TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 787 di Martedì 2 maggio 2017

 
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MOZIONI IN MATERIA DI ROBOTICA ED INTELLIGENZA ARTIFICIALE

   La Camera,
   premesso che:
    negli anni recenti il progresso scientifico e tecnologico ha favorito la crescita della robotica e delle intelligenze artificiali applicate, dando origine ad una profonda innovazione nel mondo della produzione dei beni e servizi, con un ampio impatto atteso in molti settori, come, per esempio, la domotica, la medicina, la difesa, i servizi alle persone;
    nel 2014 la crescita della vendita dei robot è aumentata al 29 per cento, quasi il doppio della media degli anni precedenti e le richieste di brevetto per le tecnologie robotiche sono triplicate nel corso dell'ultimo decennio; ci si attende che nei prossimi anni saranno venduti circa 35 milioni di robot personali in tutto il mondo, per uso domestico, per i veicoli senza guidatore, per l'intrattenimento, l'educazione, l'assistenza sanitaria;
    entro il 2020 si prevede che il mercato mondiale avrà un valore di oltre 150 miliardi di dollari. A livello internazionale, l'Asia è il mercato a più alto tasso di crescita, la Cina ha superato da sola l'intera Europa. L'Italia, essendo il sesto Paese del mondo produttore di robot industriali e il secondo in Europa, ha un ruolo di leadership in termini di ricerca, innovazione e produzione;
    lo sviluppo e la crescita del settore della robotica e delle intelligenze artificiali avrà effetti dirompenti dal punto di vista dell'organizzazione del lavoro, con importanti conseguenze sull'occupazione, ma anche sullo stile di vita delle persone e molti analisti sottolineano che si stanno vivendo gli albori di una «quarta rivoluzione industriale»;
    la Commissione giuridica del Parlamento europeo ha approvato una bozza di risoluzione con la quale si chiede alla Commissione europea di definire un quadro giuridico comune in materia di robotica e intelligenza artificiale. La relazione della Commissione giuridica del Parlamento europeo propone, tra le altre cose, la creazione di un sistema di registrazione di robot avanzati e invita la Commissione europea a stabilire criteri per la classificazione dei robot per individuare quelli da sottoporre a registrazione; propone anche un codice etico-deontologico degli ingegneri robotici, un codice per i comitati etici di ricerca per il loro lavoro di revisione dei protocolli di robotica e modelli di licenze per progettisti e utenti; la creazione di un'agenzia europea per la robotica e l'intelligenza artificiale al fine di fornire le competenze tecniche, etiche e normative necessarie per sostenere gli attori pubblici pertinenti, a livello sia di Unione europea che di Stati membri; suggerisce di istituire un regime di responsabilità civile e di personalità giuridica per i robot più evoluti;
    altri Stati, quali gli Stati Uniti d'America, la Gran Bretagna, il Giappone, Cina e Corea del Sud, stanno prendendo in considerazione, e in una certa misura hanno già adottato, atti normativi in materia di robotica e intelligenza artificiale e alcuni Stati membri hanno iniziato a riflettere su possibili cambiamenti legislativi per tenere conto delle applicazioni emergenti di tali tecnologie;
    alcuni Ministeri hanno già posto nella loro agenda l'approfondimento di alcune tematiche legate allo sviluppo della robotica in alcuni settori, come, ad esempio, la progettazione di strade per le auto a guida autonoma,

impegna il Governo:

1) a favorire una linea comune tra i Ministeri nell'approccio allo sviluppo sostenibile della robotica, dell'intelligenza artificiale e della sicurezza informatica; a promuovere attività di formazione, ricerca e sviluppo nelle scuole, nelle università e nei centri di ricerca italiani di tali tecnologie e a sostenerne le applicazioni alla produzione industriale e ai servizi civili in imprese consolidate e a start up innovative, in linea con quanto emerso dall'indagine conoscitiva della Camera dei deputati su «Industria 4.0: quale modello applicare al tessuto industriale italiano. Strumenti per favorire la digitalizzazione delle filiere industriali nazionali» e in linea con il piano «Italia 4.0» del Governo, tenendo conto dei problemi aperti relativi al tema della cyber-security e della rilevanza etica e dell'impatto che tali tecnologie avranno sulla società e sul mondo del lavoro;

2) ad analizzare soluzioni alternative e innovative di welfare in merito agli effetti che lo sviluppo della robotica e dell'intelligenza artificiale avrà sull'occupazione.
(1-01508)
«Rosato, Carrozza, Basso, Coppola, Boccadutri, Quintarelli, Tancredi, Miotto, Zan, Giorgis, Senaldi, Misiani, Dell'Aringa, Braga, Cinzia Maria Fontana, Cardinale, Marantelli, Montroni, Parrini, Baruffi, Murer, Lenzi, Patriarca, Carnevali, Simoni, Lodolini, Borghi, Lattuca, Realacci, Giuliani, Fossati, Casellato, Monaco, Ribaudo, Schirò, Rostellato, Grassi, Fragomeli, Giovanna Sanna, Falcone, Rocchi, Piazzoni, Catalano, Venittelli, Taranto, Albanella, Bergonzi, Marco Di Maio, Amato, Gadda, Gnecchi, Tullo, Manfredi, Campana, Mognato, Taricco, Cominelli, Paola Boldrini, Paola Bragantini, Pinna, Fontanelli, Petrini, Carrescia, Mariani, Rampi, De Menech, Capone, Zampa, Moretto, Rubinato, Albini, Arlotti, D'Ottavio, Peluffo, Colaninno, Bruno Bossio, Vico, Amoddio, Gribaudo».
(13 febbraio 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    l'intelligenza artificiale (AI – Artificial Intelligence) crea continuamente nuovi mercati digitali che, a loro volta, possono liberare livelli di creatività, genio e produttività, con un impatto positivo sulla società. In questo modo si potrebbe raddoppiare il tasso di crescita delle economie sviluppate e aumentare la produttività del lavoro con incrementi fino al 40 per cento;
    ciò richiede però un'ampia riflessione sul modo di produrre, rafforzando i ruoli e competenze delle persone che guidano i processi di crescita e di sviluppo;
    sono già in atto nei prossimi tre anni investimenti significativi in tecnologie di intelligenza artificiale e il 31 per cento degli esperti impegnati nelle aziende a più elevato tasso di sviluppo dichiarano che la loro azienda sta pianificando il modo di utilizzare estensivamente gli studi sul comportamento dell'uomo per guidare lo sviluppo di nuove forme di customer experience entro lo stesso periodo;
    un numero elevato di imprenditori giovani e tecnologicamente evoluti prevedono di aumentare il ricorso, nella propria organizzazione, a freelance indipendenti entro il prossimo anno, per acquistare nuove competenze e maturare una nuova vision organizzativa per la propria azienda;
    cresce continuamente l'impatto del digitale nell'ambito delle diverse professioni e poco più del 50 per cento dei soggetti recentemente intervistati da Accenture (2015) pensa di rimanere nello stesso posto di lavoro per non più di cinque anni, mentre il 67 per cento vuole provare a lavorare autonomamente in futuro, proprio grazie alle nuove potenzialità offerte dalle nuove tecnologie robotiche;
    lo sviluppo delle nuove tecnologie si sta estendendo a macchia d'olio nei campi più diversi: dalla formazione alla domotica, dalla medicina, alla difesa; dai progetti nel campo dell'automazione industriale ai settori di trasporto sia in campo aerospaziale, che automotive/meccatronico; dai servizi alle persone all'utilizzo di robot di nuova generazione che è sempre più diffuso in ambito medico-chirurgico;
    ma mentre la tecnologia propone soluzioni sempre più innovative, i legislatori non riescono a stare al passo con i tempi. Non è sempre facile distinguere i livelli di responsabilità, ad esempio, se un braccio robotico va in tilt in sala operatoria, durante un intervento chirurgico;
    robotica ed intelligenza artificiale applicati alla teleriabilitazione hanno contribuito alla nascita dell'area della neuro-robotica, con lo sviluppo di piattaforme robotiche indispensabili per la ricerca di base in neuroscienze, di sistemi meccatronici per la diagnosi precoce di disturbi del neurosviluppo e di sistemi robotici indossabili ispirati al concetto innovativo di «structural embodied intelligence»;
    tra le questioni affrontate dalla commissione giuridica, istituita a livello della Commissione europea proprio su queste tematiche, i problemi tecno-scientifici mostrano importanti risvolti legali, ma anche etici, sociali ed economici; occorre definire non solo un sistema di registrazione di robot avanzati, ma anche un codice etico-deontologico per gli ingegneri robotici, un codice per i comitati etici di ricerca per il loro lavoro di revisione dei protocolli di robotica e nuovi modelli di licenze per progettisti e utenti;
    diventa sempre più urgente raggiungere livelli adeguati allo sviluppo tecnico-scientifico anche nel campo della formazione: studiare e applicare la robotica educativa non è importante soltanto per imparare a costruire o ad usare i robot, ma anche per imparare un metodo di ragionamento e sperimentazione, promuovendo attitudini creative negli studenti, compresa la loro capacità di comunicazione, cooperazione e lavoro di gruppo;
    nel 2015, la crescita della vendita dei robot si è raddoppiata rispetto alla media degli anni precedenti e i brevetti per le tecnologie robotiche si sono triplicate nell'ultimo decennio;
    l'Italia ha, nel campo della robotica, un ruolo di leadership in termini di ricerca, innovazione e produzione: è infatti il secondo Paese in Europa e il sesto al mondo come produttore di robot industriali;
    i Paesi più avanzati dell'Italia in questo campo, come ad esempio gli Stati Uniti d'America, la Gran Bretagna, il Giappone, Cina e Corea del Sud, in una certa misura, hanno già introdotto normative specifiche in materia di robotica e di intelligenza artificiale, o stanno innescando possibili cambiamenti legislativi per tenere conto delle applicazioni emergenti dall'uso di tali tecnologie;
    entro il 2020 si prevede che il mercato mondiale avrà un valore di oltre 150 miliardi di dollari, con una collocazione prevalente in Asia, soprattutto in Cina, dove l'impiego della robotica ha già superato l'intera Europa;
    lo sviluppo e la crescita del settore della robotica e delle intelligenze artificiali avrà effetti dirompenti dal punto di vista dell'organizzazione del lavoro, con importanti conseguenze sull'occupazione, ma anche sullo stile di vita delle persone, e molti analisti sottolineano che si stanno vivendo gli albori di una quarta rivoluzione industriale: la cosiddetta Industria 4.0,

