TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 888 di Lunedì 20 novembre 2017

 
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MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE VOLTE A SUPERARE LE CRITICITÀ DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI PREVENZIONE VACCINALE

   La Camera,
   premesso che:
    il 28 luglio 2017 la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, recante disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale;
    l'esame parlamentare del decreto-legge è stato accompagnato da un dibattito molto acceso nell'opinione pubblica, contraddistinto da un erroneo pregiudizio di fondo ossia che il decreto tracciasse una linea di demarcazione tra chi è contrario o meno ai vaccini, compromettendo in tal modo un sereno e aperto dibattito che ha finito per dividere il Paese ed allarmare i genitori e le famiglie;
    il decreto-legge si caratterizza invece come un mero atto di politica sanitaria con rilevanti conseguenze per le famiglie, le strutture sanitarie e le istituzioni scolastiche del Paese, atto che appare segnare un'inversione di tendenza nell'ambito delle ormai consolidate politiche sanitarie del Paese che in oltre 70 anni di studi, dibattiti e ricerche hanno bandito l'idea di una sanità verticalizzata dove il medico era al centro del processo e il cittadino era inteso solo come «paziente» da curare e hanno ridimensionato l'idea che la prevenzione sia la mera assenza di malattia e non già un benessere psico-fisico, consapevole e partecipato;
    la salute, oggi, è un processo promosso, partecipato, informato e democratico, proprio grazie all'evolversi della scienza e anche grazie alla crescita culturale dei popoli. La promozione della salute è un concetto centrale che oggi contraddistingue ogni politica sanitaria che voglia definirsi civile ed evoluta ed è in questo diverso paradigma che la prevenzione vaccinale avrebbe dovuto sussumere un approccio basato sulla raccomandazione e non già sull'obbligatorietà, in armonia proprio con il trend, ormai consolidato, delle diverse politiche vaccinali che nel mondo e soprattutto in Europa – come evidenzia anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato nell'indagine sui vaccini del 2016 – hanno implementato «politiche vaccinali basate su di un approccio incentrato sulla combinazione tra offerta pubblica di vaccini ritenuti essenziali per la salute pubblica e un convincimento informato dei soggetti decisori rispetto ai trattamenti vaccinali»;
    la tendenza alla raccomandazione dei vaccini, più che alla loro obbligatorietà, è stabilita a livello globale e il quadro di vaccinazione europeo relativo ai programmi vaccinali nazionali, infatti, comprende sia vaccinazioni obbligatorie sia raccomandate: dei 30 Paesi (i 28 dell'Unione europea più Islanda e Norvegia), 15 hanno almeno una vaccinazione obbligatoria all'interno del proprio programma vaccinale, mentre gli altri 15 non hanno alcuna vaccinazione obbligatoria. Pertanto, se da un lato l'obbligatorietà delle vaccinazioni sono considerate una strategia per migliorare l'adesione ai programmi di immunizzazione, dall'altro appare chiaro che molti dei programmi europei risultano efficaci anche se non prevedono alcun obbligo;
    i Paesi che non hanno adottato obblighi per alcun vaccino, sono: Austria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Islanda, Lituania, Lussemburgo, Olanda, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito. Il Belgio adotta l'obbligatorietà solo per un vaccino, la Francia per tre vaccini, Grecia, Italia e Malta per quattro vaccini (tutti riservano l'approccio raccomandato per i rimanenti vaccini); i Paesi che, ad oggi, adottano un programma vaccinale nazionale con un numero di vaccini obbligatori, maggiore di quattro, sono: Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Lettonia, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia;
    l'articolo 32 della Costituzione rappresenta non solo la massima tutela del diritto alla salute ma anche la massima espressione di libertà e consapevolezza che si realizza attraverso il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico ed espresso, nel caso di minori, dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dai tutori;
    il consenso informato si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell'articolo 2 della Costituzione, che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli articoli 13 e 32 della Costituzione, i quali stabiliscono, rispettivamente, che «la libertà personale è inviolabile» e che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge»;
    il consenso informato trova il suo fondamento negli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione quale sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all'autodeterminazione e quello alla salute, in quanto, se è vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha, altresì, il diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto, nonché delle eventuali terapie alternative e dei rischi connessi; informazioni che devono essere le più esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa libertà personale, conformemente all'articolo 32, secondo comma, della Costituzione;
