TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 805 di Lunedì 29 maggio 2017

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE RELATIVE ALL'APPLICAZIONE DELLA COSIDDETTA DIRETTIVA BOLKESTEIN

   La Camera,
   premesso che:
    il 12 dicembre 2006 il Parlamento e il Consiglio europeo hanno approvato la direttiva 2006/123/CE, meglio nota come «direttiva Bolkestein», con lo scopo di facilitare la creazione di un libero mercato dei servizi in ambito europeo;
    l'Italia ha dato attuazione alla citata direttiva mediante il decreto legislativo n. 59 del 26 marzo 2010, che ne ha esteso l'applicazione anche al settore del commercio ambulante su aree pubbliche, secondo un'interpretazione estensiva dell'articolo 12 della direttiva, ai sensi del quale, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i potenziali candidati;
    l'Italia è l'unico Stato membro dell'Unione europea ad aver applicato la «direttiva Bolkestein» al commercio ambulante oltre alla Spagna, la quale ha tuttavia istituito un regime transitorio a tutela delle imprese già presenti della durata di settantacinque anni;
    lo stesso Parlamento europeo, con la risoluzione n. 2010/2109 (INI), ha preso atto della forte preoccupazione espressa dai venditori ambulanti in relazione all'ipotesi che la «direttiva Bolkestein» possa essere applicata negli Stati membri estendendo il concetto di «risorsa naturale» anche al suolo pubblico, producendo limitazioni temporali alle concessioni per l'esercizio del commercio su aree pubbliche che sarebbero gravemente dannose per l'occupazione, la libertà di scelta dei consumatori e l'esistenza stessa dei tradizionali mercati rionali;
    il recepimento della «direttiva Bolkestein» nel settore dei mercati ambulanti significa inevitabilmente, fra le altre cose, l'apertura del settore a nuove imprese anche straniere e multinazionali e la possibilità che tali nuove imprese siano anche società di capitali, il divieto di rinnovo automatico delle concessioni e l'assegnazione degli spazi pubblici tramite bandi che rechino il divieto di favorire il prestatore uscente, come previsto dagli articoli 11, 16, comma 4, e 70, comma 1, del decreto legislativo n. 59 del 2010;
    in data 5 luglio 2012, due anni dopo il recepimento della direttiva in Italia, la Conferenza unificata ha raggiunto un accordo in attuazione dell'articolo 70, comma 5, del decreto legislativo n.  59 del 2010, che prevede una proroga dell'attuale situazione fino al 7 maggio 2017, seguita da un regime transitorio di licenze della durata compresa tra nove e dodici anni, durante il quale i comuni potranno assegnare gli spazi secondo criteri che tengano conto dell'anzianità di servizio nell'esercizio del mercato su aree pubbliche, per tutelare le imprese che già svolgono la propria attività in tali mercati;
    nel dicembre 2016, tuttavia, un parere emesso dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha espresso delle perplessità sulle regole per i bandi, suscettibili di «dissimulare, nella sostanza, una forma di rinnovo automatico della concessione» ha creato nuove incertezze negli operatori economici del settore;
    da ultimo, il decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, ha disposto la proroga delle concessioni in essere e in scadenza, in varie tappe, entro luglio 2017, fino al 31 dicembre 2018, prevedendo altresì che «le amministrazioni interessate, che non vi abbiano già provveduto, devono avviare le procedure di selezione pubblica, nel rispetto della vigente normativa dello Stato e delle regioni, al fine del rilascio delle nuove concessioni entro la suddetta data. Nelle more degli adempimenti da parte dei comuni sono comunque salvaguardati i diritti degli operatori uscenti»;
    fino all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 59 del 2010, la normativa italiana in materia di commercio al dettaglio sulle aree pubbliche riconosceva specifiche forme di tutela alle piccole imprese a conduzione familiare, riservando il settore alle imprese individuali e alle società di persone, evitando in tal modo una oggettiva quanto deprecabile sperequazione, finanziaria, fiscale ed operativa, tra operatori del medesimo settore;
    le misure previste dal decreto legislativo n. 59 del 2010, malgrado il regime transitorio approvato, non tengono conto, invece, delle peculiarità di queste attività, che difficilmente potrebbero competere in un mercato così aperto;
    il decreto legislativo fa, altresì, venire meno i requisiti di stabilità necessari per programmare investimenti in strutture e personale, nonché per recuperare gli investimenti già realizzati e indispensabili per garantire un'offerta migliore;
    non bisogna dimenticare, inoltre, che questa tipologia di mercati, che conta circa 195 mila imprese e 530 mila addetti a livello nazionale, fa parte del tessuto economico delle città italiane, nonché della loro immagine turistica e tradizionale, ed anche per questo necessita di maggior tutela;
