   infine, ma non meno grave, l'impossibilità di esportare sul mercato russo provoca per molti prodotti alimentari una situazione di eccesso di offerta sul mercato europeo con ricadute negative sui prezzi riconosciuti agli agricoltori. Per porre rimedio a questo problema la Commissione europea ha varato un primo regolamento delegato (UE) n. 913/2014, del 21 agosto 2014, che istituisce misure di sostegno eccezionali a carattere temporaneo per i produttori di pesche e pesche noci”, seguito dal successivo regolamento delegato (UE) n. 932/2014, del 29 agosto 2014, che istituisce misure di sostegno eccezionali a carattere temporaneo per i produttori di taluni ortofrutticoli e che modifica il regolamento delegato (UE) n. 913/2014, al fine di includere nelle misure un numero maggiore di prodotti. Con il protrarsi delle sanzioni, anche le misure eccezionali sono state reiterate ed ampliate con l'adozione di un ulteriore regolamento delegato (UE) n. 1031/2014 della Commissione del 29 settembre 2014 che istituisce ulteriori misure di sostegno eccezionali a carattere temporaneo per i produttori di alcuni ortofrutticoli e del regolamento delegato (UE) n. 1371/2014 della Commissione, del 19 dicembre 2014, recante modifica del regolamento delegato (UE) n. 1031/2014 della Commissione che istituisce ulteriori misure di sostegno eccezionali a carattere temporaneo per i produttori di alcuni ortofrutticoli. È attualmente in bozza presso la Commissione europea un ulteriore regolamento delegato recante modifica del regolamento delegato (UE) n. 1031/2014 della Commissione che istituisce ulteriori misure di sostegno eccezionali a carattere temporaneo per i produttori di alcuni ortofrutticoli, prorogando ancora i termini delle misure di sostegno;
   al fine di mitigare gli effetti del calo dei prezzi, i succitati regolamenti – incluso quello attualmente in bozza – prevedono un aiuto finanziario dell'Unione europea «per i produttori di ortofrutticoli deperibili maggiormente colpiti dalla perdita improvvisa del mercato di esportazione» che operino ritiri dal mercato, mancata raccolta o raccolta prima della maturazione, rinunciando quindi a vendere i propri prodotti, destinandoli invece alla «distribuzione gratuita a determinati enti, come gli organismi di beneficenza, le scuole e ogni altra destinazione equivalente approvata dagli Stati membri». L'aiuto finanziario previsto viene ripartito tra i diversi Paesi e prodotti secondo quote stabilite dalla Commissione europea;
   appare agli interpellanti, sentite le associazioni di categoria, che le quantità ad oggi assegnate all'Italia dai sopradetti regolamenti, ivi compreso quello in discussione, siano state troppo basse rispetto all'effettivo raccolto risultato invenduto per gli agricoltori italiani e, soprattutto, che l'entità dei rimborsi non abbia tenuto debitamente conto degli effettivi costi di produzione nel nostro Paese, indubbiamente più alti rispetto a quelli di altri Paesi europei;
   il regolamento attualmente in bozza appare altresì eccessivamente rigido nel momento in cui, come i precedenti, pretende di elencare in modo esaustivo i prodotti agricoli danneggiati dalle sanzioni. Sarebbe più opportuno, a parere degli interpellanti, che fosse prevista una riserva che consentisse ai singoli Stati di inserire nelle misure anche prodotti agricoli diversi da quelli inizialmente elencati ove fosse dimostrato che gli stessi hanno subito gli effetti del mancato export;
   il 25 giugno 2015 l'Assemblea della Camera dei deputati, con i voti dei deputati della maggioranza e l'astensione di Sel, ha approvato la mozione sostenuta dal Governo Renzi che impegna il nostro Paese «a procedere in linea con le decisioni della comunità internazionale rispetto alle sanzioni contro la Russia, mantenendole in essere finché non vi sarà una diversa determinazione comunemente assunta sulla base di positivi sviluppi e di un ripristinato rispetto del diritto internazionale». Nella stessa seduta sono state invece state respinte le mozioni dei gruppi Forza Italia e Lega Nord che chiedevano invece un impegno orientato alla revoca delle sanzioni;
   il giorno prima, 24 giugno 2015, il Senato della Repubblica aveva impegnato il Governo, con una risoluzione presentata dal gruppo Forza Italia, «ad adoperarsi per una riflessione profonda sulle sanzioni alla Federazione Russa e per un riesame del sistema sanzionatorio»;
    a distanza di più di un anno dal loro inizio le sanzioni contro la Federazione russa si sono dimostrate completamente inefficaci non essendo servite a garantire una soluzione diplomatica alla crisi in Crimea, ed addirittura estremamente dannose per l'economia europea e italiana in particolare –:
   se, alla luce di quanto esposto, il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro interpellato possano fornire chiarimenti in merito all'esito della «riflessione profonda sulle sanzioni» che il Governo si è impegnato a fare e alle misure adottate di conseguenza;
   se il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro interpellato non ritengano necessario adoperarsi maggiormente in sede europea ed internazionale affinché le sanzioni contro la Federazione russa vengano ridiscusse e, al più presto, abolite prima che i loro effetti negativi sul mercato e sull’export italiano siano diventati danni permanenti;
   se, nelle more di quanto richiesto sopra, il Presidente del Consiglio e il Ministro interpellato non ritengano urgente adoperarsi affinché il regolamento attualmente in bozza presso la Commissione europea, che emenda il citato regolamento (UE) n. 1031/2014, venga redatto in modo da tenere conto degli effettivi costi di produzione degli agricoltori italiani e delle effettive quantità di prodotti agricoli colpite dall'embargo russo, sicuramente maggiori di quelle attualmente previste, nonché se si intenda assumere iniziative affinché il suddetto regolamento preveda in capo ai Governi dei singoli Stati la facoltà di segnalare come destinatari delle misure eccezionali anche prodotti agricoli diversi da quelli inizialmente elencati ove fosse dimostrato, ovvero dimostrabile, che gli stessi hanno subito gli effetti negativi del mancato export.
(2-01044) «Bergamini, Brunetta».