    la Corte costituzionale si è pronunciata diffusamente sui limiti e le condizioni di compatibilità dei trattamenti sanitari obbligatori con il precetto costituzionale del diritto alla salute dell'articolo 32, ribadendo sempre il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo – anche nel suo contenuto negativo di non assoggettabilità a trattamenti sanitari non richiesti o accettati – con il coesistente e reciproco diritto di ciascun individuo (sentenza n. 218 del 1994) e con la salute della collettività (sentenza n. 307 del 1990); è proprio il bilanciamento dei due diritti sottesi che ha portato la Corte costituzionale, con la sentenza n. 258 del 1994, a ritenere che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l'articolo 32 della Costituzione solo se siano rispettate talune condizioni, tra le quali «la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili»;
    la Corte costituzionale nella medesima sentenza aggiunge che «proprio per la necessità di realizzare un corretto bilanciamento tra la tutela della salute del singolo e la concorrente tutela della salute collettiva, entrambe costituzionalmente garantite, si renderebbe necessario porre in essere una complessa e articolata normativa di carattere tecnico – a livello primario attesa la riserva relativa di legge, ed eventualmente a livello secondario integrativo – che, alla luce delle conoscenze scientifiche acquisite, individuasse con la maggiore precisione possibile le complicanze potenzialmente derivabili dalla vaccinazione, e determinasse se e quali strumenti diagnostici idonei a prevederne la concreta verificabilità fossero praticabili su un piano di effettiva fattibilità»;
    la necessità e urgenza alla base del ricorso al decreto-legge è stato giustificato dal Governo con il calo delle coperture vaccinali e la recrudescenza ritenuta anomala e straordinaria del morbillo (oltre 3 mila casi). Questa motivazione in realtà è apparsa debole o contraddittoria poiché, proprio in riferimento al morbillo, come evincibile dal sito del Ministero della salute e dell'Istituto superiore di sanità, nell'anno 2016, c’è stato un aumento della copertura vaccinale di ben due punti percentuali passando dall'85,2 per cento all'87,3 per cento (mentre la relazione al decreto-legge parla di inesorabile trend decrescente anche per l'anno 2016) e il calo rispetto al 2013 è, in realtà, di un solo punto percentuale passando dall'88,3 per cento al 87,3 per cento. Senza dubbio c’è un picco epidemico che, come spiega il medesimo Ministero della salute sul suo sito istituzionale, è caratteristico di tale malattia e si presenta ogni due/tre anni. Nel 2008 con una copertura vaccinale al 90,1 per cento i casi di morbillo furono 5.312. Nel 2011 con una copertura vaccinale al 90 per cento i casi di morbillo sono stati 4.671. Nel 2015, con una copertura vaccinale dell'85,2 per cento, i casi di morbillo sono stati 254;
    in riferimento alla diffusione del morbillo, il tasso di mortalità si colloca intorno allo 0,2 per cento, valore questo che, tuttavia, si eleva fino al 10-20 per cento nel caso di soggetti affetti da malnutrizione. Ciò posto, considerata la rilevante incidenza della povertà assoluta e relativa sul totale delle famiglie italiane, accentuata dal prolungato periodo di crisi economica, si evidenzia pertanto la necessità di affrontare il tema della prevenzione e della promozione vaccinale ragionando sul più vasto contesto degli aspetti socio-sanitari, all'uopo implementando le risorse finanziarie destinate al miglioramento generale delle condizioni igienico-sanitarie della popolazione ed intervenendo con autorevolezza sui relativi centri di costo, come dimostra la positiva esperienza condotta nella regione Veneto;
    ogni vaccino è una prestazione sanitaria a sé, contraddistinta da una peculiare correlazione costo-beneficio, rischio che non appare compatibile con un indistinto regime di obbligatorietà. I vaccini non sono prodotti identici e non sono un'unica e indistinta prestazione sanitaria ma sono distinte prestazioni sanitarie, ciascuna correlata ad una specifica malattia;
    in caso di emergenze sanitarie il nostro ordinamento già prevede l'intervento in casi di urgenza e, non a caso, anche il provvedimento all'esame fa salva l'adozione di interventi di urgenza ai sensi dell'articolo 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che prevede che «in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Negli altri casi l'adozione dei provvedimenti d'urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali»;
    il decreto legislativo, richiamato nel decreto-legge, attua il riparto delle competenze tra Stato, regioni ed enti locali, come contemplato dagli articoli 5, 117, 118 e 128 della Costituzione ed in relazione alle emergenze sanitarie o di igiene pubblica, correlate inevitabilmente al territorio, attribuisce alle autorità territoriali il potere necessario per intervenire in situazioni di necessità ed urgenza;
    l'intervento indifferenziato da parte dello Stato, motivato da necessità e urgenza, senza che siano tenute in considerazione le differenze territoriali con riferimento alla copertura vaccinale o in riferimento ad eventuali epidemie, peraltro opportunamente rilevate, anche a livello territoriale, dal medesimo Ministero della salute e dall'Istituto superiore di sanità, oltre che configurarsi come lesivo delle competenze dei diversi livelli di autonomia rischia concretamente di compromettere l'attività di prevenzione sanitaria che le regioni, nell'ambito della loro autonomia, hanno posto in essere fino ad oggi;
