Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 331


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
FERRANTI, ORLANDO, ROSSOMANDO, SPERANZA, MIGLIORE, SERENI, AMICI, AMODDIO, BARETTA, BARGERO, BENAMATI, BIONDELLI, CAUSI, CENNI, D'INCECCO, FEDI, FIORONI, FONTANELLI, GRASSI, LEGNINI, MARCHI, MARTELLA, MARTELLI, MORETTI, QUARTAPELLE PROCOPIO, REALACCI, ROSATO, VERINI, ZARDINI
Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili
Presentata il 18 marzo 2013


      

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Onorevoli Colleghi! La presente proposta di legge riproduce il testo dell'atto già approvato dalla Camera dei deputati, nella passata legislatura, il 4 dicembre 2012, che costituiva il risultato di un lungo, approfondito lavoro parlamentare, il quale purtroppo non ha potuto avere la definitiva approvazione da parte del Senato per l'anticipato scioglimento delle Camere.
      Proprio per dare conto del complesso iter parlamentare si riportano qui di seguito i passi più significativi delle relazioni svolte in Aula sull'atto Camera 5019-bis-A della XVI legislatura dai relatori Enrico Costa e Donatella Ferranti.
      «Prima di passare al contenuto del testo vorrei sottolineare come momento centrale dell'istruttoria legislativa siano state le audizioni svolte nell'ambito dell'indagine conoscitiva che, attraverso l'apporto tecnico-giuridico di professori universitari e di operatori del diritto, quali magistrati ed avvocati, ha consentito, tra l'altro, di compiere un lavoro sicuramente delicato e complesso: la trasformazione di alcune deleghe in disposizioni direttamente precettive. Ritengo che sia doveroso ringraziare, per il significativo contributo dato, i professori Mario Chiavario, Claudia Cesari, Giulio Illuminati e Francesco Caprioli nonché il Capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, il presidente del Tribunale di Torino, Luciano Panzani, il giudice del Tribunale di Torino, Alessandra Salvadori, ed i rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati e dell'Unione delle Camere penali italiane. Sono stati molto utili anche i contributi scritti della Dott.ssa Livia Pomodoro, presidente del Tribunale di Milano, e di Claudio Castelli, Presidente aggiunto Ufficio GIP presso Tribunale di Milano.
      Passo quindi ad illustrare il testo partendo proprio dalla delega relativa alle pene detentive non carcerarie, che il testo originario collocava all'articolo 5, che invece ora si trova all'articolo 1, quale unica delega rimasta.
      Si tratta di una novità nel panorama del diritto penale italiano che si può definire epocale senza correre il rischio di cadere in facili esaltazioni retoriche che sovente non hanno poi alcuna giustificazione nella realtà dei fatti.
      La novità consiste nel prevedere che il giudice della cognizione nel pronunciare la condanna per reati puniti con pene detentive non superiori a quattro anni possa stabilire che, in luogo della detenzione carceraria, la reclusione o l'arresto siano eseguiti presso l'abitazione del condannato o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, anche per fasce orarie o per giorni della settimana, in misura non inferiore a quindici giorni e non superiore a quattro anni, nel caso di delitto, ovvero non inferiore a cinque giorni e non superiore a tre anni, nel caso di contravvenzioni. Tra i delitti puniti con pene detentive non superiori a quattro anni è stato escluso, per evidenti ragioni, il reato di stalking di cui all'articolo 612-bis del codice penale.
      Come ha avuto modo di sottolineare il Ministro della Giustizia nel corso dell'esame in sede referente, si tratta di modifiche che intendono realizzare un'equilibrata politica di “decarcerizzazione” e dare effettività al principio del minor sacrificio possibile della libertà personale, che comunque viene privata.
      È innegabile che per il nostro ordinamento il carcere deve essere considerato come una extrema ratio, alla quale ricorrere quando altre sanzioni sono inefficaci.
      Come si legge nella relazione di accompagnamento al disegno di legge, “attraverso le nuove pene detentive non carcerarie, il condannato non dovrà più subire l'inadeguatezza del sistema penitenziario e la relativa ingiustificata compressione del diritto a un'esecuzione della pena ispirata al principio non solo di rieducazione, ma anche di umanità. Si tratta, pertanto, di disposizioni che conciliano i fondamentali obiettivi di un moderno sistema penale ispirato ai princìpi non soltanto di necessità, legalità, proporzionalità, personalità della pena, ma anche di rieducazione e umanizzazione della stessa secondo il disposto dell'articolo 27 della Costituzione, che ha inteso bandire ogni trattamento disumano e crudele, escludendo dalla pena ogni afflizione che non sia inscindibilmente connessa alla restrizione della libertà personale”.
      La valenza epocale della riforma, alla quale ho prima fatto riferimento, sta nel fatto che non si tratta di una misura che viene applicata in fase di esecuzione all'esito dell'osservazione del comportamento del detenuto in carcere, ma di una pena principale che si affianca alla reclusione ed arresto in carcere e che, come tale, è comminata dal giudice della cognizione. Si tratta di un primo passo di avvicinamento a quei sistemi penali, specialmente anglosassoni, dove la pena si modula ogni volta (naturalmente con limitazioni legislative ben precise) sulle reali e concrete esigenze rieducative del condannato, senza mai perdere di vista le valenze retributive e preventive che la pena deve comunque sempre mantenere.
      La delega non tiene conto solo del principio secondo cui il carcere deve essere considerato come una extrema ratio, ma anche delle esigenza di sicurezza sociale. Per assicurare queste ultime, si è voluto evitare che l'esecuzione “domiciliare” della pena detentiva possa essere considerata un dato acquisito ex ante da colui che commette il reato, bensì il risultato di una specifica e particolare ponderazione effettuata dal giudice della cognizione sulla base di una serie di elementi che poi non sono tanto diversi da quelli individuati dall'articolo 133 del codice penale. Non v’è, quindi, alcuna automaticità nel prevedere la reclusione o l'arresto domiciliare. Questo è un punto molto importante che deve essere tenuto ben a mente quando, a torto, si critica questa riforma bollandola come un indiscriminato “svuota carceri”. Alla base dell'applicazione della nuova pena vi è sempre una prognosi negativa di pericolosità del condannato.
      Le modifiche effettuate dalla Commissione sono state dettate dall'esigenza di rafforzare proprio questo profilo della delega, al fine di sottolineare l'aspetto di tutela della sicurezza della società. In questa ottica si è voluto dare risalto anche alle esigenza di tutela delle persone offese, che potrebbero essere lese da una esecuzione domiciliare delle pene detentive.
      Altre modifiche significative attengono alle modalità di controllo che il giudice della cognizione non può (come previsto nel testo originario) ma deve prevedere. Inoltre si è previsto che i mezzi elettronici o altri strumenti tecnici (in primo luogo, i cosiddetti braccialetti) siano uno degli strumenti di controllo ma non gli unici. Ciò consente di svincolare la riforma dalla questione dei braccialetti elettronici che oltre ad avere un costo notevole potrebbero non garantire i risultati di sicurezza sperati.
