Organo inesistente
CAMERA DEI DEPUTATI |
N. 1542 |
1) istituire finalmente le città metropolitane, già previste nel nostro ordinamento fin dalla legge n. 142 del 1990, successivamente recepite nel testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 (di seguito: TUEL) e infine costituzionalizzate negli articoli 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, come modificati dalla legge costituzionale n. 3 del 2001;
2) predisporre una nuova disciplina delle province quali enti di area vasta, al
fine di consentire l'immediata revisione delle norme legislative che attualmente disciplinano questi enti e che, dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 220 del 2013, sono tuttora disciplinate sostanzialmente dalle norme contenute nel TUEL, sulla base di un modello che il Presidente del Consiglio dei ministri, nel suo discorso programmatico alle Camere, ha dichiarato doversi superare e che lo stesso Governo, presentando il disegno di legge costituzionale atto Camera n. 1543, volto all'abolizione delle province, ha concretamente dimostrato di ritenere superato;3) definire una nuova disciplina organica delle unioni di comuni, con la duplice finalità di pervenire finalmente a una coerente e strutturata normativa su un istituto, quello dell'unione di comuni, che a seguito dei numerosi interventi legislativi di questi anni ha subìto continue mutazioni, fino a connotare con la medesima qualifica di unione fenomeni e modalità organizzative tra loro molto diverse. Lo scopo di fondo di questo sforzo di riorganizzazione e chiarificazione, esteso anche alle unioni di comuni, è essenzialmente quello di fare di queste forme associative strumenti a disposizione dei comuni affinché questi possano esercitare, anche al di là delle loro dimensioni e dei vincoli che queste comportano, le loro funzioni in un modo più efficiente e più corrispondente alle esigenze dei cittadini. Coerente con questa finalità di fondo è anche la rivisitazione dell'istituto della fusione di comuni, finalizzato a facilitare l'accorpamento di più comuni in una prospettiva dichiaratamente orientata a pervenire a dimensioni del livello comunale più accettabili e coerenti.
Si tratta dunque di un disegno di legge che persegue risultati ambiziosi e che, pur nel suo apparente carattere contingente, specialmente per quanto riguarda la ristrutturazione delle province, ha però ambizioni rilevanti di carattere sistematico.
La premessa fondamentale che orienta tutto il disegno di legge, pur in ogni sua parte perfettamente coerente con il quadro costituzionale attuale e con gli insegnamenti della Corte costituzionale contenuti nella sentenza n. 220 del 2013, è di anticipare la prospettiva contenuta nel disegno di legge costituzionale deliberato dal Governo nel Consiglio dei ministri del 5 luglio 2013. Tale testo reca il titolo di abolizione delle province e prevede che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale, le modalità e le forme di esercizio delle loro funzioni siano individuate da parte dello Stato e delle regioni, sulla base di una legge dello Stato che definirà criteri e requisiti generali, ma che in realtà contiene al suo interno, nel modo stesso con il quale ridefinisce le città metropolitane, anche un chiaro progetto costituzionale.
Il progetto di riforma costituzionale contenuto nel disegno di legge costituzionale citato considera infatti le città metropolitane come enti di governo delle aree metropolitane, il cui ordinamento e le cui modalità di finanziamento e funzioni sono definiti da legge dello Stato, ma che non sono più inserite nel primo comma dell'articolo 114 della Costituzione come enti costitutivi della Repubblica.
Dunque, se guardiamo complessivamente il testo della proposta di revisione costituzionale, emerge chiaramente il disegno di una Repubblica delle autonomie fondata su due soli livelli territoriali di diretta rappresentanza delle rispettive comunità: le regioni e i comuni. A questi si accompagna un livello di governo di area vasta, chiaramente collocato in una visione funzionale più ad una razionale e coerente organizzazione dell'attività dei comuni insistenti sul territorio che non ad un livello di democrazia locale espressione della comunità metropolitana. Vi è poi un'apertura a future forme organizzative, molto flessibili e articolate, per quanto riguarda l'esercizio delle funzioni attualmente spettanti alle province, all'interno di una cornice uniforme, data dalla legge statale che conterrà i criteri e i princìpi, di cui lo Stato e le regioni saranno chiamati a definire, se possibile in modo
coerente, le forme ottimali.
Con riferimento agli effetti economico-finanziari determinati dal presente provvedimento va evidenziato che non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica in quanto le città metropolitane, costituite dal 1 gennaio 2014, subentrano alle province omonime nello svolgimento delle funzioni già facenti capo alle stesse, con il trasferimento alla città metropolitana del patrimonio e delle risorse umane e strumentali delle province. Per il finanziamento delle città metropolitane si applicano le disposizioni di cui agli articoli 23 e 24 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68. Per quanto riguarda le funzioni specifiche delle città metropolitane è previsto che il loro esercizio avvenga comunque a valere sulle risorse trasferite e quindi senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (si tratta per lo più di funzioni programmatorie e di indirizzo e non operative). Inoltre gli organi della città metropolitana saranno composti da membri di diritto che operano a titolo gratuito.
Qualora la provincia omonima resti in funzione con il territorio corrispondente a quello ove insistono i comuni compresi nell'area della città metropolitana e tra loro confinanti i quali, con atto deliberativo del rispettivo consiglio comunale adottato a maggioranza assoluta dei componenti, abbiano chiesto di non far parte della rispettiva città metropolitana, sono ripartiti tra la provincia e la città metropolitana i patrimoni e le risorse umane e strumentali, in relazione ai territori di rispettiva competenza e alle rispettive funzioni, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica così come espressamente previsto dall'articolo 3, comma 1, lettera g). Al riguardo è previsto un decreto del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che stabilisce criteri per la ripartizione delle risorse per assicurare l'invarianza della spesa.
Va rilevato che in caso di subentro totale della città metropolitana alla provincia, ciò implica la definitiva soppressione di quest'ultima.
Le eventuali elezioni disciplinate dal presente provvedimento vanno espletate con le risorse disponibili a legislazione vigente.
Per quanto attiene poi alle province, in attesa di un riordino delle stesse a livello costituzionale, non si ravvisano nuovi o maggiori oneri in quanto il presente provvedimento è finalizzato a riordinarne l'attuale assetto allo scopo di costituire un ente di area vasta che opera per l'integrazione delle attività dei comuni ad opera sostanzialmente dei rappresentanti dei comuni stessi, mantenendo un numero limitato di funzioni proprie; tale previsione consentirà, nel lungo periodo, una consequenziale riduzione di spesa. Viene prevista altresì la gratuità degli incarichi di presidente della provincia, di consigliere provinciale e di componente dell'assemblea dei sindaci; ciò determina un limitato
risparmio, che può diventare più rilevante in considerazione dell'assenza di future elezioni a suffragio universale. Inoltre con il ridursi della classe politica provinciale si riducono le spese per il personale di diretto supporto. Resta ferma altresì la previsione che stabilisce il divieto di nuove assunzioni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento.A tale riguardo si ricorda che il costo di 1.774 amministratori provinciali per il 2011 è stato di 11 milioni di euro. La spesa presunta per nuove elezioni provinciali ai sensi della normativa previgente era stata stimata in 318,7 milioni di euro, di cui circa 118,4 milioni a carico dello Stato.
In merito alle unioni di comuni vi è una riduzione della spesa in quanto non è più prevista, tra gli organi dell'unione, la giunta; inoltre tutte le cariche dell'unione sono a titolo gratuito.
Per quanto attiene ad incentivi per la costituzione di unioni di comuni e per la fusione di comuni, è previsto che tali agevolazioni siano erogate assicurando l'invarianza dei saldi relativi al complesso degli enti locali.