    il decreto-legge consente al Ministero della salute di avvalersi di un contingente fino a 20 unità di personale di altri dicasteri in posizione di comando, al fine di definire le procedure intese al ristoro dei soggetti danneggiati da trasfusioni con sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni obbligatorie. Ai fini della copertura degli oneri finanziari derivanti dall'impiego del contingente anzidetto, quantificati in 359.000 euro per l'anno 2017 e 1.076.000 euro per l'anno 2018, viene ridotta in misura corrispondente l'autorizzazione di spesa per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie;
    il decreto-legge ridefinisce l'ambito di applicazione della legge sugli indennizzi (legge n. 210 del 1992) prevedendo che sia applicabile a tutti i soggetti che, a causa delle vaccinazioni indicate nell'articolo 1 del medesimo decreto, abbiano riportato lesioni o infermità dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, escludendo in tal modo dagli indennizzi le ulteriori vaccinazioni raccomandate che non sono incluse all'articolo 1 del provvedimento all'esame, come ad esempio l'Hpv per le femmine e per i maschi, l’Herpes Zoster o l'epatite A, ma che sono inserite nel piano nazionale vaccini e fortemente raccomandate;
    l'esclusione di alcuni vaccini raccomandati dall'ambito di applicazione della legge n. 210 del 1992 si pone in aperto contrasto con i diversi enunciati della Corte costituzionale che hanno dichiarato incostituzionale la legge 25 febbraio 1992, n. 210, nella parte i cui gli indennizzi non sono riferibili anche ai vaccini raccomandati;
    solo per quattro vaccini obbligatori (morbillo, parotite, rosolia e varicella) è prevista la possibilità di revisione triennale del regime dell'obbligatorietà, a seconda dello stato epidemiologico e delle reazioni avverse, mentre per gli altri sei vaccini l'obbligatorietà sarà sine die; ed inoltre, i quattro vaccini per i quali le regioni devono assicurare un'offerta attiva e gratuita non sono soggetti ad alcuna possibilità di revisione triennale e saranno tali fino a quando non intervenga il legislatore con un altro provvedimento di rango primario;
    durante l'esame parlamentare del decreto-legge è stata introdotta la possibilità di usufruire dei vaccini monovalenti, quanto meno per i soggetti già immunizzati per talune malattie, ma questa miglioria richiesta dalle opposizioni è stata però riformulata dal Governo in maniera assolutamente insufficiente e inefficace: in primis si fa riferimento ai soli soggetti immunizzati ma non anche, ad esempio, a soggetti che per svariate ragioni e condizioni cliniche hanno controindicazioni specifiche per un solo antigene fornito nel vaccino combinato o polivalente; inoltre con la dicitura «di norma e comunque nei limiti delle disponibilità del Servizio sanitario nazionale» chiaramente non è assicurata la disponibilità del vaccino monovalente (creando disparità e disuguaglianza tra minori che a scuola potranno anche, essere cambiati di classe perché, loro malgrado, lo Stato non garantisce loro il vaccino monovalente);
    nella relazione tecnica al decreto-legge, infatti, la Ragioneria generale dello Stato riporta «che tale disposizione non riveste carattere precettivo, bensì introduce una mera indicazione tendenziale e, pertanto, derogabile. Essa non radica un diritto assoluto in capo al soggetto cui è indirizzato l'obbligo vaccinale ma si limita a prevedere che sia preferibile la somministrazione del soggetto già immunizzato»;
    peraltro, al di là della natura chiaramente non precettiva della disposizione concernente i vaccini monovalenti, è chiaro che i tempi per effettuare le gare e le procedure centralizzate d'acquisto sono molto più lunghi dell'obbligatorietà immediata dei vaccini ed il decreto-legge non tiene in debito conto il fatto che diverse regioni hanno già effettuato gare per un diverso fabbisogno di vaccini, non contemplando il prodotto monovalente;
    nel testo della seconda relazione intermedia della Commissione parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato in missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti di deposito di munizioni, in relazione all'esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno e da somministrazione di vaccini, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico ed a eventuali interazioni, cosiddetta «Commissione uranio», da pagina 18 si affronta il tema dei possibili danni da vaccini negli adulti che svolgono professioni militari, con una serie di segnalazioni di casi importanti e, nelle conclusioni del capitolo, si legge: «È, infine, assolutamente necessario rimarcare che gli esiti del progetto Signum, nonché le risultanze dello studio effettuato dal professor Nobile sui militari della Brigata Folgore, portano ad affermare un significativo incremento della frequenza di alterazioni ossidative del dna e di cellule micronucleate, a fronte di soggetti sottoposti a vaccinazioni in numero superiore a cinque o con vaccini viventi attenuati o con prevalente attività outdoor. Tale limite numerico, come sottolineato anche dal generale Tomao, deve diventare prescrittivo nella somministrazione dei vaccini e adottato nelle linee guida come specifica prescrizione. Anche in questo caso se ne chiede l'inserimento nella futura revisione»;
