Frontespizio Relazione Relazione Tecnica Analisi tecnico-normativa Analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR) Progetto di Legge Allegato 1
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2093


DISEGNO DI LEGGE
presentato dal ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
(ORLANDO)
di concerto con il ministro dello sviluppo economico
(ZANONATO)
con il ministro delle infrastrutture e dei trasporti
(LUPI)
con il ministro dell'economia e delle finanze
(SACCOMANNI)
con il ministro per gli affari regionali e le autonomie
(DELRIO)
con il ministro della salute
(LORENZIN)
e con il ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione
(D'ALIA)
Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (collegato alla legge di stabilità 2014)
Presentato il 12 febbraio 2014


      

torna su
Onorevoli Deputati! Il presente disegno di legge collegato alla legge di stabilità 2014 contiene disposizioni in materia ambientale.
      Il titolo I introduce disposizioni volte alla protezione della natura e della fauna e per la strategia dello sviluppo sostenibile.
      L'articolo 1 intende apportare semplificazioni nelle procedure per l'organizzazione e la gestione degli Enti parco di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, perseguendo obiettivi più volte emersi nel corso del dibattito parlamentare bipartisan intercorso sulla questione nell'ultima legislatura. Con le semplificazioni proposte si può inoltre conseguire il risultato di rendere più snella ed efficiente l'azione istituzionale degli Enti in questione, consentendo peraltro una più agevole gestione delle risorse finanziarie ad essi attribuite, con ricadute positive sulle economie locali.
      Con riferimento alla procedura di nomina dei direttori di parco nazionale (comma 1, lettera a), numero 3)):

          si rimette la nomina al Consiglio direttivo del parco e non più al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con ciò interrompendo un dualismo che oggi vede nominati dal Ministro sia il Presidente sia il direttore del parco;

          si stabilisce per legge che l'individuazione deve avvenire previa selezione nell'ambito di una terna di nominativi individuati in relazione a particolari competenze ed esperienze professionali, rinviando a un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la fissazione dei criteri selettivi e delle modalità di svolgimento della procedura concorsuale, con il coinvolgimento del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione;

          si acquisisce una notevole speditezza nella procedura di nomina del direttore, oggi farraginosa;

          si chiarisce una volta per tutte l'automatismo dell'aspettativa per i direttori scelti tra dipendenti pubblici.

      Con riferimento alla procedura di controllo ministeriale sulle delibere degli Enti parco (comma 1, lettera b)), si addiviene a quanto già condiviso da tutti i parlamentari nell'ultima legislatura, ponendo fine all'anacronistico controllo ministeriale di legittimità su tutte le delibere degli Enti parco, situazione questa che procura un notevolissimo pregiudizio all'azione dei parchi nazionali, i cui tempi di azione vengono a essere dilatati oltre misura. Con la modifica proposta, si limita invece l'esercizio della vigilanza ministeriale agli atti fondamentali dei parchi (statuti, regolamenti, bilanci e piante organiche): in questo modo il parco potrebbe recuperare la propria necessaria speditezza operativa, con conseguente semplificazione dei tempi e più celere soddisfazione delle richieste provenienti dai soggetti pubblici e privati, in particolare dalle imprese, interessati alle iniziative, alle valutazioni, alle attività del parco.
      Con riferimento ai componenti del Consiglio direttivo dell'Ente parco (comma 1, lettera a), numero 2), si interviene sulla disciplina recata dall'articolo 9, comma 4, della legge n. 394 del 1991, come recentemente modificata dal comma 1 dell'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 73, ai sensi della quale tutti i componenti del Consiglio direttivo, sia quelli designati dalle Comunità del parco sia quelli designati dagli altri soggetti previsti, per essere nominati devono essere esperti di biodiversità e aree protette, norma che rischia di precludere la presenza nei Consigli direttivi dei parchi nazionali dei rappresentanti delle comunità locali, escludendoli dalla governance dei parchi stessi. Con la modifica che si propone si ripristina la precedente previsione della legge n. 394 del 1991, in forza della quale solo i rappresentanti designati dai soggetti diversi dalle Comunità del parco devono essere esperti di problematiche naturalistiche.
      Con riferimento alla procedura di nomina del Presidente degli Enti parco (comma 1, lettera a), numero 1), si prevede di sostituire l'intesa dei presidenti delle regioni o delle province autonome con l'acquisizione di un loro parere sulla nomina. Ciò potrebbe riequilibrare l'assetto dei parchi e assicurare una maggiore snellezza operativa della loro azione, in quanto le continue e perduranti criticità che emergono nelle nomine dei Presidenti, legate al mancato raggiungimento delle intese, comporta un frequente ricorso a commissariamenti (trimestrali, confermati di trimestre in trimestre) assolutamente

negativi per le esigenze di certezza della vita di un parco.
      Si tenga inoltre conto che, con il citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 73 del 2013, è stata introdotta una norma relativa ai nuovi Consigli direttivi, che già opera un forte riequilibrio in favore delle comunità territoriali (i Consigli, che prima erano composti da dodici componenti, di cui cinque di nomina locale e sette di nomina diversa, sono ora composti da otto componenti, di cui quattro di nomina locale e quattro di nomina diversa). Per di più, con la modifica di cui alla lettera a), numero 2), relativa alla nomina dei Direttori dei parchi nazionali, si viene ad attribuire tale nomina al Consiglio direttivo, superando la norma vigente che la attribuisce al Ministro. Ne scaturisce l'esigenza di un sostanziale riequilibrio, che, nell'attribuire la nomina del Direttore del parco al Consiglio direttivo (ora, si ripete, composto da quattro rappresentanti di livello nazionale e quattro di livello locale), attribuisca conseguentemente la nomina del Presidente dei parchi nazionali al Governo centrale, sentite le regioni interessate, anche al fine di sottolineare la vocazione nazionale dei parchi, appunto, nazionali.
      L'articolo 2 modifica l'articolo 34 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. La norma consente di rinnovare l'iniziativa del Governo in materia di strategia per lo sviluppo sostenibile, facendo ripartire il ciclo di pianificazione attivato in base alle previsioni del predetto articolo 34 e della delibera CIPE n. 57/2002 del 2 agosto 2002, relativa alla strategia d'azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia.
      L'articolo 3 introduce disposizioni relative al funzionamento della Commissione CITES. La norma si rende necessaria per ottemperare ai compiti istituzionali in materia di protezione delle specie animali e vegetali tutelate dalla Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione. La norma mira infatti a consentire la possibilità di affrontare le spese necessarie per effettuare le ispezioni da parte dei componenti della Commissione CITES, tra i cui compiti fondamentali ci sono proprio le ispezioni alle strutture di ospitalità, custodia e ricovero delle specie animali e vegetali tutelate dalla Convenzione, al fine di verificarne le condizioni di adeguatezza per garantire il benessere delle specie anzidette. Le mancate ispezioni da parte della Commissione CITES (che, non a caso, è stata esclusa dalle soppressioni di organi collegiali disposte con la normativa su cui si interviene, in ragione dei riflessi internazionali ed europei delle funzioni svolte) espongono il nostro Paese anche a rischi di pesanti iniziative in sede europea.
      Il titolo II contiene disposizioni relative alle procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA).
      L'articolo 4 introduce disposizioni con cui si intende semplificare e accelerare l’iter di alcuni procedimenti autorizzatori in materia di scarico in mare delle acque derivanti da attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare (articolo 104 del decreto legislativo n. 152 del 2006) e di movimentazione dei fondali marini per la posa di cavi e condotte (articolo 109 del medesimo decreto legislativo), dando concreta attuazione a quanto già previsto dall'articolo 26, comma 4, dello stesso decreto legislativo, ove si prevede appunto che il provvedimento di VIA sostituisce e coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale.
      Le disposizioni in questione hanno quindi lo scopo di evitare che per una stessa attività da autorizzare, per la quale sia prevista l'acquisizione della VIA, il richiedente debba continuare a instaurare due diversi procedimenti.
      Le autorizzazioni ambientali allo scarico a mare sono rilasciate dall'autorità competente per la valutazione ambientale, con la previsione dell'intesa del Ministero dello sviluppo economico, al fine di garantire il coordinamento tra tali autorizzazioni e la reiniezione delle acque di strato in unità geologiche profonde, come previsto dal comma 5 dell'articolo 104.
      Con riferimento, in particolare, al procedimento concernente la movimentazione dei fondali marini si elimina la specifica autorizzazione ministeriale alla posa di cavi e condotte facenti parte di reti energetiche di interesse nazionale, in quanto la valutazione degli impatti più rilevanti viene assorbita nella VIA nazionale, mentre nei casi residuali verrebbe mantenuta la competenza in capo alla regione, che in tal modo diventa lo «sportello unico» per i temi afferenti ai dragaggi e alla posa in opera di cavi e condotte, con una forte semplificazione operativa per le imprese. Peraltro, a normativa vigente, l'autorizzazione ministeriale sarebbe connessa con l'interferenza con eventuali siti di importanza comunitaria o zone di protezione speciale costieri e marini, per i quali in linea ordinaria è prevista la valutazione di incidenza regionale.
      L'esigenza dell'intervento previsto dall'articolo 5 deriva dalla recente modifica che il decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128, ha introdotto nella disciplina dei rapporti reciproci tra VIA e autorizzazione integrata ambientale (AIA), come regolati dal testo originario del decreto legislativo n. 152 del 2006. Nella prima formulazione (presente anche nel decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, che ha istituito l'AIA) la VIA costituiva un presupposto di legittimità per la favorevole conclusione del procedimento di AIA, nei casi nei quali la legge richiedeva l'attivazione di ambedue i procedimenti. La loro autonomia procedimentale era fondata sulla cura di interessi pubblici connotati da diversa posizione funzionale nell'ordinamento settoriale (valutazione preliminare alla localizzazione, per la VIA, giudizio di conformità alle migliori tecniche disponibili attinenti alla gestione dell'impianto, per l'AIA).
      Il decreto legislativo n. 128 del 2010 ha disposto che la VIA tenga luogo dell'AIA nei procedimenti nei quali sono necessari ambedue i provvedimenti ai fini della costruzione e dell'esercizio dell'impianto. E dunque gli stessi vengono rilasciati (o negati) all'esito di un procedimento unitario, destinato ad affrontare congiuntamente sia i profili localizzativi e di impatto ambientale di un nuovo progetto, sia quelli attinenti alla gestione dell'impianto da realizzare. In questa prospettiva funzionale di concentrazione del procedimento amministrativo di consenso, non sembra conservare sufficiente giustificazione la presenza di due commissioni istruttorie distinte, l'una per la VIA e l'altra per l'AIA. Al contempo, la necessità di provvedere ad adottare misure di semplificazione degli adempimenti posti a carico delle imprese e di accelerazione dei tempi necessari per il perfezionamento dei procedimenti burocratici comporta la scelta di unificare le due commissioni e di ridurne conseguentemente il numero dei componenti. Con il medesimo intervento si provvede, inoltre, a potenziare gli strumenti consultivi disponibili, a legislazione vigente, nell'ambito delle valutazioni ambientali, adeguando l'azione della Commissione allo svolgimento del dibattito pubblico preventivo.
      L'articolazione della Commissione in sottocommissioni garantisce inoltre il mantenimento delle specificità delle diverse procedure, pure in una visione integrata. In particolare, per quanto riguarda la «VIA Speciale» si confermano le fasi della valutazione preliminare, della verifica di ottemperanza – valutazione definitiva e della verifica di attuazione, per la valutazione ambientale strategica (VAS) la valutazione ex ante e in itinere e per l'AIA l'autorizzazione e la verifica. A ciascuna sottocommissione è preposto un coordinatore.
      Il potere di nomina della Commissione e la scelta dei componenti secondo i princìpi dell'ottimale corrispondenza tra esperienza e capacità professionale e attività da svolgere e dell'equilibrio di genere sono confermati in capo al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il direttore generale per le valutazioni ambientali partecipa alla programmazione dei lavori e alla verifica del corretto funzionamento della Commissione, nell'ambito di un apposito comitato costituito insieme ai quattro coordinatori, ferma restando l'autonomia degli esperti nelle attività valutative.
      È anche confermata la potestà del Ministro di definire con proprio decreto le modalità di funzionamento della Commissione.
      Allo scopo di evitare discontinuità nell'esercizio delle funzioni istruttorie attualmente affidate alle due commissioni, le stesse continuano a svolgere i loro compiti istituzionali fino al momento della nomina dei nuovi componenti e del loro insediamento.
      L'articolo 6 introduce modifiche alla disciplina in materia di VAS. La modifica è finalizzata a chiarire che la verifica di assoggettabilità alla VAS non si riferisce alla parte del piano di gestione per il distretto idrografico di riferimento relativa al sistema di allertamento statale e regionale per il rischio idraulico ai fini di protezione civile, di cui alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 24 febbraio 2004, con particolare riferimento al governo delle piene, di cui all'articolo 7, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49, atteso che i contenuti del piano, predisposto dalle regioni in coordinamento tra loro e con il Dipartimento della protezione civile, riguardano aspetti di pianificazione di interventi di protezione civile e di emergenza per i quali, ai sensi del comma 4 dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 152 del 2006, è prevista l'esclusione dalla VAS.
      Il titolo III introduce disposizioni in materia di emissioni e gas ad effetto serra.
      L'articolo 7 provvede a correggere alcuni errori materiali del testo del decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30. Con riferimento all'articolo 5, l'impostazione seguita dal legislatore (europeo e nazionale) per determinare l'applicabilità (e la conformità) degli operatori aerei al sistema di scambio di quote delle emissione di gas a effetto serra, il cosiddetto Emission Trade System (ETS), si basa sullo schema già adottato in ambito europeo per la tassazione relativa ai servizi di assistenza al volo di rotta e in area terminale derivante dall'utilizzo delle relative infrastrutture.
      Infatti l'articolo 18-ter della direttiva 2003/87/CE (cosiddetta direttiva ETS) fa esplicito riferimento al fatto che la Commissione può chiedere l'assistenza di Eurocontrol ai fini dell'adempimento degli obblighi previsti dalla direttiva stessa.
      Nelle norme vigenti con cui l'Italia ha aderito a Eurocontrol sono riportati, per i voli nazionali e per quelli internazionali, i criteri di determinazione delle tasse di rotta sullo spazio aereo italiano e delle tasse di aree terminali, nonché le relative circostanze di esenzione, recepiti successivamente negli accordi multilaterali costitutivi di Eurocontrol. Nello specifico, l'articolo 4 della legge 2 dicembre 1995, n. 575 (richiamato al comma 6 dell'articolo 5 del decreto-legge 4 marzo 1989, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 maggio 1989, n. 160, come poi modificato nel 2005), dispone che con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con i Ministri della difesa e del tesoro, sia determinata l'applicazione delle esenzioni previste per lo Stato italiano, da comunicare a Eurocontrol. L'impostazione adottata nel definire il campo di applicazione della direttiva ETS, che si basa sui princìpi della navigazione aerea, penalizza però alcuni tipi di aeromobili di Stato e gli aeromobili equiparati ad aeromobili di Stato, i quali sono trattati alla stregua di operatori aerei privati o commerciali. Con l'articolo 7 in esame, quindi, si escludono dal campo di applicazione degli obblighi relativi all'ETS i velivoli di Stato e quelli ad essi equiparati per la sicurezza nazionale, come d'altra parte avviene in tutti i Paesi dell'Unione europea.
      L'articolo 8 introduce importanti modifiche alla disciplina in materia di impianti termici. Le disposizioni proposte tendono a superare alcune incertezze interpretative sorte a seguito dell'entrata in vigore della disciplina introdotta con l'articolo 34, comma 52, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e con l'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, e riguardanti la persistenza dell'obbligo di trasmettere la dichiarazione di installazione degli impianti termici civili all'autorità competente per i controlli, le caratteristiche degli impianti anzidetti, e il termine per l'integrazione del libretto di centrale da parte del responsabile della manutenzione dell'impianto.
      Il titolo IV introduce disposizioni relative al cosiddetto «green public procurement» (appalti verdi).
      L'articolo 9, comma 1, mira a introdurre un incentivo per gli operatori economici che partecipano ad appalti pubblici e sono muniti di registrazione EMAS (che certifica la qualità ambientale dell'organizzazione aziendale) o di marchio Ecolabel (che certifica la qualità ecologica di «prodotti», comprensivi di beni e servizi).
      Il beneficio consiste in una riduzione del 20 per cento della «cauzione» a corredo dell'offerta prevista dall'articolo 75, comma 7, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (cosiddetto «codice degli appalti»).
      In virtù del rinvio operato dall'articolo 113 del codice degli appalti all'articolo 75, comma 7, del medesimo codice, il beneficio si estende alla garanzia di esecuzione, prestata dall'aggiudicatario.
      La disposizione del comma 2 dell'articolo 9 in esame mira a introdurre tra i criteri ambientali di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, per i contratti aventi ad oggetto beni o servizi, anche il criterio che le prestazioni oggetto del contratto siano dotate di marchio Ecolabel.
      Le disposizioni dei commi 3 e 4 introducono tra i criteri di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa il criterio del costo del ciclo di vita dell'opera, prodotto o servizio, criterio previsto dall'articolo 67 della proposta di nuova direttiva dell'Unione europea sugli appalti pubblici (COM(2011) 896 definitivo), in via di adozione definitiva.
      L'articolo 10 prevede l'applicazione di criteri ambientali minimi negli appalti pubblici per le forniture e negli affidamenti di servizi. Tra le questioni ambientali più rilevanti che l'Italia (e l'intero pianeta) deve affrontare vi sono quelle legate al consumo di energia da fonti non rinnovabili (con la conseguente emissione di anidride carbonica) e quelle legate alla produzione di rifiuti (quest'ultima di particolare rilevanza per molte zone del nostro Paese).
      Per entrambe le problematiche ambientali anzidette, rendere obbligatorio il riferimento ai criteri ambientali per gli acquisti pubblici (il cosiddetto green public procurement) può contribuire in maniera rilevante alla loro soluzione, con ricadute positive anche sotto il profilo economico. A tale riguardo occorre rilevare che anche la già citata nuova direttiva europea in tema di appalti pubblici sottolinea, all'articolo 67, come il tema del costo dei prodotti e dei servizi debba essere riferito non tanto al prezzo di acquisto ma, al costo che il bene ha durante il suo ciclo di vita (il cosiddetto Life Cycle Costing).
      A questo fine si propongono le disposizioni dell'articolo 10 in esame, che riguardano gli acquisti della pubblica amministrazione relativi ai prodotti che hanno maggiore relazione con il consumo di energia e con la produzione di rifiuti.
      Si è deciso di inserire anche gli acquisti relativi al settore «cibo», considerato a livello europeo il principale settore di impatto ambientale con il 31 per cento degli impatti totali dei consumi (prima del settore abitazioni, 23 per cento, e del settore trasporti, 18,5 per cento). Gli impatti ambientali del settore «cibo» riguardano sia il consumo di energia (produzione fertilizzanti, fitofarmaci eccetera), sia l'emissione di numerose sostanze inquinanti, sia, infine, la produzione di rifiuti.
      A quest'ultimo proposito deve essere sottolineato un elemento di estrema gravità e contraddizione: numerose ricerche indicano che oltre il 30 per cento del cibo prodotto viene sprecato e contribuisce ad aumentare la quantità di rifiuti prodotta. Ciò avviene sia lungo la catena di distribuzione del cibo, sia per servizi (mense e altro) che eccedono la reale esigenza di consumo. Questo fatto, oltre a essere un problema dal punto di vista della produzione di rifiuti, rappresenta anche un problema di ordine etico.
      Diventa quindi indispensabile rafforzare le iniziative che permettono di ridurre tale increscioso problema.
      Si tratta sostanzialmente di operare a più livelli, introducendo – accanto allo strumento degli accordi volontari con i grandi attori della distribuzione per razionalizzare la catena di distribuzione e la gestione dei cibi prossimi alla scadenza, che possono essere devoluti a associazioni che li distribuiscano a chi ne ha bisogno – anche strumenti obbligatori che premiano gli operatori che, nella gestione della ristorazione collettiva o della fornitura delle derrate alimentari, si attivano nella direzione illustrata.
      A questo proposito appare opportuno rendere obbligatorio, per gli appalti delle pubbliche amministrazioni, il riferimento alle indicazioni contenute nel decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 21 settembre 2011, che ha adottato i criteri ambientali minimi per il servizio di ristorazione collettiva e la fornitura di derrate alimentari (allegato 1), nell'ambito dei quali, ai punti 5.4.3 e 5.5.1, sono previsti criteri premianti, facendo riferimento alla gestione e alla destinazione del cibo non somministrato per contenere gli sprechi alimentari.
      Il titolo V introduce disposizioni incentivanti per i prodotti derivanti da materiali «post consumo».
      L'articolo 11 ha lo scopo di introdurre nella nostra legislazione un insieme di princìpi e di incentivi ai consumatori, alle aziende e agli enti locali per sostenere l'acquisto di prodotti realizzati con materiali derivati dalle raccolte differenziate post consumo, in modo da promuovere il recupero, il riciclo e il riutilizzo, oltre al recupero energetico, per il quale esistono già numerose forme di incentivo (certificati verdi e bianchi, ecobonus per le ristrutturazioni). Introdurre incentivi sul recupero di materiali (oggi inesistenti) al fianco di incentivi energetici (oggi esistenti) rappresenta una forma di adeguamento del nostro ordinamento alla gerarchia europea delle forme di gestione dei rifiuti, che prevede che prima del recupero energetico debba essere promosso, e quindi incentivato, il recupero di materiali e il riuso. Si ritiene quindi che questa anomalia debba essere rapidamente superata, per evitare possibili contestazioni da parte dell'Unione europea. Inoltre la normativa italiana prevede un obiettivo di raccolta differenziata (65 per cento), mentre la normativa europea introduce un obiettivo di riciclaggio dei principali materiali presenti nei rifiuti urbani (50 per cento di carta vetro plastiche e metalli). Si tratta di obiettivi prescrittivi e sanzionati economicamente (addizionale al tributo in discarica) nel caso di mancato raggiungimento. È quindi necessario che si introducano, almeno transitoriamente, delle forme di incentivo nazionale.
      Uno dei vantaggi di tali politiche di incentivazione è quello non solo di prevenire lo spreco di materiali, ma anche di ridurre il consumo di materie prime, con la conseguenza immediata di determinare un uso razionale di risorse scarse, un minor utilizzo di energia e la progressiva diminuzione di emissioni di gas serra.
      L'incentivazione dell'acquisto di prodotti realizzati con materia derivata dalle raccolte differenziate post consumo apre un nuovo mercato, in cui piccole e medie imprese possono recuperare i materiali riciclabili per rivenderli come materia prima o semilavorati alle imprese produttrici di beni. Un mercato che si può tradurre pertanto anche in nuova occupazione e in innovazione tecnologica nel campo della Green Economy, settore che non è costituito solo da attività in campo energetico, ma anche e soprattutto da attività nel campo dell'uso razionale delle materie e dei materiali.
      Per questo è importante incentivare la ricerca e lo sviluppo di nuovi sistemi sempre più efficaci per il riciclo di materiali che, attraverso un processo industriale di valorizzazione, possono essere reimpiegati in prodotti o manufatti in sostituzione di altri o degli stessi.
      Il legno degli arredamenti per esterni, ad esempio, può benissimo essere sostituito con profili realizzati in plastiche eterogenee ricavate da imballaggi post consumo, con un aumento del ciclo di vita del manufatto e nessuna necessità di manutenzione. Lo stesso dicasi per i manufatti utilizzati per particolari strutture di prefabbricati o case mobili (persiane, pavimenti, terrazze eccetera). L'uso di compost consente di aumentare la fertilità dei suoli senza ricorrere a nuove immissioni di sostanze chimiche. La ricerca effettuata sulla riciclabilità delle plastiche eterogenee post consumo ha raggiunto nel nostro Paese livelli di avanguardia in Europa, grazie ai quali è possibile, oggi, sostituire (in tutto o in parte) anche la materia vergine, come già sta accadendo per lo stampaggio di manufatti per ciclomotori o automotive in generale.
      Il titolo VI detta disposizioni relative alla gestione dei rifiuti.
      L'articolo 12 apporta modifiche all'articolo 216 del decreto legislativo n. 152 del 2006, con lo scopo di inquadrare nell'ambito dell'ordinamento nazionale le procedure autorizzative concernenti le attività di recupero disciplinate dai regolamenti europei che stabiliscono quando specifiche tipologie di rifiuti cessano di essere tali.
      Inoltre, le disposizioni in esame consentono di individuare in modo certo e chiaro l’iter procedimentale affinché gli impianti esistenti, e dunque autorizzati al trattamento finalizzato alla produzione di materia prima secondaria dai rifiuti di cui ai decreti ministeriali di seguito citati, possano conformarsi ai requisiti disciplinati dai regolamenti europei.
      Al riguardo, le regioni hanno rappresentato le criticità riscontrate nell'attuazione dei richiamati regolamenti, in particolare con riferimento alla procedura autorizzativa da applicare nel caso specifico anche per quanto concerne l'impiantistica che svolge la propria attività secondo le modalità e nel rispetto delle condizioni e prescrizioni dettate dalle norme tecniche stabilite dai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269, e dall'articolo 9-bis del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210.
      Gli interventi proposti definiscono il regime autorizzativo individuato nelle procedure semplificate di cui al capo V del titolo I della parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006, nonché i tempi di adeguamento, previsti in sei mesi, alle disposizioni europee.
      È stata prevista una norma transitoria che prevede che, fino alla scadenza di tale termine, è consentito l'esercizio dell'attività in essere nel rispetto delle disposizioni di cui ai citati decreti ministeriali.
Inoltre, le modifiche apportate confermano le quantità massime stabilite dei medesimi decreti ministeriali al fine di consentire l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 216, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 per quanto concerne la comunicazione di inizio attività decorsi novanta giorni dalla comunicazione alla provincia territorialmente competente.
      L'articolo 13 detta disposizioni concernenti l'attività di vigilanza sulla gestione dei rifiuti. Per effetto del combinato disposto dell'articolo 29 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006 n. 248, in materia di contenimento della spesa per commissioni, comitati e altri organismi, e dell'articolo 68 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, relativo alla riduzione degli organismi collegiali e di duplicazione di strutture, l'Osservatorio nazionale sui rifiuti non è più operativo dal 25 luglio 2010, non essendo stata avanzata entro tale data la richiesta di proroga ai sensi del comma 2 dell'articolo 68 citato.
      Tuttavia, la cessazione dell'operatività dell'Osservatorio non ha comportato la soppressione delle funzioni allo stesso attribuite, nell'esercizio delle quali è subentrata la competente direzione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che peraltro ne sostiene i costi.
      Ciò nonostante alcune disposizioni dei titoli II e III della parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006 contengono riferimenti espressi all'Osservatorio nazionale sui rifiuti, per effetto dei quali l'Osservatorio continua a essere individuato quale soggetto titolare di specifiche funzioni e destinatario delle risorse necessarie a garantire lo svolgimento delle stesse.
      È necessario, quindi, modificare tali disposizioni e individuare nel Ministero il soggetto deputato allo svolgimento di tali funzioni e destinatario delle correlate risorse.
      Le modifiche riguardano principalmente l'articolo 206-bis del citato decreto legislativo, nella parte in cui istituisce l'Osservatorio, attribuisce allo stesso specifiche funzioni e disciplina il modo in cui far fronte agli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento dell'Osservatorio e della Segreteria tecnica.
      Si propone, inoltre, di sopprimere dal testo tutti i riferimenti all'Osservatorio, nonché quelli all'Autorità di cui all'articolo 207, non eliminati integralmente in precedenza dal decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, a causa di un difetto di coordinamento normativo, e di introdurre in loro sostituzione l'indicazione del «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».
      Con l'attribuzione delle funzioni precedentemente svolte dall'Osservatorio al Ministero si garantisce:

          a) la corretta e omogenea attuazione della normativa nazionale ed europea nel settore degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;

          b) il controllo sull'operatività dei consorzi e degli altri soggetti indicati, con particolare riferimento alla gestione delle risorse provenienti dal contributo ambientale e agli obiettivi da conseguire;

          c) il rispetto del funzionamento del mercato e della concorrenza, attraverso il riconoscimento dei sistemi autonomi per la gestione degli imballaggi di cui all'articolo 221 del decreto legislativo n. 152 del 2006.

