TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 798 di Mercoledì 17 maggio 2017

 
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   LAFORGIA, SPERANZA, SCOTTO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, FRANCO BORDO, BERSANI, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MARTELLI, MATARRELLI, MELILLA, MOGNATO, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, RICCIATTI, ROSTAN, SANNICANDRO, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. – Per sapere – premesso che:
   le rivelazioni del libro di Ferruccio De Bortoli «Poteri forti o quasi», sul diretto interessamento della Sottosegretaria, onorevole Maria Elena Boschi, all'epoca dei fatti Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, per l'acquisizione da parte di Unicredit di Banca Etruria appaiono di eccezionale gravità, in quanto la tutela del risparmio, a Costituzione vigente, si fonda sul principio della salvaguardia del rapporto di trasparenza e fiducia tra mercato e cittadini. Fattore essenziale per il buon funzionamento del sistema bancario è, infatti, la fiducia che deve considerarsi un bene pubblico;
   secondo De Bortoli l'onorevole Boschi chiese a Ghizzoni di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria e Ghizzoni – che rivestiva la carica di amministratore delegato di Unicredit – commissionò una verifica sulla fattibilità dell'operazione di cui, come noto, non si fece più nulla;
   tale notizia, ad oggi non smentita chiaramente dall'ex amministratore delegato Unicredit Ghizzoni, dall'ex Presidente del Consiglio dei ministri Renzi e, sorprendentemente, da tutto il Partito democratico, che dovrebbe avere a cuore la credibilità e l'onorabilità del Governo di cui è espressione, stride pesantemente con quanto dichiarato dalla stessa Boschi in Parlamento nel dicembre 2015, in occasione della votazione della mozione di sfiducia: «mi si dica se sono mai venuta meno ai miei doveri istituzionali e sarò la prima a lasciare. Mi si dica e mi si dimostri che ho in qualche modo favorito la mia famiglia e non aspetterò nemmeno l'esito del voto»;
   l'interessamento da parte di un esponente di spicco anche dell'attuale Governo e titolare di un ruolo strategico per quanto concerne la nomina di vertici delle società partecipate pubbliche suscita gravi perplessità ad avviso degli interroganti, anche alla luce di quanto disposto dalla normativa che regola le operazioni per i soggetti in conflitto di interesse, considerato che il padre dell'onorevole Boschi, all'epoca dei fatti, era il vice presidente di Banca Etruria, fattispecie giuridica ricadente nella categoria «stretti familiari» di cui alla circolare n. 263 del 27 dicembre 2006 della Banca d'Italia, che stabilisce precise disposizioni sui conflitti di interesse nei confronti di soggetti collegati –:
   quali elementi si intendano fornire alla luce di quanto indicato in premessa e se non sia maturato in seno al Governo il convincimento di chiedere all'onorevole Boschi di rassegnare le proprie dimissioni dal suo incarico in considerazione della salvaguardia del sistema bancario, già duramente messo a repentaglio da una crisi che rischia di indebolire ulteriormente il principio della fiducia nel sistema e acuire lo strisciante sentimento di «anti-Stato» nei confronti delle istituzioni. (3-03020)
(16 maggio 2017)

   MARCON, AIRAUDO, BRIGNONE, CIVATI, COSTANTINO, DANIELE FARINA, FASSINA, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, ANDREA MAESTRI, PALAZZOTTO, PANNARALE, PAGLIA, PASTORINO, PELLEGRINO e PLACIDO. — Al Ministro della difesa. – Per sapere – premesso che:
   l'11 ottobre 2013 a 60 miglia da Lampedusa ci fu un naufragio in cui morirono 268 siriani, di cui 60 erano bambini. Tutte queste vite potevano essere salvate se l'Italia non avesse «nascosto» la nave Libra-P402, che, trovandosi più vicina di ogni altra al luogo in cui stava per compiersi il naufragio, sarebbe potuta intervenire in tempo utile;