      Si è poi intervenuti sulla parte relativa al luogo ove può essere espiata la detenzione, riproducendo la formulazione della già citata legge 26 novembre 2010, n. 199, che sul punto sembrava più completa rispetto al testo originario del disegno di legge, che si limitava all'abitazione o un altro luogo di privata dimora, escludendo di fatto dalla applicazione del nuovo istituto tutti coloro che non disponessero di tali luoghi. In luogo della dimora sono stati previsti i luoghi pubblici o privati di cura, assistenza e accoglienza.
      È infine evidente che le nuove pene previste, evitando il carcere a chi del carcere non abbia bisogno per finalità retributive ed educative, sono dirette anche ad ovviare, sia pure solo in parte, alla drammaticità del problema del sovraffollamento carcerario di cui soffre il nostro sistema penitenziario.
      Gli articoli da 2 a 6 hanno per oggetto il nuovo istituto della messa alla prova. Scopo della nuova disciplina – ispirata alla nota probation di origine anglosassone – è quello di estendere il citato istituto, tipico del processo minorile, anche al processo penale per adulti in relazione a reati di minor gravità. Come si spiega nella relazione illustrativa, l'istituto “offre ai condannati per reati di minore allarme sociale un percorso di reinserimento alternativo e, al contempo, svolge una funzione deflativa dei procedimenti penali in quanto è previsto che l'esito positivo della messa alla prova estingua il reato con sentenza pronunciata dal giudice”. Si tratta, come nel processo minorile, di una probation giudiziale che non presuppone la pronuncia di una sentenza di condanna.
      Anche in questo caso si è cercato di coniugare due diverse esigenze: quelle rieducative della persona che potrebbe aver commesso un reato e quelle di sicurezza della società, che non può tollerare che non si svolgano processi quando questi potrebbero concludersi con condanne necessarie sotto i diversi profili che la pena deve avere secondo la Costituzione. Questo bilanciamento di interessi presuppone che anche in questo caso non vi debba essere alcuna automaticità nell'applicazione dell'istituto, ma vi debba essere un controllo da parte del giudice della pericolosità del soggetto, che potrebbe comportare la revoca della sospensione quando questa pericolosità dovesse emergere nel corso della probation.
      Vorrei ricordare che la messa alla prova di maggiorenni è stata più volte presa in considerazione sia dal Parlamento che da commissioni ministeriali di studio, i cui lavori sono serviti come spunto per alcune soluzioni adottate nel testo. Mi riferisco alle Commissioni presiedute da Grosso, Pisapia e Nordio.
      Per quanto attiene alla nuova disciplina si è preferito trasformarla da delega in normativa direttamente precettiva.
      Mentre nel processo minorile, la messa alla prova è disposta dal giudice, sentite le parti, qui l'applicazione dell'istituto è richiesta dall'imputato.
      In particolare, si introduce nel codice penale l'articolo 168-bis, volto a prevedere in via generale l'istituto della sospensione del processo con messa alla prova dell'imputato. In tale articolo si stabilisce che nei procedimenti per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, l'imputato può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova.
      È poi disciplinato il contenuto dell'istituto, prevedendo che la messa alla prova comporta la prestazione di un lavoro di pubblica utilità nonché condotte volte all'eliminazione delle conseguenze dannose derivanti dal reato. Può inoltre comportare l'osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali. È quindi evidente che la messa alla prova può consentire quella realizzazione delle finalità rieducative e riparatorie che la pena non sempre riesce a garantire.
      Si prevede poi in cosa debba consistere il lavoro di pubblica utilità, affermando che questa si traduce in una prestazione non retribuita, di durata non inferiore a trenta giorni, anche non continuativi, in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti od organizzazioni non lucrative di utilità sociale (le ONLUS). La prestazione è svolta con modalità che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dell'imputato e la sua durata giornaliera non può superare le otto ore.
      Si prevede, affinché l'istituto non sia strumentalizzato, che la sospensione del processo con messa alla prova dell'imputato non possa essere concessa più di due volte né più di una volta se si tratta di reato della stessa indole. Inoltre si prevede che non possa essere concessa ad una serie di categorie di soggetti pericolosi quali i delinquenti e contravventori abituali o per professione ed i delinquenti per tendenza.
      All'articolo 168-ter del codice penale sono disciplinati gli effetti della sospensione del procedimento con messa alla prova, prevedendo che durante il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova il corso della prescrizione del reato è sospeso e che si applica l'articolo 161 del codice penale, relativo alla disciplina della sospensione e dell'interruzione della prescrizione.
      Si prevede che l'esito positivo della prova estingue il reato per cui si procede senza pregiudicare l'applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge. Sempre con la finalità di evitare facili strumentalizzazioni dell'istituto, si stabilisce la revoca della sospensione del procedimento con messa alla prova in caso di grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni.
      Ai fini della revoca il giudice dovrebbe fissare apposita udienza per la valutazione dandone avviso alle parti e alla persona offesa almeno dieci giorni prima dell'udienza.
      Un principio fondamentale è quello secondo cui, in caso di revoca ovvero di esito negativo della prova, l'istanza di sospensione del processo con messa alla prova dell'imputato non può essere riproposta. Il fatto che il destinatario della sospensione abbia subìto la revoca della medesima è un fatto che di per sé dimostra, anche per il futuro, di non essere un soggetto meritevole di misure che comunque rappresentano un beneficio.
      Nel codice di procedura penale poi sono state inserite le norme che disciplinano le modalità di applicazione dell'istituto. In primo luogo si prevede all'articolo 464-bis che nei casi previsti dall'articolo 168-bis del codice penale l'imputato può formulare richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova.
      La richiesta deve essere proposta, oralmente o per iscritto, fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422 o fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo e nel procedimento di citazione diretta a giudizio. Se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta dovrebbe essere formulata entro il termine e con le forme stabiliti dall'articolo 458, comma 1. Nel procedimento per decreto la richiesta deve essere presentata con l'atto di opposizione. La volontà dell'imputato deve essere espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste dall'articolo 583, comma 3.
      È estremamente importante il ruolo da affidare all'Ufficio di esecuzione penale esterna affinché possa essere assicurata una efficace applicazione dell'istituto. Si stabilisce che all'istanza dell'imputato sia allegato un programma di trattamento elaborato d'intesa con l'Ufficio di esecuzione penale esterna. Tale allegato deve prevedere necessariamente: le modalità di coinvolgimento dell'imputato, del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita nel processo di reinserimento sociale, ove ciò risulti necessario; le prescrizioni attinenti al lavoro di pubblica utilità, nonché quelle comportamentali e gli altri impegni specifici che l'imputato assume anche al fine di elidere o di attenuare le conseguenze del reato. A tale fine vengono considerati il risarcimento del danno, le condotte riparatorie e le restituzioni. Nei procedimenti relativi a reati previsti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché a reati previsti dalla normativa vigente in materia di circolazione stradale e di prevenzione degli infortuni e di igiene sul lavoro, tale indicazione è richiesta a pena di inammissibilità dell'istanza.