(21 luglio 2015)

M)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   le aziende italiane partecipate da cinesi sono cresciute da 7 a 272, di cui 187 cinesi e 85 partecipate da multinazionali con sede a Hong Kong, con un'occupazione complessiva pari a quasi 12 mila addetti. Secondo Rotschild, dal 2009 a oggi, il 10 per cento delle operazioni commerciali di imprese cinesi in Europa è avvenuto in Italia;
   è evidente che ci sono forti investimenti della Cina in Italia. Soprattutto se tra queste aziende, oltre a un bel po’ di made in Italy, ci sono colossi come Eni, Enel, Assicurazioni Generali, Telecom, Pirelli, Fiat e Finmeccanica. Ancor di più se, recentemente, sono stati appena siglati venti accordi commerciali per un controvalore complessivo di circa 8 miliardi di euro;
   il Presidente del Consiglio dei ministri in una conferenza stampa ha dichiarato che: «In questo momento è molto forte l'attenzione degli investitori cinesi verso il nostro paese e ne siamo ben felici – Sono grandi spazzini che comprano al chilo»;
   è interessante capire dove si concentri l'interesse dei cinesi, in quali ambiti, in che settori e soprattutto su quali realtà. Cosa che può permettere, al pari, di capire dove l'Italia stia trovando capitali per rilanciare la propria economia o stia perdendo sovranità economica;
   nel settore della finanza la People's Bank of China detiene una quota che si aggira attorno al 2 per cento delle Assicurazioni Generali uno dei pionieri del mercato assicurativo. Altrettanto importante, l'accordo definito, in questi giorni, tra la China Development Bank Corporation e Cassa depositi e prestiti, forziere, stavolta pubblico, dei risparmi di milioni di famiglie italiane. I contorni dell'accordo sono ancora oggi poco chiari – si parla di investimenti congiunti in Italia e in Cina – ma già si sa, ad esempio, che il valore economico è di quasi 4 miliardi di dollari;
   nelle telecomunicazioni, la Banca centrale cinese è entrata anche nel capitale di Telecom, anche in questo caso con una quota di poco superiore al 2 per cento;
   nel campo dell'Industria la Xiamen King Long United Automotive Industry, maggiore casa costruttrice di autobus della Repubblica popolare cinese, ha infatti acquisito l'80 per cento di BredaMenarinibus, società del gruppo Finmeccanica, a sua volta o dei principali produttori di autobus italiani;
   l'energia è un altro settore delicato che sta finendo in mani cinesi. Lo scorso luglio la State Grid Corporation of China ha acquistato per due miliardi di euro il 35 per cento di Cassa depositi e prestiti Reti: la società di Cassa depositi e prestiti in cui sono confluiti il 30 per cento di Snam (rete gas) e il 29,8 per cento di Terna (rete elettrica); la State Grid Corporation of China è la settima società al mondo per fatturato, con oltre milione e mezzo di dipendenti, e avrà due componenti su cinque nel consiglio di amministrazione di Cassa depositi e prestiti Reti e un membro nei board di Snam e Terna. Dopo la volta di Ansaldo Energia, società in forti difficoltà che, dopo mesi di trattativa con la coreana Doosan Heavy Industries, aveva ceduto il 40 per cento del capitale a Shanghai Electric per 400 milioni di euro. Proprietario di Ansaldo Energia è il Fondo strategico italiano, che a sua volta sta cedendo quote alla China investment corporation;
   quote più modeste, il 2 per cento, ma per le maggiori società italiane, Enel e soprattutto Eni, erano già finite a marzo alla People's Bank of China, per rispettivamente 800 milioni e 1,3 miliardi di euro. In entrambi i casi le quote acquistate sono state poco più del 2 per cento, soglia sopra la quale la proprietà di azioni diventa palese: un modo per far capire ai partner europei e soprattutto a quello americano che la Cina era arrivata e aveva messo piede in stanze strategiche. Il settore dell'energia è in grado di spostare gli equilibri geopolitici, oltre che fornire informazioni dettagliate sui cittadini. Per questo, come ha messo in evidenza il quotidiano il Foglio, le acquisizioni in questo campo stanno allarmando i diplomatici statunitensi, preoccupati dall'allentamento del legame diretto tra Usa ed Europa;
   il Governo italiano, d'altra parte, aveva messo la cessione di quote di Eni ed Enel al centro del piano di privatizzazioni del Governo Letta, del novembre 2013, che avrebbe dovuto portare 12 miliardi di euro di entrate nelle casse pubbliche entro il 2015. La stessa Cassa depositi e prestiti Reti fu creata proprio allo scopo di vendere a operatori stranieri;
   le operazioni commerciali suddette preoccupano perché vendere quote di società come Eni, Enel, Telecom, Finmeccanica e Generali, che rappresentano il braccio economico e produttivo del nostro Paese, ad investitori che non hanno delineato chiaramente un piano industriale e prospettive di lungo termine per le imprese predette, rileva solo un'attività commerciale da parte dei cinesi meramente speculativa a discapito del patrimonio italiano –:
   di quali elementi disponga il Governo delle operazioni commerciali sopra descritte;
   se non ritenga che il rapporto commerciale con la Repubblica popolare cinese stia sempre più diventando eccessivamente squilibrato nei confronti di Pechino, considerando che gli investitori sono totalmente controllati da un Governo estero;
   se intenda adottare iniziative al fine di verificare che gli investimenti e gli accordi commerciali con la Cina possono essere lesivi degli interessi dell'Italia.
(2-01063)
«Vallascas, Da Villa, Cancelleri, Crippa, Della Valle, Fantinati, Nuti, Cecconi, Cozzolino, Dadone, Dieni, D'Ambrosio, Toninelli, Ferraresi, Bonafede, Agostinelli, Businarolo, Colletti, Sarti, Manlio Di Stefano, Del Grosso, Di Battista, Grande, Scagliusi, Sibilia, Spadoni, Frusone, Basilio, Paolo Bernini, Corda».
(8 settembre 2015)

N)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   l'ondata di calore che costantemente, da oltre un mese, interessa l'intero territorio nazionale, sta causando gravi disagi all'interno delle strutture carcerarie, con conseguenti difficoltà fisiche dei detenuti negli spazi detentivi, dal punto di vista della vivibilità e conseguentemente anche della salute;
   al riguardo, gli interpellanti segnalano che i recenti casi di suicidio all'interno del carcere Regina Coeli di Roma di due detenuti, a cui si associa anche il decesso di un altro avvenuto nel carcere fiorentino di Sollicciano, a causa di un infarto, s'inquadrano all'interno di una serie di concause fra le quali, oltre al numero degli agenti penitenziari, sotto organico e alla presenza insufficiente di psicologi per l'assistenza dei detenuti, si segnala anche e soprattutto il perdurare dell’«emergenza caldo» che ha fatto aumentare in modo significativo le segnalazioni di sofferenza e preoccupazione da parte del detenuti, dei loro familiari e dei legali;
   gli interpellanti segnalano, altresì, come la lettera inviata dal Garante dei diritti delle persone private della libertà personale di Parma, al direttore generale dell'ausl di Parma e al direttore degli istituti penitenziari della medesima città, nella quale sollecita misure per facilitare le condizioni di vita dei detenuti, a causa delle condizioni climatiche estremamente disagevoli, sia indicativa ed eloquente nell'evidenziare le condizioni attuali delle carceri italiane, già di per sé complesse e che possono esacerbare situazioni di forte pressione dei detenuti;
   l'adozione di misure tempestive in grado di fronteggiare le numerose criticità che investono le strutture penitenziarie italiane ed in particolare quelle legate all'eccezionale «criticità caldo», che persiste su tutte le aree geografiche della penisola, risulta pertanto, a giudizio degli interpellanti, indispensabile ed opportuna, al fine di porre rimedio ad una situazione divenuta oramai invivibile che lede la dignità umana –:
   quali iniziative urgenti e necessarie si intendano intraprendere al fine di contrastare l'eccezionale ondata di calore che sta determinando gravissime ripercussioni sulla salute dei detenuti all'interno delle carceri italiane, il cui sovraffollamento contribuisce negativamente ad aumentare l'invivibilità degli spazi detentivi;
   se ritenga condivisibili le indicazioni contenute nella lettera del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale di Parma, in precedenza richiamata, finalizzate all'introduzione di misure volte a facilitare le condizioni di vita dei detenuti, in considerazione del perdurare dell’«emergenza caldo» e, in caso affermativo, come intenda estendere tali interventi a tutte le strutture penitenziarie del Paese.
(2-01050)
«Palmizio, Brunetta, Gelmini, Longo, Riccardo Gallo».
