TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 750 di Martedì 28 febbraio 2017

 
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INTERROGAZIONI

A)

  D'INCÀ. – Al Ministro della difesa. – Per sapere – premesso che:
   nonostante le denunce effettuate già nel 2014 e nel 2015, rispettivamente, con le interrogazioni n. 4-05772 e n. 4-09174, in seguito alle segnalazioni degli abitanti del territorio bellunese relative ai boati ed intensi frastuoni causati da voli a bassa quota, dovuti ad esercitazioni militari, nuovamente l'11 gennaio 2017 i suddetti episodi si sono ripresentati con le stesse modalità e negli stessi territori. La causa dell'ennesimo forte frastuono sarebbe da attribuire questa volta ai voli di velivoli appartenenti allo stormo 31st Fighter Wing, in una zona di addestramento tra le province di Belluno e Pordenone, così come reso noto dal comando statunitense e dal comando dell'aeroporto di Aviano;
   tali eventi sembrano ormai diventati una consuetudine e i disagi sono avvertiti con sempre maggiore sensibilità ed apprensione da parte delle popolazioni della Valbelluna, anche in considerazione delle tensioni di carattere internazionale, dovute alle minacce del terrorismo, e dei terribili eventi sismici verificatisi negli ultimi mesi nella penisola italiana –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra indicati;
   se e quali iniziative urgenti intenda intraprendere per verificare se tale attività addestrativa sia stata svolta nel pieno rispetto delle vigenti normative concernenti l'impatto ambientale e delle disposizioni antirumore ed in materia di spazi aerei; quali iniziative intenda porre in atto per evitare che tali episodi, che destabilizzano la tranquillità e la serenità delle popolazioni sopra indicate, non si ripetano di nuovo in futuro. (3-02820)
(27 febbraio 2017)
(ex 4-15225 del 17 gennaio 2017)

B)

  PELUFFO. – Al Ministro per gli affari regionali, al Ministro dell'interno e al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   dalla stampa nazionale e locale si apprende quanto segue: in data 16 settembre 2015 il consiglio regionale della Lombardia ha approvato una nuova legge regionale sul turismo che stanzia cinque milioni di euro in tre anni. Insieme alla legge è stato approvato anche un emendamento che concede la possibilità di accedere ai bandi di finanziamento regionale per «strutture ricettive alberghiere e non alberghiere» solo «qualora il fatturato o il ricavato dell'attività ricettiva degli ultimi tre anni sia integralmente derivante dall'attività turistica», specificando che «nel fatturato o ricavato non sono computate le entrate relative ad attività conseguenti a calamità naturali o altri eventi determinati da disastri naturali o incidenti di particolare rilevanza o altresì in esecuzione di specifici provvedimenti coattivi»;
   in vigenza dell'attuale disciplina normativa che discende dal titolo V della parte II della Costituzione, e segnatamente dall'articolo 117, nonché della giurisprudenza uniforme della Corte costituzionale (ad esempio, sentenza n. 197 del 2003), la potestà normativa delle regioni in materia di turismo incontra dei limiti nelle leggi statali di principio e di coordinamento, oltre che nelle discipline di esclusiva competenza legislativa statale, come il diritto privato, il diritto penale, le norme giurisdizionali;
   tale provvedimento, di fatto, penalizzerà nei bandi le strutture ricettive che in maniera volontaria danno accoglienza ai richiedenti asilo, scoraggiando gli albergatori lombardi che volessero mettersi spontaneamente a disposizione per iniziative di accoglienza, configurando così, ad avviso dell'interrogante, una violazione del diritto di asilo riconosciuto dai commi 2 e 3 dell'articolo 10 della Costituzione;
   la formulazione della legge regionale, secondo l'interrogante, viola il principio di concorrenza e di uguaglianza tra le aziende alberghiere, che non possono essere discriminate con l'esclusione dai bandi;
   la normativa di cui trattasi penalizzerà anche le strutture ricettive che, sulla base di accordi con il Ministero dell'interno, danno ospitalità al personale delle forze dell'ordine fuori sede;
   su tali questioni il Sottosegretario Bressa in data 31 gennaio 2017 ha fornito risposta all'interrogazione n. 3-02742, riservandosi di approfondire alcuni degli aspetti evidenziati al fine di offrire gli elementi più appropriati per la definizione del problema in questione –:
   se, anche alla luce degli approfondimenti di cui sopra, non ritengano di assumere ogni iniziativa di competenza per salvaguardare il diritto di asilo e i principi di uguaglianza e libera concorrenza e garantire il rispetto degli accordi di coordinamento nazionale finalizzati all'ospitalità del personale di sicurezza fuori sede. (3-02817)
(24 febbraio 2017)

C)