      Al fine di decidere sulla concessione, nonché ai fini della determinazione degli obblighi e delle prescrizioni cui eventualmente subordinarla, il giudice potrebbe acquisire, tramite la polizia giudiziaria, i servizi sociali o altri enti pubblici, tutte le ulteriori informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita personale, familiare, sociale ed economica dell'imputato. Tali informazioni devono essere portate tempestivamente a conoscenza del pubblico ministero e del difensore dell'imputato.
      È poi disciplinata l'ipotesi di richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova nel corso delle indagini preliminari, prevedendo che il giudice, se è presentata una richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, trasmette gli atti al pubblico ministero per esprimere il consenso o il dissenso nel termine di cinque giorni. Il consenso del pubblico ministero deve risultare da atto scritto unitamente alla formulazione della imputazione. Il pubblico ministero in caso di dissenso deve enunciarne le ragioni. In tal caso l'imputato dovrebbe poter rinnovare la richiesta prima dell'apertura del dibattimento di primo grado.
      È stato poi necessario disciplinare il provvedimento del giudice e gli effetti della pronuncia, prevedendo che il giudice, se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, decide con ordinanza nel corso della stessa udienza, sentite le parti nonché la persona offesa, oppure in apposita udienza in camera di consiglio, della cui fissazione è dato contestuale avviso alle parti e alla persona offesa. Si dovrebbe prevedere che il giudice, se ritiene opportuno verificare la volontarietà della richiesta, possa disporre la comparizione dell'imputato. Si prevede l'applicazione dell'articolo 127.
      La sospensione del procedimento con messa alla prova deve essere disposta quando il giudice reputa idoneo il programma di trattamento presentato e ritenga che l'imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati.
      Il giudice potrebbe integrare il programma di trattamento mediante la previsione di ulteriori obblighi e prescrizioni volti a elidere o ad attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato, nonché, ove lo ritenga necessario, obblighi o prescrizioni di sostegno volti a favorire il reinserimento sociale dell'imputato. Si precisa che le ulteriori prestazioni non possano essere disposte senza il consenso dell'imputato.
      Sono stati poi fissati i limiti al periodo di sospensione prevedendo che il procedimento non può essere sospeso per un periodo: superiore a due anni quando si procede per reati per i quali è prevista una pena detentiva, sola o congiunta con la pena pecuniaria; superiore a un anno quando si procede per reati per i quali è prevista la sola pena pecuniaria.
      Contro l'ordinanza che decide sull'istanza di messa alla prova devono poter ricorrere per cassazione l'imputato e il pubblico ministero, anche su istanza della persona offesa.
      Si è poi disciplinata l'esecuzione dell'ordinanza di sospensione del procedimento prevedendo che il giudice debba stabilire il termine entro il quale le prescrizioni e gli obblighi imposti devono essere adempiuti. Tale termine dovrebbe poter essere prorogato, su istanza dell'imputato, non più di una volta e solo quando ricorrono gravi e comprovati motivi. Il giudice potrebbe altresì, con il consenso della persona offesa, autorizzare il pagamento rateale delle somme eventualmente dovute a titolo di risarcimento del danno. Durante la sospensione del procedimento il giudice, con il consenso dell'imputato e sentito il pubblico ministero, può modificare con ordinanza le prescrizioni originarie, ferma restando la congruità delle nuove prescrizioni rispetto alle finalità della messa alla prova.
      Si prevede che durante la sospensione del procedimento il giudice, con le modalità stabilite per il dibattimento, acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili ed eventualmente quelle che possono condurre al proscioglimento dell'imputato.
      Decorso il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova il giudice dovrà dichiarare con sentenza estinto il reato se, tenuto conto del comportamento dell'imputato, riterrà che la prova abbia avuto esito positivo. A tale fine dovrà essere acquisita la relazione conclusiva dell'Ufficio di esecuzione penale esterna che aveva preso in carico l'imputato.
      In caso di esito negativo della prova, il giudice dispone con ordinanza che il processo riprenda il suo corso. Le informazioni acquisite ai fini e durante il procedimento di messa alla prova non dovranno essere considerate utilizzabili.
      Si è disciplinato il computo del periodo di messa alla prova dell'imputato in caso di revoca o di esito negativo della messa alla prova, prevedendo che il pubblico ministero, nel determinare la pena da eseguire, debba detrarre un periodo corrispondente a quello della prova eseguita. Ai fini della detrazione, dieci giorni di prova dovrebbero essere equiparati a un giorno di reclusione o di arresto, ovvero a euro 75 di multa o di ammenda.
      L'articolo 464-octies disciplina la revoca dell'ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova prevedendo che sia disposta anche d'ufficio dal giudice con ordinanza.
      Con un apposito articolo nelle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, sono di disciplinate le attività dei servizi sociali nei confronti degli adulti ammessi alla prova. In tale norma si stabilisce che le funzioni dei servizi sociali per la messa alla prova, disposta ai sensi dell'articolo 168-bis del codice penale, sono svolte dagli uffici locali dell'esecuzione penale esterna del Ministero della giustizia, nei modi e con i compiti previsti dall'articolo 72 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. A tali fini l'imputato dovrebbe rivolgere richiesta all'ufficio di esecuzione penale esterna competente affinché predisponga un programma di trattamento. L'imputato depositerebbe gli atti rilevanti del procedimento penale nonché le osservazioni e le proposte che ritenga di fare. L'ufficio, all'esito di un'apposita indagine socio-familiare, dovrà verificare l'utilità e la praticabilità del programma di trattamento proposto dall'imputato integrandolo o rettificandolo, acquisendo su tale programma il consenso dell'imputato. L'ufficio trasmetterà quindi al giudice il programma, accompagnandolo con l'indagine socio-familiare e con le considerazioni che lo sostengono. Nell'indagine e nelle considerazioni, l'ufficio dovrebbe riferire specificamente sulle possibilità economiche dell'imputato, sulla capacità e sulla possibilità di svolgere attività riparatorie nonché, ove possibile, sulla possibilità di conciliazione con la persona offesa. Il programma deve essere integrato da prescrizioni di trattamento e di controllo che risultino utili, scelte tra quelle previste dall'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.
