TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 500 di Lunedì 12 ottobre 2015

 
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MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE PER ASSICURARE ADEGUATE RISORSE AL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE E PER L'INTRODUZIONE DEL SISTEMA DEI COSTI STANDARD QUALE PRESUPPOSTO PER L'EFFETTIVITÀ DEL DIRITTO ALLA SALUTE

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge «enti locali» approvato nel mese di agosto 2015, taglia 2,3 miliardi di euro al fondo sanitario, ridotto a 109,7 miliardi di euro per il 2015. Nel 2010 era di 112,6 miliardi di euro. I settori colpiti sono: beni e servizi – dispositivi medici, farmaceutica, appropriatezza (prestazioni di specialistica e riabilitazione), ospedali (chiusura con meno di 40 posti letto, personale, pubblici e privati);
    appare importantissimo togliere il velo su di un equivoco: non c’è alcuna spending review. I 2,3 miliardi di euro tagliati dal 2015 in poi da questo Esecutivo sono, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, i soliti tagli lineari;
    questi 2,3 miliardi di euro non sono affatto un anticipo della spending review, ma tagli già inseriti nel bilancio 2015 dalla legge di stabilità per il 2015 per coprire gli 80 euro: in sostanza, il Governo ha concordato con le regioni un taglio 4 miliardi di euro, motu proprio. La sanità rappresenta il 75 per cento dei budget regionali: alla fine i governatori si sono accordati con l'Esecutivo per tagliare dal Servizio sanitario nazionale questi 2,3 miliardi di euro, l'accordo è datato 2 luglio 2015. Lo stesso Governo aveva però firmato un «Patto per la salute» con le regioni in cui si diceva che tutti i risparmi nella sanità restavano nella sanità: invece servono anche a ridurre il deficit o, se va bene, ad abolire l'Imu;
    era il 15 novembre 2012 quando scadeva il termine per sottoscrivere il patto per la salute 2013-2015, determinando, senza alcuna mediazione delle regioni, l'applicazione delle misure di contenimento della spesa pubblica che hanno sottratto alla sanità oltre 30 miliardi di euro. Negli anni successivi, il rapido avvicendarsi di tre Esecutivi, l'assenza di programmazione sanitaria e l'entità rapidità dei tagli hanno causato uno sconquasso senza precedenti nella sanità pubblica, tanto da indurre la Camera dei deputati e il Senato della repubblica ad avviare parallelamente due indagini sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale;
    il 10 luglio 2014 Governo e regioni sottoscrivono il Patto per la salute che fissa le risorse per la sanità e definisce la programmazione sanitaria per il triennio 2014-2016 con due fondamentali precisazioni. Con la prima – «salvo eventuali modifiche che si rendessero necessarie in relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e a variazioni del quadro macroeconomico» – non si esclude la possibilità di nuovi tagli per esigenze di finanza pubblica. Con la seconda – «i risparmi derivanti dall'applicazione delle misure contenute nel Patto rimangono nella disponibilità delle singole Regioni per finalità sanitarie» – il Patto per la salute lancia tra le righe il principio di disinvestimento (da sprechi e inefficienze) e riallocazione (in servizi essenziali e innovazioni), precisando che quanto recuperato dalle regioni in ambito sanitario non deve essere «distratto» verso altri settori;
    da allora professionisti sanitari e cittadini hanno assistito impotenti alla progressiva scadenza degli adempimenti del Patto per la salute sotto il segno di una «schizofrenia» legislativa che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, ha permesso al Governo di depauperare le risorse del Servizio sanitario nazionale scaricando sempre le proprie responsabilità;
    i numeri del comparto del settore sanitario dimostrano la contrazione della dotazione della spesa pubblica: nel 2010 il Servizio sanitario nazionale veniva finanziato con 112,6 miliardi di euro (circa il 7,1 per cento del prodotto interno lordo dell'epoca), con 110 miliardi di euro nel 2012 e circa 111 miliardi di euro nel 2014 (6,9 per cento del prodotto interno lordo);
