Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 233


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato PELUFFO
Disposizioni in favore dei territori di montagna
Presentata il 15 marzo 2013


      

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Onorevoli Colleghi! Nell'attuale particolare condizione economica di grave crisi, occorre, con urgenza, dare attuazione piena al dettato costituzionale che all'articolo 44, secondo comma, recita: «La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane». Intervenire con una normativa ad hoc per evitare il peggioramento delle condizioni di vita delle popolazioni montane italiane è peraltro in linea con l'ispirazione dell'Europa, che nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'articolo 174 considera le regioni di montagna esplicitamente tra quelle interessate dalle politiche di coesione per ridurre il divario di sviluppo, in quanto regioni meno favorite. È tempo, quindi, di approvare in Parlamento una normativa che faciliti la riduzione di questo divario e che, concretamente, operi in un periodo come quello attuale, di difficile congiuntura economico-finanziaria che, se non corretta con strumenti di intervento pubblico, potrebbe contribuire ad accentuare la divaricazione. Di qui questa proposta di legge che prevede una serie di provvedimenti concretamente realizzabili, avendo chiaro che la montagna italiana non è un'area omogenea con caratteristiche e con problematiche sostanzialmente uniformi. Va riconosciuta, infatti, l'esistenza di una pluralità di aree montane, con caratteristiche demografiche, economiche e strutturali profondamente differenziate e con destini potenzialmente divergenti. Analizzando l'andamento demografico ed economico della montagna risulta evidente l'importanza del rapporto tra montagna e pianura quale variabile esplicativa primaria di un progressivo differenziarsi delle strutture economico-sociali delle diverse aree montane del Paese. È sbagliato pensare alla montagna come a un territorio a vocazione esclusivamente agricola o turistica. Soprattutto nelle vallate vi sono, infatti, distretti produttivi e industriali molto importanti per l'economia del Paese. Le dimensioni demografiche dei comuni montani sono ridotte e a volte ridottissime. Determinate zone, soprattutto di alta montagna e di crinale, sono ormai da tempo abbandonate. L'età media della popolazione delle zone montane è molto avanzata. I servizi essenziali, sia pubblici che privati, sono di difficile accesso. Mancano infrastrutture adeguate per le comunicazioni materiali, di tipo stradale e ferroviario, e anche per le comunicazioni immateriali, nonostante lo sviluppo delle nuove tecnologie dell'informazione. Il territorio montano è estremamente fragile, determinando fenomeni diffusi di dissesto idrogeologico e di incendi boschivi. Nonostante ciò la montagna contribuisce alla produzione del reddito nazionale solo di poco inferiore alla quota della popolazione che vi risiede. È dunque necessario che l'intera comunità nazionale prenda coscienza di questa realtà. La montagna italiana è stata a lungo abbandonata ed è pesantemente svantaggiata da molti punti di vista rispetto alle altre aree del Paese. Ma essa possiede risorse e opportunità da riconoscere e da valorizzare nell'interesse dell'intero Paese, che costituiscono altrettante possibilità di creare un nuovo sviluppo sostenibile e di favorire nuove modalità insediative per la popolazione. Vanno, dunque, superate le condizioni di svantaggio modernizzando i sistemi di comunicazione stradali, ferroviari e telematici, sostenendo le attività produttive e consentendo alla popolazione residente di poter fruire di tutti i servizi essenziali in condizioni adeguate e di parità con chi risiede nelle altre aree del Paese.
      Nella montagna italiana sono inoltre concentrate risorse naturali, ambientali, paesistiche e culturali irripetibili. È necessario garantire la riproducibilità di queste risorse e ciò deve essere considerato da tutta la società come un investimento per accrescere la competitività del Paese. Dalla tutela e dalla messa in sicurezza del territorio può inoltre derivare una rinnovata attenzione alla particolarità dei luoghi, ai prodotti tipici, alla fruizione del paesaggio e dei beni culturali e ambientali che possono costituire altrettante occasioni di impresa per le attività agricole, turistiche, artigianali e commerciali.
      Il freno più forte alla crescita della montagna continuano a essere la carenza e la debolezza dei servizi, il cui maggiore costo incide sugli enti di governo locale e sui cittadini, insieme ai maggiori oneri di produzione per le imprese. Un tema sicuramente prioritario è quello della tutela del territorio, su cui in questi anni si è fatto ben poco e nel quale si sono moltiplicati gli eventi calamitosi affrontati con la logica dell'emergenza. Anche l'agricoltura, attività storica della montagna italiana, ricca di produzioni tipiche e di alta qualità, è in forte difficoltà: stanno crollando i redditi, si smembrano le imprese, calano gli addetti e sempre più viene a mancare un insostituibile presidio ambientale. E il turismo, sempre più esposto alle conseguenze dei mutamenti climatici, per il quale occorre fare un discorso differenziato da zona a zona, attraversa anch'esso un momento complessivamente sfavorevole, dal quale occorre saper uscire rinnovando e qualificando fortemente l'offerta di servizi.
      Tutto questo richiede un'adeguata politica nazionale per la montagna, fondata innanzitutto sul riconoscimento pieno ed effettivo della specificità della montagna stessa da parte dello Stato, nonché sulla collaborazione, ciascuno nell'ambito delle rispettive competenze, di Stato, regioni ed enti locali.
      Purtroppo negli ultimi anni si è dovuta constatare una tendenza sempre più marcata all'abbandono della montagna e a tagli alle già esigue risorse destinate ad essa.
      La presente proposta di legge si compone di trentuno articoli. Essa non ha l'ambizione di affrontare la totalità della materia «montagna» e non interviene su questioni di carattere ordinamentale, che una specifica legislazione per la montagna e una revisione delle autonomie locali dovranno affrontare. Perciò essa si incardina sulla legge 31 gennaio 1994, n. 97 (legge recante nuove disposizioni per le zone montane), rispettando ruolo e competenze delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e proponendo indicazioni e azioni innovative urgenti in favore dei territori montani.
      L'articolo 1 indica, tra le generali finalità del provvedimento, il mantenimento degli insediamenti abitativi in territorio montano e la valorizzazione della montagna italiana, insistendo sulla compatibilità a livello europeo delle misure proposte e sulla necessità di dare reale attuazione all'articolo 44 del dettato costituzionale.
      Precisa inoltre che lo Stato riconosce la specificità dei territori montani e vi attribuisce la giusta considerazione nell'ambito di tutte le norme e le iniziative di interesse, anche indiretto, per queste aree, favorendo le popolazioni che vi risiedono. In relazione alla definizione annuale del patto di stabilità interno, poi, lo Stato tiene conto del particolare impegno finanziario delle regioni e degli enti locali caratterizzati da territorio montano.
      L'articolo 2 tratta dell'ambito di applicazione e delle definizioni della legge. Viene ripresa la vigente definizione di «comune montano», ma viene anche prevista l'individuazione di criteri al fine di modulare e di organizzare i comuni montani a seconda della loro situazione, per stabilire le priorità e l'adeguamento degli interventi.
      L'articolo 3 reca disposizioni particolari per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano.
      L'articolo 4 tratta dell'organizzazione dei servizi pubblici nei comuni montani, con riferimento alla loro presenza sul territorio. Di rilievo sono i commi 4 e 5, che dettano princìpi in favore dei lavoratori residenti nei comuni montani.
      L'articolo 5 insiste sul potenziamento del Sistema informativo della montagna (SIM).
      Un attento esame merita l'articolo 6: si tratta, infatti, di rendere le zone di montagna attrattive rispetto alle nuove tecnologie quanto lo sono le zone di pianura. In particolare, i commi 1 e 2 sono volti a favorire l'interconnessione informatica dei comuni di montagna con le reti di trasmissione dei dati a banda larga.
      L'articolo 7 si occupa di sanità, sottolineando le facilitazioni volte a favorire la fornitura di servizi sanitari adeguati anche nelle zone montane.
      L'articolo 8 opera nello stesso senso, a proposito della scuola, introducendo le necessarie misure in favore di una flessibilità organizzativa capace di evitare la scomparsa delle scuole di montagna, nonché di favorire lo sviluppo degli sport invernali. Prevede, inoltre, che in sede contrattuale di comparto siano favorite le misure volte alla stabilizzazione del personale docente che presta e che intende continuare a prestare servizio nelle scuole situate nei comuni di montagna.
      L'articolo 9 si occupa dell'associazionismo in ambiente montano.
      L'articolo 10 e l'articolo 12 sono volti a introdurre misure di facilitazione rispetto all'uso di fonti energetiche e di prodotti del sottosuolo in ambiente montano, sempre al fine di evitare lo spopolamento montano e di tenere equamente in conto le difficoltà di insediamento in queste zone.
      L'articolo 11 tratta della gestione del demanio idrico e del prioritario ruolo delle regioni in tale ambito.
      L'articolo 13 è volto a prevedere misure di incentivazione del turismo montano, con particolare riguardo all'attività ricettizia in rifugio montano.
      Gli articoli da 14 a 20, fondamentali per il loro contenuto rispetto al significato profondo della legge, sono orientati a facilitare il mantenimento e lo sviluppo non solo dell'agricoltura e dell'allevamento nei territori montani, ma ad attribuire loro una funzione di conservazione del patrimonio forestale e della biodiversità. Importanti sono, inoltre, le disposizioni relative alla situazione e all'utilizzo delle terre incolte, tra le quali una particolare normativa riferita ai comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti.
      L'articolo 21 si concentra su modifiche marginali degli usi civici.
      L'articolo 22 introduce agevolazioni e facilitazioni di natura fiscale, atte a superare i problemi derivanti dall'usualmente piccola dimensione del commercio in montagna.
      Gli articoli 23 e 24 perseguono il medesimo scopo in materia di lavori pubblici e di impianti di risalita.
      Gli articoli da 25 a 27 disciplinano in senso agevolativo l'attività di varie istituzioni a diverso titolo connesse e interessate alla montagna.
      Gli articoli da 28 a 31 recano disposizioni in materia finanziaria e di progetti speciali.
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PROPOSTA DI LEGGE
Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1.
(Finalità).