impegna il Governo:

1) a favorire un approccio integrato tra i diversi Ministeri: dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca al Ministero dello sviluppo economico, dalla salute ai trasporti e alle infrastrutture, dalla difesa alla pubblica amministrazione, dall'economia al lavoro, per facilitare lo sviluppo della robotica, dell'intelligenza artificiale e della sicurezza informatica, secondo un modello di ricerca traslazionale, che permetta di superare quelle barriere e quegli steccati di tipo culturale che circoscrivono aree chiuse e non comunicanti tra di loro;

2) a promuovere attività di formazione, ricerca e sviluppo nelle scuole con riguardo a robotica e intelligenza artificiale, a cominciare dai primi livelli scolastici e con particolare attenzione alle problematiche della disabilità;

3) ad assumere iniziative per sviluppare nelle università e nei centri di ricerca italiani tecnologie ad alto livello di complessità, incoraggiando i giovani a trasformare in brevetti molte delle loro intuizioni, investendo soprattutto nei giovani ricercatori con opportuni incentivi che favoriscano il loro inserimento nei settori strategici del Paese;

4) a sostenerne le applicazioni delle nuove tecnologie alla produzione industriale e ai servizi civili, anche favorendo la nascita di start up innovative, che promuovano lo sviluppo complessivo delle aziende e favoriscano processi di cambiamento organizzativo a servizio dei cittadini;

5) ad approfondire i problemi relativi al tema della cyber-security e della rilevanza etica e dell'impatto che tali tecnologie avranno sulla società e sul mondo del lavoro, investendo energie significative nella formazione e nella riqualificazione professionale di soggetti che altrimenti resterebbero tagliati fuori da questo settore produttivo;

6) ad analizzare soluzioni alternative e innovative di welfare in merito agli effetti che lo sviluppo della robotica e dell'intelligenza artificiale avranno sulla domotica, consentendo ai soggetti più fragili di raggiungere un buon livello di autonomia personale e familiare attraverso soluzioni altamente innovative proprio per pazienti cronici e disabili, anziani, e altro;

7) a favorire a livello europeo proposte politiche che si traducano in una normativa capace di salvaguardare valori come: la dignità umana; la privacy, attraverso una corretta gestione dei dati personali; la sicurezza, evitando in ogni modo possibili manipolazioni; la non discriminazione, permettendo a tutti coloro che lo desiderano e ne hanno bisogno di accedere ai programmi che l'intelligenza artificiale consente di realizzare progressivamente; in altri termini contribuendo a creare una carta dei valori in robotica, di cui si parla da lungo tempo ma che non è ancora attiva.
(1-01558)
«Binetti, Buttiglione, Cera, De Mita, Pisicchio».
(27 marzo 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    il progresso tecnologico ha favorito la crescita dell'automazione, della robotica e delle cosiddette intelligenze artificiali;
    le nuove tecnologie sono applicate sempre più profondamente e organicamente ai sistemi produttivi, logistici e organizzativi, nonché a quelli di trasporto, andando progressivamente a svilupparsi e radicarsi nell'ambito dei servizi diretti alla persona;
    all'innovazione in senso stretto consegue un impatto in termini rigorosamente sociali e occupazionali, i cui trend e le cui prospettive destano preoccupazioni che necessitano di attenzione, analisi e soluzioni;
    con la risoluzione del Parlamento europeo n. 51 del 16 febbraio 2017 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica (2015/2103(INL)) si invita la Commissione europea ad avviare una fase di analisi e monitoraggio delle tendenze occupazionali, con particolare attenzione «alla creazione, alla dislocazione e alla perdita di posti di lavoro nei diversi campi/settori di qualifica, in modo da individuare i campi in cui vengono creati posti di lavoro e quelli in cui vengono persi a seguito dell'aumento dell'uso dei robot»;
    nella medesima risoluzione si richiede che la Commissione europea analizzi i diversi scenari possibili e le relative conseguenze sulla sostenibilità dei sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri anche in funzione dello sviluppo e della diffusione della robotica e dell'intelligenza artificiale;
    secondo gli esperti, un rischio concreto sarebbe rappresentato dal fatto che l'innovazione tecnologica comporterà sempre più un costo sociale in termini di riduzione dell'occupazione, con particolare impatto in quei settori ad alta intensità di capitale umano, tale per cui oggi i lavoratori impiegati in tali settori e quanti sono in attesa di collocazione risultano subire l'innovazione tecnologica invece di affrontarla e guidarla. A questo aspetto si aggiunge una progressiva sperequazione nella redistribuzione della ricchezza prodotta dai sistemi ad elevato sviluppo tecnologico;
    secondo quanto rilevato nella relazione Delvaux, da cui la richiamata risoluzione, «l'importanza della flessibilità delle competenze e delle capacità sociali, creative e digitali nell'ambito dell'istruzione» è tale che «oltre alle conoscenze accademiche impartite a scuola» è ormai necessario realizzare in via sistemica e strutturale percorsi di «apprendimento permanente»;
    in tal senso, la formazione in servizio può costituire un valido strumento di politica del lavoro volto a mitigare l'impatto dello sviluppo delle Information and Communication Technologies (ICT) in termini di riduzione dell'occupazione. D'altro canto, va rilevato come gli investimenti pubblici in questa direzione sono stati sempre molto deboli e comunque poco valorizzati nella pianificazione strategica e nella programmazione delle politiche pubbliche;
    serve sottolineare, ad esempio, come non esistano ricerche valutative commissionate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali che abbiano valutato l'indice di redditività del capitale investito (ROI) nella formazione continua finanziata dai fondi strutturali e dai fondi interprofessionali gestiti dalle parti sociali;
    parimenti, le stesse attività di ricerca pubblica che sono state svolte in questa direzione stentano ad avere un seguito applicativo o operativo né vengono valorizzate, a dimostrazione dello scarso se non nullo interesse da parte del decisore pubblico;
    val la pena richiamare l'esperienza del Sistema informativo sulle professioni che da anni l'ex Isfol, oggi Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (Inapp), sta implementando in partnership con l'Istat, integrando dati amministrativi e informazioni prodotti da una pluralità di istituzioni sui versanti dei settori di attività economica, del mercato del lavoro e dei sistemi professionali. Il sistema fornisce un panorama completo ed analitico di tutte le professioni esercitate nel nostro Paese, la loro consistenza occupazionale attuale e le tendenze a breve e medio termine del mercato professionale nonché, i trend di cambiamento delle loro competenze;
    a livello internazionale, diversi studi (a titolo esemplificativo si veda il rapporto Investing in the Care Economy) dimostrano come gli investimenti nel welfare, ovvero nelle infrastrutture sociali, oltre a innalzare il benessere generale della popolazione, genererebbe un incremento dell'occupazione, mitigando al contempo la flessione occupazionale indotta dal pervadere dell'automazione e della robotica. Tale aspetto, nel nostro Paese, risulta ancora poco esplorato dalla ricerca economica, laddove invece si necessiterebbe di ricerche sociali ed economiche capaci di «stimare» il ritorno in questa tipologia di investimenti;
    casi di studio, come quello della sperimentazione del reddito universale di base in atto in Finlandia su duemila cittadini, alcuni esperti del settore dell'innovazione tecnologica come il patron di Tesla, Elon Musk, e aziende che fanno dell'innovazione il proprio core business, come Google, promuovono l'idea, alla luce dell'impatto dello sviluppo tecnologico sull'occupazione, di disgiungere l'idea di fonte di sostentamento, ovvero di reddito, da quella di attività svolta, ovvero di lavoro. In questo solco, si sta sviluppando l'applicazione di un reddito di base non condizionato dallo status di attività. Si tratta di una misura di sostegno riconosciuta a tutti i cittadini maggiorenni indistintamente, senza alcun requisito particolare, predisposta nell'ottica di una revisione complessiva dei trattamenti assistenziali o sociali, che permane anche, in concomitanza con altre fonti di reddito, come quella da lavoro, proprio per garantire la completa autonomia e libertà dei cittadini dal «vincolo», in termini sociali ed economici, della ricerca e del mantenimento di un posto di lavoro, spesso accettato e difeso per necessità, oltre che per dovere, invece che per effettiva e autonoma scelta,

