Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 268


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato VILLECCO CALIPARI
Norme in materia di prostituzione
Presentata il 15 marzo 2013


      

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Onorevoli Colleghi! Nel riaffermare che la prostituzione è una questione sociale di cui è responsabile la società nel suo insieme – i clienti che, con le loro richieste, stimolano il mercato, la povertà, la miseria e le guerre; un sistema consumistico che propone modelli di comportamento strumentali e facili percorsi all'arricchimento; il radicato pregiudizio nei confronti di persone considerate diverse per le loro scelte sessuali non conformiste – non si può non considerare ogni possibile strumento che consenta di ridimensionarne gli aspetti più problematici.
      La legge 20 febbraio 1958, n. 75 (cosiddetta «legge Merlin»), costituisce un punto fermo nel contrasto dello sfruttamento legalizzato delle donne nell'esercizio della prostituzione. Un atto di lungimiranza del Parlamento destinato a incidere sul costume e sulla mentalità degli italiani. Un punto da cui non si può tornare indietro. La chiusura delle case di prostituzione ha significato nello stesso tempo: proibizione di ogni attività volta a trarre guadagno dall'esercizio altrui della prostituzione; proibizione di discriminazioni, attraverso schedature, di donne che esercitano la prostituzione; l'affermazione della prostituzione come attività attinente alla sfera privata dei rapporti tra persone, pertanto come attività lecita, non perseguibile né per chi la esercita, né per chi la utilizza.
      L'esigenza di affrontare questo tema, di ripensare gli strumenti che lo regolamentano, salvaguardando i princìpi fondamentali affermati dalla legge Merlin, nasce dall'evoluzione che il fenomeno ha conosciuto almeno in Italia negli ultimi anni. Da un lato, un crescente aumento di prostitute straniere, spesso illegali, costrette ad accettare condizioni di lavoro dannose per la loro e per la salute altrui; dall'altro, una crescente presenza della criminalità organizzata nella gestione del business della prostituzione. Due nuove variabili che hanno reso la prostituzione più visibile, ma anche più aggressiva (in termini di marketing), oltre che più pericolosa per le persone che la esercitano, contro la quale si sono mobilitati comitati di cittadini, decisi a difendere la tranquillità dei loro quartieri.
      Da queste considerazioni si deve partire, dalla consapevolezza delle molteplici facce che oggi assume la prostituzione: da quella dell'emarginazione di persone tossicodipendenti, a quella coatta di cui sono vittime prevalentemente le donne straniere, alcune anche minorenni, alla prostituzione volontaria nei grandi alberghi e esercitata nei locali di divertimento. In mezzo vi è un'ampia fascia di situazioni che oscillano dalla costrizione alla libera scelta, dalla prostituzione nelle case alla prostituzione di strada, dalla prostituzione sicura e protetta alla prostituzione che mette a rischio salute e incolumità, dalla prostituzione femminile alla prostituzione maschile o di transessuali. Anche per quanto riguarda i clienti si va da persone sole, che trovano nella prostituta un punto di appoggio, a persone che esprimono così il loro disagio di relazionarsi con altri, a persone che, invece, trovano nella prostituzione il modo di vivere liberamente la propria sessualità.
      La legislazione italiana ha già introdotto strumenti per la tutela delle vittime del traffico a fine di sfruttamento sessuale (articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286) e per la tutela dei minori vittime di sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale (articolo 600-bis del codice penale).
      Non ci sono strumenti giuridici invece di tutela dei diritti delle persone che esercitano la prostituzione, al di là di quelli previsti dalla legge Merlin, e, paradossalmente, alcune norme volte a scoraggiare lo sfruttamento della prostituzione previste nella stessa legge si stanno rivelando, a distanza di tempo, costrittive per chi liberamente vuole esercitarla, con una maggiore attenzione alla propria salute e alla propria sicurezza. Si pensi in particolare al reato di adescamento e al reato di favoreggiamento che la legge Merlin prevede per coloro che mettono a disposizione locali nei quali è esercitata la prostituzione. All'effetto desiderato di porre fine allo sfruttamento della prostituzione nelle case chiuse se ne sono aggiunti altri non voluti, come l'impossibilità di esercitare volontariamente la prostituzione al chiuso, nelle abitazioni, da parte di più donne che così facendo potrebbero condividere le spese ed effettuare una sorta di mutuo aiuto, o il dilagare della prostituzione di strada, con le note conseguenze negative per la salute e per la sicurezza o in termini di consenso da parte di cittadini.

      Verso il superamento dell'abolizionismo.
      Nella storia sociale della prostituzione si sono succeduti e intrecciati quattro modi di regolarla basati su altrettanti modelli: quello proibizionista/criminalizzante, quello regolamentarista, quello abolizionista e quello neo-regolamentarista/decriminalizzante.