      Quando sia disposta la sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato, l'ufficio dovrà informare il giudice, con la cadenza stabilita nel provvedimento di ammissione e comunque non superiore a tre mesi, dell'attività svolta e del comportamento dell'imputato, proponendo, ove necessario, modifiche al programma di trattamento, eventuali abbreviazioni di esso ovvero, in caso di grave o reiterata trasgressione, la revoca del provvedimento di sospensione. Alla scadenza del periodo di prova, l'ufficio dovrebbe trasmettere al giudice che procede una relazione dettagliata sul decorso e sull'esito della prova medesima. Le relazioni periodiche e quella finale dell'Ufficio dell'esecuzione penale dovrebbero essere depositate in cancelleria non meno di dieci giorni prima dell'udienza di cui all'articolo 464-septies con facoltà per le parti di prenderne visione ed estrarne copia.
      L'articolo 5 del testo prevede che l'ordinanza che dispone la sospensione del procedimento con messa alla prova sia riportata nel casellario giudiziario affinché ne resti traccia in vista di eventuali successive richieste di applicazione dell'istituto per fatti diversi.
      Strettamente connesso al rafforzamento dei compiti degli uffici di esecuzione penale esterna del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, si prevede all'articolo 6 che, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il Ministro della giustizia riferisce alle competenti Commissioni parlamentari in merito alle necessità di adeguamento numerico e professionale della pianta organica degli uffici di esecuzione penale esterna del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, in relazione alle esigenze di attuazione delle disposizioni in materia di messa alla prova.
      Gli articoli da 7 a 13 hanno per oggetto la sospensione del processo nei confronti degli irreperibili. Anche in questo caso la Commissione ha sostituito la delega con una disciplina direttamente precettiva volta a riformare la materia della contumacia, cancellando tale istituto. Della ratio delle disposizioni in esame si è già detto facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo.
      Il problema principale è stato quello di definire i casi di sospensione, quando non si riesca a reperire l'imputato, e correlativamente i casi in cui si possa procedere anche in assenza dell'imputato, poiché si è ragionevolmente certi che questi sia a conoscenza del fatto che si sta procedendo. Ma quando si può essere certi di una tale conoscenza? E quando si può essere disposti a sospendere il processo, poiché si reputa o si teme che manchi tale conoscenza?
      In linea di massima, l'unico modo per essere davvero certi che l'imputato sia a conoscenza del processo dovrebbe essere la notifica dell'avviso di udienza a mani dell'imputato (salve situazioni straordinarie ed imprevedibili in cui la certezza risulti aliunde). In tutte le altre ipotesi, a partire dalla notifica dell'avviso al convivente, tale certezza non si può dare. L'imputato potrebbe anche essere al corrente che vi è un procedimento aperto nei suoi confronti, ma essere ignaro della celebrazione del processo.
      Tenendo conto anche delle audizioni svolte in materia dalla Commissione nell'ambito dell'indagine conoscitiva relativa all'esame dei progetti di legge abbinati, la disciplina della contumacia si dovrebbe articolare essenzialmente attorno a tre ipotesi: conoscenza certa dell'udienza del processo (udienza preliminare o udienza dibattimentale); conoscenza presunta dell'udienza per conoscenza certa del procedimento, non conoscenza dell'udienza e del procedimento. A queste tre ipotesi dovrebbero poi corrispondere tre situazioni: a) processo in assenza; b) processo in assenza, ma con rimedi ripristinatori per l'imputato che dimostri la incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo; c) sospensione del processo. In caso di conoscenza certa da parte dell'imputato della celebrazione del processo (per avere ricevuto a mani la notifica dell'avviso di udienza o per altri indici da cui si evinca con certezza” tale conoscenza), il processo proseguirebbe in assenza dell'imputato che è rappresentato dal difensore. In caso di conoscenza presunta del processo per conoscenza certa del procedimento (per avere eletto domicilio, essere stato arrestato o fermato, o per avere nominato un difensore di fiducia), il processo proseguirebbe in assenza dell'imputato, ammettendo questo a provare di non avere avuto conoscenza della celebrazione del processo (pur avendo avuto conoscenza del procedimento) e in tal caso all'imputato viene comunque garantito il diritto ad un giudizio di primo o di secondo grado (con eventuale rimessione in termini per la richiesta di riti speciali consensuali, se la mancata conoscenza dell'avviso di udienza era riferibile anche all'udienza preliminare). Qualora sia stata pronunciata condanna passata in giudicato, il giudicato potrebbe essere rescisso e il processo riprendere col dibattimento di primo grado.
      In caso di incertezza sulla conoscenza da parte dell'imputato del procedimento si prevede la sospensione del processo. In caso di sospensione, il giudice dovrebbe disporre nuove ricerche almeno allo scadere di ogni anno. La sospensione sospenderebbe il corso della prescrizione, ma non potrebbe protrarsi per un periodo superiore ai termini massimi di prescrizione, decorsi i quali riprenderebbe a decorrere il termine di prescrizione. Si devono poi prevedere rimedi ripristinatori nel caso di processo svolto in assenza, ove si dimostri la incolpevole mancata conoscenza. In questi casi se l'imputato compare nel corso dell'udienza preliminare l'udienza dovrebbe essere rinviata e nel caso (infrequente) in cui siano state assunte prove (con incidente probatorio o prove ex articolo 422 che si siano poi rivelate all'atto dell'assunzione sfavorevoli all'imputato) avrebbe diritto alla rinnovazione delle prove assunte in udienza preliminare e comunque all'acquisizione di prove. Se l'imputato si presenta all'inizio del dibattimento, essendo stato assente nel corso dell'udienza preliminare, deve poter rendere dichiarazioni spontanee ed essere riammesso nel termine per richiedere i riti speciali consensuali. Se l'imputato compare nel corso del dibattimento, si deve rinviare l'udienza, l'imputato essere riammesso nel termine per richiedere i riti speciali e può chiedere l'acquisizione di prove rilevanti e la riassunzione delle prove già assunte, ferma restando la validità degli atti (prove incluse) già compiuti. Se l'imputato viene a conoscenza di una sentenza di condanna in primo grado deve poter presentare appello, chiedendo l'annullamento della sentenza e la trasmissione degli atti al giudice di primo grado (anche in questo caso è rimesso in termini per presentare richiesta di riti speciali). Se l'imputato viene a conoscenza di una condanna in appello, deve poter presentare ricorso per cassazione per l'annullamento della sentenza con trasmissione degli atti al giudice di primo grado. Se l'imputato viene a conoscenza di una condanna passata in giudicato, deve poter chiedere alla Corte di cassazione la rescissione del giudicato (un istituto in cui si potranno poi innestare anche per i casi di processo dichiarato ingiusto dalla Corte europea dei diritti umani) e la ripartenza del processo dal giudizio di primo grado».
      Nel testo della presente proposta di legge sono confluite, chiaramente, le modifiche introdotte dall'Aula della Camera e
che quindi non sono riportate nella relazione di cui sopra.
      In sintesi queste sono quelle di maggior rilievo:

          1) la pena detentiva non carceraria di cui all'articolo 1, è prevista in via alternativa alla pena detentiva principale;

          2) all'articolo 2, comma 1, nel nuovo articolo 168-bis del codice penale, per evitare l'uso strumentale dell'istituto della sospensione del processo con messa alla prova, si prevede che tale sospensione possa essere concessa una sola volta;

          3) il computo del periodo della messa alla prova dell'imputato, in caso di revoca o di esito negativo, è stato parametrato in maniera più garantista (articolo 657-bis codice penale).

      Si sottopone pertanto alla Camera la presente proposta di legge, con l'auspicio che possa riceverne la sollecita approvazione.

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PROPOSTA DI LEGGE
Capo I
DELEGA AL GOVERNO
Art. 1.
(Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie).

      1. Il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi per l'introduzione delle pene detentive non carcerarie nel codice penale e nella normativa complementare con le modalità e nei termini previsti dai commi 2 e 3 e nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) prevedere che, per i delitti puniti con la reclusione non superiore nel massimo a quattro anni, la pena detentiva principale sia, in via alternativa e tenuto conto dei criteri indicati dall'articolo 133 del codice penale, anche la reclusione presso l'abitazione del condannato o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, di seguito denominato «domicilio», continuativa, per singoli giorni della settimana o per fasce orarie, in misura non inferiore a quindici giorni e non superiore a quattro anni;

          b) prevedere che, per le contravvenzioni punite con la pena dell'arresto, la pena detentiva principale sia, in via alternativa e tenuto conto dei criteri indicati dall'articolo 133 del codice penale, anche l'arresto presso il domicilio, continuativo, per singoli giorni della settimana o per fasce orarie, in misura non inferiore a cinque giorni e non superiore a tre anni;

          c) prevedere che, nei casi indicati nelle lettere a) e b), il giudice possa

prescrivere l'utilizzo delle particolari modalità di controllo di cui all'articolo 275-bis del codice di procedura penale;

          d) prevedere che le disposizioni di cui alle lettere a) e b) non si applichino nei casi previsti dagli articoli 102, 103, 104, 105 e 108 del codice penale;

          e) prevedere che, nella fase dell'esecuzione della pena, il giudice sostituisca le pene previste nelle lettere a) e b) con le pene della reclusione o dell'arresto, qualora non risulti disponibile un domicilio idoneo ad assicurare la custodia del condannato ovvero il comportamento del condannato, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, risulti incompatibile con la prosecuzione delle stesse, anche sulla base delle esigenze di tutela della persona offesa dal reato;

          f) prevedere che, per la determinazione della pena agli effetti dell'applicazione della reclusione e dell'arresto presso il domicilio, si applichino i criteri di cui all'articolo 278 del codice di procedura penale;

          g) prevedere l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 385 del codice penale nei casi di allontanamento non autorizzato del condannato dal domicilio di cui alle lettere a) e b);

          h) coordinare la disciplina delle pene detentive non carcerarie con quella delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi previste dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, anche modificando, ove necessario, i presupposti applicativi di queste ultime, ovvero sopprimendo, anche in parte, le stesse, al fine di razionalizzare e graduare il sistema delle pene e delle sanzioni sostitutive in concreto applicabili dal giudice di primo grado;

          i) coordinare la disciplina delle pene detentive non carcerarie con quella delle misure alternative alla detenzione previste dal vigente ordinamento penitenziario, anche

alla luce delle modifiche intervenute con la legge 26 novembre 2010, n. 199, nonché con la disciplina dettata dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313.

      2. I decreti legislativi previsti dal comma 1 sono adottati entro il termine di otto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Gli schemi dei decreti legislativi, a seguito di deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, sono trasmessi alle Camere per l'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti possono essere emanati anche in mancanza dei predetti pareri. Qualora tale termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal primo periodo o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di sessanta giorni. Nella redazione dei decreti legislativi di cui al presente comma il Governo tiene conto delle eventuali modificazioni della normativa vigente comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega. I predetti decreti legislativi contengono, altresì, le disposizioni necessarie al coordinamento con le altre norme legislative vigenti nella stessa materia.
      3. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi di cui al presente articolo possono essere emanati uno o più decreti legislativi correttivi e integrativi, con il rispetto del procedimento di cui al comma 2.
      4. Dall'attuazione della delega di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
      5. Le amministrazioni pubbliche interessate provvedono ai compiti derivanti dall'attuazione della delega con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Capo II
SOSPENSIONE DEL PROCEDIMENTO CON MESSA ALLA PROVA
Art. 2.
(Modifiche al codice penale in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova).

      1. Dopo l'articolo 168 del codice penale sono inseriti i seguenti:
      «Art. 168-bis. – (Sospensione del processo con messa alla prova dell'imputato). – Nei procedimenti per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, l'imputato può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova.
      La messa alla prova comporta la prestazione di un lavoro di pubblica utilità nonché condotte volte all'eliminazione delle conseguenze dannose derivanti dal reato. Può inoltre comportare l'osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali.
      Il lavoro di pubblica utilità consiste in una prestazione non retribuita, di durata non inferiore a trenta giorni, anche non continuativi, in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti od organizzazioni non lucrative di utilità sociale. La prestazione è svolta con modalità che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dell'imputato e la sua durata giornaliera non può superare le otto ore.
      La sospensione del processo con messa alla prova dell'imputato può essere concessa una sola volta. La sospensione può tuttavia essere concessa una seconda volta in relazione ai reati commessi anteriormente

al primo provvedimento di sospensione.
      La sospensione del processo con messa alla prova non si applica nei casi previsti dagli articoli 102, 103, 104, 105 e 108.

      Art. 168-ter. – (Effetti della sospensione del procedimento con messa alla prova). – Durante il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova il corso della prescrizione del reato è sospeso e non si applicano le disposizioni del primo comma dell'articolo 161.
      L'esito positivo della prova estingue il reato per cui si procede. L'estinzione del reato non pregiudica l'applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge.

      Art. 168-quater. – (Revoca della sospensione del procedimento con messa alla prova). – La sospensione del procedimento con messa alla prova è revocata in caso di grave o reiterata trasgressione del programma di trattamento o delle prescrizioni imposte».

Art. 3.
(Modifiche al codice di procedura penale in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova).

      1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al libro sesto, dopo il titolo V è aggiunto il seguente:

      «TITOLO V-bis
DELLA SOSPENSIONE DEL PROCEDIMENTO CON MESSA ALLA PROVA

      Art. 464-bis. – (Sospensione del procedimento con messa alla prova). – 1. Nei casi previsti dall'articolo 168-bis del codice penale l'imputato può formulare richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova.
      2. La richiesta può essere proposta, oralmente o per iscritto, fino a che non siano formulate le conclusioni a norma

degli articoli 421 e 422 o fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo e nel procedimento di citazione diretta a giudizio. Se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta è formulata entro il termine e con le forme stabiliti dall'articolo 458, comma 1. Nel procedimento per decreto, la richiesta è presentata con l'atto di opposizione.
      3. La volontà dell'imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste dall'articolo 583, comma 3.
      4. All'istanza è allegato un programma di trattamento, elaborato d'intesa con l'Ufficio di esecuzione penale esterna, il quale in ogni caso prevede:

          a) le modalità di coinvolgimento dell'imputato, del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita nel processo di reinserimento sociale, ove ciò risulti necessario;

          b) le prescrizioni attinenti al lavoro di pubblica utilità, nonché quelle comportamentali e gli altri impegni specifici che l'imputato assume anche al fine di elidere o di attenuare le conseguenze del reato. A tale fine sono considerati il risarcimento del danno, le condotte riparatorie e le restituzioni. Nei procedimenti relativi a reati previsti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché a reati previsti dalla normativa vigente in materia di circolazione stradale e di prevenzione degli infortuni e di igiene sul lavoro, tale indicazione è richiesta a pena di inammissibilità dell'istanza;

          c) le condotte volte a promuovere, ove possibile, la conciliazione con la persona offesa.