impegna il Governo:

1) a promuovere le opportune iniziative volte a informare e sensibilizzare i cittadini sull'evoluzione tecnologica applicata agli ambiti produttivi e ai servizi, nonché sulle nuove dinamiche e ricadute in termini socio-economici ad essa connesse, finalizzate a sviluppare maggiore consapevolezza nel Paese;

2) ad istituire un osservatorio nazionale, adeguatamente organizzato, in accordo con regioni e enti locali, per la rilevazione alla luce degli sviluppi della robotica e dell'intelligenza artificiale dei mutamenti dei sistemi economici e produttivi in termini di impatto sulle competenze delle figure professionali, al fine di:
   a) mappare adeguatamente quei «nuovi saperi» e adottare le conseguenti iniziative per sviluppare percorsi di formazione continua in modo da dotare chi già è occupato, così come chi è in attesa di collocazione, delle competenze necessarie – adeguate ai diversi livelli di specializzazione – per rispondere attivamente alle sfide dell'innovazione anziché subirle (fuoriuscita dal mercato);
   b) svolgere, in maniera sistematica, indagini specifiche, a livello territoriale, per profilare ciascuna realtà territoriale secondo le caratteristiche e dinamiche peculiari del tessuto economico locale;

3) ad assumere le opportune iniziative per dare concreta operatività al Sistema informativo sulle professioni, garantendone, nell'ambito del piano nazionale cui in premessa, i processi di manutenzione ed aggiornamento;

4) a promuovere lo sviluppo di un programma di formazione più specifico e tecnico all'interno delle scuole secondarie di secondo grado, delle università e dei centri di ricerca al fine di stimolare la nascita di nuove figure professionali e nuove imprese adeguate ad affrontare le sfide poste dalla quarta rivoluzione industriale, considerando gli impatti sul tessuto sociale che essa comporta;

5) ad assumere iniziative per potenziare le misure di incentivo alle imprese per l'assunzione di personale altamente qualificato e per l'impiego di strumenti fisici o digitali ad alto valore tecnologico al fine di realizzare prodotti innovativi;

6) a promuovere iniziative normative per favorire l'adeguamento degli strumenti contrattuali esistenti, rispetto all'impatto delle nuove tecnologie nel mondo del lavoro, anche attraverso iniziative volte a rimodulare progressivamente l'orario di lavoro al fine di migliorare la conciliazione tra la giornata lavorativa e la vita familiare e sociale;

7) ad adottare le opportune iniziative per definire e sviluppare un programma di investimenti nella cura, nell'istruzione e nella salute pubblici (cosiddette infrastrutture sociali), al fine di rafforzare la rete sociale a beneficio dei cittadini, nonché migliorare e omogeneizzare gli standard minimi di vita anche grazie alla redistribuzione della ricchezza prodotta dai sistemi produttivi con elevato ricorso all'automazione e alla robotica;

