TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 497 di Mercoledì 7 ottobre 2015

 
.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   FEDRIGA, GIANLUCA PINI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 5 ottobre 2015 si è appreso da organi di stampa stranieri, in particolare dal sito Aleppo news, che tre giorni prima un tribunale islamico denominato Qasimiya, insediatosi nella medesima città di Aleppo e facente capo al movimento Nureddin Zenkin, avrebbe riconosciuto l'imputato Hassam Atrash, descritto come un locale signore della guerra, colpevole di essersi appropriato di una parte cospicua della somma che lo Stato italiano avrebbe pagato per ottenere la liberazione di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli;
   in particolare, Atrash avrebbe intascato 5 milioni di dollari, mentre altri 7,5 milioni di dollari sarebbero andati ad altri comandanti di altrettanti gruppi coinvolti nel sequestro;
   dell'elevata cifra corrisposta dalle autorità italiane aveva parlato in precedenza anche il quotidiano pan-arabo al-Quds al-Arabì;
   i beneficiari dell'elargizione sembrano appartenere a quei cosiddetti ribelli moderati che l'Occidente appoggerebbe e contro i quali si stanno dirigendo i bombardamenti russi;
   in base a queste notizie, ad avviso degli interroganti risulterebbero ben più consistenti di «semplici illazioni» le notizie relative al pagamento di un riscatto da parte del Governo italiano per pervenire alla liberazione di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, cooperanti volontariamente recatesi in Siria al di fuori di qualsiasi programma gestito o finanziato dalla Repubblica italiana, a loro rischio e pericolo;
   il Ministro interrogato aveva escluso categoricamente il pagamento di riscatti in occasione di sue comunicazioni rese al riguardo in Parlamento;
   l'unità di crisi del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha rifiutato di commentare la notizia, pur confermando di non avere informazioni coincidenti con quelle trapelate dall'estero;
   il pagamento di riscatti per ottenere la liberazione di concittadini sequestrati è facoltà preclusa dalla legge ai familiari ed amici dei rapiti in territorio nazionale –:
   quali elementi di fatto il Governo possa addurre per dimostrare l'infondatezza di quanto asserito dalla corte islamica di Aleppo e riportato dai media locali, secondo cui per la liberazione di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli lo Stato italiano avrebbe pagato un ingente riscatto, pari a 12,5 milioni di dollari. (3-01745)
(6 ottobre 2015)

   LUIGI GALLO, PESCO, TONINELLI, TOFALO, FRUSONE e BRESCIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 20 luglio 2015, nel secondo filone dell'inchiesta «Medea» della direzione distrettuale antimafia partenopea, è stata coinvolta la Lande srl di Napoli attiva negli scavi di Pompei, nel parco di Capodimonte e a Villa Adriana a Tivoli. Marco Cascella, amministratore della Lande srl, risulta indagato per corruzione e turbativa d'asta aggravata dal metodo camorristico, come riportato in un'inchiesta de Le cronache del salernitano pubblicata in data 21 luglio 2015;
   le stesse fonti ricordano che già nel 2011 la società Lande srl si era resa protagonista delle cronache giudiziarie «per i lavori nell'oasi Ferrarelle di Riardo: violazione delle norme sulla sicurezza, reati ambientali, autorizzazioni mancanti, distruzione e deturpamento di bellezze naturali le accuse della procura»;