    la regione Puglia, con la mozione n. 106/2016 e la regione Piemonte, con una proposta di legge approvata dalla III Commissione del consiglio regionale in sede legislativa e successivamente trasmessa al Parlamento (Atto Camera 3700), si sono impegnate a prevedere che l'Italia escluda il commercio ambulante dall'ambito di applicazione della «direttiva Bolkestein» per tutelare le piccole imprese del settore;
    la medesima situazione di incertezza normativa che affligge gli operatori del commercio ambulante ha investito anche quelli degli stabilimenti balneari, settore di punta dell'economia turistica nazionale che occupa duecentocinquantamila addetti e trentamila imprese, e la cui liberalizzazione è stata altresì prevista dalla direttiva 2016/123/CE;
    allo stato attuale la durata delle concessioni in essere è stata prorogata fino al 31 dicembre 2020, ma la recente presentazione di un disegno di legge delega da parte del Governo, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, che prevede espressamente l'espletamento di «procedure selettive che assicurino imparzialità, trasparenza e pubblicità e che tengano conto della professionalità acquisita nell'esercizio di concessioni di beni demaniali marittimi, nonché lacuali e fluviali, per finalità turistico-ricreative», ha rimesso in allarme gli addetti al settore, soprattutto a causa della mancanza di una adeguata disciplina transitoria;
    oltre ai settori citati, l'attuazione della «direttiva Bolkestein» sta recando grave nocumento anche alla categoria delle guide turistiche, erroneamente inserita nella direttiva servizi invece che in quella relativa alle professioni, con la conseguenza che in Italia potranno operare anche le guide dell'Unione europea, o meglio, le persone qualificate come guide turistiche ai sensi della legislazione di altro Stato membro dell'Unione, purché operino in prestazione temporanea;
    tale grave situazione nasce dal problema di fondo che in Italia la figura della guida turistica è nettamente separata da quella di accompagnatore, mentre in molti altri Stati membri dell'Unione la figura di guida turistica e quella di accompagnatore coincidono, e i percorsi di abilitazione alla professione sono sensibilmente meno complessi e più brevi;
    le conseguenze di tale superficiale normazione, se non di vero e proprio vuoto legislativo, non potranno che essere estremamente negative sia per le guide che per i turisti, fruitori finali del servizio: abbassamento della qualità, diminuzione del lavoro per le guide abilitate, aumento dell'abusivismo, perché se è vero che le guide di altri Stati dell'Unione europea potrebbero esercitare in Italia solo in regime di prestazione occasionale, i controlli sono talmente scarsi che centinaia di guide straniere esercitano in violazione delle norme, con anche una conseguente diminuzione del gettito fiscale per lo Stato, posto che le guide straniere pagheranno le tasse nello Stato di appartenenza;
    il confusionario quadro normativo che emerge dal recepimento della direttiva Bolkestein si inserisce, peraltro, in un contesto di difficile congiuntura economica che caratterizza non solo il Paese, ma l'intero sistema produttivo globale, con ripercussioni negative sulle categorie più deboli, dagli agricoltori, ai tassisti, alle guide turistiche, solo per fare alcuni esempi, che si trovano quotidianamente ad affrontare la sfida dei mercati;
    un grave freno alla crescita degli Stati membri è stato rappresentato, poi, dalla politica economica e sociale portata avanti finora dalla stessa Unione europea, che non si è mai dimostrata all'avanguardia sulle politiche attive di sostegno alle eccellenze e peculiarità dei singoli Paesi membri, schiacciati dagli interessi delle realtà più potenti;
    liberalizzare e aumentare la concorrenza non vuol dire eliminare ogni regola e lasciare le città in mano a multinazionali che eludono le tasse grazie alla compiacenza di Stati europei partner che fanno concorrenza sleale: si deve liberalizzare e regolamentare, facendo rispettare le regole e tutelando le realtà più deboli;
    negli ultimi trent'anni purtroppo, i Governi europei, e l'Italia in primis, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo non hanno saputo trovare soluzioni efficienti, legiferando sostanzialmente sotto ricatto dei poteri forti, senza alcuna libertà di scelta dei settori su cui puntare e da proteggere, a danno dei cittadini e delle specificità del nostro Paese;
    serve una nuova politica europea che parta da regole chiare, condivise e semplici, e nella quale tutti gli Stati membri svolgano il proprio ruolo fino in fondo, garantendo tutele soprattutto alle classi deboli: avere, ad esempio, accordi di protezione delle indicazioni geografiche, come la denominazione di origine protetta del parmigiano reggiano, significa poter tutelare fino in fondo il sistema, di qualità che c’è dietro la sua produzione, mentre senza regole vincono la contraffazione, l'omologazione e le grandi dimensioni di chi riesce a essere comunque sovranazionale;
    il ruolo della politica è proprio quello di dettare tali regole e non può essere ridotto a quello di un semplice spettatore ed è compito del legislatore e del Governo salvaguardare i settori strategici dell'economia nazionale, quali nella fattispecie il piccolo commercio e la piccola e media imprenditoria,