          A) Il sistema proibizionista/criminalizzante. Esso consiste nel vietare la prostituzione, sia per ragioni di tutela della morale pubblica, sia per ragioni di prospettiva ideale, volta all'eliminazione del sesso a pagamento ritenuto lesivo della qualità dei rapporti umani e della dignità della persona che si prostituisce, declinata storicamente al femminile. È il caso dei regimi una volta vigenti negli ex-Paesi comunisti e attualmente in alcuni Stati degli Stati Uniti d'America, nonché della recente scelta operata dalla Svezia che ha messo al centro la tutela della dignità femminile e la salvaguardia del corpo femminile dalla violenza maschile esercitata attraverso il denaro. Tale sistema introduce, infatti, la punizione del cliente attribuendo così allo Stato la funzione etico-pedagogica di sanzionare un comportamento sessuale maschile. È questa una posizione che rappresenta una novità,

poiché storicamente il proibizionismo ha sempre sancito il comportamento della prostituta, in quanto comportamento sessuale femminile fuori del matrimonio.

          B) Il sistema regolamentarista. È il sistema alternativo alla criminalizzazione. Tuttavia questa definizione è estremamente ampia e va dalla «statalizzazione dei bordelli» alla regolamentazione giuridica ed economica da parte dello Stato dell'esercizio della prostituzione come avviene oggi in Olanda. La legalizzazione spesso include l'imposizione di tasse e di restrizioni per l'esercizio della prostituzione in luoghi e in zone particolari. In molti sistemi che consentono l'esercizio della prostituzione le leggi in vigore regolamentano anche la vita delle prostitute prescrivendo controlli sanitari e luoghi di residenza. Era il caso dell'Italia prima della legge Merlin. Nei sistemi regolamentaristi classici è sempre previsto il controllo sanitario obbligatorio della persona che si prostituisce come misura, rivelatasi poi puntualmente inefficace, di contenimento delle malattie veneree, in particolare della sifilide.

          C) Il sistema abolizionista. Il fine ultimo di tale sistema è l'abolizione della prostituzione come attività che sfrutta e mortifica la dignità della persona che si prostituisce. Storicamente il sistema abolizionista non consente allo Stato di gestire direttamente i comportamenti relativi all'esercizio della prostituzione in quanto, pur abolendo la disciplina legale delle case di tolleranza, non arriva tuttavia alla proibizione di tali comportamenti.

          D) Il sistema neo-regolamentarista/decriminalizzante. Questo sistema comporta la rimozione di qualunque legge che penalizzi l'attività sessuale consensuale tra adulti in un contesto commerciale. La commissione delle donne del Parlamento europeo già nel 1990 chiedeva agli Stati membri di decriminalizzare la prostituzione a tutela della salute e della sicurezza delle prostitute, sottolineando che la condizione di semi-illegalità nella quale generalmente operano incoraggia gli abusi come la prostituzione per costrizione, in condizioni di lavoro degradanti, i maltrattamenti e altri delitti.

      I movimenti per i diritti delle prostitute chiedono la decriminalizzazione di qualunque aspetto della prostituzione che interferisce con le loro libertà di movimento e di associazione. Tali movimenti considerano, inoltre, che tutte le leggi contro lo sfruttamento della prostituzione danneggiano i familiari conviventi delle donne che si prostituiscono, e che queste leggi impediscono alle prostitute di organizzarsi e lavorare insieme per proteggersi reciprocamente.
      La presente proposta di legge si fonda su questi presupposti e prevede, infatti, la depenalizzazione dell'esercizio della prostituzione. Si pone però anche il problema di dare risposte sia all'esigenza di tutela delle persone che esercitano la prostituzione sia ai cittadini che si sentono turbati dalla vista di comportamenti considerati aggressivi e lesivi della morale pubblica.

      Obiettivi e linee generali.
      Con la presente proposta di legge si intende affrontare il tema della prostituzione non coatta e non esercitata da minore, per garantire il diritto di autodeterminazione sessuale dei cittadini e, contemporaneamente, il loro diritto alla tranquillità e alla libertà di movimento, senza tuttavia dimenticare di offrire alle donne, costrette a prostituirsi a causa di circostanze difficili della vita, la possibilità di cambiare vita (articolo 1). Le misure proposte sono da inquadrare nell'ottica delle politiche sociali volte alla riduzione del danno sanitario e sociale e dell’empowerment dei soggetti deboli, nella convinzione che questo possa contribuire al contrasto dello sfruttamento. Possono essere interessate a tali misure tutte le persone che, più o meno volontariamente, esercitano la prostituzione senza subire costrizione fisica e senza dover cedere parte del proprio reddito ad altri in cambio di protezione. A

