TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 486 di Lunedì 21 settembre 2015

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A SOSPENDERE O REVOCARE IL BLOCCO DELLA CONTRATTAZIONE NEL PUBBLICO IMPIEGO

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, è stato adottato, come recita il suo preambolo, in considerazione della «straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il contenimento della spesa pubblica e per il contrasto all'evasione fiscale ai fini della stabilizzazione finanziaria, nonché per il rilancio della competitività economica»;
    nel quadro di una serie di previsioni finalizzate al contenimento ed alla riduzione della spesa pubblica si colloca l'articolo 9, relativo al contenimento delle spese in materia di pubblico impiego che, al comma 21, testualmente recita: «I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all'articolo 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012, 2013 ancorché a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previste dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici»;
    in applicazione del citato comma 21 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, quindi, per l'intero triennio 2011-2013, le retribuzioni del personale interessato sono state pertanto escluse tanto dai meccanismi di adeguamento di cui all'articolo 24 della legge n. 448 del 1998, quanto dall'applicazione degli aumenti retributivi («scatti» e «classi» di stipendio) collegati all'anzianità di ruolo, quanto, addirittura, dal riconoscimento dei benefici economici correlati alle progressioni di carriera, senza possibilità successiva di recupero;
    l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, ha poi previsto che con uno o più regolamenti da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri per la semplificazione e la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze la possibilità di prorogare di un anno, ovvero al 2014, le sopradette disposizioni restrittive;
    ed infatti con decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, il Governo ha disposto la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle seguenti misure previste dall'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010: a) il blocco dei trattamenti economici individuali; b) la riduzione delle indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri e l'individuazione del limite massimo per i trattamenti economici complessivi spettanti ai titolari di incarichi dirigenziali; c) il limite massimo e la riduzione dell'ammontare delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale; d) i blocchi riguardanti i meccanismi di adeguamento retributivo, classi e scatti di stipendio, nonché le progressioni di carriera comunque denominate del personale contrattualizzato e in regime di diritto pubblico;
    infine, per effetto della legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014, commi 254-256) è stato prorogato ulteriormente per tutto il 2015 il blocco economico della contrattazione nazionale e del contratto collettivo nazionale nel pubblico impiego – ormai operante dal 2010 – con conseguente slittamento del triennio contrattuale dal 2015-2017 al 2016-2018; è stata estesa fino al 2018 l'efficacia della norma in base alla quale l'indennità di vacanza contrattuale, da attribuirsi all'atto del rinnovo contrattuale, rimane quella in godimento al 31 dicembre 2013 e viene prorogato fino al 31 dicembre 2015 il blocco degli automatismi stipendiali ma relativo al solo personale non contrattualizzato (magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato, personale militare e delle forze di polizia di Stato, personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, personale della carriera dirigenziale penitenziaria, professori e ricercatori universitari, nonché il personale della Banca d'Italia, della Consob e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato), ferma restando l'esclusione dal blocco dei magistrati;
    in proposito, occorre rammentare che la Corte costituzionale, in occasione di pregresse manovre economiche, recanti deroghe temporanee ai ricordati meccanismi rivalutativi di adeguamento, disposte, in particolare, in occasione dell'altrettanto grave congiuntura economica del 1992, aveva già indicato i limiti entro i quali un tale intervento potesse ritenersi rispettoso dei richiamati principi costituzionali, osservando che «norme di tale natura possono ritenersi non lesive del principio di cui all'articolo 3 della Costituzione (sotto il duplice aspetto della non contrarietà sia al principio di uguaglianza sostanziale, sia a quello della non irragionevolezza), a condizione che i suddetti sacrifici siano eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso»;
    in quel caso il sacrificio era limitato ad un anno, mentre ora, in presenza di una reiterazione a percussione di misure patrimoniali afflittive, la natura eccezionale e transitoria di una disposizione non può più essere predicata, credibilmente e plausibilmente, anche per la prevedibilità della sua reiterazione nel tempo futuro;
    eppure per le misure adottate con il decreto-legge n. 78 del 2010 e successivi provvedimenti, si tratta invece di ben cinque anni di blocco contrattuale, anni che – in termini più generali – coincidono con la fase apicale della crisi economica e sociale più lunga ed intensa che la storia della Repubblica ricordi e che ha prodotto un impoverimento generalizzato del Paese, del ceto medio e della classe lavoratrice in particolare;
    secondo l'Istat la riduzione delle retribuzioni pro capite in termini reali è stimata nell'ordine di oltre il 10 per cento dal 2010 al 2014; i dati pubblicati dall'Istat circa l'andamento economico del settore statale evidenziano – secondo quanto emerge dalle tabelle 12 e 13 rispettivamente: Unità di lavoro delle amministrazioni pubbliche per sotto settore 1995/2014 e Analisi dei redditi da lavoro dipendente delle amministrazioni pubbliche per sotto settore 1995/2014 - la cristallizzazione delle retribuzioni lorde pro capite medie ammontanti, per il 2014, a 34.286 euro con un decremento di circa 10 euro rispetto al dato 2013 (da: «Il quotidiano della PA», articolo di Stefano Olivieri Pennesi del 20 maggio 2015);