8) ad assumere le iniziative necessarie per avviare, anche in conseguenza degli effetti dello sviluppo della robotica, un programma di sperimentazione di forme di reddito di base incondizionato, analogamente a quanto già in atto in Finlandia, come richiamato in premessa.
(1-01559)
«Cominardi, Della Valle, Cecconi, Chimienti, Vallascas, Cancelleri, Ciprini, Crippa, Dall'Osso, Da Villa, Fantinati, Lombardi, Tripiedi, Caso».
(27 marzo 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni l'umanità si è trovata sulla soglia di un'era nella quale robot, androidi e altre manifestazioni dell'intelligenza artificiale sembrano sul punto di avviare una nuova rivoluzione industriale, suscettibile di toccare tutti gli strati sociali;
    il 2015 è stato un anno d'oro per la robotica, ma sarà nei prossimi anni che il settore conoscerà un boom senza precedenti, come ha confermato il rapporto «The future of jobs» presentato al World Economic Forum di Davos, secondo cui, entro il 2020, il valore complessivo del mercato dei robot raggiungerà 151,7 miliardi di dollari e a trainare le vendite per la prima volta non sarà il comparto industriale, ma quello dei robot per uso privato;
    in particolare, lo sviluppo tecnologico e la riduzione dei costi di produzione hanno permesso a robot sempre più sofisticati e intelligenti di penetrare in molti altri settori: da quelli più seri come la chirurgia, la difesa o l'assistenza a quelli più frivoli come l'intrattenimento e le pulizie;
    l'Italia è tra i primi Paesi al mondo nella produzione di robotica industriale, un settore che, nel 2014, è cresciuto globalmente del due per cento, con un guadagno di sessantaquattromila milioni di euro, e il contributo dell'Europa al raggiungimento del valore è stato secondo solo all'Asia, leader indiscussa del settore che a oggi è trainato dalla Cina;
    tale scenario in rapida evoluzione rende imprescindibile la necessità che la legislazione nazionale ne valuti attentamente le implicazioni e le conseguenze legali ed etiche, senza ostacolare l'innovazione;
    in particolare, occorre un nuovo quadro di norme che disciplini la diffusione e l'impiego di robot e intelligenza artificiale, soprattutto con riferimento ai settori più delicati: dalla responsabilità civile delle macchine all'impatto sul mercato del lavoro e ai risvolti etici, dalla privacy alla tutela dei dati acquisiti e trasmessi da tecnologie che invadono sempre di più la vita dei cittadini;
    la stessa Unione europea, consapevole di tali prospettive, ha approvato la recentissima risoluzione del 16 febbraio 2017 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica, partendo dalle preoccupazioni che l'avanzamento della robotica suscita sul piano sociale ed economico;
    se è vero, infatti, che la robotica e l'intelligenza artificiale potrebbero portare notevoli benefici in termini di efficienza e di risparmio economico anche in ambiti come quelli dei trasporti, dell'assistenza medica, dell'educazione e dell'agricoltura, è altrettanto vero che lo sviluppo di tale settore potrebbe comportare la sostituzione della macchina all'uomo in molti lavori, con ripercussioni negative sul piano dell'occupazione e per la sostenibilità dei sistemi di previdenza sociale;
    l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha calcolato che l'impatto diretto dei robot potrebbe mettere a rischio il dieci per cento dei posti di lavoro, ma spingerebbe alla modifica delle mansioni di almeno un terzo dei lavoratori, e uno dei compiti della classe politica e dirigente dovrebbe essere proprio quella di tracciare una prospettiva capace di conciliare il progresso tecnologico e quello sociale;
    sul piano istituzionale, il Parlamento chiede la creazione di un’«Agenzia europea per la robotica e l'intelligenza artificiale», che abbia il compito di fornire le competenze, anche giuridiche, necessarie per sostenere gli attori pubblici operanti nel settore;
    anche in questo settore il nostro Paese sembra silente, nonostante il Piano per l'Industry 4.0 promosso dal Ministro dello sviluppo economico e propugnato con grande entusiasmo politico-mediatico dal Governo pro tempore Renzi, che dovrebbe diventare operativo a breve;
    il piano, tuttavia, è stato pensato in termini esclusivamente fiscali, prevedendo un controvalore teorico di 13 miliardi di euro di incentivi in quattro anni, che, a loro volta, dovrebbero mobilitare 23 miliardi di euro di investimenti privati (10 in tecnologie più 11,3 in ricerca e sviluppo e 2,6 in venture capital e start-up), senza però una visione complessiva e lungimirante in termini di investimenti per la ricerca e lo sviluppo;
    l’Industry 4.0 avrà, invece, effetti enormi sulle dinamiche occupazionali, e nei prossimi anni centinaia di migliaia di lavoratori rischiano di essere espulsi dai processi produttivi, con scarse o nulle possibilità di reimpiego, mentre altri ancora, quelli che rimarranno, si vedranno probabilmente costretti ad affrontare percorsi di riqualificazione complessi e difficili, e per i nuovi saranno richieste competenze in buona parte diverse da quelle formate con l'attuale sistema universitario;
    secondo stime di Assinform, il quaranta per cento dei lavori che si svolgeranno nel mondo nei prossimi anni, oggi non esistono e tutto questo richiede politiche di sostegno al reddito e politiche attive per la formazione e la riqualificazione dei lavoratori. Nel suddetto piano c’è poco o nulla di tutto ciò;
    bisogna valutare certamente le opportunità, ma anche i rischi dell'evoluzione dell'intelligenza artificiale,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per promuovere la costituzione di un impianto regolatorio omogeneo in materia di robotica e intelligenza artificiale, favorendo altresì l'adozione di una linea comune tra i Ministeri nell'approccio alla tematica;

2) a favorire una politica di investimenti in ricerca e sviluppo in grado di fronteggiare la sfida dell’Industry 4.0, che richiede politiche industriali basate soprattutto sulla conoscenza, che rappresenta il vantaggio competitivo più importante;

