TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 886 di Mercoledì 15 novembre 2017

 
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

  COSTANTINO, PANNARALE, DANIELE FARINA, ANDREA MAESTRI, MARCON, FRATOIANNI, AIRAUDO, PAGLIA e GIANCARLO GIORDANO. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. – Per sapere – premesso che:
   il fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio universitarie è stato istituito a decorrere dall'anno finanziario 2012 nello stato di previsione del Ministero, per far confluire su di esso le risorse previste a legislazione vigente (dall'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1 della legge 11 febbraio 1992, n. 147, e di cui all'articolo 33, comma 27, della legge 12 novembre 2011, n. 183), da assegnare in misura proporzionale al fabbisogno finanziario delle regioni, nelle more del decreto per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni;
   tutte le università in Italia soffrono del fatto che il supporto per il diritto allo studio abbia subito una drastica riduzione, lasciando molti candidati che hanno diritto alla borsa di studio senza copertura;
   ci sono inoltre fattori evidenti che penalizzano le università del Sud. Per esempio, al Nord quasi il 100 per cento degli studenti idonei ottiene la borsa di studio, mentre al Sud solo il 25 per cento perché i fondi regionali e statali non sono sufficienti a fronteggiare un numero molto più elevato di aventi diritto;
   il decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, all'articolo 2, comma 2-quater, ha stabilito che il 3 per cento delle somme di denaro confiscate alle mafie veicolate tramite l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati deve essere destinato al fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio;
   a distanza di 4 anni dall'entrata in vigore della legge che lo ha previsto, mancano notizie sull'effettivo versamento nel fondo integrativo del 3 per cento delle somme confiscate alle mafie;
   negli anni la prima firmataria della presente interrogazione ha rivolto numerose richieste, anche tramite interrogazione (4-05689), per conoscere a quale punto sia l’iter di assegnazione delle risorse, rivolgendo numerose richieste, per posta elettronica e telefonicamente al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministero della giustizia e al Ministero dell'economia e delle finanze, ma nessuno dei dirigenti, funzionari e uffici contattati è stato in grado di fornire la minima informazione, producendo un rimpallo tra uffici –:
   se le risorse destinate alle borse di studio, ripartite con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 agosto 2017, includano il 3 per cento delle somme di denaro confiscate alle mafie o, in caso contrario, quale sia la motivazione della loro esclusione, anche con riferimento agli anni 2014/2016. (3-03353)
(14 novembre 2017)

  PRATAVIERA e BRAGANTINI. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   la creazione di centri di competenza ad alta specializzazione, nella forma di partenariato pubblico-privato, aventi lo scopo di promuovere e realizzare progetti di ricerca applicata, di trasferimento tecnologico e di formazione su tecnologie avanzate, si inserisce nel quadro degli interventi del piano nazionale «Industria 4.0», con specifico riguardo all'azione volta al sostegno dello sviluppo delle competenze;
   l'articolo 1, comma 115, della legge n. 232 del 2016 ha finanziato i competence center per un importo di 20 milioni di euro nel 2017 e di 10 milioni di euro nel 2018, demandando la definizione delle modalità di costituzione e delle forme di finanziamento degli stessi ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico da adottarsi, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge;
   una volta operativi i competence center, con il forte coinvolgimento di poli universitari di eccellenza e dei grandi player privati, collaboreranno con le imprese per l'implementazione del piano, favorendo la sperimentazione e la produzione di nuove tecnologie nel tessuto delle piccole e medie imprese e accrescendo le competenze dei lavoratori attraverso la formazione 4.0;
   il ritardo nell'avvio dei centri di competenza è stato recentemente ammesso dal Ministro interrogato, spiegando che è dovuto ad un problema di «navetta» tra le istituzioni ed assicurando di accelerare l'emanazione del decreto ministeriale per arrivare entro fine 2017 alla pubblicazione del bando per scegliere i competence center, al fine di non perdere i 20 milioni di euro stanziati per il 2017 dalla scorsa legge di bilancio. L'idea è quella di selezionare non più di 4-5 poli di eccellenza idonei, che mettano insieme industria e università;
   questo ritardo è un intoppo importante nel roll out del piano finanziato dal Governo per il secondo anno, puntando soprattutto sulla formazione e sul lavoro. Durante la «fase 2» del piano, la Ministra Fedeli aveva evidenziato «la necessità di riallineare complessivamente, tutti insieme, le competenze e la formazione, mantenendo un rapporto più diretto con le innovazioni che vengono dal sistema delle imprese. Oggi viviamo una contraddizione, rischiamo di formare studentesse e studenti che se non avranno alcune competenze particolarmente innovative alla fine del loro percorso di studi potrebbero non avere un rapporto con il sistema dell'economia reale» –:
   considerato che i competence center rappresentano un punto qualificante del piano Industria 4.0 ed hanno un ruolo importante per il futuro delle imprese e dei lavoratori italiani, quale sia la tempistica per renderli finalmente operativi. (3-03354)
(14 novembre 2017)

