Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 550


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
ANTEZZA, BIONDELLI, AMODDIO, SBROLLINI, IACONO, ARLOTTI, MONGIELLO, IORI, D'INCECCO, MARANTELLI, GRASSI, CAPONE, SCUVERA, VENITTELLI, FEDI, BASSO, CARRA, MARZANO, REALACCI, MELILLI
Nuovo ordinamento della professione di assistente sociale
Presentata il 26 marzo 2013


      

torna su
Onorevoli Colleghi! La presente proposta di legge sul nuovo ordinamento della professione di assistente sociale nasce dall'esigenza di adeguare la normativa riferita alla professione di assistente sociale all'evoluzione del contesto sociale, allo sviluppo scientifico e culturale della disciplina, pur mantenendone le sue peculiarità, delineate nella legislazione fondativa e nello specifico dalla legge 23 marzo 1993, n. 84, recante l'ordinamento della professione di assistente sociale e l'istituzione dell'albo professionale.
      Si tratta, peraltro, di una legge istitutiva assai breve, che disciplina solo taluni limitati ambiti ordinamentali; il vigente ordinamento professionale della professione di assistente sociale è disperso in una pluralità di fonti. Solo poche di queste hanno forza di legge, trattandosi per lo più di fonti regolamentari. Hanno infatti forza di legge la già ricordata legge istitutiva 23 marzo 1993, n. 84, recante l'ordinamento della professione di assistente sociale e istituzione dell'albo professionale, e la legge 3 aprile 2001, n. 119, recante disposizioni concernenti l'obbligo del segreto professionale per gli assistenti sociali.
      La maggior parte delle norme che disciplinano l'ordinamento professionale dell'assistente sociale sono invece contenute in fonti secondarie:

          a) regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 2 settembre 2010, n. 182, recante modifiche al decreto ministeriale 11 ottobre 1994, n. 615, in materia di norme relative all'istituzione delle sedi regionali o interregionali dell'Ordine e

del Consiglio nazionale degli assistenti sociali, ai procedimenti elettorali e alla iscrizione e cancellazione dall'albo professionale;

          b) regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 169, per il riordino del sistema elettorale e della composizione degli organi di ordini professionali;

          c) decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328, recante modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti;

          d) regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 30 marzo 1998, n. 155, recante norme sull'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di assistente sociale;

          e) regolamento di cui al decreto del Ministro di grazia e giustizia 11 ottobre 1994, n. 615, recante norme relative all'istituzione delle sedi regionali o interregionali dell'Ordine e del Consiglio nazionale degli assistenti sociali, ai procedimenti elettorali e alla iscrizione e cancellazione dall'albo professionale.

      Esistono ovviamente molte altre fonti, anche primarie, che riguardano gli assistenti sociali, ma non si tratta di norme integranti l'ordinamento della professione, bensì di norme qualificanti l'attività professionale.
      Tra esse si segnalano, in materia di giustizia:

          a) il regio decreto-legge n. 1404 del 1934, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 835 del 1935, istitutivo dei tribunali per i minorenni e dei relativi servizi sociali;

          b) la legge n. 1085 del 1962, recante l'ordinamento degli uffici di servizio sociale e istituzione dei ruoli del personale del predetto servizio;

          c) la legge n. 354 del 1975, recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà;

          d) la legge n. 663 del 1986 (cosiddetta «legge Gozzini»), recante modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà;

          e) le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, sul processo penale a carico di imputati minorenni;

          f) il decreto legislativo n 272 del 1989, recante norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni;

          g) la legge n. 165 del 1998 (cosiddetta legge «Simeone-Saraceni»), sull'esecuzione delle pene detentive;

          h) la legge n 199 del 2010 (cosiddetta legge «svuotacarceri»), esecuzione presso il domicilio delle pene.

      In materia socio-sanitaria:

          a) il testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 recante disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali;

          b) il decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1969, recante l'ordinamento interno dei servizi ospedalieri, in particolare, del «Servizio Sociale ospedaliero», compreso l'ospedale psichiatrico;

          c) la legge n. 180 del 1978, (cosiddetta legge «Basaglia») in materia di accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori;

          d) la legge n. 833 del 1978 recante l'istituzione del servizio sanitario nazionale.

      In materia di formazione degli assistenti sociali si citano, inoltre, le seguenti

normative precedenti all'entrata in vigore dell'ordinamento professionale:

          a) il decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982 n. 162, recante l'istituzione delle scuole dirette a fini speciali, delle scuole di specializzazione e dei corsi di perfezionamento;

          b) il decreto del Ministro della pubblica istruzione 30 aprile 1985, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 29 del 5 febbraio 1987 recante l'ordinamento delle scuole universitarie dirette a fini speciali per assistenti sociali;

          c) il decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1987 n. 14, recante disposizioni sul valore abilitante del diploma di assistente sociale.

