XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 550


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
ANTEZZA, BIONDELLI, SBROLLINI, AMODDIO, CARRA, D'INCECCO, MARZANO, REALACCI
Disciplina delle professioni di assistente sociale e di assistente sociale specialista
Presentata il 26 marzo 2013


      

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Onorevoli Colleghi! Nel corso degli ultimi sessant'anni, e in rapida accelerazione negli ultimi venti, la professione di assistente sociale ha ottenuto una sempre maggiore definizione e vasti e significativi riconoscimenti, dal piano degli interventi e delle competenze operative a quello della preparazione culturale e scientifica.
      La normativa di riferimento per la figura dell'assistente sociale è, in sintesi, la seguente: il decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1987, n. 14, conseguente al riordino delle scuole dirette a fini speciali di assistente sociale; la legge 23 marzo 1993, n. 84, istitutiva dell'Ordine e dell'albo professionale degli assistenti sociali; la riforma dell'ordinamento universitario, prevista dal decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 4 agosto 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 345 del 19 ottobre 2000, che aveva istituito la laurea in scienze del servizio sociale – classe 6 e la laurea specialistica in programmazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali – classe 57/S, oggi sostituite dalla laurea in scienze e tecniche psicologiche – classe L 24 e dalla laurea magistrale in servizio sociale e politiche sociali – classe LM 87, previste dai decreti del Ministro dell'università e della ricerca 16 marzo 2007, pubblicati nei supplementi ordinari alla Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2007 e n. 157 del 9 luglio 2007; la legge 3 aprile 2001, n. 119, che ha esteso agli assistenti sociali l'obbligo del segreto professionale, già vigente per altre professioni, in considerazione dell'alto rilievo sociale della professione; il decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328, emanato a seguito della riforma universitaria del 1999, che ha proceduto al conseguente adeguamento della disciplina dell'ordinamento della professione e dell'albo, introducendo i profili di assistente sociale specialista e di assistente sociale e le corrispondenti sezioni A e B nell'albo professionale.
      Per poter esercitare le professioni di assistente sociale e di assistente sociale specialista sono richiesti, rispettivamente, il conseguimento della citata laurea classe L 24 o della laurea magistrale classe LM 87 e, successivamente, il superamento del relativo esame di Stato di abilitazione all'esercizio professionale. Con questi titoli è possibile richiedere l'iscrizione all'albo professionale della regione di residenza. I titoli di studio conseguiti all'estero devono essere sottoposti a una procedura di riconoscimento da parte del Ministero della giustizia, in base al decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206. Una volta valutata la congruenza dei percorsi formativi, sono previste, ove necessario, delle misure compensative che comportano periodi di tirocinio ovvero percorsi di studio integrativo con prove finali, per poter finalmente richiedere l'iscrizione all'albo.
      L'evoluzione della professione ha prodotto, accanto al tradizionale suo esercizio in regime di lavoro dipendente prevalentemente pubblico, una progressiva estensione e diffusione di incarichi e di attività in regime libero professionale, con organizzazione di specifici studi professionali anche associati, a favore non solo di privati cittadini ma, sempre più frequentemente, anche di pubbliche amministrazioni compresa l'amministrazione della giustizia.
      Una normativa frammentata è stata spesso di ostacolo a consentire il pieno riconoscimento della professione in tutti gli ambiti, compreso quello contrattuale. Da questa premessa deriva l'evidente necessità, sia per l'ordinamento che per i cittadini, che la professione di assistente sociale abbia un riferimento normativo organico che recuperi gli interventi normativi succedutisi nel tempo e li ricomponga, superandone la frammentarietà e la discontinuità, in un testo unitario di facile leggibilità che consenta alla collettività, alla pubblica amministrazione ed agli enti pubblici e privati compresi, di recepirne in termini chiari ed omogenei il contenuto al fine di evitare il ripetersi di incertezze interpretative che spesso hanno comportato contraddittorie e non coerenti applicazioni dell'attuale normativa.
      L'esigenza di provvedere ad una legge che, non innovando nulla rispetto all'esistente, consenta tuttavia una precisa identificazione della professione e dei suoi requisiti identitari e funzionali, appare pertanto utile per il Paese, nel momento in cui la crescente complessità sociale e le ingravescenti difficoltà, non solo economiche ma anche relazionali ed educative, in cui versano le famiglie graverà questi professionisti di nuovi oneri e compiti per fronteggiare il disagio sociale.
      Al soddisfacimento di tale esigenza risponde un testo che riassuma ed unifichi la normativa di riferimento della professione di assistente sociale e di assistente sociale specialista e che richiede evidentemente una rapida elaborazione in considerazione del diffuso e significativo impegno della categoria in attività professionali di elevato contenuto e finalità sociali.