3) a garantire un monitoraggio e una vigilanza costanti rispetto alle ripercussioni della nuova rivoluzione industriale sul mercato del lavoro e ad assumere iniziative per prevedere lo stanziamento degli investimenti necessari per evitare una crisi occupazionale, mantenendo costanti i saldi occupazionali attraverso politiche di ricollocamento dei lavoratori in esubero a causa del progresso della meccanizzazione dei processi produttivi, secondo una logica one to one in cui a ogni posto di lavoro perso ne corrisponda uno nuovo.
(1-01561)
«Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».
(28 marzo 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    le traiettorie dello sviluppo tecnologico ed industriale degli ultimi anni hanno coinciso con l'avanzamento del peso della robotica e dell'intelligenza artificiale in tutti i campi della produzione di beni e servizi;
    allo stato, i robot operativi in tutto il mondo sono 1,8 milioni. Ma, secondo le previsioni dell’International Federation of Robotics, entro il 2019, saranno 2,6 milioni solo nelle fabbriche, con l'Unione europea nel ruolo di leader mondiale di questa espansione, e se ne venderanno 42 milioni per uso personale e domestico. Insomma, robot aspirapolvere, tagliaerba, o per la pulizia delle finestre, saranno sempre più diffusi nelle case;
    come afferma uno studio recente pubblicato dalla Pricewaterhouse Coopers, nel giro di quindici anni, il 38 per cento dei posti di lavoro disponibili oggi negli Stati Uniti potrebbero essere presi da robot. Il fenomeno riguarda anche l'Europa e l'Asia, visto che in Germania l'automazione è avviata ad eliminare il 35 per cento dei posti, in Gran Bretagna il 30 per cento e il Giappone il 21 per cento;
    la differenza tra i vari Paesi si spiega – sempre secondo gli analisti della Pricewaterhouse Coopers – soprattutto con il livello di sviluppo ed istruzione. I lavori più a rischio, infatti, sono quelli che richiedono un livello inferiore di studio per essere svolti, e in America ce ne sono di più che in Asia e in Europa. I settori dove l'avvento dell'automazione sarà più massiccio sono quelli dell'ospitalità, i servizi alimentari, i trasporti e lo stoccaggio;
    un altro segno dell'importanza che il mercato e l'economia stanno assegnando alla robotica e all'intelligenza artificiale è dato dalle recenti stime legate alle operazioni di fusione e acquisizione nel mondo. Automazione industriale, telecomunicazioni, robotica: nell'anno 2016 hanno sfiorato i 700 miliardi di dollari. Non solo: in un anno di calo generalizzato delle operazioni di fusione e acquisizione (-19 per cento, secondo i dati di Mergermarket), il comparto tecnologico ha messo a segno una crescita delle operazioni del 3 per cento rispetto all'anno precedente. Nemmeno le utilities e l'energia hanno saputo fare meglio. Tra i Paesi che hanno saputo capitalizzare al meglio lo sprint in questi settori, c’è senza dubbio la Germania, dove in generale tali operazioni nel 2016 sono cresciuto del 27 per cento. La cinese Midea – che produce elettrodomestici – ha acquistato il 94,55 per cento di Kuka, specializzata in robot industriali, per circa 4,5 miliardi di euro. L'operazione Midea-Kuka, che è stata perfezionata soltanto nel gennaio 2017, è anche la più grande acquisizione fatta dai cinesi in terra tedesca;
    Alessandro Perego, direttore del dipartimento di ingegneria gestionale del Politecnico di Milano, sostiene che i lavori che l'intelligenza artificiale mette più a rischio sono quelli «ripetitivi, più probabilmente quelli cognitivi che quelli manuali». Come sostiene Perego: «Innanzitutto sarebbe più corretto parlare di Intelligenza Artificiale, di cui fanno parte anche i robot intesi come umanoidi, ma il vero tema è quello dell'automazione delle attività, tramite software in grado di fare operazioni con le caratteristiche dell'intelligenza umana. E le professioni più a rischio non sono quelle che tutti credono»;
    il segretario al Tesoro americano Mnuchin, ha detto che l'avvento dei robot è così lontano nel tempo da non essere neppure nel radar dell'amministrazione americana e che, comunque, quando avverrà l'automazione riguarderà i lavori che pagano meno;
    ma non tutti sono d'accordo con questa impostazione. Secondo una ricerca di Manpower Group dal titolo – «Skills Revolution» – presentata al World Economic Forum 2017 di Davos. La digitalizzazione e l'automazione del lavoro rappresentano un'opportunità. L'indagine, condotta tra 18.000 datori di lavoro in 43 Paesi del mondo, affronta il tema dell'impatto della digitalizzazione sull'occupazione e dello sviluppo di nuove competenze dei lavoratori. I risultati rivelano che, a livello mondiale, oltre il 90 per cento dei datori di lavoro intervistati prevede che la propria azienda verrà impattata dalla «quarta rivoluzione industriale» nei prossimi due anni, e che questo fattore influenzerà la caratterizzazione delle competenze dei lavoratori verso una sempre maggiore digitalizzazione, creatività, agilità e «learnability», l'attitudine a rimanere costantemente aggiornati e a continuare ad imparare. L'83 per cento del campione intervistato ritiene che l'automatizzazione e la digitalizzazione del lavoro faranno crescere il totale dei posti di lavoro. Inoltre, si prevede che questi cambiamenti avranno un impatto positivo sull'aggiornamento delle competenze dei lavoratori, rispetto al quale i datori di lavoro prevedono di implementare specifici programmi formativi nel prossimo futuro. Tra i 43 Paesi oggetto dell'indagine, è l'Italia ad aspettarsi il maggior incremento di nuovi posti di lavoro grazie alla quarta rivoluzione industriale al netto di un «upskilling», un aggiornamento delle competenze, con una creazione di nuovi posti di lavoro prevista tra il 31 per cento ed il 40 per cento;
    particolarmente meritevole di attenzione appare la proposta recentemente lanciata da Bill Gates, fondatore di Microsoft, di tassare i robot che svolgono lavori umani. «Al momento se un lavoratore umano guadagna 50.000 dollari lavorando in una fabbrica, il suo reddito è tassato. Se un robot svolge lo stesso lavoro dovrebbe essere tassato allo stesso livello», ha spiegato Gates, secondo il quale l'uso di robot può aiutare a liberare un numero maggiore di persone per altri tipi di lavoro, che solo gli esseri umani possono svolgere. Fra questi l'insegnamento, la cura degli anziani e delle persone con esigenze speciali. L'uso di robot «può generare profitti con risparmi sul costo del lavoro» e quindi i robot potrebbero pagare imposte minori di quelle umane, ma dovrebbero pagarle, ha detto il fondatore del colosso informatico;
    come segnala Vincenzo Visco, «la proposta di Bill Gates di tassare i robot non è quindi stravagante perché, se la base imponibile rappresentata dal lavoro si riduce, è inevitabile che il prelievo si indirizzi, prima o poi, verso altre fonti, anche con modalità inedite». Secondo il presidente di Nens, «se i robot vengono utilizzati dalle imprese che aumentano così i loro profitti, e se la quota dei profitti sul reddito nazionale cresce, è evidente che in futuro il maggior prelievo non potrebbe che riguardare i profitti crescenti, per esempio rendendo progressive le imposte sulle società. Più difficile immaginare un sistema in cui vengono individuati i singoli robot da colpire. È chiaro comunque che le nuove fonti di produzione di nuova ricchezza sono oggi internet (e non a caso si è parlato anche di una bit tax) e l'automazione. E sono attualmente quelli ignorati o addirittura incentivati e favoriti dalle normative fiscali esistenti»;
    una risoluzione recentemente approvata dal Parlamento europeo ha chiesto norme comunitarie nel campo della robotica, per far rispettare standard etici o per stabilire la responsabilità civile in caso di incidenti che coinvolgono un'auto senza conducente. I parlamentari europei hanno chiesto alla Commissione europea di proporre norme in materia di robotica e di intelligenza artificiale per sfruttarne appieno il potenziale economico e garantire un livello standard di sicurezza e protezione. La relatrice Mady Delvaux (del gruppo parlamentare dei socialisti e democratici) ha dichiarato: «Sono lieta per l'approvazione della mia relazione sulla robotica, ma mi rammarico che la coalizione di destra formata da Alde, Ppe e Ecr si sia rifiutata di prendere in considerazione le possibili conseguenze negative sul mercato del lavoro. La coalizione ha quindi rifiutato un dibattito aperto e lungimirante, ignorando le preoccupazioni dei nostri cittadini». La risoluzione è stata approvata con 396 voti in favore, 123 voti contrari e 85 astensioni. La Commissione non sarà obbligata a seguire le raccomandazioni del Parlamento, ma in caso di rifiuto dovrà indicarne i motivi,

impegna il Governo:

1) a promuovere iniziative, anche normative, volte all'istituzione di una cabina di regia a livello governativo per garantire un approccio onnicomprensivo allo sviluppo della robotica e dell'intelligenza artificiale all'interno della pubblica amministrazione, al fine di migliorare i servizi e le prestazioni al cittadino;

2) a favorire l'introduzione di programmi su scala nazionale per potenziare l'ecosistema tecnologico e industriale legato alla robotica e all'intelligenza artificiale, a partire dalle scuole e dalle università;

3) in linea con quanto individuato dalla relazione conclusiva deliberata al termine dell'indagine conoscitiva della Commissione attività produttive della Camera dei deputati, a rafforzare i modelli produttivi tendenti a valorizzare il ruolo della robotica e dell'intelligenza artificiale, anche sulla base del programma governativo Industria 4.0;

4) a valutare, di concerto con quanto già disposto a livello comunitario e, in particolare dal Parlamento europeo, l'introduzione di uno status giuridico specifico per i robot, con particolare riferimento ai profili etici e di responsabilità civile, nonché in ambito fiscale;