      Si tratta di disposizioni non integranti l'ordinamento professionale degli assistenti sociali che, come tale, prende forma solo con l'istituzione dell'Ordine professionale e con il riconoscimento della professione di assistente sociale a vera e propria professione ordinistica (legge n. 84 del 1993).
      È pertanto necessario riordinare le disposizioni ordinamentali e raccogliere l'intero ordinamento professionale in un unico testo di legge, in grado di razionalizzare la materia come si addice a una professione intellettuale strumentale all'attuazione di diritti riconosciuti dalla Costituzione, che non manca di prevedere, all'articolo 38, il diritto all'assistenza sociale, nel quadro della forma di Stato democratico-sociale.
      La proposta di una riforma globale dell'attuale assetto ordinamentale della professione trae origine dalla consapevolezza che l'aumentata complessità dei problemi sociali, i cambiamenti nei sistemi di welfare, l'emergere di nuovi soggetti sociali nel quadro delle risorse europee, accanto alla flessibilità del mercato del lavoro, richiedono una conseguente assunzione di responsabilità della comunità dei professionisti (nelle sue diverse espressioni, dall'Ordine nazionale e gli ordini regionali, alle associazioni storiche, culturali e sindacali) per rendere la professione sempre più presente ed efficace nei sistemi di welfare e per dare risposte competenti e globali alla domanda di benessere delle persone.
      Gli assistenti sociali operano da oltre mezzo secolo nella realtà sociale italiana ed esercitano una professione che nasce per la tutela delle persone, delle famiglie e delle comunità in situazioni di disagio, di marginalità o di grave rischio sociale, secondo il dettato costituzionale (articoli 3 e 38), sia per attuare interventi di sostegno e accompagnamento personalizzati, finalizzati a consentire l'acquisizione dell'autonomia personale, sia per attivare percorsi di prevenzione del disagio sociale e promozione del benessere globale delle comunità, attraverso la ricerca e l'analisi dei fenomeni sociali e la conseguente progettazione sociale e attivazione, implementazione delle risorse.
      È evidente come per gli assistenti sociali si configuri l'esigenza di acquisire un'alta formazione professionalizzante specifica, esigenza che, parallelamente, è stata tenuta in grande considerazione delle recenti normative e che comporta l'adeguamento dell'accesso alla professione a seguito del conseguimento di una laurea magistrale in un percorso a ciclo unico che unisca le lauree specifiche di cui alle classi L39 e LM87, per accedere all'esame di Stato e un piano formativo comprensivo dell'adeguamento qualitativo e quantitativo del tirocinio professionalizzante.
      Più nello specifico, la proposta di legge tiene conto di alcune indicazioni maturate nell'ambito dell'Unione europea e, in particolare, della Raccomandazione Rec(2001)1 del Consiglio, del 17 gennaio 2001.
      I criteri che informano la proposta di legge sono:

          a) libertà dell'accesso alla professione, autonomia e indipendenza di giudizio intellettuale e tecnico del professionista;

          b) formazione di base altamente qualificante e obbligo della formazione permanente e continua;

          c) disciplina dello svolgimento del tirocinio per l'accesso alla professione;

          d) istituzione di organi disciplinari specifici non più nell'ambito dei consigli dell'ordine nazionale e regionale;

          e) obbligatorietà della copertura assicurativa da parte del professionista per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale a tutela dell'utente;

          f) disciplina della pubblicità informativa.

      Esaminando nel dettaglio l'articolato, si illustrano i punti salienti della proposta di legge, articolata in sei capi.
      Il capo I riguarda l'esercizio della professione, il principio di libertà al quale essa si ispira, i contenuti delle aree di intervento distinte secondo le specificità professionali indicate all'articolo 3:

          a) area di aiuto nei processi di inclusione sociale;

          b) area preventivo-promozionale;

          c) area dell'organizzazione, della progettazione e della gestione;

          d) area didattico-formativa e di ricerca.

      Il capo II riguarda la formazione e l'accesso alla professione per l'esercizio della quale è richiesto il conseguimento di un titolo universitario che garantisca l'acquisizione di saperi e competenze professionali, attraverso percorsi specifici e interdisciplinari, nelle discipline del servizio sociale, secondo quanto indicato all'articolo 4, comma 2.
      Uno stimolo molto forte a procedere in questo senso è derivato dal disagio prodotto dall'applicazione delle ultime riforme universitarie, che hanno reso ancora più ridotta la formazione specifica in servizio sociale:

          la riduzione degli investimenti, anche nella formazione universitaria, ha comportato, nell'autonomia degli atenei, la riduzione dei crediti formativi universitari dedicati alle discipline di indirizzo e al tirocinio;

          l'attribuzione degli incarichi di insegnamento a docenti nella grande maggioranza dei casi non formati nelle discipline specifiche;

          la possibilità di accesso alle lauree magistrali da lauree triennali non specifiche, senza debiti formativi, ciò che ha reso possibile, una volta superato l'esame di abilitazione, l'iscrizione alla sezione A dell'albo che, come è noto, consente l'esercizio anche delle funzioni di cui alla sezione B del medesimo albo.

      L'obiettivo di trasformare la formazione universitaria con l'istituzione di una laurea magistrale a ciclo unico in servizio sociale rappresenta una forma di garanzia della qualità degli interventi destinati agli utenti.
      La formazione universitaria deve garantire lo svolgimento di esperienze di tirocinio professionalizzante all'interno del sistema dei servizi ove è previsto il servizio sociale professionale, in stretto raccordo con i processi formativi teorici.
      L'accesso alla professione è inoltre condizionato al superamento dell'esame di Stato che consente l'iscrizione all'albo.
      L'istituzione della laurea magistrale a ciclo unico in servizio sociale (articolo 4, comma 1), è una decisione che gli ordini regionali condividono da tempo poiché è necessaria una formazione di base che tenga conto della complessità sociale e organizzativa che il professionista affronta nei diversi contesti territoriali del Paese.
      La proposta di legge all'articolo 4, comma 5, prevede che nelle more dell'espletamento dei concorsi gli insegnamenti siano affidati a professionisti di comprovata esperienza. Altresì valorizza, al comma 6, l'investimento fatto negli anni in dottorati di ricerca, elemento essenziale per i concorsi di docenza specifica.
      Al comma 7 è riconosciuto come titolo valido ai fini dell'ingresso nei ruoli della docenza degli istituti secondari di secondo grado il titolo di studio di cui al comma 1.