La costituzione di un numero maggiore di unioni di comuni e la fusione di comuni potranno comportare, nel lungo periodo, una riduzione di spesa dovuta alle economie di scala nell'erogazione di servizi.
1) Obiettivi e necessità dell'intervento normativo. Coerenza con il programma di governo.
L'intervento regolatorio reca disposizioni in materia di città metropolitane, province e unioni di comuni, al fine di adeguare, anche in attesa della riforma costituzionale, il loro ordinamento a principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, definendo una disciplina organica a seguito della recente sentenza dalla Corte costituzionale n. 220 del 2013.
Si delineano i percorsi per avviare effettivamente la costituzione delle città metropolitane, con specifica disciplina per la città metropolitana di Roma capitale.
Si interviene per predisporre una nuova disciplina delle province quali enti di area vasta, governati dai sindaci e dai presidenti delle unioni, destinate a svolgere una funzione di raccordo naturale fra i comuni del territorio (territori estranei al fenomeno delle aree metropolitane) e la regione e lo Stato.
Si appresta una nuova disciplina organica delle unioni di comuni per pervenire a una strutturata normativa su un istituto, quello delle unioni, che ha subìto diverse mutazioni.
Anche la rivisitazione dell'istituto delle fusioni di comuni è finalizzata a facilitare l'accorpamento di più comuni, nella prospettiva di efficienti dimensioni del livello comunale.
L'iniziativa si pone in asse con il programma del Governo e, sia con riguardo al recente disegno di legge costituzionale finalizzato ad abolire le province, sia con riguardo alla annunciata riforma costituzionale, intende anticipare le linee portanti di un moderno sistema di governo locale.
2) Analisi del quadro normativo nazionale.
Le norme fondamentali in materia erano dettate, fino alla sentenza di cui al punto 4 dagli articoli 23 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nonché dagli articoli 17 e 18 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, i quali recavano un nuova disciplina di province e città metropolitane. Per quanto riguarda le unioni di comuni e le fusioni le norme fondamentali sono costituite dagli articoli 15 e 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL); dall'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122; dall'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, nonché dall'articolo 19 del già citato decreto-legge n. 95 del 2012.
3) Incidenza delle norme proposte sulle leggi e sui regolamenti vigenti.
Le disposizioni contenute nel disegno di legge in questione incidono sul TUEL. Esse riprendono, con modificazioni, gli articoli 23 del citato decreto-legge n. 201 del 2011 e degli articoli 17 e 18 del citato decreto-legge n. 95 del 2012, dichiarati incostituzionali dalla sentenza di cui al punto 4.
4) Analisi della compatibilità dell'intervento con i princìpi costituzionali.
Il disegno di legge interviene a seguito della recente sentenza dalla Corte costituzionale n. 220 del 2013 che ha dichiarato l'incostituzionalità di alcune norme sul riordino di enti locali contenute in due distinti strumenti normativi approvati nella precedente legislatura (articolo 23 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, e articoli 17 e 18 del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012). L'incostituzionalità è determinata sostanzialmente dall'uso del decreto-legge in materie ritenute dalla sentenza riservate alla legge; si interviene pertanto con il presente disegno di legge.
5) Analisi della compatibilità dell'intervento con le competenze e le funzioni delle regioni ordinarie e a statuto speciale nonché degli enti locali.
La materia risulta di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione. Per quanto riguarda le competenze delle regioni a statuto ordinario, si chiarisce che, anche prevedendo incisive competenze per le città metropolitane, restano comunque ferme le funzioni di programmazione e coordinamento delle regioni, nelle materie di cui all'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, e le funzioni esercitate ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione. Inoltre, con riferimento alle funzioni delle province, si prevede la facoltà delle regioni a statuto ordinario, con legge regionale, di disporre relativamente ad alcune funzioni che erano attribuite alle province, in conformità al principio di sussidiarietà. L'intervento regolatorio è comunque sottoposto alla Conferenza unificata.
6) Verifica della compatibilità con i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza sanciti dall'articolo 118, primo comma, della Costituzione.
Il disegno di legge detta in particolare disposizioni finalizzate a valorizzare proprio i princìpi di cui all'articolo 118 della Costituzione, ridisegnando l'assetto istituzionale e le funzioni degli enti locali e delle forme associative, assegnando a ciascun soggetto il ruolo che sembra più rispondente ai principi medesimi.
7) Verifica dell'assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione e degli strumenti di semplificazione normativa.
È stata verificata l'assenza di rilegificazioni, nonché il rispetto dei criteri di semplificazione normativa, con particolare riguardo alla composizione degli organi degli enti locali e alle procedure per accelerare la costituzione delle città metropolitane e delle nuove province.
8) Verifica dell'esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all'esame del Parlamento e relativo stato dell’iter.
L'intervento in esame è mirato ad obiettivi immediati e specifici di adeguamento ordinamentale degli enti locali in connessione a quanto riferito al punto 4, ma si inserisce in un quadro più generale di iniziative per il riordino del sistema delle autonomie locali.
Si segnalano in Parlamento diverse iniziative sul tema più generale: atto Camera n. 1200 «Modifiche all'articolo 71 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di elezione del sindaco e del consiglio comunale nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti»), atto Camera n. 1029 «Modifica all'articolo 64 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di incompatibilità tra le cariche di consigliere comunale o provinciale e di assessore nella rispettiva giunta», atto Camera n. 742 «Modifica all'articolo 73 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di attribuzione dei seggi nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti», atto Camera n. 180 «Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, nonché agli Statuti speciali della Regione siciliana e delle regioni Sardegna e Friuli Venezia Giulia, in materia di soppressione delle province, e disposizioni per la destinazione delle risorse rese disponibili al finanziamento di iniziative per promuovere l'occupazione giovanile», atto Camera n. 8 «Modifiche agli articoli 114, 117, 118, 119, 120, 132 e 133 della Costituzione, nonché agli Statuti speciali della Regione siciliana e delle regioni Sardegna e Friuli Venezia Giulia, in materia di soppressione delle province», atto Senato n. 131 « Modifiche agli articoli 114, 118, 119, 120 e 133 della Costituzione, in materia di soppressione delle province e di istituzione delle agenzie provinciali o metropolitane nonché di funzioni e circoscrizioni territoriali delle medesime».
9) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi di costituzionalità sul medesimo o analogo progetto.
Come riferito al punto 4, l'intervento è in relazione alla richiamata sentenza della Corte costituzionale, considerata anche nella linea della giurisprudenza dalla stessa richiamata.
1) Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento dell'Unione europea.
Il provvedimento non presenta profili d'incompatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea.
2) Verifica dell'esistenza di procedure d'infrazione da parte della Commissione europea sul medesimo o analogo oggetto.
Non è pendente alcuna procedura di infrazione sull'oggetto del presente disegno di legge.
3) Analisi della compatibilità dell'intervento con gli obblighi internazionali.
Il provvedimento non presenta profili d'incompatibilità con gli obblighi internazionali.
4) Indicazioni delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea sul medesimo o analogo oggetto.
Non risultano indicazioni giurisprudenziali, né giudizi pendenti sul medesimo o analogo oggetto.
5) Indicazioni delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo sul medesimo o analogo argomento.
Non sussistono decisioni giurisprudenziali né giudizi pendenti dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo.
Non si hanno indicazioni al riguardo.
1) Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.
Non vengono utilizzate nel testo definizioni normative che non appartengano già al linguaggio tecnico-giuridico di settore.
2) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni e integrazioni subite dai medesimi.
I riferimenti normativi contenuti nel provvedimento sono correttamente riportati, tenendo conto delle modificazioni e integrazioni subite nel tempo dai medesimi.
3) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni ed integrazioni a disposizioni vigenti.