impegna il Governo:

1) a convocare appositi tavoli di confronto con gli operatori del commercio su aree pubbliche;

2) ad adottare iniziative volte a rivedere il decreto legislativo n. 59 del 2010, nel senso di escludere il commercio su aree pubbliche dal perimetro di applicazione della direttiva 2006/123/CE;

3) ad assumere le necessarie iniziative dirette, comunque, a modificare l'articolo 70 del decreto legislativo n. 59 del 2010, al fine di prevedere che l'attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche sia riservata esclusivamente alle imprese individuali e alle società di persone;

4) ad adottare le iniziative di competenza affinché la categoria delle guide turistiche sia ricondotta nell'ambito della direttiva sulle professioni, salvaguardando la professionalità e le specifiche competenze dei suoi operatori, e al fine di introdurre criteri più stringenti per l'esercizio dell'attività di guida turistica sul territorio nazionale;

5) ad assumere iniziative per prevedere, nell'ambito della direttiva servizi, una deroga in favore delle concessioni demaniali marittime, elementi essenziali di un settore strategico per l'economia nazionale, data la posizione geografica dell'Italia e la rilevanza turistica di buona parte delle coste della penisola e delle maggiori isole;

6) ad adottare le iniziative opportune, per quanto di competenza, volte ad allineare sotto il profilo temporale la pubblicazione dei bandi da parte dei comuni per il rinnovo delle concessioni.
(1-01582)
(Nuova formulazione) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».
(7 aprile 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    la direttiva 2006/123/CE, nota come «direttiva Bolkestein», in materia di servizi nel mercato interno, è stata recepita dall'Italia con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, che provvede a regolare anche i settori del commercio su aree pubbliche e del demanio marittimo;
    la direttiva Bolkestein ha irrigidito il sistema autorizzatorio prevedendo che, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato a causa della scarsità delle risorse naturali, i comuni applichino una procedura di selezione tra i potenziali candidati;
    l'articolo 16, del decreto legislativo n. 59 del 2010, sul commercio ambulante in aree pubbliche, oltre ad introdurre un limite al numero delle concessioni di posteggio utilizzabili nella stessa area, stabilisce, al comma 4, il divieto di rinnovo automatico dei titoli scaduti, creando non poche difficoltà per il settore, che impiega circa 500.000 addetti a livello nazionale;
    il citato articolo, equiparando la nozione di «risorse naturali» con quella di «posteggi in aree di mercato» ha avuto l'effetto di generare una forte concorrenza nel settore, questa non sostenibile per gli operatori del commercio ambulante. Infatti, esso fa rientrare il suolo pubblico, concesso per l'esercizio dell'attività di commercio ambulante, nella nozione di «risorse naturali», assoggettandolo quindi alla procedura di selezione pubblica;
    alle suddette criticità si aggiungono quelle relative all'applicazione dell'articolo 70 del citato decreto legislativo, il quale riconosce l'accesso al settore anche alle società di capitali, rischiando di mettere fuori dal mercato le piccole aziende a conduzione familiare, che fino ad oggi hanno operato nel settore rendendolo fortemente competitivo;
    il parere sullo schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2006/123/CE, approvato dalle Commissioni II e X della Camera dei deputati, in data 11 marzo 2010, invitava il Governo, anche su proposta del gruppo della Lega Nord, a «escludere espressamente l'equiparazione dei posteggi in aree di mercato alle risorse naturali» al fine di «evitare interpretazioni estensive della nozione di “risorse naturali”», sia per ragioni di coerenza con la normativa comunitaria sia per non penalizzare il settore del commercio ambulante e su aree pubbliche;
    il medesimo parere invitava altresì il Governo a «escludere la possibilità di esercizio del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche da parte di società di capitali»;
    il 5 luglio 2012, ai sensi del comma 5, dell'articolo 70 del citato decreto legislativo n. 59 del 2010, è stata adottata un'intesa in sede di Conferenza unificata per la definizione della durata e del rinnovo delle autorizzazioni; in tale intesa, in particolare, viene stabilita la durata delle autorizzazioni da 9 a 12 anni, e soltanto in prima applicazione, viene data priorità al criterio della «professionalità acquisita». Essa, tuttavia, non supera del tutto le criticità di settore, continuando di fatto a far ricadere espressamente la fattispecie del commercio su aree pubbliche nell'ambito di applicazione dell'articolo 16, del citato decreto legislativo n.  59 del 2010;