   così facendo l'Italia ha violato l'obbligo di salvataggio di vite umane in mare che è alla base di tutte le leggi nazionali e internazionali della navigazione;
   come ricostruito da Fabrizio Gatti su l'Espresso e la Repubblica il myday fu raccolto dalla Guardia costiera (Mrcc Roma) alle ore 12.26 e l'Italia ha tenuto il coordinamento dei soccorsi fino a un'ora compresa tra le 14.34 e le 15.12, quando è passato a Malta;
   il myday era chiarissimo e grave: il barcone aveva il motore in avaria e aveva imbarcato già 50 centimetri di acqua; c'erano bambini feriti;
   la Mrcc in tutte le comunicazioni intercorse con il Comando della Marina militare (Cincav) e con la Marina militare di Malta (Rcc) tacque la circostanza che il barcone imbarcava acqua e affondava; al Cincav tacque l'avaria del motore; alle autorità maltesi sia Mrcc Roma sia il Cincav non comunicarono mai l'esatta posizione della Libra;
   alle 15.37, dopo oltre tre ore dal primo myday, il capo sezione attività correnti della sala operativa del Cincav ordinò all'ufficiale di servizio della centrale operativa aeronavale del medesimo Cincav di far allontanare la nave Libra, distante solo un'ora di navigazione dal barcone, perché si nascondesse alle motovedette maltesi e così la Libra addirittura si allontanò nella direzione opposta al punto dell'emergenza;
   dalla Libra non venne inviato neanche l'elicottero per verificare la reale situazione di pericolo;
   quando l'autorità maltese scoprì la presenza e la vicinanza della Libra, ne chiese ripetutamente l'impiego via fax e telefonicamente, ma Mrcc Roma e Cincav espressero diniego, almeno fino alle 17.04, quando ormai è troppo tardi, poiché il barcone si rovesciò alle 17.07;
   le richieste di archiviazione delle procure di Roma e Agrigento sono state doverosamente impugnate per la mancata considerazione di tutti gli elementi emersi, ma vi sono anche responsabilità che devono verificare i Corpi coinvolti –:
   essendo chiara, a parere degli interroganti, la violazione delle leggi del mare, quali iniziative di competenza intenda assumere verso i responsabili della perdita di tante vite. (3-03021)
(16 maggio 2017)

   SCOPELLITI. — Al Ministro della difesa. – Per sapere – premesso che:
   il Ministro interrogato nei giorni scorsi ha ritenuto di considerare la possibilità di introdurre un periodo obbligatorio di servizio civile per formare i giovani con competenze che vadano dalla sicurezza sociale fino alla protezione sociale;
   secondo quanto riportato dalla stampa, l'idea sarebbe quella di una legge per dare vita ad una sorta di ferma obbligatoria per utilizzare i giovani in ambiti di sicurezza sociale. Il tema del servizio civile si è riaperto anche in altri Paesi europei, come la Svezia e la Francia;
   il servizio civile, oggi volontario, è uno dei temi della riforma del terzo settore con l'obiettivo di permettere a tutti i giovani di svolgerlo. La riforma approvata non punta quindi all'obbligo, ma all'universalità;
   la proposta sta sollevando un dibattito complesso e «sentito» nel Paese, in particolare fra i giovani;
   numerose e complesse risultano le problematiche legate alla realizzazione di un tale progetto, proprio per la rilevante mole di questioni socio-economiche ad esso collegate;
   questioni di tale portata richiedono studi, confronti, valutazioni profonde e meditate –:
   se il Governo non intenda chiarire in maniera inequivocabile i termini di un tema i cui contorni e la cui importanza non possono essere affidati ad un semplice dibattito mediatico. (3-03022)
(16 maggio 2017)