  BUSINAROLO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa (Il Fatto Quotidiano del 2 dicembre 2016) si è appreso di una vicenda che ha destato molto scalpore, riguardante alcune preziose opere d'arte, nello specifico diciassette tele di un valore totale non inferiore ai 17 milioni di euro, prelevate dal museo veronese di Castelvecchio e ritrovate, nel maggio 2016, in Ucraina, ma che ancora non risultano essere state restituite e che, invece, sarebbero state addirittura esposte in una mostra inaugurata a Kiev il 17 giugno 2016;
   sul caso, a seguito di denuncia presentata dall'avvocato Guariente Guarienti, la procura scaligera ha aperto un fascicolo nei confronti del Presidente dell'Ucraina Pietro Poroshenko, contestandogli l'appropriazione indebita e ricettazione;
   la rogatoria internazionale inoltrata dai magistrati italiani alla procura generale di Kiev risale al 17 maggio 2016, ma, ad oggi, è rimasta inevasa, secondo le dichiarazioni rilasciate al pubblico ministero competente di Verona del coordinamento della giustizia europea Eurojust «per motivi diplomatici»;
   risulta, inoltre, che il Presidente Poroshenko e il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, Matteo Renzi, si sarebbero accordati per organizzare una cerimonia ufficiale in occasione della quale ci sarebbe stata la restituzione delle opere d'arte;
   l'apertura dell'indagine a carico del Presidente ucraino potrebbe rendere più complicata la presenza dello stesso in Italia. Infatti i requisiti per cui i magistrati possano effettivamente procedere prevedono che il cittadino straniero si trovi nel territorio dello Stato e che vi sia una richiesta da parte del Ministero della giustizia, se dalla commissione del fatto è derivata un'offesa ad un interesse dello Stato o della collettività –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di risolvere la questione, dai delicati risvolti diplomatici, soprattutto con l'obiettivo di tutelare il prezioso patrimonio artistico italiano, fiore all'occhiello del nostro Paese che, secondo la lista stilata dall'Unesco, costituisce circa il 50 per cento di quello mondiale. (3-02819)
(27 febbraio 2017)
(ex 5-10123 del 14 dicembre 2016)

  D'ARIENZO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   il 19 novembre 2015 sono stati rubati 17 quadri presso il museo di Castelvecchio di Verona e sono stati ritrovati in Ucraina il 6 maggio 2016 anche con il supporto della polizia ucraina;
   successivamente al ritrovamento, in Ucraina è stata organizzata un'esposizione presso il museo Khanenko di Kiev dei quadri in questione, fatto che l'interrogante ritiene inusuale considerati o contorni della vicenda, non certamente caratterizzata da un'azione volontaria del comune di Verona;
   il consiglio comunale di Verona, per favorire le relazioni funzionali alla restituzione, ha votato a maggioranza la concessione della cittadinanza onoraria al Presidente di quel Paese;
   il sindaco di Verona si è recato in visita a Kiev allo scopo di perorare la causa della restituzione dei quadri trafugati;
   ad oggi ancora non sono stati restituiti al legittimo proprietario i beni detenuti in Ucraina e lì scoperti dopo il furto;
   dalla stampa si legge che il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, Matteo Renzi, ha incontrato il Presidente ucraino e, tra gli altri, ha affrontato il tema della restituzione dei dipinti;
   dalla stampa si legge l'ennesimo annuncio dell'amministrazione comunale – si spera fondato – che i quadri dovrebbero essere restituiti entro la fine del mese di luglio 2016, con una cerimonia organizzata allo scopo;
   l'interrogante ritiene che la Repubblica italiana in un caso simile avrebbe già provveduto a restituire l'oggetto di un furto compiuto in un altro Paese –:
   quali siano le ragioni per le quali, dopo l'esposizione in mostra, i quadri in questione detenuti senza titolo non sono stati restituiti, tanto da rendere necessario l'intervento del Governo – che l'interrogante ritiene giusto e pienamente condivisibile – con un apposito colloquio con il Presidente ucraino;
   se il Governo sia stato interpellato nell'ambito dell’iter procedurale che ha portato il sindaco di Verona a proporre al consiglio comunale di Verona la concessione della cittadinanza onoraria al Presidente ucraino;
   se vi siano e quali siano le eventuali condizioni che l'Ucraina ha posto per la restituzione di ciò che non è suo;
   cosa intenda fare il Governo se si verificasse il mancato rispetto degli impegni presi dall'Ucraina di cui si legge sulla stampa.
(3-02821)
(27 febbraio 2017)
(ex 4-13815 del 14 luglio 2016)

  TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, MATARRELLI, SEGONI, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. – Per sapere – premesso che:
   il Museo di Castelvecchio di Verona il 19 novembre del 2015 è stato teatro di una rapina milionaria: al momento della chiusura serale tre persone travisate hanno trafugato 17 dipinti di Tintoretto, Mantegna, Pisanello e Rubens, per un valore di circa 25 milioni di euro;
   dopo accurate indagini sono stati individuati i presunti autori del fatto: due italiani, la guardia giurata ed il fratello, ed anche alcuni cittadini moldavi, tra i quali la compagna del fratello della guardia giurata, che avrebbe fatto da basista;
   nel marzo 2016 sono quindi stati tratti in arresto: alcuni degli stranieri si trovavano in Ucraina dove, poi, nel maggio 2016 sono stati ritrovati anche i 17 preziosi quadri, nascosti in un bosco vicino Kiev, contenuti in sacchetti di plastica e che stavano per essere trasportati in Moldavia;
   il Governo ucraino, sebbene dapprima non dava particolari segni di interesse, anche a seguito dell'intervento dell'agenzia europea Eurojust è divenuto piuttosto collaborativo in relazione all'estradizione dei presunti autori della rapina, tant’è che l'estradizione tempestiva ha consentito anche l'apertura, nei giorni scorsi, del processo penale avanti al tribunale di Verona alla presenza di tutti gli imputati, accusati di rapina a mano armata in concorso e sequestro di persona;
   resta difficile da comprendere come sia possibile che, a distanza di circa un anno dalla rapina e ad oltre 6 mesi dal loro ritrovamento in Ucraina, i preziosissimi quadri rubati siano ancora esposti nel palazzo presidenziale di Poroshenko, dopo che nell'estate 2016 era stata allestita una mostra al museo Khanenko di Kiev, alla quale hanno partecipato il sindaco di Verona Tosi ed il Presidente ucraino Poroshenko;
   nonostante le numerose rassicurazioni, le opere d'arte tardano ad arrivare: la rogatoria per la restituzione dei quadri, infatti, dopo che erano stati sollevati alcuni impedimenti è rimasta inevasa: dapprima ci sono stati alcuni contatti informali, quindi visite del sindaco di Verona, Flavio Tosi, a Kiev, la concessione della cittadinanza onoraria di Verona al Presidente ucraino Poroshenko, quindi la mostra organizzata nel museo di Kiev;
   questo l’iter, ma, ad oggi, ancora non c’è nessuna novità concreta sul rientro delle opere, sebbene si siano cimentati nella trattativa per la restituzione delle opere d'arte anche la diplomazia ed il Governo italiano;
   nel mese di settembre 2016, infine, ai funerali dell'ex Premier israeliano Shimon Peres il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, Matteo Renzi, si è profuso in rassicurazioni relativamente ad un rientro delle opere entro il mese di novembre 2016;
   ad oggi tuttavia non si ha ancora certezza relativamente ai tempi di riconsegna di questo preziosissimo patrimonio storico; alcuni organismi di stampa avanzano l'ipotesi che il Presidente ucraino Poroshenko non voglia restituire le opere cinquecentesche se non consegnandole personalmente nelle mani del Presidente del Consiglio dei ministri, in una visita ufficiale;
   la questione giudiziaria quindi sembra proprio che sia divenuta una questione politica e diplomatica di difficile risoluzione, stante anche la situazione geopolitica che sta vivendo l'Ucraina e gli equilibri europei in relazione ai rapporti con la Russia, oggi del tutto invisa al Governo ucraino;
   ciò nonostante, i capolavori trafugati e poi ritrovati dovrebbero rientrare quanto prima nel museo veronese dal quale erano stati rubati –:
   se siano a conoscenza della situazione descritta;
   se siano state sollevate dallo Stato ucraino particolari circostanze relativamente a condizioni giudiziarie ovvero normative derivanti da accordi bilaterali che impediscano di evadere la richiesta di restituzione dei quadri indicati in premessa;
   se siano state avanzate specifiche richieste da parte dell'Ucraina affinché la restituzione delle opere d'arte avvenga con una cerimonia diplomatica ufficiale in occasione di una visita di Stato;
   se ed in quali modi intendano procedere al fine di accelerare i tempi di rientro in Italia dei dipinti di proprietà del comune di Verona. (3-02826)
(27 febbraio 2017)
(ex 4-14874 del 25 novembre 2016)

D)

  LATRONICO. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
   lo schema idrico «distretto G», è un'opera fondamentale per il settore agricolo della regione Basilicata, il cui completamento negli anni scorsi era stato garantito da un corposo finanziamento rientrante nel primo programma delle infrastrutture strategiche approvate dal Cipe con delibera n. 121 del dicembre del 2001. I lavori da realizzare, per un importo pari a 65 milioni di euro, devono contribuire alla realizzazione di un sistema coordinato per razionalizzare l'uso delle risorse idriche, favorendo lo sviluppo del comparto agroindustriale lucano e il rilancio del settore edile;
   il progetto prevede la realizzazione di: una condotta principale (collegamento diga di Genzano alla diga del Basentello) di 23,170 chilometri; diramazioni settoriali per alimentare i 14 settori del «distretto G»; una rete di distribuzione irrigua, con sviluppo di circa 400 chilometri, 14 vasche di compenso di volume variabile complete di strumenti di misura delle portate; un impianto di sollevamento per il settore G6 con portata di 172,36 litri al secondo e prevalenza di 189 metri. L'opera è frutto dell'unificazione di 2 distinti progetti, denominati in precedenza «completamento schema idrico Basento Bradano. Adduttore diga di Genzano-Diga del Basentello» e «completamento schema idrico Rasento Bradano. Attrezzamento, settore G»;
   nei giorni scorsi sulla stampa locale è scoppiato il caso delle polemiche tra la ditta aggiudicataria dei lavori, la D'Agostino costruzioni generali, il consorzio di bonifica Vulture-Alto Bradano e la regione Basilicata sui lavori di completamento dello schema idrico Basento-Bradano che rischia di svanire a causa delle lungaggini burocratiche per l'affidamento definitivo dei lavori;
   il consorzio di bonifica Vulture-Alto Bradano in data 5 aprile 2016 ha confermato l'aggiudicazione definitiva in capo all'impresa, anche in ragione di quanto stabilito dal Consiglio di Stato con apposita sentenza. Il consorzio, con lettera del 21 giugno 2016, ha richiesto alla D'Agostino costruzioni di presentare documentazione «al fine di dare corso alla sottoscrizione del contratto di appalto», adempimento osservato dall'impresa. Ciò nonostante, il consorzio di bonifica non ha ancora provveduto a sottoscrivere il contratto, lasciando in sospeso il relativo procedimento;
   a giudizio dell'interrogante, la perdita del finanziamento impedirebbe la realizzazione di un'opera necessaria a migliorare la condizione di migliaia di agricoltori lucani e sarebbe vanificata una concreta opportunità di sviluppo e crescita occupazionale per le aziende locali operanti nell'indotto –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per evitare che possano risultare vanificati i finanziamenti statali concessi, valutando l'ipotesi di convocare un tavolo istituzionale con le parti interessate. (3-02658)
(19 dicembre 2016)