      1. Ai sensi dell'articolo 44 della Costituzione, le finalità della presente legge sono la salvaguardia e la valorizzazione delle specificità culturali, economiche, sociali e ambientali delle zone montane a garanzia di un'adeguata qualità della vita dei soggetti residenti e, in particolare, dei nuclei familiari, allo scopo di evitare lo spopolamento dei territori montani e di contenere la tendenza all'invecchiamento delle popolazioni.
      2. Alla realizzazione delle finalità di cui al comma 1 concorrono, per quanto di rispettiva competenza, lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali.
      3. Lo Stato riconosce la specificità dei territori montani e attribuisce a essi la dovuta considerazione nell'ambito di tutte le norme e le iniziative di interesse, anche indiretto, per tali aree, favorendo le popolazioni che vi risiedono. In relazione alla definizione annuale del patto di stabilità interno, lo Stato tiene altresì conto del particolare impegno finanziario delle regioni e degli enti locali caratterizzati da territorio montano.
      4. Gli interventi previsti e le risorse individuate dalla presente legge devono considerarsi aggiuntivi rispetto alle altre disposizioni vigenti sulle aree montane e sono volti a limitare gli squilibri economici e sociali esistenti rispetto ai territori non montani e tra gli stessi territori montani, nonché a garantire l'effettivo esercizio dei diritti e l'agevole accesso ai servizi essenziali di coloro che risiedono in montagna.


      5. Gli aiuti concessi ai sensi della presente legge rientrano tra le attività di cui all'articolo 107, paragrafo 3, lettere a), c) e d), e, per la politica agricola, di cui all'articolo 42 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Nelle diverse sedi dell'Unione europea l'Italia si fa promotrice di azioni volte al riconoscimento della specificità dei territori montani, nonché al raggiungimento di una definizione europea che tenga conto delle diverse realtà montane dell'Unione europea.
Art. 2.
(Ambito di applicazione e definizioni).

      1. Fatte salve le competenze regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano, ai fini della presente legge si intendono per «comuni montani» i comuni definiti tali ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 gennaio 1994, n. 97.
      2. Al fine di garantire lo sviluppo durevole, omogeneo ed equilibrato del territorio, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, con proprio decreto da emanare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), di concerto con il Ministro dell'interno e d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, definisce i criteri per la classificazione dei comuni montani o di parte di essi, nonché l'applicabilità di eventuali deroghe nella classificazione.
      3. I criteri di cui al comma 2 tengono conto della dimensione territoriale, della dimensione demografica, dell'indice di spopolamento, del reddito medio pro capite, del tasso di disoccupazione, della pendenza dei terreni, dell'altimetria del territorio comunale, della distanza dal capoluogo di provincia, delle presenze turistiche, delle attività produttive extra-agricole, dell'altitudine del capoluogo del

comune e della situazione dei comuni posti in area di confine.
      4. Le regioni, in attuazione dei criteri fissati dal decreto di cui al comma 2, entro i trenta giorni successivi alla data di entrata in vigore del medesimo decreto, provvedono alla classificazione del rispettivo territorio montano.
      5. Le regioni possono applicare correttivi nell'individuazione dei comuni montani evidenziando specifiche condizioni di differenziazione ed esigenze di sviluppo, con riferimento all'applicazione dei criteri e dei parametri di cui al comma 3.
      6. La classificazione dei territori montani costituisce un criterio primario ai fini dell'applicazione delle misure previste dalla presente legge e, in particolare, della priorità e del carattere degli interventi destinati ai medesimi territori.
Art. 3.
(Disposizioni particolari per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano).

      1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono alle finalità della presente legge ai sensi di quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione, fermo restando quanto disposto dall'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

Capo II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SERVIZI PUBBLICI E SOCIALI
Art. 4.
(Organizzazione dei servizi pubblici nei comuni montani).

      1. Le agenzie fiscali, a invarianza di spesa e tenuto conto delle attività di decentramento già avviate, promuovono una

razionale organizzazione dei rispettivi uffici, al fine di consentire l'agevole accesso ai servizi da parte dei soggetti residenti nei territori montani delle province con una percentuale di comuni montani compresi nel territorio di competenza, superiore all'80 per cento. Il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definisce, con proprio decreto, l'organizzazione degli uffici.
      2. Il Ministro dello sviluppo economico, quale autorità di regolamentazione del settore postale, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, è autorizzato a stipulare, previo conforme parere del Ministro dell'economia e delle finanze, nonché del CIPE, un'apposita convenzione con Poste italiane Spa, al fine di assicurare, quale livello essenziale minimo delle prestazioni che devono essere erogate su tutto il territorio nazionale, che nelle zone montane gli uffici postali periferici e le strutture di recapito siano accessibili a prescindere dalle condizioni di equilibrio economico, anche con apertura degli uffici part-time o con operatori polivalenti e, in ogni caso, garantendo la presenza di uno sportello fisso in ogni ambito territoriale corrispondente a non più di due comuni montani.
      3. Nei comuni montani, d'intesa tra gli enti interessati, è autorizzata l'istituzione di centri multifunzionali, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica per quanto attiene al loro funzionamento, nei quali concentrare una pluralità di servizi, quali i servizi ambientali, energetici, scolastici, artigianali, turistici, di comunicazione, di volontariato, di associazionismo culturale, commerciali e di sicurezza. Ai fini di cui al presente comma, i centri si avvalgono del Sistema informativo della montagna di cui all'articolo 5.
      4. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, promuovono e favoriscono forme di organizzazione del lavoro che agevolano i dipendenti residenti nei comuni montani, anche attraverso l'utilizzo delle tecnologie informatiche e lo sviluppo del telelavoro, nonché l'adeguata applicazione del principio di pari opportunità e dell'istituto della flessibilità dell'orario.
      5. Lo Stato, le regioni, gli enti locali e gli enti pubblici comunque denominati o strutturati che esercitano funzioni in materia di poste, telecomunicazioni, trasporti ferroviari e stradali, agevolano i dipendenti che chiedono di trasferirsi in uffici o in sedi periferici situati in comuni montani, anche attraverso il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse, favorendo in particolare i dipendenti che sono originari del comune montano oggetto della domanda di trasferimento o della provincia che lo comprende.
Art. 5.
(Potenziamento del Sistema informativo della montagna).