      La proposta di legge, in particolare, per quanto riguarda la dimensione formativa qualificante dei tirocini (articolo 5), valorizza l'esperienza maturata sia nei contesti accademici, sia nel sistema dei servizi attraverso apposite convenzioni redatte sulla base di una convenzione quadro stipulata tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Consiglio nazionale dell'Ordine degli assistenti sociali.
      L'articolo 6 prevede il riordino delle prove per l'esame di Stato al fine di garantire una maggiore preparazione e competenza nell'affrontare la complessità che la professione richiede.
      L'articolo 7 ribadisce l'obbligatorietà dell'iscrizione all'albo per poter esercitare la professione.
      In riferimento all'articolo 8, in relazione all'accesso alla dirigenza, si dà seguito al dovuto sviluppo di carriera della professione, già previsto in altri progetti di legge, finalizzati a dare ulteriore impulso alla professione prevedendo figure professionali con responsabilità apicali, di direzione, gestione e coordinamento dei servizi, atti a consentire una valorizzazione, nei luoghi istituzionali e nelle amministrazioni locali, delle esperienze e delle competenze in materia di analisi e di programmazione dei servizi sociali e socio-sanitari dell'assistente sociale.
      Il capo III si riferisce alla struttura amministrativa e alle normative regolamentari riguardanti il funzionamento del Consiglio nazionale e dei consigli regionali dell'Ordine.
      Il capo IV tratta gli aspetti disciplinari, le competenze, le procedure, le sanzioni e il sistema di garanzie. Secondo quanto disposto dalla proposta di legge, non saranno più commissioni interne al Consiglio nazionale e ai consigli regionali a trattare la materia e i relativi procedimenti, bensì un organo indipendente composto da assistenti sociali esperti non appartenenti al Consiglio nazionale o ai consigli regionali, nell'interesse e a tutela dei cittadini.
      L'aggiornamento del codice deontologico e del relativo regolamento disciplinare rimane in capo al Consiglio nazionale.
      Il capo V, all'articolo 19 prevede l'obbligo della formazione permanente.
      In considerazione della complessità dell'attività dell'assistente sociale è fondamentale garantire agli assistenti sociali una formazione permanente che assicuri competenza specifica, qualità, appropriatezza e adeguatezza degli interventi professionali in risposta alla costante emersione dei nuovi bisogni e delle nuove istanze delle comunità territoriali, delle sempre più articolate composizioni sociali.
      L'articolo 20 prevede l'obbligo di stipulare un'assicurazione per la responsabilità civile derivante dall'esercizio della professione.
      L'articolo 21 tratta della pubblicità informativa i cui contenuti devono essere conformi alle finalità di tutela dell'affidamento della collettività, nel rispetto del prestigio della professione e degli obblighi di segretezza e di riservatezza e dei princìpi del codice deontologico.
      L'articolo 22 ribadisce l'obbligo del segreto professionale, già previsto dalla legge n. 119 del 2001.
      Il capo VI (articolo 23) prevede le disposizioni transitorie finali, nonché l'abrogazione di disposizioni vigenti.
torna su
PROPOSTA DI LEGGE
Capo I
PROFESSIONE DI ASSISTENTE SOCIALE
Art. 1.
(Esercizio della professione di assistente sociale).

      1. L'esercizio della professione di assistente sociale è subordinato al conseguimento dell'abilitazione mediante il superamento dell'esame di Stato e all'iscrizione all'albo di cui rispettivamente agli articoli 6 e 7.
      2. Gli assistenti sociali svolgono l'attività professionale in condizioni di autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, secondo le norme del loro ordinamento nel rispetto dei relativi fondamenti teorico-disciplinari, nonché delle norme del relativo profilo professionale e del Codice deontologico, utilizzando la metodologia propria della professione, sia in regime autonomo sia in regime di lavoro subordinato o parasubordinato.
      3. In attuazione della raccomandazione Rec(2001)1 del Consiglio, del 17 gennaio 2001, lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di programmazione e amministrative, promuovono la valorizzazione delle funzioni e del ruolo della professione di assistente sociale al fine di contribuire alla garanzia e alla tutela dei diritti delle persone e della collettività, allo sviluppo dei processi di inclusione sociale, dell'integrazione del sistema dei servizi alla persona e delle loro organizzazione e promozione nel territorio nazionale e negli altri Stati dell'Unione europea.

Art. 2.
(Libera professione).

      1. È possibile esercitare la professione di assistente sociale in modo autonomo, al

di fuori di un rapporto di lavoro subordinato, in forma individuale o associata.
      2. Al comma 1 dell'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917, dopo la lettera c-ter) è inserita la seguente: «c-quater): le spese sostenute a fronte di prestazioni professionali rese da assistenti sociali;».
      3. Il decreto del Ministro della giustizia di cui all'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e successive modificazioni, è adottato sentito il Consiglio nazionale dell'Ordine degli assistenti sociali.
Art. 3.
(Attività professionale).