   STELLA BIANCHI, BORGHI, BERGONZI, BRAGA, BRATTI, CARRESCIA, COMINELLI, DE MENECH, GADDA, GINOBLE, TINO IANNUZZI, MANFREDI, MARIANI, MARRONI, MASSA, MAZZOLI, MORASSUT, REALACCI, GIOVANNA SANNA, VALIANTE, ZARDINI, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   il comune di Roma vive da settimane una situazione di forte criticità nella gestione dei rifiuti con evidente degrado per la città e disagio per i cittadini ed è sull'orlo di una seria emergenza per la fragilità estrema del sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti;
   la chiusura della discarica di Malagrotta nel 2013 ha reso non più rinviabile la costruzione di impianti per il trattamento dei rifiuti adeguati a costruire un ordinato ciclo di gestione dei rifiuti e a garantire a Roma la necessaria autonomia;
   al momento tali impianti ancora mancano: il sistema romano è di fatto obsoleto, fondato su impianti di trattamento meccanico biologico che producono rifiuti da rifiuti; da Roma partono ogni giorno oltre 160 tir verso 8 diverse regioni italiane e 55 siti differenti;
   la giunta presieduta dalla sindaca Raggi ha presentato il 5 aprile 2017 un piano per i rifiuti che non dà soluzioni concrete e sostenibili e non ha ancora presentato un piano per la realizzazione di impianti adeguati in termini di volumi a trattare i rifiuti di Roma, limitandosi a cancellare di fatto i piani per la realizzazione di quattro ecodistretti programmati in precedenza;
   è del 15 maggio 2017 la nomina del nuovo amministratore delegato e presidente di Ama, il quarto nell'arco di undici mesi; solo con un accesso agli atti chiesto dalle consigliere comunali Baglio e Piccolo è stato possibile avere copia del piano industriale di Ama, approvato il 4 maggio 2017 dall'avvocato Giglio, amministratore esautorato il 15 maggio 2017; il piano non contiene gli investimenti necessari a realizzare impianti adeguati e limita di fatto la capacità gestionale della società pubblica Ama, di fatto a vantaggio di altri operatori, anche privati;
   nel fabbisogno indicato dalla regione Lazio risulta la necessità di una discarica di servizio per Roma, ma continua a mancare l'indicazione dell'area;
   Roma fa affidamento in questi mesi su un trasferimento di rifiuti indifferenziati verso l'Austria, giustificato nel suo avvio con la necessità di tempo per programmare e realizzare la rete degli impianti necessari al trattamento dei rifiuti che è stata però bloccata dalla giunta Raggi senza alcuna valida sostituzione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di piani comunali che garantiscano una gestione sostenibile e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per scongiurare il rischio di una seria emergenza rifiuti nella capitale. (3-03023)
(16 maggio 2017)

   GALGANO. — Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   quello di Lidia Vivoli, 45enne palermitana, ex hostess di Wind Jet, è un femminicidio mancato. Il 25 giugno 2012 il suo compagno di allora l'ha quasi uccisa, cavandosela con una condanna piuttosto lieve (quattro anni e 6 mesi), considerata la gravità delle accuse (tentato omicidio e sequestro di persona), grazie al patteggiamento;
   Lidia trova il coraggio di andare dai carabinieri e di raccontare tutte le violenze subite. Ma la denuncia non è sufficiente per liberarsi di quell'incubo. «Cinque mesi dopo l'arresto ottenne i domiciliari – ricorda la donna – e cominciò a mandarmi messaggi su Facebook. Un giorno me lo ritrovai davanti. Mi disse che voleva tornare con me, che lo stavo rovinando, che me l'avrebbe fatta pagare»;
   l'uomo torna dietro le sbarre per avere evaso i domiciliari, ma ormai la sua pena sta per scadere. E l'ex hostess è terrorizzata all'idea che lui torni a cercarla per ucciderla;
   lei vive nel palermitano, a Bagheria, lui a Terrasini ad appena 50 chilometri di distanza. La 45enne si è ricostruita una vita, ma ora che il suo aguzzino sta per essere rilasciato, però, si sente abbandonata dallo Stato;