    dall'altra parte, il rapporto annuale Istat del 2015, pur rilevando che nel 2013 e 2014 è rimasto invariato il carico fiscale corrente e in conto capitale delle famiglie (al 15,7 per cento del reddito lordo disponibile delle famiglie), evidenzia l'aumento di tre decimi di punto del carico fiscale complessivo (che include anche le imposte sull'abitazione), salendo al 16,3 per cento, a causa dell'introduzione del tributo per i servizi indivisibili (Tasi), compensando quasi interamente il calo di quattro decimi del 2013, determinato dall'abolizione dell'Imu sulla prima casa;
    è evidente che il combinato disposto tra il perdurante blocco economico della contrattazione da una parte (di dubbia legittimità costituzionale) e un livello pressoché stabile ovvero in aumento della pressione tributaria sulle famiglie dall'altra, hanno comportato l'attuale depressione economica e la caduta del potere di acquisto degli stessi stipendi;
    le misure adottate finora con il decreto-legge n. 78 del 2010 e le successive proroghe di fatto hanno paralizzato anche l'applicazione degli istituti contrattuali retributivi legati al merito previsti dal decreto legislativo n. 150 del 2009 (cosiddetta «riforma Brunetta») che prevede numerosi strumenti (anche economici) per premiare il merito e la professionalità del dipendente pubblico (articoli 20 e seguenti del decreto legislativo n. 150 del 2009);
    tali misure economiche di carattere restrittivo si ripercuotono non soltanto: a) sulle motivazioni dei dipendenti pubblici sempre più «stanchi», perché penalizzati da uno scarso turnover (ora indebolito ancor di più dall'arrivo dei dipendenti provenienti dalle Province) e da un progressivo allungamento dell'età per accedere alla pensione, ma altresì: b) sull'efficienza e funzionalità dei servizi offerti dalle pubbliche amministrazioni;
    il tribunale di Roma con ordinanza del 27 novembre 2013 ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 9, commi 1 e 17, del decreto-legge n. 78 del 2010 nonché dell'articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 per contrasto con gli articoli 2, 3, 35, 36, 39 e 53 della Costituzione e ha trasmesso gli atti alla Corte costituzionale rilevando come «la sospensione della possibilità di negoziare anche solo in ordine ad incrementi retributivi, viene a determinare, indirettamente, un'anomala interruzione dell'efficacia delle disposizioni vigenti in materia (...) e, quindi, del valore dell'autonomia negoziale riservata alle parti nell'ambito della contrattazione collettiva, interruzione determinata a causa della esclusiva e affatto peculiare posizione dello Stato-datore di lavoro. (...); conseguentemente, l'inibizione prolungata della contrattazione in ordine all'adeguamento dei trattamenti retributivi può sollevare il legittimo dubbio di una conseguente violazione del principio di proporzionalità e sufficienza della retribuzione»;
    la questione verrà discussa dai giudici della Corte costituzionale il prossimo 23 giugno 2015 e, in caso di accoglimento, il recupero del pregresso blocco del rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici potrebbe «costare» dai 14 ai 16 miliardi di euro, pari quasi all'ammontare di una legge di stabilità aprendo una «voragine» nei conti dello Stato;
    sono tre milioni e mezzo i pubblici dipendenti che aspettano il rinnovo dei contratti dal 2010 e potenzialmente interessati dalla decisione della Consulta;
    gli interventi così operati ingiustificatamente aumentano gli squilibri, trascurano del tutto di colpire le ricchezze evase al fisco e persino gli introiti derivanti da rendite ben conosciute (quali le rendite catastali e finanziarie), per concentrarsi su una fascia specifica di cittadini (di solito i pensionati e i lavoratori dipendenti), colpevoli unicamente di appartenere ad una categoria e di avere redditi facilmente accertabili ed ancora più facilmente «attaccabili»;
    già in altre occasioni la Corte costituzionale è intervenuta affermando l'esistenza di diritti di rilevanza costituzionale non comprimibili dalle cosiddette «emergenze finanziarie», dal mercato e da pseudo riforme economiche dettate dalla mera esigenza di far quadrare i conti;
    è necessario prendere atto degli effetti negativi dispiegati dalle suddette misure di contenimento della spesa pubblica e di austerity e dalle conseguenti proroghe susseguitesi oltre ogni tempo ragionevole (di dubbia legittimità costituzionale per i motivi esposti) non solo sull'efficienza e l'efficacia della pubblica amministrazione e sul rendimento e le performance dei pubblici dipendenti, ma anche sul sistema economico del Paese,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per sospendere e/o revocare, a partire dal secondo semestre 2015, il blocco economico della contrattazione nazionale e delle tornate contrattuali del contratto collettivo nazionale dei pubblici dipendenti interessati dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, e successive proroghe;
   ad assumere iniziative per assicurare, a far data dal 1o gennaio 2016, per tutti i dipendenti della pubblica amministrazione interessati dal decreto-legge n. 78 del 2010, procedure per il progressivo riallineamento e adeguamento degli stipendi agli standard costituzionali;
   ad assumere urgenti iniziative volte a permettere fin dal 2015 la ripresa della concertazione e della contrattazione del contratto del pubblico impiego interessato dal blocco della contrattazione per effetto del decreto-legge n. 78 del 2010 e successive proroghe al fine di predisporre – anche di concerto con le organizzazioni di rappresentanza del settore pubblico – idonee misure volte al recupero pieno della perdita del potere di acquisto degli stipendi dei pubblici dipendenti dovuto al blocco contrattuale, ovvero reperire idonee risorse volte all'effettivo recupero dei trattamenti economici e degli aumenti retributivi dovuti per le tornate contrattuali e non goduti per effetto del blocco.