      1. Formano oggetto dell'attività professionale di esclusiva competenza degli iscritti all'albo degli assistenti sociali, ferme restando le riserve e attribuzioni stabilite dalla normativa vigente, le seguenti aree:

          a) area di aiuto nei processi di inclusione sociale:

              1) attività con autonomia tecnico-professionale e di giudizio in tutte le fasi dell'intervento sociale per la prevenzione, il sostegno, l'accompagnamento e il recupero di singoli, famiglie, gruppi e comunità in condizioni di disagio sociale;

              2) analisi della domanda sociale e costruzione di progetti individuali, partecipati e personalizzati;

              3) valutazione sociale, diagnosi sociale, analisi e decodifica dei bisogni complessi dei singoli, delle famiglie, dei gruppi e del territorio;

              4) interventi di pronta emergenza sociale;

              5) promozione, uso e valorizzazione delle risorse personali, ambientali, istituzionali, formali e informali;

              6) accoglienza, ascolto e attività di segretariato di servizio sociale nonché prima valutazione dei bisogni;

              7) integrazione e attivazione di reti relazionali;

              8) consulenza e collaborazione con gli organi giudiziari in materia civile, penale e amministrativa;

              9) orientamento, sostegno e accompagnamento di soggetti in condizione di disagio sociale;

              10) studio e sperimentazione di metodologie avanzate e innovative di servizio sociale nei settori di esercizio della professione;

              11) coordinamento di interventi e di servizi ad alta complessità;

              12) interventi interprofessionali, di équipe e di unità multiprofessionali di valutazione;

              13) consulenza di servizio sociale;

              14) interventi in ambito specialistico di servizio sociale;

              15) mediazione nelle situazioni di conflittualità interpersonale e negli ambiti familiare, sociale e giovanile;

          b) area preventivo-promozionale:

              1) sostegno ai processi di accesso alle risorse e alle prestazioni del servizio sociale nonché di fruizione dei diritti degli utenti;

              2) attività di informazione e di comunicazione sui servizi sociali e sui diritti degli utenti;

              3) studio e sperimentazione di metodologie avanzate e di interventi innovativi di servizio sociale nei settori di esercizio della professione;

              4) negoziazione e concertazione tra i soggetti sociali per la progettazione di sistemi locali di benessere sociale;

              5) attivazione di programmi di integrazione tra gli ambiti operativi del servizio sociale, le persone e il terzo settore;

              6) progettazione e conduzione di programmi di sensibilizzazione, responsabilizzazione e protezione sociale di gruppi e di comunità;

              7) programmazione e gestione di servizi d'informazione, comunicazione e promozione dei diritti dei cittadini;

              8) istituzione di osservatori sugli interventi sui servizi e sulle politiche sociali;

          c) area della organizzazione, della progettazione e della gestione:

              1) collaborazione alla programmazione degli interventi nel settore delle politiche e dei servizi sociali;

              2) attivazione e gestione di flussi informativi nel settore dei servizi;

              3) progettazione e gestione di interventi di servizio sociale e di servizi ad alta complessità;

              4) pianificazione, progettazione, organizzazione e gestione manageriale nei settori delle politiche e dei servizi sociali, nonché dell'educazione ai diritti, alla coesione sociale, alla solidarietà, alla salute;

              5) istituzione, coordinamento e verifica di reti di servizi e di prestazioni sociali;

              6) apporto tecnico per la predisposizione di progetti territoriali e di piani di zona;

              7) gestione di risorse umane, strutturali ed economiche nel settore delle politiche e dei servizi sociali;

              8) analisi e valutazione di qualità dei servizi sociali e delle prestazioni erogate;

              9) gestione di processi per l'accreditamento dei servizi sociali;

          d) area didattico-formativa e di ricerca:

              1) raccolta di dati e analisi dei dati sociali e psico-sociali a fini di ricerca;

              2) attività formativa nel settore dei servizi alla persona;

              3) attività di coordinamento e di supervisione degli operatori dei servizi sociali, socio-sanitari e socio-educativi;

              4) attività di ricerca e di monitoraggio sulle politiche e sui servizi sociali;

              5) docenza e attività formativo-didattica nelle materie di competenza del servizio sociale e delle discipline affini;

              6) supervisione sull'attività di tirocinio di cui all'articolo 5.

Capo II
FORMAZIONE E ACCESSO ALLA PROFESSIONE DI ASSISTENTE SOCIALE
Art. 4.
(Formazione universitaria).

      1. È istituita la classe di laurea magistrale a ciclo unico quinquennale denominata «LMCU in servizio sociale».
      2. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca istituisce, con proprio decreto, sentiti il Consiglio universitario nazionale (CUN) e il Consiglio nazionale dell'Ordine degli assistenti Sociali, nell'ambito dell'area 14 – Scienze politiche e sociali di cui all'allegato A annesso al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 29 luglio 2011 pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 203 del 1 settembre 2011 il macrosettore 14/E - servizio sociale. Il macrosettore comprende l'attività scientifica e didattico-formativa nei settori di competenza concernenti la propedeutica teorica, storica e metodologica del servizio sociale, i confini epistemologici del servizio sociale, gli strumenti teorico-metodologici e le tecniche di servizio sociale. Il macrosettore si articola nelle seguenti aree: princìpi e fondamenti del servizio sociale; storia del servizio sociale e storia del pensiero del servizio sociale; modelli, metodologie e tecniche del servizio sociale;