    per capire le dimensioni dell'impoverimento del Servizio sanitario nazionale si deve tenere conto di due fattori. Esiste – ha scritto la Camera dei deputati alla fine di un'indagine conoscitiva – un «aumento considerato inevitabile in tutti i sistemi sanitari, intorno al 2 per cento annuo, dovuto al combinato disposto di nuove tecnologie e invecchiamento progressivo». In secondo luogo, va tenuto conto anche dell'aumento generale dei prezzi. I numeri veri sono questi: nel 2016 i tagli sommati dei vari Governi ammonteranno a 30 miliardi di euro in sei anni, gli investimenti a zero euro. La spesa sanitaria dal 2010 a oggi è calata in ogni comparto, personale compreso, con l'unica eccezione dei farmaci ospedalieri;
    i confronti internazionali dimostrano l'assunto certificato dall'Ocse: nel 2013 la spesa sanitaria complessiva (pubblica e privata) era l'8,8 per cento del prodotto interno lordo, quella tedesca l'11 per cento, quella francese il 10,9 per cento, quella greca e portoghese il 9 per cento (nel frattempo si è tagliato ancora). Se si volesse investire, in percentuale, quanto la Germania, il fondo del Servizio sanitario nazionale dovrebbe costare 30 miliardi di euro in più. La spesa sanitaria nazionale pro capite (3.077 dollari contro i 3.453 della media Ocse) tra il 2009 e il 2013 è calata in media dell'1,6 per cento l'anno, come quella spagnola. Peggio dell'Italia solo Portogallo (- 3,3 per cento), Irlanda (-4 per cento) e Grecia (-7,2 per cento);
    al fine di evitare che anche le regioni «virtuose» siano continuamente oggetto di tagli lineari la soluzione invocata è quella dei costi standard che rappresentano il nuovo modello economico di riferimento sul quale fondare il finanziamento integrale dell'attività pubblica afferente l'erogazione ai cittadini dei principali diritti sociali (sanità, assistenza sociale e istruzione, nonché trasporto pubblico locale);
    il concetto dei costi standard è legato a due fondamentali scopi: quello di ottimizzare e omogeneizzare i valori produttivi e, attraverso di essi, contenere i prezzi, e quello di valutare gli scostamenti dei costi reali e, con essi, lo stato di efficienza del sistema produttivo;
    se in tutto il Paese venissero applicati i costi sanitari pro capite della regione Lombardia, pari a 1240 euro, si avrebbe un risparmio strutturale di 27 miliardi di euro all'anno corrispondenti all'ammontare di un'intera manovra finanziaria, che ben supera la copertura per iva ed Imu; con le ingenti risorse liberate si potrebbero assumere iniziative di defiscalizzazione per le imprese;
    recentemente si è aggiunta la stretta riguardante 208 prestazioni su 1700 erogate dal Servizio sanitario nazionale; il medico che violerà la disposizione verrà punito con un taglio dello stipendio: una sanzione del genere costringe il medico a non svolgere appieno la propria funzione;
    una recente ricerca ha evidenziato che, con il perdurare della crisi economica, il 46 per cento delle famiglie rinuncia ad alcune cure sanitarie primarie perché non è in grado di sostenerne i costi. Il 14 per cento del reddito familiare annuo è destinato alle spese mediche; ogni famiglia spende circa 2000 euro all'anno per prestazioni essenziali e il 13 per cento si indebita per curarsi. Il 38 per cento dei concittadini rinuncia alle cure odontoiatriche, il 22 per cento a quelle oftalmiche e il 15 per cento alla riabilitazione,

impegna il Governo:

   a garantire il diritto alla salute per i cittadini previsto dall'articolo 32 della Costituzione attraverso la ridefinizione dei tagli previsti al fondo per la sanità e la revisione dei recenti tagli alle prestazioni sanitarie;
   ad assumere iniziative per un'immediata introduzione del sistema dei costi standard essendo il presupposto fondamentale per garantire il diritto alla salute, facendo sì che il costo ragionevole dei servizi e degli strumenti sanitari, a parità di disponibilità finanziarie, diventi il riferimento nazionale nell'ambito delle politiche sanitarie.
(1-01008)
«Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».
(6 ottobre 2015)

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