(1-00878)
«Ciprini, Chimienti, Cominardi, Dall'Osso, Lombardi, Tripiedi, Gallinella, Dadone, Cozzolino, Cancelleri, Lorefice».
(4 giugno 2015)

   La Camera,
   premesso che:
   il Governo in carica ha ereditato le precedenti e numerose misure di blocco o contenimento della contrattazione collettiva nel pubblico impiego:
    l'emanazione del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica» ha determinato, per quanto concerne il pubblico impiego, il congelamento dei trattamenti economici per tre anni, con la finalità del contenimento delle spese, mediante l'articolo 9, comma 21, in base al quale le retribuzioni del personale interessato sono state escluse tanto dai meccanismi di adeguamento di cui all'articolo 24 della legge n. 448 del 1998, quanto dall'applicazione degli aumenti retributivi, i cosiddetti «scatti» e «classi di stipendio», collegati all'anzianità di ruolo, quanto, addirittura, dal riconoscimento dei benefici economici correlati alle progressioni di carriera, senza possibilità successiva di recupero;
    successivamente il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, ha previsto, all'articolo 16, comma 1, con uno o più regolamenti da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri per la semplificazione e la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze, la possibilità di prorogare di un anno, ovvero al 2014, le sopradette disposizioni restrittive;
    la formulazione dell'articolo 40 e dell'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 modificano gli spazi delle relazioni sindacali come precedentemente configurati dalla legge e dalla contrattazione collettiva;
    l'articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, modificato dall'articolo 54 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, testualmente recita «tramite appositi accordi tra l'Aran e le Confederazioni rappresentative, secondo le procedure di cui agli articoli 41, comma 5, e 47 (...]) sono definiti fino a un massimo di quattro comparti di contrattazione collettiva nazionale, cui corrispondono non più di quattro separate aree per la dirigenza (...)»;
    occorre, pertanto, giungere preliminarmente ad un accordo attuativo delle citate disposizioni, al fine di ricondurre alle previsioni normative il numero dei comparti, quale premessa per la riapertura del tavolo contrattuale;
    la legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilità 2015) ha prorogato fino al 31 dicembre 2015 il blocco economico della contrattazione nel pubblico impiego, già previsto dalla normativa vigente fino al 31 dicembre 2014, con conseguente slittamento del triennio contrattuale dal 2015-2017 al 2016-2018;
    pur con la conferma del blocco contrattuale, la stessa legge di stabilità 2015 ha comunque opportunamente sbloccato gli automatismi e le progressioni per determinate categorie di pubblici dipendenti (tra tutti, le forze di polizia) e, in particolare, ha ripristinato gli effetti economici legati alle progressioni di carriera e gli assegni connessi con il merito e con l'anzianità di servizio;
    la Corte costituzionale il 23 luglio 2015 , in relazione alle questioni di legittimità costituzionale sollevate con le ordinanze r.o. n. 76/2014 e r.o. n. 125/2014, con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico, così come risulta dalle norme impugnate e da quelle che lo hanno prorogato che rischiano di rendere strutturale tale blocco
    la Corte costituzionale ha ribadito la piena legittimità – già affermata in sentenze precedenti – dell'intervento del legislatore volto a far fronte a esigenze eccezionali di riequilibrio del bilancio pubblico, riaffermando alcune peculiarità del settore pubblico rispetto a quello privato, che permangono anche dopo la cosiddetta «contrattualizzazione» dell'impiego pubblico, negando altresì che il blocco temporaneo abbia determinato una situazione di insufficienza della retribuzione alla stregua dell'articolo 36 della Costituzione, osservando che prima del blocco i livelli salariali del settore pubblico si erano già attestati su livelli superiori, a parità di contenuto della prestazione lavorativa, rispetto al settore privato;
    nell'affermare l'illegittimità costituzionale sopravvenuta del blocco della contrattazione collettiva nel settore pubblico, la Corte costituzionale ha precisato che la riattivazione della negoziazione collettiva costituisce un dato essenzialmente procedurale, «disgiunto da qualsiasi vincolo di risultato»;
    già antecedentemente alla sentenza della Corte costituzionale, in data 17 giugno 2015, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, rispondendo ad un'interrogazione «in merito alla sospensione o alla revoca, a partire dal secondo semestre 2015, del blocco della contrattazione nazionale del pubblico impiego», in tale sede ha riferito – sostanzialmente d'intesa con la Ministra per la semplificazione e la pubblica amministrazione – che il Governo nella sua collegialità ha ritenuto di confermare il blocco della contrattazione collettiva economica per il pubblico impiego prorogato al 2015 ma parzialmente compensato da un periodo di bassa inflazione. È evidente tuttavia che il blocco dei contratti non può essere la normalità e per questo l'auspicio è di riaprire il prima possibile una normale contrattazione;