      È pertanto necessario oggi rilanciare con determinazione la funzione dell'assistente sociale che si propone come fulcro e attivatore della rete e che in sei decenni ha dato un così decisivo contributo a rinnovare stili d'intervento, procedure, strategie operative della pubblica amministrazione, dagli enti di riforma nell'immediato dopoguerra, attraverso il lavoro di comunità, al recupero dei minori sbandati, allo svuotamento dei brefotrofi, alla promozione delle adozioni e degli affidamenti familiari eccetera, fino a costituirsi oggi come i referenti di maggior impegno per i piani di zona e i progetti in ambito socioassistenziale e sociosanitario sul territorio.
      Il ruolo dell'assistente sociale è tanto più rilevante oggi, in ragione delle condizioni di estrema difficoltà economico-sociale in cui versa il Paese.
      Secondo gli ultimi dati infatti aumentano le famiglie povere e quelle a rischio povertà, toccando la soglia dei 15 milioni di persone.
      Secondo i dati ISTAT presentati nel 2012 l'11,1 per cento delle famiglie italiane sono povere. La povertà nel Mezzogiorno è quattro volte superiore a quella del resto del Paese. Si tratta di una percentuale tra le più alte nei Paesi sviluppati. Sono le famiglie con più figli, con anziani a carico, con disabili, con componenti che hanno perso il lavoro o lo stanno cercando o hanno un lavoro precario. Se nelle famiglie numerose in genere l'incidenza della povertà è maggiore, essa è aumentata anche nelle famiglie con un solo figlio (dall'8,6 per cento al 10,6 per cento).
      L'emergenza sociale non riguarda solo i 7,5 milioni di persone ufficialmente sotto la soglia di povertà, ma altrettante che si collocano poco sopra e quindi da considerare ad alto rischio.
      Per quanto riguarda il confronto con l'Europa, il nostro Paese spende la metà, in rapporto al Pil, di quanto fatto in media dai Paesi europei. Non solo, nell'Europa dei Quindici, l'Italia, dopo la Grecia, è il Paese in cui i trasferimenti sociali hanno il minor impatto nel ridurre la povertà: solo di quattro punti in percentuale, mentre altri Paesi arrivano al 50 per cento. Due sono le questioni da affrontare con urgenza: il passaggio da trasferimenti monetari a servizi e la gestione decentrata della spesa sociale.
      L'Italia è l'unica nazione europea, insieme a Grecia e Ungheria, priva di un sistema nazionale di reddito minimo garantito a favore di tutti i poveri. Si era intrapresa tale strada nel 1998 (Governo Prodi) a sperimentare il reddito minimo di inserimento, ma nel 2003 (Governo Berlusconi) questa innovazione è stata bruscamente interrotta. La riforma del titolo V della Costituzione ha nel frattempo modificato la ripartizione delle funzioni, attribuendo all'esclusiva competenza regionale le politiche sociali (comprese quelle di contrasto alla povertà attraverso forme di «reddito minimo di inserimento» o di «reddito di cittadinanza») e lasciando in capo allo Stato centrale la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e le politiche redistributive di tipo fiscale e pensionistico.
      Questa assenza di strumenti specifici di contrasto della povertà si riflette puntualmente sui dati che misurano l'efficacia del welfare nella riduzione delle disuguaglianze. Secondo Eurostat in Italia, prima dei trasferimenti sociali, sono a rischio di povertà il 24 per cento dei cittadini. Dopo i trasferimenti, questa percentuale scende al 20 per cento. I corrispondenti dati dell'Europa dei Ventisette sono impressionanti: 25 per cento di persone a rischio di povertà prima dei trasferimenti (più dell'Italia), 16 per cento dopo. Nove punti in meno in Europa, solo quattro in Italia.
      Alla luce di tale condizione, la valorizzazione del ruolo dell'assistente sociale appare davvero determinante e pertanto meritevole di una disciplina idonea a enfatizzarne e rafforzarne la funzione sociale.
      La proposta di legge che presentiamo risponde a questa e ad altre esigenze che la vostra sensibilità non potrà non apprezzare.
      Il momento che stiamo attraversando esige che le magre risorse devolute ai servizi sociali alla persona, siano usate in modo mirato, con trasparenza e responsabilità: in una parola con professionalità, competenza, capacità di assumere compiutamente il senso di progetti integrati e partecipati.
      Esige che siano sostenute le reti che potenziano e amplificano lo sforzo e l'impegno delle singole strutture per valorizzare al massimo le risorse disponibili nei singoli settori d'intervento e, altresì, che i cittadini, le famiglie, i gruppi sociali siano chiamati a condividere le responsabilità che gravano sui servizi e sugli operatori degli stessi, riscattando la propria dignità e partecipando consapevolmente al progetto inteso a restituire loro iniziativa e autonomia.
      Si propone quindi l'adozione di uno specifico provvedimento legislativo che persegua anche finalità di equità analogamente a quanto è stato fatto per altri settori professionali.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Professione di assistente sociale e assistente sociale specialista).