  BENAMATI, VICO, SCUVERA, DONATI, BECATTINI, BARGERO, SENALDI, MONTRONI, PELUFFO, CANI, IACONO, TARANTO, CAMANI, ARLOTTI, IMPEGNO, BINI, MARTELLA e CINZIA MARIA FONTANA. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   a poco più di un anno dalla sua approvazione, i risultati del piano «Industria 4.0» sono molto incoraggianti, con un incremento dell'11 per cento degli investimenti nei cosiddetti «settori abilitanti»;
   se gli incentivi già previsti e quelli contenuti nel disegno di legge di bilancio per il 2018 all'esame del Senato della Repubblica hanno indotto le imprese a considerare quello nel digitale e nell'innovazione un investimento strategico, perché la rivoluzione tecnologica si trasformi in un vero valore competitivo occorre uno sforzo per favorire ulteriormente una maggiore integrazione tra la ricerca, il settore produttivo e lo sviluppo delle infrastrutture necessarie a garantire la connettività;
   l'Agenda digitale italiana rappresenta l'insieme di azioni e norme per lo sviluppo delle tecnologie, dell'innovazione e dell'economia digitale ed è una delle sette iniziative faro della strategia «Europa 2020»;
   il piano nazionale banda ultra larga, in particolare, ha come obiettivi da raggiungere entro il 2020 la copertura fino all'85 per cento della popolazione italiana con almeno 100 Mbps di connettività, garantendo al contempo la presenza della banda ultralarga nelle aree industriali;
   il piano «Crescita digitale» stabilisce una roadmap per la digitalizzazione del Paese capace di determinare, tra le altre cose, il progressivo switch off dell'opzione analogica per la fruizione dei servizi pubblici, progettando la digitalizzazione della pubblica amministrazione in un'ottica finalizzata allo sviluppo di competenze nelle imprese, che generi nuova offerta capace di competere sui mercati globali, acceleri, anche attraverso le misure di «Impresa 4.0», l'innovazione digitale e lo sviluppo dei nuovi ecosistemi produttivi e riesca infine a rendere più efficiente il sistema Paese, coordinando in materia unitaria la programmazione e gli investimenti pubblici in innovazione digitale e Ict –:
   quale sia lo stato di avanzamento di questi due piani strategici ai fini della trasformazione dell'Italia in un leader globale dell'economia 4.0. (3-03355)
(14 novembre 2017)

  RAVETTO e OCCHIUTO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   la missione Triton, che dal 1o novembre 2014 ha sostituito «Mare nostrum», è l'operazione di sicurezza delle frontiere dell'Unione europea, condotta dall'Agenzia europea Frontex, con l'obiettivo di sostenere lo sforzo dell'Italia nel fronteggiare la pressione migratoria sulla propria frontiera meridionale;
   nel mese di luglio 2017, il Governo italiano ha manifestato ai Paesi europei la richiesta di modificare i termini della missione Triton, anche in considerazione dell'imminente scadenza della stessa operazione, pianificando in maniera diversa lo schieramento in mare e la distribuzione delle navi nei porti;
   a tal proposito, l'11 luglio 2017 si è svolta una riunione tra l'Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera, le autorità italiane e gli Stati membri partecipanti all'operazione Triton, al fine di rafforzare il sostegno al nostro Paese nella gestione della crisi per i flussi migratori;
   in tale consesso è stata approvata l'istituzione di un gruppo di lavoro incaricato di presentare una proposta di revisione del piano operativo di Triton, il cui primo incontro, al quale hanno partecipato funzionari di Frontex e le autorità italiane, si sarebbe svolto il 24 luglio 2017;
   come riportato da agenzia Ansa dell'11 settembre 2017, risulterebbe che la revisione del piano operativo dell'operazione Triton sarebbe proseguita con due bilaterali a livello tecnico, durante i mesi di agosto e settembre 2017, con la possibilità di giungere ad un nuovo piano nei mesi successivi, stando a quanto riferito dal direttore dell'Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera, Fabrice Leggeri;
   durante l'audizione svoltasi il 19 settembre 2017 presso il Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, il Sottosegretario Gozi ha sostenuto che «sono stati avviati a livello tecnico i lavori per quanto riguarda la revisione del piano operativo Triton 2017» e che la stessa «è stata avviata su iniziativa dell'Italia che ha posto l'accento sulla necessità di condividere di più e di avere maggiore responsabilità condivisa tra tutti coloro che partecipano al piano Triton per quanto riguarda le operazioni in mare e per quanto riguarda gli sbarchi fuori dalla zona Sar» –:
   se il Ministro interrogato non intenda fornire gli opportuni chiarimenti in merito al rinnovo della missione Triton in riferimento ai contenuti, nonché alle tempistiche della revisione del piano operativo stesso. (3-03356)
(14 novembre 2017)