   inoltre, nel 2010 in un'interrogazione al Senato della Repubblica del gruppo Italia dei Valori circa gli appalti post terremoto a L'Aquila fu resa nota un'informativa dei carabinieri sui rapporti d'affari (per il G8) tra Giardini e paesaggi e il consorzio stabile Novus: amministratore Mario Buffardi, «regista occulto è Antonio Di Nardo al quale fanno capo la Soa e la Promocert. Di Nardo ha avuto rapporti di affari con Carmine Diana, legato a Francesco Bidognetti del clan dei Casalesi». Nonostante i precedenti, la società a responsabilità limitata vince diversi appalti a Villa Adriana a Tivoli, durante il mandato da sindaco di Giuseppe Proietti, amministratore delegato dell'Ales, società in house del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, già soprintendente alle antichità di Roma e soprintendente alle antichità di Pompei, nonché direttore generale alle antichità d'Italia e segretario generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   come rinvenuto sul sito appalti-italia.it e appalti.dgmarket.com, la stessa società, in data 10 febbraio 2015, è risultata vincitrice di appalto ammontante a euro 546.769,80 che, ai sensi dell'articolo 53, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e dell'articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, ha per oggetto la progettazione e l'esecuzione dei lavori relativi all'intervento denominato «Grande progetto Pompei – Italia per Pompei: regiones I, II, III valorizzazione, decoro e messa in sicurezza dei punti di accesso alle domus, sostituzione dei cancelli, delle transenne e degli allestimenti didattici dell'area archeologica di Pompei» – CIG: 5996117846; CUP: F62C14000280006;
   ad avviso degli interroganti, se l'annosa «questione Pompei», per la quale il primo firmatario del presente atto ha già posto quesiti all'attenzione del Ministro interrogato (si richiamano le interrogazioni a risposta in commissione nn. 5/03622, 5/05285 e 5/04911), fosse stata gestita in maniera attenta ed efficiente, se fosse stata data efficace attuazione alla previsione di cui al comma 5-bis dell'articolo 2 del decreto-legge n. 83 del 2014, relativa all'adozione di un piano di gestione dei rischi e di prevenzione della corruzione da parte del generale Nistri, avremmo visto tutelato il patrimonio artistico della nazione;
   altro caso di rilievo balzato alle cronache locali e nazionali è quello dell'arresto con accusa di corruzione, avvenuto nel 2013, di Annamaria Caccavo, rappresentante legale della società Caccavo s.r.l., che, in seguito all'inchiesta della procura di Torre Annunziata sull'appalto dei lavori di restauro del Teatro grande di Pompei, è stata interdetta a contrarre con la pubblica amministrazione;
   la Caccavo s.r.l. detiene il 98 per cento della quota societaria di Samoa restauri s.r.l., società che nel 2014 è risultata vincitrice di ben tre appalti per lavori di restauro agli scavi di Pompei (Regio VII per un ammontare di euro 5.457.867, Regio VIII per un ammontare di euro 6.212.000 e Casa della fontana piccola per un ammontare di euro 188.394) –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e non ritenga necessario, al fine di tutelare e valorizzare il nostro patrimonio artistico, porre in essere iniziative volte a verificare la regolarità degli affidamenti, anche attraverso la costituzione di un apposito nucleo ispettivo. (3-01746)
(6 ottobre 2015)

   CAPELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) ha incaricato la struttura Sin Sofiter di realizzare il secondo ciclo di refresh2 per l'aggiornamento della banca dati grafica, come richiesto dai servizi della Commissione europea al fine di riscontrare modifiche sull'utilizzo del suolo rispetto all'anno 2010;
   il progetto è volto alla certificazione preventiva delle superfici territoriali delle aziende agricole italiane, con l'obiettivo di intercettare preventivamente errori o anomalie nell'ambito delle dichiarazioni degli agricoltori per l'accesso agli aiuti comunitari;
   in sostanza s'intende così sfruttare pienamente i fondi comunitari assegnati all'Italia, evitando sanzioni da parte della Commissione europea;
   su queste basi Agea, organismo pagatore, ha avviato una procedura rivolta ad ogni singolo agricoltore che presenti domanda per l'accesso ad aiuti e premi comunitari;