      1. Al potenziamento del Sistema informativo della montagna (SIM) realizzato ai sensi dell'articolo 24 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, e successive modificazioni, è attribuito carattere prioritario nell'ambito dell'attuazione dei piani di sviluppo informatico nel settore delle politiche agricole e forestali.
      2. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sentito il Centro nazionale per l'informatica nelle pubbliche amministrazioni (CNIPA), può stipulare accordi con altre pubbliche amministrazioni, ovvero con soggetti privati operanti nel settore informatico e telematico, al fine di assicurare la diffusione e l'integrazione dei servizi telematici già esistenti all'interno della pubblica amministrazione, attraverso le infrastrutture tecnologiche e organizzative del SIM. Restano salve le regole tecniche concernenti la rete unitaria della pubblica amministrazione e le sue successive evoluzioni.
      3. Gli sportelli del SIM presso gli enti locali possono essere utilizzati per l'emissione delle carte di identità elettronica e

delle carte nazionali dei servizi, tramite connessione al Centro nazionale per i servizi demografici della Direzione centrale per i servizi demografici del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno, previa autorizzazione del medesimo Ministero. Tali sportelli possono assumere le funzioni di punti di accesso dei tecnici e degli esercenti la professione notarile per l'invio certificato e documentato degli atti di variazione ipo-catastale, con modalità determinate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il CNIPA.
      4. Per l'attuazione degli interventi di cui al presente articolo è autorizzata la spesa di 1.500.000 euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015.
Art. 6.
(Servizi radiotelevisivi e di telefonia mobile e fissa. Reti elettriche).

      1. Nell'ambito delle politiche volte al mantenimento dei servizi essenziali, il Ministero dello sviluppo economico promuove la fruibilità nelle zone montane del servizio pubblico generale radiotelevisivo, nell'ambito degli obblighi derivanti dalla convenzione e dal contratto di servizio nel rispetto della normativa vigente, nonché un graduale aumento di disponibilità delle reti radiomobili di comunicazione pubblica GSM, delle reti internet a banda larga e delle reti wireless.
      2. L'installazione, la manutenzione e la gestione degli impianti radiotelevisivi, di telefonia mobile e fissa e di reti internet, che servono i territori montani, sono poste a totale carico degli enti gestori. Incentivi di natura fiscale possono essere previsti in favore di tali soggetti al fine di favorire il loro interesse all'installazione dei citati servizi nei comuni montani.
      3. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 53 e 54 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, i collegamenti telefonici in favore dei soggetti residenti nei

territori montani sono assoggettati a formule tariffarie agevolate per consumatori con esigenze sociali particolari, ai sensi dell'articolo 59 del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 259 del 2003, e successive modificazioni.
      4. La realizzazione e il potenziamento delle linee elettriche in favore di case sparse e di piccoli agglomerati situati in montagna sono effettuati a totale carico degli enti gestori, fatta salva la possibilità di prevedere gli incentivi di cui al comma 2.
Art. 7.
(Sanità di montagna).

      1. Il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, predispone un progetto per lo sviluppo dei servizi di telemedicina destinato alle aree montane. Il progetto è approvato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il finanziamento della realizzazione del progetto è definito nell'ambito dell'intesa con la medesima Conferenza, relativa al riparto del Fondo sanitario nazionale iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
      2. In sede di revisione del sistema dei trasferimenti erariali si tiene adeguato conto della necessità di potenziamento dei servizi sanitari nelle aree montane. Negli atti relativi alla fissazione dei criteri di finanziamento delle aziende sanitarie locali le regioni individuano appositi parametri per incrementare la quota capitaria spettante alle aziende sanitarie locali operanti nei comuni montani.
      3. Il servizio prestato dal personale medico nell'ambito di strutture sanitarie operanti nelle zone montane è valutato ai fini dell'articolo 8, comma 2-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.
      4. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca prevede nell'ambito

degli stanziamenti di bilancio, relativi alle attività istituzionali, assegni di studio in favore di giovani laureati che si iscrivono a scuole di specializzazione, a condizione che si impegnino a esercitare la professione, per un periodo di almeno cinque anni, presso strutture sanitarie ubicate nelle zone montane.
      5. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano favoriscono, con misure economiche e con altre provvidenze, coloro che, dopo aver conseguito la laurea, intendono specializzarsi e perfezionare la propria formazione presso strutture ed enti situati in comuni montani.
Art. 8.
(Sistema scolastico in montagna).

      1. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, collaborano nel realizzare un equilibrato sviluppo territoriale dell'offerta di scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di primo e di secondo grado nei comuni montani, mediante la conclusione di appositi accordi di programma. Gli accordi possono concernere anche le riduzioni tariffarie o la gratuità dei trasporti pubblici locali da riservare agli studenti. Si applicano, in quanto compatibili o non espressamente derogate, le disposizioni dell'articolo 34 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Gli accordi di programma sono attuati a livello provinciale, previa intesa tra l'autorità scolastica provinciale e gli enti locali interessati.
      2. Le istituzioni scolastiche insistenti nelle zone montane, nell'ambito della propria autonomia, possono prevedere forme diverse di frequenza scolastica, concentrandola in periodi settimanali o mensili, fatto salvo lo svolgimento del monte di ore minimo di lezione, o prevedendo la possibilità di lezioni a distanza. A tale fine il Ministro dell'istruzione, dell'università e

della ricerca, d'intesa con l'Unione nazionale comuni, comunità, enti montani (UNCEM) e in accordo con le regioni e con le province autonome di Trento e di Bolzano, predispone progetti pilota di istruzione tenendo conto delle esigenze delle diverse realtà territoriali.
      3. In sede contrattuale di comparto sono favorite le misure volte alla stabilizzazione del personale docente che presta e che intende continuare a prestare servizio nelle scuole situate nei comuni di montagna. Al fine della compilazione delle graduatorie permanenti, il servizio prestato nelle scuole di ogni ordine e grado situate nel territorio dei comuni di montagna è valutato in misura doppia.
      4. È autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015 per il finanziamento del progetto pilota di istruzione, di cui all'articolo 22, comma 2, della legge 1 agosto 2002, n. 166, riservato a giovani atleti italiani praticanti gli sport invernali.
      5. Le istituzioni scolastiche, nell'ambito dei propri programmi e in particolare nei comuni con impianti e con attrezzature dedicati, favoriscono la pratica degli sport invernali, delle attività sportive praticate in montagna, dell'escursionismo e dell'alpinismo. Le regioni, d'intesa con i comuni montani e con le comunità montane interessati, agevolano la fornitura delle attrezzature necessarie.
Art. 9.
(Disposizioni in materia di associazionismo sociale).

      1. La stipulazione di convenzioni, ai sensi dell'articolo 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, nonché dell'articolo 7 della legge 11 agosto 1991, n. 266, con le cooperative sociali e con le organizzazioni di volontariato operanti nei comuni montani, per finalità di sostegno alle popolazioni locali, può rientrare tra le iniziative finanziabili dal Fondo nazionale per le politiche sociali,

istituito ai sensi dell'articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
Capo III
BENEFÌCI IN CAMPO ENERGETICO, DI GESTIONE DELLE ACQUE E DI ESTRAZIONE DEI PRODOTTI DEL SOTTOSUOLO
Art. 10.
(Utilizzo dei prodotti energetici e dell'acqua in montagna).

      1. L'articolo 10 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, è sostituito dal seguente:
      «Art. 10. – (Autoproduzione e benefìci in campo energetico). – 1. Nei territori montani, in ragione del disagio ambientale, è concessa dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas una riduzione del sovrapprezzo termico sui consumi domestici dei soggetti residenti e sui consumi relativi ad attività produttive. La stessa Autorità determina la misura percentuale della riduzione».