(28 luglio 2015)

O)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   il carcere minorile Beccaria di Milano volge in una drammatica situazione, come riportato da notizie stampa, nonché da visite nell'istituto di pena;
   da ultimo, in tale struttura – che ospita una cinquantina di detenuti, molti dei quali con problemi psichici – una settimana fa, si è verificato il tentato suicidio di un diciassettenne con problemi di tossicodipendenza;
   il tragico evento è stato sventato per l'intervento degli agenti della polizia penitenziaria e in una situazione nella quale al turno notturno sono solo tre gli agenti a disposizione per tutti i piani dell'edificio; si tratta di sezioni che si raggiungono esclusivamente con le scale, visto che non ci sono ascensori interni;
   qualche giorno fa, inoltre, un altro detenuto ha dato fuoco alla sua cella;
   nel tempo, nella struttura, hanno avuto luogo tentativi di suicidio, aggressioni ad agenti di polizia penitenziaria e tra detenuti, nonché rivolte;
   quella del carcere minorile Beccaria di via Calchi Taeggi è un'agonia, lenta e inesorabile, fatta di carenze di personale, lavori di ristrutturazione non ancora completati e la presenza sempre più alta tra i giovani reclusi di ragazzi con problemi psichici; malattie non così gravi da rendere incompatibile la detenzione, ma di fronte alle quali la struttura non è sufficientemente organizzata;
   tra i problemi, vi è la carenza cronica di personale e la deficitaria organizzazione del lavoro; peraltro, attualmente il Beccaria è in ristrutturazione e la compressione degli spazi sta rendendo la situazione ancora più difficile;
   quanto al personale di sorveglianza, grande parte – in ogni caso insufficiente – è impiegato in compiti diversi dalla vigilanza, magari negli uffici amministrativi, oppure è distaccato in altre zone d'Italia;
   va sottolineato, non in ultimo, che circa un anno fa il Ministero della giustizia dispose che al Beccaria dovessero essere ospitati ragazzi anche fino ai 25 anni, se i reati fossero stati compiuti nell'età minorile;
   trattasi di carcerazione di giovani, molti dei quali condannati 5 o 8 anni prima e spesso per la commissione di un unico reato;
   detta carcerazione non può che distruggere equilibri inequivocabilmente raggiunti con molta fatica nel lavoro, nella coppia e in altro;
   riguardo tali casi, gli operatori dovrebbero predisporre progetti per il reinserimento (nei confronti di soggetti, appunto, spesso già reinseriti), ovvero le esigue energie educative e sociali dovrebbero cimentarsi per cambiare ciò che la vita concreta del giovane-adulto aveva già provveduto a costruire;
   ciò avrebbe senso se tali ragazzi fossero reduci da reati recenti; ma se è da anni che hanno cambiato vita, spezzarne l'equilibrio trovato a fatica non può che apparire un controsenso;
   quanto sarebbe auspicabile è la modifica della normativa che prevede sempre la carcerazione per i reati ostativi; per i minori tale obbligo preventivo dovrebbe essere rimosso, o almeno attribuito alla scelta del giudice di sorveglianza, con ciò spezzando l'automatismo che impone la detenzione prima di poter considerare una pena alternativa;
   è evidente infatti che al tempo nel quale il giudice ha emesso la sentenza e ha dovuto notificare la pena, i minori hanno magari cambiato domicilio, o non ne avevano uno regolare; ma quando un ragazzo di 20 o 25 anni, identificato per caso, viene prelevato dal lavoro per entrare in carcere, raramente lo troverà quando uscirà –:
   quali iniziative urgenti intenda intraprendere al fine di alleviare la situazione di invivibilità che caratterizza il carcere minorile Beccaria di Milano;
   se non ritenga di assumere al più presto iniziative a livello normativo per modificare la disciplina concernente la modalità di esecuzione della pena per i reati ostativi.
(2-01055)
«Daniele Farina, Franco Bordo, Sannicandro, Scotto».
(4 agosto 2015)

P)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   il Protocollo d'intesa in materia di sviluppo e potenziamento del servizio giustizia, sottoscritto il 6 agosto 2005 dalla presidente del Friuli Venezia Giulia e dal Ministro della giustizia, ha previsto l'istituzione a Tolmezzo di uno sportello di prossimità per le pratiche giudiziarie, in modo da sopperire alla chiusura del tribunale di tale comune, che è stato accorpato al tribunale di Udine;
   in base all'accordo, la regione metterà a disposizione, nei locali che saranno successivamente individuati, personale già comandato negli uffici giudiziari: gli utenti potranno così acquisire informazioni, presentare e depositare atti giudiziari, nonché verificare lo stato dei procedimenti pendenti al tribunale e alla procura di Udine;
   oltre al potenziamento delle risorse umane e delle dotazioni tecnologiche, il protocollo stabilisce altre iniziative, a cominciare da interventi per favorire la giustizia minorile; inoltre, regione e uffici giudiziari collaboreranno (anche coinvolgendo le università di Trieste e Udine) per studiare nuovi e più efficienti modelli organizzativi per la giustizia, promuovere la formazione dei dipendenti, divulgare la cultura riparativa e conciliativa, educare i giovani alla legalità;
   come ha affermato la presidente Serracchiani, l'istituzione dello sportello di prossimità costituisce «un modello esportabile, soprattutto nelle aree dove sono stati chiusi dei tribunali»;
   l'istituzione di tale sportello è un'opzione che, favorendo i cittadini nei rapporti con le strutture della giurisdizione ordinaria, evitando loro lunghi spostamenti per adempimenti di minima rilevanza, può costituire una parziale compensazione dei disagi da essi subiti all'atto della chiusura degli uffici soppressi, a seguito dell'emanazione del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155;
   stupisce semmai che tale soluzione sia stata applicata nel territorio di una delle circoscrizioni più piccole tra quelle interessate dalla riforma;
   risulta dunque evidente che questo sportello di prossimità potrebbe diventare uno strumento di accesso ai servizi giudiziari, un luogo dove depositare atti e documenti relativi alla volontaria giurisdizione (eredità, adozioni, amministrazioni di sostegno, interdizioni e inabilitazioni, successioni) ed in futuro la base per ulteriori ed estensibili attività giudiziarie anche in altri ambiti territoriali;
   l'attenzione deve andare, in particolare, alle comunità dell'albese, del braidese, delle Langhe e del Roero, danneggiate logisticamente dalla chiusura del tribunale di Alba, città sede anche di casa circondariale –:
   se non intenda promuovere analoghe iniziative in altre realtà e in particolare in Piemonte, regione che più di ogni altra è stata penalizzata dalla riforma suddetta.
(2-01064)
«Monchiero, Rabino, Mazziotti Di Celso».