   Lidia non sa nemmeno in che giorno esatto l'ex compagno verrà rimesso in libertà. «Visto che le vittime non hanno diritto nemmeno a sapere quando esce il proprio aguzzino, dobbiamo essere noi a fare i conteggi – si lamenta la donna –. Lui è stato condannato a 4 anni e 6 mesi e la sua pena teoricamente finisce a novembre. Considerando però i premi di 45 giorni ogni sei mesi e una probabile penalizzazione per un'evasione dai domiciliari, prevedo che torni libero tra maggio e luglio»;
   Lidia non si dà pace e chiede di non essere lasciata sola, ma le istituzioni sembrano non ascoltarla;
   l'ordinamento non prevede, in questa fase, alcun divieto di avvicinarsi alla persona offesa ed ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima –:
   se il Ministro interrogato non intenda adottare rapide e opportune iniziative finalizzate a colmare il vulnus normativo denunciato in premessa e rendere più efficiente e preparato il sistema giudiziario nella protezione delle donne vittime di tali efferate violenze (una volta che l'assalitore, scontata la pena e rimesso in libertà, torna ad essere una potenziale minaccia per le stesse che potrebbero non scamparla una seconda volta), equiparandole a quelle di mafia e terrorismo. (3-03024)
(16 maggio 2017)

   ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   il 30 marzo 2017 il portale «Servizi online uffici giudiziari» del Ministero della giustizia ha diramato un comunicato dal titolo «Rallentamento nei servizi telematici del processo telematico», che recita quanto segue: «A partire dalla giornata del 28 marzo si sono registrati alcuni rallentamenti dei servizi di rete utilizzati dagli uffici giudiziari. Ciò può comportare un ritardo nel rilascio degli esiti dei controlli automatici del processo civile telematico. Non si riscontrano anomalie ai sistemi applicativi. È stata costituita un'apposita unità di crisi per fare fronte alla situazione. Si ricorda che, in base a quanto previsto dal comma 7 dell'articolo 16-bis del decreto-legge n. 179 del 2012, “il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del ministero della giustizia”. Si invitano pertanto i signori avvocati a non reiterare i depositi effettuati nell'attesa dell'emissione dei predetti avvisi relativi ai controlli automatici ed a limitare, quantomeno per le prossime 24 ore, i depositi ai soli atti essenziali»;
   appare evidente che problemi tecnici, come i suddetti casi di rallentamenti riguardanti anche i servizi pec, oltre a produrre ritardi nel sistema giudiziario come nel processo civile telematico, potrebbero rendere impossibile il rispetto dei previsti termini di consegna degli atti giudiziari;
   tali ritardi nei servizi pec degli uffici giudiziari si erano già verificati a gennaio 2015, con successive violazioni della rete informatica del Ministero della giustizia, in particolare, a giugno 2015 il tribunale di Udine ha subito un attacco con «ransomware» di tipo Cryptolcker e a luglio 2015 il gruppo Anonymous Italia ha trafugato 41 database del Ministero della giustizia con indirizzi email, password, codici fiscali e altre informazioni;
   attualmente il servizio proxy-server del Ministero della giustizia, che serve l'intera rete degli uffici giudiziari, risulta centralizzato presso il Ced (Centro elaborazione dati) di Napoli e se ne desume che un eventuale blocco della funzionalità del suddetto Centro elaborazione dati (eventualmente provocato da un attacco informatico) potrebbe comportare il blocco dell'intero sistema del processo civile telematico –:
   quale sia lo stato attuale delle architetture, hardware e software, impiegate per la fornitura dei servizi relativi al processo civile telematico, inclusi i sistemi di protezione da minacce esterne e interne ed eventuali reti di back-up. (3-03025)
(16 maggio 2017)

