Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 577


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
VENDOLA, MIGLIORE, DI SALVO, AIRAUDO, PLACIDO, AIELLO, BOCCADUTRI, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DURANTI, DANIELE FARINA, CLAUDIO FAVA, FERRARA, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, LACQUANITI, LAVAGNO, MARCON, MATARRELLI, MELILLA, NARDI, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIAZZONI, PILOZZI, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, SCOTTO, SMERIGLIO, ZAN, ZARATTI
Abrogazione dell'articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, recante disposizioni in materia di sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità
Presentata il 27 marzo 2013


      

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Onorevoli Colleghi! A poche settimane dalla sottoscrizione dell'accordo interconfederale del 28 giugno 2011, che sanciva le regole della rappresentatività tra Confindustria e sindacati confederali, con l'emanazione del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (meglio noto come «manovra di Ferragosto»), si fa esplicito richiamo al suddetto accordo e si stabilisce al comma 2-bis dell'articolo 8 che: «le specifiche intese (...) operano anche in deroga alle disposizioni di legge (...) ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro».
      Ciò basta a dare l'idea di come tale norma abbia inciso sia sui criteri di rappresentatività delle associazioni sindacali e sia sulla gerarchia delle fonti collettive, contravvenendo ai princìpi dell'articolo 39 della Costituzione con il rischio di lacerare le norme sulle relazioni dei contratti di lavoro e dei rapporti industriali, oltreché a porsi in totale contrasto con le norme comunitarie che, diversamente, impongono la parità di trattamento fra organizzazioni sindacali.
      Così facendo, il Governo ha voluto invadere la sfera negoziale a cui l'accordo del giugno del 2011 voleva dare risalto, imponendo, con una norma di legge, un principio di rappresentatività più ampio e svincolato di quello concordato fra le parti, riconoscendo maggiore forza alla contrattazione cosiddetta di «prossimità», che in questo modo può operare in deroga sia alla legislazione vigente (legge n. 300 del 1970, cosiddetto «Statuto dei lavoratori») che a quanto stabilito dal contratto nazionale, il tutto con il beneplacito della controparte datoriale che, facendo ricorso alla contrattazione aziendale, intravede la possibilità di avere meno vincoli sul futuro delle relazioni sindacali, oltreché in materia di licenziamenti.
      Con la norma, infatti, è stata introdotta per la prima volta nell'ordinamento giuridico italiano la possibilità di una deroga generalizzata ed illimitata ai diritti, minimi stabiliti per legge. Non sarà più necessario stipulare un accordo di estensione nazionale, ma in ogni porzione di territorio, anche piccolissima, e perfino in ogni singola azienda, diventa lecito ciò che fino a ieri non era consentito, travolgendo o eliminando garanzie acquisite in passato.
      D'ora in avanti non sarà più richiesta neppure l'adesione degli interessati, posto che a firmare saranno abilitate le associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale: un'operazione, questa, con la quale si è di fatto pesantemente inciso sui rapporti lavorativi (non solo in quelli tradizionali, stabili e subordinati) e con la quale è stata modificata la struttura stessa di controllo sociale del ciclo produttivo finanziarizzato.
      Altro punto fondamentale della norma è stata la previsione della facoltà di stipulare accordi in deroga alla legge anche per quanto concerne la cessazione del rapporto di lavoro, visto che il testo normativo riferisce espressamente di intese sindacali che abbiano ad oggetto le «conseguenze» del recesso dal rapporto stesso.
      Si rileva altresì che la norma presenta una variegata serie di problemi interpretativi che potrebbero inficiarne l'effettiva utilizzabilità. Innanzitutto sono previsti per i contratti collettivi di prossimità «vincoli di scopo». Detti accordi, infatti, devono essere finalizzati «alla maggiore occupazione» ed alla «crescita dell'occupazione», che la norma, così formulata, pare ritenere condizioni essenziali per l'adozione dei suindicati patti: dunque sarà ammissibile la stipula ex articolo 8 solo in ragione di incrementi di produttività ed occupazione.
      Il problema, partendo dalla complessa ampiezza e genericità delle espressioni adottate dallo stesso Governo, nasce laddove si pensi ai potenziali e futuri contenziosi promossi dai lavoratori che, licenziati sulla base della disciplina prevista dall'accordo aziendale, potrebbero chiedere giudizialmente l'applicazione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori eccependo che il contratto aziendale non abbia prodotto un reale aumento dell'occupazione della produttività. Si tratterà in tal caso di una questione da gestire in sede giudiziale, ma che presenta indubbie e notevoli problematiche.
      Un'ulteriore fonte di controversie potrebbe sorgere dal necessario rispetto dei vincoli comunitari espressamente previsto dal testo normativo. Il problema più immediato sarà dato dal lavoratore che, potendo adire il giudice nazionale, invochi il rispetto del diritto comunitario, situazione in cui si riproporranno tutte le difficoltà di conoscibilità e corretta interpretazione del diritto dell'Unione europea e della giurisprudenza della Corte di giustizia.
      La norma sembra essersi posta l'obiettivo di incidere in modo sostanziale sulle future modalità con le quali portare avanti le relazioni industriali nel nostro Paese. Infatti, in questo modo, da una parte si mira ad indebolire l'azione dei sindacati, attraverso la prevalenza degli accordi di prossimità, dall'altra, si vuole dare avvio alla stagione dello smantellamento dello Statuto dei lavoratori proprio nel bel mezzo di una crisi mondiale, quando la necessità di punti saldi e di tutele è maggiormente sentita dai lavoratori.
      Queste considerazioni sono alla base della volontà di abrogare, attraverso la presente proposta di legge, l'articolo 8 del citato decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. L'articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, è abrogato.

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