metodologie e tecniche della ricerca di servizio sociale; politiche sociali relative alle diverse tipologie di welfare; progettazione e valutazione dei servizi sociali e degli interventi di servizio sociale; programmazione, amministrazione e organizzazione dei servizi sociali; etica e deontologia dei servizi sociali.
      3. Il possesso del diploma di laurea di cui al comma 1 è requisito necessario per l'iscrizione all'albo degli assistenti sociali fatto salvo quanto previsto dall'articolo 23.
      4. In considerazione della specificità dell'attività professionale, i contenuti scientifici del corso di laurea di cui al comma 1 sono determinati dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentito il consiglio nazionale dell'Ordine degli assistenti sociali.
      5. Nelle more dell'espletamento dei concorsi per l'accesso ai ruoli dei docenti universitari in servizio sociale, i relativi insegnamenti possono essere affidati, con contratto di diritto privato, ad assistenti sociali di comprovata esperienza, sulla base dei curricula attestanti lo svolgimento della professione, nonché le attività formative e scientifiche svolte.
      6. Nell'ambito dell'organizzazione dei dottorati di ricerca di cui all'articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, e successive modificazioni, l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) acquisisce il parere del Consiglio nazionale dell'Ordine degli assistenti sociali sui criteri e sui parametri che definiscono gli obiettivi formativi e il relativo programma di studi dei dottorati di ricerca in servizio sociale.
      7. Il diploma di laurea di cui al comma 1 costituisce titolo valido ai fini dell'accesso ai ruoli della docenza negli istituti secondari di secondo grado.
Art. 5.
(Tirocinio).

      1. Il tirocinio è svolto nell'ambito del percorso formativo previsto dal corso di laurea in servizio sociale, ha una durata di

almeno 900 ore ed è disciplinato da un apposito regolamento adottato dal Consiglio nazionale dell'Ordine degli assistenti sociali, sentiti i consigli regionali del medesimo Ordine.
      2. I rapporti tra atenei e consigli regionali dell'Ordine degli assistenti sociali sono disciplinati da apposite convenzioni redatte sulla base di una convenzione quadro stipulata tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Consiglio nazionale dell'Ordine degli assistenti sociali. Il tirocinio è svolto nell'ambito di una delle aree di cui all'articolo 4, comma 2, indicata dal tirocinante, con la supervisione di un assistente sociale che esercita la professione da almeno cinque anni.
      3. Il consiglio regionale dell'Ordine degli assistenti sociali vigila sul corretto svolgimento del tirocinio e sulla qualità della supervisione, secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui comma 1.
      4. Gli assistenti sociali in possesso del diploma di LMCU in servizio sociale possono svolgere attività di praticantato regolamentata dall'Ordine degli assistenti sociali.
Art. 6.
(Esame di Stato).

      1. L'iscrizione all'albo degli assistenti sociali è subordinata al superamento di un apposito esame di Stato.
      2. Per l'ammissione all'esame di Stato è richiesto il possesso del diploma di LMCU in servizio sociale.
      3. L'esame di Stato è articolato nelle seguenti prove:

          a) una prima prova scritta sui seguenti argomenti: aspetti teorici e applicativi delle discipline dell'area del servizio sociale; princìpi, fondamenti, metodi e tecniche del servizio sociale, rilevamento e trattamento di situazioni di disagio sociale;

          b) una seconda prova scritta sui seguenti argomenti: teoria e metodi di pianificazione dei servizi sociali, organizzazione

e gestione dei servizi sociali; metodologie di ricerca nella politica e nei servizi sociali; metodologie di analisi valutativa e di supervisione dei servizi e delle politiche dei servizi alla persona; princìpi di politica sociale; princìpi e metodi di organizzazione e di offerta di servizi sociali;

          c) una prova pratica sui seguenti argomenti: analisi, discussione e formulazione di proposte di intervento in relazione a un caso proposto dalla commissione di esame sugli argomenti di cui alla lettera b);

          d) una prova orale sui seguenti argomenti: legislazione e deontologia professionali; discussione degli elaborati scritti di cui alle lettere a) e b); esame critico dell'attività svolta durante il tirocinio professionale.

Art. 7.
(albo degli assistenti sociali).

      1. Presso ciascun consiglio regionale dell'Ordine degli assistenti sociali, ovvero presso ciascun consiglio interregionale ove previsto, è istituito l'albo degli assistenti sociali, di seguito denominato «albo».
      2. Agli iscritti all'albo spetta il titolo professionale di assistente sociale.
      3. L'iscrizione all'albo è requisito necessario per l'esercizio della professione sia in forma autonoma di libera professione sia alle dipendenze della pubblica amministrazione o di soggetti privati.
      4. Costituiscono requisiti per l'iscrizione all'albo:

          a) avere conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione;

          b) avere la residenza o il domicilio professionale nella regione o in una delle regioni che costituiscono l'ambito territoriale consiglio regionale dell'Ordine;

          c) non essere stato radiato dall'albo o condannato, con sentenza passata in giudicato, per un reato che comporta l'interdizione dalla professione.

      5. Gli interessati presentano domanda di iscrizione all'albo al consiglio regionale o interregionale dell'Ordine allegando i documenti attestanti il possesso del requisito di cui al comma 4) lettera a) e il versamento delle tasse di iscrizione e di concessione governativa.
      6. Il Consiglio regionale o interregionale dell'Ordine decide sulle domande di iscrizione, in ordine di presentazione, entro trenta giorni. Trascorso tale termine la domanda di iscrizione si intende accolta.

