Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 57


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
GEBHARD, ALFREIDER, PLANGGER, SCHULLIAN
Modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia di cognome dei coniugi e dei figli
Presentata il 15 marzo 2013


      

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Onorevoli Colleghi! La presente proposta di legge è volta a riprendere l’iter avviato nel corso delle passate legislature in materia di cognome dei figli sul quale era stata raggiunta l'intesa della maggior parte dei gruppi parlamentari di maggioranza e di opposizione.
      L'esigenza di riprendere il discorso interrottosi è dovuta alla necessità di rispondere alle eccezioni sollevate dal giudice costituzionale in più occasioni negli ultimi venti anni e, in particolare, con la sentenza n. 61 del 16 febbraio 2006, nella quale ha sollevato il problema dell'attuale sistema di attribuzione del cognome dei figli, «retaggio di una concezione patriarcale della famiglia (...) e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i princìpi dell'ordinamento e con il valore costituzionale dell'eguaglianza tra uomo e donna».
      Il legislatore oggi interviene dunque, nell'ambito delle proprie competenze, in primo luogo per attualizzare le norme in materia di cognome dei coniugi e di cognome dei figli, adeguandosi alle pronunce della Corte costituzionale e della Corte di cassazione (ordinanza n. 13298 del 17 luglio 2004). In secondo luogo per adempiere agli obblighi derivanti all'Italia dall'appartenenza all'Unione europea e alla comunità internazionale: molti Stati europei, come la Spagna, la Francia, il Regno Unito e la Germania già consentono di scegliere il cognome da attribuire ai figli in un regime di piena uguaglianza tra i coniugi, ma soprattutto la Convenzione di New York del 18 dicembre 1979, ratificata in Italia con la legge 14 marzo 1985, n. 132, impegna gli Stati aderenti ad eliminare ogni forma di discriminazione nei confronti della donna in tutte le questioni inerenti il matrimonio e i rapporti familiari.
      L'elevato numero di progetti di legge presentati nelle ultime legislature, fanno pensare che anche in Italia i tempi siano maturi per affrontare la questione dell'uguaglianza tra uomo e donna anche rispetto alla filiazione.
      Durante la scorsa legislatura si è provveduto a rimuovere dall'ordinamento la distinzione tra figli legittimi e figli naturali: oggi si parla solo di figli. Con la presente proposta di legge si vuole restituire pari dignità alle donne nel rapporto coniugale e familiare, soprattutto nell'attuale società dove di fatto già c’è un'equiparazione tra l'uomo e la donna, come avviene per esempio nell'uso del proprio cognome da parte della donna, anche se coniugata.
      L'articolo 1 della presente proposta di legge stabilisce che ciascun coniuge conserva il proprio cognome e abolisce il riferimento al «cognome maritale», frutto della concezione del rapporto tra uomo e donna ai tempi dell'ultima riforma del diritto di famiglia, di cui alla legge 19 maggio 1975, n. 151.
      In merito all'attribuzione del cognome ai figli, va preliminarmente osservato che non esiste nel nostro ordinamento una norma che disciplini espressamente l'attribuzione del cognome paterno ai figli nati in costanza di matrimonio. La prassi per cui ai figli viene attribuito il cognome del padre va dunque individuata nella lettura sistematica delle norme sulla filiazione, tenendo in particolare conto del fatto che fino alla riforma del diritto di famiglia, per effetto della perdita del cognome della madre, il cognome paterno era senza alcun dubbio quello che identificava il cognome della famiglia. Si può dunque far derivare l'attuale prassi di trasmissione del cognome paterno dalla sopravvivenza della potestà maritale.
