Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 1244


PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
d'iniziativa dei deputati
BIFFONI, COPPOLA, DONATI, BORGHI, BOSCHI, CAPODICASA, CAPOZZOLO, CARRA, CARRESCIA, DE MENECH, MARCO DI MAIO, ERMINI, FANUCCI, FOSSATI, GIACOMELLI, GULLO, IACONO, MALPEZZI, MANFREDI, MARCHI, MELILLI, MURA, RUBINATO, RUGHETTI, SBROLLINI, SCALFAROTTO, VENITTELLI, VERINI
Introduzione dell'articolo 21-bis della Costituzione, in materia di riconoscimento del diritto universale di accesso alla rete internet
Presentata il 20 giugno 2013


      

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Onorevoli Colleghi! – Il cambiamento che l'uso della rete internet ha portato nelle nostre vite è paragonabile solo alla rivoluzione industriale del XVIII e del XIX secolo.
      L'uso della rete ha stravolto il modo di fare economia, di studiare, di fare ricerca e di amministrare, offrendo vantaggi competitivi e opportunità a chi ne ha saputo e potuto cogliere tutte le potenzialità. Il tema dell'accesso, in condizioni di parità e di eguaglianza, alle nuove reti di comunicazione può essere uno dei temi caratterizzanti della società contemporanea e il godimento di tale diritto si realizza attraverso le politiche poste in essere dal legislatore. A oltre venti anni, infatti, dall'invenzione del web (e a più di quarant'anni dall'invenzione di internet) è ormai evidente che l'accesso a internet è condizione necessaria per poter – in questo inizio di XXI secolo – esercitare adeguatamente un ampio spettro di diritti, tra cui la libertà di espressione, di associazione e di accesso alla conoscenza. I tempi sono dunque maturi per promuovere l'accesso a internet al rango di diritto costituzionalmente garantito, che, se realizzato, potrebbe aiutare l'Italia a colmare il divario che la separa dal resto d'Europa. Un divario che non è solo tecnologico o economico, ma talvolta anche culturale e civile. Nell'odierna società, l'accesso alla rete internet è diventato un diritto fondamentale e uno Stato responsabile ha il dovere di garantirlo.
      Un primo passo deve essere, ad esempio, lo sviluppo della banda larga e delle reti di nuova generazione per superare la disparità esistente tra zone periferiche e aree urbane e per diffondere tutti i servizi che caratterizzano la società dell'informazione, quali ad esempio l'apprendimento a distanza e i sistemi on line della pubblica amministrazione. Le reti di nuova generazione dovranno essere, in un prossimo futuro, la modalità per distribuire contenuti, ma la sola connessione non basta per conseguire un utilizzo più efficiente. Bisogna promuovere parallelamente la diffusione della cultura digitale e alzare i livelli di scolarizzazione, perché nel nostro Paese sono molte le persone non ancora in grado di fruire di tutti gli elementi informatici esistenti.
      L'Italia, infatti, secondo uno studio dell'università di Oxford sulla banda larga (Annual Broadband Study) dell'ottobre 2010, si collocava solo al ventiseiesimo posto nella classifica della performance di diffusione della banda larga, davanti solo, tra i primi trenta Paesi della graduatoria, alla Bulgaria, Ungheria, Polonia, Slovacchia e Turchia. Inoltre, mentre la media di crescita dell'utilizzo della banda larga era stata del 24 per cento (48 per cento dal 2008), il nostro Paese era cresciuto solo del 5,8 per cento. Audiweb aveva pubblicato, poi, i dati sulla diffusione di internet in Italia del mese di dicembre 2011, Audiweb Database, secondo cui, rispetto al 2010, la diffusione dell'uso di tecnologie telematiche in Italia era cresciuta del 6,9 per cento.
      Secondo la fotografia scattata dal Report State of the Broadband del 2012, Achieving Digital Inclusion for All, documento in cui la Broadband Commission dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) descriveva la penetrazione della banda larga nel mondo e valutava i progressi fatti rispetto agli obiettivi fissati nel 2011, l'Italia si situava al ventinovesimo posto nel mondo per penetrazione della banda larga fissa, con 22,8 contratti ogni cento persone, ben lontana, dunque dalla nazione prima in classifica, il Liechtenstein con il 71,6 per cento.