   la procedura sopra citata consiste nel raffronto su quanto dichiarato dallo stesso agricoltore, sia per quel che riguarda la consistenza totale dell'azienda, sia per quel che concerne l'utilizzo del territorio su tutte le particelle presenti nel fascicolo aziendale del produttore;
   Agea, senza aver tenuto nel giusto conto le peculiarità dell'agricoltura della Sardegna e in generale quelle di tutti i territori dove sia presente un'estesa macchia mediterranea, ha disposto che i suoi tecnici rilevatori per la classificazione dei suoli tengano presente più le percentuali di copertura vegetale che le caratteristiche reali del territorio;
   sono stati, quindi, applicati codici di pascolamento non adatti alla specificità del territorio sardo;
   i codici di pascolamento sono codici di utilizzo del suolo dichiarati dall'allevatore nel momento in cui presenta la domanda. Si devono quindi dichiarare le singole particelle condotte e il titolo di conduzione per ciascuna di esse. Per ogni singola particella viene indicata sia la superficie catastale complessiva che la superficie agricola utilizzata;
   in Sardegna, ma anche nelle altre regioni dove prevale la macchia mediterranea, i nuovi codici hanno portato ad una significativa riduzione della superficie agricola utilizzata, che ha comportato la perdita per l'agricoltura sarda di svariati milioni di euro, mentre è anche concreto il rischio che gli agricoltori sardi si trovino costretti a restituire quanto sinora ricevuto o sottoposti a sanzioni del tutto ingiustificate;
   la decisione di Agea rischia, inoltre, di avere ripercussioni sulla nuova politica agricola comune, dato che le assegnazioni dei nuovi titoli avverranno sulla base degli importi che gli agricoltori percepiranno nel 2014 e sulla superficie agricola utilizzata dichiarata nel 2015;
   l'aggiornamento dei codici sta, quindi, provocando danni economici agli agricoltori ed ai contadini sardi, dato che tali decisioni ignorano e privano di valore l'ambiente endemico della Sardegna, come il pascolo arborato/macchia mediterranea che è peculiarità del paesaggio e anche ciò che determina l'unicità della qualità e del gusto dei prodotti sardi;
   e questo nonostante l'articolo 4, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1037/2013 del 17 dicembre 2013 che consente agli Stati membri di «considerare prato permanente i territori pascolabili che rientrano nell'ambito delle pratiche locali tradizionali, qualora nelle superfici di pascolo non siano tradizionalmente predominanti l'erba e le altre piante erbacee da foraggio», che è esattamente la situazione della Sardegna –:
   quali iniziative di sua competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere per evitare che per un errato calcolo dell'organismo pagatore Agea vengano pesantemente danneggiati gli agricoltori della Sardegna e quelli delle altre regioni con situazioni analoghe, evitando anche che al danno si aggiunga la beffa della restituzione forzosa di quanto percepito e salvaguardando le tradizioni dell'agricoltura e le radici storiche del pascolamento, attività che si è sviluppata nei secoli in accordo con le peculiarità del territorio, dominato dalla macchia mediterranea e da superfici boschive. (3-01747)
(6 ottobre 2015)

   PALESE, CIRACÌ, DISTASO e MARTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da un articolo pubblicato dal quotidiano Il Sole 24 ore, il 3 ottobre 2015, con una lettera del Commissario europeo alla salute Aindriukakis, inviata al Ministro interrogato, è stata notificata l'apertura della procedura d'infrazione dell'Unione europea, nei riguardi del nostro Paese, a causa delle misure adottate dall'Italia per contrastare l'epidemia della Xylella fastidiosa, che sta devastando da diverso tempo gli ulivi del Salento, giudicate insoddisfacenti;
   il quotidiano economico, al riguardo, evidenzia come nella medesima lettera il Commissario europeo riporti in maniera esplicita la visita effettuata nel Salento a luglio 2015, per verificare personalmente lo stato di applicazione delle misure di salvaguardia richieste dalla Commissione europea volte a frenare la diffusione del batterio, definite senza mezzi termini deludenti;