Art. 8.
(Dirigenza dell'area sociale e del servizio sociale professionale).

      1. Ai sensi dell'articolo 12 della legge 8 novembre 2000, n. 328, è istituita la dirigenza dell'area sociale e del servizio sociale professionale.
      2. Costituiscono titolo per l'accesso ai livelli funzionali dell'area sociale e del servizio sociale professionale e per lo svolgimento delle funzioni dirigenziali presso enti, amministrazioni od organismi, il possesso del diploma di LMCU in servizio sociale o di titolo equivalente rilasciato in base agli ordinamenti didattici vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge nonché l'iscrizione all'albo, fatte salve, le posizioni acquisite dagli assistenti sociali in servizio alla medesima data di entrata in vigore.

Capo III
CONSIGLIO NAZIONALE E CONSIGLI REGIONALI DELL'ORDINE DEGLI ASSISTENTI SOCIALI
Art. 9.
(Organizzazione e funzionamento del Consiglio nazionale e dei consigli regionali dell'Ordine degli assistenti sociali).

      1. L'organizzazione, il funzionamento, le modalità di elezione del Consiglio nazionale

e dei consigli regionali dell'Ordine degli assistenti sociali, nonché la tenuta dell'albo sono disciplinati dal regolamento di cui al decreto del Ministro di grazia e giustizia 11 ottobre 1994, n. 615, e dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 169, fatto salvo quanto previsto dal comma 2 del presente articolo e dal capo IV.
      2. L'assistente sociale membro del Consiglio nazionale o di un consiglio regionale, ovvero membro di un consiglio regionale di disciplina di cui al capo IV ha diritto di astenersi dalle prestazioni lavorative in favore dell'ente di appartenenza per partecipare alle attività istituzionali dell'Ordine, secondo modalità stabilite con apposita convenzione tra lo stesso ente di appartenenza e il consiglio interessato.
Capo IV
ORGANI DI DISCIPLINA E PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
Art. 10.
(Consiglio regionale di disciplina).

      1. Nella seduta di insediamento, o, comunque, nella prima seduta utile successiva, il consiglio regionale dell'ordine degli assistenti sociali nomina il consiglio regionale di disciplina.
      2. Il consiglio regionale di disciplina è composto da cinque membri nominati tra gli iscritti all'albo da almeno dieci anni, che garantiscono indipendenza di giudizio e nei confronti dei quali non sono state irrogate in precedenza sanzioni disciplinari.
      3. Il consiglio regionale dell'ordine nomina quale membro senza diritto di voto del consiglio regionale di disciplina un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori, scelto tra gli iscritti agli albi degli avvocati.
      4. Il Consiglio nazionale, sentiti i consigli regionali, disciplina con apposito regolamento le modalità di costituzione e di

funzionamento dei consigli regionali di disciplina e del consiglio nazionale di disciplina di cui all'articolo 17.
      5. Il regolamento di cui al comma 4 può prevedere che, sulla base di accordi tra i consigli regionali della medesima area geografica o comunque limitrofi, e sentito il consiglio nazionale, siano costituiti consigli interregionali di disciplina, competenti a esercitare le funzioni di cui all'articolo 11.
      6. Il regolamento di cui al comma 4 definisce i criteri per l'esercizio della facoltà di cui al comma 5, con particolare riguardo al numero degli iscritti al relativo albo e alla necessità di assicurare il rispetto dei princìpi di efficienza ed economicità delle funzioni esercitate.
      7. La carica di membro del consiglio regionale di disciplina è incompatibile con quella di membro del consiglio regionale dell'ordine, con quella di consigliere nazionale e con quella di membro del Consiglio nazionale di disciplina.
      8. Il consiglio regionale di disciplina resta in carica per una durata corrispondente a quella del consiglio regionale dell'ordine che lo ha nominato e ha sede presso lo stesso consiglio regionale.
Art. 11.
(Competenze del consiglio regionale di disciplina).

      1. Il consiglio regionale di disciplina esercita l'azione disciplinare nei confronti degli iscritti all'albo e adotta le sanzioni disciplinari previste dall'ordinamento professionale.
      2. Il consiglio regionale di disciplina elegge il proprio presidente tra i membri iscritti all'albo.
      3. Le sedute del consiglio regionale di disciplina sono valide se è presente la maggioranza dei componenti.
      4. Il consiglio regionale di disciplina delibera a maggioranza dei presenti.
      5. Per ogni procedimento disciplinare è nominato un relatore tra i membri iscritti all'albo.


      6. Il consiglio regionale di disciplina riferisce annualmente al consiglio regionale dell'ordine sull'attività svolta.
Art. 12.
(Procedimento disciplinare).

      1. Il procedimento disciplinare nei confronti degli iscritti all'albo è volto ad accertare la sussistenza della responsabilità disciplinare del professionista per le azioni od omissioni che integrano violazione di norme di legge, di regolamento o del codice deontologico, ovvero che sono comunque ritenute in contrasto con i doveri generali di dignità, probità e decoro, a tutela dell'interesse pubblico al corretto esercizio della professione.
      2. Il procedimento disciplinare deve svolgersi secondo i princìpi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa, nonché nel rispetto delle garanzie del contraddittorio.
      3. Il Consiglio nazionale, sentito il Consiglio nazionale di disciplina di cui all'articolo 17, adotta e aggiorna il codice deontologico della professione e disciplina, con propri regolamenti, l'esercizio della funzione disciplinare a livello regionale e nazionale, nel rispetto dei princìpi stabiliti dal presente articolo. Per quanto non espressamente previsto, si applicano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura civile.
      4. Il procedimento disciplinare ha inizio d'ufficio o su richiesta del pubblico ministero presso il tribunale nel cui circondario ha sede il consiglio regionale di disciplina, ovvero su richiesta dei professionisti interessati.
      5. La responsabilità disciplinare è accertata quando sono provate l'inosservanza dei doveri professionali e l'intenzionalità della condotta, anche se omissiva.
      6. La responsabilità sussiste anche quando il fatto è commesso per imprudenza, negligenza o imperizia, ovvero per inosservanza di norme di legge, di regolamento o del codice deontologico.