      L'articolo 14 differisce i termini per il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata stabiliti dall'articolo 205 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Tale previsione è coerente con le disposizioni europee che non individuano obiettivi di raccolta differenziata ma fissano, invece, specifici obiettivi di recupero.
      In tal senso, la previsione di raggiungere di un tasso di raccolta differenziata pari al 65 per cento alla fine dell'anno 2020 garantisce il raggiungimento degli obiettivi di recupero stabiliti dal legislatore comunitario.
      Lo slittamento dei termini si rende necessario per adeguare il dato normativo al dato reale e per evitare che i comuni incorrano nelle sanzioni correlate al mancato raggiungimento di tali obiettivi negli attuali termini di legge.
      La modifica si rende necessaria anche alla luce dei recenti dati sulla raccolta differenziata, dai quali si evince che gli obiettivi previsti dalla normativa vigente non sono stati conseguiti in modo omogeneo sul territorio nazionale. Attualmente la percentuale media nazionale di raccolta differenziata si attesta sul valore del 39,9 per cento (dato preliminare Fonte ISPRA: Rapporto Rifiuti urbani, edizione 2013).
      Le difficoltà nel perseguimento di tali obiettivi sono, in parte, imputabili ad alcune modifiche normative che nel corso degli ultimi anni hanno cambiato il regime delle competenze nella gestione dei rifiuti.
      Allo stato attuale non è più l'ambito territoriale ottimale il soggetto responsabile di tali attività, bensì il comune.
      Dal punto di vista ambientale il differimento dei termini consente una migliore programmazione degli interventi, finalizzata a realizzare gli obiettivi di raccolta e di riciclaggio con evidenti risvolti sia occupazionali e sia sull'economia.
      Pertanto, le modifiche introdotte all'articolo 205 sono mirate: a) ad individuare nel comune il soggetto responsabile del

raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata; b) a posticipare le date previste per realizzazione degli obiettivi di raccolta differenziata; c) ad abrogare i commi 1-bis e 1-ter, in quanto prevedono meccanismi per poter derogare al raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata nei termini fissati dall'articolo 205 nel testo vigente; d) a modulare l'entità del tributo di cui all'articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (cosiddetti ecotassa), per poter premiare i comuni che realizzano gli obiettivi, anche con anticipo rispetto ai tempi di legge, e per penalizzare i comuni che non realizzano gli obiettivi nei termini di legge. L'articolo introduce una «addizionale» al tributo speciale per il conferimento in discarica, il cui gettito sarà integralmente utilizzato dalle regioni per sostenere finanziariamente gli incentivi di cui all'articolo 12 del presente disegno di legge, tesi a incentivare il mercato del riciclo e dei prodotti riciclati.
      Quanto all'addizionale del comma 3-bis, essa, così come il tributo, è sempre stata una componente di costo della tariffa (TARES); ora, lo sarà della TARI, e quindi sarà inclusa nel calcolo della nuova tassa e pagata dagli utenti (domestici e no).
      Non si pone quindi un problema di incompatibilità con la TARI, in quanto per sua natura l'addizionale partecipa della stessa natura del tributo, divenendone una sua componente, che – sino a quando non sarà possibile evitarla – rientra ad ogni modo fra i costi di cui la tassa assicura la copertura al 100 per cento. La norma, lungi dal modificare la disciplina vigente, si limita semplicemente a valorizzare l'addizionale già esistente, in una logica di tassa ambientale finalizzata alla riduzione dell'uso della discarica e all'aumento della raccolta differenziata.
      La norma tende peraltro a evitare un aggravio di costo per l'utente, attraverso la rimodulazione delle scadenze per il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata, che consentono di non incorrere nelle penali vigenti. La norma si coordina con quanto previsto della legge di stabilità 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147), in tema di «tariffa puntuale», atteso che all'implementazione di quest'ultima cesserà l'applicazione dello strumento dell'addizionale.
      L'articolo 15 introduce una modifica all'articolo 223 del decreto legislativo n. 152 del 2006. La modifica risulta necessaria al fine di circoscrivere il campo di applicazione della novità legislativa e quindi dare coerenza a quanto può avvenire nella pratica. Infatti è la gestione dei soli materiali plastici compostabili (e avviati a successivi processi di compostaggio) a differire notevolmente dalle operazioni di recupero e riciclaggio degli altri materiali plastici.
      La precisazione risulta oltremodo necessaria perché senza di essa verrebbero coinvolti altri produttori di materie prime e produttori di imballaggi non interessati a tale intervento.
      L'articolo 16 detta disposizioni per dare piena attuazione alle direttive 2002/95/CE, 2002/96/CE, 2003/108/CE, 2006/66/CE in materia di rifiuti delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) e rifiuti di pile e accumulatori. Le modifiche apportate hanno lo scopo di perfezionare e completare la disciplina relativa alla gestione di particolari categorie di rifiuti stabilita nel titolo III della parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006, annoverando i rifiuti di pile e accumulatori di cui alla direttiva 2006/66/CE.
      Inoltre, l'introduzione di un nuovo comma relativo alla riassegnazione degli importi che dovrebbero essere introitati a titolo di tariffe al bilancio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, senza comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, consentirebbe di addivenire all'adozione del decreto interministeriale recante tariffe per la copertura degli oneri derivanti dal sistema di gestione dei RAEE, in attuazione dell'articolo 19, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151.
      Tale decreto, infatti, non ha potuto finora essere adottato in assenza di apposita norma primaria che prevedesse la possibilità di riassegnare al Ministero le somme che, a seguito dell'emanazione dello specifico decreto, sono destinate a essere introitate dalla tesoreria dello Stato a titolo di tariffe.
      La stessa problematica si pone anche per il regolamento interministeriale concernente le tariffe per la copertura degli oneri derivanti dal sistema di gestione dei rifiuti di pile e accumulatori, previsto dall'articolo 27 del decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188.
      La mancata adozione di tali provvedimenti, chiamati a stabilire l'ammontare delle tariffe a carico dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche e di pile e accumulatori sta notevolmente pregiudicando la possibilità di garantire una corretta attuazione della normativa di cui ai decreti legislativi n. 151 del 2005 e n. 188 del 2008.
      Inoltre, in mancanza delle suddette risorse risulta altresì impossibile per il Comitato di vigilanza e controllo sulla gestione dei RAEE e sulla gestione delle pile e degli accumulatori, istituito ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 15 del decreto legislativo n. 151 del 2005 e dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 188 del 2008, di predisporre un adeguato programma di controlli ispettivi da parte degli organismi competenti (ISPRA e Guardia di finanza).
      La carenza dei controlli è lamentata anche dai produttori che si sono adeguati alle disposizioni normative vigenti, che ne segnalano l'incidenza sui comportamenti di evasione.
      Infine, si segnala che la Commissione europea, con lettera di costituzione in mora complementare alla procedura d'infrazione n. 2009/2264, ha rilevato carenze sulle attività di controllo.
      L'articolo 17 introduce modifiche all'articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Per semplificare e rendere più razionale il sistema delle ordinanze previsto da tale articolo sono necessari due interventi su di esso.
      Il primo è finalizzato a ridefinire il meccanismo degli obblighi di comunicazione e propone di:

          eliminare il generico obbligo dovere di comunicare le ordinanze «al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e della tutela del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle attività produttive, al Presidente della Regione e all'autorità d'ambito di cui all'articolo 201»;

          prevedere, in sostituzione, che le ordinanze adottate dal sindaco e dal presidente della provincia siano comunicate al presidente della regione e che le ordinanze adottate dal presidente della regione siano comunicate al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

      Questa modifica, oltre a eliminare inutili oneri di comunicazione (nell'anno 2011 sono pervenute solo al Ministero circa 1.100 ordinanze contingibili e urgenti), rende la norma più coerente con il vigente sistema di riparto delle competenze tra Stato e regioni. Difatti, considerato che le ordinanze spesso sono adottate per superare situazioni di criticità che derivano dall'inadeguatezza del piano di gestione dei rifiuti, la prevista comunicazione alla regione le consente di poter risolvere definitivamente tali criticità prevedendo un adeguamento del medesimo piano. Difatti spetta alla regione predisporre, adeguare e aggiornare il piano di gestione dei rifiuti.
      Il secondo intervento ha lo scopo di garantire il rispetto del principio di primazia del diritto dell'Unione europea, introducendo nell'articolato la previsione espressa che esso non può essere derogato.
      L'articolo 18 introduce modifiche alla disciplina per la gestione degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti. La disposizione proposta attua il principio della «responsabilità estesa» nell'ambito della loro gestione.
      Analogamente a quanto stabilito per la gestione degli imballaggi, la proposta in esame prevede specifici obblighi a carico degli operatori economici interessati, che devono alternativamente:

          a) aderire al Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti (CONOE);

          b) organizzare un sistema autonomo per la gestione degli oli e dei grassi vegetali

e animali esausti e richiederne il riconoscimento.

      In attuazione dei princìpi della responsabilità estesa del produttore e del «chi inquina paga», tali obblighi dovrebbero ricadere solo sul produttore e sull'utilizzatore degli oli e dei grassi vegetali e animali.
      Invece, la vigente formulazione dell'articolo 233 estende tali obblighi anche alle imprese che riciclano e recuperano oli e grassi vegetali e animali esausti e alle imprese che ne effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio.
      Tale previsione, immotivatamente, obbliga gli operatori del settore che non sono produttori, importatori e detentori a dover partecipare al CONOE o a organizzare un sistema autonomo per la gestione degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti, chiedendone il preventivo riconoscimento.
      La norma deve essere modificata in quanto crea effetti distorsivi sulla concorrenza e impedisce agli operatori del settore che non sono produttori di svolgere la propria attività in autonomia.
      Le attività di raccolta e di riciclaggio sono strumentali alla realizzazione degli obiettivi di corretta gestione degli oli e dei grassi animali e vegetali e, quando non sono poste in essere dal produttore, si devono poter svolgere secondo le regole del mercato e sulla base delle autorizzazioni di legge. Se così non fosse, questi soggetti, ancorché autorizzati alla gestione dei rifiuti in questione, sarebbero ulteriormente limitati per l'esercizio delle loro attività, dovendo operare necessariamente o tramite il CONOE o acquisendo un ulteriore provvedimento dell'amministrazione, che non trova ragion d'essere nella disciplina nazionale ed europea.
      La modifica proposta ha lo scopo di eliminare le incoerenze presenti nel testo vigente e di consentire ai raccoglitori, ai riciclatori e ai recuperatori che non operano sul mercato come produttori di poter esercitare le attività di gestione di tali rifiuti quando sono muniti delle autorizzazioni richieste dalla normativa vigente.
      L'articolo 19 introduce disposizioni per l'individuazione della rete nazionale integrata e adeguata degli impianti di incenerimento di rifiuti. La tematica della gestione dei rifiuti, e dei relativi criteri di priorità da osservare in tale gestione, costituisce da diversi anni, anche alla luce delle prescrizioni di derivazione europea, uno dei punti fondamentali delle politiche ambientali, al fine di perseguire l'obiettivo di evitare che i rifiuti possano diventare fonte di pericolo per la salute dell'uomo e di pregiudizio per le risorse naturali e per l'ambiente.
      In tale contesto, ricorrente e particolarmente attuale è la discussione apertasi, sia tra i policy makers sia nella pubblica opinione, circa le scelte da compiersi, nel rispetto dei criteri di priorità definiti dall'articolo 179 del decreto legislativo n. 152 del 2006, maggiormente idonee a delineare un ciclo integrato e conchiuso dei rifiuti, in modo tale che lo smaltimento in discarica venga a essere effettivamente l'opzione finale e residuale, destinata cioè ai soli rifiuti che non si è riusciti a gestire in altro modo o agli scarti derivanti da altre forme di trattamento degli stessi.
      In particolare, è oggetto di vivace discussione il ruolo da attribuire alle forme di gestione basate sull'incenerimento dei rifiuti urbani, in relazione alle quali si assiste ad atteggiamenti variegati e articolati, che oscillano da quello ampiamente favorevole allo sviluppo degli impianti che realizzano tali forme di gestione, sulla scorta dell'esempio di quanto avvenuto in molti Paesi dell'Unione europea e delle moderne tecnologie utilizzate nel settore, a quello che invece esprime una forte contrarietà a tale sviluppo, preoccupato delle possibili conseguenze negative per la salute e l'ambiente derivanti dall'esercizio di tali impianti.
      Poiché nel presente momento storico (caratterizzato dal non ancora ottimale decollo, a livello nazionale complessivo, della raccolta differenziata, e dalle sempre maggiori contestazioni provenienti dall'Unione europea al nostro sistema di gestione delle discariche di rifiuti) la discussione anzidetta rischia, con la radicalizzazione