   l'avvio della procedura d'infrazione sulla gestione dell'emergenza Xylella, che da più di anno dall'epidemia del batterio sta infettando gli areali di coltivazione di uliveti, in tutto il territorio salentino e anche in altre parti della regione Puglia, distruggendo senza mezzi termini un'intera economia locale, rappresenta, ad avviso degli interroganti, l'ennesimo e deprecabile comportamento del Governo italiano, in ambito europeo, le cui misure, a partire dal varo del primo «piano Silletti» per affrontare l'emergenza, si sono rivelate inefficaci e deludenti –:
   se il Ministro interrogato intenda confermare l'avvio della procedura d'infrazione comunitaria nei riguardi dell'Italia, causata dai ritardi nell'attuazione del piano per contrastare la Xylella nel Salento, e, in caso affermativo, quali iniziative urgenti e necessarie intenda conseguentemente adottare al fine di accelerare il contrasto al fenomeno, su cui gli interventi sino ad oggi intrapresi hanno dimostrato una scarsa efficacia, oltre che generato una notevole confusione tra gli agricoltori, in merito ai provvedimenti normativi sin qui adottati. (3-01748)
(6 ottobre 2015)

   D'AGOSTINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 settembre 2015 la Campania è stata interessata da eventi atmosferici che hanno duramente colpito, in particolare, la provincia di Avellino;
   la violenta grandinata, le piogge copiose e il vento impetuoso hanno causato danni ingenti alle produzioni agricole, in particolare ai vigneti dei quali l'Irpinia è particolarmente ricca;
   tale circostanza si è verificata, purtroppo, in un periodo cruciale della coltivazione che è quello che precede la raccolta;
   vigneti, uliveti, noccioleti, alberi da frutto: intere coltivazioni di stagione sono andate distrutte dopo la grandinata di sabato 5 settembre 2015. Gli imprenditori raccontano di danni ingenti, che si aggiungono a quelli determinati dal caldo torrido nel mese di luglio 2015;
   significativi sono i danni subiti anche in ragione della violenza del vento e della pioggia caduta copiosa, in particolare sui comuni dell’hinterland irpino, dove si sono registrati allagamenti di fiumi di acqua misti a fango e fogliame che hanno invaso le strade e le abitazioni;
   conseguenze si sono verificate anche nel Vallo di Lauro dove la grandine ha arrecato danni alla produzione agricola locale, in particolare ai noccioleti e ai castagneti;
   a giudizio dell'interrogante esistono i presupposti per valutare se sussistano i requisiti necessari alla dichiarazione dello stato di calamità ai sensi della legge in vigore;
   è palese che, ormai, le tempeste, le grandinate fuori stagione e le trombe d'aria sono diventate una costante. Serve una programmazione oculata e strutturata, con risorse da mettere a disposizione dei coltivatori sempre più in difficoltà;
   l'interrogante ha chiesto al presidente della giunta regionale, Vincenzo De Luca, di attivare le procedure necessarie ad operare una ricognizione dei danni subiti dai comuni irpini, così duramente colpiti dal maltempo;
   a giudizio dell'interrogante, mai come in questa fase occorre che le istituzioni siano vicine alle aziende agricole che non solo patiscono gli effetti della crisi economica, ma subiscono ora anche i danni derivanti dalle intemperie –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover procedere alla dichiarazione dello stato di eccezionali avversità atmosferiche per i comuni della provincia di Avellino così duramente colpiti dal maltempo, nonché di dover adottare le iniziative necessarie a garantire un ristoro dei danni patiti dagli agricoltori e dalle aziende vitivinicole e da quelle operanti nel settore della castanicoltura e della produzione di nocciole. (3-01749)
(6 ottobre 2015)

