TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 569 di Lunedì 15 febbraio 2016

 
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MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE IN MATERIA DI MOBILITÀ URBANA, EXTRAURBANA E FERROVIARIA

   La Camera,
   premesso che:
    la Costituzione italiana, così come le altre Costituzioni degli Stati di democrazia liberale, garantisce la libertà di circolazione (si veda l'articolo 16 della Costituzione, secondo cui: «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità e di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvi gli obblighi di legge»);
    l'Unione europea è nata intorno ad alcuni grandi principi ed obiettivi, fra i quali va evidenziato, nell'ottica della costruzione di un mercato concorrenziale delle merci e delle prestazioni lavorative, il principio della libera circolazione di merci e persone nel territorio degli Stati membri; nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, ora incorporata nel Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, la libertà di circolazione è garantita all'articolo II-105 (che recita: «Ogni cittadino dell'Unione europea ha il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. La libertà di circolazione e soggiorno può essere accordata, conformemente al Trattato che istituisce la Comunità europea, ai cittadini dei Paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio di uno Stato membro»);
    il nostro Paese, nel corso di questi ultimi anni, ha garantito, sia pure con difficoltà, l'esercizio del diritto alla mobilità dei cittadini. Tuttavia, l'attuale assenza di certezza di risorse finanziarie adeguate per il settore dei trasporti e della circolazione rischia di pregiudicare in modo inevitabile l'esercizio di tale diritto, colpendo particolarmente le fasce meno abbienti della popolazione e i pendolari che sono da sempre costretti a subire le conseguenze di tale situazione; questi ultimi anni, in particolare, come emerge dalla stampa nazionale e locale, sono stati davvero terribili per i circa tre milioni di pendolari che ogni giorno si muovono nel nostro Paese;
    in questi ultimi giorni Legambiente ha lanciato la Campagna Pendolaria, presentando una anticipazione, con analisi della situazione di maggiore disagio sulle linee ferroviarie italiane, del rapporto annuale che ha come focus l'emergenza Sud;
    le ragioni della drammatica situazione in cui vivono i pendolari nel nostro Paese sono chiare. I treni innanzitutto risultano essere sono troppo vecchi. In Italia attualmente sono circa 3.300 i treni in servizio nelle regioni con convogli di età media pari a 18,6 anni, con differenze però rilevanti da regione a regione. In secondo luogo i treni risultano essere troppo pochi. Dal 2010 a oggi, complessivamente, si possono stimare tagli pari al 6,5 per cento del servizio ferroviario regionale proprio quando nel momento di crisi è aumentata la domanda di mobilità alternativa più economica rispetto all'auto, anche se con differenze tra le diverse regioni;
    tra il 2010 e il 2015 il taglio ai servizi ferroviari è stato pari al 26 per cento in Calabria, 19 per cento in Basilicata, 15 per cento Campania, 12 per cento in Sicilia;
    inoltre, il maggior aumento del costo dei biglietti è stato in Piemonte con +47 per cento mentre è stato del 41 per cento in Liguria e del 25 per cento in Abruzzo e Umbria, a fronte di un servizio che non ha avuto alcun miglioramento;
    appare completamente assente una regia nazionale rispetto a un tema che non può essere delegato alle regioni senza controlli, senza contare che le risorse da parte dello Stato per il trasporto pubblico su ferro e su gomma sono diminuite del 25 per cento con la conseguenza che le regioni, a cui sono state trasferite nel 2001 le competenze sui treni pendolari, hanno effettuato in larga parte dei casi tagli al servizio e aumento delle tariffe;