   RABINO, FRANCESCO SAVERIO ROMANO e PARISI. — Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   in seguito all'accertamento di 3 casi di legionellosi, il carcere Giuseppe Montalto di Alba è stato sgomberato per consentire la bonifica dell'impianto idrico e di condizionamento: l'operazione ha portato al trasferimento di 122 reclusi;
   il 10 febbraio 2016, il Ministro interrogato, rispondendo ad altro atto di sindacato ispettivo, ha affermato che gli interventi di sanificazione erano stati inseriti dall'amministrazione penitenziaria nel programma triennale 2016-2018;
   il 15 luglio 2016, la Sottosegretaria di Stato per la giustizia, rispondendo ad un'interpellanza, confermò lo stanziamento di 2 milioni di euro e la previsione formulata dal dipartimento per l'amministrazione penitenziaria che ipotizzava il completo recupero dell'istituto per la fine del 2017;
   il 24 gennaio 2017, da fonti di stampa, si è appreso che, secondo la direttrice del carcere Giuseppina Piscioneri, «l'intenzione pare essere quella di accelerare il più possibile l'apertura del reparto dei collaboratori di giustizia con 38 celle»;
   l'apertura anche parziale potrebbe comunque far rientrare parte del personale di polizia penitenziaria attualmente in missione nei diversi istituti del distretto (Asti, Alessandria, Saluzzo);
   non si hanno dettagli su quali saranno le tempistiche di riapertura dell'intera struttura carceraria –:
   quali siano i tempi previsti affinché il carcere Giuseppe Montalto torni ad essere pienamente operativo e quali siano le fasi della riapertura. (3-03026)
(16 maggio 2017)

   GIANLUCA PINI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   con l'intesa raggiunta il 3 maggio 2017 ad Abu Dhabi, il Capo del Governo di accordo nazionale riconosciuto internazionalmente, Fayez al Serraj, ed il generale Khalifa Haftar si sono impegnati a smantellare entro un anno tutte le milizie armate esistenti in Libia;
   allo scioglimento delle milizie locali si abbinerà la sottoposizione delle nuove forze armate libiche ad un nuovo consiglio presidenziale partecipato dal generale Haftar;
   tra le milizie locali da sciogliere dovrebbe figurare anche la potente brigata di Misurata, città nella quale il nostro Paese ha inviato truppe ed un ospedale da campo;
   desta tuttavia ulteriori e più serie preoccupazioni la circostanza che parte dell'intesa raggiunta da Serraj ed Haftar sembri prevedere anche l'annullamento degli accordi raggiunti con il Governo e con l'Unione europea per bloccare i flussi migratori illegali diretti verso il nostro Paese –:
   se e in che misura gli accordi raggiunti da Fayez al Serraj e Khalifa Haftar possano compromettere la strategia prescelta dal Governo per stabilizzare la Libia e bloccare i flussi migratori diretti verso l'Europa che partono dalle coste di quel Paese. (3-03027)
(16 maggio 2017)

   SARTI, BRESCIA, LOREFICE, DADONE, D'UVA, FERRARESI, NESCI, DIENI e COLONNESE. — Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   l'inchiesta «Johnny» della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha portato lunedì 15 maggio 2017 all'arresto di 68 persone coinvolte nella gestione del centro di accoglienza per richiedenti asilo di Isola Capo Rizzuto;
   i reati contestati dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro sono 416-bis del codice penale e altri pesanti reati, tutti aggravati dalle modalità mafiose;
   è stata colpita la cosca Arena, capeggiata da Nicola Arena oggi al 4-bis, e tra gli arrestati vi sono Leonardo Sacco, governatore della Confraternita di misericordia e il parroco di Isola Capo Rizzuto, don Edoardo Scordio;
   sfruttando il ruolo del Sacco, la cosca avrebbe messo le mani anche sui centri di Lampedusa, 4 milioni di euro di appalti affidati a imprese costituite dagli Arena;
   Sacco, già vicepresidente delle Misericordie d'Italia, nonché membro del consiglio di amministrazione dell'Aeroporto di Crotone e presidente della squadra di calcio locale, gode di ottimi rapporti politico-istituzionali, malgrado nel 2010 fu padrino al battesimo di uno dei figli degli Arena;