      E alla fine del 2012 era l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) a certificare finalmente un aumento della diffusione della banda larga nelle famiglie italiane, ma segnalando anche una permanenza nel nostro Paese, oltre che di un forte divario tecnologico da ricondurre a fattori di tipo generazionale, culturale ed economico, anche di un netto distacco in negativo rispetto al resto d'Europa. L'istituto di statistica rileva come nel 2012 la quota di famiglie che dispone di un accesso a internet (55,5 per cento) e di un elaboratore elettronico (personal computer) (59,3 per cento) sia rimasta stabile rispetto all'anno precedente, mentre è aumentata quella delle famiglie che accede al web mediante la banda larga (dal 45,8 per cento al 48,6 per cento). Timidi segnali di recupero, ma il confronto con il resto d'Europa resta impietoso: considerando la percentuale di famiglie con almeno un componente tra i 16 e i 74 anni di età che possiede un accesso a internet da casa, a fronte di una media europea pari al 73 per cento (e a Paesi come Olanda, Lussemburgo, Svezia e Danimarca che hanno raggiunto livelli prossimi alla saturazione), l'Italia si colloca solo al ventiduesimo posto della graduatoria internazionale, con un valore pari al 62 per cento ed equivalente a quello registrato per la Lituania. Risulta inoltre dai dati dell'ISTAT che la penetrazione di internet cresce più a rilento di altri Paesi, come la Spagna, che nel 2010 presentava la stessa quota di accesso a internet da casa e che nell'ultimo anno ha registrato un incremento di 5 punti percentuali, contro i 3 punti di crescita dell'Italia. L'ISTAT segnala poi che l'Italia è in fondo alla graduatoria anche in termini di famiglie con accesso a internet da casa mediante banda larga, con un tasso di penetrazione del 52 per cento rispetto alla media europea del 67 per cento. Valori vicini a quello dell'Italia si riscontrano per la Slovacchia (55 per cento) e per Cipro (56 per cento), mentre Svezia, Danimarca, Olanda e Finlandia registrano un tasso di penetrazione che supera l'80 per cento. Considerato che lo sviluppo digitale è strettamente legato a quello economico e culturale di un Paese, non possiamo non considerare, dunque, la diffusione e l'utilizzo della rete internet, mediante tecnologie avanzate, un tema politico di primaria importanza.
      Tutti devono poter avere, infatti, accesso on line diretto e interattivo a conoscenze, istruzione, formazione, amministrazione, servizi sanitari, cultura, attività ricreative e servizi finanziari, solo per fare alcuni esempi, non solo per poter godere a pieno dei loro diritti di cittadinanza, ma anche perché il modo in cui il nostro Paese raggiungerà l'obiettivo della diffusione delle risorse di connettività non potrà che influenzare la qualità di vita dei cittadini, le condizioni di lavoro e la competitività globale dell'industria e dei servizi europei, ben consapevoli che le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) contribuiscono direttamente e in modo significativo alla crescita economica e culturale del Paese.
      Perciò questa proposta di legge prevede l'introduzione dell'articolo 21-bis della Costituzione, che mira al riconoscimento del diritto, garantito a tutti e non solo ai cittadini, di accesso alla rete internet ovvero ad ogni altra forma di diffusione di contenuti a distanza per via telematica.
      Internet rappresenta un immenso spazio pubblico, il più grande che l'umanità abbia mai conosciuto (Rodotà, 2004) ed è per questa sua natura che è stata scelta un'iniziativa legislativa di rango costituzionale per accompagnare il suo sviluppo con istituzioni adeguate e perché internet, quale strumento possibile di democrazia partecipata, deve essere universale e aperto, fondato sulla libertà di espressione, sulla tolleranza e sul rispetto della riservatezza dei dati personali.
      Queste considerazioni sono ancora più valide se si considera la crescente tutela che il diritto di accesso alla rete internet sta godendo, a partire dal livello sovranazionale fino a quello dei singoli ordinamenti.