    il trasporto pendolare dovrebbe rappresentare una priorità delle politiche di Governo, sia perché risponde a una esigenza reale e diffusa dei cittadini, sia perché, se fosse efficiente, spingerebbe sempre più persone ad abbandonare l'uso dell'auto con vantaggi ambientali, climatici e di vivibilità delle nostre città;
    ad oggi, tuttavia, un cambio di rotta delle politiche di mobilità ancora non si vede. Al contrario degli altri Paesi europei, in Italia negli ultimi 20 anni neanche un euro è stato investito dallo Stato per l'acquisto di nuovi treni. Alcune regioni hanno fatto investimenti attraverso i contratti di servizio, altre più virtuose, individuando risorse nel proprio bilancio o orientando in questa direzione i fondi europei. In assenza di una regia nazionale ci si trova sempre di più di fronte a un servizio di serie A, per i treni ad alta velocità, di serie B nelle regioni che hanno individuato risorse per evitare i tagli, e di serie C nelle altre regioni;
    il trasporto ferroviario italiano conta treni troppo vecchi, lenti e lontani dagli standard europei di frequenza delle corse. Negli ultimi dieci anni sono stati realizzati alcuni interventi per la sostituzione del materiale rotabile, ma ciò non basta assolutamente. Perché occorre aumentare il servizio con nuovi treni, a partire dalle linee più frequentate e smettere immediatamente di attuare politiche fondate sui tagli agli investimenti per il trasporto pubblico locale e ferroviario;
    secondo Legambiente tra le 10 peggiori linee d'Italia per i pendolari nel 2015 c’è innanzitutto la linea Roma-Lido di Ostia. Il servizio ferroviario di questa linea suburbana gestita da Atac risulta totalmente inadeguato per i circa 100.000 pendolari quotidiani. Il 2015 è stato un anno terribile, con un servizio che sembra peggiorare di giorno in giorno a causa di ripetuti guasti e problemi tecnici: corse che saltano senza che venga fornita un'adeguata informazione, frequenze oltre i 40 minuti, convogli vecchi e sovraffollati spesso privi di aria condizionata, stazioni non presidiate. Ad aggravare il tutto, è il fatto che i pendolari di questa linea arrivati al Capolinea a Roma, spesso continuano il viaggio sulla linea B della metropolitana. Dove trovano un servizio indegno per una città europea, con attese che si attestano, in media, sui 15 minuti con picchi di 20-25, quando, a causa di guasti ai convogli o al sistema elettrico, il servizio non si ferma totalmente;
    segue la linea Alifana e Circumvesuviana. La situazione in Campania della ferrovia Alifana è stata nel 2015 al centro delle cronache per le lamentele da parte dei pendolari che si muovono verso Napoli dal casertano a causa di molteplici ritardi, soppressione di corse, ma soprattutto per la precarietà dei mezzi su cui viaggiano, privi di aria condizionata, con sediolini e carrozze antiquate e scarso servizio di pulizia. Su questa linea viaggiano ancora convogli diesel in attesa che finalmente si completi l'elettrificazione. Ma a Napoli rimane gravissima la situazione che continua a vivere la Circumvesuviana, una delle ferrovie più colpite dai tagli degli ultimi anni, con treni fatiscenti, vagoni stracolmi (ogni giorno 120 mila persone sulla linea) perché insufficienti per una tratta che collega Napoli con i quartieri e i comuni ad Est. Numerosi gli episodi di disagi e disservizi, con treni soppressi o fermi anche un'ora alle fermate a causa di guasti e rotture dei mezzi;
    al terzo posto si colloca la linea Chiasso-Rho. Si tratta di una linea, la S11, prolungata da Milano a Rho in occasione dell'Expo, che vede quotidianamente l'utilizzo da parte di quasi 50.000 pendolari che lamentano frequenti ritardi e tempi di percorrenza paragonabili a quelli del secolo scorso (per fare 60 chilometri si impiega oltre un ora e mezza). Solo nel mese di settembre sono stati oltre 100 i ritardi collezionati, una media superiore ai 4 ritardi al giorno, anche nei weekend;