      7. Del profilo soggettivo deve tenersi conto in sede di irrogazione dell'eventuale sanzione, che deve essere comunque proporzionata alla gravità dei fatti contestati e alle conseguenze dannose che possono essere derivate dai medesimi.
      8. Il professionista è sottoposto a procedimento disciplinare anche per fatti non riguardanti l'attività professionale, ove lesivi dell'immagine e della dignità professionali.
      9. Nessuna sanzione disciplinare può essere inflitta senza che il professionista sottoposto a procedimento sia stato invitato a comparire avanti il consiglio regionale di disciplina, con l'assegnazione di un termine non inferiore a trenta giorni per essere sentito. Il professionista ha facoltà di presentare documenti e memorie difensivi e di farsi assistere da un avvocato.
      10. L'autorità giudiziaria è tenuta a dare comunicazione al consiglio regionale di disciplina circa l'esercizio dell'azione penale nei confronti di un professionista.
      11. Le deliberazioni disciplinari sono notificate entro trenta giorni al professionista interessato e al pubblico ministero presso il tribunale. La delibera è altresì comunicata al procuratore generale presso la corte d'appello e al Ministero della giustizia.
      12. Il professionista sottoposto a giudizio penale è sottoposto anche a procedimento disciplinare per il fatto che ha formato oggetto dell'imputazione, salvo che sia intervenuta sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non l'ha commesso.
      13. L'azione disciplinare si prescrive in cinque anni dal compimento dell'evento che può dare luogo all'apertura del procedimento disciplinare.
Art. 13.
(Astensione e ricusazione).

      1. I membri del consiglio regionale di disciplina devono astenersi quando ricorrono i motivi di astensione indicati nell'articolo

51 del codice di procedura civile e possono essere ricusati per gli stessi motivi.
      2. Sull'astensione e sulla ricusazione decide il consiglio regionale di disciplina.
      3. Se non è presente il numero di componenti del consiglio regionale di disciplina necessario per la validità delle sedute, la competenza è del consiglio regionale di disciplina avente sede nella città più vicina, individuata dal Consiglio nazionale dell'Ordine.
Art. 14.
(Sanzioni).

      1. Al termine del procedimento disciplinare, il consiglio regionale di disciplina può irrogare le seguenti sanzioni:

          a) l'ammonizione;

          b) la censura;

          c) la sospensione dall'esercizio professionale per un periodo non superiore a un anno;

          d) la radiazione dall'albo.

Art. 15.
(Sospensione cautelare).

      1. La sospensione cautelare può essere disposta, in relazione alla gravità del fatto, per un periodo non superiore a cinque anni.
      2. La sospensione cautelare è comunque disposta in caso di applicazione di misura cautelare o interdittiva nonché di sentenza definitiva che prevede l'interdizione dalla professione o dai pubblici uffici.
      3. Prima di deliberare la sospensione cautelare è fatto obbligo di sentire il professionista. Ove ciò non sia possibile per causa di forza maggiore il consiglio regionale di disciplina provvede comunque a deliberare.

Art. 16.
(Impugnazioni).

      1. Avverso le decisioni del consiglio regionale di disciplina, il professionista può proporre, entro trenta giorni dalla notificazione, ricorso al Consiglio nazionale di disciplina di cui all'articolo 17.
      2. In caso di impugnazione il Consiglio nazionale di disciplina procede al riesame dei fatti e può sospendere l'efficacia dei provvedimenti disciplinari, confermare la sanzione irrogata dal consiglio regionale di disciplina, ovvero infliggerne una più grave.

Art. 17.
(Consiglio nazionale di disciplina).

      1. Nella seduta di insediamento, o, comunque, nella prima seduta utile successiva, il Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali nomina il Consiglio nazionale di disciplina, composto da sei membri. Cinque membri sono nominati tra gli iscritti all'albo da almeno dieci anni, che garantiscono indipendenza di giudizio e nei confronti dei quali non sono state irrogate in precedenza sanzioni disciplinari. Il sesto membro, senza diritto di voto, è un avvocato, abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori, scelto tra gli iscritti agli albi degli avvocati. Il Consiglio nazionale dell'ordine nomina, altresì, un membro avvocato supplente che sostituisce il membro effettivo avvocato in caso di suo impedimento.
      2. La carica di membro del Consiglio nazionale di disciplina è incompatibile con quella di consigliere nazionale, di consigliere regionale e di membro del consiglio regionale di disciplina.
      3. Il Consiglio nazionale di disciplina resta in carica per una durata corrispondente a quella del Consiglio nazionale dell'ordine che lo ha nominato.
      4. Il Consiglio nazionale di disciplina elegge il proprio presidente tra i membri iscritti all'albo.
      5. Le sedute del Consiglio nazionale di disciplina sono valide se è presente almeno