delle posizioni contrapposte e con l'acuirsi delle tensioni sociali ad esse connesse, di bloccare molte iniziative volte alla realizzazione di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, appare opportuno, per quanto concerne gli impianti di incenerimento, operare un momento di riflessione generale. Ciò al fine di verificare, tenendo conto di tutti gli elementi rilevanti (fra cui i dati complessivi sulla produzione nazionale di rifiuti e le previsioni contenute nei piani regionali di gestione di cui all'articolo 199 del decreto legislativo n. 152 del 2006), quale sia l'attuale disponibilità di impianti di incenerimento dei rifiuti urbani esistente nel territorio nazionale e quali siano le effettive necessità che debbano essere soddisfatte ricorrendo a nuovi impianti.
      La disciplina in esame mira a realizzare tale verifica, in un arco di tempi definito, pari a quattro mesi, prevedendo il ricorso a un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute, sentita la Conferenza unificata, attraverso il quale, all'esito di un'adeguata istruttoria condotta sui dati anzidetti, individuare l'attuale disponibilità nel territorio nazionale di impianti di incenerimento di rifiuti urbani indifferenziati, nonché il fabbisogno nazionale residuo di tali impianti.
      In tal modo potrà essere determinata una rete nazionale integrata e adeguata di impianti di incenerimento di rifiuti urbani che possa concorrere alla definizione della rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti prevista dall'articolo 16 della direttiva 2008/98/CE.
      L'articolo 20 modifica l'articolo 228 del decreto legislativo n. 152 del 2006, stabilendo che il contributo ambientale per i pneumatici fuori uso costituisce parte integrante del corrispettivo di vendita, è assoggettato a IVA e deve essere riportato in modo chiaro e distinto in ciascuna fattura del suo ciclo produttivo nell'importo vigente alla data della cessione del prodotto. Questa disposizione consente di definire in maniera puntuale la natura e le modalità di applicazione del contributo, evitando che all'interno dei vari livelli del ciclo di vita del prodotto (dalla produzione allo smaltimento) maturino interpretazioni distorsive sulla corretta entità dell'importo e ottimizzando così il suo potenziale di riutilizzo.
      L'articolo 21 introduce una modifica al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, abrogando il divieto [previsto dall'articolo 6, comma 1, lettera p)] di conferire in discarica rifiuti con potere calorifico inferiore a 13.000 kj/kg a partire dal 31 dicembre 2010, ad eccezione dei rifiuti provenienti dalla frantumazione degli autoveicoli a fine vita e dei rottami ferrosi per i quali sono autorizzate discariche monodedicate, che possono continuare a operare nei limiti delle capacità autorizzate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225.
      L'abrogazione è coerente con il diritto europeo, in quanto si tratta di un divieto non previsto nella direttiva 99/31/CE sulle discariche.
      L'abrogazione si rende necessaria a seguito dell'evoluzione normativa, che impone di conferire in discarica solo il rifiuto trattato, il cui potere calorifico può essere tale da rendere il rifiuto trattato non conferibile in discarica, in permanenza del divieto.
      Il titolo VII introduce modifiche alla parte terza del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di difesa del suolo.
      L'articolo 22 reca norme in materia di Autorità di bacino. Il vigente articolo 63 del decreto legislativo n. 152 del 2006 prevede l'istituzione delle Autorità di bacino distrettuale in ciascuno degli otto distretti individuati nell'articolo 64 del medesimo decreto legislativo, e sostanzialmente rimanda la loro attivazione all'emanazione di un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto definire i criteri e le modalità per l'attribuzione o il trasferimento del personale e delle risorse patrimoniali e finanziarie dalle autorità istituite ai sensi della previgente normativa nazionale (la legge 18 maggio 1989, n. 183) ai nuovi soggetti distrettuali. Tale decreto non ha mai visto la luce, principalmente a causa della mancanza di una condivisione con le regioni sul modello di governance distrettuale delineato dal decreto legislativo 152 del 2006. Il risultato di tale situazione è che ad oggi, pur essendo state individuate le unità geografiche di riferimento per la pianificazione di bacino (i distretti), non sono state ancora formalmente costituite le relative autorità di «governo». In via transitoria, attraverso due provvedimenti normativi (decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, e decreto legislativo 10 dicembre 2010, n. 219) sono state prorogate le Autorità di bacino di rilievo nazionale istituite ai sensi della legge n. 183 del 1989, alle quali è stato assegnato il ruolo di coordinamento delle attività di pianificazione nel relativo territorio di competenza. Questo regime transitorio ha consentito (e sta consentendo) di dare attuazione al quadro normativo europeo in materia di acque (direttiva quadro acque e direttiva alluvioni).
      Le modifiche proposte rispondono pertanto all'impellente necessità di pervenire a una configurazione stabile e definitiva per le autorità di distretto e superare definitivamente la fase transitoria. In tal modo si risolvono anche i contrasti con l'ordinamento europeo e si dà positivo riscontro alle richieste degli organismi europei preposti alla verifica della corretta attuazione della direttiva quadro sull'acqua. Sulle modifiche che si propongono è stato attivato un confronto tecnico nel maggio scorso tra le competenti strutture del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le regioni e le Autorità di bacino di rilievo nazionale.
      I commi 1, 2 e 6 dettano modifiche puntuali in grado di perfezionare il passaggio dalle «vecchie» Autorità di bacino di rilievo nazionale ai nuovi soggetti distrettuali. In particolare viene sancito che le autorità di distretto sono le autorità che, ai sensi del citato decreto legislativo n. 219 del 2010, stanno già esercitando un ruolo di coordinamento in ciascuno dei distretti, andando a operare un'ulteriore semplificazione che riguarda l'integrazione dell'Autorità di bacino del fiume Serchio in quella relativa all'Arno e l'integrazione dell'Autorità di bacino del fiume Adige in quella dell'Alto Adriatico.
      Le modifiche riguardano altresì la razionalizzazione della composizione e del funzionamento degli organi distrettuali (conferenza istituzionale permanente, segretario generale, conferenza operativa).
      Il comma 3 opera la ridefinizione di alcuni confini distrettuali, nell'ottica di pervenire a un assetto più semplice e razionale anche dal punto di vista gestionale e amministrativo, salvaguardando il criterio di integrità e omogeneità idrografica e idrogeologica dei bacini compresi nei distretti. Tali modifiche riguardano i distretti delle Alpi orientali, del fiume Po, dell'Appennino settentrionale, del fiume Serchio (che viene eliminato e ricompreso nel distretto dell'Appennino settentrionale) e dell'Appennino centrale.
      I commi successivi riguardano infine modifiche necessarie a semplificare e a rendere maggiormente coerente ed efficace il quadro degli strumenti di pianificazione di livello distrettuale (piano di gestione) e regionale (piano di tutela delle acque).
      Il comma 8 prevede che, al fine di evitare soluzioni di continuità, la fase transitoria precedente all'emanazione dei decreti di costituzione degli enti di distretto, stante la delicatezza della procedura, sia presidiata da una figura commissariale.
      L'articolo 23, recante disposizioni per il finanziamento degli interventi di demolizione di immobili abusivi realizzati in aree a elevato rischio idrogeologico, introduce un meccanismo per rendere più agevole la rimozione e la demolizione di opere e immobili realizzati abusivamente nelle aree del Paese classificate a rischio idrologico elevato, e cioè le zone in cui le condizioni di fragilità del territorio rendono particolarmente urgente la necessità di realizzare interventi di messa in sicurezza delle risorse naturali da fenomeni di dissesto idrogeologico, la cui concreta attuazione spesso deve fare i conti con l'esistenza di manufatti di vario genere realizzati illecitamente, la cui mancata rimozione o demolizione impedisce o rende più difficoltosa financo la progettazione degli interventi in questione.
      Il fenomeno dell'abusivismo edilizio è sicuramente un dato significativo, come può desumersi da alcune stime, come quella effettuata, ad esempio, dal CRESME, che ha censito 258.000 immobili abusivi (tra nuove edificazioni e ampliamenti di rilevante entità), realizzati tra il 2003 e il 2011; a tale quadro fa da riscontro, per converso, un ulteriore dato, altrettanto significativo, rappresentato dal deficit di attuazione delle ordinanze di demolizione riscontrabile su tutto il territorio nazionale.
      Nella maggior parte dei casi, infatti, all'accertamento dell'abuso e all'adozione del relativo ordine di demolizione, non consegue l'esecuzione dello stesso; si è ad esempio stimato che, dal 2000 al 2011, in 72 comuni capoluogo di provincia, su 46.760 ordinanze emesse, solo 4.956 hanno avuto esecuzione.
      Ciò può essere attribuibile anche al tenore delle attuali norme che prevedono l'obbligo per le amministrazioni comunali di agire in sostituzione del soggetto inadempiente, per poi rivalersi economicamente su di esso per le spese sostenute. Ciò comporta, in ogni caso, l'esigenza di rilevanti disponibilità finanziarie immediate da parte degli enti locali, i quali spesso non hanno tali disponibilità.
      Per far fronte a una tale mancanza di disponibilità immediata di risorse, che influisce sull'esecuzione delle demolizioni degli immobili, l'articolo in esame prevede l'istituzione, nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di un apposito capitolo per il finanziamento della rimozione o demolizione di opere e immobili realizzati in aree a rischio idrogeologico elevato o molto elevato in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire.
      In tal modo si prevede di poter finanziare almeno gli interventi di demolizione, da attuare da parte dei comuni, nelle zone in cui le condizioni di estrema fragilità del territorio rendono più urgente la realizzazione di interventi di prevenzione da eventi di dissesto idrogeologico (frane, alluvioni, erosione costiera eccetera), e precisamente le zone in cui il rischio di tali eventi è stato classificato come elevato o molto elevato in base alla pianificazione effettuata dalle Autorità di bacino di rilievo nazionale.
      Introducendo l'articolo 72-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, si prevede appunto l'istituzione del capitolo anzidetto, con uno stanziamento iniziale, per l'anno 2014, pari a 10 milioni di euro (comma 2).
      Per alimentare negli anni successivi al 2014 il capitolo di bilancio, si stabilisce che ad esso affluiscano le somme che i comuni beneficiari del finanziamento dovranno recuperare dai destinatari di provvedimenti definitivi di demolizione non eseguiti, nei confronti dei quali i comuni dovranno agire per la ripetizione delle spese sostenute per la demolizione, comprensive di rivalutazioni e interessi. Le somme così ottenute saranno versate in apposito capitolo del bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnate al summenzionato capitolo di spesa (comma 3).
      Fatto salvo quanto disposto dalla legge quadro sulle aree protette per gli specifici interventi di ripristino in essa disciplinati, si prevede che verrà data priorità al finanziamento degli interventi in aree classificate a rischio molto elevato, classificate cioè come R4 in base alla pianificazione effettuata dalle Autorità di bacino di rilievo nazionale in precedenza richiamate, sulla base di un elenco elaborato su base trimestrale dal Ministero (comma 4).
      Per accedere ai contributi, i comuni dovranno presentare al Ministero apposita domanda di concessione con le modalità previste dal comma 5.
      In considerazione delle finalità specificamente perseguite dalla disciplina in esame, il cui ambito di applicazione è circoscritto agli interventi di rimozione e demolizione da realizzare nelle aree a più elevato rischio idrogeologico, il comma 6 prevede che i finanziamenti concessi ai sensi del comma 5 sono da considerarsi aggiuntivi rispetto alle somme eventualmente percepite dai comuni per effetto della diversa disciplina dettata dall'articolo 32, comma 12, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003.
      Sempre in considerazione dell'ambito di applicazione evidenziato, si prevede infine che le disposizioni introdotte non vadano a modificare la disciplina di ulteriori modalità di finanziamento e di realizzazione degli interventi di demolizione o rimozione di opere ed edifici abusivi contenuta in altre disposizioni.
      Al fine di rendere più celere l'attuazione degli interventi di rimozione e demolizione degli immobili abusivi riconosciuti meritevoli di finanziamento, il comma 7 prevede che i finanziamenti concessi dovranno essere restituiti al Ministero qualora gli interventi non siano stati realizzati entro un termine adeguatamente contenuto, individuato in centoventi giorni dall'erogazione dei finanziamenti stessi.
      Il termine è stato individuato in considerazione del fatto che, da un lato, si tratta di interventi di demolizione per i quali sono già scaduti i termini stabiliti nei provvedimenti che li hanno disposti e che, dall'altro, sussiste un lasso temporale tra riconoscimento e materiale erogazione dello stesso durante il quale il beneficiario può iniziare a programmare gli adempimenti necessari alla realizzazione degli interventi stessi.
      La norma recepisce tutte le condizioni poste dalla Conferenza unificata nel parere reso nella seduta del 23 settembre 2013, ad eccezione di quella volta ad aggiungere al comma 4 le parole «e in aree classificate a pericolosità elevata».
      Non si è ritenuto di poter recepire tale indicazione poiché la pericolosità è concetto diverso dal rischio, consistendo nella probabilità che l'evento si verifichi in un determinato tempo, prescindendo però dalla ricorrenza o meno di un valore esposto, sia in termini di vite umane sia di risorse economiche. Viceversa solo il rischio è valutato in base alla predetta ricorrenza, legando pertanto la pericolosità al valore esposto.
      Ciò determina che talune aree possono essere classificate pericolose, anche a elevato livello, ma non a rischio, in quanto in esse manca o è poco rilevante l'esistenza di valori esposti.
      Ampliare l'ambito di operatività della norma anche alle zone a pericolosità elevata significherebbe inoltre dover prevedere una copertura maggiore di quella preventivata, con conseguente insostenibilità della norma stessa.
      Il titolo VIII introduce disposizioni per garantire l'accesso universale all'acqua.
      L'articolo 24 ai commi da 1 a 4 prevede l'istituzione di un Fondo destinato a promuovere gli investimenti per la realizzazione degli interventi programmati nel comparto, al fine di perseguire i seguenti obiettivi prioritari: a) rilanciare la politica di sviluppo delle infrastrutture nel settore; b) completare le reti di fognatura e depurazione; c) evitare sanzioni europee per inadempimento dell'Italia; d) ridurre l'onere finanziario della realizzazione di investimenti nel settore idrico, con vantaggi per l'utenza; e) avviare la realizzazione di infrastrutture finalizzate al recepimento dei princìpi della strategia Blue Print.
      Il Fondo non interviene direttamente a finanziare i programmi di investimento; tuttavia l'intervento del Fondo, abbattendo il rischio dell'operazione, consente l'applicazione di condizioni di maggior favore consentendo l'accesso ai finanziamenti anche alle aziende minori (con basso rating implicito) e quindi con maggiori difficoltà di accesso al credito e condizioni di finanziamento migliori riguardo importi, durate, tassi e commissioni.
      Tali condizioni di maggior favore implicano la diminuzione degli spread considerati negli oneri finanziari da riconoscere in tariffa.
      Il Fondo di garanzia verrà gestito dalla Cassa conguaglio per l'energia elettrica e il gas, che provvede alla riscossione delle componenti tariffarie e alla gestione finanziaria del Fondo secondo regole emanate dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico.
      L'ampiezza dei temi da considerare nell'ambito della puntuale attuazione della norma, considerata anche la sua rilevante portata, richiede l'adozione di uno specifico provvedimento destinato da un lato a disciplinare le modalità di gestione del Fondo, dall'altro a stabilire le linee prioritarie di intervento sulla base di un partecipato coordinamento interistituzionale e a definire criteri di utilizzazione del Fondo finalizzati a incentivare la razionalizzazione e l'efficienza nella programmazione e nella gestione dei servizi e a promuovere le condizioni per ottemperare agli obiettivi assunti dal Paese e definiti ai competenti livelli istituzionali.
      L'articolo 25 introduce disposizioni in materia di tariffa sociale del servizio idrico integrato. Negli ultimi anni il dibattito politico ha sottolineato la necessità di rafforzare la natura «pubblica» della risorsa acqua, come evidenziato dall'esito del referendum del giugno 2011 e dalla stessa relazione del gruppo di lavoro in materia economico e sociale ed europea (cosiddetti «Saggi») e come già affermato nella normativa nazionale. La persistente crisi economica e l'andamento crescente delle tariffe, altresì, hanno determinato la sempre maggiore incidenza della spesa per i servizi idrici sul reddito delle famiglie italiane. Tale incidenza risulta più elevata e prossima a livelli di non sostenibilità per le famiglie a più basso reddito. In questo quadro deve essere assicurato ai consumatori a basso reddito l'accesso a condizioni di favore all'uso di quantitativi di acqua necessari a un pieno soddisfacimento dei bisogni fondamentali, in una logica di servizio universale.
      La disposizione mira a realizzare e rendere effettivo tale obiettivo, impartendo indirizzi all'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, che ha già definito misure analoghe nel campo di altri servizi a rete, e prevedendo contestualmente, al fine di assicurare la sostenibilità dell'intervento e la copertura dei relativi costi con le risorse previste a normativa vigente, un'apposita componente tariffaria in capo alle utenze non agevolate del servizio idrico integrato.
      Le norme recate dall'articolo costituiscono un indirizzo di politica generale applicabile all'attività dell'Autorità ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 luglio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 231 del 3 ottobre 2012, nell'ambito delle funzioni di indirizzo attribuite al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dall'articolo 1 del medesimo decreto.
      L'articolo 26 introduce disposizioni materia di morosità e perdite sui crediti nel servizio idrico integrato. Con l'applicazione delle tariffe basate sul principio di copertura dei costi, l'impatto economico sugli utenti del servizio idrico integrato è cresciuto in modo rilevante negli ultimi anni, creando crescenti problemi di morosità.
      Questo fenomeno risulta particolarmente significativo in alcune aree del Paese, raggiungendo livelli di mancati introiti pari, nei casi estremi, a percentuali superiori al 10 per cento del fatturato complessivo annuo.
      D'altra parte, il ricorso allo strumento del distacco dell'utente moroso, quale principale forma di deterrenza della morosità, appare particolarmente delicato in un servizio essenziale quale quello della fornitura di acqua potabile.
      Occorre pertanto regolamentare, anche sulla base delle competenze già esercitate dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il servizio idrico nei settori energetici, le modalità di gestione del fenomeno della morosità, allo scopo, da un lato, di limitarne l'insorgenza e assicurarne l'efficace contrasto, in modo che i costi non ricadano sugli utenti non morosi, e, dall'altro, di garantire un livello minimo di fornitura di acqua anche alle utenze non in regola con i pagamenti.
      Quale principale strumento per garantire gli obiettivi sopra ricordati viene individuata la leva tariffaria, che deve garantire la copertura dei costi efficienti del servizio (e non a piè di lista i costi sostenuti dai gestori), in modo che gli oneri derivanti dall'attuazione di particolari procedure di gestione della morosità possano trovare la necessaria copertura economica fino all'estrema manifestazione del suddetto fenomeno, ovvero l'irrecuperabilità del credito e l'iscrizione della conseguente perdita.
      Il titolo IX reca norme in materia di procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici.
      L'articolo 27 modifica l'articolo 93 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, che disciplina, agli articoli 87 e 87-bis, rispettivamente i procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici e le procedure semplificate per determinate tipologie di impianti.
      Nel primo caso, la domanda viene presentata agli enti locali, che autorizzano l'installazione dell'impianto, previo accertamento della sua compatibilità da parte dell'organismo competente a effettuare i controlli, di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, in base al quale le amministrazioni provinciali e comunali, al fine di esercitare le funzioni di controllo e di vigilanza sanitaria e ambientale, utilizzano le strutture delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente (ARPA), di cui al decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.
      Nel secondo caso, si prevede una procedura semplificata, poiché si applica la denuncia di inizio attività, al fine di accelerare la realizzazione degli investimenti per il completamento della rete di banda larga mobile, nel caso di installazione di apparati con tecnologia UMTS, sue evoluzioni o altre tecnologie su infrastrutture per impianti radioelettrici preesistenti o di modifica delle caratteristiche trasmissive, fermo restando il rispetto dei limiti, dei valori e degli obiettivi di cui all'articolo 87.
      L'articolo 93 del codice delle comunicazioni elettroniche disciplina gli oneri relativi ai procedimenti autorizzatori e sancisce il principio del divieto di imporre oneri ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge.
      La Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità di alcune norme della regione Toscana le quali prevedevano il pagamento dei pareri resi dall'ARPA in esecuzione delle disposizioni del medesimo codice delle comunicazioni elettroniche (sentenza n. 272 del 7 luglio 2010). Il Giudice costituzionale ha precisato che la riserva di legge contenuta nell'articolo 93 deve intendersi come riserva di legge dello Stato.
      Questa sentenza ha prodotto importanti conseguenze applicative in tutto il territorio dello Stato, poiché quasi tutte le regioni, attraverso propri provvedimenti legislativi, prevedevano il pagamento dei pareri resi dalle ARPA. Lo stesso ISPRA ha chiesto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione di «strumenti normativi idonei a definire modalità di rilascio di autorizzazioni e di svolgimento delle azioni di controllo, prevedendo espressamente oneri a carico dei soggetti richiedenti».
      La presente disposizione intende disciplinare la partecipazione ex lege alle spese amministrative sostenute dai soggetti pubblici competenti, in base a un tariffario la cui elaborazione è demandata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, a valle di un'analisi dei costi.
      Il titolo X introduce disposizioni in materia di disciplina degli scarichi e del riutilizzo di residui vegetali.
      L'articolo 28 introduce un chiarimento necessario per evitare il perpetuarsi di situazioni di sostanziale iniquità con riferimento a una categoria di piccoli artigiani e coltivatori, i frantoiani, che mette a disposizione degli olivicoltori, anche di dimensioni minime, le proprie macchine e la propria conoscenza specialistica, senza acquistare la proprietà del bene, quindi senza produrlo, ma inserendosi nella filiera dell'olio con la prestazione di un servizio peraltro essenziale, anche al fine di mantenere in vita – con la essenziale finalità di produzione dell'olio – la manutenzione di zone d'Italia per loro natura esposte a dissesto idrogeologico e incendi.
      Attualmente, in base a quanto disposto dall'articolo 101, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 2006, le acque di vegetazione sono assimilate alle acque reflue urbane; peraltro, secondo l'interpretazione della normativa vigente, per potere smaltire le acque nella rete urbana la materia prima lavorata deve provenire in misura prevalente dall'attività di coltivazione di terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità. Caratteri di cui sono privi i predetti operatori, che svolgono un servizio per conto terzi, senza avere la proprietà del prodotto. In altri termini, a legislazione vigente, è «favorito» il latifondista rispetto a chi, come i «frantoiani» in discorso, non ha la proprietà del bene, ma offre un macchinario per la produzione del prodotto finito. Ciò pur in presenza di un'identica qualità di scarico (acque di vegetazione di composizione organolettica identica).
      L'articolo 29 introduce modifiche all'articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006. La direttiva 2008/98/CE stabilisce che «la combustione sul campo dei residui vegetali derivanti da lavorazione agricola e forestale si configura come illecito smaltimento di rifiuti, sanzionabile penalmente».
      Tale normativa è stata recepita dal decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, il cui articolo 13, modificando l'articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006, stabilisce che «paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericolosi [...], se non utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente o mettono in pericolo la salute umana devono essere considerati rifiuti e come tali devono essere trattati».
      Appare doveroso tenere conto delle doglianze degli operatori del settore, che si sentono oltremodo danneggiati da questa norma che, se da una parte vieta determinate pratiche agricole, dall'altra non individua strumenti idonei per risolvere in alcune circostanze lo smaltimento dei residui vegetali, ovviando anche al problema del conseguente possibile aumento dei costi di produzione per le aziende interessate.
      Infatti la combustione in pieno campo dei residui vegetali derivanti da lavorazione agricola e forestale si configura quale illecito smaltimento di rifiuti, sanzionabile penalmente ai sensi dell'articolo 256 del decreto legislativo n. 152 del 2006, il quale punisce l'attività di gestione di rifiuti non autorizzata, stabilendo che chiunque compie un'attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216, è punito con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda 2.600 a 26.000 euro, se si tratta di rifiuti non pericolosi.
      Considerato il divario tra le previsioni normative e le usuali pratiche agricole locali, se si procede ad accendere un fuoco con residui di potatura o erba o foglie raccolte sul proprio terreno dopo averlo pulito, si rischia una condanna penale.
      Il cittadino-imprenditore che, in concreto, vuole ripulire il noccioleto o il castagneto dai residui vegetali a mezzo dell'abbruciamento di fogliame, frutici e soffrutici vegetali, in pieno campo, deve essere denunciato all'autorità giudiziaria per violazione della legge penale.
      Tale normativa potrebbe comportare nel breve periodo l'abbandono delle piccole e medie aziende agricole ubicate in zone collinari e montane già svantaggiate per ubicazione e giacitura. Infatti quasi sempre detti terreni, oltre a presentare svantaggi orografici, sono anche soggetti al vincolo idrogeologico, con divieto del dissodamento del cosiddetto terreno saldo, per l'interramento delle biomasse, senza alterare la stabilità idrogeologica del versante.
      Le regioni, non competenti in materia penale, pur di vedere risolta la congiuntura degli operatori agro-silvo-pastorali, si sono isolatamente attivate con artifici normativi, riconducendo la pratica della bruciatura dei residui vegetali a pratica agronomica atta al reperimento di concimi minerali, nonostante la giurisprudenza opposta della Suprema corte (vedasi sentenza n. 46213/2008) determinando un'applicazione disomogenea e non sempre legittima della norma sul territorio nazionale.
      A fronte di questa nuova realtà normativa, considerato che le autorità preposte non hanno ancora suggerito o prescritto una nuova filiera aziendale dei centri di raccolta (o consorzi obbligatori), dove poter conferire il materiale da destinare poi alla filiera energetica delle biomasse, né individuato i soggetti gestori, si è provveduto ad apportare una modifica al decreto legislativo n. 152 del 2006 per i casi aventi peculiare importanza anche in considerazione dell'ubicazione del territorio aziendale.
      Deve inoltre essere evidenziato che l'abbandono dei terreni svantaggiati, che sono i maggiori utilizzatori della pratica della bruciatura, potrebbe portare a un risultato completamente opposto rispetto a quello perseguito dal legislatore. L'accumulo di biomasse al suolo, infatti, in territorio comunque montano e pedemontano, a ricorrenze cicliche, determinerà (ciò è statisticamente provato) incendi devastanti e distruttivi, come mai verificatisi prima dell'abbandono.
      In base a queste premesse si propone una modifica normativa volta a prevedere, in casi particolari, una deroga al decreto legislativo n. 152 del 2006, quale riserva di legge statale (trattandosi di fattispecie penale), così come già avviene anche in Francia, affinché i comuni possano, con proprie ordinanze, individuare le aree e i periodi in cui è consentito effettuare la bruciatura dei residui vegetali, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente in materia di inquinamento atmosferico e di salvaguardia della salute umana.
      Ciò consente di non stravolgere la normativa vigente in materia di smaltimento e gestione dei rifiuti, non ampliando la deroga a tutti i settori dell'economia, ma confinandola soltanto a quello dell'agricoltura, e di garantire contestualmente la prevenzione degli incendi boschivi e quelli nell'interfaccia tra area urbana e foresta.
      Il titolo XI introduce disposizioni in materia di capitale naturale e contabilità ambientale.
      L'articolo 30 istituisce, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Comitato per il capitale naturale.
      Gli attuali sistemi di valutazione delle politiche dipendono principalmente da indicatori di tipo economico-sociale (come il PIL, il tasso di inflazione, il tasso di disoccupazione eccetera). Non sono stati sino ad ora integrati nei processi economici i dati relativi al consumo del capitale di base che consente di perseguire benessere e sviluppo, ossia il capitale naturale e i servizi ecosistemici, costituiti dalla varietà delle risorse della natura e della vita sul pianeta, grazie alle quali la specie umana vive e si sviluppa, alle quali non viene assegnato un valore. In questo modo si incrementano i già preoccupanti livelli di deficit nei confronti dei sistemi naturali (ben individuati dai numerosi indicatori ambientali da tempo consolidati nella prassi scientifica a livello internazionale), che compromettono lo stato di benessere, di salute e di sviluppo economico delle nostre società.
      Nella 43a sessione della Commissione statistica delle Nazioni Unite del febbraio 2012, il System of Environmental-Economic Accounting (SEEA) Central Framework è stato approvato, per la prima volta, come standard statistico internazionale. Questo documento è accompagnato da un «Experimental Ecosystem Accounting» che riassume lo stato della conoscenza sulla contabilità degli ecosistemi dalla prospettiva della contabilità ambientale-economica e che costituisce un significativo approccio per la valutazione della situazione ambientale attraverso la misura degli ecosistemi e dei flussi dei servizi dagli ecosistemi alla dimensione economica e alle altre attività umane, fornendo una prospettiva complementare al SEEA Central Framework.
      Anche l'Unione europea ha sviluppato un significativo lavoro per stabilire un sistema di contabilità ambientale utile per misurare il valore dei nostri ecosistemi e il costo economico del loro deterioramento, elemento essenziale per informare i decisori politici ed economici, come ricorda anche il programma generale di azione dell'Unione in materia di ambiente fino al 2020 - «Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta» (COM(2012)710 definitivo). Inoltre, nel 2011 è stato approvato il regolamento per le contabilità ambientali del 2011 (regolamento UE n. 691/2011) e l'argomento è compreso in numerosi atti ufficiali dell'Unione europea, come la comunicazione della Commissione «Non solo PIL - Misurare il progresso in un mondo di cambiamento» (COM(2009) 433 definitivo).
      Il patrimonio naturale e culturale rappresenta una delle ricchezze più preziose del Paese, ma lo stato dell'ambiente e delle risorse naturali in Italia presenta una grande varietà di situazioni.
      Accanto ad alcuni aspetti molto positivi, puntualmente rilevati nel Rapporto OCSE 2013 sulla performance ambientale dell'Italia, come la percentuale della superficie delle aree protette, la diminuzione dei rifiuti urbani conferiti in discarica e i progressi nella gestione e nella riduzione del numero delle discariche, rimangono molti aspetti negativi e problematici, come l'inquinamento atmosferico di molti centri urbani, l'elevato prelievo delle risorse idriche rinnovabili disponibili, i siti contaminati (circa 5.000), che coprono circa il 3 per cento del territorio italiano, il preoccupante rischio di erosione del suolo, esacerbato da fenomeni di siccità e forti piogge di gravità sempre maggiore, e nello stesso tempo i vari rischi naturali (terremoti, alluvioni, frane e incendi) cui l'Italia è soggetta. La pianificazione territoriale, le azioni di messa in sicurezza del territorio e la vigilanza sull'attività edilizia restano insufficienti e contribuiscono ad aggravare i rischi corsi dalla popolazione e i costi economici e sociali ad essi associati.
      Al fine di integrare i costi ambientali nel processo decisionale in materia economica e finanziaria e di sviluppo, l'articolo 30 istituisce il «Comitato per il capitale naturale» che svolge un ruolo di supporto al ciclo e agli strumenti della programmazione finanziaria e di bilancio di cui agli articoli 7, 10 e 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Il Comitato pertanto contribuisce alla preparazione del Documento di economia e finanza (DEF) e degli altri atti del Governo in materia di programmazione finanziaria e di bilancio.
      Le funzioni del Comitato sono principalmente:

          fornire al Governo gli strumenti utili per la migliore comprensione degli effetti dello stato delle risorse naturali e dell'ambiente sulla performance economica del Paese e sul benessere degli individui, in particolare individuando le conseguenze economiche e sociali derivanti dalla mancata prevenzione degli impatti e dei danni ambientali delle attività produttive;

          indirizzare l'azione del Governo al fine di assicurare una gestione efficiente e sostenibile del capitale naturale del Paese in modo da liberare opportunità di crescita sostenibile e di benessere.

      Oltre a tali funzioni principali il Comitato svolge le proprie attività nei seguenti settori:

          contabilità del capitale naturale: collabora con l'Istituto nazionale di statistica per la preparazione e l'attuazione di un programma di lavoro finalizzato all'integrazione del capitale naturale nelle statistiche ambientali nazionali; collabora con le organizzazioni delle imprese e del settore agricolo e con gli enti di certificazione economico-finanziaria per promuovere e attivare la contabilità del capitale naturale pubblica e privata;

          promuove lo sviluppo di studi e ricerche sugli andamenti e sulla valutazione del rischio derivante dal consumo del capitale naturale;

          favorisce l'uso del cosiddetto «approccio ecosistemico» per l'attuazione delle direttive europee in materia di protezione della natura e della biodiversità.

      L'articolo 31 istituisce, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Catalogo dei sussidi

ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli.
      Il numero 5) della raccomandazione del Consiglio n. 2012/C219/14 sul programma nazionale di riforma 2012 dell'Italia chiede tra l'altro di «[agire] per spostare il carico fiscale dal capitale e dal lavoro verso la proprietà e il consumo così come verso l'ambiente».
      Il numero 5) della raccomandazione del Consiglio n. 2013/C217/11 sul programma nazionale di riforma 2013 dell'Italia chiede tra l'altro di «trasferire il carico fiscale da lavoro e capitale a consumi, beni immobili e ambiente assicurando la neutralità di bilancio; a tal fine, rivedere l'ambito di applicazione delle esenzioni e aliquote ridotte dell'IVA e delle agevolazioni fiscali dirette».
      La 5a raccomandazione del rapporto OCSE 2013 sulle performance ambientali dell'Italia chiede tra l'altro di «eliminare le norme fiscali speciali con un impatto negativo sull'ambiente ed economicamente inefficienti», mentre la 9a raccomandazione del medesimo rapporto chiede tra l'altro di «proseguire il regolare controllo delle agevolazioni ed esenzioni fiscali; introdurre un meccanismo per rivedere sistematicamente i sussidi diretti e indiretti, già esistenti o di cui si propone l'introduzione, alla luce del loro potenziale impatto ambientale».
      L'Italia si è impegnata a fornire all'OCSE ogni anno i dati relativi a sussidi, esenzioni e agevolazioni fiscali e sussidi ambientalmente motivati, nell'ambito del «Database on Policy Instruments for Environmental Policy and Natural Resources Management» promosso congiuntamente dall'OCSE e dall'Agenzia europea per l'ambiente.
      L'Italia inoltre si è impegnata, nell'ambito della Convenzione ONU sulla biodiversità, a eliminare i sussidi dannosi per la biodiversità al massimo entro il 2020 e a sviluppare e applicare incentivi positivi per la conservazione e l'uso sostenibile della biodiversità (Piano strategico per la biodiversità 2011-2020 - Obiettivo 3).
      Nel G8-G20 di Pittsburgh 2009 i Capi di Stato e di Governo, inclusa l'Italia, si sono impegnati a razionalizzare e a eliminare nel medio termine i sussidi ai combustibili fossili e hanno richiesto all'OCSE, all'Agenzia internazionale per l'energia e alla Banca mondiale di produrre un'analisi dei sussidi ai combustibili fossili in vista della loro eliminazione.
      Il regolamento (UE) n. 691/2011 relativo ai conti economici ambientali europei, e successivi aggiornamenti, prevede l'inserimento di un modulo relativo ai sussidi ambientalmente dannosi.
      Il documento finale della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile del 2012 (Rio 20) «Il futuro che vogliamo» chiede ai Paesi di eliminare i sussidi ambientalmente dannosi relativi alla pesca e ai combustibili fossili (paragrafi 173 e 225).
torna su
RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni)

        L'articolo 1 incide sull'attuale disciplina della governance degli Enti parco, semplificando la procedura per la nomina di alcuni organi degli stessi (direttore e Presidente) e per l'acquisizione di efficacia delle delibere assunte dai medesimi enti, per le quali il potere di sorveglianza ministeriale viene a essere limitato a quelle attinenti agli atti fondamentali per la loro istituzione e azione (statuti, regolamenti, bilanci e piante organiche), escludendolo da tutti gli altri atti di gestione. Inoltre, si ripristina la possibilità di nominare rappresentanti degli enti locali nel Consiglio direttivo.

        In quanto disposizioni di natura ordinamentale nel senso appena illustrato, dalle stesse non discendono nuovi o maggiori oneri per al finanza pubblica, potendosi anzi conseguire risparmi connessi allo snellimento dell'attività amministrativa necessaria per l'espletamento delle procedure semplificate, con ricadute positive sulle economie locali.