    successivamente, durante il passaggio al Senato della Repubblica del disegno di legge delega approvato ad agosto 2015, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, la stessa Ministra per la semplificazione e la pubblica amministrazione, ha preannunciato la volontà del Governo di superare il blocco della contrattazione, dopo cinque anni di fermo della parte economica dei contratti collettivi di lavoro nel pubblico impiego;
    il rinnovo del contratto collettivo per tre milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori del pubblico impiego è una scelta utile per l'economia e indispensabile per riconoscere il valore al lavoro pubblico;
    la valorizzazione dei lavoratori del pubblico impiego è condizione necessaria per la piena realizzazione degli obiettivi positivi di semplificazione, qualità e maggiore efficacia della pubblica amministrazione perseguiti della legge 7 agosto 2015, n. 124;
    il processo di semplificazione e di innovazione prefigurato dalla legge 7 agosto 2015, n. 124, individua all'articolo 17 i principi e criteri direttivi cui debbono uniformarsi i decreti attuativi sul riordino e la semplificazione della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e dei connessi profili di organizzazione amministrativa e, all'articolo 11, introduce un nuovo modello organizzativo della dirigenza pubblica,

impegna il Governo:

   a favorire la chiusura degli accordi di cui all'articolo 40 del decreto legislativo n. 165 del 2001, ai fini della conclusione rapida e comunque entro il 2015 del processo di ridefinizione dei comparti, così come previsto dal citato decreto legislativo n. 165 del 2001 e successive modificazioni, apportate dal decreto legislativo n. 150 del 2009, anche con soluzioni innovative, in coerenza con l'impianto della legge n. 124 del 2015;
   a prevedere, nell'ambito della prossima manovra finanziaria e nel quadro delle compatibilità finanziarie individuate in quella sede, adeguate risorse da destinare al rinnovo dei contratti del pubblico impiego.
(1-00988)
«Di Salvo, Miccoli, Gnecchi, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Cuomo, Damiano, Giacobbe, Gribaudo, Incerti, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Rostellato, Rotta, Simoni, Tinagli, Zappulla».
(18 settembre 2015)

MOZIONI RECANTI INIZIATIVE PER LA CONCLUSIONE DEI LAVORI DELL'AUTOSTRADA SALERNO-REGGIO CALABRIA E IL POTENZIAMENTO DEL SISTEMA DEI TRASPORTI DELLA REGIONE CALABRIA

   La Camera,
   premesso che:
    la carenza delle reti infrastrutturali dei trasporti calabresi riveste, ormai da diverso tempo, caratteri emergenziali e di precarietà provocando notevoli disagi sia ai residenti in Calabria sia ai turisti, nonché a tutti coloro che si trovano a transitare nella medesima regione;
    si riscontrano dunque notevoli difficoltà di movimento da e per la Calabria, nonché internamente alla stessa, sia per quanto concerne le merci sia per quanto attiene alle persone; lo status quo delle reti infrastrutturali di trasporto calabresi presenta, quindi, gravi carenze a tutti i livelli provocando notevoli disagi sia per i trasporti che avvengono a livello internazionale, sia per quelle di rilievo locale;
    è altresì evidente che senza infrastrutture efficienti e trasporti adeguati ai bisogni dei cittadini e delle imprese non ci può essere una modernità né tanto meno uno sviluppo per la regione interessata;
    i servizi di trasporto pubblico sono strumenti essenziali alle finalità, costituzionalmente demandate all'apparato statale della Repubblica, per la rimozione delle disparità economiche e sociali tra i cittadini, ritenute ostative per la partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese;
    tali servizi rappresentano un interesse strategico e di cruciale importanza sia sul piano della garanzia del diritto fondamentale alla mobilità dei cittadini e, quindi, per le esigenze di comunicazione interna della regione, sia per la forte vocazione turistica del territorio in questione che, soprattutto nei periodi estivi, riscontra un consistente afflusso di visitatori;
    nonostante l'essenzialità e la strategicità del comportato infrastrutturale, lo stesso è stato, specie negli ultimi anni, soggetto ad un progressivo depotenziamento soprattutto per le mancate opportunità di rafforzamento e invigorimento, alla luce dell'evidente assenza di una strategia politica, diretta alla revisione del sistema infrastrutturale dell'intero sistema di viabilità e comunicazione territoriale;
    la rete calabrese, in alcune sue parti, è di fondamentale interesse strategico sia nazionale sia internazionale, poiché costituisce parte dell'asse ferroviario europeo «Ten-T1» essenziale per il trasporto proveniente sia dal sud e sia dal nord della penisola;