      5. Al fine di decidere sulla concessione, nonché ai fini della determinazione degli obblighi e delle prescrizioni cui eventualmente subordinarla, il giudice può acquisire, tramite la polizia giudiziaria, i servizi sociali o altri enti pubblici, tutte le ulteriori informazioni ritenute necessarie in

relazione alle condizioni di vita personale, familiare, sociale ed economica dell'imputato. Tali informazioni devono essere portate tempestivamente a conoscenza del pubblico ministero e del difensore dell'imputato.

      Art. 464-ter. – (Richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova nel corso delle indagini preliminari). – 1. Nel corso delle indagini preliminari, il giudice, se è presentata una richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, trasmette gli atti al pubblico ministero affinché esprima il consenso o il dissenso nel termine di cinque giorni.
      2. Se il pubblico ministero presta il consenso, il giudice provvede ai sensi dell'articolo 464-quater.
      3. Il consenso del pubblico ministero deve risultare da atto scritto, unitamente alla formulazione della imputazione.
      4. Il pubblico ministero, in caso di dissenso, deve enunciarne le ragioni. In caso di rigetto, l'imputato può rinnovare la richiesta prima dell'apertura del dibattimento di primo grado e il giudice, se ritiene la richiesta fondata, provvede ai sensi dell'articolo 464-quater.

      Art. 464-quater. – (Provvedimento del giudice ed effetti della pronuncia). – 1. Il giudice, se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, decide con ordinanza nel corso della stessa udienza, sentite le parti nonché la persona offesa, oppure in apposita udienza in camera di consiglio, della cui fissazione è dato contestuale avviso alle parti e alla persona offesa. Si applica l'articolo 127.
      2. Il giudice, se ritiene opportuno verificare la volontarietà della richiesta, dispone la comparizione dell'imputato.
      3. La sospensione del procedimento con messa alla prova è disposta quando il giudice reputa idoneo il programma di trattamento presentato e ritiene che l'imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati.
      4. Il giudice, anche sulla base delle informazioni acquisite ai sensi del comma 5 dell'articolo 464-bis, può integrare il

programma di trattamento mediante la previsione di obblighi e prescrizioni volti a elidere o ad attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato, nonché, ove lo ritenga necessario, obblighi o prescrizioni di sostegno volti a favorire il reinserimento sociale dell'imputato. Le ulteriori prestazioni non possono essere disposte senza il consenso dell'imputato.
      5. Il procedimento non può essere sospeso per un periodo:

          a) superiore a due anni quando si procede per reati per i quali è prevista una pena detentiva, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria;

          b) superiore a un anno quando si procede per reati per i quali è prevista la sola pena pecuniaria.

      6. I termini di cui al comma 5 decorrono dalla sottoscrizione del verbale di messa alla prova dell'imputato.
      7. Contro l'ordinanza che decide sull'istanza di messa alla prova possono ricorrere per cassazione l'imputato e il pubblico ministero, anche su istanza della persona offesa. La persona offesa può impugnare autonomamente per omesso avviso dell'udienza o perché pur essendo comparsa non è stata sentita ai sensi del comma 1. L'impugnazione non sospende il procedimento. Si applica l'articolo 588, comma 1.
      8. Nel caso di sospensione del procedimento con messa alla prova non si applica l'articolo 75, comma 3.
      9. In caso di reiezione dell'istanza, questa può essere riproposta nel giudizio, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.

      Art. 464-quinquies. – (Esecuzione dell'ordinanza di sospensione del procedimento). – 1. Nell'ordinanza che dispone la sospensione del procedimento, il giudice stabilisce il termine entro il quale le prescrizioni e gli obblighi imposti devono essere adempiuti; tale termine può essere prorogato, su istanza dell'imputato, non più di una volta e solo quando ricorrono gravi e comprovati motivi. Il giudice può

altresì, con il consenso della persona offesa, autorizzare il pagamento rateale delle somme eventualmente dovute a titolo di risarcimento del danno.
      2. L'ordinanza è immediatamente trasmessa all'ufficio di esecuzione penale esterna che deve prendere in carico l'imputato.
      3. Durante la sospensione del procedimento il giudice, con il consenso dell'imputato e sentito il pubblico ministero, può modificare con ordinanza le prescrizioni originarie, ferma restando la congruità delle nuove prescrizioni rispetto alle finalità della messa alla prova.

      Art. 464-sexies. – (Acquisizione di prove durante la sospensione del procedimento). – 1. Durante la sospensione del procedimento il giudice, con le modalità stabilite per il dibattimento, acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili e quelle che possono condurre al proscioglimento dell'imputato.

      Art. 464-septies. – (Esito della messa alla prova). – 1. Decorso il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice dichiara con sentenza estinto il reato se, tenuto conto del comportamento dell'imputato, ritiene che la prova abbia avuto esito positivo. A tale fine acquisisce la relazione conclusiva dell'ufficio di esecuzione penale esterna che ha preso in carico l'imputato, e fissa l'udienza per la valutazione dandone avviso alle parti e alla persona offesa.
      2. In caso di esito negativo della prova, il giudice dispone con ordinanza che il processo riprenda il suo corso. Le informazioni acquisite ai fini e durante il procedimento di messa alla prova non sono utilizzabili.

      Art. 464-octies. – (Revoca dell'ordinanza). – 1. La revoca dell'ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova è disposta anche d'ufficio dal giudice con ordinanza.
      2. Al fine di cui al comma 1 del presente articolo il giudice fissa l'udienza ai sensi dell'articolo 127 per la valutazione

dei presupposti della revoca, dandone avviso alle parti e alla persona offesa almeno dieci giorni prima.
      3. L'ordinanza di revoca è ricorribile per cassazione per violazione di legge.
      4. Quando l'ordinanza di revoca è divenuta definitiva, il procedimento riprende il suo corso dal momento in cui era rimasto sospeso e cessa l'esecuzione delle prescrizioni e degli obblighi imposti.