(8 settembre 2015)

Q)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   il 6 marzo del 2013, David Rossi, capo della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena da più di un decennio, descritto come il braccio destro dell'ex presidente Mussari, riconfermato dal consiglio di amministrazione presieduto da Viola, muore sul selciato del vicolo di monte Pio, sotto la finestra del suo ufficio a Rocca Salimbeni, sede della famosa banca senese. Come ricorda Il Fatto Quotidiano con un articolo del 5 luglio 2013, dal titolo «Mps, le ultime mail di Rossi: “Stasera mi suicido, sul serio, Aiutatemi!!!”», venne aperta un'inchiesta. «L'inchiesta, aperta contro ignoti per istigazione al suicidio, era inizialmente stata affidata al pubblico ministero Nicola Marini, magistrato di turno la sera di mercoledì sei marzo. Ma gli sviluppi l'hanno intrecciata all'indagine “madre” sul Monte dei Paschi di Siena e a quella per insider trading, ed è divenuta di competenza anche degli inquirenti titolari degli altri fascicoli: Aldo Natalini, Antonino Nastasi e Giuseppe Grosso», venne archiviata dal giudice per le indagini preliminari Monica Gaggelli come suicidio, il 5 marzo 2014, lo stesso giudice Gaggelli che nel maggio 2014 trasferì l'inchiesta sull'acquisizione di Antonveneta, a Milano, «per competenza territoriale accogliendo un'istanza presentata in sede di udienza preliminare da alcuni avvocati dei 9 imputati, 8 persone fisiche e la banca Jp Morgan» (La Nazione, «Mps, i pm lavorano per unificare le inchieste», del 14 gennaio 2015);
   il 20 febbraio 2013, la Gazzetta Mantovana pubblica on-line l'articolo «Inchiesta Mps, a Siena perquisiti uffici e case di Mussari e Rossi», I sottotitoli «La Guardia di Finanza ha perquisito gli uffici e le abitazioni di Siena di Mussari, ex presidente del Monte, e del capo della comunicazione della banca, David Rossi, attuale vicepresidente del Centro Internazionale di Palazzo Te di Mantova. Rossi non risulta indagato, ma persona informata dei fatti», nel quale viene riportato: «Sorprende il coinvolgimento, non si sa ancora a che titolo, di Rossi, alla vice presidenza del Centro di palazzo Te dal maggio 2011, dopo la modifica dello statuto che ha affidato la carica ad un rappresentante dei soci privati del Centro. Il sindaco Sodano scelse; come voleva lo statuto, lo stesso Rossi in rappresentanza dell'Mps, socio fondatore dell'istituzione culturale mantovana subentrato alla Bam. A fargli posto fu Graziano Mangoni, nominato dalla vecchia Banca agricola mantovana e dalla Fondazione Bam, che si dimise prima della sostituzione (...) David Rossi, nato a Siena nel giugno 1961, laureato in storia dell'arte, era il braccio destro di Giuseppe Mussari quando lui era alla presidenza della banca senese. Descritto come un ottimo professionista della comunicazione, esperto nei rapporti con i media, Rossi ha sempre avuto uno stretto legame di amicizia con Mussari. Insieme, infatti, lavorano, negli anni Novanta, per il sindaco di Siena Piccinini: Mussari aveva il compito di tenere i rapporti tra l'amministrazione comunale e l'allora partito dominante, il Pds, mentre Rossi si occupava dei contatti con i giornali e le tv locali e nazionali. Quando Mussari entra in Fondazione Mps porta con sé anche Rossi che, nel 2006, passa a Mps, quando l'amico ne diviene presidente. Avere accanto un “contradaiolo” diventa importante per un calabrese come Mussari che si ritrova ad avere le chiavi del “forziere” della città. Rossi ricopre il ruolo di capo area comunicazione, assunto in pianta stabile dalla banca, e gli viene affidato un mega ufficio a Rocca Salimbeni. Una curiosità: fino al 2006 l'istituto di credito, per la comunicazione, si era affidato ad esterni con contratto a tempo determinato»;
   dal Corriere Fiorentino (Corriere.it, 5 marzo 2014 «Mps, archiviata l'inchiesta sulla morte di David Rossi») si apprende che: «L'archiviazione era stata chiesta dai pubblici ministeri mentre la famiglia di Rossi si era opposta, presentando anche una serie di perizie, LA MOTIVAZIONE DEL GIP – “Nessun punto oscuro può ritenersi sussistere e nessun dubbio” sulla morte di David Rossi. Lo scrive il gip Monica Gaggelli che oggi ha deciso l'archiviazione dell'inchiesta con l'ipotesi di istigazione al suicidio, aperta dopo la morte. Per il giudice, Rossi si gettò “volontariamente”, non è stato buttato, né spinto di sotto con violenza da terze persone dalla finestra”. Il suicidio di David Rossi “è sicuramente maturato nelle ultime settimane nella psiche del defunto”. Per il Gip la decisione venne presa dal Rossi “nel contesto della tempesta, anche mediatica oltre che giudiziaria, che ha subito l'istituto senese” e per la vicinanza di lui “al vecchio management” del Monte. “SOVRACCARICO EMOTIVO”. – Per il Gip Gaggelli, il “sovraccarico emotivo” era aumentato nella psiche di Rossi soprattutto dopo la perquisizione da lui subita il 19 febbraio 2013, che era diventata “una sorta di ossessione” come percepito “dai suoi più stretti collaboratori e dai suoi familiari” scrive ancora il giudice. In questo senso sarebbero emblematici “i gesti di autolesionismo di cui si avvedono la stessa moglie e la figlia di lei”. In particolare, l'ex capo Comunicazione di Mps nelle due settimane che precedettero il tragico gesto del 6 marzo 2013 avrebbe maturato due ossessioni: una quella di non essere in grado “di gestire il ruolo che pure anche il nuovo management aveva confermato e anzi potenziato”. L'altra ossessione sarebbe stata la paura di essere coinvolto direttamente nelle vicende legate all'inchiesta su Mps “di essere intercettato e financo di essere arrestato”. Alla prima paura era correlata anche quella “di essere licenziato” in particolare dopo essersi convinto che i nuovi manager della banca lo avevano “estromesso dalle informazioni sensibili”, timore che per il Gip, dopo l'inchiesta portata avanti dai magistrati era “assolutamente immotivato”. Tutta questa situazione emotiva secondo il Gip emerge in particolare nel “drammatico ondivago scambio di e-mail intrapreso la mattina del 4 marzo con l'Amministratore delegato Fabrizio Viola: evidenti sono gli sbalzi di umore rispetto alla prima richiesta di aiuto rivolta allo stesso alle 10,30 (‘stasera mi suicidio sul serio. Aiutatemi !‘)”. Una mail che non sarebbe pervenuta “all'unico destinataria, ma alla quale sono poi seguite altre mail, sempre dirette all'amministratore delegato, con toni meno allarmanti e più distesi”. ROSSI ESTRANEO ALLA FUGA DI NOTIZIE – Il Gip, poi, conferma che dalle indagini è emersa anche l'estraneità totale di Rossi dalla fuga di notizie dopo il Cda del 28 febbraio 2013, quando venne decisa l'azione risarcitoria nei confronti delle banche Nomura e Deutsch. Ai colleghi di lavoro, ai suoi superiori e ai suoi famigliari, scrive ancora il giudice Gaggelli, Rossi lasciava capire che la “forte demoralizzazione e la perdita di autostima” derivavano “da problematiche estranee all'attività lavorativa o perlomeno a quella attuale”»;