la maggioranza dei membri del Consiglio iscritti nell'albo.
      6. Il Consiglio nazionale di disciplina delibera a maggioranza dei presenti.
      7. Per ogni procedimento disciplinare è nominato un relatore tra i membri iscritti all'albo.
      8. Il Consiglio nazionale di disciplina si pronuncia sulle impugnazioni delle decisioni adottate dai consigli regionali di disciplina nel rispetto delle norme di legge e di regolamento, nonché del regolamento adottato dal Consiglio nazionale dell'ordine ai sensi dell'articolo 12, comma 3.
      9. Al procedimento dinanzi al Consiglio nazionale di disciplina si applicano le disposizioni di cui agli articoli 12, 13, 14 e 15.
      10. Il Consiglio nazionale di disciplina riferisce annualmente al Consiglio nazionale dell'ordine sull'attività svolta.
Art. 18.
(Disposizioni di adeguamento).

      1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo provvede ad apportare le modifiche necessarie al regolamento di cui al decreto del Ministro di grazia e giustizia 11 ottobre 1994, n. 615, al fine di adeguarlo a quanto stabilito dal presente Capo.

Capo V
OBBLIGHI DELL'ASSISTENTE SOCIALE
Art. 19.
(Formazione permanente).

      1. Il professionista iscritto all'albo ha l'obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale al fine di assicurare la qualità delle sue prestazioni professionali e di contribuire al miglior esercizio della professione nell'interesse degli utenti.
      2. Le modalità di adempimento dell'obbligo di formazione permanente di cui al

comma 1 sono disciplinate da un apposito regolamento adottato dal Consiglio nazionale dell'Ordine degli assistenti sociali.
      3. La violazione dell'obbligo di formazione permanente costituisce illecito disciplinare.
      4. I consigli regionali dell'Ordine concordano con le amministrazioni presso le quali gli assistenti sociali esercitano la loro professione le modalità di svolgimento delle attività di formazione permanente, assicurando, in particolare la concessione di permessi per la frequenza di tali attività formative, compatibilmente con le esigenze degli utenti fruitori dei servizi sociali interessati.
Art. 20.
(Assicurazione obbligatoria).

      1. Il professionista iscritto all'albo stipula, anche mediante convenzioni sottoscritte dal Consiglio nazionale dell'Ordine degli assistenti sociali, una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall'esercizio della professione.
      2. Il professionista rende noti all'utente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza di cui al comma 1, e il relativo massimale.
      3. Degli estremi della polizza assicurativa e di ogni sua successiva variazione è data comunicazione al consiglio regionale dell'Ordine.
      4. La mancata osservanza delle disposizioni del presente articolo costituisce illecito disciplinare.
      5. Le condizioni essenziali e i massimali minimi della polizza assicurativa sono stabiliti e aggiornati ogni cinque anni con decreto del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio nazionale dell'ordine.

Art. 21.
(Pubblicità informativa).

      1. Il professionista iscritto all'albo può fornire informazioni sulle modalità di esercizio della professione. Tali informazioni

devono, comunque, essere veritiere, non elogiative, non ingannevoli e non comparative e devono, altresì, essere conformi alle finalità di tutela dell'affidamento della collettività, nel rispetto del prestigio della professione e degli obblighi di segretezza e di riservatezza e dei princìpi del codice deontologico.
      2. Il Consiglio nazionale dell'Ordine degli assistenti sociali stabilisce le modalità di divulgazione delle informazioni di cui al comma 1.
      3. La divulgazione di informazioni non conformi a quanto disposto dai commi 1 e 2 costituisce illecito disciplinare.
Art. 22.
(Segreto professionale).

      1. Gli assistenti sociali iscritti all'albo sono tenuti al segreto professionale su quanto hanno conosciuto per ragione della loro professione esercitata sia in regime di lavoro dipendente, pubblico o privato, sia in regime di lavoro autonomo libero-professionale.
      2. Agli assistenti sociali di cui al comma 1 si applicano le disposizioni degli articoli 249 del codice di procedura civile e 200 del codice di procedura penale nonché le garanzie previste per il difensore dall'articolo 103 del citato codice di procedura penale.
      3. Agli assistenti sociali si applicano, altresì, tutte le altre norme di legge in materia di segreto professionale, in quanto compatibili.

Capo VI
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Art. 23.
(Disposizioni transitorie e finali).

      1. Gli articoli 20, 21, 22 e 23 del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328, sono abrogati.


      2. Gli assistenti sociali iscritti nella sezione A o nella sezione B dell'albo di cui all'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328, alla data di entrata in vigore della presente legge sono iscritti di diritto, a cura del competente consiglio regionale dell'Ordine degli assistenti sociali, all'albo.
      3. Gli assistenti sociali in possesso dell'abilitazione professionale per la sezione A o per la sezione B dell'albo di cui all'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328, alla data di entrata in vigore della presente legge possono richiedere l'iscrizione all'albo.
      4. Nelle more dell'istituzione del corso di LMCU in servizio sociale per l'iscrizione alla sezione A dell'albo di cui all'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328, è necessario il possesso del diploma di laurea magistrale nella classe LM 87 o del diploma di laurea triennale nella classe L 39.
      5. Per quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge, si applica la legge 23 marzo 1993, n. 84.
      6. La legge 3 aprile 2001, n. 119, è abrogata.
Per tornare alla pagina di provenienza azionare il tasto BACK del browser