  PALESE e LATRONICO. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
   l'opera «Completamento schema idrico Basento Bradano-Attrezzamento settore G» riguarda le iniziative necessarie per l'adduzione e la distribuzione irrigua del distretto G, che si estende per circa 13.050 ettari, nel piano di utilizzazione dello schema idrico Basento-Bradano. Tale impianto è stato progettato per garantire un più efficace ed efficiente utilizzo delle risorse idriche, contribuendo notevolmente allo sviluppo del comparto agroindustriale locale;
   anche se il progetto generale è stato approvato dalla delegazione del Consiglio superiore dei lavori pubblici presso la Cassa per il Mezzogiorno con voto n. 56 del 5 gennaio 1987, i primi passi verso la realizzazione dell'opera si sono avviati nel 2006, sino ad arrivare al 2011 in cui c’è stato il completo blocco dei lavori;
   nel 2006, l'Anas e le province di Matera e Potenza, quali enti interferiti, formularono parere favorevole alla costruzione dell'infrastruttura in questione, ma con prescrizioni. Poco dopo, anche il comitato tecnico sulla valutazione di impatto ambientale e all'autorizzazione paesaggistica ha dato il parere favorevole alla costruzione dell'infrastruttura, a cui è seguito quello del dipartimento delle infrastrutture della regione Basilicata, con osservazioni, in linea tecnica ed economica;
   nel 2006 il Ministero dei trasporti ha poi trasmesso la relazione al Cipe proponendo l'approvazione del progetto per 85,7 milioni di euro da prelevare dai fondi per le aree sottoutilizzate. Subito dopo, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e quello per i beni e le attività culturali hanno dato il loro parere favorevole alla costruzione dell'opera;
   nello stesso anno, il Cipe ha approvato il progetto con la delibera n. 197 e ha definito l'importo di 85,7 milioni di euro come limite di spesa, precisando che tali fondi non potevano essere prelevati dai fondi per le aree sottoutilizzate. Con la stessa delibera è stato assegnato un contributo di 6,3 milioni di euro per 15 anni, ma è stato sottolineato che la concessione definitiva del contributo restava subordinata alla presentazione da parte del soggetto aggiudicatore, entro 2 mesi dalla pubblicazione della delibera, di un piano economico-finanziario aggiornato;
   il Ministero dell'interno, con nota del 27 ottobre 2006, trasmette al Cipe la relazione integrativa con il piano economico aggiornato in cui propone la conferma del finanziamento già assegnato in via programmatica e la copertura della quota residua di fabbisogno, pari a 15,7 milioni di euro, con i ribassi di gara relativi ad opere idriche di cui alla «legge obiettivo», e che soggetto aggiudicatore sia la medesima regione Basilicata;
   la regione Basilicata, con nota dell'8 novembre 2006, ha quantificato in complessivi 8,8 milioni di euro le risorse disponibili e ha dichiarato di impegnarsi a farsi carico della restante somma di 6,9 milioni di euro, chiedendo di poter trattenere le eventuali economie dei ribassi d'asta nell'aggiudicazione dell'opera, sino alla concorrenza dell'importo di 6,9 milioni di euro. Con un'altra nota del 16 novembre 2006, la regione ha poi precisato che la copertura dell'onere sarebbe derivata dalla «compartecipazione nell'aliquota del prodotto di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi estratti nella regione» (cosiddette royalty petrolifere);
   il Cipe, con delibera n. 146 del 2006, ha autorizzato la regione ad utilizzare le «economie» conseguenti ai ribassi d'asta relativi ad altri interventi, per un totale di 8,8 milioni di euro. La regione, nel 2008, ha contratto il mutuo con la Cassa depositi e prestiti che nel 2009, con nota del 7 agosto 2009, ha poi dichiarato la propria indisponibilità a mantenere l'offerta formulata in sede di gara, alle condizioni poste dal decreto interministeriale n. 5279 del 2003;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa col Ministero dell'economia e delle finanze, con nota del 18 maggio 2010 ha comunicato che, vista l'indisponibilità dell'aggiudicatario, era necessario procedere a nuova gara. Ad aprile 2011 la regione Basilicata ha iniziato a predisporre un nuovo bando per contrarre un mutuo, ma, a causa dell'improvvisa indisponibilità al finanziamento da parte della Cassa depositi e prestiti, la regione Basilicata non è poi riuscita a presentare un secondo bando per accendere un mutuo;
   in sintesi, si tratta di un contributo quindicennale di 6,258 milioni di euro, finanziato direttamente dal parte del Cipe. Da questo contributo risultano utilizzabili, secondo quanto riportato nella relazione tecnica, dieci annualità, pari ad un totale di 62,580 milioni di euro;
   tale somma stava per essere dirottata all'Expo di Milano, fino a quando con il decreto-legge «sblocca Italia», e proprio grazie ad un'iniziativa fortemente voluta da Forza Italia, sono state adottate delle misure volte a salvaguardare la costruzione dello schema idrico Basento-Bradano. Nello specifico, l'articolo 3, comma 2, lettera a), del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 («sblocca Italia»), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha fissato al 31 dicembre 2014 la data entro cui l'intervento in questione avrebbe dovuto essere «cantierabile»;
   con successiva lettera del 1o ottobre 2014, l'ente appaltante (il consorzio di bonifica Vulture Alto Bradano) fissava per il 6 ottobre 2014 l'inizio dei lavori, in seduta pubblica, per l'esame della documentazione amministrativa riguardante le operazioni di gara, mai iniziate e sospese per oltre ventisette mesi;
   il 17 novembre 2014, l'ente appaltante statuiva quale primo classificato l'impresa D'Agostino Angelo Antonio costruzioni generali s.r.l., con punteggio complessivo di 88,65. Con lettera del 21 novembre 2014, il responsabile unico del procedimento informava l'impresa aggiudicataria D'Agostino che, ai sensi dell'articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n. 163 del 2006, occorreva procedere alla verifica delle giustificazioni, essendo l'offerta considerata «anomala» (per eccesso di ribasso) ai sensi del suddetto decreto legislativo n. 163 del 2006;
   il 29 dicembre 2014 la commissione aggiudicatrice, con seduta pubblica, dichiarava l'aggiudicazione provvisoria all'impresa D'Agostino Angelo Antonio costruzioni generali s.r.l., considerato che l'offerta poteva ritenersi «nel complesso congrua, ammissibile e affidabile»;
   pur essendo trascorsi due mesi dall'aggiudicazione dell'impresa D'Agostino, i lavori dello schema idrico sono tuttora bloccati e sia i cittadini che le forze sindacali si chiedono quando si darà avvio ad un'opera così importante che, una volta realizzata, consentirà di dare un impulso all'economia agricola del Vulture-Alto Bradano, producendo notevoli riflessi anche sul fronte occupazionale –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto descritto in premessa e se sussistano i presupposti per assumere iniziative che consentano di non perdere il finanziamento fino ad ora riconosciuto per lo schema idrico Basento-Bradano. (3-02824)
(27 febbraio 2017)
(ex 4-08369 dell'11 marzo 2015)