   il Corriere di Siena, in un articolo del 10 novembre 2014 dal titolo «Morte di David Rossi: il caso non verrà riaperto», dichiara che «La procura generale di Firenze ha rinviato a quella di Siena gli atti dell'esposto presentato dalla vedova di David Rossi, l'ex capo area comunicazione di Mps gettatosi dalla finestra del suo ufficio la sera del 6 marzo 2013. Ma i pubblici ministeri Aldo Natalini e Nicola Marini, titolari dell'inchiesta, preso atto delle carte tornate da Firenze, avrebbero confermato che andranno a far parte del fascicolo archiviato il 5 marzo scorso. Non ci sarà quindi nessuna nuova indagine. Per la procura di Siena il caso è chiuso: David Rossi si è suicidato gettandosi dalla finestra del suo ufficio la sera del 6 marzo del 2013». A detta degli interpellanti trattasi di una vera e propria strabiliante coincidenza la maturazione di questa decisione, giunta proprio tra quando solo pochi giorni prima Report intervista la moglie di Rossi, Antonella Tognazzi, e la messa in onda della puntata (programmata per il 23 novembre 2014), mentre giornali come il Corriere Fiorentino, solo il giorno prima, 9 novembre, intitolava e scriveva «La fine di David Rossi – caso da riaprire? »Non crede al suicidio di David Rossi, la vedova Antonella Tognazzi, che è stata intervistata pochi giorni fa da Report. La trasmissione di Rai 3 ha mandato in onda l'anteprima di una puntata, quella del prossimo 16 novembre, che Milena Gabanelli annuncia così: «Ci occuperemo del misterioso omicidio di David Rossi», la tragedia dell'ex capo della comunicazione del Monte di Paschi di Siena. Una tragedia che il Tribunale di Siena il 5 marzo scorso archivia come suicidio. Per conto della moglie di Rossi, l'avvocato Luca Goracci, nel maggio scorso, ha presentato alla Procura Generale di Firenze, un'istanza di riapertura delle indagini. Un pool di periti – Luca Scarselli, Gian Aristide Norelli, e altri – ognuno per le proprie competenze, ha messo in fila una serie di elementi che puntano diritti verso una sola direzione: David Rossi il 6 marzo 2013 non si è suicidato. E quindi, secondo la loro tesi, è stato ucciso, o volontariamente o colposamente. Partendo da una discrasia che divide la realtà dei fatti dall'ora di registrazione delle telecamere: 16 minuti avanti, secondo il verbale tecnico del gestore. E poi, fotogramma per fotogramma, appare la dinamica della caduta, David Rossi piomba sul selciato del vicolo toccando terra con le natiche dopo un volo «a candela», da un'altezza di 14,36 metri. La finestra dell'ufficio, al secondo piano di Rocca Salimbeni, ha una sbarra di protezione, un davanzale largo quanto una penna, sotto cui è appeso un fan coil su cui è posta una risma di carta. Tutto appare intatto dalle foto successive alla tragedia. E, per ovviare alla sbarra di protezione, l'ex capo della Comunicazione di Banca Mps o si sarebbe dovuto mettere in piedi su di essa per gettarsi nel vuoto, oppure seduto, ma in questo caso il suo corpo avrebbe subito una inevitabile rotazione, che invece non c’è stata. Negli atti dell'archiviazione, che adesso, con l'istanza alla Procura Generale di Firenze, l'avvocato Luca Goracci chiede di riesaminare, c’è la documentazione fotografica sulle condizioni del cadavere. I reperti fotografici rilevati in sede di autopsia documentano ecchimosi e ferite in varie parti del corpo: c’è una ferita al capo (o da corpo contundente o da sbattimento su una parete o su un tavolo) di circa 3 centimetri sulla regione occipitale non riferibile alla caduta a terra. Ancora, c’è una ferita al labbro inferiore, una alla narice. Sulle braccia si rilevano ecchimosi, come da afferramento; all'altezza dell'addome c’è una vasta zona nera, un livido largo all'incirca come un pugno chiuso. Per i periti del Tribunale, provocato dalla pressione della cintola dei pantaloni nel momento dell'impatto a terra. Sul polso ci sono tre ferite, ma sul dorso, non sotto. Potrebbero essere quelle autoprocuratesi da David Rossi nei giorni precedenti, come raccontano i familiari. Nell'atto di archiviazione, i cerotti rinvenuti nel bagno dell'ufficio di Rossi, vengono riferiti a questo. Oppure, secondo la tesi ipotizzata dal pool dell'avvocato Goracci, sono l'effetto di una forte pressione operata sul polso, tanto da imprimere sulla pelle i segni dell'orologio. Tutte cose che non hanno convinto la magistratura senese a discostarsi dalla tesi del suicidio, neppure i segni rinvenuti sulle punte delle scarpe di marca che David aveva ai piedi, come di uno strusciamento sul terreno. Nel vicolo di Monte Pio, chiuso e incastrato tra Rocca Salimbeni e i palazzi del centro storico, David Rossi resta solo, steso sul selciato, ad agonizzare per venti minuti, lo rivelano i filmati della telecamera 6 di Banca Mps. Il vicolo sbocca su via dei Rossi, animata a quell'ora, verso le 20 della sera. E il cadavere di David non è certo impossibile da vedersi. Eppure, per venti interminabili minuti David comincia a morire da solo. Muove la testa, le braccia, è vivo insomma. Ma nessuno segue in quei momenti, dalla banca, il video che riporta le immagini della tragedia. All'inizio del vicolo, sul muro, c’è una luce quasi costante per tutto il filmato ripreso dalla telecamere: sono le luci rosse di posizione di un'auto che se ne sta ferma in retromarcia all'ingresso del vicolo, decisiva per impedire la vista di David che moriva. A un tratto, nel raggio di luce dei fari, si staglia netta la figura di un uomo, che guarda da lontano dentro il vicolo, senza entrarvi. Più tardi, quando è finita l'agonia e David non si muove più, entra un altro uomo dentro il vicolo, si avvicina al cadavere e poi fa una telefonata con un cellulare. Ma non è quella per chiamare il 118, che arriverà più tardi, fatta da Bernardo Mingrone, dirigente della banca. Nei giorni precedenti, Rossi pensava di essere sul punto di essere travolto da eventi da cui si sentiva estraneo, impaurito dalle indagini sullo scandalo Mps, soprattutto dopo la perquisizione subita il 16 febbraio, seppure non fosse indagato. Profondamente preoccupato anche in virtù della sua amicizia personale con l'ex presidente Giuseppe Mussari. E rincorso da voci insidiose sul suo possibile accantonamento professionale, smentito dai vertici della banca;
   c'era stato, due giorni prima, uno scambio di mail con l'amministratore delegato di Mps, Fabrizio Viola. Alle 10,13 del 4 marzo, David Rossi lancia un «help» a Viola: «Stasera mi suicidio, sul serio. Aiutatemi!!!!», Eppure la conversazione, mentre Viola era a Dubai, era iniziata con una mail in cui l'amministratore delegato, scrive: «Parliamo della vicenda mutui di Prato», in riferimento a una indagine alla Guardia di Finanza su mutui per 80 milioni concessi dalla filiale di Prato. Più tardi Rossi aggiunge: «Ti posso mandare una mail su quel tema di stamani? È urgente. Domani potrebbe già essere troppo tardi». Rossi scrive, in riferimento ai magistrati che indagano sullo scandalo Mps: «Ho bisogno di un contatto con questi signori, perché temo che mi abbiano inquadrato male, come elemento di un sistema e di un giro sbagliati. Capisco che il mio rapporto con certe persone possa averglielo fatto pensare, ma non è così. Se mi avessero chiamato a testimoniare glielo avrei spiegato, invece mi hanno messo nel mirino come se fissi chissà cosa. Almeno è l'impressione che ne ho ricavato. Avendo lavorato con tutti, sono perfettamente in grado di ricostruire gli scenari, se è quello che cercano, Però vorrei delle garanzie di non essere travolto da questa cosa, per questo lo devo fare subito, prima di domani. Non ho contatti con loro. Mi può aiutare?». Viola risponde: «Essendo la cosa molto delicata, credo che la cosa migliore sia che tu alzi il telefono e chiami uno dei pm per chiedere appuntamento urgente. Qualsiasi altra cosa potrebbe essere male interpretata. Oltretutto mi sembrano delle persone molto equilibrate». Rossi sembra convenire: «Hai ragione, sono io che mi agito e mi sono spaventato dopo l'altro giorno». E poi, ancora: «In effetti, ripensandoci, sembro pazzo a farmi tutti questi problemi. Scusa la rottura». Due giorni dopo, l'epilogo, drammatico. E quei tre fogliettini lasciati alla moglie, in cui si legge: «Ciao Toni amore, ho fatto una cavolata troppo grossa per poterla sopportare». Frasi su cui pesa il dubbio di Antonella Spiazzi: «Perché – ha detto a Report – mi ha scritto parole che tra di noi non ci siamo mai dette?». La procura Generale di Firenze ha già trasmesso tutto a Siena. Sarà adesso quella Procura a valutare se riaprire le indagini o meno”. Il giorno dopo, la notizia: tutto è stato archiviato;