      1. L'esercizio della professione di assistente sociale e di assistente sociale specialista sono subordinati al conseguimento delle specifiche abilitazioni mediante esami di Stato e l'iscrizione all'albo professionale.
      2. Gli assistenti sociali e gli assistenti sociali specialisti svolgono in condizioni di autonomia l'attività professionale prevista dalle norme del loro ordinamento, dalle norme dei relativi profili professionali nonché dallo specifico codice deontologico, utilizzando metodologie proprie della professione, sia in regime autonomo, sia in regime di lavoro subordinato o parasubordinato.
      3. Facendo propri i contenuti della raccomandazione Rec(2001)1 del Consiglio d'Europa del 17 gennaio 2001, lo Stato e le regioni nell'esercizio delle proprie funzioni legislativa, di indirizzo, di programmazione ed amministrativa, promuovono la valorizzazione e la responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo della professione di assistente sociale e di assistente sociale specialista al fine di contribuire alla tutela dei diritti delle persone e della collettività e allo sviluppo dell'integrazione del sistema dei servizi sociali e della loro organizzazione sia sul territorio nazionale che in rapporto con gli altri Stati dell'Unione europea.

Art. 2.
(Formazione universitaria).

      1. La formazione degli assistenti sociali e degli assistenti sociali specialisti avviene attraverso corsi di studi universitari specificatamente finalizzati alla formazione

della figura professionale di assistente sociale e di assistente sociale specialista nelle classi di laurea 24 in scienze e tecniche psicologiche o 39 in servizio sociale, di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca 16 marzo 2007, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2007, o nella nella classe di laurea magistrale 87/M in servizio sociale e politiche sociali di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca 16 marzo 2007, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 157 del 9 luglio 2007.
      2. Al corso di laurea specialistica nella classe di laurea magistrale 87/M di cui al comma 1 possono accedere anche gli assistenti sociali in possesso di diploma universitario conseguito nell'ordinamento previgente la riforma dell'ordinamento universitario degli studi di cui al regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, che viene equiparato al diploma di laurea nelle citate classi di laurea 24 e 39 di cui al medesimo comma 1 del presente articolo.
      3. A salvaguardia della specificità dei contenuti professionali i corsi universitari di cui al comma 1 devono garantire:

          a) insegnamenti di discipline specifiche di servizio sociale;

          b) docenze delle discipline di servizio sociale attribuite ad esperti di servizio sociale;

          c) tirocini svolti in ambiente professionale specifico e seguiti da supervisore assistente sociale esperto;

          d) piani di studio omogenei nel territorio nazionale.