      Il Parlamento europeo il 15 giugno 2010 ha approvato la risoluzione 2009/2229 (INI) nella quale, tra l'altro, si sottolinea che «internet è diventato uno strumento indispensabile per promuovere le iniziative democratiche, la discussione politica, l'alfabetizzazione digitale e la diffusione di conoscenza; che l'accesso a internet rappresenta un diritto fondamentale e dipende dall'esercizio di numerosi diritti fondamentali compresi, fra l'altro, il rispetto della vita privata, la protezione dei dati, la libertà di espressione, di parola e di associazione, la libertà di stampa, di espressione politica e di partecipazione, la non discriminazione, l'istruzione e la diversità culturale e linguistica; che le istituzioni e le parti interessate a tutti i livelli hanno la responsabilità generale di assicurare che ogni individuo possa esercitare il diritto di partecipare alla società dell'informazione; che è necessario favorire l'evoluzione della democrazia elettronica, assicurando che siano previste misure di salvaguardia significative contro nuove forme di sorveglianza, di controllo e di censura da parte di soggetti pubblici o privati, affinché la libertà di internet e la protezione della vita privata siano effettive». Il Parlamento europeo ha invitato, inoltre, i Governi a evitare di imporre restrizioni all'accesso alla rete internet mediante censura, blocchi o filtri, insistendo sulla necessità di salvaguardare una rete internet aperta, in cui gli utenti abbiano la facoltà di accedere all'informazione e diffonderla.
      Il 19 maggio 2010 la Commissione europea ha adottato la comunicazione COM(2010)245 «Un'agenda digitale europea» che è una delle sette «iniziative faro» della strategia dell'Unione europea 2020. Avendo carattere orizzontale, ne copre le tre dimensioni di crescita (crescita intelligente, sostenibile e inclusiva) e mira a stabilire il ruolo chiave delle TIC per raggiungere gli obiettivi che l'Unione europea si è prefissata per il 2020.
      Nel documento si afferma, tra l'altro, che la Commissione si dovrà adoperare per creare un quadro giuridico stabile per incentivare investimenti per la rete internet ad alta velocità, promuovere l'accesso alla rete, in particolare mediante azioni a sostegno dell'alfabetizzazione digitale e dell'accessibilità. Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie operative per la rete internet ad alta velocità e orientare i finanziamenti pubblici, compresi i fondi strutturali, verso settori non totalmente coperti da investimenti privati; promuovere la diffusione e l'uso dei moderni servizi on line (e-government, open-government, servizi sanitari on line eccetera).
      A livello di singoli Paesi, poi, si segnala l'esperienza della Finlandia, la quale – primo Paese al mondo – ha sancito per legge il diritto di ogni cittadino alla banda larga, con lo scopo di assicurare livelli elevati anche nelle campagne, al fine di garantire pari opportunità di accesso.
      Negli Stati Uniti d'America, il piano del Presidente Obama per il rilancio dell'economia contiene una significativa reinterpretazione del servizio in chiave universale «(we) will work to ensure the full and free exchange of information through an open Internet and use technology to create a more transparent and connected democracy. (We) will encourage the deployment of modern communications infrastructure to improve America's competitiveness and employ technology to solve our nation's most pressing problems – including improving clean energy, healthcare costs, and public safety».
      Vaste e importanti sono poi le riflessioni che noti studiosi hanno offerto sull'argomento. Quella della rete internet è la rivoluzione analizzata dal libro «L'era dell'accesso» di Jeremy Rifkin, in cui l'autore parla di una «rivoluzione in atto che, per la sua particolare natura, partendo dalla sfera economica, si fa, a pieno titolo, rivoluzione culturale, prospetta una radicale trasformazione sociale e politica da cui nessuno (ma proprio nessuno) può sfuggire, vede come il corpo, la mente, le relazioni, la vita degli uomini si subordino ad un nuovo ordine mondiale. (...) L'età dell'accesso è quella di cui stiamo vedendo gli albori e che prevede la fine dei tradizionali concetti economici di mercato, proprietà, beni. “Accesso” (sostantivo che inizia ad assumere l'attuale significato solo dal 1991) significa poter usufruire di servizi, cultura, informazione, relazioni, ricchezza; “accesso” come parola-chiave, nella nuova società delle reti, per entrare nell'esistenza e non esserne esclusi, per essere in qualche modo attori di questa realtà che ha sostituito il bene immateriale a quello materiale, l'uso momentaneo all'acquisto, il rapporto fornitore di servizi-utente a quello tradizionale compratore-venditore. Il pensare poi che solo poco più del 25 per cento dell'umanità ha la reale possibilità di accedere alla nuova economia delle reti e che almeno il 60 per cento della popolazione della terra è, e sarà, esclusa da questo sistema mostra come il divario tra chi esiste davvero e chi lotta ogni minuto per sopravvivere si stia facendo incolmabile».