    dai lavori della «Commissione uranio» e dalla documentazione raccolta è emersa inoltre «la necessità di svolgere esami pre-vaccinali prima della somministrazione dei vaccini, sia al fine della valutazione d'immunità già acquisite, sia al fine dell'accertamento di stati di immunodepressione che sconsiglino di somministrare il vaccino in quello specifico momento; ulteriore problema è poi quello dei tempi di somministrazione del vaccino, indicati dalle case produttrici nelle stesse schede tecniche a corredo del farmaco, posto che il vaccino richiede un tempo di attesa per generare l'immunizzazione, in dipendenza anche delle condizioni fisiche del vaccinando»;
    in conclusione la «Commissione uranio» ritiene che «l'utilizzo di farmaci vaccinali forniti in soluzione monovalente e monodose (ovvero un vaccino per singola malattia, fornito in una singola dose), ridurrebbe notevolmente l'esposizione al rischio dovuto alla profilassi vaccinale, in quanto il militare – in età adulta – potrebbe risultare già immunizzato ad alcuni antigeni contenuti nei vaccini multipli assunti nell'infanzia o immunizzato naturalmente per aver contratto la relativa patologia»;
    nel prevedere l'esonero dell'obbligo nel caso di avvenuta immunizzazione il decreto-legge n. 73 contempla la possibilità di effettuare l'analisi sierologica volta a provare l'avvenuta immunizzazione ma non chiarisce se debba essere effettuata a spese dell'interessato o se sia garantita dal Servizio sanitario nazionale; a parere dei firmatari del presente atto la risposta fornita a riguardo dal Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, non è apparsa convincente laddove, pur confermando che gli oneri saranno a carico delle famiglie, ha riferito che tale onere corrisponde ad un importo che varia da cinque ad undici euro, contrariamente a quando invece risulta da sommarie informazioni acquisite a riguardo secondo le quali il costo si aggira tra i quaranta e i cinquanta euro per malattia, al quale potrebbero aggiungersi anche gli oneri connessi alla prestazione dello specialista infettivologo che dovrà prescrivere tali analisi e che, in base ai nuovi criteri di appropriatezza prescrittiva inseriti nei livelli essenziali di assistenza, non potrà essere il medico di medicina generale;
    quantunque le sanzioni siano state sensibilmente ridotte passando, nel massimo, da 7500 a 500 euro rimane il divieto di accesso o la decadenza dell'iscrizione ai servizi per l'infanzia per i bambini di 0-6 anni, in contrasto peraltro con la cosiddetta «buona scuola» tanto voluta dal Governo precedente e sostenuta dall'attuale e che aveva l'auspicio di eliminare il distinguo tra la formazione fino a sei anni e i gradi successivi d'istruzione;
    il decreto-legge n. 73 del 2017 pone in carico ai genitori l'onere di comprovare presso le istituzioni scolastiche l'avvenuto assolvimento dell'obbligo vaccinale presentando idonea documentazione, relativa all'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie (o all'esonero, omissione o differimento delle stesse). È chiaro che la presentazione della documentazione, oltre ad oberare le scuole già prive di personale, si pone in contrasto con le leggi introdotte dalla cosiddetta «riforma Bassanini» che hanno imposto alle amministrazioni di non onerare i cittadini di eccessive burocrazie. Oggi, infatti, il cittadino può autocertificare qualsiasi stato, fatto e qualità personale e la pubblica amministrazione non può pretendere alcuna documentazione comprovante che sia in possesso di altra pubblica amministrazione;
    il decreto-legge contempla un trasferimento di informazioni e dati sanitari di minori e famiglie alle scuole senza che sia stato previsto un preliminare atto di natura regolamentare che disciplinasse il trattamento e la tutela di dati sensibili e sanitari e senza che sia stato previsto un parere del Garante della privacy, con grave nocumento dei più elementari diritti dei cittadini, com’è appunto il diritto alla riservatezza di dati idonei a rivelare lo stato di salute;
    il Servizio bilancio del Senato della Repubblica ha espresso diffuse perplessità sulle coperture economiche del provvedimento, perplessità che non appaiono risolte con le modifiche intervenute durante l'esame parlamentare; pertanto si rinnovano le perplessità sulle coperture economiche del decreto-legge come peraltro già espresse in occasione dell'approvazione dei livelli essenziali di assistenza, tenuto conto che le stime e le risorse allora approvate erano riferite ad un approccio basato sulla raccomandazione e ad una graduale attuazione, da parte delle regioni, del nuovo piano nazionale vaccinale, con una copertura vaccinale progressiva nel triennio considerato che ovviamente, con il decreto-legge in questione, stante l'immediata obbligatorietà, non è più applicabile;