    le tre arterie stradali che collegano la regione Calabria al resto d'Italia (A3, la strada statale 106 e la strada statale 18) sono attualmente e contemporaneamente interessate da lavori di manutenzione e/o di messa in sicurezza, procurando notevoli disagi per automobilisti e trasportatori;
    il tratto della A3 Salerno-Reggio Calabria, tra gli svincoli di Laino Borgo e Mormanno, è interrotto per verifica tecnica a seguito del crollo del «viadotto Italia» che, tra l'altro, è costato la vita ad un venticinquenne caduto con la ruspa da un'altezza di 80 metri. Il crollo del viadotto rappresenta, altresì, una questione di rilevanza nazionale per tutto quello che ne deriva in termini economici, per i servizi alle imprese ed ai cittadini e per il rischio di provocare un arretramento del territorio;
    il tratto dell'A3 Salerno Reggio-Calabria ha una lunghezza di 442,9 chilometri ed è direttamente gestito dall'Anas. I lavori per la realizzazione del tratto in questione furono progettati nel 1966 e aperti nel 1972, al momento sono stati completati 348 chilometri, mentre più di 95 chilometri attendono di essere cantierizzati;
    negli anni successivi all'apertura dei cantieri, il tratto di autostrada costruito si rivelò del tutto inadeguato per contenere il traffico in aumento, in quanto dotata di due sole corsie per senso di marcia e diverse curve molto tortuose che provocarono gravi incidenti. Alla luce di ciò, nel 1990 l'Unione europea ha obbligato l'Italia all'adeguamento del tratto realizzato della Salerno-Reggio Calabria alle normative europee. Da quel momento, iniziarono i lavori di riammodernamento la cui conclusione è stata rimandata di anno in anno;
    dopo ben 49 anni, il cantiere più lungo di tutta Europa, come spesso viene definita la Salerno-Reggio Calabria, è ancora in fase di realizzazione e come se non bastasse, oltre ad esserci un tratto ancora da cantierizzare e uno in fase di ammodernamento, da tre mesi con la chiusura del tratto interessato dal crollo del viadotto Italia, la regione riversa in una condizione emergenziale rispetto al resto del Paese, con una viabilità che giorno dopo giorno è sempre più insostenibile;
    il Presidente del Consiglio dei ministri, nel mese di maggio 2015, in diversi dichiarazioni pubbliche ha affermato che entro il 2015 tutti i cantieri avranno un'accelerazione definitiva e al massimo nel 2016 i lavori saranno terminati. Il Premier, oltre alla superficialità con cui ha indicato i tempi di realizzazione di un cantiere di così difficile concretizzazione, sembra non essere a conoscenza della condizione in cui versa attualmente il tratto di strada che sino ad oggi è stato costruito. Infatti, nell'intero percorso ci si imbatte in 32 lavori temporanei, da Cosenza in giù la segnaletica sull'asfalto è pressoché inesistente e nelle gallerie l'illuminazione non è funzionante;
    il Governo, a seguito della chiusura del tratto dell'A3, ha promesso di impegnarsi ad accelerare il finanziamento per la sicurezza della viabilità secondaria, oltre che a verificare la fattibilità del trasporto via mare delle merci, del potenziamento del traffico ferroviario e, ove possibile, aereo oltre che a riconsiderare il progetto stradale n. 19 come viabilità alternativa. Attualmente, l'impegno annunciato dal Governo non si è ancora concretizzato;
    la strada 106, cosiddetta jonica, è inadeguata a gestire gli attuali volumi di traffico a causa di una serie di criticità infrastrutturali storiche dovute ad una sbagliata progettazione della stessa, per la carente illuminazione, la pessima manutenzione del manto stradale e soprattutto perché detiene il primato di essere la strada più pericolosa d'Italia, tanto da essere soprannominata «strada della morte»;
    la strada 18 è chiusa in più parti a causa di lavori di manutenzione e, quindi, in determinati tratti si può procedere soltanto a sensi unici alternati;
    le difficoltà delle reti infrastrutturali della regione Calabria sono aggravate dalla pessima gestione del sistema ferroviario, tagliato inspiegabilmente fuori dalla rete nazionale ad alta velocità, che nel corso degli ultimi anni sta, altresì, registrando una drastica diminuzione del numero delle corse garantite da Trenitalia;
    ad aggravare la situazione non c’è alcun treno Freccia rossa che colleghi la Calabria al resto d'Italia, limitando il trasporto ferroviario semi-veloce ad un solo Freccia Argento e due Freccia bianca. A tal proposito, basti ricordare che l'ultimo treno utile per raggiungere dalla Calabria altre destinazioni è l'Intercity 1560 che parte dalla principali stazioni calabresi di Reggio Calabria alle ore 15:05, di Lamezia Terme alle ore 16:31, di Paola alle ore 17:09, per giungere dopo ben 7 ore di viaggio, a Roma;