A parte alcune novelle nella norma finale relative al TUEL e ad altre disposizioni, per il resto non si è fatto ricorso alla tecnica della novella in quanto si operano prevalentemente integrazioni alla normativa vigente ovvero si riscrivono interamente alcune disposizioni.
4) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.
L'intervento normativo non comporta abrogazioni implicite.
5) Individuazione di disposizioni dell'atto normativo aventi effetti retroattivi o di reviviscenza di norme precedentemente abrogate o di interpretazione autentica o derogatorie rispetto alla normativa vigente.
Il testo non introduce norme dagli effetti indicati in titolo.
6) Verifica della presenza di deleghe aperte sul medesime oggetto, anche a carattere integrativo o correttivo.
Non risultano presenti deleghe legislative aperte sulla materia oggetto del disegno di legge.
7) Indicazione degli eventuali atti successivi attuativi; verifica della congruità dei termini previsti per la loro adozione.
Non sono previsti successivi provvedimenti normativi attuativi, bensì esclusivamente decreti ministeriali o interministeriali ovvero decreti del Presidente del Consiglio dei ministri recanti criteri.
8) Verifica della piena utilizzazione e dell'aggiornamento di dati e di riferimenti statistici attinenti alla materia oggetto del provvedimento, ovvero indicazione della necessità di commissionare all'Istituto nazionale di statistica apposite elaborazioni statistiche con correlata indicazione nella relazione economico-finanziaria della sostenibilità dei relativi costi.
Per le finalità dell'intervento in esame sono risultati sufficienti dati informativi già in possesso delle amministrazioni coinvolte nella concertazione.
A) Rappresentazione del problema da risolvere e delle criticità constatate, anche con riferimento al contesto internazionale ed europeo, nonché delle esigenze sociali ed economiche considerate.
L'intervento regolatorio fornisce una disciplina organica sulle città metropolitane, le province, le unioni e le fusioni di comuni al fine di razionalizzare il complesso delle autonomie locali.
Per quanto attiene alle città metropolitane si delinea una normativa più completa rispetto a quanto era contenuto nell'articolo 18 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, fornendo un percorso chiaro e accelerato per la loro costituzione, e dettando altresì una specifica disciplina per il caso della città metropolitana di Roma capitale.
In particolare l'articolo 1, comma 115, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, avendo sospeso fino al 31 dicembre 2013 l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 18 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, sull'istituzione delle città metropolitane, ha inciso sugli adempimenti del 2013 e sulla fase transitoria delle stesse. Pertanto l'intervento regolatorio in parola non solo riallinea il termine per l'istituzione delle città metropolitane al 1 gennaio 2014, come previsto dal comma 1 dell'articolo 18 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, così come convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ma garantisce, anche alla luce del cronoprogramma ivi previsto, l'operatività concreta delle stesse città metropolitane.
Si introduce inoltre, una disciplina per le province per ovviare alla situazione di criticità che si era creata a seguito della stratificazione normativa concernente le stesse e del conseguente mancato riordino. In particolare, l'articolo 1, comma 115, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, ha sospeso fino al 31 dicembre 2013 l'applicazione delle disposizioni dei commi 18 e 19 dell'articolo 23 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, concernenti le province, e ha previsto il commissariamento, ai sensi dell'articolo 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nei casi in cui tra il 5 novembre 2012 e il 31 dicembre 2013 si fossero verificati la scadenza naturale del mandato degli organi delle Province, oppure la scadenza dell'incarico di commissario straordinario delle province o in altri casi di cessazione anticipata del mandato degli organi provinciali ai sensi della legislazione vigente, per la provvisoria gestione dell'ente fino al 31 dicembre 2013. L'intervento regolatorio, per quanto attiene alle province, ne predispone una disciplina volta a configurare le stesse come enti di area vasta fino alla data di entrata in vigore della riforma costituzionale ad esse relativa.
I soggetti, pubblici e privati, che si trovano a dover venire a contatto con gli enti presi in considerazione dal presente intervento regolatorio necessitano di strutture, apparati organizzati e declinati nel rispetto delle diverse esigenze del territorio di competenza. L'impellente esigenza di fornire al cittadino ed alle imprese maggiori servizi, più efficienti, comporta la necessità di approntare strumenti idonei e attuali che diano risultati celeri e certi nell'attesa della revisione costituzionale.
In merito poi alle fusioni di comuni e alle diverse discipline in materia di unioni di comuni si prevede un ravvicinamento e una omogeneizzazione, con riferimento all'autonomia statutaria e agli organi, dettando disposizioni e ponendo incentivi per accrescere il numero delle unioni e delle fusioni, al fine anche di dettare un quadro uniforme delle diverse tipologie di unione nonché di potenziare i servizi per il territorio con contestuale contrazione dei costi. Si prevede poi che tali incentivi avvengano assicurando l'invarianza dei saldi relativi al complesso degli enti locali. La costituzione di un numero maggiore di unioni di comuni e di fusioni di comuni potrà comportare, nel lungo periodo, una riduzione di spesa dovuta alle economie di scala nell'erogazione di servizi.
La riduzione della spesa nell'ambito delle autonomie locali si attua, con il presente intervento regolatorio, attraverso la previsione della gratuità degli incarichi, lo snellimento degli apparati burocratici e le economie di scala nell'erogazione di servizi; inoltre, dal presente provvedimento, non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
B) Indicazione degli obiettivi (di breve, medio o lungo periodo) perseguiti con l'intervento normativo.
L'obiettivo di breve periodo dell'intervento regolatorio è quello di fornire una disciplina organica del mondo delle autonomie locali che vada ad inserirsi nell'attuale contesto normativo, economico e sociale garantendo la valorizzazione, l'efficacia e l'efficienza degli enti locali nell'attesa della revisione costituzionale. In particolare l'istituzione delle città metropolitane, nonché la predisposizione di una nuova disciplina delle province quali enti di area vasta, al fine di consentire una immediata revisione delle norme legislative che attualmente disciplinano questi enti, soprattutto a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 220 del 2013. Ulteriore obiettivo è quello di definire una nuova disciplina organica delle unioni di comuni al fine di pervenire a una coerente e strutturata normativa su tale istituto.
L'obiettivo di lungo periodo è quello di creare un sistema virtuoso che consenta da una parte la migliore allocazione delle funzioni rispetto alle esigenze del territorio e dall'altra una sostanziale contrazione della spesa afferente all'ambito delle autonomie locali. Immediate riduzioni della spesa delle città metropolitane e delle province si attueranno attraverso la previsione della gratuità degli incarichi e attraverso la mancata previsione, per quanto attiene alle province, della giunta provinciale. Ulteriori riduzioni della spesa si potranno avere attraverso le economie di scala sui servizi erogati dalle
unioni di comuni o dai comuni a seguito di fusione. Analogamente anche le città metropolitane e le province nel lungo periodo potranno determinare ulteriori spazi di riduzione della spesa dovuti alle economie generate dalla rimodulazione delle funzioni rispetto alle esigenze dei territori di competenza.C) Descrizione degli indicatori che consentiranno di verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi indicati e di monitorare l'attuazione dell'intervento nell'ambito della VIR.
Gli obiettivi perseguiti con il presente intervento regolatorio potranno essere verificati attraverso la puntuale attuazione delle disposizioni contenute nel disegno di legge. Sono previste apposite scadenze per l'avvio del processo di razionalizzazione del complesso delle autonomie locali e pertanto, il rispetto di tale cronoprogramma costituirà un indicatore efficace per verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Inoltre la contrazione della spesa afferente all'ambito delle autonomie locali si attuerà attraverso diversi fattori. Anzitutto la gratuità degli incarichi di sindaco metropolitano, di consigliere metropolitano, di componente della conferenza metropolitana, di presidente della provincia, di consigliere provinciale, di componente dell'assemblea dei sindaci e di tutte le cariche dell'unione.