    segue la linea Verona-Rovigo. Lungo i 95 chilometri che collegano Verona a Rovigo i disagi sono all'ordine del giorno. Su questa linea insiste il pendolarismo importante di studenti e lavoratori, ma è anche molto frequentato da turisti. Qui viaggiano mezzi lenti (55 km/h di media) e vecchi, su una linea a binario unico e dove manca ancora il completamento dell'elettrificazione nelle tratte Isola della Scala-Cerea e Legnago-Rovigo e i pendolari devono anche fare un biglietto diverso per il proseguimento da Rovigo a Chioggia;
    al quinto posto si colloca la linea Reggio Calabria-Taranto. Una linea fondamentale di collegamento tra le regioni del Sud che vede continui tagli e l'uso di treni sempre più vecchi, malgrado il ruolo fondamentale che potrebbe avere nel collegare gli oltre 40 centri urbani e turistici lungo il percorso. Da Reggio c’è un solo treno diretto al giorno, che ci mette 7 ore e 12 minuti a una velocità di 66 km/ora su una linea sostanzialmente vuota. Nel corso degli ultimi due anni la Regione Calabria ha tagliato circa 20 milioni di euro al contratto di Servizio con Trenitalia, già impoverito di molto negli anni precedenti. A partire dalla metà del 2014 è stata decretata la soppressione di ben 26 treni regionali, poi in seguito alle trattative, 10 corse sono state ripristinate, ma con notevoli riduzioni sulla linea Jonica e la Rosarno-Lamezia Terme Centrale via Tropea. I pendolari segnalano problemi anche nella scelta delle fermate;
    segue la linea Messina-Catania-Siracusa. Lungo i 177 chilometri della linea che collega Messina a Siracusa, i treni viaggiano a una velocità media di 69 chilometri orari passando per Catania, i disservizi più frequenti riguardano gli imprevisti tecnici, quasi sempre dovuti alla condizione dell'infrastruttura. Manca sempre una adeguata informazione ai viaggiatori in caso di interruzioni, guasti agli scambi, furti di rame. Su questa linea insiste la tratta Giampilieri-Fiumefreddo, il cui raddoppio per 42 chilometri e previsto dal contratto di programma di RFI già dal 2000. Un'opera dal valore di 2,27 miliardi di euro che vede ad oggi un finanziamento di soli 49 milioni;
    al settimo posto si colloca la linea Taranto-Potenza-Salerno. Su questa linea di oltre 200 chilometri di fondamentale importanza per i collegamenti interni tra Puglia, Basilicata e Campania, ma anche per i pendolari dei diversi centri lungo la linea, la situazione è ferma a 50 anni fa. I convogli non raggiungono i 50 km/h di velocità media e impiegano 1 ora e 47 minuti per collegare i 120 chilometri, tra Potenza a Salerno, e 2 ore tra Potenza e Taranto (150 chilometri). La beffa è che i ritardi sono all'ordine del giorno (quando i treni non subiscono soppressioni improvvise), nonostante la linea sia sostanzialmente vuota, visto che ci sono solamente 6 treni per direzione di marcia al giorno;
    segue la linea Novara-Varallo. Addio ai treni lungo la linea Novara-Varallo dal settembre 2014. C’è quindi chi sta peggio di altri, perché oggi l'unica speranza dei pendolari dell'area è che con l'inserimento della linea nel capitolato di gara d'appalto nel lotto del quadrante nord-orientale del Piemonte si veda una riapertura ed un rilancio del servizio. Ma è solo una possibilità e in ogni caso se ne riparlerà dopo il 2017;
    si segnala ancora la linea Orte-Foligno-Fabriano. Su questa linea i pendolari aspettano da tanti anni che si dia seguito alle promesse di un potenziamento. Si sta infatti parlando di un collegamento nazionale, tra Roma, l'Umbria e le Marche su cui sarebbero previsti investimenti in perenne ritardo e di cui beneficerebbe anche il servizio pendolare. Per ora la linea di 140 chilometri continua ad avere molti tratti a binario unico, una media di velocità di 70 km/h, e i pendolari lamentano continui disagi a causa di guasti dei treni e criticità durante l'inverno per la pioggia, il gelo ed in alcuni casi persino a causa delle foglie che creano problemi di aderenza delle ruote del locomotore sulla rotaia. L'infrastruttura in alcuni tratti è a binario unico, mentre i lavori di raddoppio sono in ritardo ormai da anni;