    la suddetta intesa al fine di evitare eventuali disparità di trattamento tra i soggetti le cui concessioni di aree pubbliche sono scadute prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (recante attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno) e che hanno, quindi, usufruito del rinnovo automatico ed i soggetti titolari di concessioni scadute successivamente a tale data, che non hanno usufruito di tale possibilità, stabilisce l'applicazione, in fase di prima attuazione delle seguenti disposizioni transitorie:
     a) le concessioni scadute e rinnovate (o rilasciate) dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 59 del 2010 (8 maggio 2010) sono prorogate di diritto per sette anni da tale data, quindi fino al 7 maggio 2017 compreso;
     b) le concessioni che scadono dopo l'entrata in vigore dell'Accordo della Conferenza unificata (16 luglio 2015) e nei due anni successivi, sono prorogate di diritto fino al 15 luglio 2017 compreso;
     c) le concessioni scadute prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 59 del 2010 e che sono state rinnovate automaticamente mantengono efficacia fino alla naturale scadenza prevista al momento di rilascio o di rinnovo;
    il decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizioni di termini, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, all'articolo 6, comma 8, ha da ultimo prorogato il termine delle concessioni per il commercio su aree pubbliche al 31 dicembre 2018, ed ha stabilito l'obbligo per i comuni di avviare, qualora non abbiano già provveduto, le procedure di selezione pubblica per il rilascio delle nuove concessioni, entro il 31 dicembre 2018, nel rispetto della normativa vigente;
    il suddetto decreto non risolve tuttavia l'annosa questione legata all'opportunità di escludere la categoria dall'applicazione della direttiva comunitaria relativa ai servizi nel mercato interno, ed anzi rischia di generare profonda incertezza in merito all'espletamento delle gare già avviate dai comuni, che a giudizio dei proponenti, dovrebbero ritenersi nulle;
    con l'entrata in vigore della direttiva 2006/123/CE, anche la disciplina delle concessioni demaniali marittime è stata oggetto di una lunga contrattazione tra le istituzioni europee e quelle italiane circa l'assoggettabilità della stessa alla procedura della gara pubblica;
    nei confronti dell'Italia, che ha ritenuto di estromettere il settore demaniale marittimo dalla disciplina della gara pubblica, sono state aperte due procedure di infrazione comunitaria, sanate dal legislatore italiano dapprima, con l'abrogazione dell'articolo 37 del Codice della Navigazione nella parte inerente il «diritto di insistenza», ossia il diritto di preferenza accordato al cessionario uscente, e successivamente, con l'eliminazione del rinnovo automatico delle concessioni, previsto dall'articolo 1, comma 2 del decreto-legge n. 400 del 1993;
    in questo arco temporale, le imprese balneari hanno potuto usufruire di un periodo di proroga della concessione, da ultimo rinnovato con il decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, che ha rinviato al 31 dicembre 2020, la scadenza delle concessioni in essere al 31 dicembre 2015. In conseguenza di tale disposizione sono state sollevate questioni interpretative da parte dei giudici italiani che hanno portato alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 14 luglio 2016 (C-458/14), con la quale la Corte medesima ha affermato che il diritto comunitario non consente la possibilità di prorogare in modo automatico e in assenza di qualsiasi procedura di selezione pubblica dei potenziali candidati, le concessioni relative all'esercizio di attività turistico-ricreative nelle aree demaniali marittime e lacustri;
    con l'articolo 24, commi 3-septies e 3-octies, del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, per evitare la nascita di eventuali contenziosi nelle more dell'adozione di una nuova disciplina di riordino del settore, il legislatore italiano ha riconosciuto la validità dei rapporti concessori già instaurati e pendenti in base alla proroga concessa al 31 dicembre 2020;
    in molti sostengono la necessità di escludere le concessioni demaniali dall'ambito di applicazione della stessa direttiva 2006/123 /CE, rilevando che le autorizzazioni sono concesse in riferimento ai «beni» demaniali e non ai «servizi», e perciò riguardano il conferimento in uso di una superficie e non l'autorizzazione a svolgere un servizio; questo orientamento ha trovato conferme nelle recenti posizioni assunte da altri Paesi europei; la Spagna, ad esempio, con la legge sulla protezione del litorale e di modifica della legge costiera, ha elevato il termine massimo di durata delle concessioni da settanta a settantacinque anni, per quelle scadute o in scadenza nel 2018; il Portogallo, nel 2007, ha emanato una disciplina che accorda al concessionario uscente il diritto di prelazione in caso di riassegnazione della concessione,