      2. L'energia elettrica prodotta nei territori montani da piccoli generatori comunque azionati, quali pannelli solari, aerogeneratori, piccoli gruppi elettrogeni, piccole centraline idroelettriche e impianti fotovoltaici, con potenza elettrica non superiore a 90 kilowatt, o da gruppi elettrogeni funzionanti a gas metano biologico, non è sottoposta alla relativa imposta erariale sul consumo.
      3. A integrazione del Piano nazionale contenente le linee guida per l'ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti, di cui al decreto del Ministro delle attività produttive 31 ottobre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 30 novembre 2001, le regioni, sentiti anche i comuni e le comunità montane, d'intesa con le associazioni degli esercenti gli impianti di distribuzione dei carburanti, possono determinare le condizioni per assicurare,

nei territori comprendenti comuni montani, la presenza del servizio di erogazione quale servizio fondamentale. Alla copertura dei maggiori costi del servizio si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32.
      4. Nelle more della realizzazione di adeguate reti acquedottistiche, la deroga di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, e successive modificazioni, in materia di qualità delle acque destinate al consumo umano, può essere esercitata nelle zone di montagna quando non è economicamente sostenibile la realizzazione di reti acquedottistiche, in particolare per i rifugi di montagna.
      5. Limitatamente alle zone montane sono rese permanenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL previste ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge 1 ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418. Nelle medesime zone, le accise previste dall'allegato I annesso al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, gravanti sui prodotti petroliferi indicati al comma 1 dell'articolo 21 del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 504 del 1995, e successive modificazioni, sono ridotte del 20 per cento.
      6. Per i comuni individuati ai sensi della legge 31 gennaio 1994, n. 97, e comunque per i comuni con popolazione fino a 1.500 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa, a condizione che la gestione del servizio idrico sia operata direttamente dall'amministrazione comunale ovvero tramite una società a capitale interamente pubblico e controllata dallo stesso comune. Sulle gestioni di cui al presente comma le autorità d'ambito territoriale di cui all'articolo 148 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e, successivamente alla loro soppressione, i soggetti individuati ai sensi dell'articolo 2, comma 186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, di seguito denominati «autorità d'ambito», esercitano funzioni di regolazione generale e di controllo. Con apposito contratto di servizio stipulato con l'autorità d'ambito, previo accordo di programma, sono definiti i criteri e le modalità per l'eventuale partecipazione a iniziative promosse dall'autorità d'ambito medesima.
      7. Le autorità d'ambito destinano una quota della tariffa d'ambito, non inferiore allo 0,5 per cento e non superiore al 3 per cento, alle attività di tutela e di difesa dell'assetto idrogeologico del territorio montano. I suddetti fondi sono assegnati alle comunità e ai comuni montani sulla base di accordi di programma per l'attuazione di specifici interventi connessi alla tutela e alla produzione delle risorse idriche e delle relative attività di sistemazione idrogeologica del territorio.
      8. Le regioni a statuto ordinario possono attribuire alle comunità e ai comuni montani fino al 50 per cento dell'introito dei proventi di cui all'articolo 86, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e successive modificazioni, ricavati dall'utilizzazione del demanio idrico del territorio di competenza delle stesse comunità montane.
      9. Le regioni a statuto ordinario possono trasferire alle comunità e ai comuni montani una quota parte dei canoni da esse applicati sull'utilizzo di acque termali e minerali.
Capo IV
RISORSE IDRICHE E DIFESA DEL SUOLO
Art. 11.
(Gestione del demanio idrico).

      1. Alla gestione dei beni del demanio idrico provvedono le regioni e gli enti locali competenti per territorio.


      2. I proventi ricavati dall'utilizzazione del demanio idrico di cui al comma 1 sono introitati dalla regione e sono destinati, sentiti gli enti locali interessati, al finanziamento degli interventi di tutela delle risorse idriche e dell'assetto idraulico e idrogeologico, sulla base delle linee programmatiche di bacino.
      3. La programmazione dei finanziamenti dello Stato in materia di difesa del suolo, da definire d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, tiene conto, ai fini della perequazione tra le diverse regioni, degli introiti di cui al comma 2, nonché del gettito finanziario collegato alla riscossione diretta degli stessi da parte delle regioni attraverso la possibilità di accensione di mutui.
Art. 12.
(Agevolazioni per l'estrazione dei prodotti del sottosuolo).

      1. L'utilizzazione di materiale inerte proveniente da territori nei comuni montani, originato da lavorazioni di cava, da fanghi di segagione di materiali di cava o comunque da lavori di scavo, utilizzato per la costruzione di opere pubbliche o per il recupero di aree ad alto degrado ambientale nei comuni montani, non costituisce cessione ai sensi dell'articolo 85, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto dei Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.
      2. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, emana un decreto recante le modalità di attuazione del comma 1.
      3. Nei comuni montani la captazione e l'utilizzo delle sorgenti naturali d'acqua da parte di coltivatori diretti, di imprenditori

agricoli a titolo principale, di gestori di rifugi di montagna, per scopi domestici o aziendali, sono gratuiti.
Capo V
ATTIVITÀ ECONOMICHE
Art. 13.
(Sviluppo del turismo montano).

      1. In attuazione dei princìpi di cui alle lettere c), e) e h) del comma 2 dell'articolo 1 della legge 29 marzo 2001, n. 135, le regioni promuovono, con propri provvedimenti, lo sviluppo del turismo giovanile, scolastico e degli anziani nelle zone montane del territorio nazionale.
      2. Salvo diversa decisione regionale, le comunità montane costituiscono sistemi turistici locali ai sensi dell'articolo 23, comma 3, del codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, di cui al decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79.
      3. Nei comuni montani, le costruzioni o le porzioni di costruzioni rurali e le relative pertinenze destinate all'esercizio dell'attività agrituristica, di cui alla legge 20 febbraio 2006, n. 96, sono equiparate alle costruzioni rurali previste dall'articolo 42 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.
      4. Al comma 2 dell'articolo 27 del citato codice di cui al decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Hanno priorità nell'assegnazione dei buoni le istanze relative a vacanze nell'ambito delle zone montane».
      5. Per il triennio 2013-2015 le proposte formulate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, riferite al settore turistico-alberghiero, ai sensi del testo unico delle direttive per la concessione e l'erogazione delle agevolazioni alle attività produttive nelle aree depresse, di cui al decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 3 luglio

2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 163 del 14 luglio 2000, hanno priorità nella formazione delle graduatorie speciali e nell'assegnazione delle risorse finanziarie destinate alle stesse.
      6. All'articolo 7 della legge 24 dicembre 2003, n. 363, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 5, le parole da: «5.000.000 di euro» fino a «e successive modificazioni» sono sostituite dalle seguenti: «5.000.000 di euro per l'anno 2013. A decorrere dall'anno 2014 si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera e), della legge 31 dicembre 2009, n. 196»;

          b) dopo il comma 6 è aggiunto il seguente:
      «6-bis. In favore dei soggetti di cui ai commi 1 e 6 e con le medesime modalità applicative è autorizzata la spesa di 2.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015 per la realizzazione, la messa in sicurezza e la segnaletica dei percorsi per racchette da neve e per nordic walking».