    infine, c’è la linea Genova-Acqui Terme. Numerosi disagi si riscontrano sulla linea che collega Genova con il Ponente e che passa per numerosi centri fino ad Acqui Terme, a causa di 46 chilometri a binario unico e di tagli ai treni, per una media di 45 km/h. Qui il maltempo può causare interruzioni della linea e frane. All'ordine del giorno, vi sono ritardi, scarsità di treni, soppressioni improvvise e attese interminabili;
    la regione con la più alta età dei treni e l'Abruzzo, con 28,3 anni, e l'84,7 per cento dei treni circolanti ha più di 20 anni. Anche in Basilicata, si trovano dati estremamente negativi, con un'età media dei treni di quasi 24 anni. In Puglia la situazione più critica è quella delle linee di Ferrovie del SudEst, ma in generale è necessario un rinnovo del parco rotabile vista l'età media di 23 anni. In Sicilia, l'età media dei treni è di circa 23 anni, con la conseguenza che sulla tratta Siracusa-Gela lo stato dei treni è mediocre tanto che gli attuali tempi di percorrenza sono addirittura superiori a quelli di 20 anni fa, anche a causa di un'infrastruttura decisamente carente. In Lombardia l'età media dei treni è di circa 22 anni che scende però a 7,5 considerando i revamping. Nonostante ciò, vista la grande quantità di pendolari, l'usura dei convogli incide sulla qualità del servizio sulle linee, a partire dalla Milano-Lecco-Tirano. In Calabria i pochi treni in circolazione hanno oltre 21 anni di età. In Umbria non va meglio con treni di circa 20 anni, mentre è di 19,5 anni l'età media dei treni in Sardegna,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa di competenza, garantendo il pieno coinvolgimento delle regioni, per promuovere finalmente scelte coraggiose e mirate in termini di mobilità urbana ed extraurbana, a partire dallo stanziamento di maggiori risorse per arrivare a 5.000.000 di cittadini trasportati ogni giorno nel 2020, portando il trasporto ferroviario agli stessi standard qualitativi europei;
   ad attivarsi al fine di garantire il diritto alla mobilità con collegamenti ferroviari efficienti al Nord come al Sud tra i principali capoluoghi, integrati con il sistema di porti e aeroporti, ponendo in essere ogni iniziativa di competenza finalizzata ad impedire il perdurante taglio dei collegamenti ferroviari e avviando un'azione di monitoraggio sulla rete pubblica affidata in concessione a Rete ferroviaria italiana finalizzata ad un ripensamento degli investimenti indispensabili ad aumentare la velocità dei collegamenti che parta innanzitutto dalla necessità di valorizzare la presenza di treni pendolari rispetto a quelli a mercato nella definizione delle tracce;
   a porre in essere ogni iniziativa di competenza per favorire la competitività del trasporto promuovendo l'aumento dell'offerta di collegamenti sulle principali linee pendolari, la riorganizzazione degli orari attraverso procedure di confronto con gli utenti e il controllo del rispetto del contratto di servizio rispetto alla puntualità;
   ad attivarsi al fine di avviare un programma decennale di investimenti che preveda almeno 300 milioni di euro di risorse statali l'anno per l'acquisto di treni regionali;
   a definire le politiche relative alla mobilità mettendo al centro gli utenti della mobilità, valutando altresì l'opportunità di assumere iniziative per ripristinare il finanziamento di alcune norme introdotte durante il Governo Prodi nell'ambito della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) e non più rifinanziate dai successivi Governi che prevedono la possibilità di portare in detrazione le spese sostenute per l'acquisto dell'abbonamento annuale ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale, al fine di incentivare un maggior utilizzo del trasporto pubblico locale con conseguente riduzione progressiva del trasporto privato, a tutto vantaggio di una mobilità alternativa più sostenibile per gli inevitabili ed evidenti effetti positivi in termini di riduzione delle emissioni dei gas inquinanti, soprattutto nelle aree urbane più grandi e maggiormente caotiche;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per rifinanziare il fondo per la mobilità sostenibile, già istituito con la legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) al fine di sostenere le politiche di incentivazione della mobilità sostenibile soprattutto nelle grandi aree urbane, attraverso il potenziamento e l'aumento dell'efficienza dei mezzi pubblici e l'incentivazione dell'intermodalità;