      E ci sono le parole del professore Guido Scorza, docente di diritto dell'informatica all'università di Bologna: «Le leggi non sono princìpi filosofici o teoremi astratti avulsi dallo spazio e dal tempo ma rispondono – o dovrebbero rispondere – alle esigenze ed ai problemi della comunità che attraverso esse si intende governare, garantendo ai cittadini i diritti e le libertà dei quali si avverte maggiore bisogno o che si ritengono più a rischio. L'accesso alla Rete in Italia può rappresentare una straordinaria opportunità per restituire ai cittadini il governo del Paese. Internet, nel 2010, significa – o può significare – democrazia elettronica, promozione della cultura, del sapere e della creatività ma anche nuove opportunità di lavoro e di fare impresa per giovani e meno giovani. Chiedere il riconoscimento del diritto di accesso a internet come diritto costituzionale significa, quindi, chiedere, con formula sintetica, il riconoscimento di tutti i diritti e le libertà di cittadinanza digitale». D'altronde, anche il costituzionalista Tommaso Edoardo Frosini rileva che «l'orizzonte giuridico dell’internet (...) è anche il nuovo orizzonte del costituzionalismo contemporaneo, come è stato chiaramente dimostrato, ad esempio, da pronunce (...) della Corte Suprema Usa prima e poi del Conseil Constitutionnel francese».
      La presente proposta di legge costituzionale raccoglie, poi, la proposta che, il 29 novembre 2010, nel corso dell’Internet Governance Forum di Roma, Stefano Rodotà ha lanciato: riconoscere il diritto di accesso ad internet come diritto costituzionale e fondamentale di tutti i cittadini, proposta che si concreta appunto nell'introduzione dell'articolo 21-bis della Costituzione, che mira al riconoscimento del diritto di accedere alla rete internet ovvero ad ogni altra forma di diffusione di contenuti a distanza per via telematica, garantendo che sia la Repubblica ad assicurare l'eguaglianza di accesso, la rimozione di ogni ostacolo e la predisposizione dei necessari interventi per lo sviluppo della rete e per la fruizione del servizio.
      Ed è lo stesso professor Rodotà a rispondere a chi domanda se sia davvero necessario proporre una modifica alla Costituzione, considerato che già le norme costituzionali vigenti comprenderebbero questa ipotesi, come fa l'articolo 21 parlando del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con qualsiasi mezzo di diffusione, ovvero se tale iniziativa non sia addirittura pericolosa, in quanto mette le mani proprio su quella parte prima della Costituzione che si vuole difendere da ogni attacco, rilevando che «Il fatto che in Italia si possa già fare riferimento a norme costituzionali o ordinarie non è considerazione di per sé risolutiva. Al contrario, abbiamo assistito e continuiamo ad assistere a continue incursioni che considerano internet come un territorio dove si possano mettere impunemente le mani, nella sostanza negando proprio che si tratti di materia già accompagnata da una adeguata copertura costituzionale. Se la proposta di un articolo aggiuntivo spingerà ad una reinterpretazione dell'articolo 21 e ad una estensione della garanzia costituzionale, non sarà un risultato da poco. (...)
      La proposta di un articolo 21-bis, invece, va proprio nella direzione di ribadire ed espandere i princìpi costituzionali riguardanti l'eguaglianza e la libera costruzione della personalità. Non a caso alcune espressioni vengono dritte dall'articolo 3. Non solo una proposta sul digital divide, dunque. Anzi, l'apertura verso un diritto a internet rafforza indirettamente, ma in modo evidente, il principio di neutralità della rete e la considerazione della conoscenza in rete come bene comune, al quale deve essere garantito l'accesso. Per questo è necessario affermare una responsabilità pubblica nel garantire quella che deve ormai essere considerata una precondizione della cittadinanza, dunque della stessa democrazia. E, in questo modo, si fa emergere anche l'inammissibilità di iniziative censorie. Proprio per indirizzare la discussione pubblica in questa direzione è necessario mettere sul tavolo carte adeguate. Solo se cresce la consapevolezza che siamo di fronte a un diritto fondamentale della persona è possibile contrastare le logiche securitarie e mercantili che restringono il diritto a internet. I decreti Pisanu e Romani (decreto del Ministro dell'interno del 16 agosto 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 17 agosto 2005, e decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 120), la pretesa dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di regolare in via amministrativa e restrittiva l'essenziale questione del diritto d'autore hanno a loro fondamento una cultura che ritiene che le materie legate a internet non siano accompagnate da garanzie adeguate, smentendo così nei fatti la tesi che le norme già esistenti offrano tutte le necessarie tutele. Un dialogo tra le norme esistenti e una loro formale estensione al mondo della rete farebbe avanzare nel suo insieme tutto il fronte dei diritti».