La migliore allocazione delle risorse in relazione alle specifiche funzioni svolte nonché l'incremento delle unioni e delle fusioni di comuni potrà comportare, nel lungo periodo, una riduzione di spesa dovuta alle economie di scala nell'erogazione di servizi. Per quanto attiene poi alle funzioni svolte dai diversi enti, queste vengono allocate al fine di garantire un indirizzo e uno sviluppo strategico del territorio. Infatti alle città metropolitane, così come delineate, sono attribuite funzioni che garantiscono un'attenta pianificazione delle infrastrutture e dei servizi nonché lo sviluppo globale del territorio. Le province invece, fino alla data di entrata in vigore della riforma costituzionale ad esse relativa, sono individuate come enti con funzioni di area vasta. Con le previsioni relative alle unioni e alle fusioni di comuni si potenzia il ricorso a queste tipologie anche al fine di migliorare l'erogazione dei servizi nei territori di rispettiva competenza.
Gli indicatori che consentiranno di verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi di contrazione sono ravvisabili sia nei diversi statuti degli enti che dovranno modulare, nel rispetto dell'autonomia statutaria propria, gli apparati amministrativi e le disposizioni concernenti gli organi politici nel rispetto dei principi contenuti nell'intervento regolatorio sia nei documenti contabili degli stessi enti. A livello puntuale si potrà fare riferimento ai seguenti indicatori:
1. ordinato svolgimento delle fasi previste o ritardi;
2. dinamiche di eventuali «inceppamenti» dei sistemi di gestione e funzionamento degli enti interessati dal riordino, rilevabile da dinamiche di contenzioso, allungamento dei tempi dei procedimenti e dell'erogazione di finanziamenti, disservizi;
3. riduzione di spese per riordino di servizi.
D) Indicazione delle categorie dei soggetti, pubblici e privati, destinatari dei principali effetti dell'intervento regolatorio.
Destinatario dei principali effetti dell'intervento regolatorio è il mondo delle autonomie locali, in particolare, città metropolitane, province e comuni attraverso la duplice declinazione costituita dall'unione di comuni e dalla fusione di comuni.
Conseguentemente, ulteriori destinatari del presente intervento regolatorio saranno i soggetti che ineriscono all'ambito territoriale di riferimento degli enti citati come destinatari dei servizi erogati in tale ambito.
Sono state acquisite documentazioni provenienti dall'ANCI e dall'UPI nonché si è fatto riferimento alla dottrina relativa alle riforme costituzionali. In particolare si segnala l'acquisizione della documentazione proveniente dall'Associazione nazionale dei comuni italiani del 28 maggio 2013 relativa alla città metropolitane. Non sono state effettuate consultazioni formali ma, a livello informale, sono state sentite, nonché prese in considerazione, le istanze provenienti dalle associazioni degli Enti locali (ANCI, UPI). In proposito, si rappresenta che le linee emerse dalla documentazione raccolta e dalle consultazioni informali effettuate hanno riguardato, oltre il generale riordino delle province con possibilità di soppressione delle province e contestuale istituzione delle città metropolitane dal 1 gennaio 2014, la necessità dell'approvazione di disposizioni specifiche sulla composizione del consiglio metropolitano e sulle modalità di elezione del sindaco metropolitano e del consiglio (anche in relazione alla mancata conversione del decreto-legge del 5 novembre 2012, n. 188, che, tra le altre cose, aveva modificato gli articoli 17 e 18 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95) nonché l'ulteriore necessità di dettare una disciplina puntuale per la città metropolitana di Roma capitale.
In mancanza dell'intervento, verrebbe meno la necessaria razionalizzazione del complesso delle autonomie locali. In particolare poi, per quanto attiene alle province, in attesa della revisione costituzionale, con i tempi che la caratterizzano (circa due anni per l'intero processo), si è determinato un vuoto normativo che comporta il rinvio di riforme importanti dell'assetto delle istituzioni, che potrebbero avere un impatto positivo sullo sviluppo del Paese proprio nei prossimi mesi. Anche per colmare questo vuoto normativo si è proceduto all'intervento regolatorio in parola.
Gli obiettivi del disegno di legge non possono essere raggiunti con un intervento non regolatorio in quanto l'assetto degli enti locali è determinato dalla legge. Possibili opzioni alternative da attuare con una diversa regolamentazione riguardano ad esempio il mantenimento per le province e l'introduzione per le città metropolitane unicamente di elezioni a suffragio universale; tale opzione è stata scartata in quanto avrebbe contraddetto gli obiettivi di semplificazione dei livelli di governo, mantenendo le interferenze tra livelli tutti politici. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi prefissati l'unico intervento attuabile è quello regolatorio, ossia attraverso la modifica della normativa esistente.
A) Svantaggi e i vantaggi dell'opzione prescelta.
L'intervento regolatorio consente una razionalizzazione del complesso delle autonomie locali anche alla luce del vuoto normativo determinato dalla fisiologica lunghezza della revisione costituzionale. Consente altresì di effettuare una riduzione della spesa nell'ambito degli enti locali sia attraverso le gratuità delle cariche degli enti interessati dal presente intervento regolatorio sia attraverso le economie di scala nell'erogazione di servizi forniti. Ulteriori vantaggi possono essere ravvisati nello snellimento degli apparati burocrati e nei risparmi connessi, nella migliore qualità dei servizi che saranno erogati dagli enti così come rimodulati. Non si ravvisano svantaggi legati all'opzione prescelta.
B) Individuazione e la stima degli effetti dell'opzione prescelta sulle micro, piccole e medie imprese.
Per quanto riguarda l'individuazione e la stima degli effetti dell'opzione prescelta sulle micro, piccole e medie imprese si rappresenta che l'intervento regolatorio non incide direttamente sulle stesse ma, consentendo una razionalizzazione delle autonomie locali e quindi, un conseguente potenziamento dell'allocazione delle funzioni svolte e dei servizi erogati, comporterà necessariamente effetti positivi su tutto il territorio di competenza degli enti coinvolti.
In particolare non si avranno effetti negativi sulle piccole e medie imprese in quanto la valorizzazione del territorio, in termini di miglioramento dei servizi erogati, che discenderà dall'intervento regolatorio, sarà appannaggio di tutti i soggetti operanti nel territorio stesso.
C) Indicazione e la stima degli oneri informativi e dei relativi costi amministrativi, introdotti o eliminati a carico di cittadini e imprese.
L'intervento regolatorio non prevede oneri informativi, inoltre, non si prevedono costi amministrativi a carico dei cittadini e delle imprese. Nel medio periodo è prevedibile una riduzione degli oneri amministrativi su cittadini e imprese in considerazione della razionalizzazione di strutture e servizi.
D) Condizioni e fattori incidenti sui prevedibili effetti dell'intervento regolatorio.
Si è verificato che l'intervento regolatorio è attuabile con le risorse umane, finanziarie e strumentali già esistenti e quindi non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Non risultano pertanto condizioni e fattori negativi incidenti sugli effetti dell'intervento regolatorio.
L'intervento regolatorio, migliorando l'allocazione delle funzioni svolte dagli enti e conseguentemente i servizi erogati sul territorio di competenza, indirettamente crea benefici ed incide positivamente sul livello di competitività del Paese.
A) Soggetti responsabili dell'attuazione dell'intervento regolatorio.
I soggetti responsabili dell'attuazione del presente provvedimento sono il Dipartimento per gli affari regionali e il Ministero dell'interno, anche attraverso le sue articolazioni territoriali, le prefetture.
B) Azioni per la pubblicità e per l'informazione dell'intervento.