    inoltre, il trasporto ferroviario è da considerarsi quasi inesistente sul tratto ionico, visto che è ancora caratterizzato da un unico binario non elettrificato con corse operate su base regionale, a cui nell'ultimo periodo sono seguite delle soppressioni, in ossequio ad una spending review del tutto illogica;
    la situazione è altresì insostenibile anche in merito al servizio aeroportuale, del tutto inadatto a fronte della crescita della domanda di servizi, testimoniato dalle numerose liste d'attesa per i voli da/per la Calabria, a cui hanno fatto seguito continue cancellazione dei voli, una cattiva gestione degli scali aeroportuali calabresi di Reggio Calabria e Crotone, il continuo aumento del prezzo dei biglietti e l'isolamento degli aeroporti dal sistema ferroviario;
    le difficoltà infrastrutturali della regione Calabria sin qui descritte recano gravi disagi per le attività produttive del territorio e in modo particolare per l'agricoltura ed il turismo;
    con l'estate alle porte si paventa il rischio che il territorio calabrese non sia in grado di assorbire il flusso di traffico stradale dal nord e sud della penisola, posto che la regione è una tra le mete più ambite dal turismo estivo, costituendo una voce fondamentale per l'economia del Paese;
    lo scoraggiamento dei turisti, nel considerare la Calabria come meta della loro vacanza, sta comportando un esiguo numero di prenotazioni alberghiere, tanto che molte strutture stanno valutando la possibilità di rimanere chiuse, provocando in questo modo un crollo ingente dell'economia della regione, nonché dell'occupazione;
    già nelle vacanze pasquali, in Calabria si è registrata la prima contrazione delle prenotazioni turistiche e secondo la Federturismo regionale, per la stagione estiva si registra già un meno 20 per cento;
    alla luce della situazione sopra esposta il territorio calabrese risulta quasi completamente isolato dal resto della penisola per l'inadeguatezza e la quasi inesistenza, in taluni casi, del trasporto aeroportuale, di gomma, nonché ferroviario;
    per il miglioramento della rete infrastrutturale si susseguono, ormai da decenni, richieste di investimento che ad oggi non hanno trovato alcun accoglimento, al punto che tra rinvii e mancate approvazioni i lavori di ampliamento della strada stradale 106 vengono continuamente negati;
    a causa di questa situazione, alcuni eventi organizzati nei mesi di giugno e luglio 2015 nelle coste calabresi sono stati annullati. A luglio 2015 vi è in programma l'evento mondiale di kitesurf, al quale sono attese circa 100 mila persone provenienti da tutto il mondo, delegazioni della Thailandia, Australia, Russia e delle Americhe che risconteranno, inevitabilmente, notevoli difficoltà nel raggiungere la zona interessata;
    è doveroso portare all'attenzione di questo Governo le pesanti ricadute sull'economia regionale che determinano la persistenza di una situazione di inadeguatezza del sistema infrastrutturale regionale, rispetto alle esigenze dei cittadini, lavoratori ed imprenditori, con riferimento alle forti limitazioni che tutte le carenze sopra riportate gravano sul comparto turistico, il quale rappresenta la maggiore opportunità di sviluppo e rilancio economico non solo per la regione Calabria, ma anche per il tessuto nazionale,

impegna il Governo:

   ad attuare le opportune iniziative affinché sia garantita in tempi rapidi la transitabilità del tratto autostradale, al momento interrotto, della Salerno-Reggio Calabria, nonché ad assumere iniziative concrete, finalizzate a definire, in tempi brevi e certi, l’iter conclusivo dei lavori dell'intero tratto della A3 Salerno-Reggio Calabria;
   a definire ed attuare ogni utile iniziativa al fine di potenziare le maggiori arterie stradali che collegano la regione Calabria al resto d'Italia, attualmente interessate da lavori di manutenzione e/o messa in sicurezza, consentendo ad automobilisti e trasportatori di poter circolare regolarmente;
   ad assumere le opportune iniziative al fine di sostenere lo sviluppo della regione Calabria attraverso il potenziamento del sistema di trasporto aereo, ferroviario e marittimo della regione, con politiche orientate all'aumento del numero dei voli, all'incremento quantitativo e qualitativo dei servizi ferroviari, nonché ad un più agevole collegamento tra gli aeroporti e le stazioni ferroviarie;
   ad assicurare a tutti coloro che transitano nella regione Calabria, attraverso politiche di continuità territoriale, di potersi spostare nel territorio nazionale con pari opportunità, accedendo ad un servizio che garantisca condizioni economiche e qualitative uniformi;
   a costituire un tavolo permanente per la predisposizione ed attuazione di un piano di emergenza per i trasporti in Calabria concertato con i rappresentanti degli enti territoriali calabresi, delle società di gestione aeroportuali, dei rappresentanti dei gestori di trasporto ferroviario, marittimo e aereo, dei rappresentanti delle maggiori associazioni di categoria del sistema dei trasporti e del sistema turistico.
(1-00923)
«Occhiuto, Santelli, Galati».