   il 23 novembre 2014, va in onda la menzionata puntata di Report, intitolata «Il monte dei Misteri». Milena Gabanelli, con l'ausilio di Paolo Mondani, ricostruiscono alcuni aspetti della morte di Rossi, intrecciandone la vicenda con quelle relative agli scandali, giudiziari o meno, dell'istituto di credito senese degli ultimi anni. Sul sito www.report-rai.it è possibile rivedere la puntata ed è messo a disposizione un file in versione pdf con la trascrizione a loro cura di quanto narrato, del quale si riportano le parti salienti utili, a detta degli interroganti, al presente atto;
   Paolo Mondani, voce fuori campo, introduce così la puntata «Che cosa c'entra Rocca Salimbeni, la sede senese del Monte dei Paschi, con Piazza San Pietro in Vaticano, lo scopriremo solo alla fine del nostro racconto. Partiamo da vicolo di Monte Pio, una viuzza cieca che costeggia il muro del Monte dei Paschi. È la sera del di marzo 2013. La telecamera riprende un uomo che precipita a terra e muore. (...) David Rossi, 51 anni, era a capo della comunicazione del Monte dei Peschi e per un decennio braccio destro di Giuseppe Mussari, il dominus della banca travolto da varie inchieste giudiziarie. La procura di Siena apre immediatamente un'indagine per istigazione al suicidio, ipotizzando che qualcuno lo abbia indotto a darsi la morte. Un anno dopo, l'inchiesta viene archiviata come semplice suicidio. La moglie di David non crede a questa versione dei fatti. (...) Sono circa le 20, la videocamera registra gli ultimi tre metri della caduta di David Rossi. Il corpo finisce al centro del vicolo. Per il giudice che ha archiviato l'indagine come suicidio, David Rossi, seduto sulla barra di sicurezza della finestra e con la schiena verso l'esterno si è dato una lieve spinta e si è lanciato nel vuoto. (...) L'autopsia rileva abrasioni sul viso e sugli arti, ematomi sulle braccia, sulle gambe e sul corpo. Nella parte posteriore del cranio c’è una ferita di forma triangolare. Un triangolo perfetto. Il corpo di David parla, ma l'autopsia non spiega tutto. E i periti sono in disaccordo fra loro. (...) L'autopsia non dice che potrebbe essere una pietra del vicolo e l'oggetto a punta triangolare non è mai stato neppure cercato. Alle 20 e 27, ora del video, nel vicolo entra un uomo. Secondo la Procura, la telecamera segna sedici minuti in meno rispetto all'ora reale e indica in questa persona quella che alle 20 e 40 circa chiama la Volante della Polizia. Ma il tecnico che estrae le immagini e le consegna alla Procura ha messo a verbale l'esatto contrario. (...) Quindi l'uomo sconosciuto entra in scena alle 20 e 11, non alle 20 e 40, vede il corpo di David Rossi e se ne va. Da lì al primo intervento dei soccorsi passerà più di mezz'ora. Qualche minuto dopo dall'alto cade un oggetto e rimbalza alle spalle di David Rossi. (...) se fosse l'orologio – e noi vediamo un grave che cade, un oggetto che cade – se fosse un orologio, vuol dire che qualcuno lo ha buttato di sotto. (...) Ecco il quadrante dell'orologio finito alle spalle del cadavere. Confrontando gli orari, si scopre che contemporaneamente alla caduta dell'oggetto dall'alto, sul cellulare di David Rossi – ritrovato sulla sua scrivania in ufficio – viene digitato il 4099009. Forse è il telefono di qualcuno, più probabilmente il numero di un conto in banca. Una persona l'ha digitato, ma la sua identità rimane un mistero. (...) Un oggetto che cade vicino al suo corpo, un numero digitato al telefono, gli accessi tramite password al suo computer. Quante persone erano presenti in banca in quelle ore? Secondo l'usciere presente quella sera, in banca c'erano 10-15 persone. Gli inquirenti ne hanno identificate e interrogate solo tre». Oltre agli accessi notturni sul computer di David Rossi, usando le sue credenziali, Luca Goracci, legale della moglie di David Rossi, afferma che era abitudine dell'ex capo della comunicazione MPS, prendere appunti su diversi taccuini che afferma «Era quasi... forse maniacale è una parola eccessiva, ma nel prendere appunti di tutto quello che sentiva o di tutte le comunicazioni», ma dei quali nel fascicolo relativo a David non risulta nulla, e la famiglia è in possesso solo di due piccoli taccuini: del resto non vi è traccia.
   La ricostruzione di Paolo Mondani prosegue: «Il 19 febbraio 2013 la Guardia di Finanza perquisisce la sua casa e l'ufficio al Monte dei Paschi. Sospetta che faccia da postino tra Giuseppe Mussari e l'ex direttore generale Antonio Vigni, indagati per l'acquisto di Antonveneta e sui derivati finanziari che hanno distrutto i bilanci della banca. (...) Il primo marzo 2013, il Sole 24 Ore dà notizia dell'azione di responsabilità del Monte dei Paschi contro Mussari, Vigni e le banche Nomura e Deutsche. La decisione doveva rimanere riservata. Scatta un'indagine per insider trading. David Rossi è subito sospettato di aver passato l'informazione ai giornalisti. (...) David sa che un esponente della banca lo accusa. Purtroppo la verità emergerà solo dopo la sua morte: per la soffiata fatta al Sole 24 Ore viene indagato Michele Briamonte. Legale dello Ior e membro del cda di Montepaschi, Briamonte verrà immediatamente sospeso dall'incarico. In quelle ore David si sente incastrato e via mail comunica all'amministratore delegato Fabrizio Viola di voler andare a parlare con i magistrati (...) Inventori di inni e inventori di bilanci: dopo sette scudetti di fila la società Mens Sana Basket quest'anno è fallita ed è finita in serie B. L'ex Presidente Ferdinando Minucci ha trascorso qualche settimana agli arresti domiciliari. Nell'inchiesta è rimasto impigliato anche il Gran Maestro della massoneria Stefano Bisi, indagato per ricettazione. Insieme ad altri, Minucci avrebbe creato in 7 anni un sistema di fatturazioni false per circa 35 milioni di euro pagando in nero all'estero i giocatori. (...) Era David Rossi ad erogare gli ingenti fondi della banca per sponsorizzare il calcio, la pallacanestro e molto altro. Circa 50 milioni di euro l'anno. Ai magistrati avrebbe potuto chiarire i fatti così come avrebbe potuto raccontare della gestione degli immobili del Montepaschi che sta togliendo il sonno a molti senesi. Tanto che