  LATRONICO. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
   l'opera «Completamento schema idrico Basento Bradano-Attrezzamento settore G» riguarda le iniziative necessarie per l'adduzione e la distribuzione irrigua del distretto G, che si estende per circa 13.050 ettari, nel piano di utilizzazione dello schema idrico Basento-Bradano. Tale impianto è stato progettato per garantire un più efficace ed efficiente utilizzo delle risorse idriche, contribuendo notevolmente allo sviluppo del comparto agroindustriale locale;
   il progetto prevede la realizzazione di: una condotta principale (collegamento diga di Genzano alla diga del Basentello) di 23,170 chilometri; diramazioni settoriali per alimentare i 14 settori del «distretto G»; une rete di distribuzione irrigua, con sviluppo di circa 400 chilometri; 14 vasche di compenso di volume variabile complete di strumenti di misura delle portate; un impianto di sollevamento per il settore G6 con portata di 172,36 litri al secondo a prevalenza di 189 metri. L'opera è frutto dell'unificazione di 3 distinti progetti denominati in precedenza «Completamento schema idrico Basento Bradano. Adduttore diga di Genzano-Diga del Basentello» e «Completamento schema idrico Basento Bradano. Attrezzamento Settore G»;
   anche se il progetto generale è stato approvato dalla delegazione del Consiglio superiore dei lavori pubblici presso la Cassa per il Mezzogiorno con voto n. 56 del 5 gennaio 1987, i primi passi verso la realizzazione dell'opera si sono avviati nel 2006, sino ad arrivare al 2011 in cui c’è stato il completo blocco dei lavori;
   nel 2006, l'Anas e le province di Matera e Potenza, quali enti interferiti, formularono parere favorevole alla costruzione dell'infrastruttura in questione, ma con prescrizioni. Poco dopo, anche il comitato tecnico sulla valutazione di impatto ambientale e all'autorizzazione paesaggistica ha dato il parere favorevole alla costruzione dell'infrastruttura a cui è seguito quello del dipartimento delle infrastrutture della regione Basilicata, con osservazioni, in linea tecnica ed economica;
   nel 2006, il Ministero dei trasporti ha poi trasmesso la relazione al Cipe proponendo l'approvazione del progetto per 85,7 milioni di euro da prelevare dai fondi per le aree sottoutilizzate. Subito dopo, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e quello per i beni e le attività culturali hanno dato il loro parere favorevole alla costruzione dell'opera;
   nello stesso anno, il Cipe ha approvato il progetto con la delibera 197 e ha definito l'importo di 85,7 milioni di euro come limite di spesa, precisando che tali fondi non potevano essere prelevati dai Fas. Con la stessa delibera è stato assegnato un contributo di 6,3 milioni di euro per 15 anni, ma è stato sottolineato che la concessione definitiva del contributo restava subordinata alla presentazione da parte del soggetto aggiudicatore, entro 2 mesi dalla pubblicazione della delibera, di un piano economico-finanziario aggiornato;
   il Ministero dell'interno, con nota del 27 ottobre 2006, trasmette al Cipe la relazione integrativa con il piano economico aggiornato, in cui propone la conferma del finanziamento già assegnato in via programmatica e la copertura della quota residua di fabbisogno, pari a 15,7 milioni di euro, con i ribassi di gara relativi ad opere idriche di cui alla «legge obiettivo», e che soggetto aggiudicatore sia la medesima regione Basilicata;
   la regione Basilicata, con nota dell'8 novembre 2006, ha quantificato in complessivi 8,8 milioni di euro le risorse disponibili e ha dichiarato di impegnarsi a farsi carico della restante somma di 6,9 milioni di euro, chiedendo di poter trattenere le eventuali economie dei ribassi d'asta nell'aggiudicazione dell'opera, sino alla concorrenza dell'importo di 6,9 milioni di euro. Con un'altra nota del 16 novembre 2006, la regione ha poi precisato che la copertura dell'onere sarebbe derivata dalla «compartecipazione nell'aliquota del prodotto di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi estratti nella regione» (cosiddette royalty petrolifere);
   il Cipe, con delibera n. 146 del 2006, ha autorizzato la regione ad utilizzare le «economie» conseguenti ai ribassi d'asta relativi ad altri interventi per un totale di 8,8 milioni di euro. La regione, nel 2008, ha contratto il mutuo con la Cassa depositi e prestiti che, nel 2009, con nota del 7 agosto 2009, ha poi dichiarato la propria indisponibilità a mantenere l'offerta formulata in sede di gara, alle condizioni poste dal decreto interministeriale n. 5279 del 2003;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa col Ministero dell'economia e delle finanze, con nota del 18 maggio 2010, ha comunicato che, vista l'indisponibilità dell'aggiudicatario, era necessario procedere a nuova gara. Ad aprile del 2011, la regione Basilicata ha iniziato a predisporre un nuovo bando per contrarre un mutuo, ma a causa dell'improvvisa indisponibilità al finanziamento da parte della Cassa depositi e prestiti, la regione Basilicata non è poi riuscita a presentare un secondo bando per accendere un mutuo;
   in sintesi, si tratta di un contributo quindicennale di 6,258 milioni di euro, finanziato direttamente dal parte del Cipe. Da questo contributo risultano utilizzabili, secondo quanto riportato nella relazione tecnica, dieci annualità, pari ad un totale di 62,580 milioni di euro;
   nel cosiddetto decreto-legge «destinazione Italia», il comma 1 dell'articolo 13 recitava: «Le assegnazioni disposte dal Cipe con le delibere n. 146 del 17 novembre 2006, e le assegnazioni disposte dalla delibera Cipe n. 33 del 13 maggio 2010 sono revocate», sancendo di fatto la revoca della delibera Cipe n. 146 contenente anche lo schema idrico lucano;
   successivamente, il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 («sblocca Italia»), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha fissato al 31 dicembre 2014 la data entro cui l'intervento in questione avrebbe dovuto essere «cantierabile»;
   gli interroganti sulla questione hanno già presentato due interrogazioni a risposta scritta (n. 4-08369 e 4-05524), senza aver avuto a tutt'oggi risposta; in tali interrogazioni si chiedeva quali azioni urgenti il Governo intendesse porre in essere per garantire il completamento dell'infrastruttura, sbloccare i finanziamenti assegnati e garantire un più efficace ed efficiente utilizzo delle risorse idriche, contribuendo allo sviluppo del comparto agroindustriale lucano e al rilancio del settore edile della Basilicata;
   a tutt'oggi, i lavori dello schema idrico sono ancora bloccati e sia i cittadini che le forze sindacali si chiedono quando si darà avvio ad un'opera così importante che, una volta realizzata, consentirà di dare un impulso all'economia agricola del Vulture-Alto Bradano, producendo notevoli riflessi anche sul fronte occupazionale –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto descritto in premessa e quali iniziative, anche normative, intenda assumere per garantire i finanziamenti fino ad ora riconosciuti per il completamento dello schema idrico Basento-Bradano. (3-02825)
(27 febbraio 2017)
(ex 5-07843 del 19 febbraio 2016)