  LAFORGIA, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LACQUANITI, LEVA, MARTELLI, PIERDOMENICO MARTINO, MELILLA, MOGNATO, MURER, MATARRELLI, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, RICCIATTI, ROSTAN, SANNICANDRO, SCOTTO, SPERANZA, SIMONI, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   la mattina del 6 novembre 2017 si è verificato nel Mar Mediterraneo un grave incidente che avrebbe causato una cinquantina di dispersi e che avrebbe visto coinvolti la Guardia costiera libica, la Marina militare italiana e due navi delle organizzazioni non governative Sea Watch e Sos Mediterranèe;
   secondo le prime testimonianze raccolte e riportate in data 10 novembre dal quotidiano la Repubblica e riprese in una richiesta di informativa urgente avanzata nella stessa data dai gruppi Articolo 1-MDP e Sinistra Italiana-SEL-Possibile, nell'incidente sarebbe stato determinante il ruolo svolto dalla Guardia costiera libica, la quale non avrebbe collaborato con la nave dell'organizzazione non governativa Sea Watch per il recupero delle persone che si erano tuffate in mare proprio per sfuggire alla Guardia costiera libica, lasciandole al loro triste destino mentre «sulla nave libica i militari picchiavano i migranti con delle grosse corde e delle mazze»;
   questa strage sarebbe quindi stata causata dal comportamento irresponsabile della Guardia costiera libica, che, tra le altre cose, è stata finanziata, equipaggiata, sostenuta e addestrata dal Governo italiano per fermare i migranti in mare e pone, ad opinione degli interroganti, seri interrogativi circa l'efficacia del codice di condotta proposto dal Ministro interrogato alle organizzazioni non governative, il quale delega alle forze libiche il compito del soccorso dei migranti in mare;
   l'episodio del 6 novembre 2017 confermerebbe ad avviso degli interroganti quanto già emerso in altre occasioni, ovvero che l'Italia avrebbe appaltato le politiche di respingimento dei migranti alle autorità libiche, violando apertamente la Convenzione europea dei diritti dell'uomo;
   la Guardia costiera libica risulta essere oggetto di indagini da parte della Corte penale internazionale dell'Aja. Infatti l'ufficio del procuratore internazionale sta acquisendo documenti, filmati, testimonianze, rapporti d’intelligence che accusano i guardacoste di Tripoli, recentemente riforniti da mezzi navali italiani, di «crimini contro l'umanità» –:
   se il Ministro interrogato confermi la versione dei fatti riportata dal quotidiano la Repubblica, specificando quale sorte sia toccata alle 42 persone tenute a forza sulla motovedetta libica, alcune separate dai familiari e respinte in Libia. (3-03357)
(14 novembre 2017)