queste persone dovrebbe essere consentito di associarsi e di esercitare la prostituzione nelle case. Le misure previste dalla presente proposta di legge dovrebbero infatti incoraggiare tali soggetti ad abbandonare la strada o ad esercitare in luoghi più sicuri e nello stesso tempo più riparati dalla vista dei cittadini. Due sono le strategie previste: la decriminalizzazione dell'adescamento e del favoreggiamento da un lato, l'individuazione di regole minime che indichino dove si può e dove non si può esercitare.
      Questo secondo punto presuppone una forte assunzione di responsabilità da parte degli amministratori locali per individuare le misure più idonee volte a ricomporre situazioni di conflitto locale. La strada indicata non è quella del proibizionismo, ma quella della mediazione dei conflitti, dell'analisi del problema e dello studio delle soluzioni in modo partecipativo, con il coinvolgimento degli stessi soggetti che esprimono disagio. Frutto di contrattazione potrebbe essere l'individuazione di alcune aree verso le quali incoraggiare il trasferimento dell'esercizio della prostituzione, che siano nello stesso tempo lontane dagli occhi di persone che non vogliono assistere al mercato del sesso, sicure per chi invece le vuole frequentare. Non rientra nella contrattazione, ma è responsabilità delle amministrazioni locali, la salvaguardia di alcune aree nelle quali sorgano scuole, luoghi di culto od ospedali o destinate a parchi cittadini. La proibizione dell'esercizio della prostituzione in questi luoghi è sanzionata con multe estese anche ai clienti.
      L'intervento normativo deve essere accompagnato da interventi di altra natura che favoriscano cambiamenti culturali, sia nei confronti della sessualità che nei confronti «degli altri». La proposta di legge prevede, infatti, l'investimento di risorse in campagne di informazione e nella formazione di operatori sociali, in particolare delle Forze di polizia che entrano in contatto con la prostituzione.
      In particolare, nell'articolo 1 si propongono:

          alcune misure volte a favorire l'inserimento sociale delle donne che vogliono uscire dalla prostituzione, da attivare a cura delle regioni e degli enti locali, anche con il supporto delle organizzazioni di volontariato;

          campagne di informazione volte alla prevenzione e alla riduzione del danno sanitario e sociale connesso al fenomeno della prostituzione, con particolare attenzione ai giovani;

          lo stanziamento di fondi per lo svolgimento di tali attività, attraverso la riserva di una quota del Fondo nazionale per le politiche sociali.

      Con l'articolo 2 si prevede di applicare l'articolo 609-sexies del codice penale, nel quale si stabilisce che il colpevole non possa invocare a propria scusante l'ignoranza dell'età della persona offesa, anche per i delitti di cui all'articolo 600-bis del medesimo codice e cioè per l'induzione alla prostituzione di una persona di età minore, ovvero per il favoreggiamento o lo sfruttamento della prostituzione del minore stesso. In tale modo si colma una lacuna che il legislatore con la legge n. 269 del 1998 non aveva colmato e si rafforza l'azione di tutela dei minori contro lo sfruttamento sessuale.
      Con l'articolo 3 si introducono sanzioni per lo sfruttamento della prostituzione.
      Con l'articolo 4 si prevede di disincentivare l'esercizio della prostituzione nei luoghi pubblici attraverso il divieto dell'esercizio in prossimità di luoghi di culto, scuole, ospedali, parchi cittadini, nonché mediante l'individuazione di aree appositamente riservate a questo scopo. Le amministrazioni locali possono procedere alla individuazione delle aree di comune accordo con le associazioni per i diritti delle prostitute, con le organizzazioni di volontariato e con i comitati dei cittadini. L'articolo introduce anche sanzioni per coloro che violano il divieto di esercizio della prostituzione e per i clienti.
      L'articolo 5 prevede la depenalizzazione dell'adescamento e dell'utilizzo di immobili propri o della concessione in

locazione di immobili nei quali è esercitata la prostituzione. Al fine di evitare che ciò riproponga il modello delle case chiuse, l'esercizio della prostituzione deve essere autogestito nel rispetto dei diritti fondamentali (salute, libertà di scelta del cliente, libertà di scegliere orari di lavoro) e limitato a un numero esiguo di persone; deve inoltre escludere non solo il coinvolgimento ma anche la presenza di minori conviventi.
      Resta fermo il principio cardine della legge Merlin, cioè il divieto di esercizio delle «case di prostituzione», chiarendosi così che la deroga è consentita solo per forme di autogestione con le modalità previste dall'articolo 5 della presente proposta di legge.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Misure per la prevenzione del fenomeno della prostituzione e per il reinserimento sociale delle prostitute).