      L'articolo 2 introduce l'articolo 143-bis.1 del codice civile, prevedendo l'attribuzione al figlio del cognome di entrambi i genitori ex lege e stabilendo che il primo dei due cognomi è quello del padre, salvo diversa decisione dei genitori, i quali possono decidere un ordine diverso con dichiarazione concorde resa all'ufficiale dello stato civile all'atto del matrimonio o, in mancanza, all'atto di registrazione della nascita del primo figlio. Tale dichiarazione vale anche per i figli successivi al primo, anche se questi è nato prima del matrimonio ma è stato riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori. Il figlio trasmetterà poi ai propri figli il primo dei suoi cognomi.
      L'articolo 3 sostituisce l'articolo 262 del codice civile in materia di trasmissione del cognome ai figli nati fuori del matrimonio, stabilendo che, in caso di riconoscimento contemporaneo i genitori attribuiscono il cognome al figlio a norma dell'articolo 143-bis.1 del medesimo codice, introdotto dall'articolo 2 della presente proposta di legge.
      In caso di riconoscimento da parte di un solo genitore, il figlio ne assume il cognome.
      Nell'ipotesi in cui nei confronti di uno dei genitori la filiazione sia stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento effettuato dall'altro genitore, si è ritenuto di dover tenere conto dei delicati profili psicologici collegati a simili situazioni e si prevede che il primo cognome del genitore che ha effettuato per secondo il riconoscimento, o la cui filiazione è stata accertata successivamente, può essere aggiunto al primo cognome del genitore che ha effettuato per primo il riconoscimento, se il figlio è maggiorenne, unicamente con il suo consenso, e che comunque il giudice deve sentire il figlio anche se di minore età.
      L'articolo 4 sostituisce l'articolo 237 del codice civile concernente i fatti costitutivi del possesso di stato, stabilendo: al numero 1) del secondo comma che chi intende dimostrare lo stato di figlio nato nel matrimonio deve aver sempre portato – invece del cognome del padre come fino ad oggi richiesto – il cognome del padre ovvero della madre ovvero di entrambi i genitori; al numero 2) si sostituisce l'attuale formulazione che prevede, tra le condizioni di prova della filiazione nel matrimonio, che «il padre l'abbia trattata (la persona in questione) come figlio», con una formulazione che si riferisce al genitore.
      L'articolo 5 prevede un adeguamento alla nuova disciplina anche delle disposizioni in merito al cognome del figlio adottivo, mentre l'articolo 6 dispone che il Governo provveda, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, ad intervenire sul regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, sia per adeguarlo alle nuove norme riguardanti l'attribuzione del cognome al figlio legittimato, sia per estendere alla madre il divieto attualmente vigente di imporre ai figli il nome del proprio padre e ciò perché la possibilità prevista dalla nuova legge di attribuire ai figli il cognome della madre fa sorgere il rischio di omonimia tra madri e figlie.
      L'articolo 7 reca disposizioni transitorie, stabilendo in primo luogo che la nuova normativa sul cognome dei figli si applica ai nati dopo la data di entrata in vigore della legge che non hanno fratelli viventi.
      Si prevede peraltro che i genitori hanno la facoltà di far aggiungere il cognome della madre a quello dei minori nati prima della data di entrata in vigore della legge, ovvero nati successivamente o che hanno fratelli viventi che portano il solo cognome paterno, una disposizione questa che completa quella prevista dall'articolo 6 che consente, ai cittadini maggiorenni il cui cognome è stato attribuito in base alla normativa vigente al momento della nascita, di aggiungere il cognome della madre.
      L'articolo 8 reca una delega al Governo ad adottare, entro sei mesi dalla data di pubblicazione della legge nella Gazzetta Ufficiale, uno o più decreti legislativi recanti una disciplina organica delle disposizioni vigenti in materia di cognome.
      L'articolo 9 prevede una clausola di invarianza finanziaria per le casse dello Stato a seguito dell'attuazione della legge e l'articolo 10 stabilisce che la legge entra in vigore con il termine differito di centottanta giorni dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Cognome del coniuge).