(25 giugno 2015)

   La Camera,
   premesso che:
   la dotazione regionale delle reti infrastrutturali dei trasporti calabresi è complessivamente la metà della media nazionale e la condizione della mobilità soffre di rilevanti criticità che determinano gravissime ricadute negative su cittadini e imprese;
    tra le più evidenti criticità si rammentano la mancanza di una integrazione intermodale e intramodale di cui sono esempi evidenti i collegamenti degli aeroporti calabresi con la rete ferroviaria; l'incertezza nei tempi di realizzazione delle opere autostradali (di cui è un esempio evidente la mancata conclusione dei lavori di realizzazione dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria); la scarsa capacità di governare i processi di pianificazione. Progettazione e realizzazione del sistema (di cui è esempio evidente l'assenza di un progetto per migliorare la linea ferroviaria Battipaglia-Reggio Calabria); la mancanza di coerenza rispetto alle politiche nazionali ed europee (in questo caso l'esempio evidente è connesso al rischio di una sostanziale emarginazione della regione Calabria rispetto alle reti Ten ed i relativi progetti prioritari);
    l'asse portante della viabilità regionale e interregionale è costituito dall'autostrada A3, che si estende per circa 300 chilometri e da essa, attualmente ancora interessata da lavori di ammodernamento come puntualmente evidenziati da numerosi atti parlamentari, si diramano a pettine le principali vie di comunicazione stradale. Le strada statale 18, lungo la costa tirrenica, e la strada statale 106, lungo la costa ionica, costituiscono i collettori principali per i flussi provenienti dalle zone collinari e montane, mediante strade provinciali e comunali. Complessivamente le strade statali che percorrono il territorio regionale si sviluppano per circa 3.300 chilometri, quelle provinciali per circa 5.700 chilometri, quelle comunali per circa 6.700 chilometri. Per quanto riguarda quasi tutto il versante tirrenico, la gran parte delle funzioni di arteria di grande comunicazione, che storicamente venivano assolte dalla strada statale 18, sono state assorbite dalla A3, mentre, relativamente al versante ionico, esso registra ancora elevati gradi di congestionamento e di criticità, relativamente agli standard geometrici, qualitativi e di sicurezza, generati dal fatto che la strada statale 106 rappresenta, in sostanza, l'unica arteria stradale per gli spostamenti sulle medie distanze. A completare la rete stradale principale calabrese, troviamo cinque assi trasversali: la SS 280 Lamezia Terme – Catanzaro Lido; la SS 107 che congiunge Paola a Crotone; la variante strada statale 281 Marina di Gioiosa – Rosarno; l'asse stradale che da Guardia Piemontese (strada statale 283) si dirige verso la Sibaritide (strada statale 534); la trasversale delle Serre, in corso di realizzazione;
    la rete di trasporto pubblico collettivo calabrese su gomma, risulta poi decisamente sottodimensionata se confrontata con i dati delle altre regioni. Circa 90, inoltre, sono le aziende esercenti servizi di trasporto pubblico collettivo operanti nella regione, differenti per dimensione produttiva;
    la rete ferroviaria calabrese si estende per circa 855 chilometri, in gran parte lungo la fascia costiera che nel corso degli ultimi anni purtroppo sta registrando una drastica riduzione del numero delle corse garantite da Trenitalia per motivi di spending review. Sulla rete ferroviaria calabra circolano quotidianamente circa 230 treni per un totale di circa 40.000 posti offerti. La rete ferroviaria è costituita da 253 chilometri a doppio binario ed elettrificati e da 602 chilometri a binario semplice, dei quali però solo 149 chilometri sono elettrificati. La rete di trasporto ferroviaria è articolata in due linee primarie (linea tirrenica da Reggio Calabria a Praia per 240 chilometri, linea ionica da Reggio Calabria a Rocca Imperiale per 391 chilometri), da due linee trasversali e due reti complementari di collegamento. Le linee trasversali (Paola – Sibari 92 Km e Lamezia – Catanzaro Lido 48 chilometri), entrambe a binario semplice, sono in grado di offrire modesti livelli di servizio con conseguente compressione del diritto alla mobilità dei cittadini. La rete complementare, ancora più modesta per prestazioni, qualità e sicurezza, comprende la linea costiera Eccellente – Tropea – Rosarno (per 71 chilometri) e la rete delle ferrovie regionali calabre, costituita da due gruppi di linee per circa 243 chilometri;
    il traffico aereo calabrese si sviluppa mediante 3 aeroporti: Lamezia Terme, Reggio Calabria, Crotone, ma la mancata espressione della potenzialità del trasporto aereo calabrese è dovuta principalmente, come già detto, ad una carenza quantitativa e qualitativa delle strutture di supporto. Aerostazioni, parcheggi auto e parcheggi velivoli, raccordi viari e ferroviari alle reti principali, servizi di trasporto pubblico di adduzione e di scambio, sistemi informativi e di assistenza, custodia veicoli ed altro necessitano, infatti, di opere di ammodernamento e potenziamento per supportare e sostenere il trasporto aereo sia nella dimensione interregionale che internazionale. Ciò consentirebbe la possibilità di creare nuove rotte aeree centrate sugli aeroporti calabresi, dai collegamenti euromediterranei ai collegamenti con altre città del Mezzogiorno e con altre regioni del centro-nord Italia;