Art. 3.
(Sezioni e titoli professionali).

      1. L'iscrizione nella sezione A dell'albo professionale degli assistenti sociali di cui all'articolo 20, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001,

n. 328, di seguito denominata «sezione A» è subordinata al superamento di apposito esame di Stato. Per l'ammissione all'esame di Stato è richiesto il possesso della laurea nella classe 24 in scienze e tecniche psicologiche o classe 39 in servizio sociale, e della laurea specialistica nella classe 87/M in servizio sociale e politiche sociali.
      2. L'iscrizione alla sezione B dell'albo professionale degli assistenti sociali di cui al citato articolo 20, comma 1, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 2001, di seguito denominata «sezione B», è subordinata al superamento di apposito esame di Stato. Per l'ammissione all'esame di Stato è richiesto il possesso della laurea nella classe 24 in scienze e tecniche psicologiche o classe 39 in servizio sociale.
      3. Agli iscritti nella sezione A spetta il titolo professionale di assistente sociale specialista.
      4. Agli iscritti nella sezione B spetta il titolo professionale di assistente sociale.
Art. 4.
(Attività professionali).

      1. Formano oggetto dell'attività professionale degli iscritti nella sezione A ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 1, comma 2, restando immutate le riserve e attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa, oltre alle attività indicate nel comma 2 del medesimo articolo 1, le seguenti attività:

          a) area di aiuto nei processi di inclusione sociale:

              1) uso e sperimentazione di metodologie avanzate e innovative di servizio sociale svolte in tutti i settori di esercizio della professione e nelle forme previste;

              2) diagnosi sociale, analisi e decodifica dei bisogni complessi dei singoli, delle famiglie, dei gruppi e del territorio;

              3) coordinamento di interventi e servizi ad alta complessità;

              4) interventi interprofessionali, di èquipe e di unità di valutazione;

              5) counselling psico-sociale;

              6) interventi in ambito specialistico di servizio sociale clinico;

          7) mediazione nelle situazioni di conflittualità interpersonale, negli ambiti della mediazione familiare, penale, sociale e giovanile;

          8) consulenza agli organi giudiziari in materia minorile e di tutela di soggetti deboli o a rischio;

          b) area preventivo-promozionale:

          1) negoziazione e concertazione tra i soggetti sociali per la progettazione di sistemi di benessere locale;

          2) attivazione di programmi di integrazione tra i vari ambiti operativi, mondi vitali e terzo settore;

          3) progettazione e conduzione di programmi di sensibilizzazione, responsabilizzazione e protezione sociale di gruppi e comunità;

              4) programmazione e gestione di servizi d'informazione, comunicazione e promozione dei diritti dei cittadini;

              5) programmazione e coordinamento di interventi di pronta emergenza sociale;

              6) attivazione e conduzione di osservatori sugli interventi, servizi e politiche sociali;

          c) area manageriale:

              1) direzione e gestione di interventi di servizio sociale e di servizi ad alta complessità;

              2) pianificazione, progettazione, organizzazione e gestione manageriale nel campo delle politiche e dei servizi sociali, nonché dell'educazione ai diritti, alla coesione sociale, alla solidarietà, alla salute;

              3) analisi, costruzione e coordinamento di reti di servizi e prestazioni, nell'ambito delle proprie competenze;

              4) apporto tecnico per la costruzione di piani di zona;

              5) gestione di risorse umane, strutturali ed economiche nell'ambito dei servizi e delle politiche sociali;

              6) analisi e valutazione di qualità dei servizi sociali e delle prestazioni;

              7) gestione di processi per l'accreditamento dei servizi sociali;

          d) area didattico-formativa e di ricerca:

              1) ricerca e monitoraggio nell'ambito degli interventi di servizio sociale, dei servizi e delle politiche sociali;

              2) attività formativa e didattica nelle materie proprie del servizio sociale e delle discipline affini;

              3) supervisione professionale, interprofessionale e dei tirocini di laureandi in scienze del servizio sociale e laureandi specialisti in programmazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali.