Si prevede l'informazione sul presente intervento regolatorio nel sito web del Dipartimento per gli affari regionali nonché nel sito web del Ministero dell'interno. Inoltre forme di pubblicità specifica, sui rispettivi siti web sono previste da parte dei diversi enti locali coinvolti. Verrà altresì effettuata una campagna informativa relativa ai contenuti del presente intervento normativo, attraverso incontri, seminari, conferenze, organizzata dalle associazioni degli enti locali (ANCI, UPI).
C) Strumenti e modalità per il controllo e il monitoraggio dell'intervento regolatorio.
Si prevede che il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali predisponga, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente intervento regolatorio, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, appositi programmi di attività contenenti modalità operative e altre indicazioni finalizzate ad assicurare, anche attraverso la nomina di commissari, il rispetto dei termini previsti e la verifica dei risultati ottenuti.
D) Meccanismi eventualmente previsti per la revisione dell'intervento regolatorio.
Non sono previsti meccanismi per la revisione dell'intervento regolatorio.
E) Aspetti prioritari da monitorare in fase di attuazione dell'intervento regolatorio e considerare ai fini della VIR.
Dall'esito del monitoraggio sarà possibile verificare la necessità di eventuali misure correttive che potranno essere utili anche ai fini della revisione costituzionale.
Il Dipartimento per gli affari regionali e il Ministero dell'interno cureranno, a cadenza biennale, la prescritta VIR nella quale saranno pressi in considerazione, prioritariamente, i seguenti aspetti:
1) rispetto del cronoprogramma (rispetto dello svolgimento delle fasi previste o ritardi);
2) documentazione contabile dei singoli enti;
3) statuti dei singoli enti;
4) migliore offerta dei servizi erogati;
5) verifica dell'impatto positivo sulle piccole e medie imprese;
6) verifica delle dinamiche di eventuali «inceppamenti» dei sistemi di gestione e funzionamento degli enti interessati dal riordino, rilevabili da dinamiche di contenzioso, allungamenti dei tempi dei procedimenti e dell'erogazione di finanziamenti, disservizi;
7) verifica della riduzione di spese per riordino di servizi.
1. La presente legge detta disposizioni in materia di città metropolitane, province e unioni di comuni, al fine di adeguare, anche in attesa della riforma costituzionale ad essi relativa, il loro ordinamento ai princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
2. Le città metropolitane sono enti territoriali di secondo livello con le funzioni di cui all'articolo 9 e con le seguenti finalità istituzionali generali:
a) cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano mediante attività di programmazione e pianificazione, coordinamento, promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione, nonché mediante il sostegno alla ricerca;
b) promozione delle relazioni e degli scambi tra la comunità metropolitana e gli altri enti territoriali italiani e stranieri, curando in particolare le relazioni istituzionali e i rapporti con le altre città metropolitane dell'Unione europea.
3. Le province, fino alla data di entrata in vigore della riforma costituzionale ad esse relativa, sono enti territoriali di secondo livello disciplinati ai sensi del capo III.
4. Le unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o più comuni per l'esercizio associato di funzioni o servizi ai sensi dell'articolo 32 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, di seguito denominato «testo unico», come da ultimo
a) le parole: «fino a 1.000 abitanti» sono sostituite dalle seguenti: «fino a 5.000 abitanti»;
b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L'unione di cui al presente comma deve esercitare anche le funzioni assegnate ai comuni che ne fanno parte dagli altri enti territoriali di cui all'articolo 114 della Costituzione».
6. Nel caso di cui al primo periodo del comma 4, le unioni sono disciplinate, per quanto non previsto dalla presente legge, dall'articolo 32 del testo unico, come da ultimo modificato dall'articolo 23 della presente legge. Nei casi di cui al secondo periodo del comma 4 e al comma 5, le unioni sono rispettivamente disciplinate,
per quanto non previsto dalla presente legge, dall'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, e dall'articolo 16, commi da 1 a 16, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, come da ultimo modificato dal comma 5 del presente articolo e dagli articoli 22 e 23 della presente legge. 1. L'ordinamento delle città metropolitane di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria è disciplinato dalla presente legge ai sensi e nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 114 e dall'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione. La città metropolitana di Roma, in ragione dello stato di capitale riconosciuto alla città dall'articolo 114 della Costituzione, è regolata dalla disciplina speciale di cui al capo IV della presente legge.
2. Il territorio della città metropolitana, salvo quanto previsto dall'articolo 3, comma 1, lettera g), coincide con quello della provincia omonima, ferma restando l'iniziativa dei comuni, ivi compresi i comuni capoluogo delle province limitrofe, ai sensi dell'articolo 133, primo comma, della Costituzione, per la modifica delle circoscrizioni provinciali limitrofe e per l'adesione alla città metropolitana.
3. Sono organi della città metropolitana:
a) il sindaco metropolitano;
b) il consiglio metropolitano;
c) la conferenza metropolitana.
4. Il sindaco metropolitano rappresenta l'ente, convoca e presiede il consiglio metropolitano
e la conferenza metropolitana, ha poteri di impulso dell'attività dell'ente e di proposta, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti; esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto. Il consiglio è l'organo di indirizzo dell'ente; propone lo statuto alla conferenza; approva regolamenti, piani e programmi; predispone i bilanci; approva o adotta ogni altro atto ad esso sottoposto dal sindaco; esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto. La conferenza metropolitana adotta lo statuto e le sue modificazioni, approva i bilanci e ha poteri propositivi e consultivi secondo quanto disposto dallo statuto.a) regola le modalità e le forme di indirizzo e coordinamento dell'azione complessiva di governo del territorio metropolitano;
b) disciplina i rapporti tra i comuni facenti parte della città metropolitana e le modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni metropolitane, ivi comprese quelle con le quali la città metropolitana può conferire ai comuni compresi nel territorio o alle loro unioni, anche in forma differenziata per determinate aree territoriali, l'esercizio di proprie funzioni, con il contestuale trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per il loro svolgimento;
c) prevede le modalità con le quali i comuni facenti parte della città metropolitana e le loro unioni possono conferire l'esercizio di proprie funzioni alla medesima,
con il contestuale trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per il loro svolgimento;d) può prevedere la costituzione di articolazioni interne alla città metropolitana per specifiche funzioni, con propri organismi di coordinamento;
e) regola le modalità in base alle quali i comuni non compresi nel territorio metropolitano possono istituire accordi con la città metropolitana.