   VALERIA VALENTE, ROBERTA AGOSTINI, AMENDOLA, BOSSA, CAPOZZOLO, CARLONI, CHAOUKI, COCCIA, EPIFANI, FAMIGLIETTI, TINO IANNUZZI, IMPEGNO, MANFREDI, MIGLIORE, PARIS, GIORGIO PICCOLO, SALVATORE PICCOLO, SGAMBATO, TARTAGLIONE, VALIANTE, MARTELLA, BINI e CINZIA MARIA FONTANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la recrudescenza di quotidiani atti di criminalità, registrati sin dall'inizio del 2015 nella città di Napoli, coinvolgono sia onesti cittadini fuori dalle logiche malavitose, sia i giovanissimi (troppo spesso minorenni) componenti delle bande responsabili dei sempre più frequenti scontri armati nelle strade del centro storico, area intensamente popolata che ospita scuole, università e presidi sanitari, ai quali deve essere garantita la regolare attività in condizioni di piena sicurezza, così come al flusso di turisti e studiosi per i quali il centro storico napoletano è meta privilegiata;
   ha destato grave sconcerto il ferimento, nel quartiere Fuorigrotta, del sovrintendente Nicola Barbato, della squadra antiracket della squadra mobile di Napoli, nel corso di un'operazione per sventare un'estorsione;
   solamente pochi giorni prima erano stati commessi due ulteriori omicidi in strada e una delle vittime era un minorenne, ucciso da un proiettile esploso nella centrale Piazza Sanità, durante uno dei sempre più frequenti raid ad opera di bande criminali giovanili che agiscono nel centro storico cittadino, dove è in atto una faida tra contrapposti clan camorristici per il controllo del territorio;
   il rapporto annuale steso dalla procura nazionale antimafia sulla situazione napoletana conferma la drammatica presenza di «killer giovanissimi che si caratterizzano per la particolare ferocia»;
   il presidio costante del territorio e l'effettuazione di operazioni ad alto impatto sono stati individuati come elementi determinanti per porre fine alla guerriglia in atto tra bande, in particolare di minorenni animati da progetti di supremazia criminale e di comando sui ragazzi impiegati nello spaccio di stupefacenti e in altre attività illecite;
   è stato richiesto un intervento dello Stato anche da un gruppo di madri residenti nel rione Sanità, che invocano aiuto perché i loro figli siano sottratti a un destino delinquenziale;
   per fronteggiare l'insostenibile condizione di insicurezza in cui vivono i cittadini napoletani, il Ministro interrogato ha già incrementato la dotazione organica delle forze dell'ordine attualmente in servizio nella città di Napoli e, dopo la riunione del Comitato nazionale per la sicurezza e l'ordine pubblico del 29 settembre 2015, ha annunciato la riattivazione di 300 telecamere di videosorveglianza, delle 700 installate sul territorio cittadino, ipotizzando anche l'uso di droni per il controllo aereo dei quartieri Sanità, Rione Traiano e Scampia e del sottosuolo napoletano, spesso utilizzato a fini criminali;
   la prima risposta dello Stato è necessariamente la messa in sicurezza di queste aree da parte delle forze dell'ordine, esistendo sul territorio realtà sane che rappresentano presidi di legalità, che da sole non sono sufficienti se non si mobilitano forze e interventi in grado di modificare il contesto sociale in cui vivono questi giovanissimi malviventi –:
   quali siano i tempi e le modalità di realizzazione degli interventi già annunciati dal Ministro interrogato (ovvero riattivazione degli impianti di videosorveglianza, utilizzo dei droni, rafforzamento della pianta organica, attività di intelligence) e insieme se non ritenga il Ministro interrogato di attivare un coordinamento tra queste azioni, raccordando gli interventi con finalità sociale sulla scorta delle informazioni acquisite grazie alle operazioni di polizia. (3-01750)
(6 ottobre 2015)

   CIRIELLI, RAMPELLI, GIORGIA MELONI, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, TAGLIALATELA e TOTARO — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nello schema di decreto del Presidente della Repubblica che contiene il regolamento di riorganizzazione del Ministero dell'interno sarebbero state cancellate 23 prefetture e altrettante questure;