      2. Formano oggetto dell'attività professionale degli iscritti nella sezione B, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 1, comma 2, restando immutate le riserve e attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa, le seguenti attività:

          a) area di aiuto nei processi di inclusione sociale:

              1) attività, con autonomia tecnico-professionale e di giudizio in tutte le fasi dell'intervento sociale per la prevenzione, il sostegno, l'accompagnamento e il recupero di persone, famiglie, gruppi e comunità in condizione di difficoltà soggettiva e sociale;

              2) attivazione, uso e valorizzazione delle risorse personali, ambientali, istituzionali, formali e informali;

              3) integrazione e attivazione di reti relazionali;

              4) accoglienza, ascolto e attività di segretariato sociale, nonché prima valutazione dei bisogni;

              5) orientamento, sostegno e accompagnamento di soggetti in condizione di difficoltà;

              6) analisi della domanda sociale e costruzione di progetti individuali, partecipati e personalizzati e interventi di case management;

          b) area preventivo-promozionale:

              1) azione preventiva del disagio sociale e promozionale del benessere delle persone, delle famiglie, dei gruppi e della comunità;

              2) sostegno nei processi di accesso alle risorse e alle prestazioni, nella conoscenza e fruizione dei diritti;

              3) interventi di pronta emergenza sociale;

              4) attività di informazione e comunicazione nei servizi sociali e sui diritti degli utenti;

          c) area organizzativa:

              1) collaborazione alla programmazione degli interventi in campo delle politiche e dei servizi sociali e alla costruzione dei piani di zona;

              2) interventi di integrazione tra i vari ambiti operativi, mondi vitali e terzo settore;

              3) interventi interprofessionali, di équipe e di unità di valutazione;

              4) attivazione e gestione di flussi informativi nel campo dei servizi sociali;

          d) area didattico-formativa e di ricerca:

           1) raccolta dati e studio di dati sociali o psico-sociali a fini di ricerca;

              2) attività formativa nel campo dei servizi alla persona;

              3) attività di coordinamento e supervisione di operatori sociali;

              4) supervisione dei tirocini delle lauree in scienze del servizio sociale.

      3. Al fine di garantire la qualità delle attività di cui al presente articolo è necessaria la formazione continua.

Art. 5.
(Accesso al pubblico impiego),

      1. L'iscrizione all'albo professionale costituisce requisito obbligatorio per la partecipazione a concorsi per l'accesso nel pubblico impiego a posti che comportano lo svolgimento di attività professionali di assistente sociale e di assistente sociale specialista previste all'articolo 4.

Art. 6.
(Accesso alla dirigenza).

      1. Costituiscono titolo per l'accesso alla dirigenza e per lo svolgimento di funzioni dirigenziali nell'ambito delle professioni di assistente sociale e di assistente sociale specialista la laurea quadriennale in servizio sociale prevista dalla normativa previgente l'emanazione del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, o la laurea magistrale classe 87/M e l'iscrizione alla sezione A fermo restando quanto previsto per i soggetti indicati dal comma 4 dell'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328.

Art. 7.
(Servizio sociale professionale).

      1. Ai sensi dell'articolo 22, comma 4, lettera a), della legge 8 novembre 2000, n. 328, il servizio sociale professionale costituisce prestazione da erogare in ogni ambito territoriale di cui all'articolo 8, comma 3, lettera a), della medesima legge n. 328 del 2000, nel rispetto dell'articolo 117, comma secondo, lettera m), della Costituzione, e garantendo un rapporto

minimo di un assistente sociale ogni 4.000 abitanti.
Art. 8.
(Disposizioni finali).

      1. Per quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge, si applicano le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1987, n. 14, nel decreto del Presidente della Repubblica 5 luglio 1989, n. 280, nella legge 23 marzo 1993, n. 84, nella legge 3 aprile 2001, n. 119, nel decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 528, nel decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 febbraio 2001, n. 1, nonché nei regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 30 marzo 1998, n. 155, e 5 agosto 1998, n. 340, nel decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 5 maggio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 2004, e nel regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca scientifica 22 ottobre 2004, n. 270.
      2. L'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328, è abrogato.

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