   ad assumere iniziative per revocare le risorse impegnate per opere «faraoniche» non più necessarie al fine di destinare le medesime risorse ad altri interventi, dalla manutenzione e messa in sicurezza della rete ferroviaria italiana, alla manutenzione delle principali infrastrutture di trasporto esistenti, al miglioramento dell'offerta di trasporto pubblico locale;
   a promuovere un concreto efficientamento del trasporto pubblico locale incentivandolo con necessari e adeguati finanziamenti del fondo nazionale trasporti;
   ad intervenire con urgenza, per quanto di competenza, al fine di risolvere in via definitiva le criticità individuate in premessa con riferimento alle 10 linee ferroviarie peggiori del nostro Paese.
(1-01091)
«Franco Bordo, Fassina, Scotto, Folino, Pellegrino, Zaratti, Sannicandro, Airaudo, Fava, Placido, Gregori, Ricciatti, D'Attorre, Ferrara, Marcon, Carlo Galli, Duranti, Piras, Fratoianni, Melilla, Quaranta, Zaccagnini, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale».
(12 gennaio 2016)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI GESTIONE DELLE CRISI BANCARIE E DI TUTELA DEI RISPARMIATORI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL'APPLICAZIONE DELLO STRUMENTO DEL COSIDDETTO BAIL-IN

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, in attuazione della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento. Le disposizioni contenute nel Titolo IV, Capo IV, Sezione III, del medesimo decreto legislativo sono dedicate all'istituto del bail-in ovverosia alla procedura di compensazione tra le perdite della banca ed azioni e altri strumenti finanziari posseduti da investitori e risparmiatori della stessa banca. La disciplina sul bail-in – ai sensi dell'articolo 106, comma 2, del medesimo decreto legislativo – è entrata in vigore «solo» a decorrere dal 1o gennaio 2016;
    in sede di audizione presso la Commissione finanze della Camera dei deputati del 9 dicembre 2015 il capo del dipartimento vigilanza della Banca d'Italia, dottor Carmelo Barbagallo, ha postulato la necessità di rinviare l'applicazione del bail-in al 2018 al fine di: «(...) consentire la sostituzione delle obbligazioni ordinarie in circolazione con altre emesse dopo l'entrata in vigore del nuovo quadro di gestione delle crisi e, dunque, collocate e sottoscritte avendo presenti i nuovi scenari di rischio»;
    il decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183, le cui disposizioni sono state successivamente inserite nella legge di stabilità 2016, ha disposto la risoluzione di Cassa di risparmio di Ferrara spa, di Banca delle Marche spa, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio - Società cooperativa e di Cassa di risparmio di Chieti spa, già oggetto di commissariamento da parte della Banca d'Italia. La procedura di risoluzione, che ha determinato la riduzione del valore di azioni ed «obbligazioni subordinate», è stata avviata nel 2015 sulla base delle disposizioni contenute nel Titolo IV, Capo IV, Sezione III del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, che ai sensi del richiamato articolo 106 del medesimo decreto legislativo sono entrate in vigore solo a decorrere dal 1o gennaio 2016, per tal motivo – a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo – sembrerebbe che la procedura di risoluzione delle menzionate banche sia stata adottata in carenza di legittimazione normativa e, se così fosse, tutti gli atti adottati dal Governo, dal Ministero dell'economia e delle finanze e da Banca d'Italia sarebbero viziati;