   secondo la direzione distrettuale antimafia, nell'ultimo decennio, circa 32 milioni di euro dei 100 stanziati per la gestione dell'accoglienza migranti sono finiti alla cosca Arena;
   fra i vertici della Confraternita, vi sono personaggi comunque legati ad esponenti politici di primo piano, quali Daniele Giovanardi, fratello di Carlo, rinviato a giudizio come legale rappresentante della Misericordia per omesso versamento di ritenute nel procedimento riguardante il centro di identificazione ed espulsione di Modena, di cui era dirigente, e Lorenzo Montana, suocero del fratello di Angelino Alfano;
   il 26 ottobre 2014 il parlamentare europeo del MoVimento 5 Stelle Ferrara visitò il centro di accoglienza per richiedenti asilo di Crotone riscontrandovi gravi condizioni igienico-sanitarie, tali che presentò un esposto, indirizzato, tra gli altri, al Ministro dell'interno, per avere accesso ai bilanci dell'ente gestore ed alle informazioni sull'appalto riguardante la costruzione degli alloggi sostitutivi dei container, senza ottenere alcuna risposta;
   Sacco, audito nel 2015 dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattamento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate, ricostruiva la gestione delle Misericordie dei centri di accoglienza dal 1999, configurando sostanzialmente, a parere degli interroganti, un monopolio di fatto che nell'ultima gara aggiudicata a novembre 2016 e valida fino ad ottobre 2017 include sia la gestione del centro di accoglienza che l'ex centro di identificazione ed espulsione, ora centro di permanenza per il rimpatrio –:
   quali siano le ragioni per le quali non ha reso pubblici i dati relativi all'esposto in premessa, nonché quali iniziative urgenti di competenza intenda attuare per garantire approfonditi controlli antimafia, accertare eventuali responsabilità, garantire l'applicazione dello schema di capitolato approvato a marzo 2017, in base alle indicazioni dell'Anac, per la gestione delle strutture di accoglienza, procedendo con urgenza ad un piano chiaro volto alla chiusura dei grandi centri di accoglienza per richiedenti asilo, coacervo di criticità costanti, come a Crotone e a Mineo. (3-03028)
(16 maggio 2017)

   OCCHIUTO e SANTELLI. — Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   recenti fonti giornalistiche riportano le risultanze della maxi-operazione «Johnny» che avrebbe portato all'arresto di 68 persone, tra cui il governatore della Misericordie Leonardo Sacco ed il parroco, don Edoardo Scordio. Oltre ai suddetti fermi, sono scattati diversi sequestri di appartamenti e macchine di lusso;
   secondo gli investigatori, grazie alle convenzioni stipulate con il Ministero dell'interno, l'organizzazione criminale che faceva capo al clan Arena sarebbe riuscita ad ottenere, in un solo anno, 6 dei 13 milioni di euro per la gestione dei centri di accoglienza, riuscendo ad aggiudicarsi gli appalti indetti dalla prefettura di Crotone per le forniture dei servizi di ristorazione al centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto e di Lampedusa;
   le indagini hanno ricostruito nello specifico quanto accadeva all'interno del centro di accoglienza per richiedenti asilo, attualmente considerata la più grande struttura d'accoglienza d'Europa, con cinque ettari di superficie, che secondo le ricostruzioni delle forze dell'ordine sarebbe stato «infiltrato dai clan della ’ndrangheta», e divenuto terreno fertile, per la famiglia Arena, per l'ottenimento di contratti di appalto e forniture per i 1.500 migranti ospiti;