      In questo senso si esprime sostanzialmente anche Gaetano Azzariti, professore ordinario di diritto costituzionale presso la facoltà di giurisprudenza dell'università «La Sapienza», nel saggio «Internet Costituzione»: «Credo possa essere utile intervenire affermando, entro i vari ordinamenti nazionali, un diritto costituzionale all'accesso libero alla rete da parte di ogni cittadino, configurando cioè il diritto di accesso come un classico diritto fondamentale della persona».
      Si può quindi affermare che il diritto di accesso alla rete internet è una libertà fondamentale il cui esercizio è strumento per l'esercizio di altri diritti e libertà costituzionali e, a chi solleva dubbi in merito all'opportunità e all'utilità o no di modificare la Costituzione rilevando come la rete internet sia solo uno strumento «contingente» destinato a essere superato dai tempi e dalla tecnologia, si risponde sottolineando come l'attualità del nostro Paese, con le sue anomalie in termini di rapporti tra informazione, sistema mediatico e politica, comporti per l'Italia, più che per altri Paesi d'Europa, un maggiore bisogno della rete internet.
      Chiaro è, dunque, il monito che viene dall'inventore del web, il fisico americano Tim Berners-Lee; grazie alla sua invenzione vent'anni fa al CERN di Ginevra noi tutti abbiamo potuto accedere a internet, trasformando la rete nel mezzo di comunicazione più diffuso e potente al mondo, al punto che ormai si giudica la qualità della democrazia di un Paese anche in base all'accesso alla rete che esso garantisce a tutti i suoi cittadini. Lo stesso Berners-Lee sostiene che internet «deve essere un diritto. Così come l'indipendenza della stampa è sacra, così deve essere quella di internet», ribadendo che «uno dei motivi per cui ho creato il web è la collaborazione e la condivisione, per una società aperta con meno barriere».
      Questa proposta di legge costituzionale rappresenta dunque una nuova opportunità per sviluppare i diritti costituzionalmente riconosciuti (articoli 2, 3, 4, 15, 21 e 42 della Costituzione) affinché tutti i cittadini possano agire in condizione di uguaglianza, per promuovere i propri diritti (e con i conseguenti doveri) e per poterne rivendicare di nuovi al fine di godere di un'arena elettronica neutrale e fruibile e per sviluppare una cornice legale che offra chiare disposizioni in materia di riservatezza dei dati personali e di proprietà privata.
      L'articolo 21-bis, che con la presente proposta di legge costituzionale si prevede di inserire nel titolo I della parte I della Costituzione, riguardante i rapporti civili nell'ambito della disciplina dei diritti e dei doveri dei cittadini, enunzia, al primo comma, come principio fondamentale, la libertà dell'accesso e dell'impiego della rete internet.
      Tale libertà e il conseguente diritto individuale di accesso e di utilizzazione si configurano come libertà negative, presidiate da un obbligo (a carico principalmente dello Stato, ma anche di qualunque altra organizzazione o individuo qualora ne avesse la possibilità pratica) di astenersi da condizionamenti e limitazioni, tranne quelle autorizzate dalle norme che seguono o da princìpi generali dell'ordinamento.
      Il secondo comma pone la Repubblica come garante della libertà della rete internet e della neutralità delle infrastrutture tecnologiche necessarie per accedervi e destinate al suo funzionamento.
      Le due garanzie qui considerate hanno evidentemente oggetto e destinatari diversi.
      Nel primo caso, si tratta di tutti coloro che impiegano la rete per immettervi contenuti o per acquisirne informazioni. Ad essi la disposizione assicura la libertà di utilizzazione e di fruizione, senza condizionamenti di natura ideologica.
      Nel secondo caso, i soggetti considerati sono invece i soggetti pubblici o privati che hanno la disponibilità, l'esercizio o la gestione delle infrastrutture tecnologiche e di comunicazione necessarie per l'accesso alla rete e destinate al funzionamento di essa. Rispetto a questi ultimi è configurabile un obbligo di neutralità, volto ad assicurare il servizio universale e a precludere l'esercizio di qualsiasi forma di censura dei contenuti. Ciò implica che i gestori delle infrastrutture medesime non possono condizionare ideologicamente o in altro modo i contenuti immessi, salvi i limiti posti dalla legge per la difesa di altri valori e diritti costituzionalmente tutelati.