impegna il Governo:

1) a chiarire, con apposita iniziativa normativa, che i posteggi utilizzati per l'esercizio del commercio ambulante su aree pubbliche non rientrano nella nozione di «risorse naturali» e che le relative concessioni non sono soggette all'applicazione del comma 4 dell'articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59;

2) ad assumere le necessarie iniziative normative per la modifica dell'articolo 70 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, riservando l'attività del commercio al dettaglio su aree pubbliche esclusivamente alle imprese individuali e alle società di persone;

3) a promuovere tavoli di confronto con le associazioni di categoria delle imprese del commercio su aree pubbliche affinché siano al meglio risolte le problematiche da questi denunciate, anche al fine di mettere ordine nella normativa di settore per quanto concerne i criteri per il rilascio ed il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio dell'attività;

4) ad adottare opportune iniziative normative al fine di chiarire che sono nulle le procedure di gara avviate dalle amministrazioni comunali prima del 31 dicembre 2018, esonerando quindi le stesse dall'obbligo di avviare le procedure di selezione pubblica entro la medesima data;

5) ad attivarsi presso le istituzioni comunitarie per fare in modo che le concessioni demaniali marittime siano estromesse dall'applicazione della direttiva 2006/123/CE, anche alla luce del fatto che le stesse si riferiscono a «beni» e non a «servizi».
(1-01549)
(Nuova formulazione) «Allasia, Saltamartini, Gianluca Pini, Fedriga, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Rondini, Simonetti».
(20 marzo 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, il legislatore italiano ha dato attuazione alla direttiva 2006/123/CE (cosiddetta direttiva Bolkestein) relativa ai servizi nel mercato interno, approvata il 12 dicembre 2006 dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell'Unione europea al fine di facilitare la creazione di un libero mercato di servizi in ambito europeo;
    secondo quanto stabilito dalla direttiva Bolkestein all'articolo 12, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali;
    il decreto legislativo n. 59 del 2010, in attuazione di quanto stabilito dalla direttiva Bolkestein, ha disposto all'articolo 16 l'obbligo di prevedere procedure selettive, la limitazione della durata delle autorizzazioni, il divieto di rinnovare automaticamente le concessioni e di accordare vantaggi al prestatore uscente;
    il citato provvedimento ha esteso l'applicazione della direttiva Bolkestein anche al settore del commercio ambulante su aree pubbliche, che costituiscono una «risorsa naturale» limitata, in particolare rinviando, all'articolo 70, comma 5, ad una intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-Autonomie locali l'individuazione dei criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche e le disposizioni transitorie da applicare, con le decorrenze previste, anche alle concessioni in essere;
    il decreto legislativo n. 59 del 2010, all'articolo 70, comma 1, ha inoltre esteso la possibilità di esercitare il commercio ambulante su area pubblica anche a società di capitali regolarmente costituite o a cooperative, oltre che a persone fisiche e a società di persone;
    l'accordo sancito in data 5 luglio 2012 in sede di Conferenza Unificata ha stabilito una proroga dell'attuale situazione fino al 7 maggio 2017, seguita da un regime transitorio di licenze, della durata compresa fra i 9 e i 12 anni, durante il quale i comuni potranno assegnare gli spazi secondo criteri che tengano conto dell'anzianità di servizio nell'esercizio del mercato su aree pubbliche, per tutelare le imprese che già svolgono la loro attività in tali mercati;
    il decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, (cosiddetto «decreto milleproroghe»), ha da ultimo prorogato il termine delle concessioni per commercio su aree pubbliche in essere alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge e con scadenza anteriore al 31 dicembre 2018, fino a tale data, al fine di allineare le scadenze delle concessioni e garantire omogeneità di gestione nelle procedure di assegnazione sull'intero territorio nazionale;
    il recepimento della direttiva Bolkestein, introducendo limitazioni temporali alle concessioni per l'esercizio del commercio su aree pubbliche, ostacola la programmazione degli investimenti o il recupero di quelli già realizzati, danneggiando soprattutto i piccoli operatori del settore, già in difficoltà nel fronteggiare la maggior forza finanziaria delle società di capitali, in grado di detenere – anche indirettamente – un maggior numero di autorizzazioni;
    il decreto legislativo n. 59 del 2010 comporta, infatti, l'apertura del settore del commercio ambulante su area pubblica, che impiega circa 500.000 addetti a livello nazionale e che è tradizionalmente svolto da microimprese spesso a conduzione familiare, a nuove imprese straniere e multinazionali – comprese società di capitali;
    le disposizioni introdotte dal decreto legislativo n. 59 del 2010 non sembrano tenere pienamente conto delle peculiarità e della eterogeneità del settore, che affianca attività di commercio svolte su posteggio fisso ad attività svolte in forma itinerante e con turnazioni, e che coinvolge non solo i centri storici e i tradizionali mercati rionali, ma anche aree periferiche meno qualificabili come limitate;
    considerato altresì che: già in altre occasioni, alcune associazioni di categoria hanno chiesto la disapplicazione della direttiva Bolkestein al commercio ambulante;
    la Commissione X della Camera, nel novembre 2015, ha approvato una risoluzione che impegnava il Governo a promuovere l'attivazione di un tavolo di lavoro con la partecipazione di tutti i livelli istituzionali ed amministrativi interessati, nonché delle associazioni di categoria delle imprese del commercio su aree pubbliche maggiormente rappresentative e a valutare l'opportunità di una rinnovata fase di approfondimento e discussione del quadro giuridico europeo in materia di posteggi su aree pubbliche;
    il 3 novembre del 2016 si è tenuto il primo incontro di questo tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico per approfondire la tematica sulla base delle motivazioni esposte dalle rappresentanze di categoria,