    da più parti è stata espressa l'esigenza di recuperare il rapporto di fiducia con i genitori e le famiglie, anche approfondendo le motivazioni che hanno indotto alcuni genitori a non sottoporre i bambini ai richiami dopo la somministrazione della prima dose di vaccino; al riguardo infatti si è fatto presente che spesso i genitori sono lasciati soli a fronteggiare la manifestazione, anche blanda, delle reazioni avverse e il centro vaccinale sia per carenza di personale, sia per non adeguata attività formativa, non è in grado di implementare un servizio pre e post-vaccinale che attraverso il counselling, l'informazione e la rassicurazione sia in grado di assicurare le famiglie sia prima che dopo la somministrazione della prima dose; per superare tali ostacoli sarebbero necessari interventi mirati alla formazione degli operatori e all'adeguamento delle strutture, interventi che richiedono adeguate risorse finanziarie;
    sarebbe stato più opportuno affrontare il problema della copertura vaccinale ai primi segnali del calo delle adesioni, per giungere a una soluzione condivisa, senza la necessità di porre obblighi e sanzioni; invece il decreto, proprio riguardo alle iniziative di comunicazione e informazione sulle vaccinazioni, è praticamente inattuabile nell'ambito delle vigenti disponibilità di bilancio, laddove non prevede risorse aggiuntive;
    in riferimento alla necessità di affidarsi senza riserve alle istituzioni sanitarie, come da più parti detto, si ricorda a titolo esemplificativo il caso del farmaco Tamiflu che ha consentito alla società Gilead enormi profitti in relazione alle supposte pandemie delle influenze suina e aviaria. A riguardo, fonti autorevoli, a partire dal British Medical Journal, hanno dimostrato la scarsa trasparenza degli studi clinici e gli scarsi effetti del farmaco che pure fu acquistato in grandi quantità dall'Italia. In questo quadro, appaiono ai firmatari del presente atto totalmente insufficienti, se non inesistenti, gli interventi del Governo sulla necessità di garantire la massima trasparenza rispetto a tutte le sponsorizzazioni erogate da tali industrie nei confronti delle organizzazioni e dei professionisti della sanità nonché rispetto all’iter prodromico all'immissione in commercio di un farmaco ossia la fase della valutazione e della conduzione di una sperimentazione clinica;
     le audizioni del Senato della Repubblica, e tanto meno l'esame alla Camera dei deputati, non hanno permesso di chiarire peraltro tutte le implicazioni che il provvedimento all'esame ha sul mercato e sulla concorrenza, tenuto conto che anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato nell'indagine conoscitiva relativa ai vaccini per uso mano, pubblicata nel 2016, ha rilevato numerose criticità proprio in riferimento al sistema concorrenziale dei prodotti vaccinali, soprattutto quando questi hanno «una sorta di garanzia d'acquisto da parte del Servizio sanitario nazionale»;
    l'Autorità garante della concorrenza e del mercato infatti, neanche immaginando il decreto-legge, ma in riferimento all'inserimento dei vaccini nei livelli essenziali di assistenza, ha evidenziato che «rispetto all'esercizio della selezione dei prodotti ai fini dell'inclusione nei piani nazionali di prevenzione e più ancora in generale in strumenti di garanzia di somministrazione, quali in Italia i livelli essenziali di assistenza, è il caso infine di considerare pure come vadano garantite nella maniera più rigorosa, da un lato, l'indipendenza di giudizio dei soggetti decisori, dall'altro la rappresentanza degli enti che si troveranno a dover sostenere in concreto gli effetti economici delle scelte così effettuate»;
    l'Autorità garante della concorrenza e del mercato raccomanda che «le istituzioni competenti – quali, in primo luogo, il Ministero della salute (...) provvedano a chiarire l'evoluzione della profilassi in tal senso avvenuta nei confronti dei soggetti a cui l'offerta vaccinale viene destinata, al fine di determinare una miglior consapevolezza da parte dei consumatori finali dei prodotti vaccinali e sostenere le loro facoltà di scelta» e raccomanda altresì che «le decisioni di inclusione di un prodotto vaccinale in un programma pubblico di prevenzione e/o la sua qualifica in termini di essenzialità avvengano sempre con le massime garanzie di scientificità, trasparenza e indipendenza, facendo altresì ricorso in maniera espressa e verificabile agli strumenti ormai già ampiamente disponibili di analisi tecnico-economica, in particolare per i profili di costo-efficacia dei diversi prodotti vaccinali, alla luce delle indicazioni e migliori pratiche esistenti a livello internazionale» poiché «rispetto all'offerta, l'inclusione e il successivo mantenimento di un vaccino nell'elenco di quelli essenziali ai sensi del Piano nazionale prevenzione vaccinale/livelli essenziali di assistenza comportano un notevole vantaggio competitivo, in molti casi corrispondente a una sorta di garanzia d'acquisto da parte del Servizio sanitario nazionale tenuto conto dei condizionamenti della domanda e dell'impatto economico-commerciale che ne conseguono»;
    diversi studi e ricerche evidenziano che, nel 2014, il fatturato mondiale della vendita dei vaccini ammontava a 23 miliardi di euro e prospettano che nel 2020 detto fatturato dovrebbe attestarsi a 35 miliardi di euro e che l'80 per cento di tale fatturato è prodotto dalle società Merck & Co. Inc, Sanofi Pasteur, GlaxoSmithKline Plc e Pfizer Inc.; il settore, dunque, è contraddistinto da un regime di oligopolio, in cui appaiono essere assenti efficaci regole di trasparenza ed indipendenza;