   tale scelta, lungi dal rappresentare un'operazione di «razionalizzazione», pur condivisibile, si tradurrebbe in un'ulteriore e inaccettabile sforbiciata al dispositivo della sicurezza;
   ancora una volta si intende tagliare sui presidi territoriali, gli unici che garantiscono la presenza dello Stato nelle periferie della nazione;
   in particolare, alcune regioni subiranno riduzioni pesanti con zone lontane dal centro che rischiano di essere quasi abbandonate dallo Stato;
   la tagliola scatterà in tutta Italia: Teramo (accorpata a L'Aquila), Chieti (accorpata a Pescara), Vibo Valentia (accorpata a Catanzaro), Benevento (Avellino), Piacenza (Parma), Pordenone (Udine), Rieti (Viterbo), Savona (Imperia), Sondrio (Bergamo), Lecco (Como), Cremona (Mantova), Lodi (Pavia), Fermo (Ascoli Piceno), Isernia (Campobasso), Asti (Alessandria), Verbano-Cusio-Ossola (Novara), Biella (Vercelli), Oristano (Nuoro), Enna (Caltanissetta), Massa-Carrara (Lucca), Prato (Pistoia), Rovigo (Padova), Belluno (Treviso);
   la chiusura di prefetture e questure andrebbe ad aggiungersi alla soppressione di moltissimi presidi di polizia sul territorio, che già da tempo desta la preoccupazione della cittadinanza e degli agenti in merito alla possibilità di mantenere un adeguato livello di sicurezza nelle zone urbane e suburbane, anche alla luce della cronica mancanza di uomini e mezzi;
   invece di colmare i buchi che si creano nella sicurezza del nostro Paese, particolarmente evidenti di fronte all'emergenza sbarchi, si pensa solo a tagliare e il risultato è già sotto gli occhi di tutti: oggi non si è in grado di garantire la sicurezza dei cittadini –:
   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero e quali urgenti iniziative intenda adottare per scongiurare il rischio della chiusura delle citate sedi, che va nella direzione opposta a quella di garantire la sicurezza dei cittadini. (3-01751)
(6 ottobre 2015)

   BECHIS, ARTINI, BALDASSARRE e BARBANTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'acquisto da parte del comune di Roma dei terreni su cui far sorgere il campo rom di Castel Romano è un'operazione durata due anni e mezzo, da quando il comune guidato da Walter Veltroni si fece concedere in uso gratuito (il 12 settembre 2005) i suoli fino alla data in cui il comune di Roma, amministrato dal prefetto Mario Morcone, in qualità di commissario straordinario, decise di comprarli (il 10 marzo 2008);
   la procedura d'acquisto fu molto farraginosa a causa della dura opposizione del capogruppo di Rifondazione comunista nel consiglio comunale, Adriana Spera, con l'appoggio del Wwf, e dell'esito di un'inchiesta, resa pubblica dalla trasmissione televisiva Report e dal giornale Il Manifesto, in cui si evidenziò che i romani avevano sostenuto una spesa pari a un milione e cinquecentomila euro per dei terreni valutati circa seicentocinquantamila euro;
   il 12 settembre 2005 il comune di Roma venne gratuitamente immesso nel possesso dell'area dove avrebbe fatto sorgere il campo nomadi di Castel Romano e dopo tre giorni, il 15 settembre 2005, iniziò lo sgombero del campo nomadi di Vicolo Savini, trasferendo i suoi abitanti nella nuova area di Castel Romano;
   nel novembre 2006, dopo circa un anno, il comune di Roma diede vita ad un accordo con Gianfranco Bartoli, Vincenzo Grossi, Sergio Galletti e la Ediltrigoria, proprietari dei terreni, che gli erano stati concessi in uso per costruire il campo nomadi di Castel Romano e per acquistare i suddetti 23 ettari di terreno al prezzo di 1,515 milioni di euro;
   nel febbraio 2007 il direttore del dipartimento del patrimonio del comune di Roma diede parere favorevole all'acquisto dei terreni e a marzo 2007 arrivò il nulla osta del ragioniere del comune;