1. In sede di prima applicazione della presente legge, le città metropolitane di cui all'articolo 2, comma 1, primo periodo, sono costituite a decorrere dal 1 gennaio 2014 sul territorio delle province omonime e con funzioni limitate all'approvazione dello statuto fino alla data di subentro alla provincia omonima ai sensi delle lettere f) e g). Si applicano altresì le seguenti disposizioni:
a) il sindaco del comune capoluogo della provincia omonima è il sindaco della città metropolitana;
b) il consiglio metropolitano è costituito dal sindaco metropolitano, dai sindaci dei comuni appartenenti alla città metropolitana aventi popolazione superiore a 15.000 abitanti, dai presidenti delle unioni di comuni appartenenti alla città metropolitana aventi popolazione complessiva almeno pari a 10.000 abitanti, nonché, fino al compimento del terzo anno dalla data di costituzione della città metropolitana, dai presidenti di unioni di cui all'articolo 1, comma 4, secondo periodo. Qualora il numero dei consiglieri sia superiore a venti unità, il consiglio può costituire al suo interno un comitato esecutivo. Partecipa altresì alle riunioni del consiglio il presidente della provincia omonima fino al 1 luglio 2014 ovvero, se successiva, fino alla data di approvazione
dello statuto. Partecipa alle predette riunioni, senza diritto di voto, anche il presidente della regione, ovvero un suo delegato;c) la conferenza metropolitana è costituita dai sindaci dei comuni appartenenti alla città metropolitana;
d) gli organi di cui alle lettere a), b) e c) restano in carica anche successivamente al subentro alla provincia e fino all'insediamento degli organi istituiti a norma dello statuto;
e) gli organi della città metropolitana, fino alla scadenza degli organi della provincia ai sensi della lettera f), provvedono a predisporre e ad approvare lo statuto, nonché a individuare le più idonee soluzioni per la transizione dalla provincia al nuovo ente. A tal fine si avvalgono del supporto degli uffici dell'amministrazione provinciale. Lo statuto può essere approvato anche successivamente al subentro alla provincia ai sensi delle lettere f) e g) e comunque entro il 31 dicembre 2014. In caso di mancata approvazione dello statuto entro la predetta data, il prefetto fissa un nuovo termine, non superiore a sessanta giorni, per la sua adozione, decorso il quale nomina un commissario ad acta con il compito di adottare lo statuto medesimo, salve le eventuali successive modificazioni da parte degli organi della città metropolitana. Lo statuto, ove adottato dal commissario, deve conformarsi, per quanto riguarda la disciplina relativa al sindaco e al consiglio, a quanto disposto dall'articolo 4, comma 1. Al commissario non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati;
f) salvo quanto previsto alla lettera g), le città metropolitane subentrano alle province omonime alla data del 1 luglio 2014. Fino alla medesima data sono comunque prorogati gli organi provinciali in carica alla data di entrata in vigore della presente legge, ivi comprese le gestioni commissariali. Dalla data di cui al primo periodo, le città metropolitane succedono alle province in tutti i rapporti attivi e
passivi ed esercitano le funzioni di queste ultime nonché le funzioni proprie di cui all'articolo 9. Ove alla predetta data la città metropolitana non abbia approvato lo statuto, fino alla data di approvazione del medesimo si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni statutarie della provincia sulle competenze e sul funzionamento degli organi provinciali, attribuendo al sindaco metropolitano le competenze del presidente della provincia e della giunta e al consiglio metropolitano quelle del consiglio provinciale;g) ove entro il 28 febbraio 2014 almeno un terzo dei comuni compresi nel territorio della città metropolitana e tra loro confinanti, ovvero un numero di comuni che rappresentino un terzo della popolazione della provincia, deliberi, con atto adottato dal rispettivo consiglio comunale a maggioranza assoluta dei componenti, di non far parte della rispettiva città metropolitana, la predetta città, alla data di cui alla lettera f), subentra alla provincia omonima, ai sensi e per gli effetti della citata lettera f), esclusivamente per quanto riguarda il territorio dei comuni che non hanno optato per l'appartenenza all'ente provincia. La provincia omonima resta in funzione per il territorio corrispondente a quello di pertinenza dei comuni che hanno optato per l'appartenenza all'ente provincia. La provincia così ridefinita è regolata dalle disposizioni di cui al capo III e si procede alla formazione dei nuovi organi provinciali ai sensi dell'articolo 13. Con decreto del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinate le modalità secondo le quali si procede in tale caso al riparto del patrimonio, delle risorse finanziarie, umane e strumentali nonché degli obiettivi del patto di stabilità interno tra la provincia e la città metropolitana, in relazione ai territori di rispettiva competenza e alle rispettive funzioni e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Con delibera del presidente della provincia in carica, emanata, in conformità
ai predetti criteri, previa intesa con il sindaco metropolitano e sentiti i comuni interessati, sono quindi ripartiti tra la provincia e la città metropolitana il patrimonio, le risorse finanziarie, umane e strumentali. Ove entro il 30 aprile 2014 la predetta delibera non venga emanata, entro i successivi novanta giorni provvede il prefetto con proprio atto. Avverso gli atti di riparto delle predette risorse le province e le città metropolitane interessate possono ricorrere alla sezione regionale della Corte dei conti. Sulla base della presente legge è esclusa l'istituzione, sul territorio di cui alla presente lettera, di nuove province oltre a quella esistente alla data di entrata in vigore della presente legge. 1. Il sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del comune capoluogo. Il consiglio metropolitano è costituito dal sindaco metropolitano, dai sindaci dei comuni con più di 15.000 abitanti e dai presidenti delle unioni di comuni con almeno 10.000 abitanti, costituite nel territorio della città metropolitana, nonché, fino al compimento del terzo anno dalla data di costituzione del consiglio medesimo, anche dai presidenti di unioni di cui all'articolo 1, comma 4, secondo periodo. Qualora il numero dei consiglieri sia superiore a venti unità, il consiglio può costituire al suo interno un comitato esecutivo.
2. In alternativa a quanto disposto dal comma 1, lo statuto può prevedere:
a) che il sindaco metropolitano sia di diritto il sindaco del comune capoluogo e che il consiglio metropolitano sia eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni appartenenti al territorio della città metropolitana;
b) l'elezione diretta del sindaco metropolitano e del consiglio metropolitano a suffragio universale da parte dei cittadini
della città metropolitana. Tale elezione può avvenire non prima del 2017 e comunque successivamente all'approvazione della legge statale sul sistema elettorale. È inoltre condizione necessaria, affinché si possa far luogo a elezione del sindaco e del consiglio metropolitano a suffragio universale, che entro il termine predetto si sia proceduto ad articolare il territorio del comune capoluogo in più comuni. A tale fine, il comune capoluogo deve proporre la predetta articolazione territoriale, con deliberazione del consiglio comunale, adottata secondo la procedura prevista dall'articolo 6, comma 4, del testo unico. La proposta del consiglio comunale deve essere sottoposta a referendum tra tutti i cittadini della città metropolitana, da effettuare sulla base delle rispettive leggi regionali, e deve essere approvata dalla maggioranza dei partecipanti al voto. È altresì necessario che la regione abbia provveduto con propria legge all'istituzione dei nuovi comuni e alla loro denominazione ai sensi dell'articolo 133 della Costituzione.3. Nei casi di cui al comma 2, il consiglio metropolitano è composto dal sindaco metropolitano e da non più di:
a) ventiquattro consiglieri nelle città metropolitane con popolazione residente superiore a 3 milioni di abitanti;
b) diciotto consiglieri nelle città metropolitane con popolazione residente superiore a 800.000 e inferiore o pari a 3 milioni di abitanti;
c) quattordici consiglieri nelle altre città metropolitane.
4. L'incarico di sindaco metropolitano, di consigliere metropolitano e di componente della conferenza metropolitana, anche con riferimento agli organi di cui all'articolo 3, è esercitato a titolo gratuito. Il sindaco metropolitano o i consiglieri metropolitani i quali, durante il loro mandato, cessano dalla carica di sindaci dei loro comuni sono sostituiti da chi subentra loro nella carica. Il presidente dell'unione
che cessa dalla carica è sostituito da chi subentra nella medesima carica.1. Nel caso di cui all'articolo 4, comma 2, lettera a), il consiglio metropolitano è eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della città metropolitana. Possono candidarsi ed essere eletti a consiglieri metropolitani esclusivamente i sindaci e i consiglieri comunali in carica nei medesimi comuni alla data delle elezioni. Ciascun elettore esprime un voto ponderato secondo le seguenti disposizioni:
a) tenendo conto del diverso numero di consiglieri comunali e quindi di titolari di elettorato attivo per ciascun comune per effetto dell'articolo 37, comma 1, del testo unico, si attribuisce in una prima fase il valore di 1 al voto del sindaco o del consigliere comunale del comune con popolazione inferiore a 3.000 abitanti e quindi, rispettivamente: di 0,75 al voto del sindaco o consigliere di comune con popolazione superiore a 3.000 e non superiore a 10.000 abitanti; di 0,60 al voto del sindaco o consigliere di comune con popolazione superiore a 10.000 e non superiore a 30.000 abitanti; di 0,40 al voto del sindaco o consigliere di comune con popolazione superiore a 30.000 e non superiore a 100.000 abitanti; di 0,30 al voto del sindaco o consigliere di comune con popolazione superiore a 100.000 e non superiore a 250.000 abitanti; di 0,26 al voto del sindaco o consigliere di comune con popolazione superiore a 250.000 e non superiore a 500.000 abitanti; di 0,24 al voto del sindaco o consigliere di comune con popolazione superiore a 500.000 e non superiore a un milione di abitanti; di 0,2 al voto del sindaco o consigliere di comune con popolazione superiore a un milione di abitanti;
b) i valori di cui alla lettera a), per ogni sindaco e consigliere, sono quindi moltiplicati per il numero risultante dalla
divisione tra il numero della popolazione del comune che essi rappresentano e il numero della popolazione del comune con meno abitanti. Il valore è arrotondato alla seconda cifra decimale;c) la popolazione è determinata sulla base dell'ultimo censimento.