    nel nostro Paese la negoziazione del prezzo dei farmaci, che il decreto-legge richiama come misura obbligatoria per l'acquisto dei vaccini previsti nel decreto medesimo, è governata da clausole di riservatezza che impediscono ai cittadini di conoscere il costo effettivo della singola dose di vaccino, con l'inevitabile e susseguente riduzione della concorrenza su tali prodotti; sulla base dei pochi dati disponibili emerge peraltro che la stessa dose di vaccino in Italia risulta avere un prezzo superiore rispetto ad altri Paesi, come ad esempio la Germania e la Francia. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha inoltre segnalato che non esistono farmaci equivalenti in ambito vaccinale, a differenza di quanto previsto per i farmaci generici;
    è necessario, se non addirittura doveroso, che la negoziazione dei vaccini obbligatori non debba essere coperta da vincolo di confidenzialità e riservatezza e che il fascicolo di prezzo e rimborso dei vaccini sia pubblico;
    i dati relativi agli studi clinici condotti per i vaccini obbligatori non dovrebbero essere considerate informazioni commerciali di carattere riservato se l'autorizzazione all'immissione in commercio è già stata concessa, se la procedura per la concessione dell'autorizzazione all'immissione in commercio si è già conclusa oppure se una domanda di autorizzazione all'immissione in commercio è stata ritirata, né sono considerate di carattere riservato le principali caratteristiche della sperimentazione clinica, la conclusione sulla prima parte della relazione di valutazione per l'autorizzazione di una sperimentazione clinica, la decisione riguardante l'autorizzazione a una sperimentazione clinica, la modifica sostanziale di quest'ultima e i relativi risultati, ivi incluse le ragioni dell'interruzione temporanea e della conclusione anticipata nonché i dati relativi agli eventi e reazioni avverse;
    anche durante l'esame parlamentare del decreto-legge non sono stati sufficientemente esplicitati e chiariti quali siano gli obblighi assunti e le strategie concordate a livello europeo e internazionale e gli obiettivi comuni fissati nell'area geografica europea cui il provvedimento in questione tanto nel preambolo quanto nell'articolato;
    appare necessario chiarire se ci sia qualche correlazione con obbligazioni di tipo finanziario e in particolare con l'Alleanza globale per le vaccinazioni, progetto che l'Italia sostiene dal 2006, finanziando i suoi principali strumenti finanziari (Advanced Market Commitments, International Finance Facility for Immunisation e Alleanza globale per le vaccinazioni Matching Fund);
    il 27 gennaio del 2015, durante «Reach Every Child», la conferenza dei donatori dell'Alleanza globale per le vaccinazioni per il periodo 2016-2020, ospitata dal governo tedesco a Berlino, il nostro Paese si è impegnato a versare contributi diretti pari a 120 milioni di dollari, in aggiunta a quanto già impegnato su un periodo ventennale;
    l'Alleanza globale per le vaccinazioni è una fondazione giuridica privata e nasce come forma di partenariato globale fra pubblico e privato che ha lo scopo di migliorare l'accesso all'immunizzazione per la popolazione dei Paesi in via di sviluppo, intervenendo a sostegno dei Paesi che non hanno accesso alle cure o alla risorse necessarie. Riunisce Governi di Paesi in via di sviluppo e di Paesi donatori, l'Organizzazione mondiale della sanità, il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia, la Banca mondiale, l'industria dei vaccini, varie organizzazioni della società civile, la fondazione Bill & Melinda Gates e altri filantropi; nello specifico, l'Alleanza globale per le vaccinazioni promuove dodici vaccini: il vaccino pentavalente (difterite, tetano, pertosse, epatite B e Haemophilus influenzae tipo B) e i vaccini contro lo pneumococco, il rotavirus, la polio, il morbillo, la rosolia e il papilloma virus;
    l'obbligatorietà dei vaccini introdotta con il decreto-legge in esame potrebbe peraltro paradossalmente ridurre il tasso di compliance nelle vaccinazioni da parte delle famiglie italiane, circostanza questa che potrebbe destare reali preoccupazioni, in riferimento a talune patologie;
    come evidenziato dagli studi condotti da autorevoli enti internazionali, come l’European Center for Disease Prevention and Control, è proprio una corretta informazione, basata su elementi di carattere scientifico, lo strumento più consono ad assicurare elevati tassi di adesione spontanea ai piani vaccinali;
    il decreto-legge sulla prevenzione vaccinale presenta numerose criticità tecniche o incongruenze che richiedono un'urgente soluzione;
    durante il dibattito alla Camera dei deputati è stata posta la fiducia al provvedimento ed ogni intervento migliorativo, pur ritenuto necessario dal medesimo Governo, è stato respinto ed è stata prospettata la possibilità di rinviare a future circolari applicative la risoluzione dei dubbi interpretativi di molte sue disposizioni;
    è fondato il timore che tutte le incongruenze e i dubbi possano determinare un rilevante contenzioso, anche a livello di giustizia amministrativa, oltreché un diffuso disorientamento nelle famiglie e nelle istituzioni scolastiche e sanitarie,