    il sistema portuale calabrese è, infine, costituito da una serie di porti di diverse dimensioni e funzioni, localizzati su entrambi i versanti della regione. Per quanto riguarda la movimentazione delle merci, si possono distinguere 6 scali principali: Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Vibo Valentia, Crotone, Corigliano e soprattutto Gioia Tauro. Per le caratteristiche peculiari della regione, enorme rilevanza è assunta dalla rete di porti turistici che necessiterebbero, tuttavia, di un quadro strategico di riferimento. Tra essi si ricorda il porto di Crotone, fino a pochi anni fa, destinato esclusivamente al traffico industriale, ed oggi in fase di riconversione, quello di Tropea e Roccella Jonica, sino ai porti del sistema costiero dell'intera fascia tirrenica calabrese. Quest'ultimo tratto di costa registra una crescente domanda di portualità (più di 20 nuovi progetti di porti turistici), aprendo ampi e variegati temi di discussione sull'utilità degli interventi, la sostenibilità, la rilevanza economica e l'impatto ambientale;
    il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha recentemente comunicato la pubblicazione dell'aggiornamento dell'Anagrafe delle opere pubbliche incompiute di interesse nazionale. L'elenco doveva essere compilato sull'apposito sistema entro il 30 giugno 2015 dalle regioni e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e si riferisce alle opere incompiute al 31 dicembre 2014. Nel dettaglio la ripartizione regionale vede in testa la Calabria con ben 93 opere incompiute su un numero complessivo di 649 opere pubbliche che non sono state completate in Italia, al netto di quelle afferenti alla regione Sicilia;
    appare quanto mai urgente intervenire con decisione per rilanciare il sistema infrastrutturale e trasportistico della regione Calabria attraverso interventi strategici coerenti con le esigenze di un territorio dalle enormi potenzialità;
    purtroppo la regione Calabria, come pure la regione Sicilia, ormai da molti, troppi anni, si trova al centro di un dibattito che comprende l'area dello Stretto e la potenziale realizzazione di un'opera faraonica: il ponte sullo Stretto di Messina. Si tratta di un dibattito poco utile allo sviluppo di questo territorio in termini complessivi, con il rischio concreto di rendere sterile qualsiasi iniziativa efficace per il futuro della Calabria e affossare l'obiettivo prioritario di potenziare e riqualificare le infrastrutture esistenti;
    sotto tale profilo suscitano particolare perplessità le recenti dichiarazioni rilasciate alla stampa nazionale da parte del Ministro dell'interno, onorevole Angelino Alfano, che ha dichiarato, si presume per motivi eminentemente elettorali quanto segue: «Non vediamo la ragione per la quale non si debba più parlare di ponte sullo Stretto. Abbiamo pronto un disegno di legge per rimettere al centro la questione, anche se sappiamo che una parte della sinistra italiana si oppone» e ancora «non è possibile che l'Alta velocità arrivi fino a Reggio Calabria e poi ci si debba “tuffare” nello Stretto, per poi rincominciare a viaggiare a ... bassa velocità. Questo è un progetto che vogliamo rilanciare»;
    peraltro, attualmente, l'alta velocità arriva a Salerno e nel novembre 2014 l'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, onorevole. Maurizio Lupi, aveva chiarito dichiarando pubblicamente che: «Il capitolo sul Ponte sullo Stretto è chiuso perché lo ha chiuso qualcun altro. Le leggi in Italia si rispettano» e ancora: «Qualcuno, nel 2012, ha approvato con legge la decisione di mettere in liquidazione la società “Ponte sullo stretto di Messina”. Ci sono contenziosi in corso, e quindi lo Stato dovrà, tenendo conto di quella legge, fare gli atti e prendere le decisioni conseguenti»,

impegna il Governo:

   ad adottare con urgenza ogni iniziativa, anche normativa, finalizzata a pervenire alla definitiva conclusione di tutti i lavori connessi all'autostrada Salerno-Reggio Calabria, definendo al contempo delle soluzioni per rilanciare la rete infrastrutturale dei trasporti calabresi, alla luce delle considerazioni espresse in premessa nel presente atto di indirizzo sulla necessità di realizzare finalmente in forma integrata il sistema dei trasporti calabrese, potenziando e riqualificando il complesso delle infrastrutture esistenti (strade, autostrade, rete ferroviaria, aeroporti e porti) e rafforzando la rete di trasporto pubblico collettivo calabrese su gomma;
   ad adottare un approccio di analisi del territorio calabrese dove le persone e le imprese siano posti al centro del sistema, favorendo modelli partecipativi all’iter decisionale pubblico che consenta di raccogliere le istanze provenienti dal basso e ricondurle a un approccio di sistema;
   ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a favorire da parte della regione Calabria il perseguimento dello sviluppo sostenibile, in linea con gli altri territori europei, in modo tale che il sistema dei trasporti calabrese possa contribuire ad incrementare il livello di occupazione nella regione, il livello di coesione territoriale, la sicurezza dei cittadini, il contrasto allo spopolamento del territorio e, ancora, a ridurre i livelli di emissione di inquinanti nel territorio;
   a confermare che la realizzazione dell'opera relativa al Ponte sullo Stretto di Messina rappresenti realmente un capitolo chiuso per l'attuale Esecutivo, nonché ad astenersi da qualsiasi iniziativa volta a favorire in qualsiasi modo il rilancio e la realizzazione del progetto del Ponte sullo Stretto di Messina.
(1-00987)
«Franco Bordo, Scotto, Pellegrino, Zaratti, Costantino, Palazzotto, Paglia, Airaudo, Placido, Piras, Ricciatti, Ferrara, Marcon, Duranti, Fratoianni, Melilla, Quaranta, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbicheler, Nicchi, Pannarale, Sannicandro, Zaccagnini».
(18 settembre 2015)

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