      Art. 464-novies. – (Divieto di riproposizione della richiesta di messa alla prova). – 1. Nei casi di cui all'articolo 464-septies, comma 2, ovvero di revoca dell'ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova, l'istanza non può essere riproposta»;

          b) dopo l'articolo 657 è inserito il seguente:
      «Art. 657-bis. – (Computo del periodo di messa alla prova dell'imputato in caso di revoca). – 1. In caso di revoca o di esito negativo della messa alla prova il pubblico ministero, nel determinare la pena da eseguire, detrae un periodo corrispondente a quello della prova eseguita. Ai fini della detrazione, tre giorni di prova sono equiparati a un giorno di reclusione o di arresto, ovvero a 250 euro di multa o di ammenda».

Art. 4.
(Introduzione dell'articolo 191-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale).

      1. Dopo l'articolo 191 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è inserito il seguente:
      «Art. 191-bis. – (Attività dei servizi sociali nei confronti degli adulti ammessi alla prova). – 1. Le funzioni dei servizi sociali per la messa alla prova, disposta ai sensi dell'articolo 168-bis del codice penale, sono svolte dagli uffici locali dell'esecuzione penale esterna del Ministero della

giustizia, nei modi e con i compiti previsti dall'articolo 72 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.
      2. Ai fini del comma 1, l'imputato rivolge richiesta all'ufficio di esecuzione penale esterna competente affinché predisponga un programma di trattamento. L'imputato deposita gli atti rilevanti del procedimento penale nonché le osservazioni e le proposte che ritenga di fare.
      3. L'ufficio di cui al comma 2, all'esito di un'apposita indagine socio-familiare, verifica l'utilità e la praticabilità del programma di trattamento proposto dall'imputato e lo integra o lo rettifica, acquisendo su tale programma il consenso dell'imputato. L'ufficio trasmette quindi al giudice il programma, accompagnandolo con l'indagine socio-familiare e con le considerazioni che lo sostengono. Nell'indagine e nelle considerazioni, l'ufficio riferisce specificamente sulle possibilità economiche dell'imputato, sulla capacità e sulla possibilità di svolgere attività riparatorie nonché, ove possibile, sulla possibilità di conciliazione con la persona offesa. Il programma è integrato da prescrizioni di trattamento e di controllo che risultino utili, scelte tra quelle previste dall'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.
      4. Quando è disposta la sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato, l'ufficio informa il giudice, con la cadenza stabilita nel provvedimento di ammissione e comunque non superiore a tre mesi, dell'attività svolta e del comportamento dell'imputato, proponendo, ove necessario, modifiche al programma di trattamento, eventuali abbreviazioni di esso ovvero, in caso di grave o reiterata trasgressione, la revoca del provvedimento di sospensione.
      5. Alla scadenza del periodo di prova, l'ufficio trasmette al giudice che procede una relazione dettagliata sul decorso e sull'esito della prova medesima.
      6. Le relazioni periodiche e quella finale dell'ufficio dell'esecuzione penale esterna sono depositate in cancelleria non meno di dieci giorni prima dell'udienza di cui all'articolo 464-septies del codice, con facoltà per le parti di prenderne visione ed estrarne copia».
Art. 5.
(Modifica al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziario, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, in materia di messa alla prova).

      1. All'articolo 3 (L), comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, dopo la lettera i) è inserita la seguente:

          «i-bis) l'ordinanza che ai sensi dell'articolo 464-quater del codice di procedura penale dispone la sospensione del procedimento con messa alla prova».

Art. 6.
(Disposizioni in materia di pianta organica degli uffici di esecuzione penale esterna del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia).

      1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia riferisce alle competenti Commissioni parlamentari in merito alle necessità di adeguamento numerico e professionale della pianta organica degli uffici di esecuzione penale esterna del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, in relazione alle esigenze di attuazione del presente capo.

Capo III
SOSPENSIONE DEL PROCEDIMENTO NEI CONFRONTI DEGLI IRREPERIBILI
Art. 7.
(Modifiche al codice di procedura penale in materia di udienza preliminare).

      1. Al comma 1 dell'articolo 419 del codice di procedura penale, le parole:

«non comparendo sarà giudicato in contumacia» sono sostituite dalle seguenti: «, qualora non compaia, si applicheranno le disposizioni di cui agli articoli 420-bis, 420-ter, 420-quater e 420-quinquies».
      2. L'articolo 420-bis del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
      «Art. 420-bis. – (Assenza dell'imputato). – 1. Se l'imputato, libero o detenuto, non è presente all'udienza e, anche se impedito, ha espressamente rinunciato ad assistervi, il giudice procede in sua assenza.
      2. Salvo quanto previsto dall'articolo 420-ter, il giudice procede altresì in assenza dell'imputato che nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia, nonché nel caso in cui l'imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo.
      3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, l'imputato è rappresentato dal difensore. È, altresì, rappresentato dal difensore ed è considerato presente l'imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall'aula di udienza o che, presente ad una udienza, non compare ad udienze successive.
      4. L'ordinanza che dispone di procedere in assenza dell'imputato è revocata anche d'ufficio se, prima della decisione, l'imputato compare. Se l'imputato fornisce la prova che l'assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo, il giudice rinvia l'udienza e l'imputato può chiedere l'acquisizione di atti e documenti ai sensi dell'articolo 421, comma 3. Nel corso del giudizio di primo grado, l'imputato ha diritto di formulare richiesta di prove ai sensi dell'articolo 493. Ferma restando in ogni caso la validità degli atti regolarmente compiuti in precedenza, l'imputato può altresì chiedere la rinnovazione di prove già assunte. Nello stesso modo si procede se l'imputato dimostra che versava nell'assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento e che la prova dell'impedimento è pervenuta con ritardo senza sua colpa.
      5. Il giudice revoca altresì l'ordinanza e procede a norma dell'articolo 420-quater se risulta che il procedimento, per l'assenza dell'imputato, doveva essere sospeso ai sensi delle disposizioni di tale articolo».

      3. L'articolo 420-quater del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
      «Art. 420-quater. – (Sospensione del processo per assenza dell'imputato). – 1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 420-bis e 420-ter e fuori delle ipotesi di nullità della notificazione, se l'imputato non è presente il giudice rinvia l'udienza e dispone che l'avviso sia notificato all'imputato personalmente ad opera della polizia giudiziaria.
      2. Quando la notificazione ai sensi del comma 1 non risulta possibile, e sempre che non debba essere pronunciata sentenza a norma dell'articolo 129, il giudice dispone con ordinanza la sospensione del processo nei confronti dell'imputato assente. Si applica l'articolo 18, comma 1, lettera b). Non si applica l'articolo 75, comma 3.
      3. Durante la sospensione del processo il giudice, con le modalità stabilite per il dibattimento, acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili».