      L'obbligo di neutralità non è invece in alcun modo riferibile agli utilizzatori della rete, essendo incompatibile con la libertà di diffusione e di acquisizione di dati, notizie, opinioni e di tutti gli altri oggetti che la rete stessa è idonea ad accogliere e trasmettere. Infatti, la libertà di utilizzare la rete e di immettervi contenuti esclude che possa sussistere un obbligo di neutralità, restando ogni utente libero di scegliere i fini con i quali servirsene e di determinare i contenuti che intende introdurvi o ricercarvi.
      Il secondo periodo del secondo comma attribuisce altresì alla Repubblica il compito di promuovere l'esercizio del diritto di accesso alla rete internet, secondo modalità corrispondenti al progresso tecnico, e di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che possono limitarlo.
      Tale disposizione non può essere interpretata se non come norma meramente programmatica, non essendo pensabile che i pubblici poteri possano provvedere ciascuno dei mezzi economici, degli strumenti tecnici e della formazione pratica necessari all'impiego della rete. Ciò significherebbe infatti – in un'accezione propria e letterale – imporre allo Stato di assicurare non soltanto che siano sempre e comunque disponibili le infrastrutture tecnologiche necessarie, ma che ciascun cittadino (anzi, anche ogni straniero residente nel territorio nazionale, atteso che il diritto verrebbe ad essere garantito universalmente nell'ambito dell'ordinamento italiano) sia fornito dei mezzi, anche finanziari, per acquisire gli strumenti più aggiornati, per di più in un settore soggetto a rapida evoluzione e altrettanto rapida obsolescenza, ovvero che sia assicurata a tutti la gratuita disponibilità di tali strumenti tecnici.
      Rispetto a ciò, la formulazione programmatica non dà ovviamente luogo ad alcun diritto azionabile, ma costituisce un indirizzo generale dell'attività legislativa e amministrativa, che dovrà essere ispirata all'obiettivo indicato, nei modi ed entro i limiti realisticamente possibili in base alle condizioni di progresso tecnico e di compatibilità delle pubbliche finanze. In quest'ambito, il primo obiettivo dei pubblici poteri dovrà essere, evidentemente, quello di realizzare o di estendere le infrastrutture tecnologiche, la cui esistenza costituisce il presupposto per l'accesso alla rete internet e quindi per l'esercizio del diritto positivamente tutelato.
      Infine, il terzo comma attribuisce alla legge dello Stato il compito di stabilire provvedimenti – anche sanzionatori – per le violazioni commesse contro i diritti di libertà della rete internet (specialmente nei riguardi di soggetti privati che mirassero a condizionarla o ad interferire con essa: si pensi ai delitti contro la sicurezza e la riservatezza delle comunicazioni telematiche) e per le violazioni commesse mediante la rete contro beni giuridici costituzionalmente tutelati (basti richiamare i delitti di ingiuria e diffamazione, di apologia o di istigazione, ma anche la pornografia minorile, la frode informatica o la truffa commessa mediante l'uso di strumenti telematici).
      Non sfugge la necessaria connessione fra le due categorie di violazioni. Mentre, infatti, la prima mira a proteggere direttamente ed essenzialmente la libertà della rete, la seconda prefigura la necessaria ponderazione fra la garanzia di essa e la tutela di diritti, valori e interessi di comparabile dignità e rilevanza sul piano delle guarentigie costituzionali.
      Per i motivi esposti si auspica un celere esame della presente proposta di legge costituzionale.
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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
Art. 1.

      1. Dopo l'articolo 21 della Costituzione è inserito il seguente:
      «Art. 21-bis. – L'accesso e l'impiego della rete internet sono liberi.
      La Repubblica garantisce la libertà della rete internet e la neutralità delle infrastrutture tecnologiche necessarie per accedervi e destinate al suo funzionamento. Essa promuove l'esercizio del diritto di accesso alla rete internet, secondo modalità corrispondenti al progresso tecnico, e la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che possono limitarlo.
      La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni della libertà della rete internet nonché gli atti illeciti commessi mediante l'esercizio o l'utilizzo della medesima rete».

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