  RIZZO, GRILLO, D'UVA, VILLAROSA, CANCELLERI, MARZANA, LOREFICE, DI BENEDETTO, LUPO, TONINELLI, CECCONI, COZZOLINO, DADONE, D'AMBROSIO e DIENI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   in base all'articolo 48 della Costituzione il diritto di voto «non può essere limitato se non per incapacità civile, o per effetto di sentenza penale irrevocabile oppure nei casi di indegnità morale indicati dalla legge» e, pertanto, le condizioni di salute non possono limitare l'esercizio di tale diritto; molte leggi sono state approvate per rendere sempre più reale il diritto di voto per le persone disabili;
   ove la persona disabile necessiti di assistenza durante le procedure di voto, deve, se la disabilità non sia evidente, oppure non sia nota al presidente di seggio, richiedere uno specifico certificato rilasciato da medici designati dall'azienda sanitaria locale che attesti «l'infermità fisica dell'elettore ad esprimere il voto senza l'aiuto di altro elettore»;
   il presidente dell'ufficio elettorale di sezione è giuridicamente responsabile, anche sotto il profilo penale, delle attività di voto e di scrutinio, viene nominato dalla corte d'appello competente per territorio, attingendo da un albo a cui ogni cittadino, avente i requisiti previsti dalla normativa vigente, può iscriversi;
   le recenti elezioni regionali siciliane hanno decretato la vittoria della coalizione di cui al candidato alla presidenza regionale Musumeci;
   un articolo di Sudpress riporta «Elezioni: video virale su FB accusa brogli,  «mia mamma interdetta non può votare»; il comune di Battiati «ci risulta di sì», rileva come sia stato testimoniato il caso di un'anziana in una casa di riposo che ha votato tramite voto assistito senza che ne appaiano chiare le modalità, si ipotizza che il voto suo e di altri ospiti della struttura potrebbe essere stato pilotato verso il candidato del Partito democratico Sammartino, risultato il più votato nella lista provinciale di Catania;
   notizie di stampa hanno altresì evidenziato come ben 100 presidenti di seggio, designati dalla corte di appello di Catania, abbiano rinunciato presentando le dimissioni al comune di Catania;
   il gruppo del MoVimento 5 Stelle con atti di sindacato ispettivo aveva chiesto da subito il coinvolgimento dell'Osce per l'invio di osservatori ai seggi elettorali in ordine alle operazioni di voto e di scrutinio nelle elezioni siciliane –:
   di quali elementi disponga il Governo con riferimento ai fatti esposti in premessa, anche in relazione alla nomina dei presidenti degli uffici elettorali, nonché ai dati e ai requisiti relativi all'emissione di certificati medici di accompagnamento al voto emessi dalle aziende sanitarie locali siciliane, segnalando all'autorità giudiziaria le eventuali anomalie. (3-03358)
(14 novembre 2017)

  VEZZALI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   nella risposta all'interrogazione n. 4-15932, il Governo ha fornito le precisazioni di seguito riportate;
   la sede temporanea della seconda squadra terrestre dei vigili del fuoco di Ancona, delocalizzata presso il distaccamento aeroportuale di Falconara, ha prodotto risultati positivi sia per qualità del servizio prestato, sia per la riduzione dei tempi di intervento, sia per l'elevato numero di interventi espletati;
   il Governo ha definito questa soluzione particolarmente efficace e ha ritenuto vantaggioso mantenere l'attuale presidio di Falconara, anche dopo la conclusione dei lavori della caserma di Ancona, per assicurare alla cittadinanza un servizio di soccorso più efficiente; il modello organizzativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco riconosce ai comandanti provinciali la facoltà di rimodulare la ripartizione sul territorio del personale a loro disposizione in presenza di comprovate esigenze, anche di carattere temporaneo;
   il Governo ha precisato, però, che l'attivazione in via permanente di un distaccamento terrestre nell'area interessata richiede la previsione di un contingente di personale superiore a quello attualmente operante e che potrà essere valutata e decisa solo successivamente a un intervento normativo di potenziamento della dotazione organica del Corpo nazionale, avocando al livello centrale la soluzione del problema;
   la pianta organica del Corpo, ridefinita nei mesi scorsi, potrà essere rivista e ampliata, però, solo nel 2019;
   il progetto «Soccorso Italia in venti minuti» mirava ad aumentare il numero dei comuni serviti in tempi certi e a migliorare e adeguare i tempi di intervento ad uno standard elevato;
   «Soccorso Italia in venti minuti» puntava sull'ottimizzazione delle risorse disponibili;
   tuttavia, per scelta delle amministrazioni locali non in tutti i comuni o comprensori di comuni, anche con assegnazione di squadre, è stato poi reso effettivo il servizio;
   dalle piante organiche, infatti, risultano unità assegnate ma non utilizzate –:
   se non ritenga di valutare, nella gestione dell'organico di diritto, le esigenze rappresentate da amministrazioni comunali e cittadini, anche in considerazione dei positivi risultati conseguiti, di cui il Ministero dell'interno è a conoscenza, valutando, altresì, nell'assegnazione dell'organico di fatto, un incremento del personale nella regione Marche, al fine di mantenere, fino al citato intervento normativo di potenziamento della dotazione organica nazionale, la partenza terrestre (seconda squadra di Ancona) – per ora temporanea – che opera dall'aeroporto Sanzio di Falconara. (3-03359)
(14 novembre 2017)

  FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, LO MONTE, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   dal 2013, dati del Ministero dell'interno, gli immigrati che hanno fatto ingresso illegalmente nel nostro Paese dalla frontiera marittima risultano essere complessivamente 659.543: 548.303 fino al 31 dicembre 2016 e 112.240 da gennaio al 27 ottobre 2017;
   sebbene si ritenga il numero di gran lunga maggiore, non essendo computati nella cifra sopra indicata gli immigrati che non sono stati identificati al loro ingresso in Italia, come nei cosiddetti «sbarchi fantasma», né quelli che hanno attraversato clandestinamente le frontiere terrestri, dal 2013 ad oggi le domande di protezione internazionale presentate in Italia sono state solo 411.972, un numero comunque di gran lunga inferiore rispetto a quello degli sbarchi;
   nello stesso periodo di riferimento, le domande esaminate dalle commissioni territoriali sono state finora 286.939, di cui 146.344 hanno ricevuto un diniego da parte delle commissioni stesse, mentre 10.430 immigrati si sono resi irreperibili successivamente alla formalizzazione della domanda di asilo;
   a luglio 2017 le presenze nei centri per il rimpatrio ammontavano a 422 e, secondo i dati della Commissione europea (fonte Eurostat), i rimpatri effettuati dall'Italia dal 2013 al 2016 sono stati complessivamente solo 21.555, precisamente 5.860 nel 2013, 5.310 nel 2014, 4.670 nel 2015, 5.715 nel 2016 e, secondo i dati del Ministero dell'interno, al 15 ottobre 2017 sarebbero 4.876;
   il numero dei rimpatri effettuati dall'Italia risulta nettamente inferiore sia rispetto agli stranieri rintracciati in posizione irregolare (5.715 su 41.473 nel 2016) sia a quello di altri Paesi europei, come la Germania, il Regno Unito, la Grecia e la Polonia che nel 2016 hanno rimpatriato rispettivamente 74.080, 36.445, 19.055 e 18.530 immigrati irregolari, tanto che la stessa Commissione europea ha recentemente evidenziato notevoli criticità nella disciplina e gestione dei rimpatri da parte dell'Italia, sollecitando la stessa ad una «piena applicazione del quadro normativo di riferimento» sia in materia di asilo che soprattutto per la piena applicazione della direttiva 2008/115/CE –:
   quale sia l'effettivo numero dei rimpatri effettuati dall'Italia e quali gli accordi in vigore con i Paesi di origine, quali provvedimenti il Governo abbia assunto o intenda assumere al fine di garantire il rintraccio, il trattenimento ed il celere rimpatrio degli immigrati irregolari giunti in Italia negli anni di cui in premessa e se non ritenga che l'accoglienza diffusa di fatto ne impedisca il rintraccio. (3-03360)
(14 novembre 2017)