   emerge ancora una volta, dunque, l'esistenza di un sistema di arricchimento delle cosche calabresi, che non si esimono dall'estendere la loro longa manus in ogni possibile ambito, con una grave distorsione della destinazione di fondi pubblici: secondo l'accusa, infatti, degli oltre 100 milioni di euro assegnati alla struttura, almeno 30 sarebbero stati dirottati verso i clan mafiosi;
   alla luce degli eventi riportati sembrerebbe emergere la debolezza dell'attività di controllo e di monitoraggio governativa che probabilmente, con misure preventive più efficaci, avrebbe potuto evitare o, comunque, interrompere già da diverso tempo le citate attività illecite –:
   se il Ministro interrogato intenda, in primo luogo, fornire chiarimenti, per quanto di competenza, sulla vicenda esposta in premessa e su quanto accaduto nell'ultimo triennio nella città di Isola Capo Rizzuto, in particolare sulle attività preventive sulle misure di controllo messe in opera dal Ministero dell'interno per il monitoraggio sulla gestione del centro di accoglienza per richiedenti asilo e sull'utilizzo dei fondi pubblici, e, in secondo luogo, quali iniziative abbia intenzione di intraprendere al fine di predisporre tempestivamente sistemi di controlli efficaci di tutte le strutture e le associazioni, anche alla luce della necessità di dare una risposta certa ed univoca all'opinione pubblica sulla citata situazione che ha assunto risvolti di estrema gravità. (3-03029)
(16 maggio 2017)

   RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   nell'ambito degli arresti operati la mattina del 15 maggio 2017 a carico di esponenti della cosca Arena, attiva nei territori di Crotone e Catanzaro, è stato fermato anche il governatore della «Fraternita di Misericordia», l'ente che gestisce il centro di accoglienza per richiedenti asilo di «Sant'Anna» di Isola Capo Rizzuto, uno dei più grandi d'Europa, che sarebbe stato infiltrato dal clan della ’ndrangheta;
   l'inchiesta ha dimostrato come la cosca, attraverso la Fraternita, è riuscita ad aggiudicarsi gli appalti indetti dalla prefettura di Crotone per le forniture dei servizi di ristorazione al centro di accoglienza per richiedenti asilo di Isola, appalti che poi il governatore della onlus affidava a imprese appositamente costituite dagli Arena e da altre famiglie di ’ndrangheta per spartirsi i fondi destinati all'accoglienza dei migranti;
   dalle indagini è emerso come l'infiltrazione della cosca Arena nel tessuto economico crotonese e, in particolare, il controllo mafioso delle attività imprenditoriali connesse al funzionamento dell'accoglienza al centro di accoglienza per richiedenti asilo di Isola Capo Rizzuto andava avanti da più di un decennio; stando ai numeri forniti dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, negli ultimi dieci anni dei cento milioni di euro stanziati per la gestione dei centri di accoglienza almeno trentadue sono finiti nelle casse di quella cosca;
   oltre a quello di Isola Capo Rizzuto, la Fraternita di Misericordia era riuscita ad aggiudicarsi gli appalti per le forniture dei servizi di ristorazione anche al centro di accoglienza di Lampedusa, dando luogo alla spartizione di ulteriori milioni di euro tra la cosca Arena e altre famiglie criminali della zona;
   ad avviso degli interroganti, l'inchiesta dimostra, ancora una volta, le collusioni tra trafficanti di uomini, criminalità e circuito dell'accoglienza, in un sistema che di solidarietà ha ben poco e che si basa, invece, sull'aumento degli sbarchi al solo fine di veder aumentare i fondi pubblici per l'accoglienza, facile bottino per le associazioni criminali –:
   quali iniziative intenda assumere per garantire maggiori controlli, in via preventiva, sulle modalità di aggiudicazione dei bandi per la gestione dell'accoglienza e, in via successiva, sull'operato delle ditte e cooperative titolari degli appalti, con particolare riferimento alla rendicontazione delle spese. (3-03030)
(16 maggio 2017)

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