2. L'elezione dei consiglieri metropolitani è effettuata sulla base di collegi uninominali e secondo le disposizioni dettate dalla legge 8 marzo 1951, n. 122, in quanto compatibili con le norme di cui alla presente legge e con il presente articolo.
3. La dichiarazione di presentazione delle liste di candidati deve essere sottoscritta da almeno il 5 per cento degli aventi diritto.
4. La cifra elettorale di ogni gruppo è data dal totale dei voti validi ottenuti da tutti i candidati del gruppo stesso nei singoli collegi della città metropolitana.
5. Non sono ammessi all'assegnazione dei seggi i gruppi di candidati che abbiano ottenuto meno del 3 per cento dei voti validi.
6. Per l'assegnazione dei seggi a ciascun gruppo di candidati collegati, si divide la cifra elettorale conseguita da ciascun gruppo di candidati successivamente per 1, 2, 3, 4 sino a concorrenza del numero di consiglieri da eleggere. Quindi tra i quozienti così ottenuti si scelgono i più alti, in numero eguale a quello dei consiglieri da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente. A ciascun gruppo di candidati sono assegnati tanti rappresentanti quanti sono i quozienti ad esso appartenenti compresi nella graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto è attribuito al gruppo di candidati che ha ottenuto la maggior cifra elettorale e, a parità di quest'ultima, per sorteggio. Se ad un gruppo spettano più posti di quanti sono i suoi candidati, i posti eccedenti sono distribuiti tra gli altri gruppi, secondo l'ordine dei quozienti.
7. Compiute le operazioni di cui al comma 6 sono proclamati eletti consiglieri metropolitani i candidati di ciascun gruppo secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali.
1. Con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro dell'interno, entro sessanta giorni dalla data di approvazione dello statuto di ciascuna città metropolitana, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali sono determinati, nel caso di elezione ai sensi dell'articolo 4, comma 2, lettera b), i collegi di cui all'articolo 9 della legge 8 marzo 1951, n. 122, e successive modificazioni, e sono emanate le disposizioni contenenti le modalità attuative per l'elezione dei consigli e dei sindaci metropolitani.
1. Il sindaco metropolitano può nominare un vicesindaco, scelto tra i consiglieri metropolitani, stabilendo le eventuali funzioni a lui delegate e dandone immediata comunicazione al consiglio. Il vicesindaco esercita le funzioni del sindaco in ogni caso in cui questo ne sia impedito. Qualora il sindaco metropolitano cessi dalla carica per cessazione dalla titolarità dall'incarico di sindaco del proprio comune,
il vicesindaco rimane in carica fino all'insediamento del nuovo sindaco metropolitano. 1. La conferenza metropolitana è composta dal sindaco metropolitano, che la convoca e la presiede, e dai sindaci dei comuni appartenenti alla città metropolitana.
2. Le delibere della conferenza metropolitana, salva diversa specifica previsione dello statuto, sono adottate con voto ponderato così determinato: il voto del sindaco di comune con popolazione minore rispetto agli altri comuni ha valore 1; il voto degli altri sindaci è determinato dal risultato della divisione tra il numero degli abitanti del comune che essi rappresentano e il numero degli abitanti del comune con popolazione minore. Il valore è arrotondato alla seconda cifra decimale.
1. Alla città metropolitana sono attribuite le funzioni delle province nonché, ai sensi dell'articolo 117, primo comma, lettera p), della Costituzione, a valere sulle risorse trasferite e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, le seguenti funzioni fondamentali:
a) adozione annuale del piano strategico del territorio metropolitano, che costituisce atto di indirizzo per l'ente e per l'esercizio delle funzioni dei comuni e delle unioni dei comuni compresi nell'area, anche rispetto all'esercizio di funzioni delegate o assegnate dalle regioni;
b) pianificazione territoriale generale, ivi comprese le strutture di comunicazione,
le reti di servizi e delle infrastrutture di interesse della comunità metropolitana, anche fissando vincoli e obiettivi all'attività e all'esercizio delle funzioni dei comuni ricompresi nell'area;c) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano;
d) mobilità e viabilità, anche assicurando la compatibilità e la coerenza della pianificazione urbanistica comunale nell'ambito metropolitano;
e) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale, anche assicurando sostegno e supporto alle attività economiche e di ricerca innovative e coerenti con la vocazione della città metropolitana come delineata nel piano strategico annuale del territorio;
f) promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano.
2. Restano comunque ferme le funzioni di programmazione e di coordinamento delle regioni, loro spettanti nelle materie di cui all'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, nonché le funzioni esercitate ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione.
1. Spettano alla città metropolitana il patrimonio, il personale e le risorse strumentali della provincia a cui ciascuna città metropolitana succede a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi, ivi comprese le entrate provinciali, all'atto del subentro alla provincia. Nel caso di subentro per una parte del territorio provinciale, con la provincia che resta in funzione per la parte complementare, si procede alla ripartizione ai sensi dell'articolo
3, comma 1, lettera g), quinto periodo. 1. Fino alla data di entrata in vigore della riforma costituzionale ad esse relativa, le province, fermo restando quanto previsto nel capo II, esercitano le funzioni di cui all'articolo 15.
2. Restano comunque ferme le funzioni di programmazione e coordinamento delle regioni, nelle materie di cui all'articolo 117, commi terzo e quarto della Costituzione, e le funzioni esercitate ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione.
3. Le norme di cui al presente capo non si applicano alle province autonome di Trento e di Bolzano.
1. Sono organi delle province di cui all'articolo 11 esclusivamente:
a) il presidente della provincia;
b) il consiglio provinciale;
c) l'assemblea dei sindaci.
2. Il presidente della provincia rappresenta l'ente, convoca e presiede il consiglio provinciale e l'assemblea dei sindaci, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti; esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto. Il consiglio è l'organo di indirizzo, propone all'assemblea lo statuto, approva
regolamenti interni, piani, programmi; predispone i bilanci, nonché approva o adotta ogni altro atto ad esso sottoposto dal presidente della provincia; esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto. L'assemblea dei sindaci adotta lo statuto e le sue modificazioni, approva i bilanci e ha poteri propositivi e consultivi secondo quanto disposto dallo statuto.a) sono elettori del presidente i sindaci dei comuni appartenenti alla provincia, in carica alla data dell'elezione, nonché i commissari ordinari e straordinari nominati ai sensi degli articoli 141 e 143 del testo unico, e successive modificazioni;
b) si procede con il sistema di voto ponderato di cui all'articolo 8, comma 2;
c) l'elettorato passivo è attribuito esclusivamente ai sindaci in carica nei comuni della provincia alla data dell'elezione;
d) l'elezione del presidente della provincia avviene nell'ambito dell'assemblea dei sindaci mediante deposito presso il seggio elettorale, da parte degli elettori, di una scheda nella quale sono indicati: il nome e il cognome dell'elettore; il comune di appartenenza; il nome e il cognome dei candidati presidenti. Ogni elettore può esprimere una sola preferenza. Risulta eletto il candidato che abbia riportato più voti secondo il sistema di voto ponderato. A parità di voto è eletto il più anziano.