        L'articolo 2 consente di rinnovare l'iniziativa del Governo in materia di strategia per lo sviluppo sostenibile, facendo ripartire il ciclo di pianificazione attivato con le previsioni dell'articolo 34 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e della delibera CIPE n. 57/2002 del 2 agosto 2002 – Strategia d'azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia. La norma in esame non prevede nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

        L'articolo 3 mira a consentire la possibilità di affrontare le spese necessarie per effettuare le ispezioni da parte dei componenti della Commissione CITES, tra i cui compiti fondamentali ci sono le ispezioni alle strutture di ospitalità, custodia e ricovero delle specie animali e vegetali tutelate dalla Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione, al fine di verificarne le condizioni di adeguatezza e benessere delle specie anzidette.

        Sulla base del dato storico delle risorse assorbite per gli oneri di missione della commissione CITES, precedentemente all'entrata in vigore del decreto-legge n. 95 del 2012, si quantifica una spesa annua di 20.000 euro. La copertura è individuata al capitolo 1083 dello stato di previsione del Ministero, macroaggregato «funzionamento».

        L'articolo 4 introduce norme di semplificazione in materia di VIA. Con le disposizioni che si propongono si intende semplificare e accelerare l’iter di alcuni procedimenti autorizzatori in materia di scarico in mare delle acque derivanti da attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare (articolo 104 del decreto legislativo n. 152 del 2006) e di movimentazione dei fondali marini per la posa di cavi e condotte (articolo 109 del decreto legislativo n. 152 del 2006), dando concreta attuazione a quanto già previsto

dall'articolo 26 del medesimo decreto legislativo, ove si prevede appunto che il provvedimento di VIA sostituisce e coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale.

        Si tratta di semplificazioni a costo zero idonee a determinare risparmi soprattutto per le imprese, anche sotto il profilo temporale.

        L'articolo 5 prevede l'istituzione della Commissione tecnica unificata per i procedimenti VIA, VAS e AIA. A legislazione vigente i componenti della Commissione VIA ricevono un trattamento economico annuo lordo pari a:

 
Numero
Compenso annuo lordo
Presidente 1 84.240
Segretario 1 73.710
Coordinatori 3 77.220
Componenti comitato di coordinamento 5 70.200
Componenti ordinari 40 58.500
Totale 50 3.080.610

per un totale complessivo di 3.080.610 euro annui lordi, oltre agli oneri di missione (ivi inclusi quelli per ispezioni e sopralluoghi per la verifica di ottemperanza alle prescrizioni VIA).

        Al trattamento economico e agli altri oneri per l'attività istruttoria VIA-VAS si fa fronte ai sensi dell'articolo 2, commi 615, 616 e 617, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, con le modalità di assegnazione del contributo dello 0,5 mille versato dal soggetto proponente il progetto.

        Dalla tabella seguente risulta (nel biennio 2010-2011) una riassegnazione media annua, atta a coprire gli oneri di funzionamento, di circa 4,5 milioni, a fronte di un gettito di circa 10 milioni, oltre risorse ordinarie disponibili sul capitolo 2701, piani gestionali (PG) 28 e 29, pari a 2.609.274 euro per il 2010, a 1.802.239 euro per il 2011 e a 1.480.068 euro per il 2012.

Versamenti 0,5 per mille per VIA
 
2010
2011
2012
Somme introitate all'entrata
del bilancio dello Stato

9.764.011,00
    
11.143.644,83
    
6.804.355,44
Somme riassegnate sul
pertinente capitolo di spesa
    
4.437.827,00
    
5.064.940,00
    
4.347.840,00
Risorse ordinarie capitolo 2701,
PG 28 e 29
    
2.609.274,00
    
1.802.239,00
    
1.480.068,00
Totale risorse disponibili
per istruttoria VIA-VAS
    
7.047.101,00
    
6.867.179,00
    
5.854.908,00

        Per quanto concerne, invece, il trattamento economico della Commissione AIA, esso è determinato sulla base del decreto interministeriale 5 marzo 2008 che prevede che ai componenti della

Commissione spetti il 60 per cento della tariffa istruttoria versata per ogni singolo impianto. Di seguito si dà rappresentazione delle riassegnazioni complessive intervenute a decorrere dall'esercizio 2010.
Versamenti AIA
 
2010
2011
2012
Somme introitate all'entrata
del bilancio dello Stato (tariffe)
    
500.475,00
    
353.010,00
    
775.779,31
Somme riassegnate sul pertinente capitolo di spesa (2701/26)     
296.380,00
    
301.460,00
    
590.143,00

        Date le modalità del trattamento economico direttamente correlato al versamento della tariffa istruttoria, il compenso per i commissari AIA risulta particolarmente variabile di anno in anno, comunque sempre nel limite delle risorse riassegnate.

        Con la norma in esame si prevede, al comma 7 dell'articolo novellato, una complessiva revisione dei compensi per la Commissione. In particolare, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è determinato il trattamento economico dei componenti della Commissione unificata, sulla base di un criterio di correlazione individuale tra piani, programmi e progetti valutati ed emolumenti percepiti. In buona sostanza, si utilizzano per la Commissione unificata le modalità di erogazione del trattamento già utilizzate per la sola attuale Commissione AIA, con una diretta associazione tra contributo versato dal soggetto proponente e spesa sostenuta per il funzionamento, compresi i compensi dei componenti della Commissione, assicurando, in tal modo, sia la costante copertura degli oneri sulla base delle entrate riassegnate, che una stretta correlazione tra produttività e trattamento economico degli esperti, commisurato alla quantità di progetti valutati.

        Nelle more dell'adozione del decreto di cui al precedente paragrafo, ai componenti della Commissione unificata è corrisposto un trattamento forfetario pari al 70 per cento del trattamento economico già spettante ai componenti ordinari della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale - VIA e VAS.

        Nelle more della definizione del predetto decreto nessun nuovo onere finanziario grava sul bilancio statale per effetto del presente provvedimento: le coperture finanziarie degli oneri di funzionamento, di istruttoria e di verifica sono le medesime previste dalla normativa vigente in materia di VIA e AIA.

        La norma prevede, infine, che sia l'ISPRA a effettuare le verifiche tecniche per la verifica di ottemperanza alle prescrizioni VIA, assicurando finalmente continuità e sistematicità al meccanismo dei controlli in itinere ed ex post, attualmente svolti, solo in via residuale, dai componenti della Commissione VIA, con oneri di istruttoria e di missione aggiuntivi alle spese per il trattamento economico dei componenti. Nessun nuovo onere finanziario grava sul bilancio statale per effetto del presente intervento: l'attività verrà programmata e svolta rigorosamente nel limite delle risorse disponibili, previa copertura integrale delle spese di funzionamento e compensi della Commissione unificata.

        L'articolo 6 introduce modifiche in materia di VAS. La norma non comporta alcun incremento quantitativo della spesa pubblica, ma è finalizzata a chiarire che la verifica di assoggettabilità alla VAS non si riferisce alla parte del piano di gestione per il distretto idrografico di riferimento relativa al Sistema di allertamento statale e regionale per il rischio idraulico ai fini di protezione civile di cui alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 24 febbraio 2004.

        L'articolo 7 provvede a correggere alcuni errori materiali del testo del decreto legislativo n. 30 del 2013. Tale norma non dispone alcun nuovo o maggiore onere a carico della finanza pubblica.

        L'articolo 8 introduce importanti modifiche in materia di impianti termici. Le disposizioni proposte tendono a superare alcune incertezze interpretative prodotte dall'entrata in vigore della disciplina introdotta con l'articolo 34, comma 52, del decreto-legge n. 179 del 2012 e con l'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 9 n. 5 del 2012 e riguardanti la persistenza dell'obbligo di trasmettere la dichiarazione di installazione degli impianti termici civili all'autorità competente per i controlli, le caratteristiche degli impianti anzidetti, e il termine per l'integrazione del libretto di centrale da parte del responsabile della manutenzione dell'impianto. Non ci sono oneri per la finanza pubblica in relazione alla norma in esame in considerazione della sua natura di norma ordinamentale.

        L'articolo 9 prevede incentivi per gli operatori economici che partecipano ad appalti pubblici e sono muniti di registrazione EMAS o di marchio Ecolabel e introduce, quale criterio di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, il criterio del costo del ciclo di vita dell'opera, prodotto o servizio.

        In considerazione del tenore ordinamentale delle disposizioni contenute nell'articolo, le stesse non sono suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Si tratta quindi di misure a costo zero volte a garantire minori impatti sull'ambiente, contribuendo inoltre a ottenere risparmi nei consumi energetici e una conseguente riduzione della spesa nel breve-medio periodo.

        L'articolo 10 non dà luogo ad aumenti di spesa perché i risparmi sui costi di esercizio, derivanti dalla maggior durata dei prodotti e dalla riduzione dei costi di smaltimento, consentono di compensare ipotetici maggiori costi di acquisto. Si stima, ad esempio, che il maggior costo connesso all'acquisto di un apparato per l'illuminazione pubblica più efficiente venga immediatamente ripagato nei primi anni di utilizzo dell'apparato stesso, con i conseguenti risparmi economici per gli anni successivi e la conseguente (e rilevante) riduzione degli impatti ambientali.

        Ad esempio nel caso degli acquisti riguardanti gli apparati di illuminazione pubblica si può stimare (in maniera cautelativa) che, nell'ipotesi di convertire i vecchi impianti nella percentuale del 5 per cento entro il prossimo anno, del 10 per cento entro il 2015 e del 20 per cento entro il 2016, si potrebbe ottenere un risparmio di spesa nella bolletta energetica dell'ordine di circa 20/30 milioni nel 2014, di 50/70 milioni nel 2015 e di 120 milioni nel 2016. Nell'ipotesi di sostituire il 50 per cento degli apparati i risparmi sono stimati intorno ai 250 milioni all'anno. Valutazioni simili e in alcuni casi ancora più eclatanti si possono fare per altri apparati energetici e per l'edilizia.

        Lo stesso dicasi per molti altri prodotti o servizi connessi alla riduzione del volumi e pericolosità dei rifiuti prodotti.

        È in questa logica che si muove la proposta di nuova direttiva europea sugli appalti pubblici (COM(2011)896 definitivo) con l'articolo 67, che prevede che il costo di un prodotto debba essere riferito non tanto al prezzo di acquisto, ma al costo che il bene ha durante il suo ciclo di vita (il cosiddetto Life Cycle Costing).

        Gli incentivi che verranno introdotti con i decreti attuativi dell'articolo 11 hanno evidentemente un costo, come tutti gli incentivi. Il presente provvedimento introduce una prima fonte di finanziamento degli incentivi, senza quindi oneri aggiuntivi per lo Stato, destinando integralmente il ricavato dell'addizionale prevista dall'articolo 14 e tesa a colpire i produttori di rifiuti che non rispettano gli obiettivi di raccolta differenziata. Si prevede infatti che le regioni, titolari dell'incasso di questa addizionale, alimentino con tali risorse un fondo destinato a sostenere gli incentivi al riciclo a partire dal sostegno al green public procurement degli enti locali per l'acquisto di materiali o prodotti riciclati.

        I successivi decreti attuativi potranno individuare altre fonti di finanziamento, la possibilità di utilizzare i normali meccanismi di incentivo per l'edilizia (ecobonus) anche per prodotti e materiali riciclati e non solo per interventi tesi al risparmio energetico, la possibilità di introdurre un incentivo simile ai «certificati bianchi» (a carico dei consorzi imballaggi e dei gestori), ma a vantaggio dell'uso efficiente della materia e non solo dell'energia (finanziato dalle tariffe energetiche o dei rifiuti), l'introduzione di una aliquota IVA agevolata per i prodotti riciclati individuati in uno specifico catalogo, eventualmente finanziata dal recupero di gettito IVA derivante dall'applicazione della «tariffa puntuale».

        L'articolo 12 apporta modifiche all'articolo 216 del decreto legislativo n. 152 del 2006, con lo scopo di inquadrare nell'ambito dell'ordinamento nazionale le procedure autorizzative concernenti le attività di recupero disciplinate dai regolamenti europei, che stabiliscono quando specifiche tipologie di rifiuti cessano di essere tali.

        Inoltre, le modifiche consentono di individuare in modo certo e chiaro l’iter procedimentale affinché gli impianti esistenti, e dunque autorizzati al trattamento finalizzato alla produzione di materia prima secondaria dai rifiuti di cui ai decreti ministeriali applicabili in materia, possano conformarsi ai requisiti disciplinati dai regolamenti europei. Non ci sono oneri per la finanza pubblica in relazione alla norma in esame.

        L'articolo 13 detta disposizioni concernenti l'attività di vigilanza sulla gestione dei rifiuti. Le disposizioni in questione non sono suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Invero, le uniche spese derivanti dalle modifiche proposte relative alla soppressione dell'Osservatorio sono quelle relative al funzionamento della Segreteria tecnica di cui al comma 4, della quale si prevede la conservazione, al fine di poter disporre di particolari competenze tecniche, allo stato irreperibili nel ruolo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare stante le note carenze di dotazione, che supportino l'attività aggiuntiva che il

Ministero viene ad assumere direttamente su di sé per effetto della menzionata soppressione.

        Tali spese sono coperte con i contributi previsti dal comma 6, gravanti interamente sui consorzi e sugli altri soggetti ivi menzionati.

        Il primo funzionamento viene assicurato nel limite delle risorse individuate dalla lettera h).

        Il richiamo contenuto dalla lettera h) del comma 1 della disposizione è finalizzato ad affermare che si utilizza una copertura già esistente nel bilancio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con un «meccanismo» peraltro noto che prevede: 1) prima, l'entrata dei versamenti (CONAI ed altri); 2) poi, la richiesta alla Ragioneria, muniti della quietanza del versamento, del riparto verso il capitolo di spesa; 3) infine la spesa entro il limite massimo delle risorse assegnate, già peraltro contabilmente coperte dal capitolo 3822. In altri termini, con questa disposizione si riattiva una copertura «congelata» negli ultimi quattro anni nell'incertezza di chi e in che modo dovesse svolgere i compiti di vigilanza sui rifiuti.

        L'articolo 14 differisce i termini per il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata stabiliti dall'articolo 205 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Non ci sono oneri per la finanza pubblica in relazione all'articolo in esame in quanto norma a carattere ordinamentale. La diversa modulazione, rispetto alla vigente previsione, del tributo di cui all'articolo 3, comma 24, della legge n. 549 del 1995 (cosiddetto ecotassa) genera un possibile aumento di gettito da destinarsi al sostegno del mercato del riciclo da parte delle regioni.

        L'articolo 15 introduce una modifica all'articolo 223 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Non ci sono oneri per la finanza pubblica in relazione alla norma in esame, in considerazione della sua natura di norma ordinamentale.

        L'articolo 16 non determina oneri per la finanza pubblica in ragione della sua natura ordinamentale; anche la riassegnazione prevista dalla lettera c) non è suscettibile di comportare nuovi o maggiori oneri, ma soltanto una diversa allocazione di risorse per l'esercizio di funzioni inerenti a materie di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Si puntualizza che si tratta di una nuova risorsa e che tali proventi non sono mai stati versati in passato.

        L'articolo 17 apporta modifiche all'articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006 al fine di semplificare e rendere più razionale il sistema delle ordinanze contingibili e urgenti. Tale disposizione non comporta alcun nuovo o maggiore onere a carico dello Stato in ragione della sua natura ordinamentale.

        L'articolo 18 introduce modifiche alla disciplina per la gestione degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti. Non ci sono oneri per la finanza pubblica in relazione alla norma in esame, in quanto attua una diversa ripartizione tra soggetti privati delle modalità con le quali far fronte agli oneri connessi alla gestione degli oli e grassi esausti.

        L'articolo 19, operando con la tecnica della novellazione, aggiunge un ulteriore articolo al decreto legislativo n. 152 del 2006 (l'articolo 199-bis), collocato dopo l'articolo 199 dedicato ai piani regionali di gestione dei rifiuti.

        In tal modo si intende sistematizzare l'opzione di affidare a un decreto interministeriale, nel quadro delle previsioni contenute all'articolo 195 del decreto legislativo n. 152 del 2006, l'individuazione dell'attuale disponibilità sul territorio nazionale di impianti di incenerimento di rifiuti urbani indifferenziati e di rifiuti derivanti dal trattamento di detti rifiuti, nonché il fabbisogno nazionale residuo di tali impianti, al fine di determinare una rete nazionale integrata e adeguata di impianti di incenerimento di rifiuti, che possa concorrere alla definizione della rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti prevista dall'articolo 16 della direttiva 2008/98/CE.

        Dato il carattere ordinamentale della disposizione, che non comporta riflessi finanziari, dall'approvazione della stessa non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

        L'articolo 20 modifica l'articolo 228 del decreto legislativo n. 152 del 2006, stabilendo che il contributo ambientale per i pneumatici fuori uso costituisce parte integrante del corrispettivo di vendita, è assoggettato a IVA e deve essere riportato in modo chiaro e distinto in ciascuna fattura del suo ciclo produttivo nell'importo vigente alla data della cessione del prodotto. Questa disposizione consente di definire in maniera puntuale la natura e le modalità di applicazione del contributo evitando che all'interno dei vari livelli del ciclo di vita del prodotto (dalla produzione allo smaltimento) maturino interpretazioni distorsive sulla corretta entità dell'importo ed ottimizzando così il suo potenziale di riutilizzo. La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

        L'articolo 21 modifica il decreto legislativo n. 36 del 2003, eliminando il divieto, previsto dall'articolo 6, comma 1, lettera p), di conferire in discarica rifiuti con potere calorifico inferiore a 13.000 kJ/kg a partire dal 31 dicembre 2010, a eccezione dei rifiuti provenienti dalla frantumazione degli autoveicoli a fine vita e dei rottami ferrosi per i quali sono autorizzate discariche monodedicate, che possono continuare a operare nei limiti delle capacità autorizzate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 225 del 2010. L'abrogazione è coerente con il diritto europeo, in quanto si tratta di un divieto non previsto nella direttiva 99/31/CE sulle discariche. L'abrogazione si rende necessaria a seguito dell'evoluzione normativa, che impone di conferire in discarica solo il rifiuto trattato, il cui potere calorifico può essere tale da rendere il rifiuto trattato non conferibile in discarica, in permanenza del divieto. Tale norma non introduce alcun nuovo o maggiore onere a carico dello Stato.

        L'articolo 22 introduce nuove norme in materia di Autorità di bacino. Nella vigente versione dell'articolo 63 del decreto legislativo n. 152 del 2006 è stata tentata una razionalizzazione del sistema delle Autorità di bacino al fine di conseguire un'organica copertura dell'intero territorio nazionale. In particolare in ciascun distretto idrografico si prevedeva l'istituzione di un'Autorità di bacino distrettuale, ente pubblico non economico, e conseguente presenza in essi dei doverosi di organi di indirizzo e di controllo.

        Il legislatore aveva, altresì, previsto che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e

della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, da emanare sentita la Conferenza Stato-regioni, fossero definiti i criteri e le modalità per l'attribuzione o il trasferimento del personale e delle risorse patrimoniali e finanziarie, salvaguardando i livelli occupazionali, definiti alla data del 31 dicembre 2005, e previa consultazione dei sindacati.

        La decretazione prevista non è stata mai emanata e, per evitare un pericoloso vuoto organizzativo e gestionale, con successivi interventi (decreto legislativo n. 284 del 2006 e decreto legislativo n. 208 del 2008) il legislatore ha disposto (articolo 170, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 152 del 2006) che «nelle more della costituzione dei distretti idrografici [...] e della eventuale revisione della relativa disciplina legislativa, le Autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono prorogate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, fino alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 2 dell'articolo 63».

        In esito alle predette vicende normative, permane tuttora l'incompleta articolazione dei bacini idrografici come individuati dalla legge n. 183 del 1989, di cui di seguito si dà elencazione:

            bacini nazionali:

            Adige;

            Alto Adriatico;

            Arno;

            distretto pilota del Serchio, comprendente il bacino idrografico del Serchio;

            Tevere;

            Liri-Garigliano;

            Volturno.

        Ad essi si aggiungono svariate decine di bacini di livello interregionale e regionale.

        In particolare per ciascuno dei bacini «nazionali» risulta, allo stato, operativa un'Autorità di bacino, con i seguenti organi:

            a) comitato istituzionale;

            b) comitato tecnico;

            c) segretario generale e sua segreteria tecnico-operativa.

        Il descritto contesto organizzativo nazionale (peraltro in una situazione di prolungata prorogatio) appare ancor più critico alla luce della nota del 26 marzo 2012, con cui la Commissione europea ha notificato all'Italia un parere motivato (C(2012)1676) nell'ambito della procedura di infrazione n. 2007/4680, riguardante la non corretta trasposizione della direttiva 2000/60/CE in materia di acque, per la quale l'Italia era stata messa in mora già nel 2010. Nel suddetto parere si ribadisce che le argomentazioni fornite al riguardo dalle autorità

italiane e le modifiche apportate a tal fine alla legislazione nazionale non sono sufficienti. È stato, dunque, chiesto all'Italia il pieno rispetto della direttiva, con particolare riferimento ai piani di gestione dei distretti idrografici e al loro aggiornamento, a un miglior monitoraggio della qualità delle acque e alla riproduzione su mappe dei livelli di qualità nei corpi idrici sotterranei.

        È necessario pertanto assicurare al più presto in Italia una governance che, ferme restando le prerogative dei vari livelli di governo e le funzionalità tecniche in capo alle Autorità di distretto, consenta di coprire l'intero territorio nazionale, rendendo più efficiente il modello organizzativo.

        Vengono individuati, pertanto, i seguenti sette distretti idrografici:

            a) distretto idrografico delle Alpi orientali;

            b) distretto idrografico del Fiume Po;

            c) distretto idrografico dell'Appennino settentrionale;

            d) distretto idrografico dell'Appennino centrale;

            e) distretto idrografico dell'Appennino meridionale;

            f) distretto idrografico della Sardegna;

            g) distretto idrografico della Sicilia.

        Al fine di assicurare l'invarianza della spesa rispetto all'architettura delineata dal decreto legislativo n. 152 del 2006, è confermato che ciascun distretto è presidiato da un'Autorità di bacino distrettuale, ente pubblico non economico. Sono organi dell'Autorità di bacino: la conferenza istituzionale permanente (comma 5), il segretario generale (comma 7), la conferenza operativa (comma 8), il collegio dei revisori dei conti (comma 9). Tutte le altre Autorità di bacino previste dalla legge n. 183 del 1989 sono soppresse e le relative funzioni sono esercitate dalle Autorità di bacino distrettuale di cui all'articolo in esame. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, da emanare sentita la Conferenza Stato-regioni, vengono disciplinate le modalità per l'attribuzione o il trasferimento del personale e delle risorse strumentali e finanziarie, salvaguardando i livelli occupazionali delle Autorità di cui alla legge n. 183 del 1989, previa consultazione dei sindacati, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.

        Per inciso si segnala che la norma in esame conferma anche l'attuale numero dei segretari generali (sette come attualmente), nonché conferma il doppio livello di indirizzo, «politico» (nella norma in esame attribuito alla conferenza istituzionale) e tecnico-operativo (nella norma in esame attribuito conferenza operativa). Conseguentemente la revisione della governance non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; sono piuttosto conseguibili economie di scala in fase gestionale stante la diminuita parcellizzazione delle competenze.

        Al riguardo si dettaglia che già a legislazione vigente il finanziamento delle Autorità nazionali è a carico di appositi capitoli del bilancio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, come di seguito rappresentato:

CAP
Denominazione
Stanziamento 2013
3011 Trattamento economico da corrispondere al personale in servizio presso le autorità di bacino nazionali, al netto dell'imposta regionale sulle attività produttive e degli oneri sociali a carico dell'amministrazione € 9.246.367
3012 Compensi per lavoro straordinario da corrispondere al personale in servizio presso le autorità di bacino di rilievo nazionale € 134.919
3013 Spese per il trattamento economico dei segretari generali delle autorità di bacino di rilievo nazionale al netto dell'imposta regionale sulle attività produttive e degli oneri sociali a carico dell'amministrazione € 725.105
3014 Somme dovute a titolo di imposta regionale sulle attività produttive sul trattamento economico dei segretari generali e dei dipendenti in servizio presso le autorità di bacino nazionali € 998.800
3015 Oneri sociali a carico dell'amministrazione sul trattamento economico corrisposto ai segretari generali ed ai dipendenti in servizio presso le autorità di bacino nazionali € 3.257.234
3017 Somma occorrente per la concessione di buoni pasto al personale in servizio presso le autorità di bacino di rilievo nazionale € 175.100
3071/5 Spese per missioni per il personale in servizio presso le autorità di bacino nazionali € 1.945
3071/18 Spese per il funzionamento delle autorità di bacino di rilievo nazionale, comprese quelle di rappresentanza, le locazioni dei locali e le relative opere di sistemazione logistica e funzionale € 745.605
3084/1 Spese per i gettoni di presenza, le indennità di missione ed il rimborso spese di viaggio dei componenti del Comitato nazionale per la difesa del suolo [nota: comitato soppresso], dei comitati tecnici delle autorità di bacino di rilievo nazionale, nonché dei rappresentanti statali presso i comitati tecnici dei bacini interregionali e regionali € 1.575
TOTALE € 15.286.650

        L'articolo 23 dispone l'istituzione di un nuovo capitolo nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di rendere disponibili ai comuni richiedenti appositi finanziamenti per la rimozione o demolizione di

opere e immobili realizzati, in aree a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, in assenza o in totale difformità del permesso di costruire.