impegna il Governo:

1) ad emanare con urgenza una circolare che consenta ai genitori che debbano effettuare le analisi sierologiche, contemplate dal decreto-legge n. 73 del 2017 e volte a comprovare l'avvenuta immunizzazione, di rivolgersi gratuitamente al Servizio sanitario nazionale;

2) a introdurre, in occasione del nuovo aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, tutti gli esami sierologici o diagnostici che consentano, alla luce delle conoscenze scientifiche acquisite, d'individuare con la maggiore precisione possibile le complicanze potenzialmente derivabili dalla vaccinazione, implementando, se necessario, un gruppo di ricerca deputato a determinare se e quali strumenti diagnosi possano essere idonei a prevedere la concreta verificabilità degli eventi avversi alle vaccinazioni;

3) ad adottare un provvedimento anche di natura regolamentare che disciplini la possibilità di esprimere il dissenso informato e motivato alla somministrazione della profilassi vaccinale, che il genitore o il tutore intendano firmare al fine di interrompere la profilassi;

4) a monitorare gli effetti applicativi del decreto-legge n. 73 del 2017, come convertito in legge, prevedendo una relazione semestrale da pubblicare sul sito internet del Ministero della salute, anche al fine di adottare iniziative normative necessarie ad escludere l'obbligatorietà delle vaccinazioni e al fine di recuperare la piena tutela e protezione del principio di autodeterminazione della persona e della libertà del singolo nel rispetto dei princìpi costituzionali del nostro ordinamento giuridico, prevedendo altresì che, in caso di eradicazione delle malattie oggetto di vaccinazione di cui al decreto-legge n. 73 del 2017 o di efficaci copertura vaccinali, possa essere sospeso l'obbligo vaccinale, anche con il potere di ordinanza contemplato nel nostro ordinamento giuridico;

5) a ridurre gli oneri burocratici delle famiglie, prevedendo che siano le amministrazioni pubbliche interessate dal decreto-legge n. 73 del 2017 a trasmettere la documentazione comprovante l'avvenuta vaccinazione;

6) a rivedere, anche attraverso nuove iniziative legislative, il divieto di accesso dei bambini ai servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia, in caso di mancata presentazione della documentazione comprovante le avvenute vaccinazioni, al fine di poter comunque garantire a tutti l'ingresso ai servizi socio educativi e alle materne, e quindi il loro diritto alla socializzazione e all'apprendimento;

7) ad assumere iniziative per reperire risorse aggiuntive – anche in fase di approvazione della prossima legge di bilancio – e di adottare misure necessarie all'ampliamento dell'organico amministrativo delle scuole e all'implementazione di procedure informatizzate, affinché le scuole possano sostenere gli oneri burocratici e amministrativi susseguenti all'entrata in vigore del decreto-legge n. 73 del 2017, come modificato a seguito della conversione in legge;

8) ad assumere iniziative per prevedere maggiori risorse al Servizio sanitario nazionale al fine di garantire la piena disponibilità sul territorio nazionale di vaccini monovalenti, affinché il soggetto immunizzato sia posto nella condizione di poter adempiere all'obbligo vaccinale, escludendo qualsiasi possibilità di effettuare la vaccinazione in soggetti già immunizzati e prevedendo altresì che la produzione monovalente dei vaccini obbligatori sia affidata allo stabilimento chimico farmaceutico nazionale;

9) ad implementare ricerche e studi concernenti i potenziali effetti collaterali e complicanze da vaccini multivalenti, tenendo conto di quanto rilevato dalla «Commissione uranio», nella relazione intermedia citata in premessa;

10) ad emanare linee guida specifiche affinché i centri vaccinali forniscano ai genitori, tutori o affidatari informazioni puntuali sulle modalità di effettuazione e la via di somministrazione dei vaccini, sul grado di efficacia e sugli eventi avversi, sulle probabilità del loro verificarsi e sul loro trattamento nonché sulle possibili conseguenze sanitarie derivanti dalla mancata vaccinazione, sulle condizioni cliniche che costituiscono una controindicazione alla vaccinazione nonché precise indicazioni, per sanitari e genitori, sulle procedure da attivare per la comunicazione di segnalazioni avverse;

11) ad assumere iniziative per prevedere che le risorse derivanti dalla comminazione delle sanzioni rimangano nella disponibilità delle regioni, siano rese pubbliche nel loro ammontare e siano destinate ai consultori familiari affinché siano in grado di attivare un'informazione capillare ed esaustiva alle famiglie e affinché siano in grado di attivare un farmacovigilanza attiva attraverso un calendario di visite periodiche, anche post-vaccinali;