      1. L'articolo 143-bis del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 143-bis.(Cognome dei coniugi). – Ciascun coniuge conserva il proprio cognome».

      2. L'articolo 156-bis del codice civile è abrogato.
      3. I commi 2, 3 e 4 dell'articolo 5 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, sono abrogati.

Art. 2.
(Cognome dei figli).

      1. Dopo l'articolo 143-bis del codice civile è inserito il seguente:
      «Art. 143-bis.1. – (Cognome dei figli di genitori coniugati). – Ai figli di genitori coniugati è attribuito, nell'ordine, il cognome del padre e quello della madre. Se uno o entrambi i genitori hanno un doppio cognome, se ne considera soltanto il primo.
      I coniugi possono stabilire un ordine diverso con dichiarazione concorde resa all'ufficiale dello stato civile all'atto del matrimonio o, in mancanza, all'atto della registrazione della nascita del primo figlio.
      Ai figli successivamente generati dai medesimi genitori è attribuito lo stesso cognome del primo figlio, anche se nato prima del matrimonio ma riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori».

      2. Al comma 2 dell'articolo 64 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, sono aggiunte, in fine, le seguenti

parole: «, nonché nel caso di accordo sul cognome da attribuire al primo figlio ai sensi dell'articolo 143-bis.1, secondo comma, del codice civile».
Art. 3.
(Cognome del figlio nato fuori del matrimonio).

      1. L'articolo 262 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 262. – (Cognome del figlio nato fuori del matrimonio). – Al figlio nato fuori del matrimonio, riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori, è attribuito il cognome a norma dell'articolo 143-bis.1, primo comma; i genitori possono stabilire un ordine diverso con dichiarazione resa all'ufficiale dello stato civile all'atto della registrazione della nascita.
      Il figlio riconosciuto da un solo genitore assume il cognome di questi.
      Se la filiazione nei confronti di uno dei genitori è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte dell'altro genitore, il primo cognome del genitore che ha effettuato il riconoscimento successivo, ovvero nei confronti del quale è stata accertata successivamente la filiazione, si aggiunge al primo cognome del genitore che per primo ha effettuato il riconoscimento. Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide sentito il minore. Nel caso di maggiore età, è comunque necessario il consenso espresso dell'interessato.
      Ai figli successivi, riconosciuti dai medesimi genitori, è attribuito lo stesso cognome del primo figlio».

Art. 4.
(Fatti costitutivi del possesso di stato).

      1. L'articolo 237 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 237. – (Fatti costitutivi del possesso di stato). – Il possesso di stato risulta da una serie di fatti che nel loro complesso

valgano a dimostrare le relazioni di filiazione e di parentela tra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere.
      In ogni caso devono concorrere i seguenti fatti:

              1) che la persona abbia sempre portato il cognome del padre ovvero della madre ovvero di entrambi i genitori che essa pretende di avere;

              2) che il genitore o i genitori che la persona pretende di avere l'abbiano trattata come figlio e abbiano provveduto in questa qualità al suo mantenimento, alla sua educazione e al suo collocamento;

              3) che la persona sia stata costantemente considerata come figlio nei rapporti sociali;

              4) che la persona sia stata riconosciuta quale figlio dalla famiglia».

Art. 5.
(Cognome dell'adottato).

      1. L'articolo 299 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 299. – (Cognome dell'adottato). – L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio. Se l'adottato ha due cognomi a norma dell'articolo 143-bis.1 o dell'articolo 262, indica quale dei due intende conservare.
      Se l'adozione è compiuta da coniugi, l'adottato assume, nell'ordine, il cognome del padre e quello della madre adottivi, limitatamente al primo cognome di ciascuno. Gli adottanti possono stabilire un ordine diverso con dichiarazione concorde resa nella domanda di adozione ai sensi dell'articolo 143-bis.1, secondo comma».

      2. L'articolo 27 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
      «Art. 27. – 1. Per effetto dell'adozione l'adottato acquista, nei confronti degli

adottanti, lo stato di figlio nato nel matrimonio.
      2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 143-bis.1 del codice civile.
      3. Se l'adozione è disposta nei confronti della moglie separata, ai sensi dell'articolo 25, comma 5, l'adottato assume il solo cognome della medesima.
      4. Con l'adozione cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia di origine, fatti salvi i divieti matrimoniali».
Art. 6.
(Adeguamento delle disposizioni regolamentati in materia di attribuzione del cognome).