    l'Associazione bancaria italiana di concerto a 12 associazioni di consumatori (Acu, Adiconsum, Adoc, Assoutenti, Casa del Consumatore, Centro Tutela Consumatori Utenti, Cittadinanzattiva, Codacons, Confconsumatori, Lega Consumatori, Movimento Consumatori, Unc), alla Fondazione per l'educazione finanziaria e al risparmio e alla Federazione delle banche, delle Assicurazioni e della finanza, ha redatto una guida per i risparmiatori al fine di renderli edotti delle nuove regole sulla stabilità finanziaria e sulla risoluzione delle crisi delle banche e delle imprese d'investimento;
    da fonti stampa si apprende come la riduzione del valore delle azioni ed obbligazioni subordinate avvenuta sulla base delle nuove regole europee abbia creato nella collettività un reale timore di perdita del proprio risparmio nell'ipotesi di eventuali difficoltà finanziarie dell'istituto di credito di propria fiducia. L'attenzione dei risparmiatori è elevata soprattutto verso le decine di banche ancora oggetto di commissariamento. Non si esclude, quindi, che la paura collettiva possa implicare una distorsione della stabilità economico-finanziaria del sistema bancario e finanziario italiano;
    la Commissione europea ha assunto, in data 23 dicembre 2015, la propria decisione sull'intervento di sostegno effettuato, nel 2014, dal Fondo interbancario di tutela dei depositi (FITD) in favore della Banca Tercas, in relazione all'acquisizione della stessa da parte della Banca popolare di Bari. La Commissione sostiene che tale intervento costituisca un aiuto di Stato non compatibile con la disciplina europea. La Commissione europea, modificando il proprio orientamento, ha parificato l'intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi a una misura di supporto pubblico perché, nonostante il Fondo interbancario di tutela dei depositi sia costituito da risorse private, i suoi interventi sono imputabili allo Stato italiano in ragione dell'approvazione ex post da parte della Banca d'Italia delle decisioni che li dispongono e dell'obbligatorietà dell'adesione al Fondo. Per evitare che l'intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi sia qualificato come aiuto di Stato è necessaria la previsione di misure di contenimento della distorsione della concorrenza, tra cui in particolar modo, la condivisione degli oneri da parte dei detentori di obbligazioni subordinate (cosiddetto burden-sharing). Così come dichiarato dal Ministero dell'economia e delle finanze in data 23 dicembre 2015 il Fondo interbancario di tutela dei depositi, su suggerimento ed impulso del medesimo Ministero, ha provveduto ad istituire un meccanismo complementare volontario con una gestione separata e finanziato con risorse diverse dalle contribuzioni obbligatorie. Inoltre, dal comunicato stampa del Ministero si apprende: «Il meccanismo volontario, per definizione non assoggettabile ai vincoli previsti per gli aiuti di Stato, provvederà a replicare il precedente intervento, restituendo alla Banca Tercas l'intero ammontare delle risorse che questa dovrà retrocedere al Fondo interbancario di tutela dei depositi in esecuzione della decisione della Commissione. L'intervento del meccanismo garantirà la piena continuità finanziaria e operativa di Banca Tercas, neutralizzando le conseguenze negative della decisione della Commissione europea». Si desume – quindi – che un intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi con finanziamenti volontari risulta pienamente compatibile con la disciplina europea in materia di aiuti di stato;
    nel mese di dicembre 2015 si è assistito a due tipologie di risoluzione di crisi bancarie, a prima relativa a Banca Tercas conclusasi con esito favorevole nei confronti dei risparmiatori che hanno sottoscritto obbligazioni subordinate e la seconda relativa a Cassa di risparmio di Ferrara S.p.A., di Banca delle Marche S.p.A., di Banca popolare dell'Etruria e del Lazio - Società cooperativa e di Cassa di risparmio di Chieti S.p.A conclusasi con la riduzione totale del valore delle azioni e delle obbligazioni subordinate detenute da investitori e risparmiatori. Il diverso modus operandi assunto dal Governo, dal Ministro dell'economia e delle finanze, dalla Banca