impegna il Governo

1) ad assumere iniziative volte ad una revisione del decreto legislativo n. 59 del 2010, escludendo il commercio su aree pubbliche dall'applicazione della direttiva 2006/123/CE, ovvero stabilendone l'applicazione secondo modalità atte a contenere le ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale, anche mediante l'individuazione – per quanto di competenza – di criteri per la concessione delle autorizzazioni che tengano conto delle diverse caratteristiche e dimensioni degli operatori, segnatamente a tutela di chi è intestatario delle licenze e lavora direttamente o con dipendenti nei mercati, e dei luoghi in cui si svolge il commercio ambulante.
(1-01542)
«Donati, Becattini, Ermini, Paris, Impegno, Paola Bragantini, Barbanti, Dallai, Manfredi, Minnucci, Moscatt, Palladino».
(15 marzo 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    la commissione bilancio del Senato ha deliberato la modifica della disposizione dell'articolo 6, comma 8, del decreto-legge n. 244 del 2016, il cui disegno di legge di conversione era all'esame, che proroga al 31 dicembre 2018 il termine delle concessioni per commercio su aree pubbliche. La proroga ora riguarda le concessioni in essere alla data di entrata in vigore della disposizione in esame, al fine di allineare le scadenze delle concessioni medesime, garantendo omogeneità di gestione delle procedure di assegnazione; essa prevede anche che, nelle more degli adempimenti da parte dei comuni, siano comunque salvaguardati i diritti degli operatori uscenti. Resta definito che le amministrazioni interessate, che non vi abbiano già provveduto, devono pertanto avviare le procedure di selezione pubblica, nel rispetto della vigente normativa dello Stato e delle regioni, al fine del rilascio delle nuove concessioni entro la suddetta data; con la disposizione suddetta il Governo, finalmente, ha preso atto delle difficoltà applicative della Direttiva Bolkestein.  Tant’è vero che lo stesso ex premier Renzi ha dichiarato: «A un passo dall'applicazione pratica delle nuove regole in materia, emergono forti criticità. Il Governo ha deciso di prendersi carico di queste criticità, ritenendo doveroso quantomeno un momento di approfondimento e riflessione»;
    lo stesso presidente dell'Anci De Caro ha dichiarato: «I Comuni stanno lavorando per non arrivare sprovvisti alla scadenza di luglio 2017, ma è evidente la necessità di un prolungamento adeguato dei tempi, in ragione dell'elevato numero di concessioni da assegnare tramite gara e della conseguente mole di verifiche e incombenze in carico agli uffici comunali ancora prima dell'indizione delle gare stesse»;
    inoltre, si fa presente che la regione Piemonte ha approvato all'unanimità una proposta di legge al Parlamento, per escludere il commercio ambulante dagli effetti della direttiva Bolkestein, così come la regione Puglia ha approvato una mozione del gruppo consiliare M5S sulla medesima linea e le amministrazioni comunali di Roma e Torino hanno deliberato di sospendere la pubblicazione dei bandi per i singoli posteggi;