        Il finanziamento da parte dello Stato ai comuni è corrisposto nel limite massimo delle risorse disponibili sul capitolo in parola per l'esercizio finanziario di competenza.

        Il capitolo è attivato dall'esercizio 2014 con uno stanziamento iniziale di 10 milioni di euro. La dotazione iniziale è costituita con contestuale riduzione, di pari ammontare, dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 432, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

        Alla predetta autorizzazione corrisponde, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il capitolo 8531 («Interventi per la tutela del rischio idrogeologico e relative misure di salvaguardia»), piano gestionale 3 («Fondo da ripartire per le esigenze di tutela ambientale»), dell'unità di voto 1.9, Missione 18 («Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente»), Programma 18.12 («Tutela e conservazione del territorio e delle risorse idriche, trattamento e smaltimento rifiuti, bonifiche»). Ne consegue che, stante la finalizzazione per la realizzazione degli interventi in aree fortemente esposte a rischio idrogeologico, suscettibili di contribuire a creare condizioni idonee per gli interventi di tutela di detto rischio, l'appostamento delle risorse sul capitolo di nuova istituzione non comporta alcuna variazione di missione di spesa, programma di spesa, unità di voto e macroaggregato, potendosi quindi sostanziare, dal punto di vista della tecnicalità dell'esposizione delle risorse in bilancio, nell'attivazione di un nuovo piano gestionale nell'ambito del capitolo 8531 stesso.

        Alla data della presentazione del disegno di legge in esame, su detto capitolo/PG residua uno stanziamento di 20.693.772 euro. Da un punto di vista contabile, quindi, è possibile disporre l'accantonamento di 10 milioni di euro sino al completamento dell’iter del disegno di legge.

        Oltre allo stanziamento iniziale succitato, al fine di approntare meccanismi di rialimentazione del capitolo, è stato previsto che i comuni beneficiari dei finanziamenti sono tenuti ad agire nei confronti dei destinatari di provvedimenti definitivi di demolizione non eseguiti nei termini stabiliti, per la ripetizione delle relative spese, comprensive di rivalutazioni e interessi, versando le somme riscosse, entro trenta giorni, a un apposito capitolo all'entrata del bilancio dello Stato, dandone comunicazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Le somme sono integralmente riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al capitolo di nuova istituzione.

        Il meccanismo di riassegnazione individuato rende disponibili, nel tempo, le risorse necessarie per l'attività di prevenzione del rischio idrogeologico e di messa in sicurezza del territorio connesse all'eliminazione degli abusi nelle aree a rischio elevato o molto elevato.

        L'articolo 24 istituisce un Fondo di garanzia delle opere idriche e tariffa sociale per il servizio idrico integrato. Il Fondo viene alimentato da una specifica componente della tariffa del servizio idrico integrato opportunamente definita, anche al fine della copertura

dei costi di gestione, dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico e dimensionata sulla base della capienza e del profilo temporale atteso di utilizzo del Fondo.

        La componente tariffaria verrà dimensionata definendo un obiettivo di messa in regime del Fondo. Nella fase di avviamento il Fondo potrà erogare garanzie in funzione della sua progressiva capienza.

        Da prime stime risulta che il Fondo potrebbe raggiungere la capienza massima, entro i prossimi 10-15 anni, con un incremento tariffario contenuto tra l'1 e il 2 per cento annuo.

        I criteri di utilizzo del Fondo, che verranno definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono finalizzati a favorire gli investimenti, a garantire un'offerta di servizio più efficiente ed economica, a evitare le pesanti sanzioni relative alle procedure di infrazione europee nei confronti dell'Italia per mancato o non corretto adeguamento (nei termini e nei tempi previsti dalla direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane) dei sistemi di raccolta e trattamento degli scarichi e, infine, a contenere l'impatto di altri oneri, anche futuri, che altrimenti graverebbero sull'utenza. Pertanto, la disposizione non comporta effetti negativi per la finanza pubblica.

        L'articolo 25 disciplina la tariffa sociale del servizio idrico integrato. La norma mira ad assicurare ai consumatori a basso reddito l'accesso a condizioni di favore all'uso di quantitativi di acqua necessari a un pieno soddisfacimento dei bisogni fondamentali, in una logica di servizio universale. Tale norma impartisce indirizzi all'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, che ha già definito misure analoghe nel campo di altri servizi a rete, e prevede contestualmente, al fine di assicurare la sostenibilità dell'intervento e la copertura dei relativi costi con le risorse già previste a normativa vigente, un'apposita componente tariffaria in capo alle utenze non agevolate del servizio idrico integrato. La disposizione non comporta oneri per la finanza pubblica.

        L'articolo 26 detta disposizioni in materia di morosità e perdite su crediti nel servizio idrico integrato. La norma regolamenta le modalità di gestione del fenomeno della morosità, allo scopo, da un lato, di limitarne l'insorgenza e assicurarne l'efficace contrasto, in modo che i costi non ricadano sugli utenti non morosi, e, dall'altro, di garantire un livello minimo di fornitura di acqua anche alle utenze non in regola con i pagamenti. Quale principale strumento per garantire gli obiettivi sopra ricordati viene individuata la leva tariffaria, in modo che gli oneri derivanti dall'attuazione di particolari procedure di gestione della morosità possano trovare la necessaria copertura economica fino all'estrema manifestazione del suddetto fenomeno, ovvero l'irrecuperabilità del credito e l'iscrizione della conseguente perdita. Tale disposizione non determina alcun onere a carico della finanza pubblica.

        L'articolo 27 introduce modifiche all'articolo 93 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo n. 259 del 2003, che disciplina, agli articoli 87 e 87-bis, rispettivamente i procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici e le procedure semplificate per determinate tipologie di impianti. L'articolo 93, come modificato, disciplina gli oneri relativi ai procedimenti autorizzatori

suddetti determinati in base a un tariffario la cui elaborazione è demandata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, a valle di un'analisi dei costi. Tale disposizione non introduce alcun nuovo o maggiore onere a carico della finanza pubblica.

        L'articolo 28 introduce modifiche all'articolo 101 del decreto legislativo n. 152 del 2006, assimilando alle acque reflue domestiche, ai fini dello scarico in pubblica fognatura, le acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari. La disposizione non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

        L'articolo 29, trattandosi esclusivamente di una deroga alle previsioni del decreto legislativo n. 152 del 2006 in materia di rifiuti, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

        L'articolo 30 istituisce, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Comitato per il capitale naturale. La partecipazione a tale Comitato è a titolo gratuito. La norma in esame, dunque, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

        L'articolo 31 istituisce, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli. La norma in esame non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

        L'Italia, infatti, si è già impegnata a fornire all'OCSE, ogni anno, i dati relativi a sussidi, esenzioni e agevolazioni fiscali e sussidi ambientalmente motivati, nell'ambito del «Database on Policy Instruments for Environmental Policy and Natural Resources Management» promosso congiuntamente dall'OCSE e dall'Agenzia europea per l'ambiente. Inoltre il regolamento (UE) n. 691/2011 relativo ai conti economici ambientali europei, e successivi aggiornamenti, prevede l'inserimento di un modulo relativo ai sussidi ambientalmente dannosi.

        Il Catalogo, pertanto, provvede a sistematizzare le attività già in corso nelle amministrazioni, evitando duplicazioni di processo.

        Infine, la disponibilità delle informazioni del Catalogo costituisce utile elemento conoscitivo per l'eventuale spending review in materia di somme attualmente destinate a riduzioni ed esenzioni fiscali.


torna su
ANALISI TECNICO-NORMATIVA
PARTE I. ASPETTI TECNICO-NORMATIVI DI DIRITTO INTERNO

1) Obiettivi e necessità dell'intervento normativo. Coerenza con il programma di Governo.

Titolo I (Protezione della natura e della fauna e strategia dello sviluppo sostenibile).

        L'obiettivo è di rendere più snella ed efficiente l'azione istituzionale degli enti in questione, consentendo peraltro una più agevole gestione delle risorse finanziarie ad essi attribuite, con ricadute positive sulle economie locali. In particolar modo, l'intervento normativo si è reso necessario per consentire all'Ente parco di recuperare la propria necessaria speditezza operativa, con conseguente semplificazione dei tempi e una più celere soddisfazione delle richieste provenienti dai soggetti pubblici e privati, in particolare alle imprese, interessati alle iniziative, alle valutazioni, alle attività del parco.

Titolo II (Procedure di valutazione di impatto ambientale).

        La semplificazione dei procedimenti amministrativi rappresenta l'obiettivo primario dell'intervento sulle procedure di valutazione di impatto ambientale ed è reso necessario al fine di dare risposte in termini di maggiore efficienza ai casi presi in esame.

Titolo III (Emissioni in atmosfera e gas ad effetto serra).

        L'obiettivo è un allineamento di maggior precisione della regolamentazione vigente ai parametri della normativa europea, effettuando interventi di tipo correttivo su alcune norme di recepimento della normativa comunitaria. Il mancato intervento normativo sul testo del decreto legislativo n. 30 del 2013 comporterebbe adempimenti non richiesti in base al quadro normativo europeo, con possibili sanzioni a carico degli operatori di velivoli al servizio dello Stato. Senza un intervento legislativo in materia di impianti termici civili, resterebbero incerte le caratteristiche tecniche alle quali devono fare riferimento gli installatori per la dichiarazione di conformità ed i responsabili dell'esercizio e la manutenzione degli impianti termici per l'integrazione del libretto di centrale, con il rischio di inadempimento della prescrizione relativa all'invio delle informazioni all'autorità competente e conseguente impossibilità di fatto di esercitare i relativi controlli.

Titolo IV (Disposizioni relative al green public procurement).

        L'intervento normativo si propone innanzitutto di promuovere il cosiddetto green public procurement, già oggetto di un Piano d'azione nazionale, adottato con decreto ministeriale 11 aprile 2008, n. 135, che secondo la definizione dell'Unione europea è l'approccio in base al quale le amministrazioni pubbliche integrano nella loro azione l'obiettivo di promuovere la tutela ambientale, incoraggiando la diffusione di nuove tecnologie ambientali e la ricerca e la scelta dei risultati, delle soluzioni e di prodotti ad alta efficienza ambientale lungo l'intero ciclo di vita. Tale intervento normativo si ritiene indispensabile al fine di raggiungere in tempi accettabili gli obiettivi posti dall'Unione europea, con la strategia Europa 2020 (COM 2010) e dalla normativa nazionale.

Titolo V (Incentivi per i prodotti derivanti da materiali post consumo).

        L'obiettivo è di incentivare la produzione e la vendita di prodotti ottenuti con materiali riciclati derivanti dal trattamento di oggetti post consumo e dalle raccolte differenziate di rifiuti urbani.

        La mancata introduzione di una nuova scansione temporale degli obiettivi intermedi, che tiene conto delle differenze di percentuale della raccolta differenziata a seconda delle zone geografiche del territorio e la mancata introduzione di uno strumento economico che possa favorire comportamenti virtuosi dei comuni e delle ATO (riduzione del tributo speciale per il conferimento in discarica e non solo, come ora, la non applicazione dell'addizionale) e di incentivo dei comuni ancora con standard bassi di raccolta differenziata, mediante il mantenimento dello strumento penalizzante (addizionale al tributo per il conferimento in discarica), non consentirebbe il raggiungimento degli obiettivi del riciclaggio al 50 per cento.

Titolo VI (Rifiuti).

        Le disposizioni, perseguono finalità strategiche per la politica ambientale in tema di rifiuti: la prima attiene all'incentivazione della raccolta differenziata ed all'agevolazione del recupero con procedure più snelle per ottenere la cessazione della qualifica di rifiuto.

        Obiettivo della disposizione relativa all'esercizio delle funzioni già svolte dall'Osservatorio nazionale dei rifiuti è garantire l'adempimento dei compiti di vigilanza, scaturenti dalla direttiva 2008/98/CE e dalla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006, conservando il risparmio di spesa conseguente alla disposta soppressione dell'ente.

        Inoltre alcune disposizioni specifiche intendono portare a compimento la gestione di particolari categorie di rifiuti (imballaggi compostabili, RAEE, rifiuti di pile e accumulatori), sistemando anche gli aspetti relativi alla riassegnazione al Ministero dell'ambiente delle già previste tariffe a carico dei produttori.

        Obiettivo di semplificazione è perseguito anche in riferimento al sistema delle ordinanze ai sensi dell'articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006.

        La disposizione che modifica la disciplina per la gestione degli oli e grassi vegetali si propone di adeguare più correttamente la normativa di recepimento alla regolazione comunitaria, eliminando l'effetto distorsivo della concorrenza rappresentato dall'obbligatoria partecipazione al CONOE imposta agli operatori del settore e abolendo alcuni oneri aggiuntivi previsti in precedenza per i raccoglitori, riciclatori e recuperatori, non produttori dei rifiuti.

        Da ultimo, quanto agli impianti di incenerimento di rifiuti urbani indifferenziati, l'obiettivo è l'individuazione della disponibilità sul territorio nazionale di tali impianti, nonché il fabbisogno nazionale residuo di tali impianti, in modo da determinare, a medio termine, una rete nazionale integrata ed adeguata di impianti di incenerimento di rifiuti urbani (in linea con quella di cui all'articolo 16 della direttiva 2008/98/CE).

Titolo VII (Difesa del suolo).

        Il titolo in esame vuole rendere operativo il nuovo assetto delle Autorità di bacino, come introdotto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, al fine di un più efficace controllo del rischio idrogeologico.

        L'obiettivo è reso necessario per rendere effettiva, e più celere, l'esecuzione degli interventi di rimozione e demolizione degli immobili abusivi realizzati nelle zone a rischio elevato o molto elevato di dissesto idrogeologico.

Titolo VIII (Disposizioni per garantire l'accesso universale all'acqua).

        L'obiettivo è la realizzazione degli investimenti strategici nel settore idrico, completando le reti di fognatura e depurazione e riducendo l'onere finanziario della realizzazione di investimenti nel settore idrico, con vantaggi per l'utenza. L'intervento si rende necessario al fine di evitare possibili sanzioni da parte della Commissione europea per inadempimento, indirizzando la realizzazione delle infrastrutture in un quadro di recepimento dei principi della strategia Blue Print.

        La finalità è garantire l'accesso universale all'acqua, tenuto conto dell'esito referendario del 2011. In particolare, si vuole assicurare alle famiglie a basso reddito, introducendo tariffe agevolate, l'utilizzo del bene comune acqua, essenziale al soddisfacimento dei bisogni fondamentali dell'individuo.

Titolo IX (Procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici).

        L'obiettivo è una corretta disciplina dei procedimenti autorizzatori, modificando opportunamente il codice delle comunicazioni

elettroniche (decreto legislativo n. 259 del 2003) prevedendo una partecipazione alle spese amministrative da parte dei soggetti richiedenti.

Titolo X (Disposizioni in materia di disciplina degli scarichi e del riutilizzo dei rifiuti vegetali).

        L'obiettivo è l'eliminazione della menzionata disparità tra soggetti che gestiscono frantoi e latifondisti, nonché rendere possibile l'eventuale riutilizzo di rifiuti vegetali nel luogo della loro produzione.

Titolo XI (Disposizioni in materia di capitale naturale e contabilità ambientale).

        L'obiettivo è l'elaborazione dei costi ambientali attraverso il sistema di contabilità ambientale (regolamento (UE) n. 691/2011); tali costi dovranno essere considerati all'interno del processo decisionale governativo in materia economica e finanziaria e di sviluppo.

        Altro obiettivo essenziale all'adeguamento agli standard posti dall'Unione europea e dagli organismi internazionali che richiedono la revisione dell'ambito di applicazione delle esenzioni e agevolazioni IVA e delle agevolazioni fiscali dirette in relazione all'impatto sull'ambiente.

2) Analisi del quadro normativo nazionale.

        Il quadro normativo nazionale di riferimento è costituito dai seguenti provvedimenti legislativi di rango primario:

          legge 6 dicembre 1991, n. 394;

          decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

          decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135;

          legge 7 febbraio 1992, n. 150;

          decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90;

          decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49;

          decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30;

          decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

          decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;

          decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13;

          decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259;

          decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.

3) Incidenza delle norme proposte sulle leggi e regolamenti vigenti.

        L'intervento normativo in esame integra le norme di rango primario vigenti in materia. L'intervento comporterà la modifica delle norme di rango secondario.

4) Analisi della compatibilità dell'intervento con i princìpi costituzionali.

        Non si rilevano profili di incompatibilità con i princìpi costituzionali.

5) Analisi della compatibilità dell'intervento con le competenze e le funzioni delle regioni ordinarie e a statuto speciale nonché degli enti locali.

        Non si rilevano profili di incompatibilità con le competenze e le funzioni delle regioni ordinarie e a statuto speciale nonché degli enti locali.

6) Verifica della compatibilità con i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza sanciti dall'articolo 118, primo comma, della Costituzione.

        Non si rilevano profili di incompatibilità con i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza sanciti dall'articolo 118, primo comma, della Costituzione.

7) Verifica dell'assenza di rilegificazione e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione e degli strumenti di semplificazione normativa.

        Non sono previste rilegificazioni di norme delegificate.

8) Verifica dell'esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all'esame del Parlamento e relativo stato dell’iter.

        Esistono proposte e disegni di legge vertenti su materie analoghe:

          atto Senato n. 1034, senatore Massimo Caleo, in materia di parchi e aree protette (in corso di esame in commissione 13a);

          atto Senato n. 100, senatore Giuseppe Lumia, in materia di raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani (assegnato, non ancora iniziato l'esame);

          atto Camera n. 71, onorevole Ermete Realacci e altri, in materia di abusivismo e dissesto idrogeologico (assegnato, non ancora iniziato l'esame).

9) Indicazioni delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi di costituzionalità sul medesimo o analogo oggetto.

        Si segnalano una serie di sentenze attinenti alle materie contenute nel presente provvedimento. Preliminarmente occorre evidenziare che la materia «tutela dell'ambiente» ha un contenuto allo stesso tempo oggettivo, in quanto riferito a un bene, l'ambiente (sentenze n. 367 e n. 378 del 2007; n. 12 del 2009), e finalistico, perché tende alla migliore conservazione del bene stesso (sentenze n. 104 del 2008; n. 10, n. 30 e n. 220 del 2009). Da una parte sono affidate allo Stato la tutela e la conservazione dell'ambiente, mediante la fissazione di livelli «adeguati e non riducibili di tutela» (sentenza n. 61 del 2009), e dall'altra compete alle regioni, nel rispetto dei livelli di tutela fissati dalla disciplina statale (sentenze n. 62 e n. 214 del 2008), di esercitare le proprie competenze, dirette essenzialmente a regolare la fruizione dell'ambiente, evitando compromissioni o alterazioni dell'ambiente stesso.

        In questo senso può dirsi che la competenza statale, quando è espressione della tutela dell'ambiente, costituisce «limite» all'esercizio delle competenze regionali (sentenze n. 180 e n. 437 del 2008 nonché n. 164 del 2009).

        Il titolo VIII introduce disposizioni per garantire l'accesso universale all'acqua. La Corte costituzionale ha in più occasioni affrontato il problema dell'ambito materiale in cui collocare la disciplina della determinazione della tariffa del servizio idrico, giustificando originariamente l'azione unitaria svolta dallo Stato con il fine di garantire sull'intero territorio nazionale un trattamento uniforme alle varie imprese operanti in concorrenza tra loro, per evitare di produrre arbitrarie disparità di trattamento sui costi aziendali, conseguenti a vincoli imposti in modo differenziato sul territorio nazionale. In particolare, con la sentenza n. 246 del 2009, la Corte ha scrutinato la disciplina della determinazione della tariffa d'ambito territoriale ottimale, la cui riconducibilità alla potestà normativa statale era stata contestata da alcune regioni. La pronuncia ha evidenziato che i poteri legislativi esercitati dallo Stato con la norma allora censurata ”attengono all'esercizio delle competenze legislative esclusive statali nelle materie della tutela della concorrenza (articolo 117, secondo comma, lettera e), Cost.) e della tutela dell'ambiente (articolo 117, secondo comma, lettera s), Cost.), materie che hanno prevalenza su eventuali titoli competenziali regionali ed, in particolare, su quello dei servizi pubblici locali». Successivamente, la sentenza n. 29 del 2010 ha ribadito che dal complesso normativo contenuto nel decreto legislativo n. 152 del 2006 si desume che la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua è ascrivibile alla materia della tutela dell'ambiente e a quella della tutela della concorrenza, ambedue di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Secondo la Corte, attraverso la determinazione della tariffa, il legislatore statale ha fissato livelli uniformi di tutela dell'ambiente, perché ha inteso perseguire la finalità di garantire la tutela e l'uso, secondo criteri di solidarietà, delle risorse idriche, salvaguardando la vivibilità dell'ambiente e «le aspettative ed i diritti delle generazioni

future a fruire di un integro patrimonio ambientale». La finalità della tutela dell'ambiente viene anche posta in relazione alla scelta delle tipologie dei costi che la tariffa è diretta a recuperare, tra i quali il legislatore ha incluso espressamente quelli ambientali.

        Nel titolo IX, l'articolo 27 introduce modifiche all'articolo 93 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo n. 259 del 2003. Tale articolo disciplina gli oneri relativi ai procedimenti autorizzatori e sancisce il principio del divieto di imporre oneri ulteriori da quelli previsti dalla legge. La Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità di alcune norme della regione Toscana le quali prevedevano il pagamento dei pareri resi dall'ARPA in esecuzione delle disposizioni del medesimo codice delle comunicazioni elettroniche (sentenza 7 luglio 2010 n. 272). Il giudice costituzionale ha precisato che la riserva di legge contenuta nell'articolo 93 deve intendersi come riserva di legge dello Stato. Questa sentenza ha prodotto importanti conseguenze applicative in tutto il territorio dello Stato, poiché quasi tutte le regioni, attraverso propri provvedimenti legislativi, prevedevano il pagamento dei pareri resi dalle ARPA. Lo stesso ISPRA ha richiesto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione di «strumenti normativi idonei a definire modalità di rilascio di autorizzazioni e di svolgimento delle azioni di controllo, prevedendo espressamente oneri a carico dei soggetti richiedenti». L'articolo 27 intende disciplinare la partecipazione ex lege alle spese amministrative sostenute dai soggetti pubblici competenti, in base a un tariffario la cui elaborazione è demandata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, a valle di un'analisi dei costi.

PARTE II. CONTESTO NORMATIVO DELL'UNIONE EUROPEA E INTERNAZIONALE

1) Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento europeo.

        Il provvedimento in esame non presenta profili di incompatibilità con l'ordinamento europeo.

2) Verifica dell'esistenza di procedure di infrazione da parte della Commissione europea sul medesimo o analogo oggetto.

        Titolo VI: l'articolo 19 inserisce l'articolo 199-bis del decreto legislativo 152 del 2006 per l'individuazione di una rete nazionale integrata e adeguata di impianti di incenerimento dei rifiuti. Si segnala, al riguardo, la procedura di infrazione n. 2011/4021, e la relativa messa in mora del 16 giugno 2011 (parere motivato del 31 maggio 2012). La Commissione contesta la violazione dell'articolo 16 della direttiva 2008/98/CE per quanto riguarda la mancata creazione nel Lazio di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento di rifiuti urbani non differenziati.

3) Analisi della compatibilità dell'intervento con gli obblighi internazionali.

        Il provvedimento non presenta profili di incompatibilità con gli obblighi internazionali.

4) Indicazioni delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea sul medesimo o analogo oggetto.

        In merito a quanto indicato nel precedente punto 2), è pendente dinnanzi alla Corte di giustizia la causa C-323/13.

5) Indicazioni delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo sul medesimo o analogo oggetto.

        Non risultano giudizi pendenti innanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo sul medesimo o analogo oggetto.

6) Eventuali indicazioni sulle linee prevalenti della regolamentazione sul medesimo oggetto da parte di altri Stati membri dell'Unione europea.

        Non si hanno indicazioni al riguardo.

PARTE III. ELEMENTI DI QUALITÀ SISTEMATICA E REDAZIONALE DEL TESTO

1) Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.

        All'articolo 7 introduce modifiche al decreto legislativo n. 30 del 2013. In particolare, è stata meglio specificata la definizione di ampliamento sostanziale della capacità, contenuta all'articolo 3, comma 1, lettera a):

            «a) ampliamento sostanziale della capacità: aumento significativo della capacità installata iniziale di un sottoimpianto cui conseguono alternativamente le seguenti implicazioni operative:

                1) si registrano una o più modifiche fisiche identificabili relative alla sua configurazione tecnica e al suo funzionamento, diverse dalla semplice sostituzione di una linea di produzione esistente e il sottoimpianto può funzionare ad una capacità superiore di almeno 10 per cento rispetto alla capacità installata iniziale del sottoimpianto prima della modifica;

                2) il sottoimpianto, cui le modifiche fisiche si riferiscono, raggiunge un livello di attività considerevolmente superiore che comporta l'assegnazione al sottoimpianto in questione di oltre 50.000 quote di emissioni supplementari l'anno, che rappresentano almeno il 5 per cento del numero annuo preliminare di quote di emissioni

assegnate a titolo gratuito per questo sottoimpianto prima delle modifiche».

        L'articolo 22 aggiunge due nuove definizioni all'articolo 54, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di Autorità di bacino:

            «z-bis) Autorità di bacino distrettuale o Autorità di bacino: l'autorità di distretto competente ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 2000/60/CE e dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 49 del 2010;

            z-ter) Piano di bacino distrettuale o Piano di bacino: il Piano di distretto».

        Tali definizioni risultano coerenti con le definizioni già in uso.

2) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni e integrazioni subite dai medesimi.

        I riferimenti normativi citati nel provvedimento risultano corretti.

3) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni e integrazioni a disposizioni vigenti.

        Si fa ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modifiche e integrazioni alla normativa vigente, in modo da non alterare il corpus normativo nei singoli settori d'intervento.

4) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.

        L'intervento normativo non comporta effetti abrogativi impliciti. Sono presenti abrogazioni per sostituzione normativa per le parti novellate.

5) Individuazione di disposizioni dell'atto normativo aventi effetto retroattivo o di reviviscenza di norme precedentemente abrogate o di interpretazione autentica o derogatorie rispetto alla normativa vigente.

        Il provvedimento in esame non contiene disposizioni aventi effetto retroattivo o di reviviscenza di norme precedentemente abrogate o di interpretazione autentica o derogatorie.

6) Verifica della presenza di deleghe aperte sul medesimo oggetto, anche a carattere integrativo o correttivo.

        Non vi sono deleghe aperte sul medesimo oggetto.

7) Indicazione degli eventuali atti successivi attuativi; verifica della congruità dei termini previsti per la loro adozione.

        Titolo I: la modifica introdotta all'articolo 9, comma 11, della legge n. 394 del 1991 prevede che i criteri, i requisiti e le modalità della procedura concorsuale per la nomina del direttore del parco vengano definiti con un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Tale decreto dovrà essere emanato entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del provvedimento.

        Titolo II: l'articolo 5 istituisce la Commissione tecnica unificata per le VIA, VAS e AIA. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di natura non regolamentare, adottato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione, sono definite le modalità di organizzazione e funzionamento della Commissione unificata, ivi inclusa la sua articolazione in sottocommissioni VIA, VIA Speciale, VAS e AIA nonché la procedura di selezione dei componenti. La programmazione dei lavori e la verifica del rispetto dei termini e delle altre modalità di svolgimento dell'attività della Commissione unificata sono assicurate da un Comitato di programmazione. Anche le modalità di funzionamento di tale Comitato sono definite con il decreto sopra citato.

        Per quanto concerne il trattamento economico dei componenti della Commissione, verrà determinato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui sopra, sulla base di un criterio di correlazione individuale tra piani, programmi e progetti valutati ed emolumenti percepiti.

        Titolo V: l'articolo 11 introduce modifiche al decreto legislativo n. 152 del 2006 al fine di promuove accordi e contratti di programma per incentivare l'acquisto di prodotti derivanti da materiali post consumo. Entro sei mesi, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, stabilisce con decreto le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente da destinare, sulla base di apposite disposizioni legislative di finanziamento, agli accordi e ai contratti di programma sopracitati e sono fissate le modalità di stipula dei medesimi. Entro il medesimo termine, il Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, stabilisce con decreto il livello di incentivo per ciascun materiale e le percentuali minime di materiale post consumo nei manufatti incentivabili, in considerazione sia della materia risparmiata che del risparmio energetico ottenuto riutilizzando i materiali tenendo conto dell'intero ciclo di vita dei prodotti. Da ultimo, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, emana un regolamento con cui stabilisce

i criteri e i livelli di incentivo per l'acquisto di manufatti che impiegano materiali post consumo recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani diversi dalla plastica.

        Titolo VI: per l'attività di vigilanza sulla gestione dei rifiuti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si avvale di una segreteria tecnica, la cui costituzione è determinata con un decreto dello stesso Ministero entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge. L'articolo 19 introduce l'articolo 199-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, recante disposizioni per l'individuazione della rete nazionale integrata e adeguata di impianti di incenerimento dei rifiuti. L'articolo da ultimo citato prevede che con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro della salute, da emanare entro quattro mesi, sentita la Conferenza unificata, tenuto conto anche dei piani regionali di cui all'articolo 199 e dei piani provinciali eventualmente previsti dalle normative regionali, nonché dei piani di ambito di cui all'articolo 203, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006, sono individuati sul territorio nazionale: gli impianti di incenerimento di rifiuti urbani indifferenziati attualmente esistenti sul territorio nazionale; gli impianti approvati già previsti nella pianificazione regionale, provinciale e di ambito; gli impianti oggetto di aggiudicazione di gare ad evidenza pubblica; gli impianti per cui le procedure di aggiudicazione siano state già avviate. Con il medesimo decreto è stabilito il fabbisogno nazionale residuo di tali impianti, al fine di determinare la rete nazionale integrata e adeguata di impianti di incenerimento di rifiuti ai sensi dell'articolo 16 della direttiva 2008/98/CE.

        Titolo VII: l'articolo 22 sostituisce l'articolo 63 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che istituisce l'Autorità di bacino distrettuale. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, da emanare sentita la Conferenza Stato-regioni, vengono disciplinate le modalità per l'attribuzione o il trasferimento del personale e delle risorse strumentali e finanziarie, salvaguardando i livelli occupazionali delle autorità di cui alla legge n. 183 del 1989, previa consultazione dei sindacati. Entro novanta giorni dall'emanazione del suddetto decreto, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del mare, d'intesa con le regioni e le province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico, sono individuate le unità di personale trasferite all'Autorità di bacino e sono determinate le dotazioni organiche e le risorse strumentali e finanziarie dei medesimi enti.

        L'Autorità di bacino è composta dalla conferenza istituzionale permanente, da un segretario generale e dalla conferenza operativa. Il segretario generale è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

        L'articolo 22 sostituisce anche il successivo articolo 64 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di distretti idrografici. Il comma

9 dell'articolo prevede l'emanazione, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, di un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le regioni e le province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico, per la nomina di un commissario, al fine di garantire l'ordinaria amministrazione e lo svolgimento delle attività istituzionali degli enti, in attesa dell'emanazione dei decreti di cui al precedente articolo 63.

        L'articolo 23 introduce l'articolo 72-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, concernente disposizioni per il finanziamento degli interventi di rimozione e demolizione di immobili abusivi realizzati in aree a rischio idrogeologico elevato o molto elevato. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, sono adottati i modelli e le linee guida utili alla procedura inerenti la presentazione della domanda di concessione.

        Titolo VIII: l'articolo 24 istituisce un Fondo di garanzia delle opere idriche. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare previa intesa con la Conferenza unificata, previa acquisizione del parere dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il servizio idrico, sono definiti gli interventi prioritari, i criteri e le modalità di utilizzazione del Fondo, privilegiando l'uso del Fondo per interventi già pianificati e immediatamente cantierabili. Inoltre, le modalità di gestione del Fondo saranno disciplinate con successivi provvedimenti dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il servizio idrico.

        L'articolo 25 prevede che l'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il servizio idrico, al fine di garantire l'accesso universale all'acqua, assicuri agli utenti domestici del servizio idrico integrato in condizioni economico-sociali disagiate l'accesso a condizioni agevolate alla fornitura della quantità di acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali, sulla base dei princìpi e dei criteri individuati con direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge.

        L'articolo 26 prevede che l'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il servizio idrico, sulla base dei princìpi e dei criteri individuati con direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, adotta direttive per il contenimento della morosità degli utenti del servizio idrico integrato, da emanare entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge, assicurando che sia salvaguardata, tenuto conto dell'equilibrio economico e finanziario dei gestori, la copertura dei costi efficienti di esercizio e investimento e garantendo il quantitativo

di acqua necessario al soddisfacimento dei bisogni fondamentali di fornitura di acqua per l'utenza morosa.

        Titolo IX: l'articolo 27 introduce modifiche all'articolo 93 del codice di cui al decreto legislativo n. 259 del 2003. Il nuovo comma 1-quater prevede la predisposizione di un tariffario nazionale per la determinazione del contributo spese ai fini del rilascio del parere ambientale, predisposto con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sentita la Conferenza Stato-regioni, da adottare entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della disposizione.

        Titolo XI: l'articolo 30 prevede l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'istituzione presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del Comitato per il capitale naturale.

8) Verifica della piena utilizzazione e dell'aggiornamento di dati e di riferimenti statistici attinenti alla materia oggetto del provvedimento, ovvero indicazione della necessità di commissionare all'Istituto nazionale di statistica apposite elaborazioni statistiche con correlata indicazione nella relazione economico-finanziaria della sostenibilità dei relativi costi.

        Per la predisposizione dell'intervento normativo sono stati utilizzati dati e riferimenti statistici disponibili da parte dell'Amministrazione.


torna su
ANALISI DELL'IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE
SEZIONE 1.
CONTESTO E OBIETTIVO DELL'INTERVENTO DI REGOLAMENTAZIONE

A) Rappresentazione del problema da risolvere e delle criticità constatate, anche con riferimento al contesto internazionale ed europeo, nonché delle esigenze sociali ed economiche considerate.

Titolo I (Protezione della natura e della fauna e strategia dello sviluppo sostenibile).

        Sussiste per gli Enti parco nazionali il problema dell'eccessiva burocratizzazione connessa al controllo ministeriale previsto su tutte le delibere degli Enti. Questa situazione procura un notevolissimo pregiudizio all'azione dei parchi nazionali, i cui tempi di azione vengono ad essere dilatati oltre misura. Ulteriori criticità attengono invece alla mancanza di risorse finanziarie idonee a consentire lo svolgimento dei compiti ispettivi assegnati alla CITES (Commissione istituita dalla legge 7 febbraio 1992, n. 150, di ratifica della Convenzione internazionale sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione) dai regolamenti (CE) n. 338/97 e n. 865/06, generandosi ripercussioni negative anche su una serie di attività economiche di manifatturato (basti pensare a titolo esemplificativo alle attività di pelletteria, alla lavorazione e trasformazione del legname e quant'altro).

Titolo II (Procedure di valutazione di impatto ambientale).

        I procedimenti per l'emanazione dei provvedimenti VIA, VAS e AIA statali presentano una notevole criticità connessa alla complessità della procedura e ai tempi per il rilascio, causata dall'esistenza di due Commissioni distinte istituite presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e rallentano e rendono oltremodo farraginose determinate operazioni, come i movimenti dei sedimenti a mare e i piani di gestione del rischio, che per loro natura e per le implicazioni connesse richiedono snellezza e semplificazione.

Titolo III (Emissioni in atmosfera e gas ad effetto serra).

        Occorre correggere alcune imprecisioni contenute nel decreto legislativo n. 30 del 2013; in particolare occorre risolvere il problema dell'attuale articolo 5 del testo, che determina la sottoposizione al meccanismo dello scambio di quote di emissione di gas serra, con

conseguenti adempimenti, per categorie di velivoli aerei che non sono compresi nel campo di applicazione della direttiva europea (2003/87/CE) (velivoli che effettuano voli di Stato o adibiti alle emergenze e alla sicurezza nazionale).

        Devono inoltre essere superate alcune incertezze interpretative prodotte dall'entrata in vigore della disciplina introdotta con l'articolo 34, comma 52, del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito dalla legge n. 221 del 2012, e con l'articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 5 del 2012, convertito dalla legge n. 35 del 2012, e riguardanti la persistenza dell'obbligo di trasmettere la dichiarazione di installazione degli impianti termici civili all'autorità competente per i controlli, le caratteristiche degli impianti anzidetti e il termine per l'integrazione del libretto di centrale da parte del responsabile della manutenzione dell'impianto.

Titolo IV (Disposizioni relative al green public procurement).

        Deve essere premesso che l'uso strategico degli appalti pubblici, attraverso l'applicazione di criteri ambientali minimi nelle procedure di acquisto di beni e servizi, è stabilito nelle direttive europee sugli appalti che sottolineano la necessità di tener conto del costo dell'intero ciclo di vita dei prodotti (cosiddetta Green Economy) e la Commissione europea ha indicato come obiettivo da raggiungere la quota del 50 per cento in valore di appalti pubblici verdi; a questo scopo, è stato adottato, con decreto interministeriale 11 aprile 2008, aggiornato e riveduto con decreto 10 aprile 2013, il «Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione» (PAN GPP). La criticità è costituita dal fatto che le indicazioni contenute nel Piano e nei decreti attuativi riguardanti le diverse categorie di prodotti o servizi non hanno ancora trovato una sufficiente applicazione da parte delle amministrazioni interessate. I criteri ambientali minimi sono stati applicati solo in parte, restando ancora lontano l'obiettivo del 50 per cento di acquisti verdi effettuati dalle pubbliche amministrazioni. Ciò non ha permesso di dispiegare appieno le potenzialità di questo strumento. Ad esempio, per l'illuminazione pubblica, gli apparati poco efficienti presenti nei comuni italiani comportano una spesa annua di circa 1.300 milioni di euro, mentre la loro sostituzione con nuovi impianti rispondenti ai criteri ambientali minimi predisposti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare porterebbe a una riduzione di spesa di circa 500 milioni di euro all'anno.

Titolo V (Incentivi per i prodotti derivanti da materiali post consumo).

        Le criticità rilevate attengono al fatto che gli obiettivi relativi al riciclaggio e alla raccolta differenziata non sono stati perseguiti in modo omogeneo sul territorio nazionale. Attualmente la percentuale media nazionale di raccolta differenziata si attesta sul valore del 39,9 per cento, ma a fronte di aree con livelli del 50-55 per cento e aree con livelli del 20-25 per cento (fonte ISPRA, rapporto Rifiuti urbani 2013). Dopo il 2008, la raccolta – e in particolare la raccolta differenziata dei rifiuti urbani – ha continuato a crescere, anche in termini quantitativi, in tutti o quasi gli ambiti di raccolta post

consumo (dalla carta alla plastica), mentre ha risentito negativamente della contrazione produttiva nei settori di raccolta pre-consumo (scarti di lavorazione che hanno un peso particolarmente rilevante in vari settori, come l'alluminio e le materie ferrose). Per alcuni settori (carta, vetro, metalli) il flusso di riciclaggio nelle quantità previste dalla norma è garantito dall'attuale dinamica di domanda e offerta in un mercato ormai globale; per altri (plastiche, sostanza organica, inerti) il mercato non è ancora in grado di assorbire tutti i materiali raccolti.

Titolo VI (Gestione dei rifiuti).

        Sussistono evidenti e ben conosciuti problemi in relazione sia alla raccolta sia allo smaltimento dei rifiuti urbani, risultando ancora modeste le percentuali di smaltimento differenziato. Infatti, l'attuale situazione della percentuale di raccolta differenziata risulta in Italia molto differenziata a seconda delle zone geografiche, come registrato dall'ISPRA nel 2011-2012, con un valore medio inferiore al 40 per cento, con aree del Paese con livelli del 50/55 per cento ed altre aree ancora al 20/25 per cento.

        Sono stati altresì evidenziati problemi applicativi connessi alla cessazione di operatività dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti, atteso il subentro nelle funzioni dallo stesso esercitate della competente Direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per il mancato adeguamento della normativa che richiama l'ente soppresso.

        Alcune problematicità sono connesse alla mancata attuazione delle direttive in materia di RAEE e di rifiuti di pile e accumulatori e, più in generale, alla necessità di ribadire l'inderogabilità del diritto dell'Unione europea in materia ambientale.

        Le criticità attengono anche alla localizzazione nel territorio degli impianti di incenerimento, dove è stata spesso trascurata una fase di consultazione con le popolazioni locali. Nel complesso, in Italia attualmente il trattamento termico riguarda circa il 18 per cento dei rifiuti urbani.

Titolo VII (Difesa del suolo).

        La criticità è costituita dalla proroga delle Autorità di bacino di rilievo nazionale istituite dalla legge n. 183 del 1989, pur essendo stati individuati i distretti dall'articolo 63 del decreto legislativo n. 162 del 2006, che non è stato ancora attuato non essendo stato possibile raggiungere l'intesa con le regioni necessaria all'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ivi previsto. Nel contempo sono stati rilevati ritardi nella predisposizione dei piani di bacino, dei piani di gestione del rischio alluvione, dovendosi tenere conto delle scadenze europee di cui alla «direttiva quadro acque» e alla «direttiva alluvioni»; devono essere anche considerati gli esiti della Conferenza nazionale sul rischio idrogeologico promossa da numerose associazioni e organizzazioni il 6 febbraio 2013.

        È rilevante il problema della mancanza di risorse per provvedere alla demolizione delle opere edilizie abusive realizzate in zone censite

a rischio elevato o molto elevato di dissesto idrogeologico. A fronte di 46.760 ordinanze di demolizione emesse in 72 comuni capoluogo di provincia, solo 4.956 sono state eseguite. Da una stima effettuata dal CRESME, emerge che tra il 2003 e il 2011 sono stati realizzati 258.000 immobili abusivi (ivi compresi ampliamenti di entità rilevante di immobili esistenti). Deve infatti essere considerato che dai dati acquisiti dalla competente Direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sul rischio idrogeologico in Italia, il 9,8 per cento della superficie del territorio nazionale è stata inserita nelle aree ad alta criticità idrogeologica (ove il rischio è «elevato» o «molto elevato»), per un totale di 6.633 comuni (81,9 per cento dei comuni italiani).

Titolo VIII (Disposizioni per garantire l'accesso universale all'acqua).

        L'Italia, per rispettare gli standard ambientali previsti dalla direttiva 91/271/CE, sulle «acque reflue urbane», ed evitare le sanzioni per il mancato raggiungimento degli stessi, connessi all'avvio di numerose procedure di infrazione, deve porre in essere investimenti nelle infrastrutture idriche di rilevante entità (stimabili in circa 65 miliardi di euro in 15 anni, ossia 5 miliardi di euro all'anno).

        Inoltre, in relazione all'erogazione del servizio idrico, una criticità è costituita dalle difficoltà economiche nelle quali versano molte famiglie a basso reddito, che si vedono negata anche una erogazione minima dell'acqua, bene comune.

Titolo IX (Procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici).

        La criticità è connessa al fatto che la Corte costituzionale (sentenza n. 272 del 2010) ha affermato la spettanza allo Stato della competenza legislativa per la regolamentazione dei procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici.

Titolo X (Disposizioni in materia di disciplina degli scarichi e del riutilizzo dei rifiuti vegetali).

        Profili di criticità attengono alla disparità di trattamento tra operatori, nonostante i reflui prodotti e trattati siano analoghi: in base al disposto dell'articolo 101, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 2006 le acque di vegetazione sono assimilate alle acque reflue domestiche se provenienti dall'attività di coltivazione di terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità, mentre sono considerate acque reflue industriali se provenienti da frantoi per conto terzi. Risulta pertanto agevolato l'olivicoltore proprietario del terreno con frantoio annesso, rispetto ai cosiddetti «frantoiani», i quali svolgono il servizio di molitura per conto terzi, senza avere la proprietà del prodotto, i quali possono scaricare in pubblica fognatura solo a

seguito di specifica autorizzazione, dietro il corrispettivo di una tariffa più elevata.

        Per quanto attiene alla combustione dei residui vegetali, il problema è dovuto al fatto che il decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, nel modificare l'articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2008, in recepimento della direttiva 2008/98/CE, ha utilizzato una formulazione che finisce per vietare alcune pratiche agricole, senza individuare strumenti idonei per effettuare lo smaltimento dei residui vegetali ove prodotti qualora non sussista pericolo per l'ambiente e per la salute e creando anche un aumento dei costi per le aziende agricole interessate.

Titolo XI (Disposizioni in materia di capitale naturale e contabilità ambientale).

        Le problematiche attengono alla necessità di sviluppare le conoscenze necessarie ad assicurare una gestione efficiente e sostenibile del capitale naturale e di rispettare le raccomandazioni degli organismi internazionali e dell'Unione europea, riducendo i sussidi diretti e indiretti esistenti che risultino potenzialmente dannosi per la biodiversità e l'ambiente.

B) Indicazione degli obiettivi (di breve, medio o lungo periodo) perseguiti con l'intervento normativo.

Titolo I (Protezione della natura e della fauna e strategia dello sviluppo sostenibile).

        L'obiettivo è di rendere più snella ed efficiente l'azione istituzionale degli enti coinvolti, consentendo peraltro una più agevole gestione delle risorse finanziarie ad essi attribuite, con ricadute positive sulle economie locali. In particolar modo, limitando il controllo ministeriale sugli atti fondamentali, l'Ente parco potrebbe recuperare la propria necessaria speditezza operativa, con conseguente semplificazione dei tempi e una più celere soddisfazione delle richieste provenienti dai soggetti pubblici e privati, in particolare dalle imprese, interessati alle iniziative, alle valutazioni, alle attività del parco.

Titolo II (Procedure di valutazione di impatto ambientale).

        La semplificazione dei procedimenti amministrativi rappresenta l'obiettivo primario dell'intervento sulle procedure di valutazione di impatto ambientale per dare risposte in termini di maggiore efficienza ai casi presi in esame.

Titolo III (Emissioni in atmosfera e gas ad effetto serra).

        L'obiettivo è un allineamento di maggior precisione della regolamentazione vigente ai parametri della normativa europea, effettuando interventi di tipo correttivo su alcune norme di recepimento della predetta normativa.

Titolo IV (Disposizioni relative al green public procurement).

        L'intervento normativo si propone innanzitutto di promuovere il cosiddetto green public procurement, già oggetto di un Piano d'azione nazionale, adottato con decreto ministeriale 11 aprile 2008, n. 135, che secondo la definizione dell'Unione europea è l'approccio in base al quale le amministrazioni pubbliche integrano nella loro azione l'obiettivo di promuovere la tutela ambientale, incoraggiando la diffusione di nuove tecnologie ambientali e la ricerca e la scelta dei risultati, delle soluzioni e di prodotti ad alta efficienza ambientale lungo l'intero ciclo di vita. Attese le criticità evidenziate nella sezione I, si ritiene indispensabile rendere obbligatori l'applicazione dei criteri ambientali minimi per l'acquisto delle categorie di beni e servizi che hanno maggiore relazione con il consumo di energia e con la produzione di rifiuti. Il decreto ministeriale sopra citato ha previsto che con appositi decreti siano definiti, per categorie merceologiche, gli obiettivi di sostenibilità ambientale da raggiungere per gli acquisti, così come definiti dal Piano.

Titolo V (Incentivi per i prodotti derivanti da materiali post consumo).

        Si vuole incentivare la produzione e la vendita di prodotti ottenuti con materiali riciclati derivanti dal trattamento di oggetti post consumo e dalle raccolte differenziate di rifiuti urbani.

        L'obiettivo è già previsto dalla normativa europea e nazionale e prevede una percentuale di riciclaggio obbligatorio per i gestori del servizio (50 per cento dei principali flussi riciclabili entro il 2020). L'intervento proposto individua obiettivi intermedi ragionevoli al 2014 (35 per cento) e al 2018 (45 per cento). La nuova scansione temporale degli obiettivi tiene conto dell'attuale situazione delle raccolte differenziate in Italia, così come registrate dall'ISPRA nel 2011-2012, con un valore medio inferiore al 40 per cento, con aree del Paese con livelli del 50/55 per cento ed altre aree ancora al 20/25 per cento. Proprio in ragione di tali differenze geografiche occorre favorire comportamenti virtuosi dei comuni e delle ATO, premiando i comuni già virtuosi ed incentivando i comuni ancora con standard bassi di raccolta differenziata.

Titolo VI (Rifiuti).

        Le disposizioni perseguono finalità strategiche per la politica ambientale in tema di rifiuti: la prima attiene all'incentivazione della raccolta differenziata e all'agevolazione del recupero con procedure più snelle per ottenere la cessazione della qualifica di rifiuto.

        Per quanto attiene alla raccolta differenziata, una volta raggiunto l'obiettivo del 65 per cento e quindi del 50/55 per cento di riciclaggio, una parte prevalente dei rifiuti residui (almeno il 30/35 per cento) deve essere avviato a recupero energetico. Pertanto, nel breve periodo, è prevista una moratoria di un anno al rilascio di autorizzazione per nuovi impianti di trattamento termico di rifiuti urbani indifferenziati, in modo che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare possa censire gli impianti esistenti, valutando la potenzialità

a regime, confrontandola con la stima della domanda di trattamento termico prevista per i prossimi anni, definendo così il fabbisogno nazionale di impianti (Piano nazionale degli impianti di trattamento termico dei rifiuti urbani).

        Obiettivo della disposizione relativa all'esercizio delle funzioni già svolte dall'Osservatorio nazionale dei rifiuti è garantire l'adempimento dei compiti di vigilanza, scaturenti dalla direttiva 2008/98/CE e dalla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006, conservando il risparmio di spesa conseguente alla disposta soppressione dell'ente.

        Inoltre alcune disposizioni specifiche intendono portare a compimento la gestione di particolari categorie di rifiuti (imballaggi compostabili, RAEE, rifiuti di pile e accumulatori), sistemando anche gli aspetti relativi alla riassegnazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare delle già previste tariffe a carico dei produttori.

        Obiettivo di semplificazione è perseguito anche in riferimento al sistema delle ordinanze ai sensi dell'articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006.

        La disposizione che modifica la disciplina per la gestione degli oli e grassi vegetali si propone di adeguare più correttamente la normativa di recepimento alla regolazione comunitaria, eliminando l'effetto discorsivo della concorrenza rappresentato dall'obbligatoria partecipazione al CONOE imposta agli operatori del settore e abolendo alcuni oneri aggiuntivi previsti in precedenza per i raccoglitori, riciclatori e recuperatori, non produttori dei rifiuti.
Da ultimo, quanto agli impianti di incenerimento di rifiuti urbani indifferenziati, l'obiettivo è l'individuazione della disponibilità sul territorio nazionale di tali impianti, nonché il fabbisogno nazionale residuo di tali impianti, in modo da determinare, a medio termine, una rete nazionale integrata ed adeguata di impianti di incenerimento di rifiuti urbani (in linea con quella di cui all'articolo 16 della direttiva 2008/98/CE).

Titolo VII (Difesa del suolo).

        Il disegno di legge vuole rendere operativo il nuovo assetto delle Autorità di bacino, come introdotto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, al fine di un efficace controllo del rischio idrogeologico.