d'Italia e le relative conseguenze giuridiche sono agli antipodi e, in considerazione del fatto che nella seconda ipotesi i risparmiatori hanno perso i propri risparmi, si palesa secondo i firmatari del presente atto di indirizzo una chiara ed irragionevole disparità di trattamento sindacabile ai sensi del principio di eguaglianza e ragionevolezza di cui all'articolo 3 della Costituzione. Inoltre, si aggiunge che la disciplina sul bail-in risulta, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, essere costituzionalmente illegittima in quanto in contrasto con le disposizioni di cui all'articolo 47 della Costituzione («La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito»),

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per rinviare l'applicazione del bail-in al 2018 al fine, così come asserito dal capo del dipartimento vigilanza della Banca d'Italia, di consentire la sostituzione delle obbligazioni ordinarie in circolazione con altre emesse dopo l'entrata in vigore del nuovo quadro di gestione delle crisi e, dunque, collocate e sottoscritte avendo presenti i nuovi scenari di rischio ed al fine di evitare ogni possibile distorsione della stabilità economico-finanziaria del sistema bancario e finanziario italiano;
   alla luce delle anomalie descritte in premessa, ad effettuare un riesame dei presupposti formali e sostanziali – in particolar modo in relazione alle disposizioni di cui al Titolo IV, Capo IV, Sezione III del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180 – sulla base dei quali il Ministro dell'economia e delle finanze ha approvato il ricorso alla procedura di risoluzione di Cassa di risparmio di Ferrara S.p.A., di Banca delle Marche S.p.A., di Banca popolare dell'Etruria e del Lazio-Società Cooperativa e di Cassa di risparmio di Chieti S.p.A., e, nell'ipotesi in cui fosse riscontrata la carenza di tali presupposti, ad assumere ogni iniziativa consequenziale, anche prevedendo un integrale risarcimento del danno per la riduzione del valore delle azioni e delle obbligazioni subordinate degli investitori e dei risparmiatori delle medesime banche;
   ad assumere ogni iniziativa di competenza, in conformità alle disposizioni di cui agli articoli 3 e 47 della Costituzione, volta a predisporre l'intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi con finanziamenti volontari delle banche per la risoluzione della crisi di Cassa di risparmio di Ferrara S.p.A., di Banca delle Marche S.p.A., di Banca popolare dell'Etruria e del Lazio-Società cooperativa e di Cassa di risparmio di Chieti S.p.A e finalizzata a restituire il risparmio investito in azioni ed obbligazioni subordinate oggetto di riduzione ai legittimi proprietari;
   ad assumere ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo, al fine di predisporre la nomina di un rappresentante dei consumatori – eletto dalle associazioni di categoria e retribuito dal sistema bancario – negli organi di amministrazione e controllo delle banche in modo da consentire ai medesimi consumatori di prendere cognizione della corretta gestione della banca;
   ad assumere ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo, al fine di introdurre la facoltà per i rappresentanti dei consumatori eletti negli organi di amministrazione e controllo delle banche di esprimere parere vincolante su ogni operazione o gruppo di operazioni che possano compromettere la sana e prudente gestione della banca ed arrecare ogni genere di effetto pregiudizievole per il risparmio e gli investimenti dei clienti della medesima banca.
(1-01139)
«Villarosa, Cariello, Pesco, Alberti, Ruocco, Sibilia, Pisano, Caso, Castelli, D'Incà, Brugnerotto, Sorial, Massimiliano Bernini, Agostinelli, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Businarolo, Busto, Cancelleri, Carinelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Nesci, Nuti, Parentela, Petraroli, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Sarti, Scagliusi, Spadoni, Spessotto, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Zolezzi».