un piccolo giornale on-line ne ha parlato e la grande banca ha subito sporto querela. La storia comincia nel 2011. (...) Montepaschi svende alla Mittel Real Estate il complesso immobiliare di Via dei Normanni, a due passi dal Colosseo. Mittel vuol dire Giovanni Bazoli, il dominus di banca Intesa, e Romain Zalenski, ricco finanziere polacco molto indebitato con le banche. Quando la magistratura senese è andata a vedere il contratto di vendita è nato il sospetto che l'immobiliare del gruppo Mps avesse persino evaso il fisco. I migliori immobili della banca sono però nella società Sansedoni Spa controllata al 67 per cento dalla Fondazione Montepaschi. Sergio Betti è entrato da poco nella Fondazione...» il quale intervistato afferma «Sansedoni sta facendo ormai bilanci in passivo, gli ultimi 3 sono tutti in passivo, quello che si preannuncia ha un passivo di oltre 70 milioni, ha un indebitamento per mutui con le banche per circa 250 milioni». E aggiunge Mondani: «Investe nel Fondo Beta, nello sviluppo dell'ex area Fiat di Firenze, in un centro turistico in Sardegna a Capo Malfatano, in uno Sviluppo Immobiliare a Fiumicino vicino Roma, mette soldi in una società in Olanda, acquista la società Valorizzazione Immobiliare nel 2008 addirittura con Lehman Brothers pochi mesi prima del suo default». Nel corso della puntata Mondani intervista quello che viene definito «un suo intimo amico che non vuole essere riconosciuto» che confermerebbe che «per la banca, David Rossi manteneva rapporti con alcuni imprenditori e politici di peso». Nell'intervista, l'amico di David Rossi afferma «David mi racconta di una cena ad Arcore, cioè di essere stato invitato e quindi di essersi recato ad Arcore da Berlusconi a una cena alla quale era presente anche Confalonieri, la Santanchè e Alessandro Sallusti più altre persone delle quali mi ha sicuramente parlato, ma che non ricordo (...) Oggetto della cena: rapporti di lavoro che David aveva con la Daniela Santanchè, questo almeno è quello che ho percepito io anche se non mi ha detto i dettagli ovviamente. Paolo Mondani lo incalza: “Cioè il Monte dei Peschi era noto che dava, affidava alla Santanchè che ha una società di raccolta pubblicitaria, la pubblicità per alcuni giornali del gruppo Angelucci ”! Risposta: “Esatto, David curava la parte della pubblicità e per la quale la Daniela Santanchè si occupava della raccolta per il giornale tramite la propria agenzia pubblicitaria”. La voce fuori campo di Paolo Mondani conclude così la vicenda “Giuseppe Mussari viene intercettato al telefono per tutto il 2010. Il 25 marzo, Daniela Santanchè gli chiede un appuntamento per il suo socio Giampaolo Angelucci del gruppo Tosinvest; alla fine Angelucci comprerà il Corriere Senese il cui vicedirettore, Stefano Bisi, è il gran maestro del Grande Oriente d'Italia e grande amico di Mussari e David Rossi”. Le dichiarazioni dell'amico di David Rossi proseguono “Il secondo fatto di cui mi ha parlato ricorrentemente erano questi viaggi frequenti che faceva a Roma e che riguardavano il suo lavoro al Ministero degli Interni. (...) David mi raccontava che si recava al Ministero degli Interni e che svolgeva li l'attività lavorativa della giornata e che quindi aveva una sorta di ufficio, di struttura nella quale lavorava (...) andava con cadenza lo credo almeno ogni 15 giorni, comunque con cadenza abbastanza frequente (...) la frequentazione è cominciata con il secondo governo Prodi quindi con il ministro Amato. Amato ministro degli Interni”. Tra maggio 2006 e maggio 2008. Prosegue Mondani “Proprio nel 2008, il ministero degli Interni prende in affitto una immensa struttura sulla via Tuscolana a Roma, di proprietà del Montepaschi, Canone annuo: 11 milioni di euro. Al Viminale sarebbe più convenuto comprare, ma qui il Monte aveva un amico.
  Il 14 febbraio 2010 l'ex ministro Giuliano Amato chiama al telefono Giuseppe Mussari per assicurargli il sostegno alla candidatura come Presidente dell'Abi, l'Associazione Bancaria Italiana. Due mesi dopo, Amato richiama Mussari per garantirsi la sponsorizzazione al torneo presso il Circolo del tennis di Orbetello di cui è presidente onorario”».
   Sempre Paolo Mondani «Estate 2007, David Rossi e Giuseppe Mussari assistono alle fasi finali del palio. Il presidente di Montepaschi sta decidendo l'acquisto di Antonveneta che manderà a picco la banca senese. Banco Santander l'aveva acquistata 2 mesi prima a 6,6 miliardi; con i debiti che aveva sul groppone, Montepaschi la pagherà 16,8 miliardi. Per acquistare Antonveneta anche la Fondazione si è rovinata (...) Tutti sapevano che Antonveneta era un bidone, eppure Giuseppe Mussari la compra dal Banco Santander di Emilio Botin e ci fa carriera sopra. Pochi anni dopo, anche grazie a Tremonti, viene candidato alla presidenza dello Ior, la banca del Papa. Un monsignore che lavora nelle finanze vaticane racconta la sua versione dei fatti. “Mussari sapeva che era un rischio, ma voleva accrescere il suo potere. E per farlo, doveva fare un favore alla curia e a Emilio Botin, il banchiere dell'Opus Dei, che doveva a tutti i costi liberarsi da Antonveneta perché troppo costosa. Lo Ior venne coinvolto direttamente nell'affare (...) I Dirigenti dello Ior organizzarono incontri qui in Vaticano, i convenuti decisero di aprire 4 conti presso lo Ior, intestati ad altrettanti enti religiosi (...) Sono serviti a far transitare una parte del denaro dell'operazione, rendendola non tracciabile”. L'anonimo Monsignore infine afferma che Giuseppe Mussari a quegli incontri veniva accompagnato da David Rossi “il povero ragazzo, scomparso tragicamente”, che allo Ior conosceva il direttore Cipriani, col quale parlava spesso. Milena Gabanelli, a quanto fin qui descritto, aggiunge dallo studio “Non c’è dubbio che l'ex capo della comunicazione di Montepaschi, non era solo un capoufficio stampa: era stato incaricato di dare soldi alle squadre, intratteneva rapporti con i vertici della politica, sembra avesse anche un appoggio dentro al ministero degli Interni. E la banca, mentre tappava i buchi degli imprenditori e immobiliaristi amici, apriva i suoi di buchi. Come? (...) Montepaschi ha in pancia Alexandria e Santorini, che sono 2 derivati molto tossici. Per evitare di scrivere le perdite in bilancio, nel 2009, vanno da due banche: Nomura e Deutsche Bank e rifanno il contratto. Cosa c’è scritto in questo nuovo contratto? In estrema sintesi, ovviamente: che per tappare un buco di 500 milioni, mi espongo per 5 miliardi, però nel bilancio posso scrivere che il buco non c’è. (...)”». Mentre le autorità di vigilanza, tutte insieme, decidono che per Montepaschi si può fare una contabilità dove non si capisce bene quanti soldi servono alla banca per stare in piedi. Come è andata a finire? Che un mese fa arriva la BCE e dice «vi mancano 2 miliardi e avete 9 mesi di tempo per trovarli»: in merito al contratto derivato sottoscritto con Nomura i suoi successivi sviluppi, comprese le diverse dichiarazioni della BCE, si richiamano le premesse dell'interrogazione a risposta scritta n. 4/10147 del 5 agosto 2015, dove si evidenziano gli aspetti salienti che potrebbero comportare la nullità del contratto Nomura stesso;