  LIUZZI. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
   lo schema idrico Basento-Bradano-Attrezzamento settore G è un'opera di fondamentale importanza strategica per il settore agroalimentare lucano e utile alla distribuzione irrigua del distretto che si estende per circa 13.050 ettari nel nord della Basilicata. Il progetto prevede la realizzazione di: una condotta principale (collegamento diga di Genzano alla diga del Basentello) di 23,170 chilometri; diramazioni settoriali per alimentare i 14 settori del «distretto G»; une rete di distribuzione irrigua, con sviluppo di circa 400 chilometri; 14 vasche di compenso di volume variabile complete di strumenti di misura delle portate; un impianto di sollevamento per il settore G6 non portata di 172,36 litri al secondo a prevalenza di 189 metri. L'opera è frutto dell'unificazione di 3 distinti progetti denominati in precedenza «Completamento schema idrico Basento Bradano. Adduttore diga di Genzano-Diga del Basentello» e «Completamento schema idrico Basento Bradano. Attrezzamento Settore G»;
   l'opera è stata valutata con pareri favorevoli già nel 2006 dall'Anas, dalle province di Matera e Potenza, dal comitato tecnico sulla valutazione di impatto ambientale e l'autorizzazione paesaggistica e dal dipartimento delle infrastrutture della regione Basilicata. I lavori sono stati lentamente avviati nel 2006, ma hanno subito il completo arresto nel 2011;
   il Cipe ha approvato il progetto di 85,7 milioni di euro, precisando che i fondi non potevano essere prelevati dai fondi per le aree sottoutilizzate, così come previsto inizialmente dal Ministero. Con la delibera n. 130 Cipe è stato assegnato un contributo di 6,3 milioni di euro per 15 anni, a patto che fosse individuato da parte del soggetto aggiudicante, entro due mesi dalla pubblicazione della delibera, un piano economico-finanziario aggiornato. Il Ministero dell'interno, con nota del 27 ottobre 2006, ha trasmesso al Cipe la relazione integrativa con il piano economico aggiornato, proponendo la conferma di finanziamento già assegnato in via programmatica e la copertura della quote residua di fabbisogno pari a 15,7 milioni di euro. Il mese successivo la regione Basilicata ha dichiarato di impegnarsi a farsi carico della somma di 6,9 milioni di euro, chiedendo di poter trattenere le eventuali economie dei ribassi d'asta nell'aggiudicazione dell'opera e precisando poi che la copertura dell'onere sarebbe derivata anche dalle royalty petrolifere;
   a seguito dell'indisponibilità dell'aggiudicatario, nell'aprile del 2011 la regione ha predisposto un nuovo bando che non è mai partito a causa della mancata disponibilità di finanziamento da parte della Cassa depositi e prestiti. Tuttavia, secondo quanto riportato dalla relazione tecnica, sono ad oggi utilizzabili 62,580 milioni di euro cumulati con il contributo quindicinale di 6,3 milioni di euro;
   nel mese di ottobre 2014 il consorzio di bonifica Vulture Alto Bradano ha fissato per lo stesso mese l'inizio dei lavori per l'esame della documentazione relativa alle operazioni di gara sospese ormai da oltre due anni;
   nel cosiddetto decreto-legge «destinazione Italia» il comma 1 dell'articolo 13 recitava: «Le assegnazioni disposte dal Cipe con le delibere n. 146 del 17 novembre 2006 e le assegnazioni disposte dalla delibera Cipe n.  33 del 13 maggio 2010 sono revocate», sancendo di fatto la revoca della delibera Cipe n. 146 contenente anche lo schema idrico lucano;
   successivamente il decreto-legge cosiddetto «sblocca Italia» ha ripristinato i finanziamenti per l'opera, ma con una scadenza stringente (31 dicembre 2014), pena l'annullamento del finanziamento che ne presupponeva una difficile attuazione di inizio lavori;
   l'assegnazione prevista per il 17 novembre 2014 non si è conclusa a causa di una contestazione sull'offerta vincente giudicata troppo a ribasso. La denuncia partita da una ditta di Ravenna riguarda la ditta D'Agostino costruzioni;
   nonostante il ricorso sulle anomalie del vincitore della gara presentato dalla ditta emiliana, il 29 dicembre 2014 la commissione giudicatrice ha dichiarato la D'Agostino costruzioni vincitrice per l'aggiudicazione provvisoria, motivando la stessa come un'offerta «congrua e ammissibile»;
   il giorno 7 aprile 2015 si è appreso a mezzo stampa che il commissario straordinario dei consorzi di bonifica lucani Giuseppe Musacchio ha ritenuto «carenti» i chiarimenti richiesti sull'offerta della ditta vincitrice D'Agostino costruzioni, «sfiduciando» i responsabili della gara da 58 milioni di euro;
   ad oggi i lavori sono bloccati e lasciano in sospeso le aspettative di cittadini ed agricoltori che attendono l'avvio di un'opera strettamente legata allo sviluppo del comparto agricolo e progettata per garantire un efficace utilizzo delle risorse idriche –:
   quali iniziative se del caso normative intenda porre in essere il Governo, alla luce di quanto emerso in premessa, per non vanificare i finanziamenti volti al completamento dello schema idrico Basento-Bradano per preservare il finanziamento dell'opera. (3-02822)
(27 febbraio 2017)
(ex 5-05372 del 16 aprile 2015)