      1. Le regioni, in collaborazione con gli enti locali e avvalendosi di organismi non lucrativi di utilità sociale, delle organizzazioni del volontariato e di altri soggetti privati, promuovono interventi diretti a favorire la partecipazione delle persone che manifestano la volontà di cessare l'attività di prostituzione a iniziative di sostegno idonee al loro reinserimento sociale, anche con riferimento alle attività di assistenza e protezione sociale disciplinate dall'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni. Le regioni, con le predette modalità, promuovono altresì interventi di formazione degli operatori pubblici a contatto con la prostituzione e di informazione, prevenzione e riduzione del danno sanitario e sociale connesso al fenomeno della prostituzione, con particolare attenzione ai giovani di età inferiore a 18 anni. Gli interventi sono promossi dalle regioni mediante l'utilizzo in rete di servizi sociali, del lavoro e sanitari.
      2. Nell'ambito del Fondo nazionale per le politiche sociali il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, e al Ministro della salute con proprio decreto, emanato di concerto con il Ministro per le pari opportunità, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, determina annualmente la quota da riservare agli interventi di cui al comma 1 del presente articolo.

Art. 2.
(Prostituzione minorile).

      1. All'articolo 609-sexies del codice penale, le parole: «e quando è commesso il delitto di cui all'articolo 609-quinquies» sono sostituite dalle seguenti: «e quando sono commessi i delitti di cui agli articoli 600-bis e 609-quinquies».

Art. 3.
(Sfruttamento della prostituzione).

      1. Dopo l'articolo 600-octies del codice penale, è inserito il seguente:

          «Art. 600-novies. – (Sfruttamento della prostituzione). – È punito con la reclusione da quattro a dieci anni chiunque:

          1) induce alla prostituzione una persona per trarne un profitto patrimoniale;

          2) mediante violenza, minaccia, inganno ovvero mediante abuso di una situazione di necessità determina una persona a prostituirsi o a continuare a prostituirsi.

      Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere uno o più dei delitti di cui al primo comma, chi promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia l'associazione è punito, per ciò solo, con la reclusione da quattro a nove anni. Chi partecipa all'associazione è punito con la reclusione da tre a sei anni.
      Nei confronti del condannato per uno dei delitti di cui al presente articolo è sempre disposta la confisca delle cose che servirono o che furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto.
      Nei confronti dell'imputato di uno dei delitti di cui al presente articolo che, dissociandosi dagli altri, si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria

nella raccolta di elementi per la ricostruzione dei fatti o per l'individuazione o per la cattura degli autori dei reati, la pena è diminuita fino alla metà per i promotori, i fondatori e gli organizzatori dell'associazione per delinquere, e fino ai due terzi per i partecipanti».
Art. 4.
(Divieto di prostituzione in luogo pubblico).

      1. Gli enti locali, di comune accordo con gli organismi del privato sociale operanti in tale settore, con le associazioni delle prostitute e, qualora esistano, con i comitati dei cittadini, possono individuare luoghi pubblici nei quali è consentito l'esercizio della prostituzione, concordando orari e modalità di utilizzo degli stessi. In tali luoghi sono promosse anche misure volte alla riduzione del danno sociale e sanitario connesso all'esercizio della prostituzione, quali il controllo della criminalità e interventi volti alla tutela della salute.
      2. Con le modalità di cui al comma 1 possono altresì essere individuati luoghi pubblici nei quali è espressamente vietato l'esercizio della prostituzione.
      3. Chiunque, partecipando anche quale cliente, viola il divieto disposto ai sensi del comma 2 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria consiste nel pagamento di una somma da 500 euro a 3.000 euro.

Art. 5.
(Non punibilità degli atti di prostituzione).

      1. L'attività di prostituzione consiste nel mettere a disposizione di terze persone e a fine di lucro il proprio corpo per il compimento di atti sessuali.
      2. Non è punibile né sanzionabile chi, per esercitare la prostituzione, utilizza una privata dimora di cui ha la legittima disponibilità, anche ospitando persone, in numero non superiore a tre, dedite alla medesima attività, senza che intermediari

conviventi traggano profitto dall'attività di altri. La convivenza nelle private dimore è ispirata al rispetto dei diritti fondamentali dell'autoregolamentazione del proprio lavoro e della salute. Non è consentita la presenza di minori, ancorché figli delle persone che esercitano la prostituzione.
      3. Non è punibile il proprietario di un immobile che legittimamente lo concede in locazione, in uso, in abitazione, in usufrutto o in comodato a persona che ivi eserciti la prostituzione, purché non siano presenti minori, ancorché figli delle persone che vi esercitano la prostituzione
      4. Non è punibile l'attività, prestata in qualsiasi forma e senza fini di lucro, di reciproca assistenza tra soggetti che esercitano la prostituzione.
Art. 6.
(Abrogazione di norme).

      1. L'articolo 3, primo capoverso, numeri 2), 3), 4), 5), 6), e 8), e l'articolo 5 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, e successive modificazioni, sono abrogati.

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