5) ad avviare iniziative, anche normative, per promuovere nuovi profili occupazionali legati all'innovazione tecnologica e che compensino le possibili conseguenze dello sviluppo della robotica e dell'intelligenza artificiale sul lavoro umano.
(1-01562)
«Ricciatti, Epifani, Ferrara, Roberta Agostini, Albini, Bersani, Franco Bordo, Bossa, Capodicasa, Cimbro, D'Attorre, Duranti, Fava, Folino, Fontanelli, Formisano, Fossati, Carlo Galli, Kronbichler, Laforgia, Leva, Martelli, Matarrelli, Melilla, Mognato, Murer, Nicchi, Giorgio Piccolo, Piras, Quaranta, Ragosta, Rostan, Sannicandro, Scotto, Speranza, Stumpo, Zaccagnini, Zappulla, Zaratti, Zoggia».
(28 marzo 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    nel 2015 si sono venduti 250.000 robot in tutto il mondo, di cui 100.000 nel solo settore dell’automotive;
    la comparsa dei primi robot industriali avviene intorno agli anni Settanta, in particolare nel settore dell’automotive, in applicazioni dove l'uomo opera in condizioni di pericolo e grande fatica fisica. Per più di 40 anni l'attenzione dei progettisti si è incentrata principalmente sulla sicurezza; solo da poco si è iniziato a parlare di «collaborazione» tra uomo e macchina e di «robot collaborativi», sulla spinta di coniugare la «potenza» e la «velocità» dei robot industriali, con i sensi e l'intelligenza umana, la nuova tendenza al prodotto pensato per il singolo cliente e la necessità di affiancare i robot all'uomo in nuove applicazioni nei settori della medicina, dell'agricoltura e dell'artigianato;
    come le tecnologie Information & Communication Technology (ICT) sono diventate parte della nostra vita quotidiana, anche la robotica può e ancor più potrà, giocare un ruolo importante nel miglioramento della qualità della vita, aggiungendo all'ICT la capacità di movimento e azione nel mondo reale;
    in questo settore, l'Italia è sempre stata all'avanguardia, anche in ambito industriale, dove le aziende italiane di automazione e robotica hanno avuto e continuano ad avere posizioni di rilievo, insieme a Germania, Giappone e Stati Uniti. Nella ricerca, l'Italia è tra i Paesi leader nella robotica di servizio, nella biorobotica e nella soft robotics;
    occorre che anche in Italia sia considerata una standard practice la collaborazione università-impresa, così come accade negli Stati Uniti, in Israele e in Germania, soprattutto in un contesto di crescente innovazione tecnologica che rischia di vedere depauperate le potenzialità che il nostro Paese indubbiamente possiede;
    nei primi mesi del 2017 partiranno 17 nuovi progetti selezionati dalla Commissione europea, nell'ambito dei finanziamenti «Horizon 2020» e di questi ben 5 saranno sviluppati da centri di ricerca italiani. I 17 progetti finanziati toccano ogni settore, dalla telemedicina di SmartSurg, alle piattaforme intelligenti per la sicurezza; quasi tutti i progetti scelti sono proiettati verso le applicazioni commerciali, volte a migliorare la qualità della vita e del lavoro;
    l'utilizzo delle tecnologie digitali per la produzione di beni fisici, la robotizzazione, la tecnologia cloud, l’Internet of Things, l'impiego di intelligenze artificiali e la flessibilizzazione del mercato del lavoro costituiscono, nel loro complesso, quella che è stata definita la rivoluzione dell'Industria 4.0, che, come tutte le rivoluzioni, determinerà notevoli cambiamenti sociali, a partire dal mercato del lavoro. La rivoluzione 4.0 è destinata a investire tutti i settori di mercato e le diverse aree aziendali, generando grandi opportunità;
    su quale sarà l'impatto sull'occupazione di Industria 4.0 gli esperti non sono concordi: mentre vi è una convergenza di opinioni su alcuni punti (i robot e l'intelligenza artificiale permeeranno in breve tempo ogni aspetto della nostra vita; l'attuale formazione scolastica e universitaria non sono in grado di preparare adeguatamente le persone per le sfide del prossimo decennio; occorre cogliere l'occasione per ripensare l'attuale concetto di lavoro), diversa è la valutazione dell'impatto sulla creazione di posti di lavoro;
    secondo il World Economic Forum, entro il 2020 a fronte di 7,1 milioni di posti di lavoro persi, ne saranno creati appena 2 milioni di nuovi e ciò a causa della digitalizzazione dei processi – smart manufacturing; d'altro canto, una ricerca condotta da Manpower Group tra 18.000 datori di lavoro in 43 Paesi del mondo, rileva che oltre il 90 per cento dei datori di lavoro intervistati prevede che la propria azienda verrà impattata dalla «quarta rivoluzione industriale» nei prossimi due anni, mentre l'83 per cento del campione ritiene che l'automatizzazione e la digitalizzazione del lavoro faranno crescere il totale dei posti di lavoro;
    in questa indagine, l'Italia si attende il maggior incremento di nuovi posti di lavoro, al netto di un «upskilling», con una creazione di nuovi posti di lavoro prevista tra il 31 per cento ed il 40 per cento. Meno ottimistiche appaiono le prospettive per i datori di lavoro di Germania, Francia, Finlandia, Svezia e Svizzera, secondo cui l'impatto potrebbe essere nullo o addirittura negativo (tra lo 0 e il -9 per cento);
    l'automazione è parte di un più ampio processo di innovazione che dovrebbe favorire la domanda e di conseguenza l'offerta in settori più svariati, alimentando quindi l'occupazione, sempre che si affronti in modo determinato quel «cambiamento culturale» che Industria 4.0 impone;
    industria 4.0 sicuramente potrà far ripartire investimenti e produttività in Italia, ma indispensabile è compiere sforzi adeguati per sostenere la nascita di una nuova generazione di lavoratori digitalizzati, sia formando persone con competenze tecniche, sia riqualificando coloro che stanno già lavorando, accompagnandoli con l'acquisizione di soft skill minimi di base, sia rafforzando gli interventi sulla formazione di competenze digitali nelle piccole e medie imprese;
    sempre secondo l'analisi del World Economic Forum, il 65 per cento dei bambini che iniziano oggi il loro ciclo di studi è destinato a trovare un lavoro che oggi ancora non esiste. Proprio per questo risulta fondamentale uno sforzo congiunto tra le piccole e medie imprese e il Governo per l'attuazione delle best practice, a partire dalla scuola e dall'università, e la creazione di centri di competenza;
    la legge di bilancio 2016 ha puntato sulla conferma e sul potenziamento degli incentivi agli investimenti, tuttavia, gli incentivi fiscali, in un tessuto industriale composto da molte piccole e medie imprese, riusciranno difficilmente a stimolare investimenti in ricerca e sviluppo, soprattutto in un clima ancora caratterizzato da forte incertezza;
    la previsione, inoltre, che per accedere all'iper-ammortamento, i beni, oltre ad essere funzionali alla trasformazione tecnologica delle imprese in ottica di Industria 4.0, debbano dimostrare di essere interconnessi al sistema di gestione aziendale, rischia di escludere buona parte delle piccole e medie imprese, che dovrebbero rivedere l'intero sistema informativo interno; gli incentivi fiscali previsti, incluso il super-ammortamento, si dimostrano quindi più adatti alle grandi imprese che non alle realtà di piccole dimensioni,

impegna il Governo:

1) a porre maggiore attenzione ai problemi che riguardano la piccola e media industria nel suo processo di passaggio a «Industria 4.0», in particolare prevedendo un piano industriale ragionato, basato su quello che l'Italia può e meglio sa fare, delineando una nuova Italia produttiva con le piccole e medie imprese come protagoniste;