      7. Il Collegio nazionale delle guide alpine italiane, nell'ambito della propria attività istituzionale e tenuto conto della tradizione storica e culturale delle guide alpine in campo turistico montano, può prevedere progetti per la sicurezza e la prevenzione in montagna, attività propedeutiche di avvicinamento dei giovani alla professione di guida alpina, iniziative a supporto della propria attività istituzionale, incentivi per una frequentazione consapevole della montagna e per la realizzazione di attività compatibili all'ambiente montano, nonché iniziative rivolte alla valorizzazione delle risorse montane. Ai fini dell'attuazione di tali interventi, il Collegio nazionale delle guide alpine italiane può usufruire dei finanziamenti previsti dalla presente legge.
      8. Sono definiti «rifugi di montagna» le strutture ricettive custodite da soggetti qualificati, ubicate in zone disagiate o isolate di montagna e idonee a offrire ricovero e ristoro nonché soccorso a sportivi

e ad escursionisti. Le regioni, con proprie norme, stabiliscono i criteri per la classificazione nonché i requisiti per l'apertura e per la gestione dei rifugi di montagna. Le regioni, anche in deroga alle disposizioni vigenti, stabiliscono i requisiti minimi dei locali di cucina e di quelli destinati al pernottamento e al ricovero delle persone nonché le caratteristiche e la qualità degli scarichi e degli impianti di smaltimento dei reflui delle strutture.
      9. I rifugi di montagna in possesso dei requisiti previsti dalle regioni sono esenti dall'imposta municipale propria quando rientrano nelle categorie C, D ed E in base ai coefficienti definiti con decreto del direttore generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze 23 marzo 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 75 del 31 marzo 2009.
      10. Gli immobili di proprietà del demanio, del Ministero dell'economia e delle finanze o del Ministero della difesa, in uso come rifugi di montagna alla data di entrata in vigore della presente legge, non possono costituire oggetto delle operazioni di dismissione e di cartolarizzazione di cui al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410. Tali rifugi possono essere concessi in locazione a persone fisiche o giuridiche o ad enti non aventi scopo di lucro ai sensi della normativa vigente.
      11. Il Club alpino italiano, nell'ambito della propria attività istituzionale, può prevedere progetti per la tutela e la valorizzazione della rete sentieristica e dei rifugi presenti sul territorio nazionale, finanziabili a valere sulle risorse previste dalla presente legge.
      12. In favore dell'Agenzia nazionale del turismo (ENIT) è attribuita per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015 la somma di 500.000 euro per il finanziamento di iniziative di promozione a livello internazionale della montagna italiana, da inserire nei piani e nei programmi di attività della medesima Agenzia quale parte integrante dell'offerta turistica italiana, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
      13. I comuni e le comunità montane sono autorizzati ad accedere a mutui a tasso agevolato erogati dalla Cassa depositi e prestiti Spa, a un tasso pari al 30 per cento del tasso di riferimento, per la ristrutturazione di edifici storici, anche di proprietà di privati, e per il recupero dei centri storici situati nei comuni montani.
Capo VI
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI AGRICOLTURA E DI FORESTE
Art. 14.
(Incentivi alle attività diversificate degli agricoltori di montagna e impianti produttivi agricoli).

      1. I coltivatori diretti, singoli o associati, che conducono aziende agricole ubicate nei comuni montani, in deroga alle disposizioni vigenti possono assumere in appalto sia da enti pubblici che da privati, impiegando esclusivamente il lavoro proprio e dei familiari di cui all'articolo 230-bis del codice civile, nonché utilizzando esclusivamente macchine e attrezzature di loro proprietà, lavori relativi alla sistemazione e alla manutenzione del territorio montano, quali lavori di forestazione, di costruzione di piste forestali, di arginatura, di sistemazione idraulica, di difesa dalle avversità atmosferiche e dagli incendi boschivi, di ricostruzione e di manutenzione di muri terrazzati, nonché lavori agricoli e forestali, quali l'aratura, la semina, la potatura, la falciatura, la mietitrebbiatura, i trattamenti antiparassitari, la raccolta di prodotti agricoli, il taglio del bosco, per importi non superiori a 100.000 euro annui. Tale importo è rivalutato annualmente con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali in base all'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rilevato dall'Istituto nazionale di statistica.


      2. I lavori di cui al comma 1 non sono considerati prestazioni di servizi ai fini fiscali e non sono soggetti a imposta se sono resi tra soci di una stessa associazione non avente fini di lucro e avente lo scopo di migliorare la situazione economica delle aziende agricole associate e lo scambio interaziendale di servizi.
      3. I soggetti di cui al comma 1 sono esclusi dal regime delle quote latte di cui al regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, purché esercitino l'allevamento in forme tradizionali ed estensive e nel limite produttivo di 80.000 litri annui per azienda. Essi possono inoltre trasportare il latte fresco fino alla propria cooperativa per sé e per altri soci della stessa cooperativa impiegando mezzi di trasporto di loro proprietà, anche agricoli, iscritti ai competenti uffici provinciali. Tale ultima attività ai fini fiscali non è considerata quale prestazione di servizio e non è soggetta a imposta.
      4. I contributi agricoli unificati versati dai coltivatori diretti all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), gestione agricola, garantiscono la copertura assicurativa infortunistica per i soggetti e le attività di cui ai commi 2 e 3.
      5. Le cooperative di produzione agricola e di lavoro agricolo-forestale che hanno sede e che esercitano prevalentemente le loro attività nei comuni montani e che, conformemente alle disposizioni del loro statuto, esercitano attività di sistemazione e di manutenzione agrarie, forestale e, in genere, del territorio e degli ambienti rurali, possono ricevere in affidamento dagli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico, in deroga alle disposizioni vigenti anche tramite apposite convenzioni, l'esecuzione di lavori e di servizi attinenti alla difesa e alla valorizzazione dell'ambiente e del paesaggio, quali la forestazione, il riassetto idrogeologico e la sistemazione idraulica, a condizione che l'importo dei lavori o dei servizi non sia superiore a 200.000 euro annui.
      6. All'articolo 18, comma 1, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, e successive modificazioni, dopo le parole: «operanti nei comuni montani,» sono inserite le seguenti: «nonché, nelle regioni a statuto speciale, gli enti territorialmente competenti,».
      7. All'articolo 27, sesto comma, della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, dopo la parola: «commerciale» è inserita la seguente: «, agricolo».
      8. Al fine di favorire l'accesso dei giovani alle attività agricole, l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), nell'esercizio dei propri compiti istituzionali nella ripartizione dei fondi destinati alla formazione della proprietà coltivatrice, attribuisce priorità agli acquisti di terreni proposti dai coltivatori diretti di età compresa tra i diciotto e i trentacinque anni, residenti nei comuni montani, nei limiti delle disponibilità finanziarie annuali.
      9. La priorità di cui al comma 8 del presente articolo, è altresì applicabile alle cooperative agricole previste dall'articolo 16 della legge 14 agosto 1971, n. 817, che hanno sede nei comuni montani e nelle quali la compagine dei soci è composta per almeno il 40 per cento da giovani di età compresa tra i diciotto e i trentacinque anni, residenti in comuni montani, nonché alle cooperative agricole nelle quali la compagine dei soci cooperanti è composta per almeno il 50 per cento da donne.
      10. I soggetti di cui al comma 1 possono assumere in appalto da enti pubblici, il servizio di trasporto locale di persone, ivi compreso il trasporto di alunni delle scuole dell'infanzia, primaria e secondaria di primo e secondo grado, purché utilizzino esclusivamente automezzi di loro proprietà e siano in possesso delle prescritte autorizzazioni relative alla sicurezza per il trasporto pubblico.
      11. Per i comuni montani, l'aliquota per la produzione dell'alcole etilico prevista dall'allegato I del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, è ridotta per l'alcole etilico in cui concorrono le condizioni indicate all'articolo 33, comma 2, lettere a) e b), del medesimo testo unico, nelle seguenti misure:

          a) per quantità fino a un ettolitro: 365,44 euro per ettolitro anidro;

          b) per quantità eccedenti un ettolitro e fino a 3 ettolitri: 548,16 euro per ettolitro anidro.

      12. Dopo l'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è inserito il seguente:
      «Art. 7-bis. (Esenzioni nei comuni montani). – 1. Al fine di favorire il mantenimento e la conservazione dei fabbricati rurali di tipo tradizionale, i comuni montani possono disporre l'esenzione dell'imposta per i fabbricati ubicati su fondo agricolo, anche se non più destinati ad attività professionali agricole, a condizione che i fabbricati mantengano la destinazione rurale».

      13. I fabbricati rurali non più adibiti ad attività agricole, situati in zone montane e non accessibili da strade carrozzabili o con altre infrastrutture, previa certificazione da parte dell'amministrazione comunale, sono esentati dagli obblighi di accatastamento previsti dalla normativa vigente per il catasto edilizio urbano.
      14. Nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.500 abitanti, al fine di favorire l'accorpamento fondiario e la coltivazione dei terreni agricoli promossi dai soggetti residenti che praticano l'attività agricola non a titolo principale, si applicano le agevolazioni fiscali e i conseguenti vincoli di cui ai commi 1 e 5 dell'articolo 5-bis della legge 31 gennaio 1994, n. 97.