      4. L'articolo 420-quinquies del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
      «Art. 420-quinquies. – (Nuove ricerche dell'imputato e revoca della sospensione del processo). – 1. Alla scadenza di un anno dalla pronuncia dell'ordinanza di cui al comma 2 dell'articolo 420-quater, o anche prima quando ne ravvisi l'esigenza, il giudice dispone nuove ricerche dell'imputato per la notifica dell'avviso. Analogamente provvede a ogni successiva scadenza annuale, qualora il procedimento non abbia ripreso il suo corso.


      2. Il giudice revoca l'ordinanza di sospensione del processo:

          a) se le ricerche di cui al comma 1 hanno avuto esito positivo;

          b) se l'imputato ha nel frattempo nominato un difensore di fiducia;

          c) in ogni altro caso in cui vi sia la prova certa che l'imputato è a conoscenza del procedimento avviato nei suoi confronti;

          d) se deve essere pronunciata sentenza a norma dell'articolo 129.

      3. Con l'ordinanza di revoca della sospensione del processo, il giudice fissa la data per la nuova udienza, disponendo che l'avviso sia notificato all'imputato e al suo difensore, alle altre parti private e alla persona offesa, nonché comunicato al pubblico ministero.
      4. All'udienza di cui al comma 3 l'imputato può formulare richiesta ai sensi degli articoli 438 e 444».

Art. 8.
(Disposizioni in materia di dibattimento).

      1. L'articolo 489 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
      «Art. 489. – (Dichiarazioni dell'imputato contro il quale si è proceduto in assenza nell'udienza preliminare). – 1. L'imputato contro il quale si è proceduto in assenza nel corso dell'udienza preliminare può chiedere di rendere le dichiarazioni previste dall'articolo 494.
      2. Se l'imputato fornisce la prova che l'assenza nel corso dell'udienza preliminare è riconducibile alle situazioni previste dall'articolo 420-bis, comma 4, è rimesso nel termine per formulare le richieste di cui agli articoli 438 e 444».

      2. All'articolo 490 del codice di procedura penale, le parole: «o contumace», ovunque ricorrono, sono soppresse.


      3. All'articolo 513, comma 1, del codice di procedura penale, le parole: «contumace o» sono soppresse.
      4. All'articolo 520 del codice di procedura penale, le parole: «contumace o», ovunque ricorrono, sono soppresse.
      5. All'articolo 548, comma 3, del codice di procedura penale, le parole: «notificato all'imputato contumace e» sono soppresse.
Art. 9.
(Disposizioni in materia di impugnazioni e di restituzione nel termine).

      1. Alla lettera d) del comma 2 dell'articolo 585 del codice di procedura penale, le parole: «la notificazione o» e le parole: «per l'imputato contumace e» sono soppresse.
      2. Il comma 4 dell'articolo 603 del codice di procedura penale è abrogato.
      3. All'articolo 604 del codice di procedura penale, dopo il comma 5 è inserito il seguente:
      «5-bis. Nei casi in cui si sia proceduto in assenza dell'imputato, se vi è la prova che si sarebbe dovuto provvedere ai sensi dell'articolo 420-ter o dell'articolo 420-quater, il giudice dichiara la nullità della sentenza e dispone il rinvio degli atti al giudice di primo grado. Il giudice annulla altresì la sentenza e dispone la restituzione degli atti al giudice di primo grado qualora l'imputato provi che l'assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo di primo grado. Si applica l'articolo 489, comma 2».

      4. All'articolo 623, comma 1, del codice di procedura penale, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

          «b) se è annullata una sentenza di condanna nei casi previsti dall'articolo 604, commi 1, 4 e 5-bis, la corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice di primo grado».

      5. Dopo l'articolo 625-bis del codice di procedura penale è inserito il seguente:
      «Art. 625-ter. – (Rescissione del giudicato). – 1. Il condannato o il sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo, può chiedere la rescissione del giudicato qualora provi che l'assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo.
      2. La richiesta è presentata, a pena di inammissibilità, personalmente dall'interessato o da un difensore munito di procura speciale autenticata nelle forme dell'articolo 583, comma 3, entro trenta giorni dal momento dell'avvenuta conoscenza del procedimento.
      3. Se accoglie la richiesta, la Corte di cassazione revoca la sentenza e dispone la trasmissione degli atti al giudice di primo grado. Si applica l'articolo 489, comma 2».

      6. Il comma 2 dell'articolo 175 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
      «2. L'imputato condannato con decreto penale, che non ha avuto tempestivamente effettiva conoscenza del provvedimento, è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre opposizione, salvo che vi abbia volontariamente rinunciato».

Art. 10.
(Modifiche al codice penale in materia di prescrizione del reato).

      1. Al primo comma dell'articolo 159 del codice penale, dopo il numero 3) è aggiunto il seguente:
      «3-bis) sospensione del procedimento penale ai sensi dell'articolo 420-quater del codice di procedura penale».

      2. Dopo il terzo comma dell'articolo 159 del codice penale, è aggiunto il seguente:
      «Nel caso di sospensione del procedimento ai sensi dell'articolo 420-quater del codice di procedura penale, la durata della

sospensione della prescrizione del reato non può superare i termini previsti dal secondo comma dell'articolo 161 del presente codice».
Art. 11.
(Modalità e termini di comunicazione e gestione dei dati relativi all'assenza dell'imputato).

      1. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'interno, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono determinati le modalità e i termini secondo i quali devono essere comunicati e gestiti i dati relativi all'ordinanza di sospensione del processo per assenza dell'imputato, al decreto di citazione in giudizio del medesimo e alle successive informazioni all'autorità giudiziaria.

Art. 12.
(Modifica alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271).

      1. Dopo l'articolo 143 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271, è inserito il seguente:
      «Art. 143-bis. – (Adempimenti in caso di sospensione del processo per assenza dell'imputato). – 1. Quando il giudice dispone la sospensione ai sensi dell'articolo 420-quater del codice, la relativa ordinanza e il decreto di fissazione dell'udienza preliminare ovvero il decreto che dispone il giudizio o il decreto di citazione a giudizio sono trasmessi alla locale sezione di polizia giudiziaria, per l'inserimento nel Centro elaborazione dati, di cui all'articolo 8 della legge 1 aprile 1981, n. 121, e successive modificazioni».

Art. 13.
(Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313).

      1. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 3 (L), comma 1, dopo la lettera i-bis), introdotta dall'articolo 5 della presente legge, è inserita la seguente:

          «i-ter) i provvedimenti con cui il giudice dispone la sospensione del procedimento ai sensi dell'articolo 420-quater del codice di procedura penale»;

          b) all'articolo 5 (L), comma 2, dopo la lettera l) è aggiunta la seguente:

          «l-bis) ai provvedimenti con cui il giudice dispone la sospensione del procedimento ai sensi dell'articolo 420-quater del codice di procedura penale, quando il provvedimento è revocato».

Capo IV
DISPOSIZIONI COMUNI
Art. 14.
(Clausola di invarianza finanziaria).

      1. Dall'applicazione degli articoli da 2 a 13 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

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