   tuttavia, mentre il via libera all'acquisto dei terreni da parte delle commissioni capitoline VI e VII fu emanato nel giugno del 2007, le dimissioni del sindaco Walter Veltroni del 13 febbraio 2008 e la conseguente decadenza del consiglio capitolino, di cui Adriana Spera faceva parte, diedero nuovo slancio all'operazione;
   il Ministro dell'interno in carica in quel periodo, il 26 febbraio 2008, nominò commissario straordinario del comune di Roma il prefetto Mario Morcone, al quale spettava il compito di guidare la città fino alle successive elezioni;
   in meno di due settimane dal suo insediamento, il 10 marzo 2008, il prefetto Morcone, che attualmente ricopre il ruolo di capo dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, firmò la deliberazione che autorizzava il comune all'acquisto dei terreni che gli erano stati dati in uso gratuito per sistemare i rom;
   il prezzo era stato concordato nel 2006 e le commissioni capitoline competenti avevano approvato l'operazione portando il commissario a firmare la delibera per l'acquisto, anche se la cifra pattuita con i proprietari era onerosa. Infatti, in quel periodo l'Agenzia del territorio stabiliva valori decisamente più bassi per terreni simili nella stessa zona;
   il prezzo concordato dal comune di Roma con i venditori era di 5 euro al metro quadrato per il bosco (per una superficie complessiva di circa 11 ettari) e di 8 euro per il prato (con una superficie di altri 11 ettari), a fronte di valori agricoli medi riportati nelle tabelle dell'Agenzia del territorio compresi tra gli 1,9 e i 2,2 euro per il bosco e di 3,4 euro al metro per il prato, pagando quindi una cifra pari a 1,5 milioni di euro per dei terreni che, secondo l'Agenzia del territorio, ne valevano circa 645 mila;
   la decisione di acquistare un terreno boscoso, che sorge in una riserva naturale, per costruire un campo nomadi avrebbe comportato l'abbattimento degli alberi a fronte di una decisione dell'ente regionale Roma natura, che vigilava sulla riserva, che prevedeva che per realizzare il campo rom non si poteva recare danno alla flora esistente, né doveva essere modificato in modo permanente l'assetto del territorio –:
   se risultino agli atti le ragioni della condotta del commissario prefettizio Morcone e, nell'eventualità positiva, se il Ministro interrogato intenda tener conto di tale vicenda in relazione all'attuale incarico conferito al prefetto Morcone. (3-01752)
(6 ottobre 2015)

   QUARANTA, COSTANTINO, RICCIATTI e PIRAS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il presidio No borders è attivo da più di 100 giorni, accoglie un centinaio di migranti ed è gestito da attivisti italiani e francesi che assistono gratuitamente e volontariamente i profughi;
   la Francia continua con le riammissioni: tra i 50 e 100 profughi riammessi ogni giorno dalla gendarmeria francese verso l'Italia;
   all'alba del 30 settembre 2015 poliziotti e carabinieri con decine di blindati – mezzi vari, tra cui anche alcune ruspe – hanno iniziato lo sgombero del presidio No borders a Ventimiglia, a pochi metri dalla frontiera con la Francia;
   nella stessa giornata era previsto un incontro serale promosso dal vescovo Suetta, anche al fine di cercare soluzioni alternative di accoglienza al presidio No borders;
   durante lo sgombero 20 profughi sono stati condotti coattivamente a Genova e da qui in aereo al centro di accoglienza per richiedenti asilo di Bari. Si tratta di sudanesi, eritrei, afghani e pachistani appena riammessi dalla Francia;
   a seguito dell'azione un centinaio di persone, migranti e attivisti italiani e francesi, si sono ritirati sugli scogli, proprio come era accaduto mesi fa quando la Francia aveva chiuso la frontiera, generando una situazione potenzialmente molto pericolosa;
   un cordone di poliziotti di fatto impediva lo spostamento dagli scogli, salvo l'identificazione dei profughi e la denuncia dei no border;