Art. 15.
(Conservazione del patrimonio forestale).

      1. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di conservare, rafforzare e

ripristinare le funzioni della foresta, possono attribuire alle regioni, alle province, alle comunità montane ed ai comuni montani finanziamenti per interventi di forestazione o di agricoltura eco-compatibile nell'ambito del piano forestale nazionale, nonché finanziare le quote di parte nazionale previste dalla normativa dell'Unione europea a completamento delle erogazioni a carico del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e di programmi dell'Unione europea, anche in materia di pari opportunità.
      2. I consorzi di miglioramento fondiario, costituiti ai sensi degli articoli 71 e seguenti del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni, nonché le associazioni di proprietari riconosciute idonee e finalizzate al rimboschimento, alla tutela e alla migliore gestione dei boschi, possono beneficiare di contributi statali, definiti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, commisurati agli oneri derivanti dalle suddette attività, purché esse siano ritenute di interesse generale e assunte mediante apposite convenzioni pluriennali.
      3. Tutte le forme di gestione indicate nel presente articolo possono godere dei benefìci previsti dall'articolo 139 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, a condizione che le superfici silvopastorali interessate abbiano un'estensione di almeno cinque ettari.
      4. Per gli interventi di cui al presente articolo è autorizzata la spesa annua di 1 milione di euro a decorrere dal 2013.
Art. 16.
(Acquisto, affitto ed esproprio di terre incolte per usi agricoli).

      1. Le regioni, le comunità montane e i comuni sono autorizzati ad acquistare o a prendere in affitto per un periodo non inferiore a venti anni terreni compresi nei

rispettivi territori montani non più utilizzati a coltura agraria o nudi o cespugliati o anche parzialmente boscati per destinarli alla formazione di boschi, prati, pascoli, anche attraverso il rifacimento e la conservazione di muri terrazzati o di riserve naturali.
      2. Quando sia necessario per la difesa del suolo e per la protezione dell'ambiente naturale in conformità agli scopi di cui al comma 1 del presente articolo, le regioni, le comunità montane e i comuni possono, in mancanza di accordo per l'acquisto ai valori correnti, procedere anche a espropriare i terreni di cui al medesimo comma 1 e quelli di cui al primo comma dell'articolo 29 della legge 27 ottobre 1966, n. 910, con le modalità previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327.
      3. Ai beni acquistati o espropriati ai sensi dei commi 1 e 2 del presente articolo si applica l'articolo 107 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267. Qualora tali beni risultino incorporati ad altri beni sottoposti al regime degli usi civici di cui alla legge 16 giugno 1927, n. 1766, i predetti beni devono essere assoggettati alle disposizioni della stessa legge.
      4. Ai contratti di compravendita e a quelli per la contrazione dei mutui si applicano l'imposta fissa di registro e ipotecaria e l'esenzione dai diritti di voltura.
      5. I redditi dei terreni acquistati e utilizzati ai sensi dei commi 1, 2 e 3 sono esenti da ogni imposta per quaranta anni, a condizione che si tratti di boschi.
      6. Il beneficio di cui al comma 5 del presente articolo è riconfermato ogni cinque anni, con l'osservanza delle modalità previste dall'articolo 58 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267.
      7. Agli acquisti di cui al presente articolo si applicano le agevolazioni previste dall'articolo 12 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, e dall'articolo 5-bis della legge 31 gennaio 1994, n. 97.
      8. I piani di acquisto, di affitto e di rimboschimento dei terreni di cui al presente articolo devono essere approvati dall'autorità forestale regionale, prima della concessione del mutuo.
      9. La Cassa depositi e prestiti Spa è autorizzata a concedere mutui quindicennali alle regioni, alle comunità montane ed ai comuni per l'acquisto e per il rimboschimento dei terreni, per la formazione di prati e pascoli nonché per il ripristino e per la manutenzione di muri terrazzati garantendosi sul valore dei beni stessi. L'onere relativo a tali mutui è assunto con il concorso dello Stato per il pagamento degli interessi nella misura del 50 per cento.
Art. 17.
(Utilizzo di terreni incolti di montagna per uso produttivo nei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti).

      1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti provvedono all'individuazione delle terre che, in base a oggettivi e univoci elementi, si presentano come abbandonate da almeno venti anni da parte dei relativi proprietari e di qualsiasi avente diritto. Costituiscono elementi idonei all'individuazione la totale assenza di colture, di utilizzo e di manifestazioni di possesso continuativo, anche sulla base di informazioni concordi raccolte in loco. Il comune che intende accedere alle informazioni dei registri immobiliari ai fini della presente legge è esente da oneri e da spese.
      2. Chi intende promuovere un'attività avvalendosi, esclusivamente o congiuntamente ad altre, di terre abbandonate, deve farne richiesta al comune in cui esse si trovano, corredata di idonea documentazione e di un progetto analitico. Il soggetto richiedente si impegna, nel caso di accoglimento della domanda, a realizzare il progetto e a risiedere nel comune per un periodo non inferiore a sei anni.
      3. Il comune, espletate le formalità di cui al presente articolo, delibera l'accoglimento del progetto analitico di cui al comma 2 qualora riconosca che lo stesso

attiene ad attività produttive di particolare utilità per la comunità locale. Ai fini del presente comma, sono considerate tali l'allevamento, la coltivazione e l'attività di lavorazione o di trasformazione dei prodotti della montagna, anche nella forma di ampliamento o di sviluppo di attività già esercitate all'atto della richiesta. Possono altresì essere considerate tali le attività artigianali, commerciali e industriali, se l'utilizzo della terra abbandonata è ritenuto indispensabile per il loro efficace esercizio. In presenza di una pluralità di progetti sono preferiti quelli che comportano una maggiore possibilità occupazionale.
      4. Il comune acquisisce ogni utile informazione in ordine a coloro che dai pubblici registri risultano essere proprietari delle terre oggetto della richiesta di cui al comma 3, nonché sui loro eredi se gli stessi risultano deceduti. Provvede quindi a notificare agli stessi la richiesta, avvertendo che, ove gli aventi diritto non assumano essi stessi, entro sessanta giorni, l'impegno a uno stabile utilizzo delle terre in oggetto, queste saranno dichiarate soggette a utilizzo mediante conferimento in uso a privati con garanzia pubblica. La richiesta è altresì resa pubblica mediante affissione per almeno sessanta giorni all'albo del comune interessato e dei comuni di ultima residenza conosciuta degli intestatari. Contro la richiesta di utilizzo dell'immobile è ammessa opposizione al tribunale, che giudica in composizione monocratica, ai sensi dell'articolo 3 della legge 10 maggio 1976, n. 346.
      5. Il comune, decorsi i termini per eventuali opposizioni, o pronunciato il rigetto delle medesime, esamina la richiesta di cui al comma 3, previa assunzione, se necessario, di ogni informazione utile a confermare l'affidabilità del richiedente. Qualora il progetto sia approvato, esso è inviato, con le osservazioni necessarie a evidenziare l'utilità generale del medesimo, alla regione, che lo esamina ed esprime il proprio parere. Tale parere, che deve essere formulato entro sessanta giorni, non dispensa dall'ottenimento di autorizzazioni, approvazioni e pareri eventualmente previsti per il merito del progetto da altre disposizioni di legge o di regolamento. Il parere della regione non è vincolante, ma se negativo esonera la regione dalla concessione di eventuali benefìci a suo carico in favore della realizzazione del progetto.
      6. Il presentatore della richiesta è immesso nel possesso dell'immobile mediante verbale nel quale sono specificati il canone di affitto, gli obblighi e le responsabilità che a lui fanno capo.
      7. Il canone di affitto è stabilito tenendo conto del beneficio che alla comunità deriva dall'esercizio dell'attività, e comunque non può superare i due terzi di quello praticato in loco per terreni aventi le medesime caratteristiche.
      8. I canoni di affitto sono tenuti a disposizione degli aventi diritto all'immobile per la durata di tre anni dal primo pagamento. Decorso tale periodo, essi sono acquisiti dal comune, che può destinarli a indennizzare il possessore per eventuali migliorie di natura durevole da lui apportate al fondo.
      9. Il presentatore del progetto approvato deve iniziare l'attività alla quale si è impegnato non oltre quattro mesi dalla data di immissione in possesso. Ove il possesso non sia esercitato per almeno sei mesi continuativi, senza giustificato motivo, egli decade dal beneficio.
      10. Qualora, in corso di attuazione del progetto approvato, intervenga contestazione da parte di una persona che dimostra di essere proprietaria del bene o titolare di un altro diritto reale, la stessa acquisisce la posizione di concedente in affitto e subentra successivamente nella percezione dei canoni, ma deve consentire che il possessore continui a esercitare la sua attività sino ad almeno il compimento del sesto anno dall'immissione in possesso. Decorso tale termine, egli può agire per il rilascio dell'immobile soltanto se si impegna a sua volta a esercitare sul medesimo un'attività produttiva di utilità non minore per la comunità locale.
Art. 18.
(Agricoltura di montagna e biodiversità).