    sul punto, infine, è intervenuta anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato che ha dato parere contrario e contestato i criteri e le procedure stabiliti dell'intesa Stato-regioni con i quali i comuni stavano provvedendo alla pubblicazione dei bandi per l'assegnazione delle concessioni nei mercati; si ricorda che il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, ha recepito la direttiva Bolkestein e si configura come una legge-quadro, che dispone norme di portata generale, nonché principi operativi, riconoscendo ai singoli Stati membri le modalità, nonché i tempi di applicazione degli stessi; in particolare, le disposizioni in questione, con l'obiettivo di salvaguardare l'impatto del commercio ambulante sulle aree pubbliche, introducono significativi limiti all'eccesso e all'operatività nel settore, basato sul principio della disponibilità di suolo pubblico destinata dagli strumenti urbanistici all'esercizio dell'attività stessa;
    l'articolo 16 del decreto legislativo n. 59 del 2010 irrigidisce il sistema autorizzatorio, in particolare, al comma 4, non viene riconosciuta la dinamica di proroga automatica ai titoli autorizzatori scaduti, creando delle oggettive difficoltà operative agli oltre 160.000 operatori ambulanti e microimprese operanti nel settore l'articolo suindicato; esso però interviene su una disciplina già ampiamente regolamentata, introducendo un ulteriore limite al numero delle concessioni di posteggio utilizzabili sullo stesso mercato o fiera;
    in particolare, emergerebbero criticità conseguenti all'equiparazione tra la nozione di «risorse naturali», citata dal suindicato articolo, e «posteggi in aree di mercato», tali da compromettere le possibilità e l'operatività degli operatori del commercio ambulante. Infatti, il decreto legislativo interpreta il suolo pubblico concesso per l'esercizio dell'attività di commercio su aree pubbliche, come rientrante nella nozione di «risorse naturali»;
    alle suindicate criticità, si aggiungono ulteriori relative al portato dell'articolo 70, comma 1, del medesimo decreto legislativo, in materia di riconoscimento di titoli autorizzatori alle società di capitali operanti nel settore del commercio ambulante;
    fino all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 59 del 2010, la normativa italiana in materia riconosceva specifiche forme di tutela alle piccole imprese a conduzione familiare, riservando il settore del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche, alle imprese individuali e alle società di persone, evitando in tal modo una oggettiva quanto deprecabile sperequazione – finanziaria, fiscale ed operativa – tra operatori del medesimo settore;
    le disposizioni in materia di regolamentazione del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche introdotte dalla direttiva suindicata, creano un’impasse normativa rispetto a quanto già sancito dalla normativa nazionale e regionale in materia segnatamente sul versante della tutela delle piccole imprese, della chiarezza delle procedure operative e autorizzative e del rapporto con gli enti locali,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative in sede di Unione europea al fine di modificare la «direttiva Bolkestein» in modo tale da escludere gli operatori ambulanti e le microimprese operanti nel settore che rappresentano il tessuto tradizionale socio-economico dell'Italia;