   in data 25 agosto 2015, Alessandro Rossi scrive un articolo sul sito «Lettera 43» «David Rossi, la verità e nelle lettere di addio – ESCLUSIVO. Per i periti il manager Mps scrisse alla moglie dietro coercizione. Non solo. Ferite sospette e video manomesso: ora i pm possono riaprire il caso» nel quale si legge «Starebbero insomma trovando consistenza, e che consistenza, i dubbi che fin qui hanno riempito pagine di giornali e schermi di tivù e computer grazie a siti e trasmissioni come Report e hanno tormentato le notti di Goracci e di Luca Scarselli, l'altro amico di David Rossi che da due anni e mezzo si batte come un leone per dimostrare che la morte del capo della comunicazione del Mps non è stata, non può essere stata, un suicidio. Dunque alla fine di settembre Goracci dovrebbe presentare ai magistrati tre perizie: una medico legale nuova di zecca che dovrebbe dare corpo agli interrogativi che si è posto inevitabilmente chiunque abbia avuto il coraggio e la pietà di guardare le foto di Rossi sul tavolo dell'autopsia... Una seconda perizia, compiuta proprio dall'ingegner Scarselli, dimostrerà che il filmato del volo di David giù da una finestra del Monte, ripreso da una telecamera di sicurezza della banca, è stato manomesso, o quantomeno tagliato. Si sa sin dall'inizio che mancano sette minuti, ma nella nuova perizia ci sarebbero altri elementi che confermano questa tesi andando oltre, come si è fatto finora, al confronto tra gli orologi digitali. Inoltre, da un esame dei frame, con strumenti ad altissima definizione, verrebbero confermate le presenze nel vicolo di personaggi sospetti durante gli oltre 20 minuti di agonia di David sul selciato del vicolo del Monte Pio. Ma è la terza che dovrebbe essere la vera bomba. La perizia calligrafica chiesta da tempo e finalmente pronta, effettuata sui tre biglietti che David ha scritto alla moglie Antonella prima di morire. I tre fogli sono stati rintracciati nel cestino: due erano accartocciati e uno strappato. Quello strappato è stato rimesso insieme maldestramente da chi ha fatto le indagini appiccicando i bordi con lo scotch e lasciando un buco grosso come una moneta da 2 euro in basso a destra. Un vero disastro. La moglie in quei biglietti non ci ha mai visto chiaro. Tutti e tre iniziavano con “Toni, amore...”. Toni era il diminutivo con cui i parenti chiamavano Antonella da ragazzina ma che David non usava mai. Forse utilizzando proprio una parola inconsueta aveva voluto lasciarle un messaggio? Le impronte sulla pelle. Antonella ha sempre avuto il dubbio e Goracci si è affidato a un esperto calligrafo di primissimo ordine: il professor Giuseppe Sofia, di Milazzo, già collaboratore di tantissime procure d'Italia soprattutto con quelle antimafia e per questo molto legato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino con cui ha lavorato in più di un'occasione. La perizia di Sofia lascia poco spazio ai dubbi. Anzi nessuno spazio. Ha toni perentori: David Rossi avrebbe scritto quei biglietti sotto coercizione. Sostanzialmente qualcuno lo teneva per le braccia, appena sotto le ascelle, mentre lui scriveva, probabilmente sotto dettatura. Lo dimostrerebbero proprio le impronte di mani, visibilissime nelle foto dell'autopsia, rimaste impresse nella pelle delle braccia, proprio sotto le ascelle (queste foto sarebbero allegate alla perizia calligrafica). ... Non solo: l'esame della calligrafia mostra tratti della scrittura, confrontati con altri testi vergati da David in diverse situazioni, visibilmente diversi non dovuti a un momento emozionale (come potrebbe essere legittimamente il momento prima di suicidarsi) ma appunto a una coercizione fisica. Se queste indiscrezioni verranno confermate sarà davvero dura per i magistrati non ascoltare la richiesta di Goracci e non riaprire il caso...»;
   da quanto premesso, sembra agli interroganti che esistano parecchie e consistenti dubbi in merito alla strana morte di David Rossi, al contrario di quanto affermato dal gip che ne ha disposto l'archiviazione affermando che «Nessun punto oscuro può ritenersi sussistere e nessun dubbio»:
    a) il corpo di Rossi è rimasto un'ora davanti alla videocamera di sorveglianza n. 6 senza ricevere alcun soccorso, nonostante ben due persone siano entrate nel raggio d'azione della stessa vedendo la vittima (e il secondo abbia persino effettuato una telefonata con un cellulare, avvicinandosi al corpo), nonostante qualcuno dalla finestra del suo ufficio abbia lanciato un oggetto (che potrebbe essere il suo orologio ritrovato nel vicolo, non essendo lo stesso visibile nei frame riguardanti la caduta di Rossi), e nonostante le almeno 6 telecamere di sorveglianza di Montepaschi (quante quelle comunali e delle private della zona?); ciononostante si è risaliti a soli 3 nomi dei dipendenti presenti in banca su un numero variabile tra 10 e 15 persone, quando almeno 2 persone secondo gli interpellanti hanno contravvenuto alle disposizioni di legge contenute nell'articolo 593 del codice penale, relative all'omissione di soccorso;
    b) Rossi come capo della comunicazione MPS e braccio destro di Mussari, conosceva ogni vicenda che vedeva implicata la banca, godendo di piena fiducia e gestendo personalmente diversi ambiti, tanto da partecipare personalmente alle attività capitoline per l'acquisizione di Antonveneta. In piena bufera giudiziaria, agli interpellanti pare assurdo che David Rossi possa esser rimasto sconvolto al punto di suicidarsi da una perquisizione dovuta, o dall'accusa di essere responsabile della fuga di notizie sull'azione di responsabilità decisa dal CdA di MPS contro gli ex vertici di MPS, Nomura e Deutsche Bank (in relazione a tale fuga di notizie la procura ha aperto un'indagine per insider trading che vede tra gli indagati Michele Briamonte, legale Ior e membro CdA MPS) –:
   se al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro della giustizia risultino aperte altre indagini inerenti la sospetta vicenda della morte di David Rossi avvenuta il 6 marzo 2013;
   se il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dell'interno fossero a conoscenza dei rapporti di David Rossi con il Ministero dell'interno;
   essendo gli accessi ai ministeri monitorati, a nome di chi, in che date e presso quali uffici David Rossi aveva accesso, nei suoi viaggi nella capitale, al Ministero dell'interno presso qualsiasi altra sede o distaccamenti governativi;
   se il Governo non intenda assumere iniziative normative al fine di perseguire gli stessi scopi del disegno di legge n. 624 (presentato al Senato il 30 aprile 2013) al fine di avere finalmente una commissione di inchiesta su Monte dei Paschi di Siena, visti i molteplici interessi diretti dallo Stato italiano;
   se il Ministro della giustizia non ritenga che sussistano i presupposti per l'invio di ispettori ministeriali presso la procura di Siena, e in caso affermativo, se non intenda procedere rapidamente in tal senso.
(2-01068)
«Pesco, D'Incà, Alberti, Fico, Ruocco, Villarosa, Baroni, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Nicola Bianchi, Brescia, Brugnerotto, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Chimienti, Ciprini, Colonnese, Cominardi, Crippa, Da Villa, Daga, Dall'Osso, De Lorenzis, De Rosa, Dell'Orco, Di Benedetto».
(8 settembre 2015)

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