      1. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in collaborazione con le regioni e con le province autonome di Trento e di Bolzano, promuovono un censimento delle specie vegetali e animali di montagna, al fine di preservare la biodiversità di tali aree.
      2. Nel rispetto della Convenzione sulla biodiversità, fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992, resa esecutiva dalla legge 14 febbraio 1994, n. 124, e in conformità alle disposizioni della Convenzione sulla protezione delle Alpi, fatta a Salisburgo il 7 novembre 1991, resa esecutiva dalla legge 14 ottobre 1999, n. 403, nonché del Protocollo «Agricoltura di montagna» attuativo della medesima Convenzione fatto a Chambéry il 20 dicembre 1994, programmi specifici garantiscono la conservazione e la valorizzazione del germoplasma autoctono della montagna.
      3. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e le regioni, per quanto di rispettiva competenza, favoriscono tutte le misure utili a escludere l'impatto di colture di organismi geneticamente modificati sulle altre colture, e su quelle autoctone in particolare, a promuovere l'impiego e la diffusione nelle zone montane di metodi di coltivazione estensiva, adatti alla natura e caratteristici del luogo, nonché a tutelare e a valorizzare prodotti agricoli tipici che si distinguono per i metodi di produzione originali e localmente limitati.

Art. 19.
(Salvaguardia dei pascoli montani).

      1. Ai fini del mantenimento e del recupero dei pascoli montani per la produzione di carni e di formaggi di qualità, nonché per la conservazione del paesaggio e dell'ecosistema tradizionali, le regioni predispongono piani per l'individuazione,

il recupero, l'utilizzazione razionale e la valorizzazione dei sistemi pascolativi montani, anche promuovendo la costituzione di forme associative tra i proprietari e gli affittuari interessati. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con le regioni, può emanare apposite linee guida in materia.
      2. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per quanto di rispettiva competenza, favoriscono tutte le misure utili a consolidare e a sviluppare la zootecnia di montagna, promuovendo il mantenimento delle necessarie strutture agricole, pastorizie e forestali, nel rispetto di un rapporto adeguato tra consistenza delle superfici foraggere e degli allevamenti, nonché a tutelare negli allevamenti la diversità di razze peculiari alle diverse zone montane.
Art. 20.
(Certificazione di ecocompatibilità).

      1. Per i boschi esistenti e per le formazioni forestali create nei territori montani con specie indigene di pregio e a lungo ciclo di maturazione, gestiti con criteri di ecocompatibilità, sono istituiti la certificazione di ecocompatibilità e il marchio di garanzia che attestano la provenienza della materia prima legno.
      2. La certificazione di ecocompatibilità e il marchio di cui al presente articolo possono essere rilasciati a tutti i prodotti derivati dal legno proveniente dalle zone di cui al comma 1. A tali attività si provvede con il personale e con i beni strumentali in dotazione al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
      3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, stabilisce, con proprio decreto,

i criteri, le modalità e i diritti per il rilascio e per l'uso della certificazione di ecocompatibilità e del marchio previsti nel presente articolo.
      4. Ferme restando le competenze regionali in materia di foreste, le funzioni e i compiti di controllo relativi alla certificazione di ecocompatibilità e al corretto uso del marchio di cui al presente articolo sono esercitati dal Corpo forestale dello Stato, nell'ambito della propria dotazione organica. Nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano le funzioni e i compiti di cui al presente comma sono esercitati dai competenti corpi forestali regionali e provinciali.
Art. 21.
(Usi civici in montagna).

      1. Nei comuni montani le controversie relative a compravendite di beni gravati da diritti di uso civico risultanti successivamente al perfezionamento dell'atto, qualora non siano dimostrati dolo o colpa da parte degli acquirenti, sono definite applicando oneri calcolati sulla base del valore dei beni nello stato di fatto antecedente alla compravendita.

Art. 22.
(Agevolazioni per attività economiche nei comuni montani).

      1. L'articolo 16 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, è sostituito dal seguente:
      «Art. 16. (Agevolazioni per i piccoli imprenditori commerciali). 1. Per i comuni montani con popolazione non superiore a 1.500 abitanti, la determinazione del reddito d'impresa per attività commerciali, agricole, artigianali e per i pubblici esercizi con un giro di affari assoggettato all'imposta sul valore aggiunto nell'anno precedente inferiore a 100.000 euro può avvenire, per gli anni di imposta successivi, sulla base di un concordato con gli uffici

dell'amministrazione finanziaria. In tale caso le imprese stesse sono esonerate dalla tenuta di ogni documentazione contabile e di ogni certificazione fiscale. La durata del concordato è almeno triennale e il reddito presunto non supera quello dell'anno in cui il concordato è stato realizzato. Gli uffici dell'amministrazione finanziaria sono tenuti ad accettare la proposta di concordato ove questa si basi sull'ultima dichiarazione presentata. Il soggetto richiedente il concordato può recedere da esso in ogni momento e decidere di ritornare alla contabilità ordinaria. Al termine del triennio, salvo comune accordo tra le parti, è necessario un anno di contabilità ordinaria al fine di determinare la base per un eventuale nuovo concordato.
      2. Per le imprese di cui al comma 1, gli orari di apertura e di chiusura, le chiusure domenicali e festive, nonché le tabelle merceologiche sono definiti con apposito regolamento approvato dal consiglio comunale».
Capo VII
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LAVORI PUBBLICI E AGEVOLAZIONI PER GLI IMPIANTI DI RISALITA
Art. 23.
(Lavori pubblici).

      1. Nei comuni montani, per le opere di competenza statale, regionale o comunale di importo fino a 750.000 euro gli enti appaltanti possono ricorrere alla licitazione privata con procedura semplificata.
      2. Per l'affidamento dei lavori di cui al comma 1, finalizzati al ripristino di opere già esistenti e danneggiate da calamità naturali o da eventi connessi al dissesto idrogeologico delle aree montane, gli enti appaltanti possono procedere mediante trattativa privata, previo esperimento di gara informale con l'invito di almeno cinque imprese. Per importi uguali o inferiori a 100.000 euro il numero delle imprese può essere ridotto a tre.

Art. 24.
(Agevolazioni per impianti di risalita, teleferiche, palorci, ponti e passi carrai).

      1. L'aliquota prevista nell'allegato I al testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, per il gasolio utilizzato dalle imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico per trasporto di persone nei comuni montani è ridotta di 51,65 euro per ogni 1.000 litri di prodotto. Le stesse agevolazioni sono concesse ai gestori di rifugi di montagna per gli utilizzi legati all'attività del rifugio.
      2. I comuni montani non sono soggetti al pagamento di un canone annuo per gli attraversamenti aerei e stradali dei corsi d'acqua e di una cauzione per l'occupazione di terreni demaniali.
      3. I palorci eserciti dai privati nei comuni montani non sono soggetti a canoni purché conformi alle norme di sicurezza vigenti.
      4. Nei comuni montani con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, l'Ente nazionale per le strade Spa e la Rete ferroviaria italiana Spa provvedono ad adeguare i canoni riguardanti i passi carrai relativi alle strade statali, prevedendone la riduzione nella misura minima del 50 per cento.