E)

  CRISTIAN IANNUZZI. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
   la stazione di Minturno-Scauri serve un bacino di utenza che interessa diversi comuni (Minturno, Santi Cosma e Damiano, Castelforte e Spigno Saturnia), i cui complessivi abitanti ammontano a 34.027 (dati Istat al 1o gennaio 2016); a questi si aggiungono utenti provenienti dall'area settentrionale della regione Campania che, per motivi di lavoro, fanno capo a Roma, anziché a Napoli, e moltissimi residenti del comune di Formia, in particolare delle zone di Gianola e Santa Croce, probabilmente per la facilità di raggiungimento della stazione e per il servizio di parcheggio offerto;
   si apprende da fonti stampa che il treno 12276 delle ore 4,03 da Minturno-Scauri, per interventi di manutenzione sulla linea, nei giorni dal 2 novembre al 5 novembre 2016, inizia la sua corsa dalla stazione di Formia e che ai pendolari della stazione di Minturno è stato assicurato un servizio navetta per mezzo autobus gestito da Trenitalia che li raccoglie nel piazzale della stazione e li conduce a Formia;
   in seguito a numerose segnalazioni pervenute presso la federazione provinciale Confconsumatori, si veniva a conoscenza che il 2 novembre 2016 veniva inspiegabilmente soppresso il servizio autobus sostitutivo predisposto da Trenitalia per il treno delle ore 4,03. In particolare, alle ore 3,45 veniva diramato un annuncio tramite altoparlante dell'arrivo dell'autobus, ma, nonostante ciò, questo non giungeva. A questo punto i pendolari si recavano dal capo stazione di Minturno chiedendo spiegazioni e quest'ultimo, chiamato telefonicamente il capo stazione di Formia, chiedeva che il treno 12276 posticipasse la partenza alle 4,30, onde poter garantire ai pendolari il raggiungimento con mezzi propri della stazione di Formia. Quindi, i pendolari si recavano con le proprie autovetture presso la stazione di Formia con la certezza di trovare il treno fino alle 4,30, ma ivi giunti alle ore 4,25 appuravano che il treno 12276 era già partito;
   il 24 ottobre 2016 si è tenuto, presso la sede dell'assessorato ai trasporti della regione Lazio, l'incontro dell'Osservatorio regionale trasporti circa il cambio orari dicembre 2016 e l'illustrazione del nuovo contratto di servizio regione-Trenitalia. In sostanza, verranno migliorati gli standard qualitativi del trasporto regionale attraverso l'acquisto di nuove tipologie di treni e saranno previsti collegamenti diretti per Roma (e viceversa) solo ed esclusivamente con collegamenti dalla stazione di Formia, raggiungibile da Minturno con treni regionali provenienti da Napoli ai quali sono programmate coincidenza a distanza di 10 minuti;
   di conseguenza, la velocizzazione dei tempi di collegamento, sponsorizzata come uno degli obiettivi del nuovo orario, per i treni interessanti la stazione di Minturno Scauri non solo non ci sarà, ma sarà compromessa per i tempi di scambio a Formia laddove i ritardi facessero saltare le coincidenze. Inoltre, verranno soppressi i quattro regionali veloci ottenuti dopo anni di richieste e che per i pendolari costituiscono un traguardo importante, nonché tutti i treni che avevano origine e termine nella stazione di Minturno-Scauri, con l'aggravio di dover sempre provvedere al cambio presso la stazione di Formia per dirigersi verso nord –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per implementare e rendere più efficiente il sistema di trasporto ferroviario del Paese, con particolare attenzione alle esigenze di pendolari e alle tratte con maggiori criticità come quella sopra richiamata. (3-02818)
(27 febbraio 2017)
(ex 5-09958 del 3 novembre 2016)

  PAOLO NICOLÒ ROMANO. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
   da informazioni di stampa si apprende che Trenitalia ha presentato alla regione Lazio un nuovo piano orario della linea ferroviaria pontina (Roma-Latina-Minturno Scauri), che entrerà in vigore nel mese di dicembre 2016, tagliando quest'ultima stazione dal collegamento regionale diretto. Quella di Minturno-Scauri è infatti l'ultima stazione della regione Lazio al confine con la Campania;
   da quello che si apprende, per i cittadini e pendolari di Minturno-Scauri sarà una vera e propria via crucis arrivare a Roma, poiché i collegamenti con la capitale d'Italia e viceversa saranno garantiti esclusivamente dalla limitrofa stazione di Formia. In sintesi, le migliaia di pendolari e di utenti del servizio ferroviario dovranno recarsi alla stazione di Formia in autobus o con treni regionali provenienti da Napoli, che, rientranti nel contratto di servizio della regione Campania, assicurano il collegamento fino a Formia. Pertanto, il prosieguo successivo per Latina-Roma sarà garantito, a detta di Trenitalia, con «coincidenze» a distanza di 10/15 minuti. Analoga situazione per il ritorno;
   come è facilmente immaginabile la percorrenza Minturno-Roma verrà nella migliore delle ipotesi (avendo fede nelle dichiarazioni di Trenitalia) aumentata di 10/15 minuti, nella peggiore delle ipotesi, nel caso molto frequente di un ritardo del treno proveniente da Napoli, aumentata anche per più di un'ora per la necessità di attendere il collegamento successivo;
   ad aggravare ulteriormente la situazione è la decisione, nel nuovo piano orario, di ridurre i collegamenti per Roma da Formia. Ben quattro treni in meno nell'importante fascia oraria delle ore 07,00-08,00 oltre ai due tardo serali delle ore 22,01 e 23,06 utili per i lavoratori turnisti;
   a corollario di tutto anche il divieto imposto ai mezzi Cotral di raggiungere la stazione di Formia che, per assurdi lavori di riqualificazione della piazza e del parcheggio antistante, non dispone più di spazi di manovra e di aree di sosta atti a favorire una razionale circolazione degli autobus;
   tali notizie hanno messo in allarme i tantissimi cittadini e pendolari che usufruiscono quotidianamente della stazione Minturno-Scauri per raggiungere Roma. Una stazione ferroviaria, l'ultima del territorio laziale, che serve un bacino di utenza che interessa Minturno-Scauri e i comuni limitrofi quali Castelforte, Santi Cosma e Damiano, Spigno Saturnia, Coreno Ausonio, Ausonia e le stesse frazioni di Formia più prossime a Minturno. Insomma, una popolazione di quasi 100 mila persone tagliate fuori da un efficiente trasporto pubblico regionale –:
   se il Ministro interrogato sia informato di quanto in premessa e se non ritenga opportuno, nei limiti delle proprie competenze, assumere con urgenza ogni iniziativa utile per potenziare il servizio ferroviario su tutto il territorio nazionale, partendo dai territori, come quelli sopra indicati della regione Lazio, che sono già provati da gravi problematiche economiche e sociali. (3-02823)
(27 febbraio 2017)
(ex 4-14712 del 3 novembre 2016)

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