   sugli scogli c'erano diversi minori e questa situazione di pericolo è durata circa dodici ore, fin dalle 5 del mattino e in tutto questo tempo non hanno potuto mangiare né bere, se non l'acqua portata alle 12 dalla Caritas e dal vescovo Suetta;
   la situazione è rimasta in stallo fino al tardissimo pomeriggio, quando migranti e attivisti hanno accettato di lasciare gli scogli in cambio del libero passaggio senza identificazioni e arresti;
   la situazione si è sbloccata solo, a quanto si apprende da fonti giornalistiche, grazie all'intervento e alla mediazione di monsignor Antonio Suetta, vescovo di Sanremo e Ventimiglia, che si è impegnato per risolvere la situazione fin dal mattino;
   il centro della Croce rossa allestito vicino alla stazione di Ventimiglia era già pieno ben al di sopra della capienza regolamentare e adesso dovrà farsi carico anche del centinaio di profughi che erano ospitati dal presidio No borders;
   a quanto si apprende da organi di stampa, diversi attivisti del campo No borders sono stati raggiunti nelle ultime settimane da 20 denunce per manifestazione non autorizzata e occupazione abusiva di suolo pubblico, oltre che da 8 fogli di via che vietano di permanere in città per tre anni;
   fra le motivazioni alla base dell'atto amministrativo sopra citato (e che in caso di violazione si riconfigurerebbe in reato penale) vi è la considerazione degli attivisti come soggetti «socialmente pericolosi». Si legge, inoltre, che la decisione viene presa «ritenuto che in quel comune non vi ha residenza né alcuna regolare occupazione lavorativa, e che si reca allo scopo di reiterare quei reati che creano allarme sociale, nonché valutata l'urgente necessità di allontanare (il soggetto) dal comune di Ventimiglia, in quanto si ha fondato motivo di reputarlo elemento pericoloso per l'ordine e la sicurezza pubblica»;
   in una situazione straordinaria come quella che sta vivendo il Paese, dato il flusso migratorio che interessa tutto il Mediterraneo, ogni forma di solidarietà e di aiuto diretto ed indiretto è necessaria ed indispensabile –:
   se il Ministro interrogato ritenga opportuna l'operazione alla luce dei risultati ottenuti, visto che ha impegnato un numero ingente di uomini e mezzi per l'intera giornata senza aver trovato soluzioni alternative, tali a garantire più sicurezza per tutti, sia per le forze dell'ordine che per i migranti e gli attivisti, oltre che meno onerose per la collettività, avviando un'indagine, nell'ambito delle proprie competenze, volta ad acclarare la fondatezza delle motivazioni alla base dei provvedimenti in oggetto. (3-01753)
(6 ottobre 2015)

   MISURACA e DORINA BIANCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i più recenti sviluppi della questione migratoria vedono una crescente tensione in alcune comunità locali interessate dai trasferimenti dei migranti richiedenti asilo, anche alimentata da dichiarazioni strumentali di esponenti politici che hanno avuto l'effetto di fomentare manifestazioni di piazza e disordini fortunatamente contenuti dalle forze di polizia;
   uno dei punti che viene sollevato dalle autorità locali è il mancato coinvolgimento nelle attività di distribuzione dei migranti richiedenti asilo, che si riverbera dunque in un difetto di collegamento tra «centro» e «periferia», con una tendenziale emarginazione di quest'ultima rispetto a scelte che verrebbero «calate dall'alto»;
   questo stato di cose rischia di rendere ancora più critico il quadro nel prossimo futuro, esacerbando le varie forme di protesta e indirizzandole verso una deriva xenofoba assolutamente da scongiurare –:
   quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda adottare per incidere positivamente sul nodo della «governance» delle politiche migratorie per ciò che attiene specificatamente ai rapporti tra il Governo, le regioni e le autonomie locali, scongiurando che la questione migratoria divenga un tema divisivo sul piano sociale e istituzionale. (3-01754)
(6 ottobre 2015)

Per tornare alla pagina di provenienza azionare il tasto BACK del browser