  PIZZOLANTE e BOSCO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   il contributo di costruzione è un'obbligazione contributiva che si compone degli oneri di urbanizzazione e dei costi di costruzione;
   l'incidenza degli oneri di urbanizzazione deve essere stabilita dai comuni in base a tabelle parametriche definite da ciascuna regione. Ogni cinque anni i comuni devono provvedere ad aggiornare gli oneri di urbanizzazione, in conformità alle disposizioni regionali. Nei periodi intercorrenti tra le determinazioni regionali, il costo di costruzione deve essere adeguato annualmente, ed autonomamente, sulla base dei dati Istat;
   l'ultimo provvedimento in merito in Puglia è dato dalla deliberazione della giunta regionale n. 2081 del 2009. Diversi comuni pugliesi hanno continuato ad applicare il precedente inferiore parametro di fonte ministeriale. Tuttavia, i medesimi comuni stanno inoltrando in questi anni richieste di rettifica verso l'alto dell'ammontare del contributo di costruzione, in applicazione tardiva delle norme regionali. Il Consiglio di Stato ha riconosciuto ai comuni il potere-dovere di ricalcolare gli oneri intervenuti medio tempore;
   a seguito di indagini della Guardia di finanza, nella sola provincia di Lecce la quasi totalità dei comuni (97 comuni) è incorsa in indagini per danno erariale a carico esclusivamente di circa 200 tecnici comunali per gli anni dal 2008 al 2012, cui è stato imputato di non aver esercitato la propria iniziativa nei confronti degli organi politici degli enti locali per l'adeguamento del contributo di costruzione. In sostanza, è stata imputata ai tecnici una responsabilità che invece fa capo alle attribuzioni in generale degli organi politici e istituzionali dei comuni;
   sia il consiglio regionale della Puglia, che la Camera dei deputati (9/3926-A-R/33) hanno approvato ordini del giorno che impegnano rispettivamente il presidente della giunta regionale e il Governo, nell'ambito dei poteri di propria competenza, ad affermare con un provvedimento legislativo, anche in via di interpretazione autentica, che la discrezionalità dei comuni in materia di adeguamento dei contributi di costruzione è di esclusiva competenza del consigli comunali –:
   se il Governo non ritenga opportuno emanare disposizioni interpretative dei commi 5, 6, 7 e 9 dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, nelle quali si chiarisca che spetta al consiglio comunale la competenza esclusiva per quel che riguarda l'aggiornamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione e che, qualora il consiglio non si pronunci o non ritenga di pronunciarsi, non sono addebitabili responsabilità agli organi tecnico-gestionali dell'ente. (3-03361)
(14 novembre 2017)

  RAMPELLI, GIORGIA MELONI, CIRIELLI, LA RUSSA, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   durante l'esame parlamentare del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, recante «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo», è stato approvato un emendamento relativo all'introduzione di un puntuale obbligo di rendicontazione in capo alle cooperative che gestiscono i servizi di accoglienza dei migranti;
   la dimensione raggiunta dal fenomeno dell'immigrazione irregolare negli scorsi due decenni ha, infatti, dato luogo a una progressiva esternalizzazione dei servizi di accoglienza e assistenza, nell'ambito della quale la parte maggioritaria è affidata a soggetti privati attraverso convenzioni con i soggetti pubblici preposti;
   nel 1995, con il decreto-legge 30 ottobre, n. 451, recante «Disposizioni urgenti per l'ulteriore impiego del personale delle Forze armate in attività di controllo della frontiera marittima nella regione Puglia», erano stati prorogate le prime disposizioni per «gli interventi assistenziali a favore degli immigrati privi di mezzi di sostentamento, con le stesse modalità e nel limite dei fondi disponibili» ed era stato contestualmente previsto che con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, fossero «determinati i criteri e le modalità di utilizzazione dei fondi»;
   il decreto attuativo della citata disposizione aveva poi previsto che gli enti locali «ai fini della rendicontazione delle somme liquidate sono tenuti a trasmettere alle prefetture competenti, entro sessanta giorni dalla chiusura dell'esercizio finanziario o del completamento dell'intervento, una dettagliata relazione sulle attività svolte e sulle spese sostenute», mentre ancora oggi alcuna misura di rendicontazione puntuale e dettagliata della spesa effettivamente sostenuta è richiesta ai soggetti privati ai fini della liquidazione del corrispettivo, a tal fine bastando il solo documento contabile integrato dal prospetto riepilogativo delle presenze riferite al periodo di fatturazione;
   la disposizione ora inserita nel decreto-legge n. 451 del 1995, a seguito dell'approvazione in Commissione di un emendamento presentato dal gruppo di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale, prevede che con un decreto da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione siano «individuati gli obblighi per la certificazione delle modalità di utilizzo dei fondi di cui al presente articolo da parte dei soggetti aggiudicatari, attraverso la rendicontazione puntuale della spesa effettivamente sostenuta, mediante la presentazione di fatture quietanzate»;
   il termine previsto per l'adozione del decreto è scaduto il 24 luglio 2017, ma ancora non se ne hanno notizie –:
   quando sarà adottato il decreto di cui in premessa e se non ritenga di procedere con urgenza, vista la delicatezza del tema e i numerosi scandali che hanno visto protagonista proprio la gestione dei fondi pubblici da parte delle cooperative che gestiscono l'accoglienza dei migranti irregolari. (3-03362)
(14 novembre 2017)

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