Capo VIII
DISPOSIZIONI VARIE
Art. 25.
(Interventi di protezione civile)

      1. Al fine di rendere efficienti e tempestivi gli interventi di protezione civile anche nelle zone montane, la realizzazione di idonee aree di atterraggio per elicotteri e di aree logistiche per l'organizzazione di soccorsi in caso di calamità nonché la

costituzione di reti radio di emergenza sono da considerare esigenze prioritarie.
Art. 26.
(Promozione del reclutamento nelle truppe alpine).

      1. L'Associazione nazionale alpini (ANA) promuove, d'intesa con il Ministero della difesa, che ne supporta l'attività, il reclutamento volontario nei reparti delle truppe alpine, secondo il criterio del reclutamento regionale tipico degli stessi reparti, con particolare attenzione al reclutamento nei comuni montani.

Art. 27.
(Modifiche alla legge 21 marzo 2001, n. 74, concernente l'attività del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico del Club alpino italiano).

      1. Alla legge 21 marzo 2001, n. 74, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 3 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
      «1-bis. Il CNSAS, in caso di particolare necessità e al fine di ottemperare alle proprie finalità d'istituto e agli obblighi di legge, può assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo usufruendo di professionisti abilitati allo svolgimento dell'attività richiesta, anche ricorrendo ai propri associati, nei limiti imposti dalle delibere assunte dal Consiglio nazionale del CNSAS e dai servizi provinciali e regionali del Corpo medesimo e nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 4.
      1-ter. Il CNSAS è considerato associazione di promozione sociale ai fini della legge 7 dicembre 2000, n. 383, e può usufruire delle sole agevolazioni di natura fiscale previste dal decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460»;

          b) all'articolo 4 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
      «5-bis. Le società esercenti o concessionarie di impianti funicolari aerei in servizio pubblico stipulano apposite convenzioni con il CNSAS per l'evacuazione e per la messa in sicurezza dei passeggeri.
      5-ter. Il CNSAS propone all'ENAC le proprie osservazioni per la predisposizione delle normative Search and rescue (SAR) e di ogni altra normativa concernente i servizi di elisoccorso che operano in ambiente montano e in genere negli ambienti ostili e impervi del territorio nazionale.
      5-quater. Per l'attuazione delle disposizioni dei commi 5 e 5-bis è istituita senza oneri per lo Stato una commissione paritetica ENAC-CNSAS».

      2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali provvede ad apportare le occorrenti modifiche al regolamento di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 24 marzo 1994, n. 379.

Capo IX
FONDO NAZIONALE PER GLI INTERVENTI NELLE AREE MONTANE E COPERTURA FINANZIARIA
Art. 28.
(Fondo nazionale per gli interventi nelle aree montane).

      1. Le risorse già previste per il Fondo nazionale per la montagna, istituito ai sensi della legge 31 gennaio 1994, n. 97, sono trasferite al Fondo nazionale per gli interventi nelle aree montane, di seguito denominato «Fondo», istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze.
      2. Il Fondo è alimentato da trasferimenti dell'Unione europea, dello Stato e di enti pubblici di rilevanza nazionale, ed è iscritto in un apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Le somme provenienti dagli

enti pubblici di rilevanza nazionale sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al suddetto capitolo.
      3. Le risorse erogate dal Fondo hanno carattere aggiuntivo rispetto ad ogni altro trasferimento ordinario o speciale dello Stato in favore degli enti locali e sono ripartite tra le regioni, che le attribuiscono ai fondi regionali per la montagna costituiti nei rispettivi bilanci.
      4. Il Fondo è altresì alimentato dal versamento diretto al Ministero dell'economia e delle finanze da parte degli enti concessionari di autostrade, a decorrere dal 2013, di un canone annuo, aggiuntivo a quello previsto dal comma 3 dell'articolo 10 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in favore dello Stato, nella misura dello 0,1 per cento dei proventi netti da pedaggio di competenza dei concessionari medesimi. A decorrere dalla stessa data sono modificate le clausole convenzionali autostradali in materia di canone di concessione.
      6. La ripartizione delle risorse del Fondo riguarda comuni montani e parzialmente montani ed è effettuata entro il 31 marzo di ciascun anno con deliberazione del CIPE, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie.
      7. I criteri di ripartizione del Fondo tengono conto della dimensione territoriale, della dimensione demografica, dell'indice di spopolamento, del reddito medio pro capite, del tasso di disoccupazione, della pendenza dei terreni, dell'altimetria del territorio comunale, della distanza dal capoluogo di provincia, delle presenze turistiche, dell'oggettivo svantaggio di entità amministrative poste in aree di confine o in contiguità con il territorio di regioni o province autonome, delle attività produttive extra-agricole e dell'altitudine del capoluogo del comune.
      8. I criteri di cui al comma 7 sono stabiliti con deliberazione del CIPE, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie e con il Ministro dell'interno. Una quota del Fondo, in misura non inferiore al 10 per cento, deve essere destinata al finanziamento dei progetti speciali di cui all'articolo 30.
      9. Le regioni disciplinano con proprio provvedimento i criteri relativi all'impiego delle risorse di cui al comma 3.
Art. 29.
(Fondo regionale per la montagna).

      1. Ciascuna regione può istituire e regolare con propria legge, ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, un fondo regionale per la montagna. Alla copertura finanziaria di tale fondo la regione provvede mediante:

          a) una quota compresa tra il 5 per cento e il 20 per cento di quanto accertato dalla regione a titolo di addizionale sul consumo di gas metano nell'esercizio precedente ed eventuali altri stanziamenti a carico del bilancio regionale determinati annualmente con la legge di bilancio;

          b) eventuali altre risorse specificatamente destinate allo sviluppo della montagna derivanti da trasferimenti dello Stato;

          c) i finanziamenti dell'Unione europea volti a sostenere programmi regionali per lo sviluppo delle zone montane.

Art. 30.
(Progetti speciali).

      1. In attuazione delle finalità di cui alla presente legge possono essere presentati, anche su iniziativa delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli altri enti pubblici o di associazioni senza scopo di lucro, progetti speciali in favore della montagna che prevedono un complesso di interventi mirati, organici e coordinati, di valenza interregionale.


      2. Gli interventi previsti nei progetti speciali di cui al comma 1 devono perseguire prioritariamente gli obiettivi legati allo sviluppo delle attività economiche e sociali, anche mediante la garanzia di adeguati servizi per la collettività, alla sicurezza ambientale delle zone montane, al riassetto idrogeologico, alla sistemazione idraulico-forestale e dei muri terrazzati, al miglioramento delle vie di accesso e dei trasporti locali, all'uso sostenibile delle risorse idriche, allo sviluppo dell'economia locale e al sostegno dell'industria turistica dell'area, alla valorizzazione e alla conservazione della rete sentieristica, alla valorizzazione del catasto nazionale dei sentieri e delle alte vie, del patrimonio monumentale, architettonico, artistico, civile e religioso, dell'edilizia rurale, dei centri storici, del paesaggio montano, del patrimonio culturale e delle tradizioni locali delle popolazioni montane.
      3. Resta ferma la disciplina contenuta nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
      4. Il CIPE, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, approva i progetti speciali in favore della montagna e ne dispone il finanziamento a valere sulla quota delle risorse previste dal Fondo privilegiando le iniziative che prevedono una partecipazione finanziaria, superiore al 30 per cento della spesa complessiva, da parte del soggetto che ha presentato il progetto.
      5. Al fine della prevenzione dei dissesti ambientali e territoriali e degli incendi boschivi, il Corpo forestale dello Stato attua progetti speciali finalizzati al monitoraggio degli ecosistemi e alla realizzazione del catasto delle aree percorse dal fuoco. A tale scopo è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2013. Nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano le funzioni e i compiti di cui al presente comma sono esercitati dai competenti corpi forestali regionali e provinciali.
Art. 31.
(Copertura finanziaria).

      1. Agli oneri, comprese le minori entrate, derivanti dall'attuazione della presente legge, valutati in 300 milioni di euro annui, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2013-2015, nell'ambito del programma «Fondo di ricerca e speciale» della missione «Fondo da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2013, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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