        L'obiettivo è anche rendere effettiva, e più celere, l'esecuzione degli interventi di rimozione e demolizione degli immobili abusivi realizzati nelle zone a rischio elevato o molto elevato di dissesto idrogeologico.

Titolo VIII (Disposizioni per garantire l'accesso universale all'acqua).

        L'obiettivo è la realizzazione degli investimenti strategici nel settore idrico, completando le reti di fognatura e depurazione e riducendo l'onere finanziario della realizzazione di investimenti nel settore idrico, con vantaggi per l'utenza. In tal modo si possono evitare possibili sanzioni da parte della Commissione europea per inadempimento, indirizzando la realizzazione delle infrastrutture in un quadro di recepimento dei principi della strategia Blue Print.

        La finalità è garantire l'accesso universale all'acqua, tenuto conto dell'esito referendario del 2011. In particolare, si vuole assicurare alle famiglie a basso reddito, introducendo tariffe agevolate, l'utilizzo del bene comune acqua, essenziale al soddisfacimento dei bisogni fondamentali dell'individuo.

Titolo IX (Procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici).

        L'obiettivo è una corretta disciplina dei procedimenti autorizzatori, modificando opportunamente il codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo n. 259 del 2003, prevedendo una partecipazione alle spese amministrative da parte dei soggetti richiedenti.

Titolo X (Disposizioni in materia di disciplina degli scarichi e del riutilizzo dei rifiuti vegetali).

        L'obiettivo è l'eliminazione della menzionata disparità tra soggetti che gestiscono frantoi e latifondisti, nonché rendere possibile l'eventuale riutilizzo di rifiuti vegetali nel luogo della loro produzione.

Titolo XI (Disposizioni in materia di capitale naturale e contabilità ambientale).

        L'obiettivo è l'elaborazione dei costi ambientali attraverso il sistema di contabilità ambientale (regolamento (UE) n. 691/2011); tali costi dovranno essere considerati all'interno del processo decisionale governativo in materia economica e finanziaria e di sviluppo.

        Altro obiettivo essenziale è l'adeguamento agli standard posti dall'Unione europea e dagli organismi internazionali che richiedono la revisione dell'ambito di applicazione delle esenzioni e agevolazioni IVA e delle agevolazioni fiscali dirette in relazione all'impatto sull'ambiente.

C) Descrizione degli indicatori che consentiranno di verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi indicati e di monitorare l'attuazione dell'intervento nell'ambito della VIR.

        Posto che l'intervento regolatorio in oggetto si propone plurimi obiettivi, tanto da essere definibile una vera e propria «Agenda Verde», il grado di raggiungimento degli stessi sarà verificato dalle competenti direzioni del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per mezzo di indicatori dalle stesse determinati, verifica della quale si darà atto con monitoraggio annuale.

        Per quanto riguarda gli obiettivi di semplificazione dei procedimenti, gli indicatori devono includere anche rilevazioni sui tempi di svolgimento delle procedure per il rilascio dei provvedimenti oggetto dell'intervento.

        In particolare, per quanto attiene all'ambito del green public procurement, il monitoraggio avverrà nell'ambito di quanto già previsto

dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici che, in base a un accordo con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sta già attuando il monitoraggio degli appalti pubblici verdi, utilizzando i seguenti indicatori: 1) percentuale per singola categoria di beni o servizi di acquisti pubblici verdi sul totale degli acquisti della pubblica amministrazione; 2) risparmio della spesa per minori consumi energetici dovuti ad acquisti pubblici di apparecchiature e servizi connessi al consumo di energia.

D) Indicazione delle categorie dei soggetti, pubblici e privati, destinatari dei principali effetti dell'intervento legislativo.

        Data l'ampiezza dell'ambito di intervento normativo, i destinatari sono il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'ISPRA, i consorzi espressamente indicati e anche i cittadini, in virtù della più accentuata tutela garantita al bene ambiente. Inoltre tra i destinatari vi sono anche le imprese fornitrici di beni e servizi, tutte le centrali di acquisto della pubblica amministrazione, CONSIP, Ministeri, regioni, comuni, enti locali, Autorità di bacino, consorzi di varia natura, associazioni di categoria, associazioni industriali, imprese, anche medio-piccole, che si occupano della produzione di materiale post consumo, di recupero e riciclaggio dei rifiuti urbani, di realizzazione di infrastrutture per impianti radioelettrici, di produzione, riciclo e trasporto di oli e grassi vegetali e animali esausti, e in generale di gestione dei rifiuti, piccoli artigiani produttori di olio (frantoiani) e coltivatori diretti.

SEZIONE 2.
PROCEDURE DI CONSULTAZIONE PRECEDENTI L'INTERVENTO

        Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha predisposto un disegno di legge che compendia i risultati delle specifiche istruttorie gestite dalle Direzioni generali competenti in relazione alle singole materie, nel corso delle quali sono state svolte consultazioni con le imprese, gli operatori e le associazioni rappresentative di categorie di destinatari delle disposizioni.

        Molte delle materie oggetto del provvedimento sono state analizzate sia nella Conferenza delle regioni e delle province autonome, sia nel Tavolo tecnico permanente istituito tra il Ministero e la Conferenza delle regioni e delle province autonome. Nello specifico si segnala il parere espresso dalla Conferenza unificata nella seduta del 23 settembre 2013.

        Recentemente, le tematiche oggetto dell'intervento sono state all'oggetto di discussione in occasione dell'incontro del 12 novembre 2013 tra il Ministro e il CESPA (Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali), organismo di consultazione per la valutazione delle strategie delle politiche ambientali, il quale ha condiviso, nelle linee generali, l'azione del Ministero, pur senza esaminare nel dettaglio i profili contenutistici del disegno di legge, in relazione ai quali i

componenti del CESPA sono stati invitati a trasmettere contributi propositivi.
      In particolare:

            in relazione al titolo III (Emissioni in atmosfera e gas ad effetto serra), la consultazione è stata effettuata con gli operatori dei velivoli di Stato e, quanto agli impianti termici civili, sono pervenute segnalazioni circa l'incertezza interpretativa prodotta dall'entrata in vigore di alcune norme da parte di alcune associazioni di categoria (come Confartigianato) e da autorità regionali, provinciali e comunali;

            in relazione al titolo IV (Disposizioni relative al green public procurement), il coinvolgimento delle parti interessate (industria, centrali d'acquisto, associazioni di categoria, enti di ricerca, eccetera) è assicurato nell'ambito delle procedure previste dal «Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione» (PAN GPP), adottato con decreto interministeriale 11 aprile 2008, recentemente aggiornato e riveduto con decreto 10 aprile 2013. Il coinvolgimento ha riguardato in particolare i soggetti interessati (associazioni di categoria, associazioni industriali, amministrazioni centrali e regionali, centrali d'acquisto, CONSIP, AVCP, ENEA, ISPRA eccetera).

SEZIONE 3.
VALUTAZIONE DELL'OPZIONE DI NON INTERVENTO DI REGOLAMENTAZIONE (OPZIONE ZERO)

        Le specifiche opzioni di non intervento non risultano percorribili, attese le criticità evidenziate ad assetto normativo vigente.

        In particolare:

            in relazione al titolo III (Emissioni in atmosfera e gas ad effetto serra), la mancata applicazione della modifica da apportare al testo del decreto legislativo n. 30 del 2013 comporterebbe adempimenti non richiesti in base al quadro normativo europeo, con possibili sanzioni a carico degli operatori di velivoli al servizio dello Stato. Senza un intervento legislativo in materia di impianti termici civili, resterebbero incerte le caratteristiche tecniche alle quali devono fare riferimento gli installatori per la dichiarazione di conformità e i responsabili dell'esercizio e la manutenzione degli impianti termici per l'integrazione del libretto di centrale, con il rischio di inadempimento della prescrizione relativa all'invio delle informazioni all'autorità competente e conseguente impossibilità di fatto di esercitare i relativi controlli;

            quanto al titolo IV (Disposizioni relative al green public procurement) e al titolo V (Incentivi per i prodotti derivanti da materiali post consumo), il mancato intervento innovatore non permetterebbe di raggiungere in tempi accettabili gli obbiettivi posti dall'Unione europea con la strategia Europa 2020 (comunicazione COM(2010) 2020 definitivo) e dalla normativa nazionale. Nell'articolare tali priorità, la

citata comunicazione ha individuato sette «iniziative faro», e tra queste figura quella riguardante «Un'Europa efficiente sotto il profilo delle risorse» (COM (2011) 571 definitivo), che comprende proprio il cosiddetto «green public procurement» (GPP), ossia gli «appalti verdi» che, se pienamente applicati, potrebbero portare a significativi risultati sia in campo ambientale che economico, tra cui la diffusione di modelli di consumo e di acquisto sostenibili, la razionalizzazione della spesa pubblica, lo stimolo per le imprese a investire in tecnologie verdi e a proporre soluzioni eco-innovative, la riduzione degli impatti ambientali dei consumi, la riduzione della spesa complessiva che la collettività sopporta per l'acquisto, l'uso e lo smaltimento finale dei prodotti o dei servizi acquistati;

            in relazione al titolo VI (Rifiuti), la mancata introduzione di una nuova scansione temporale degli obiettivi intermedi, che tenga conto delle differenze di percentuale della raccolta differenziata a seconda delle zone geografiche del territorio già segnalate, e la mancata introduzione di uno strumento economico che possa favorire comportamenti virtuosi dei comuni e delle ATO (riduzione del tributo speciale per il conferimento in discarica e non solo, come ora, la non applicazione dell'addizionale) e di incentivo dei comuni ancora con standard bassi di raccolta differenziata, mediante il mantenimento dello strumento penalizzante (addizionale al tributo per il conferimento in discarica), non consentirebbe il raggiungimento degli obiettivi del riciclaggio al 50 per cento. Non istituire una rete nazionale integrata e adeguata di impianti di incenerimento dei rifiuti attraverso la riapertura di un tavolo con le regioni e le realtà territoriali impedisce il monitoraggio degli impianti esistenti ed il raggiungimento di determinazioni condivise sulle localizzazione degli impianti di incenerimento dei rifiuti;

            quanto al titolo VII (Difesa del suolo), senza l'istituzione di un apposito capitolo di spesa, centralizzato presso il Ministero, per il finanziamento della rimozione o demolizione di opere o immobili realizzati in aree a rischio idrogeologico elevato o molto elevato in assenza o totale difformità dal permesso di costruire, permarrebbe l'attuale situazione di sostanziale ineffettività dei provvedimenti di demolizione degli immobili abusivi in zone soggette a rischio idrogeologico, considerata anche la cogenza dei limiti del patto di stabilità per i comuni;

            quanto al titolo VIII (Disposizioni per garantire l'accesso universale all'acqua) l'obiettivo del potenziamento delle infrastrutture idriche, non può essere perseguito che attraverso un finanziamento attraverso un apposito Fondo di garanzia finalizzato a tali interventi, le cui risorse vengano alimentate da una specifica componente della tariffa idrica;

            per quanto attiene al titolo XI, l'istituzione del Comitato per il capitale naturale e del «Catalogo dei sussidi dannosi e favorevoli per l'ambiente» risulta essenziale al raggiungimento degli obiettivi indicati.

SEZIONE 4.
OPZIONE ALTERNATIVE ALL'INTERVENTO REGOLATORIO

        Non sono individuabili interventi alternativi alla regolamentazione proposta in grado di dare risultati equiparabili e garantire il raggiungimento degli obiettivi stabiliti.

        Per gli ambiti di corretto recepimento alla normativa dell'Unione europea o di superamento delle criticità che avevano portato all'apertura di procedure di infrazione da parte della Commissione europea non sono state valutate, nel merito, opzioni alternative, atteso l'obbligo di piena conformazione alle disposizioni vigenti nell'Unione europea.

SEZIONE 5.
GIUSTIFICAZIONE DELL'OPZIONE REGOLATORIA PROPOSTA E VALUTAZIONE DEGLI ONERI AMMINISTRATIVI E DELL'IMPATTO SULLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE

A) Svantaggi e vantaggi dell'opzione prescelta per destinatari diretti e indiretti.

        Deve essere premesso, in generale, che gli interventi promossi hanno la finalità di fornire strumenti efficaci in materia di governance ambientale, a vantaggio della tutela dell'ambiente, della salute pubblica, dell'accesso alla risorsa universale dell'acqua, e anche promuovendo e incentivando il mercato delle imprese della green technology.

        Quanto agli oneri amministrativi sui privati, deve innanzitutto essere premesso che le proposte di semplificazione comportano un'innegabile eliminazione di burocrazia e di riduzione dei costi amministrativi per i destinatari. Ciò vale, ad esempio, per l'istituzione della Commissione tecnica unificata in riferimento alla gestione dei procedimenti per le VIA, VAS e AIA statali, con contestuale revisione al ribasso dei compensi dei membri della Commissione. E anche in riferimento all'eliminazione di inutili oneri di comunicazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare delle ordinanze contingibili e urgenti emesse dai presidenti delle regioni ai sensi dell'articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Del pari per i provvedimenti oggetto degli interventi di cui ai titoli VIII e IX.

        Anche le disposizioni che impongono il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata, in stretta connessione con il sostegno al mercato del riciclo, indirettamente rivolte alla cittadinanza, comporteranno indubbi vantaggi per la collettività e anche per le imprese che potranno dedicarsi al mercato del recupero.

B) Individuazione e stima degli effetti dell'opzione prescelta sulle micro, piccole e medie imprese.

        Quanto agli oneri amministrativi e all'impatto sulle piccole e medie imprese (PMI), deve innanzitutto essere premesso che le

proposte di semplificazione comportano una innegabile eliminazione di burocrazia e di riduzione dei costi amministrativi per i destinatari e le PMI.

        Nello specifico, per quanto attiene al titolo IV (Disposizioni relative al green public procurement), l'intervento normativo indirizza gli acquisti delle stazioni appartanti verso beni rispondenti a criteri minimi ambientali, con costi maggiori all'inizio, favorendo i produttori di tali beni e, di conseguenza, incentivando la produzione di prodotti e servizi a minore impatto ambientale. Su tali categorie di beni e servizi larga parte del nostro sistema produttivo di piccole e medie imprese ha già investito risorse e non potrà che trarne beneficio. Ovviamente tale scelta potrebbe comportare una contrazione di mercato per le PMI che non hanno investito su prodotti verdi e che non riescono, anche per l'attuale congiuntura economica, a innovare la loro produzione o i loro servizi in conformità ai nuovi criteri introdotti.

C) Indicazione e stima degli obblighi informativi e dei relativi costi amministrativi, introdotti o eliminati a carico di cittadini e imprese.

        L'intervento proposto, avendo carattere semplificatorio, non produce, ma semmai riduce obblighi informativi e relativi costi amministrativi a carico di cittadini e imprese.

D) Condizioni e fattori incidenti sui prevedibili effetti dell'intervento regolatorio.

        Non esistono condizioni o fattori che possano incidere sull'attuazione del nuovo intervento regolatorio per quanto attiene alle strutture organizzative delle pubbliche amministrazioni, che sono già in grado di applicare le nuove disposizioni senza aggravi per la finanza pubblica.

SEZIONE 6.
INCIDENZA SUL CORRETTO FUNZIONAMENTO CONCORRENZIALE DEL MERCATO E SULLA COMPETITIVITÀ DEL PAESE

        L'intervento regolatorio per i contenuti di semplificazione delle procedure che contiene, avrà un'incidenza positiva sul funzionamento concorrenziale del mercato e sulla competitività, restando in linea con la normativa europea.

        In particolare, rendendo obbligatori i criteri ambientali minimi per l'acquisto di categorie di beni e servizi che hanno maggiore relazione con il consumo di energia e con la produzione di rifiuti (titolo IV), si avrà un indubbio effetto positivo sul mercato, favorendo l'offerta di prodotti e servizi innovativi sotto il profilo delle prestazioni ambientali, su cui larga parte del nostro sistema produttivo, e delle PMI in particolare, ha già investito ingenti risorse, per cui si rafforza

la competitività delle stesse. Inoltre lo stimolo dato ai processi innovativi non produce aspetti distorsivi della concorrenza, posto che l'intervento proposto rientra pienamente nel quadro della normativa sugli appalti, sia quella attualmente in vigore (codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006), sia quella prefigurata dalle nuove direttive europee sugli appalti pubblici: le disposizioni non limitano il numero dei fornitori di un determinato bene o servizio e favoriscono la difesa delle PMI italiane dalla concorrenza sleale.

        Anche per ciò che attiene alle disposizioni per garantire l'accesso universale all'acqua, laddove si favoriscono gli investimenti, non potrà derivare alcuna turbativa al rispetto della concorrenza e nessuna penalizzazione alla competitività delle imprese italiane. In particolare, il ricorso al Fondo di garanzia per la realizzazione degli interventi è consentito a soggetti già affidatari del servizio idrico, per cui il rispetto del principio della concorrenza è assicurato a monte, proprio nella fase dell'affidamento.

        Per quanto riguarda le disposizioni relative al titolo X, la norma relativa alle acque vegetazione provenienti da frantoi oleari, rimuovendo una disparità di trattamento di applicazione della norma tra categorie di imprese, faciliterà la concorrenza.

SEZIONE 7.
MODALITÀ ATTUATIVE DELL'INTERVENTO DI REGOLAMENTAZIONE

A) Soggetti responsabili dell'attuazione dell'intervento regolatorio proposto.

        Soggetto responsabile dell'attuazione dell'intervento regolatorio proposto è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Le stazioni pubbliche appaltanti sono altresì responsabili in relazione all'attuazione degli interventi previsti dal titolo IV in materia di appalti pubblici.

B) Eventuali azioni per la pubblicità e per l'informazione dell'intervento.

        Il provvedimento sarà pubblicato sul sito web istituzionale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e non si prevedono altre forme di pubblicità.

C) Strumenti per il controllo e il monitoraggio dell'intervento regolatorio.

        In generale l'intervento normativo utilizza il vigente sistema di vigilanza e controllo disciplinato dal decreto legislativo n. 152 del 2006, nonché gli specifici strumenti per il monitoraggio e controllo

dell'applicazione della norma introdotti nella disciplina delle materie di pertinenza.

        In particolare, per quanto attiene al green public procurement, l'applicazione delle regolamentazione proposta verrà monitorata, nell'ambito di quanto già previsto dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, che, in accordo con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sta già attuando il monitoraggio degli appalti pubblici verdi. Non sono previste nuove forme di controllo e di monitoraggio dell'intervento normativo in tema di accesso universale all'acqua, pertanto queste saranno effettuate in sede di approvazione dei piani di ambito e delle tariffe del servizio idrico integrato secondo le modalità previste dalle norme di settore vigenti.

D) Eventuali meccanismi per la revisione e l'adeguamento periodico della prevista regolamentazione.

        I meccanismi di revisione e l'eventuale adeguamento sono già previsti nell'attuale regolamentazione dell'attività di controllo.

E) Aspetti prioritari da monitorare in fase di attuazione dell'intervento regolatorio e da considerare ai fini della VIR.

        Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare elaborerà nelle cadenze previste dalla legge la prescritta VIR, nella quale sarà presa in esame, prioritariamente, la verifica del raggiungimento degli obiettivi prioritari, già evidenziati nella sezione I, lettera C).

SEZIONE 8.
RISPETTO DEI LIVELLI MINIMI DI REGOLAZIONE EUROPEA

        L'intervento regolatorio, nei rispettivi ambiti, non introduce livelli di regolazione superiori a quelli minimi imposti a livello europeo dai pertinenti strumenti giuridici.


torna su
DISEGNO DI LEGGE
Titolo I
DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA PROTEZIONE DELLA NATURA E DELLA FAUNA E PER LA STRATEGIA DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE
Art. 1.
(Misure di semplificazione in materia di organizzazione e gestione degli Enti parco. Modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394).

      1. Alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 9:

              1) al comma 3, le parole: «d'intesa con» sono sostituite dalla seguente: «sentiti»;

              2) al comma 4, alinea, quarto periodo, dopo le parole: «aree protette e biodiversità» sono inserite le seguenti: «e tra i rappresentanti della Comunità del parco»;

              3) il comma 11 è sostituito dal seguente:
      «11. Il direttore del parco è nominato dal Consiglio direttivo in base alle attitudini, competenze e capacità professionali possedute in relazione alla specificità dell'incarico, nell'ambito di una terna di soggetti qualificati proposta dal Presidente del parco previa procedura concorsuale per titoli, con i criteri, i requisiti e le modalità definiti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, emanato entro sessanta

giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Il Presidente del parco stipula con il direttore un apposito contratto di diritto privato con attribuzione di un trattamento economico non superiore a quello dei dirigenti stabilito dal contratto collettivo nazionale di lavoro, area dirigenti, degli enti pubblici non economici, per una durata non superiore a cinque anni. Il direttore, se dipendente pubblico, è posto in aspettativa senza assegni dall'amministrazione di appartenenza per tutta la durata dell'incarico»;

          b) all'articolo 21, il comma 1 è sostituito dal seguente:
      «1. La vigilanza sugli Enti parco e sugli altri enti istituiti per la gestione delle aree naturali protette di rilievo nazionale o internazionale è esercitata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare mediante l'approvazione degli statuti, dei regolamenti, dei bilanci e delle piante organiche».

Art. 2.
(Modifica all'articolo 34 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, concernente la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile).

      1. All'articolo 34, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, le parole: «Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto il Governo,» sono sostituite dalle seguenti: «Il Governo,» e dopo la parola: «provvede» sono inserite le seguenti: «, con cadenza almeno triennale,».
      2. In sede di prima attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, l'aggiornamento della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile è effettuato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 3.
(Disposizioni relative al funzionamento della Commissione scientifica CITES).

      1. All'articolo 12, comma 23, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, fatti salvi gli oneri di missione. Agli oneri derivanti dal precedente periodo, quantificati in 20.000 euro annui, si provvede mediante corrispondente riduzione, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, dell'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 6, comma 1, della legge 31 luglio 2002, n. 179, per un importo pari a 20.000 euro annui».

Titolo II
DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE PROCEDURE DI VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE
Art. 4.
(Norme di semplificazione in materia di valutazioni di impatto ambientale incidenti su attività di scarico a mare di acque e di materiale di escavo di fondali marini e di loro movimentazione).

      1. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 26, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, al medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006 sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 104, dopo il comma 8 è aggiunto il seguente:
      «8-bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni ambientali di cui ai commi 5 e 7 sono istruite e rilasciate dalla stessa autorità competente per il provvedimento che conclude motivatamente il procedimento di valutazione

di impatto ambientale, d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico»;

          b) all'articolo 109:

              1) il secondo periodo del comma 5 è soppresso;

              2) dopo il comma 5 è aggiunto il seguente:
      «5-bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni ambientali di cui ai commi 2 e 5 sono istruite e rilasciate dalla stessa autorità competente per il provvedimento che conclude motivatamente il procedimento di valutazione di impatto ambientale».

Art. 5.
(Semplificazione organizzativa di VIA, VAS e AIA statali).

      1. L'articolo 8 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
      «Art. 8. – (Commissione tecnica unificata per i procedimenti VIA, VAS e AIA). – 1. È istituita la Commissione tecnica unificata per i procedimenti VIA, VAS e AIA, di seguito denominata “Commissione unificata”, la quale assicura il supporto tecnico-scientifico per l'attuazione delle disposizioni di cui alla presente parte. Alla Commissione unificata si applicano le disposizioni di cui all'articolo 5, comma 2-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
      2. La Commissione unificata svolge in particolare i seguenti compiti:

          a) provvede all'istruttoria dei progetti presentati dai proponenti, ai sensi della presente parte e in applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 dicembre 1988, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1989;

          b) esegue, in attuazione dell'articolo 185 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, l'istruttoria tecnica di cui all'articolo 184 del medesimo codice ed esprime il proprio parere sul progetto assoggettato alla valutazione di impatto ambientale presentato dal soggetto proponente;

          c) svolge le attività tecnico-istruttorie per la valutazione ambientale strategica dei piani e programmi la cui approvazione compete a organi dello Stato, in attuazione di quanto previsto dal titolo II della presente parte, ed esprime il proprio parere motivato per il successivo inoltro al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che adotta il conseguente provvedimento;

          d) svolge le attività istruttorie e di consulenza tecnica connesse al rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali di competenza statale;

          e) fornisce all'autorità competente, anche effettuando i necessari sopralluoghi, in tempo utile per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, un parere istruttorio conclusivo e pareri intermedi debitamente motivati, nonché approfondimenti tecnici in merito a ciascuna domanda di autorizzazione;

          f) fornisce al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare consulenza tecnica in ordine ai compiti del medesimo Ministero relativamente all'autorizzazione integrata ambientale di cui al titolo III-bis della presente parte.