(5 febbraio 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    nell'estate del 2015, in occasione del recepimento della normativa europea sul bail-in, i parlamentari attualmente appartenenti alla componente del gruppo Misto «Conservatori e Riformisti» indicarono il rischio di frettolosità e superficialità con cui si affrontava il problema. Lo stesso Parlamento e le stesse forze politiche che avevano dedicato mesi interi a discutere di temi assai meno rilevanti per cittadini e risparmiatori decisero invece di adottare in modo veloce e pressoché acritico la nuova normativa europea, ignorando ogni preoccupazione e osservazione;
    in una logica liberale, non si trattava certo di riproporre o perpetuare la logica dei salvataggi di Stato, a spese dei contribuenti, con il bail out. Ma si spiegava, da parte dei medesimi parlamentari, che doveva esserci un'adeguata preparazione al passaggio alla nuova fase;
    si chiese che la Banca d'Italia venisse a informare tempestivamente sulle situazioni anche potenzialmente più critiche: e invece, in ogni sede, si ripetevano rassicurazioni sull'assoluta solidità delle banche italiane;
    si chiese che partisse una immediata e capillare campagna di informazione a favore dei cittadini (anche attraverso la Rai concessionaria del servizio pubblico) sui rischi esistenti e sull'opportunità di diversificare gli investimenti;
    su tutto, i suddetti parlamentari ottennero risposta negativa;
    più recentemente, in occasione della nota crisi che ha coinvolto quattro istituti bancari italiani, i parlamentari della componente del gruppo Misto «Conservatori e Riformisti» proposero di ricorrere al fondo interbancario di tutela dei depositi: denaro privato, non pubblico, per un'iniezione di capitale per le banche sofferenti. E invece l'Esecutivo ha accettato di subire quello che fu presentato come un veto europeo;
    in realtà, la lettera al Governo italiano proveniente dalla Commissione europea, successivamente resa nota, pur nella sua ambiguità, lasciava, uno spazio per una trattativa con le autorità europee. Sia per ricorrere al fondo interbancario di tutela dei depositi, sia – su un altro piano – per ricorrere a dei warrant a favore degli obbligazionisti, secondo il modello utilizzato nel 1982 dopo la crisi del Banco Ambrosiano;
    tuttora non si comprende perché il Governo italiano si sia fermato, rinunciando a una serrata trattativa con le autorità europee,

impegna il Governo:

   come principio generale, a non assumere iniziative che gravino sui cittadini-contribuenti, in quanto non c’è ragione per cui la mala gestione di alcuni amministratori (verso i quali occorre assumere ogni iniziativa anche legale e giudiziaria) debba pesare sulle spalle di tutti i contribuenti, sulla fiscalità generale e/o sulla spesa pubblica;
   ad assumere ogni iniziativa di competenza per acquisire tempestivamente dettagliati elementi sulle altre situazioni anche solo potenzialmente a rischio;
   a disporre, in primo luogo attraverso il servizio pubblico radiotelevisivo, capillari e tempestive campagne a favore dei cittadini-contribuenti, spiegando le situazioni critiche e le caratteristiche della nuova normativa, sottolineando il principio generale della opportunità della diversificazione degli investimenti;
   a operare per favorire l'introduzione, in aggiunta ai prospetti informativi più complessi, di documenti informativi sintetici e di immediata comprensibilità per risparmiatori e investitori, anche caratterizzati da denominazioni/classificazioni/sigle che possano favorire l'informazione, la consapevolezza dei cittadini sui rischi e le opportunità legate a ogni investimento;
   in caso di nuove situazioni critiche, a riproporre la soluzione del fondo interbancario di tutela dei depositi, e – su un altro piano – ad assumere iniziative per assegnare warrant ai soggetti danneggiati, secondo il modello «Banco Ambrosiano»;
   come extrema ratio, anche per favorire la campagna di informazione e un'adeguata preparazione al nuovo regime, ad adottare iniziative per una moratoria di 18 mesi della regolamentazione del bail-in, disponendo una diversa data (il 1o luglio 2017) per l'entrata in vigore della nuova normativa.
(1-01099)
«Palese, Altieri, Marti, Capezzone, Ciracì, Distaso, Chiarelli, Fucci, Latronico, Bianconi, Corsaro».
(21 gennaio 2016)

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