4. Il consiglio provinciale è costituito dai sindaci dei comuni della provincia con più di 15.000 abitanti e dai presidenti delle unioni di comuni della provincia con popolazione complessiva superiore a 10.000 abitanti, nonché, fino al compimento del terzo anno dalla data di costituzione del consiglio medesimo, dai presidenti di unioni di cui all'articolo 1, comma 4,
secondo periodo. Lo statuto può in alternativa prevedere che il consiglio provinciale sia eletto dall'assemblea dei sindaci in conformità alle seguenti disposizioni:a) il consiglio provinciale in tal caso è composto da sedici componenti nelle province con popolazione superiore a 700.000 abitanti, da dodici componenti nelle province con popolazione da 300.000 a 700.000 abitanti, da dieci componenti nelle province con popolazione fino a 300.000 abitanti;
b) l'elettorato attivo e passivo spetta ai componenti dell'assemblea dei sindaci;
c) non è prevista presentazione di candidature;
d) nell'assemblea, appositamente convocata, ogni elettore riceve una scheda che compila indicando il proprio nome e cognome, il comune di appartenenza e da uno a tre nomi di componenti dell'assemblea proposti per il consiglio. Si applica il sistema di voto ponderato di cui all'articolo 8, comma 2. Risultano eletti i componenti più votati secondo il predetto sistema fino a concorrenza del numero dei consiglieri eleggibili. A parità di voti è eletto il più anziano. Nel caso in cui il consigliere eletto cessi dalla carica di sindaco durante il mandato, decade dal consiglio e subentra il primo dei non eletti.
5. L'assemblea dei sindaci è costituita dai sindaci dei comuni appartenenti alla provincia.
1. In sede di prima applicazione della presente legge, nelle province di cui all'articolo 11, comma 1, il presidente della provincia o il commissario, in carica alla data di entrata in vigore della presente legge, convoca l'assemblea dei sindaci per l'elezione del presidente della provincia ai sensi dell'articolo 12, commi 2 e 3, che si
svolge entro venti giorni dalla proclamazione dei sindaci eletti a seguito delle prime consultazioni amministrative successive alla data di entrata in vigore della presente legge. In ogni caso sono prorogati gli organi provinciali in carica alla data di entrata in vigore della presente legge, ivi compresi eventuali commissari, fino alla data di insediamento del nuovo presidente e del nuovo consiglio provinciale. 1. Gli incarichi di presidente della provincia, di consigliere provinciale e di componente dell'assemblea dei sindaci sono esercitati a titolo gratuito.
2. Il presidente della provincia il quale, durante il suo mandato, cessa dalla carica di sindaco, decade e si procede a una nuova elezione ai sensi dell'articolo 12. I consiglieri i quali, durante il loro mandato, cessano dalla carica di sindaco, sono sostituiti da chi subentra nella predetta carica.
1. Le province di cui all'articolo 11, quali enti con funzioni di area vasta,
esercitano esclusivamente le seguenti funzioni:a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza;
b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione, classificazione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;
c) programmazione provinciale della rete scolastica.
2. Fermo restando quanto disposto dal comma 1, nel rispetto del principio di sussidiarietà di cui all'articolo 118, primo comma, della Costituzione, sono trasferite ai comuni ovvero alle unioni di comuni le funzioni amministrative conferite alle province con legge dello Stato fino alla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Con legge regionale sono trasferite ai comuni e alle unioni di comuni le funzioni rientranti nelle materie di competenza regionale ai sensi dell'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, diverse da quelle di cui al comma 1, salva diversa attribuzione per specifiche e motivate esigenze di sussidiarietà.
4. Le funzioni amministrative di cui al comma 2 sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con i Ministri della pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 31 marzo 2014, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Il medesimo decreto determina i criteri generali per l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connessi all'esercizio delle funzioni stesse e al loro conseguente trasferimento dalla provincia ai comuni o alle unioni di comuni interessati,
1. In considerazione della specialità della città di Roma capitale, di cui all'articolo 114 della Costituzione, e di quanto previsto dall'articolo 1 del decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61, e successive modificazioni, a decorrere dal 1 gennaio 2014 il comune di Roma capitale assume anche la natura giuridica e le funzioni di città metropolitana, con la denominazione di città metropolitana di Roma capitale.
1. Salvo quanto previsto all'articolo 16, la città metropolitana di Roma capitale è disciplinata dalle norme relative alle città metropolitane di cui alla presente legge, in quanto compatibili.
1. Sono organi dell'unione di comuni, nelle forme previste dai commi 4 e 5 dell'articolo 1:
a) il presidente dell'unione;
b) il comitato dei sindaci dell'unione;
c) il consiglio dell'unione.
2. Il presidente dell'unione è eletto dal consiglio dell'unione a maggioranza assoluta dei suoi membri tra i consiglieri che ricoprono la carica di sindaco. Qualora dopo tre scrutini nessuno abbia ottenuto la maggioranza assoluta, si procede al ballottaggio tra due consiglieri più votati.
3. Il comitato dei sindaci dell'unione è composto da tutti i sindaci dei comuni dell'unione. Se l'organo supera il numero di trenta componenti, lo statuto può prevedere un comitato esecutivo ristretto e l'articolazione in sottocomitati.
4. Il consiglio dell'unione è composto da tutti i sindaci dei comuni dell'unione e
1. L'unione ha potestà statutaria e regolamentare e ad essa si applicano, in quanto compatibili con le disposizioni della presente legge e con quelle richiamate al comma 6 dell'articolo 1, i princìpi previsti per l'ordinamento dei comuni, con particolare riguardo allo status degli amministratori, all'ordinamento finanziario e contabile, al personale e all'organizzazione.
2. Lo statuto dell'unione stabilisce le modalità di funzionamento degli organi e ne disciplina i rapporti.
3. Lo statuto dell'unione è approvato dal consiglio dell'unione.
1. Tutte le cariche nell'unione sono esercitate a titolo gratuito.
1. In caso di fusione di uno o più comuni, fermo restando quanto previsto dall'articolo 16 del testo unico, il comune risultante dalla fusione adotta uno statuto che può prevedere anche forme particolari di collegamento tra il nuovo comune e le comunità che appartenevano ai comuni oggetto della fusione.
1. Le regioni, nella definizione del patto di stabilità verticale, possono individuare idonee misure volte a incentivare le unioni e le fusioni di comuni, fermo restando l'obiettivo di finanza pubblica attribuito alla medesima regione. Il terzo periodo del comma 3 dell'articolo 16 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, è soppresso.
2. I comuni risultanti da una fusione, ove istituiscano municipi, possono mantenere tributi e tariffe differenziati per ciascuno dei territori degli enti preesistenti alla fusione, non oltre l'ultimo esercizio finanziario del primo mandato amministrativo del nuovo comune.
3. Per l'anno 2014, nell'accesso alle risorse di cui all'articolo 18, comma 9, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, è data priorità ai progetti presentati da unioni di comuni.
1. I commi 3 e 4 dell'articolo 32 del testo unico sono abrogati.
2. All'articolo 1, comma 1, e all'articolo 2, comma 1, della legge 7 giugno 1991,