2) ad assumere iniziative di competenza, volte a promuovere attività di formazione, ricerca e sviluppo nelle scuole, nelle università e nei centri di ricerca, favorendo la collaborazione università-impresa e prevedendo anche l'allocazione di maggiori risorse per la creazione dei centri di competenza.
(1-01571)
«Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».
(3 aprile 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    le tecnologie innovative, che soltanto fino a qualche anno fa erano relegate al mondo della fantascienza, sono oggi una realtà che sta prendendo sempre più spazio nell'industria dei maggiori Paesi ad economia avanzata, modificandone l'organizzazione ed il processo produttivo, tanto da segnare la nascita di una nuova era industriale;
    i dati delle vendite mondiali dei robot industriali nel 2015 confermano che il settore sta vivendo una fase di espansione, raggiungendo, come conferma il rapporto «The Future of jobs», presentato al World Economic Forum di Davos, gli oltre 150 miliardi di dollari nel 2020; già nei prossimi anni il settore industriale sarà supportato dalla crescente domanda di soluzioni che interessano altri comparti dalla medicina, alla difesa e ai servizi alla persona;
    un trend di sviluppo interessante della tecnologia è raggiunto nel settore dei robot collaborativi, ossia di applicazioni capaci di affiancare l'uomo nell'espletamento delle sue attività, nel quale, in Italia, operano aziende che vantano un ruolo di primo piano nel panorama mondiale, in cui sono oltre 4 mila le aziende attive nella produzione di robot o sono interessate nella filiera produttiva;
    in un anno, tra il 2014 e 2015, il numero dei finanziamenti a start-up e aziende di robotica è stato di circa 2 miliardi di dollari; sono state 31 le acquisizioni aziendali che, nel 2015, hanno prodotto un valore pari a 1,9 miliardi di dollari;
    l'Italia è il sesto mercato mondiale dei dispositivi robotici ed il secondo in Europa, con una leadership nei settori della ricerca e dell'innovazione. I centri di ricerca italiani in robotica rappresentano, infatti, dei poli di eccellenza a livello mondiale, il cui valore supera quello industriale, e sono tra i promotori dei più ambiziosi progetti di ricerca robotica in Europa;
    a livello internazionale, le aree che più stanno investendo nel settore sono le regioni asiatiche e dell'Oceano Pacifico, con un intervento del 65 per cento sugli investimenti totali a livello internazionale, pari a 46.8 miliardi di dollari che, entro il 2019, sarà vicino al raddoppio, segnando una significativa fase di sviluppo di questi Paesi;
    in tale scenario, l'Italia potrebbe avere un discreto successo nell'attuazione di iniziative finalizzate a rendere la tecnologia parte integrante del processo produttivo. L'ambizioso progetto «Industria 4.0» promosso dal Governo, che si propone, attraverso la sola leva fiscale, di rivoluzionare il tessuto industriale del Paese, è tuttavia destinato al fallimento se non inquadrato all'interno di una visione politica più ampia in cui il progresso tecnologico coesista con quello sociale e civile;
    la rivoluzione industriale 4.0 produrrà certamente effetti dirompenti per il tessuto economico del Paese, andando principalmente ad incidere sul mondo dell'occupazione;
    nei prossimi anni si stima, infatti, che saranno centinaia di migliaia i lavoratori espulsi dai processi produttivi, con possibilità scarse o addirittura nulle di essere reimpiegati, mentre coloro che rimarranno all'interno del processo produttivo sconteranno un gap formativo-culturale e di competenze non supportato dall'attuale formazione universitaria;
    secondo il direttore occupazione, lavoro e affari dell'Ocse «la situazione è allarmante, nei Paesi Ocse dal 45 al 60 per cento della forza lavoro, in Italia quasi il 50 per cento ha zero o scarse capacità informatiche. Per questo senza un piano sul lavoro 4.0 anche le grandi opportunità di industria 4.0 possono essere messe seriamente a rischio»;
    la stessa Ocse ha calcolato che l'impatto diretto della robotica sulle dinamiche occupazionali potrebbe mettere a rischio il dieci per cento dei posti lavoro e sposterebbe alla modifica delle mansioni almeno un terzo dei lavoratori;
    anche il citato rapporto «The Future of Jobs» stima che dal 2015 al 2020 si perderanno 5,1 milioni di posti di lavoro in tredici dei Paesi più industrializzati del mondo, tra cui l'Italia; anche se non esiste una correlazione diretta tra la perdita di posti di lavoro e l'avanzamento tecnologico, lo studio ritiene che l'automazione e lo sviluppo delle intelligenze artificiali siano tra i principali fattori responsabili;
    il costo sociale in termini occupazionali che l'innovazione tecnologica inevitabilmente comporterà potrebbe essere compensato da una tassazione sui robot che svolgono lavori umani; tale proposta, lungi dal voler essere demagogica, è stata lanciata anche di recente dal fondatore di Microsoft, Bill Gates, che ha dichiarato «Se gli operai che lavorano nelle industrie guadagnano mediamente 50 mila dollari l'anno, e il loro reddito è regolarmente tassato, anche il lavoro svolto direttamente dai robot dovrebbe essere tassato allo stesso modo». L'uso di robot «può generare profitti con risparmi sul costo del lavoro» e quindi i robot potrebbero pagare imposte minori di quelle umane, ma dovrebbero pagarle. «Non ritengo che le aziende che producono robot si arrabbierebbero se fosse imposta una tassa»;
    le occupazioni più a rischio in quanto più sostituibili dai robot, peraltro, sono quelle meno retribuite e, secondo critici e osservatori, il rischio conseguente è l'ampliamento del divario fra poveri e ricchi;
    in Europa, è stata recentemente approvata una risoluzione in materia di norme di diritto civile sulla robotica che raccomanda l'adozione un quadro di norme comunitarie per disciplinare l'impiego dei robot nella vita reale, soprattutto sotto gli aspetti della responsabilità civile delle macchine e dell'impatto sul mercato del lavoro e sulla privacy;
    il tema è estremamente delicato e merita, quindi, attenzione da parte delle istituzioni nazionali ed europee, soprattutto per quanto concerne l'impatto che l'ascesa delle tecnologie artificiali ha sulla riorganizzazione dei processi produttivi e sull'occupazione,

impegna il Governo:

1) ad assumere le necessarie iniziative affinché lo sviluppo della robotica in Italia avvenga in un contesto normativo univoco e concertato tra tutti soggetti a vari livelli interessati;

2) a presentare al Parlamento una relazione per la valutazione di rischi ed opportunità che lo sviluppo del settore della robotica e dell'intelligenza artificiale può generare per l'economia del nostro Paese;

3) a monitorare l'impatto che il progressivo impiego delle tecnologie artificiali genera sul mercato del lavoro e a prevedere l'adozione di idonee misure, anche di natura fiscale, tese alla salvaguardia degli standard di welfare, necessarie per scongiurare una crisi occupazionale, considerando anche l'opportunità della creazione di specifici percorsi formativi per la riqualificazione dei lavoratori;

4) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte ad implementare la formazione scolastica delle scuole secondarie di secondo grado e quella universitaria al fine di favorire la nascita di nuove figure professionali idonee alle competenze richieste dalla quarta rivoluzione industriale ed in possesso degli opportuni skills;