2) ad assumere le necessarie iniziative dirette a modificare l'articolo 70 del decreto legislativo n. 59 del 2010 al fine di prevedere che l'attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche sia riservata esclusivamente alle imprese individuali e alle società di persone.
(1-01565)
«Della Valle, Caso, Vallascas, Fantinati, Cancelleri, Crippa, Da Villa, D'Uva».
(29 marzo 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, ha dato attuazione alla direttiva 2006/123/CE, cosiddetta direttiva Bolkestein, approvata il 12 dicembre 2006 dal Parlamento europeo, e dal Consiglio dell'Unione europea al fine di facilitare la creazione di un libero mercato dei servizi in ambito europeo;
    tra le categorie commerciali, per le quali è prevista l'applicazione della direttiva in Italia, rientra quella del commercio al dettaglio su aree pubbliche, per il quale sono introdotti l'obbligo di applicazione da parte delle autorità competenti di una procedura di selezione tra i candidati potenziali, la durata limitata delle autorizzazioni, il divieto del rinnovo automatico delle concessioni e il divieto di accordare vantaggi al prestatore uscente;
    l'attuale situazione, per il settore e per le amministrazioni interessate da mercati, appare ad avviso dei proponenti del presente atto di indirizzo ampiamente confusa, in quanto le norme di attuazione della direttiva non hanno ancora trovato piena applicazione. In sede di Conferenza unificata era stata stabilita una proroga delle concessioni al 7 maggio 2017, successivamente ridefinita con il decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, che prevede il termine delle concessioni in essere al 31 dicembre 2018, invitando poi le amministrazioni ad avviare le procedure di selezione pubblica;
    la direttiva Bolkestein, recepita nell'ordinamento italiano con il citato decreto legislativo n. 59 del 2010, introducendo limitazioni temporali alle concessioni per l'esercizio del commercio su aree pubbliche ed estendendo l'esercizio del commercio su area pubblica anche a società di capitali regolarmente costituite o a cooperative, oltre che a persone fisiche e a società di persone, di fatto, ostacola la programmazione degli investimenti o il recupero di quelli già realizzati, danneggiando, soprattutto, i piccoli operatori del settore, già in difficoltà nel fronteggiare la maggior forza finanziaria delle predette società, in grado di detenere, anche indirettamente, un maggior numero di autorizzazioni;
    inoltre, le disposizioni della direttiva non tengono pienamente conto delle peculiarità e della eterogeneità del settore, costituito da attività di commercio, svolte su posteggio fisso ed attività svolte in forma itinerante e con turnazioni, svolte, non solo nei centri storici e nei tradizionali mercati rionali, ma anche nelle aree periferiche,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per modificare il decreto legislativo n. 59 del 2010, che ha recepito la direttiva 2006/123/CE, escludendo il commercio su aree pubbliche dall'applicazione della stessa, ovvero a delimitarne l'applicazione mediante l'individuazione di criteri per la concessione delle autorizzazioni, che tengano conto delle diverse caratteristiche e dimensioni degli operatori, al fine di contenere le ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale, e a tutela dei luoghi in cui si svolge il commercio ambulante e degli operatori intestatari delle licenze e che lavorano direttamente o con personale dipendente nei mercati;

2) ad assumere iniziative per prevedere una proroga al 31 dicembre 2020 delle concessioni in essere, al fine di omogeneizzare la situazione su tutto il territorio nazionale.
(1-01610)
«Laffranco, Brunetta, Occhiuto, Bergamini».
(20 aprile 2017)

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