      1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo provvede ad apportare le modifiche necessarie agli articoli 33 e 34 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, al fine di adeguare le norme ivi contenute ai seguenti princìpi:

           a) Il figlio legittimato assume il cognome secondo quanto dispone l'articolo 143-bis.1 del codice civile. Tuttavia il figlio che è maggiorenne alla data della legittimazione può scegliere, entro un anno dal giorno in cui ne viene a conoscenza, di mantenere il cognome portato precedentemente ovvero di aggiungere o di anteporre ad esso, a sua scelta, il primo cognome di uno dei legittimanti;

          b) uguale facoltà di scelta ai sensi del comma 1 è riconosciuta al figlio maggiorenne che subisce il cambiamento o la modifica del proprio cognome a seguito della variazione di quello del genitore da cui il cognome deriva, nonché al figlio di ignoti riconosciuto, dopo il raggiungimento della maggiore età, da uno dei genitori o contemporaneamente da entrambi;

          c) il figlio maggiorenne, al quale è stato attribuito il solo cognome paterno sulla base della normativa vigente al momento della nascita e che non ha fatto ricorso alle procedure di cui al titolo X del regolamento di cui al decreto del Presidente

della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, può aggiungere al proprio il cognome materno con dichiarazione resa, personalmente o con comunicazione scritta recante sottoscrizione autenticata, all'ufficiale dello stato civile, che procede all'annotazione nell'atto di nascita;

          d) le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 sono rese all'ufficiale dello stato civile del comune di nascita dai genitori o dal figlio, personalmente o con comunicazione scritta. Esse vengono annotate nell'atto di nascita del figlio;

          e) è vietato imporre al figlio lo stesso nome del padre o della madre viventi, di un fratello o di una sorella viventi se ne deriva l'omonimia con il congiunto, nonché un cognome come nome, nomi ridicoli o vergognosi.

Art. 7.
(Disposizioni transitorie).

      1. Le disposizioni di cui alla presente legge, relative all'attribuzione del cognome ai figli, si applicano a tutti i nati dopo la data della sua entrata in vigore che non hanno fratelli viventi nati dagli stessi genitori.
      2. Nel caso di minori nati prima della data di entrata in vigore della presente legge, nonché di minori nati successivamente che hanno fratelli viventi nati dagli stessi genitori, è possibile l'aggiunta del cognome dell'altro genitore con dichiarazione resa, di persona o con comunicazione scritta recante sottoscrizione, congiuntamente dagli esercenti la potestà dei genitori, ovvero dall'unico esercente in via esclusiva, e rivolta all'ufficiale dello stato civile, il quale procede all'annotazione dell'aggiunta del cognome dell'altro genitore nell'atto di nascita del minore.

Art. 8.
(Delega al Governo per la revisione delle disposizioni vigenti in materia di cognomi).

      1. Il Governo, su proposta del Ministro della giustizia e del Ministro dell'interno, è

delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale, uno o più decreti legislativi recanti una disciplina organica, che provveda all'integrazione delle disposizioni da essa introdotte con le norme dell'ordinamento civile e ogni altra disposizione normativa vigente in materia.
      2. I decreti legislativi di cui al comma 1 si uniformano ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) osservanza dei vincoli derivanti da trattati internazionali, con particolare riguardo a quelli che impegnano a eliminare ogni discriminazione basata sul sesso nella scelta del cognome familiare;

          b) osservanza della necessità che risultino introdotte norme finalizzate a realizzare il principio di eguaglianza anche rispetto alla filiazione;

          c) osservanza, in particolare, dei vincoli derivanti dalla Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York il 18 dicembre 1979 e ratificata ai sensi della legge 14 marzo 1985, n. 132;

          d) osservanza, in particolare, dei vincoli derivanti dalla risoluzione n. 37 del 27 settembre 1978 del Consiglio d'Europa e dalle raccomandazioni n. 1271 del 28 aprile 1995 e n. 1362 del 18 marzo 1998 del medesimo Consiglio d'Europa.

      3. Gli schemi dei decreti legislativi adottati ai sensi del comma 1 sono trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che sono resi entro trenta giorni dalla data di trasmissione.
      4. Entro i trenta giorni successivi all'espressione dei pareri di cui al comma 3, il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni ivi eventualmente formulate, trasmette nuovamente alle Camere gli schemi dei decreti, corredati dei necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni parlamentari competenti, che sono espressi entro

trenta giorni dalla data di trasmissione.
      5. Decorsi i termini di cui ai commi 3 e 4 senza che le Commissioni parlamentari abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti legislativi possono essere comunque emanati.
Art. 9.
(Clausola di invarianza finanziaria).

      1. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge e ai decreti legislativi adottati ai sensi dell'articolo 8 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 10.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore centottanta giorni dopo la data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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