5) a sostenere, in questa fase di transizione verso un'economia altamente innovativa e digitalizzata le micro e piccole imprese nel rinnovamento dei loro processi produttivi, integrandoli con quella parte del sistema industriale già interconnessa, quale presupposto per lo sviluppo di una strategia che miri alla più ampia diffusione delle tecnologie avanzate.
(1-01607)
«Allasia, Simonetti, Fedriga, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini».
(19 aprile 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    nel 2008 è iniziata una fase di crisi che, pur riducendo il proprio impatto, non si è conclusa. La sua natura è strutturale e collegata a diverse cause. Di fatto, questa crisi ha evidenziato un cambiamento in atto, sempre più importante e dagli effetti più diffusi, nel modo di produrre, consumare, acquistare beni e servizi;
    questo cambiamento è dovuto a trasformazioni introdotte da innovazioni scientifiche e tecnologiche che influenzano la vita delle persone, in particolare le loro abitudini e i loro comportamenti. Di conseguenza, è cambiato, e sta ancora cambiando, in questi anni, lo scenario economico, sociale e persino culturale;
    una progressiva accelerazione dell'innovazione può tendere a rendere le figure professionali inadeguate nel tempo sia per la rapida obsolescenza delle competenze stesse, sia perché i compiti svolti sono parzialmente automatizzati;
    una recente ricerca dell'Ocse sul futuro del lavoro indica che in Italia il 9,6 per cento dei lavori sono caratterizzati da mansioni con una probabilità di elevata automazione ed un 34 per cento con una probabilità media di automazione che comporti cambiamenti significativi nelle mansioni svolte;
    questo fenomeno rischia di rendere subottimale ai fini della contribuzione al bene comune risorse umane importanti oltre a porre alla società, nel suo insieme, il problema del sostentamento e del welfare per queste ultime;
    l'attuale formazione prevede dei momenti della vita, nei quali una persona si forma e quelli nei quali lavora, formalmente strettamente demarcati. La formazione scolare, seguita poi da un'attività lavorativa più o meno lunga e da ulteriori eventi di formazione occasionali. La formazione in generale specializza la persona; una specializzazione che diviene parte dell'identità stessa della persona. Ciò fa sì che, una volta che la professionalità diventa obsoleta, la persona entri in crisi e si senta inutile e obsoleta a sua volta. Questo paradigma potrebbe non essere più attuale se si ipotizza verosimile che le persone, per poter stare al passo con l'accelerazione nel cambiamento che si intravede, debbano alternare nella loro vita, frequentemente, periodi di istruzione a periodi di attività lavorativa, il cosiddetto «lifelong learning» al quale il nostro sistema scolare non è preparato;
    dalla già citata ricerca dell'Ocse, emerge che in Italia, tra le persone con minore competenze per affrontare lavori a base tecnologica, solo l'8 per cento delle persone in età lavorativa partecipa a corsi di formazione;
    con insistenza si sente parlare di come intelligenza artificiale e robot possano trasformare e trasformeranno il mondo del lavoro (sia nella produzione che nel commercio);
    grazie agli sviluppi dell'elettronica e dell'intelligenza artificiale, l'automazione di attività ripetitive, sia nella manipolazione di oggetti materiali, con robot nelle fabbriche, che di manipolazione di oggetti immateriali, con infobot negli uffici, riguarderà settori progressivamente sempre più ampi dell'economia;
    l'automazione si basa sull'adozione e sulla diffusione della tecnologia; mentre alcuni lavori scompaiono, nuovi lavori sono creati direttamente e indirettamente dallo sviluppo tecnologico; tali lavori non rimpiazzano necessariamente quelli vecchi, ma sono accompagnati da un forte effetto moltiplicatore e da un aumento della produttività, essenziale per il nostro Paese con una produttività ferma da decenni;
    lo sviluppo tecnologico, inoltre, presenta prospettive che possono portare benefici alla salute, alla comunicazione, all'inclusione sociale ed al welfare, alla lotta alla fame se inserito nel quadro di politiche e strategie che riportano l'area del possibile all'interno di una visione di futuro;
    recentemente, è emersa nel dibattito internazionale la possibilità di applicare una tassa sui robot, provvedimento difficile da definire nel merito dell'applicazione e potenzialmente dannoso negli effetti in quanto tassa sugli investimenti quindi recessiva;
    non è una questione di mercato, ma di prospettiva della società, dove i sistemi continentali (più di quelli nazionali) possono interpretare un ruolo, se capaci di indicare strategie di sviluppo che generino valore e sappiano distribuirlo;
    si parla di una quarta rivoluzione industriale, dove l'automazione, internet delle cose, una diversa organizzazione delle filiere e dei rapporti tra imprese, consentirà a imprese «virtuose» di trascinare e guidare la crescita economica;
    questo «piano» è parte della strategia complessiva, la anticipa, ma allo stesso tempo evidenzia come ci siano molti aspetti, ricadute, precondizioni che richiedono una riflessione e la costruzione di strumenti e politiche per far sì che una rivoluzione tecnologica trovi corrispondenza nell'evoluzione sociale e nelle politiche nazionali ed europee;
    l'Europa, all'inizio del millennio, ha definito la propria strategia, indicando nella «Società della Conoscenza» il proprio specifico asset nel mercato globale. Questo significa che i Paesi europei riconoscono che il capitale umano e il fattore umano sono elementi su cui investire rispetto ad altri sistemi che hanno puntato, per esempio, sul costo del lavoro come leva di sviluppo. Le imprese europee, quelle sopravvissute al trauma di una competizione con sistemi con un costo del lavoro imparagonabile al nostro, hanno innovato e compreso che l'innovazione, è una leva su cui investire e attraverso la quale competere. Lo hanno fatto anche medie imprese e iniziano a farlo le reti di imprese più piccole;
    tuttavia, di fronte a questa rivoluzione, che aumenterà l'importanza di robot e intelligenza artificiale, non solo nella produzione di beni, ma soprattutto nello scambio e nell'erogazione di servizi, la politica ha il compito di interrogarsi e di prospettare scenari, definire strategie e priorità perché il mondo del lavoro, gli investimenti, il welfare possono trovare opportunità di miglioramento ed evitare rischi di impoverimento o emarginazione;
    è indispensabile attivarsi per raccogliere informazioni, dati, progetti, iniziative, proposte che consentano di definire il quadro per arrivare a promuovere politiche su alcune aree strategiche, dove le norme possano accompagnare un cambiamento virtuoso: la scuola, l'università, la ricerca, i trasporti, la comunicazione, la sicurezza informatica (solo per citare i più sensibili e diretti);
    è necessaria un'attenta analisi delle forme e delle regole del lavoro, dal momento che anche il mondo del lavoro, delle professioni, dei tempi e delle modalità di lavoro si trasformerà, così come mostrano alcuni fenomeni riscontrati in questi anni e interpretati con concezioni e regole del passato;
    va valutato l'aspetto economico e fiscale dell'impatto di una trasformazione della produzione con una forte automazione, in modo che la produzione di ricchezza sia accompagnata anche da un modello di ridistribuzione del valore generato;
    va anche considerato il fenomeno che porta le aziende, per poter meglio gestire il rischio derivato da un cambiamento sempre più vorticoso, abilitate da tecnologie di automazione del coordinamento sempre più evolute, a diventare «elastiche» ovvero a distribuire il rischio di impresa su tutto il proprio ecosistema: fornitori, partner, lavoratori. Questo tipo di impresa, in rapida diffusione, richiede un cambiamento di paradigma nella logica di protezione della persona che oggi avviene di fatto attraverso il posto di lavoro; è imperativo che altre forme vengano identificate per il futuro. Questo modello impone, inoltre, una maggiore necessità per i lavoratori di acquisire competenze di tipo imprenditoriale, obiettivo che il sistema scolare attuale non riesce a gestire;
    le premesse qui esposte lasciano aperto il campo delle possibilità, che oscilla tra rischi e opportunità,

impegna il Governo:

1) a costituire un osservatorio interministeriale, coinvolgendo i Ministeri competenti, che effettui monitoraggi, raccolte di dati ed analisi quantitative e qualitative circa l'adozione di sistemi robotici e di intelligenza artificiale, misurandone gli effetti sulla produttività e sull'occupazione e che proponga periodicamente misure ed interventi per massimizzare i benefici, mitigando gli effetti negativi;

2) a proporre nuovi strumenti e istituti per il lavoro, alla luce di uno scenario di dematerializzazione del lavoro che riduce il suo legame con i tradizionali tempi e luoghi di prestazione, e dell'incremento del lavoro autonomo;

3) ad affrontare il tema di un nuovo sistema di allocazione/riallocazione/formazione delle risorse umane che sia anche molto più attento ai percorsi imprenditoriali, considerando:
   a) l'imprenditorialità e l'incubazione di impresa a tutti gli effetti un percorso formativo tra quelli istituzionalizzati;
   b) la necessità di potenziare e rendere flessibile il sistema della formazione, puntando soprattutto su imprenditorialità, sulla risoluzione dei problemi, competenze trasversali e conoscenza della tecnologia per facilitare la nascita di nuove attività economiche ed il reimpiego delle persone;
   c) la necessità di promuovere l'apertura del sistema della formazione pubblica al mercato, favorendo l'accesso agile all'enorme quantità di offerta formativa che l'innovazione e le tecnologie stanno portando;
   d) la rivalutazione del ruolo tradizionalmente svolto da albi professionali e di nuove forme di intermediazione algoritmica da parte di piattaforme digitali;

4) a promuovere attività di studio, programmazione e incentivazione di nuove forme di welfare e previdenza, che possano accompagnare le attuali e le prossime generazioni di giovani, attraverso prime sperimentazioni di ridistribuzione del valore generato dalle migliori e più avanzate pratiche di Industria 4.0;

5) a realizzare un libro bianco di proposte in materia che riguardino i diversi Ministeri competenti, nell'ottica di un Piano nazionale per le sfide proposte dalla quarta rivoluzione industriale, considerato che l'Italia è il secondo Paese manifatturiero dell'Unione europea;

6) a promuovere, a livello europeo, un dibattito per la definizione di una proposta organica di una politica europea su questi temi per nuovi obiettivi chiave per i prossimi dieci anni.
(1-01608)
«Catalano, Quintarelli, Monchiero, Molea, Galgano, Menorello, Oliaro, Vargiu».
(19 aprile 2017)

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