12) a rafforzare gli standard organizzativi e strutturali dei centri e servizi preposti alle vaccinazioni, implementandone gli organici e forme di collaborazione attiva con la rete dei pediatri di famiglia;

13) ad assumere iniziative normative per prevedere che il Ministero della salute, in relazione gli indennizzi e i risarcimenti conseguenti ai danni procurati dai vaccini di cui al decreto-legge n. 73 del 2017, debba rivalersi sulla casa farmaceutica di produzione;

14) ad assumere iniziative di carattere normativo, affinché le risorse necessarie ad assicurare al Ministero della salute un contingente fino a venti unità di personale dedicate alla definizione delle procedure intese al ristoro dei soggetti danneggiati da trasfusioni con sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni obbligatorie, non siano sottratte dall'autorizzazione di spesa per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie;

15) a fornire con sollecitudine, un'interpretazione autentica della disposizione, contenuta nel decreto-legge n. 73 del 2017, che circoscrive l'ambito di applicazione della legge n. 210 del 1992 ai soli vaccini indicati nel decreto medesimo, chiarendo che la legge sugli indennizzi (legge n. 210 del 1992), in conformità alla sentenza della Corte costituzionale n. 107 del 2012, si applica invece a tutte le persone vaccinate in adempimento del Piano nazionale vaccinale vigente, ove sono incluse altre vaccinazioni fortemente raccomandate, come ad esempio l'Hpv per femmine e maschi o lo Zolster;

16) a prevedere efficaci iniziative, anche legislative, che favoriscano la ricerca pubblica e indipendente in ambito farmacologico e garantiscano l'assenza di conflitti di interesse, anche potenziali, tra i soggetti coinvolti nella sperimentazione clinica dei vaccini e le aziende farmaceutiche, soprattutto quando quest'ultima riguardi prodotti farmaceutici, come per l'appunto i vaccini, che godono di una sorta di «garanzia d'acquisto dal parte del Servizio sanitario nazionale» poiché inseriti nei livelli essenziali di assistenza o poiché resi obbligatori con legge dello Stato;

17) ad attivarsi, anche con circolari esplicative, affinché la negoziazione dei vaccini obbligatori non sia coperta da vincolo di confidenzialità e riservatezza e il fascicolo di prezzo e rimborso dei vaccini sia pubblico nonché a rendere pubblici i dati relativi agli studi clinici condotti per i vaccini indicati nel decreto-legge n. 73 del 2017, in conformità al regolamento dell'Unione europea n. 536 del 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014;

18) ad attivarsi, per quanto di competenza, affinché le persone incaricate e coinvolte nella sperimentazione clinica non abbiano conflitti di interesse, siano indipendenti dal finanziatore e siano esenti da qualsiasi indebito condizionamento e che non abbiano interessi finanziari in grado di inficiare l'imparzialità della ricerca, prevedendo quindi che tutti i soggetti coinvolti nella ricerca rendano pubblici, ogni anno, gli interessi finanziari e il curriculum vitae dal quale sia desumibile ogni carica o incarico, anche gratuito, presso enti o aziende, pubblici e privati;

19) ad assumere le iniziative di competenza per tutelare l'indipendenza dei ricercatori assicurando loro la massima autonomia nella pubblicazione e diffusione dei dati, senza alcuna influenza dei finanziatori o dei vincoli di proprietà di soggetti terzi che possano deciderne la diffusione o meno in funzione dei propri interessi commerciali;

20) ad attivarsi affinché le riviste scientifiche siano realmente trasparenti anche attraverso l'introduzione di appositi divieti volti a non considerare validi, nei concorsi pubblici, punteggi che siano correlati a pubblicazioni scientifiche non supportate da una comprovata indipendenza sia delle ricerche condotte sia delle riviste scientifiche i cui membri dei comitati o responsabili editoriali non abbiano fornito congrua informativa sull'assenza di conflitti d'interesse;

21) ad assicurare, per quanto di competenza, il preliminare intervento del Garante della privacy sull'imponente trattamento di dati sensibili e sanitari previsto nel decreto-legge n. 73 del 2017, assicurando che sia garantita la massima tutela del diritto alla riservatezza di quei dati che siano idonei a rivelare lo stato di salute dei cittadini;

22) ad attivarsi affinché sia resa pubblica, anche attraverso una relazione alle Camere da parte dei ministri competenti, l'esposizione finanziaria dell'Italia in relazione all'Alleanza globale per le vaccinazioni, indicando esattamente se e quali debiti l'Italia abbia contratto, chiarendo se e in quale misura eventuali obbligazioni finanziarie dell'Alleanza globale per le vaccinazioni siano correlate al decreto-legge n. 73 del 2017, indicando con chiarezza se il decreto-legge citato assolva o meno ad impegni di tifo finanziario assunti dall'Italia con questa Fondazione avente natura giuridica privata.
(1-01683)
«Colonnese, Nesci, Grillo, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero, Baroni, Cecconi, Dall'Osso».
(2 agosto 2017)

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