      3. La Commissione unificata è composta da cinquanta esperti. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di natura non regolamentare, adottato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le modalità di organizzazione e funzionamento della Commissione unificata, inclusa la sua articolazione in sottocommissioni VIA, VIA Speciale, VAS e AIA,

a ciascuna delle quali è preposto un coordinatore. La programmazione dei lavori e la verifica del rispetto dei termini e delle altre modalità di svolgimento dell'attività della Commissione unificata, comprese le norme tecniche e organizzative di cui all'articolo 34, sono assicurate da un comitato di programmazione composto dai coordinatori delle sottocommissioni di cui al secondo periodo e dal direttore generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare competente per materia, il quale vi partecipa senza alcuna indennità o trattamento economico aggiuntivo, comunque denominato. Le modalità di funzionamento del comitato di programmazione sono definite con il decreto di cui al secondo periodo. Sino alla data di entrata in vigore di tale decreto, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni dei decreti adottati ai sensi degli articoli 9, comma 4, e 10, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90.
      4. I componenti della Commissione unificata durano in carica tre anni, sono nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito, limitatamente ai componenti della sottocommissione VIA Speciale, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e sono scelti sulla base di procedure di selezione pubblica, nel rispetto dell'equilibrio di genere, tra i professori e i ricercatori universitari, il personale delle amministrazioni pubbliche di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, incluso il personale del sistema delle agenzie per la protezione dell'ambiente e degli enti di ricerca, esperti e personalità di elevata qualificazione nelle materie concernenti la valutazione e il diritto ambientali. Con il decreto di cui al comma 3 o con distinto decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è disciplinata la procedura di selezione pubblica dei componenti della Commissione unificata, nel rispetto dei princìpi di trasparenza, pubblicità e imparzialità.
      5. I componenti della Commissione unificata provenienti dalle amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo. All'atto del collocamento fuori ruolo è reso indisponibile, per tutta la durata dell'incarico, un numero di posti nella dotazione organica dell'amministrazione di provenienza equivalente dal punto di vista finanziario.
      6. Per le valutazioni di impatto ambientale di infrastrutture e di insediamenti, per i quali sia riconosciuto, in sede di intesa, un concorrente interesse regionale, la Commissione unificata è integrata da un esperto designato, tra i soggetti aventi i requisiti di cui al comma 4, dalle regioni e dalle province autonome interessate. Per le attività relative a ciascuna domanda di autorizzazione integrata ambientale, la Commissione è integrata da un esperto designato, tra i soggetti aventi i requisiti di cui al comma 4, da ciascuna regione, da ciascuna provincia autonoma e da ciascun comune territorialmente competenti.
      7. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 3, è determinato il trattamento economico dei componenti della Commissione unificata, sulla base di un criterio di correlazione individuale tra piani, programmi e progetti valutati ed emolumenti percepiti. Nelle more dell'adozione del decreto di cui al primo periodo, ai componenti della Commissione unificata è corrisposto, a decorrere dalla data di effettivo insediamento, un trattamento forfetario pari al 70 per cento del trattamento economico già spettante ai componenti ordinari della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale – VIA e VAS, a valere sulle risorse di cui al comma 8.
      8. È posto a carico del soggetto committente il progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale il versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma pari allo 0,5 per mille del valore delle opere da realizzare. Tale somma, già inscritta nell'apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e tutela del territorio e del mare, è utilizzata per le spese della Commissione unificata. Sono poste a carico del richiedente l'autorizzazione integrata ambientale le somme indicate all'articolo 33, che continuano a essere riassegnate ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, secondo le procedure previste dal medesimo articolo 33. Alla copertura degli oneri necessari per il funzionamento della Commissione unificata si provvede con le risorse complessive di cui al presente comma, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, salvo quanto disposto al comma 9 del presente articolo.
      9. La verifica dell'ottemperanza alle prescrizioni della valutazione di impatto ambientale e dell'autorizzazione integrata ambientale di competenza statale, di cui, rispettivamente, agli articoli 28, comma 1, e 29-decies, comma 3, lettera a), è effettuata dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. Per la copertura degli oneri relativi all'attività svolta dall'Istituto, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa copertura integrale degli oneri di funzionamento della Commissione unificata con le modalità di cui al comma 8 del presente articolo, provvede a trasferire all'Istituto medesimo le ulteriori risorse disponibili nello stato di previsione del predetto Ministero ai sensi dell'articolo 2, commi 615, 616 e 617, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale programma le attività di verifica nel limite delle risorse rese disponibili dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e rendiconta le attività svolte, con le modalità di cui all'articolo 12, commi 4 e 5, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 21 maggio 2010, n. 123».

      2. A decorrere dalla data di insediamento della Commissione unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal comma 1 del presente articolo:

          a) sono abrogati gli articoli 9 e 10 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90;

          b) al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:

              1) l'articolo 8-bis è abrogato;

              2) all'articolo 29-ter, comma 4, primo periodo, le parole: «Commissione di cui all'articolo 8-bis» sono sostituite dalle seguenti: «Commissione di cui all'articolo 8»;

              3) all'articolo 33, comma 3-bis, al secondo periodo, le parole: «commissione istruttoria di cui all'articolo 8-bis» sono sostituite dalle seguenti: «Commissione di cui all'articolo 8» e, al terzo periodo, le parole: «commissione di cui all'articolo 8-bis» sono sostituite dalle seguenti: «Commissione di cui all'articolo 8»;

              4) all'articolo 33, comma 4, le parole: «Commissione di cui all'articolo 8-bis» sono sostituite dalle seguenti: «Commissione di cui all'articolo 8».

      3. A decorrere dalla data di cui al comma 2 sono soppresse la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale – VIA e VAS e la Commissione istruttoria per l'autorizzazione ambientale integrata – IPPC. I componenti della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale – VIA e VAS e della Commissione istruttoria per l'autorizzazione ambientale integrata – IPPC in carica alla data di entrata in vigore della presente legge cessano dalle loro funzioni alla data di scadenza stabilita per i rispettivi incarichi e comunque, se antecedente, alla data di cui al comma 2. Le Commissioni di cui al presente comma, anche se ricostituite dopo la data di scadenza di cui al secondo periodo, cessano comunque dalle loro funzioni alla data di insediamento

della Commissione unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal comma 1 del presente articolo, la quale subentra nella trattazione dei procedimenti in corso.
Art. 6.
(Casi di esclusione dalla valutazione ambientale strategica per i piani di gestione del rischio).

      1. All'articolo 9, comma 1-bis, del decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49, dopo le parole: «di cui all'articolo 7» sono inserite le seguenti: «, comma 3, lettera a),».

Titolo III
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI EMISSIONI E GAS A EFFETTO SERRA
Art. 7.
(Modifiche al decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30).

      1. Al decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 4, comma 10, la parola: «ventitré» è sostituita dalla seguente: «ventidue»;

          b) l'articolo 5 è sostituito dal seguente:
      «Art. 5. – (Ambito di applicazione). – 1. Le disposizioni del presente titolo si applicano, salvo quando previsto al comma 2, all'assegnazione e al rilascio di quote per le attività di trasporto aereo elencate all'allegato I svolte da un operatore aereo amministrato dall'Italia.
      2. Salva diversa disposizione, sono comunque escluse dall'ambito di applicazione del presente titolo le attività di volo effettuate con gli aeromobili di cui all'articolo 744, primo e quarto comma, del codice della navigazione»;

          c) all'articolo 26, comma 1, le parole: «comporta le seguenti conseguenze» sono sostituite dalle seguenti: «comporta una delle seguenti conseguenze»;

          d) all'articolo 36, comma 10, le parole: «di cui al comma 10» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al comma 9»;

          e) all'articolo 41, comma 2, dopo le parole: «all'articolo 23, comma 1,» sono inserite le seguenti: «all'articolo 28, comma 1,».

Art. 8.
(Impianti termici civili).

      1. Agli adempimenti relativi all'integrazione del libretto di centrale previsti dall'articolo 284, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, si procede, ove non espletati in precedenza, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      2. L'articolo 285 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
      «Art. 285. – (Caratteristiche tecniche). – 1. Gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia devono rispettare le caratteristiche tecniche previste dalla parte II dell'allegato IX alla presente parte pertinenti al tipo di combustibile utilizzato. I piani e i programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa possono imporre ulteriori caratteristiche tecniche, ove necessarie al conseguimento e al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria».

      3. All'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Restano altresì fermi gli obblighi di comunicazione previsti dall'articolo 284 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152».

Titolo IV
DISPOSIZIONI RELATIVE AL GREEN PUBLIC PROCUREMENT
Art. 9.
(Disposizioni per agevolare il ricorso agli appalti verdi).

      1. All'articolo 75, comma 7, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) dopo il primo periodo sono inseriti i seguenti: «Nei contratti relativi a lavori, servizi o forniture l'importo della garanzia, e del suo eventuale rinnovo, è ridotto del 20 per cento, anche cumulabile con la riduzione di cui al primo periodo, per gli operatori economici in possesso di registrazione al sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS), ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, e di certificazione ambientale ai sensi della norma UNI EN ISO 14001. Nei contratti relativi a servizi o forniture l'importo della garanzia, e del suo eventuale rinnovo, è ridotto del 20 per cento, anche cumulabile con la riduzione di cui ai periodi primo e secondo, per gli operatori economici in possesso, in relazione ai beni o servizi che costituiscano almeno il 50 per cento delle prestazioni oggetto del contratto, del marchio di qualità ecologica dell'Unione europea (Ecolabel EU), ai sensi del regolamento (CE) n. 66/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009»;

          b) al secondo periodo, le parole: «Per fruire di tale beneficio» sono sostituite dalle seguenti: «Per fruire dei benefìci di cui al presente comma» e le parole: «del requisito» sono sostituite dalle seguenti: «dei relativi requisiti».

      2. All'articolo 83 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1:

              1) alla lettera e) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e il possesso di un marchio di qualità ecologica dell'Unione europea (Ecolabel UE) in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto, in misura pari o superiore al 30 per cento delle prestazioni oggetto del contratto stesso»;

              2) alla lettera f) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, avuto anche riguardo ai consumi di energia e delle risorse naturali, alle emissioni inquinanti e ai costi complessivi, inclusi quelli esterni e di mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici, riferiti all'intero ciclo di vita dell'opera, bene o servizio»;

          b) al comma 2 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Il bando, nel caso di previsione del criterio di valutazione di cui al comma 1, lettera f), indica i dati che devono essere forniti dagli offerenti e il metodo che l'amministrazione aggiudicatrice utilizza per valutare i costi del ciclo di vita sulla base di tali dati. Il metodo di valutazione di tali costi rispetta le seguenti condizioni:

              1) si basa su criteri oggettivamente verificabili e non discriminatori;

              2) è accessibile a tutti i concorrenti;

              3) si basa su dati che possono essere forniti dagli operatori economici con un ragionevole sforzo».

Art. 10.
(Applicazione di criteri ambientali minimi negli appalti pubblici per le forniture e negli affidamenti di servizi).

      1. Dopo l'articolo 68 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è inserito il seguente:


      «Art. 68-bis. – (Applicazione di criteri ambientali minimi negli appalti pubblici per le forniture e negli affidamenti di servizi). – 1. In attuazione delle disposizioni del comma 1127 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nell'ambito delle categorie merceologiche per le quali la pubblica amministrazione, nelle procedure di approvvigionamento, adotta obiettivi di riduzione dei gas che alterano il clima e obiettivi relativi all'uso efficiente delle risorse coerenti con quelli indicati nella comunicazione della Commissione europea “Tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse” (COM(2011) 571 definitivo), è fatto obbligo, per gli appalti di forniture di beni e di servizi, di prevedere nei relativi bandi e documenti di gara l'inserimento almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei sotto indicati decreti, recanti criteri ambientali minimi ai sensi del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 11 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 dell'8 maggio 2008, riguardo ai seguenti prodotti o servizi:

          a) servizi energetici per gli edifici – servizio di illuminazione e forza motrice, servizio di riscaldamento/raffrescamento di edifici: decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 7 marzo 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 74 del 28 marzo 2012, e successivi aggiornamenti;

          b) attrezzature elettriche ed elettroniche d'ufficio, quali personal computer, stampanti, apparecchi multifunzione e fotocopiatrici: decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 22 febbraio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 64 del 19 marzo 2011, e successivi aggiornamenti;

          c) lampade HID e sistemi a LED, corpi illuminanti e impianti di illuminazione pubblica: decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 22 febbraio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 64 del 19 marzo 2011, e successivi aggiornamenti.

      2. L'obbligo di cui al comma 1 si applica, per almeno il 50 per cento del valore delle forniture, dei lavori o dei servizi oggetto delle gare d'appalto, anche alle seguenti categorie di prodotti o servizi oggetto dei sotto indicati decreti, recanti criteri ambientali minimi ai sensi del medesimo decreto di cui al comma 1, alinea:

          a) carta per copia e carta grafica: decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 4 aprile 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 2013, e successivi aggiornamenti;

          b) ristorazione collettiva e derrate alimentari: allegato 1 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 21 settembre 2011;

          c) affidamento del servizio di pulizia e per la fornitura di prodotti per l'igiene: decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 24 maggio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 142 del 20 giugno 2012;

          d) prodotti tessili: decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 22 febbraio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 64 del 19 marzo 2011, e successivi aggiornamenti;

          e) arredi per ufficio: decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 22 febbraio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 64 del 19 marzo 2011, e successivi aggiornamenti.

      3. L'obbligo di cui al comma 2 si applica anche alle forniture di beni e servizi e agli affidamenti di lavori aventi ad oggetto ulteriori categorie di prodotti o servizi indicate dal Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, approvato con il decreto di cui al comma 1, alinea, a decorrere dalla data di adozione dei relativi criteri minimi ambientali, ai sensi dell'articolo 2 del medesimo decreto».

Titolo V
DISPOSIZIONI INCENTIVANTI PER I PRODOTTI DERIVATI DA MATERIALI POST CONSUMO
Art. 11.
(Accordi di programma e incentivi per l'acquisto dei prodotti derivanti da materiali post consumo).

      1. Dopo l'articolo 206-bis del decreto legislativo 13 aprile 2006, n. 152, sono inseriti i seguenti:
      «Art. 206-ter. – (Accordi e contratti di programma per incentivare l'acquisto di prodotti derivanti da materiali post consumo). – 1. Al fine di incentivare il risparmio e il riciclo di materiali attraverso il sostegno all'acquisto di prodotti derivanti da materiali riciclati post consumo, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, può stipulare appositi accordi e contratti di programma:

          a) con le imprese che commercializzano prodotti derivanti da materiali post consumo recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani;

          b) con enti pubblici;

          c) con soggetti pubblici o privati;

          d) con le associazioni di categoria;

          e) con i soggetti incaricati di svolgere le attività connesse all'applicazione del principio di responsabilità estesa del produttore.

      2. Gli accordi e i contratti di programma di cui al comma 1 hanno ad oggetto:

          a) l'erogazione di incentivi in favore di attività imprenditoriali di commercializzazione di prodotti derivanti da materiali

post consumo, recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani, derivanti da carta riciclata, plastiche miste riciclate – automotive, oggettistica per la casa, pannelli fonoassorbenti, arredamenti per esterni, materiali e particolari per prefabbricati, vetro “fine” non avviabile alle vetrerie e compost di qualità;

          b) l'erogazione di incentivi in favore dei soggetti economici e dei soggetti pubblici che acquistano prodotti derivanti dai materiali di cui alla lettera a).

      3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, individua con decreto le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente da destinare, sulla base di apposite disposizioni legislative di finanziamento, agli accordi e ai contratti di programma di cui ai commi 1 e 2 e fissa le modalità di stipula dei medesimi accordi e contratti.

      Art. 206-quater. – (Incentivi per i prodotti derivanti da materiali post consumo). – 1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, stabilisce con decreto il livello di incentivo per ciascun materiale di cui all'articolo 206-ter e le percentuali minime di materiale post consumo che devono essere presenti nei manufatti per i quali possono essere erogati gli incentivi di cui al medesimo articolo 206-ter, in considerazione sia della materia risparmiata sia del risparmio energetico ottenuto riutilizzando i materiali, tenendo conto dell'intero ciclo di vita dei prodotti.
      2. Per l'acquisto e la commercializzazione di manufatti realizzati in plastica mista riciclata, l'incentivo erogato varia a seconda della categoria di prodotto, in

base ai criteri e alle percentuali stabiliti dall'Allegato L-bis alla presente parte.
      3. Gli incentivi di cui al comma 2 si applicano ai soli manufatti che impiegano plastiche eterogenee da riciclo post consumo in misura almeno pari alle percentuali indicate dall'Allegato L-bis alla presente parte. Il contenuto di plastica eterogenea da riciclo nei manufatti di cui al presente comma deve essere garantito da idonea certificazione, sulla base della normativa vigente.
      4. Gli incentivi di cui al presente articolo possono essere fruiti nel rispetto delle regole in materia di aiuti di importanza minore concessi dagli Stati membri in favore di talune imprese o produzioni, di cui al regolamento (CE) n.1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006.
      Art. 206-quinquies. – (Incentivi per l'acquisto e la commercializzazione di prodotti che impiegano materiali post consumo). – 1. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, adotta, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un regolamento che stabilisce i criteri e il livello di incentivo per l'acquisto di manufatti che impiegano materiali post consumo recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani diversi dalla plastica, in particolare carta riciclata, vetro “fine” non avviabile alle vetrerie e compost di qualità».
      2. Agli allegati alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo l'Allegato L è aggiunto l'Allegato L-bis di cui all'allegato 1 annesso alla presente legge.
      3. In sede di prima applicazione di quanto previsto dagli articoli 206-quater e 206-quinquies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, introdotti dal comma 1 del presente articolo, le regioni utilizzano le risorse rivenienti dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 14 della presente legge. Il decreto di cui al comma 1 del predetto articolo 206-quater del decreto legislativo n. 152 del 2006 individua le modalità di finanziamento degli incentivi da esso disciplinati.
Titolo VI
DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA GESTIONE DEI RIFIUTI
Art. 12.
(Procedure semplificate di recupero).

      1. All'articolo 216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo il comma 8-ter sono aggiunti i seguenti:
      «8-quater. Le attività di trattamento disciplinate dai regolamenti di cui all'articolo 6, comma 2, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, che fissano i criteri che determinano quando specifici tipi di rifiuti cessano di essere considerati rifiuti, sono sottoposte alle procedure semplificate disciplinate dall'articolo 214 del presente decreto e dal presente articolo a condizione che siano rispettati tutti i requisiti, i criteri e le prescrizioni soggettive e oggettive previsti dai predetti regolamenti con particolare riferimento:

          a) alla qualità e alle caratteristiche dei rifiuti da trattare;

          b) alle condizioni specifiche che devono essere rispettate nello svolgimento delle attività;

          c) alle prescrizioni necessarie per assicurare che i rifiuti siano trattati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente, con specifico riferimento agli obblighi minimi di monitoraggio;

          d) alla destinazione dei rifiuti che cessano di essere considerati rifiuti agli utilizzi individuati.
      8-quinquies. Gli enti e le imprese che effettuano, ai sensi delle disposizioni del decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale

n. 88 del 16 aprile 1998, dei regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269, e dell'articolo 9-bis del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210, operazioni di recupero di materia prima secondaria da specifiche tipologie di rifiuti alle quali sono applicabili i regolamenti di cui al comma 8-quater del presente articolo adeguano le proprie attività alle disposizioni di cui al medesimo comma 8-quater o all'articolo 208 del presente decreto, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dei predetti regolamenti di cui al comma 8-quater. Fino alla scadenza di tale termine è autorizzata la continuazione dell'attività in essere nel rispetto delle citate disposizioni del decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, dei regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio n. 161 del 2002 e n. 269 del 2005 e dell'articolo 9-bis del decreto-legge n. 172 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 210 del 2008. Restano in ogni caso ferme le quantità massime stabilite dalle norme di cui al secondo periodo».
Art. 13.
(Attività di vigilanza sulla gestione dei rifiuti).

      1. All'articolo 206-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Vigilanza e supporto in materia di gestione dei rifiuti»;

          b) al comma 1:

              1) all'alinea, le parole: «è istituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'Osservatorio nazionale sui rifiuti, in appresso denominato Osservatorio. L'Osservatorio» sono sostituite dalle seguenti: «il Ministero

dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare»;

              2) la lettera g) è abrogata;

          c) i commi 2, 3 e 5 sono abrogati;

          d) il comma 4 è sostituito dal seguente:

              «4. Per l'espletamento dei compiti e delle funzioni di cui al presente articolo il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si avvale di una segreteria tecnica insediata presso la competente direzione generale, costituita con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, utilizzando allo scopo le risorse di cui al comma 6»;

          e) al comma 6, al primo periodo, le parole: «dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti e» sono soppresse e, al terzo periodo, dopo le parole: «per essere riassegnate,» sono inserite le seguenti: «con le modalità di cui all'articolo 2, commi 616 e 617, della legge 24 dicembre 2007, n. 244,».

      2. Il decreto di cui al comma 4 dell'articolo 206-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal comma 1 del presente articolo, è adottato dopo il perfezionamento della procedura di riassegnazione delle risorse di cui al comma 6 del medesimo articolo 206-bis, anche al fine di definire le modalità organizzative e di funzionamento della segreteria tecnica di cui al predetto comma 4.
      3. Tutti i richiami all'Osservatorio nazionale sui rifiuti e all'Autorità di cui all'articolo 207 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, effettuati dall'articolo 221, commi 5, 7, 8 e 9, dall'articolo 222, comma 2, dall'articolo 223, commi 4, 5 e 6, dall'articolo 224, commi 3, lettera m), e 6, dall'articolo 225, commi 3, 4 e 5, dall'articolo 233, comma 9, e dall'articolo 234, comma 7, del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006 o da altre disposizioni di legge si intendono riferiti al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Art. 14.
(Misure per incrementare la raccolta differenziata e il riciclaggio).

      1. All'articolo 205 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1:

              1) all'alinea, le parole: «Fatto salvo quanto previsto al comma 1-bis» sono soppresse e dopo le parole: «ambito territoriale ottimale» sono inserite le seguenti: «o comune»;

              2) alla lettera a), le parole: «entro il 31 dicembre 2006» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 31 dicembre 2014»;

              3) alla lettera b), le parole: «entro il 31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 31 dicembre 2016»;

              4) alla lettera c), le parole: «entro il 31 dicembre 2012» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 31 dicembre 2020»;

          b) i commi 1-bis e 1-ter sono abrogati;

          c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

              «3. Nei comuni che conseguono gli obiettivi minimi di raccolta differenziata previsti dal comma 1 del presente articolo, anche in anticipo rispetto ai termini in esso indicati, il tributo per il deposito dei rifiuti in discarica di cui all'articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, è dovuto nella misura del 20 per cento dell'ammontare del tributo stesso come determinato ai sensi dei commi 29 e 34 del medesimo articolo 3 della legge n. 549 del 1995, e successive modificazioni»;

          d) dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti:

              «3-bis. Nei comuni che non conseguono gli obiettivi minimi di raccolta differenziata nei termini stabiliti dal comma 1 del presente articolo si applica un'addizionale al tributo per il deposito dei rifiuti in discarica di cui all'articolo 3, comma 24,

della legge 28 dicembre 1995, n. 549, determinata, in percentuale rispetto all'ammontare dello stesso tributo dovuto ai sensi dei commi 29 e 34 del medesimo articolo 3 della legge n. 549 del 1995, e successive modificazioni, nelle seguenti misure:

          a) nella misura del 10 per cento, se gli obiettivi non sono conseguiti per una quantità non superiore al 5 per cento alla scadenza del primo termine annuale di adempimento;

          b) nella misura del 20 per cento, se gli obiettivi non sono conseguiti per una quantità non superiore al 5 per cento alle scadenze annuali successive al primo termine annuale di adempimento;

          c) nella misura del 20 per cento, se gli obiettivi non sono conseguiti per una quantità superiore al 5 per cento e non superiore al 10 per cento alla scadenza del primo termine annuale di adempimento;

          d) nella misura del 30 per cento, se gli obiettivi non sono conseguiti per una quantità superiore al 5 per cento e non superiore al 10 per cento alle scadenze annuali successive al primo termine annuale di adempimento;

          e) nella misura del 30 per cento, se gli obiettivi non sono conseguiti per una quantità superiore al 10 per cento e non superiore al 20 per cento alla scadenza del primo termine annuale di adempimento.

              3-ter. L'addizionale di cui al comma 3-bis è dovuta alle regioni e affluisce in un apposito fondo regionale destinato a finanziare gli incentivi per l'acquisto di prodotti e materiali riciclati di cui agli articoli 206-quater e 206-quinquies del presente decreto. L'impiego delle risorse è disposto dalla regione, nell'ambito delle destinazioni indicate dai medesimi articoli 206-quater e 206-quinquies, con propria deliberazione annuale».

Art. 15.
(Consorzio per imballaggi compostabili).

      1. All'articolo 223, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive

modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I produttori di materie prime di plastica compostabili e i produttori di imballaggi realizzati con materiali di plastica compostabili secondo la norma UNI EN 13432 possono costituire un consorzio che opera su tutto il territorio nazionale; i produttori e gli utilizzatori che aderiscono a tale consorzio sono esclusi, per i predetti materiali, dall'obbligo di partecipare ai consorzi di imballaggio di cui all'allegato E alla presente parte».
Art. 16.
(Disposizioni per la piena attuazione delle direttive dell'Unione europea in materia di rifiuti elettrici ed elettronici e di rifiuti di pile e accumulatori).

      1. All'articolo 227 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) alla rubrica, dopo le parole: «rifiuti elettrici ed elettronici,» sono inserite le seguenti: «rifiuti di pile e accumulatori,»;

          b) al comma 1, dopo la lettera d) è aggiunta la seguente:

              «d-bis) rifiuti di pile e accumulatori: direttiva 2006/66/CE e relativo decreto legislativo di attuazione 20 novembre 2008, n. 188»;

          c) dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

              «1-bis. Al fine di garantire la completa attuazione delle direttive 2002/95/CE, 2002/96/CE, 2003/108/CE e 2006/66/CE, i proventi derivanti dalle tariffe di cui all'articolo 19, comma 4, primo periodo, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, e all'articolo 27, comma 5, del decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnati ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del

territorio e del mare, al fine di essere destinati alle attività di cui ai citati articoli 19, comma 4, primo periodo, del decreto legislativo n. 151 del 2005 e 27, comma 5, del decreto legislativo n. 188 del 2008».
Art. 17.
(Semplificazione in materia di emanazione di ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi nel settore dei rifiuti).

      1. All'articolo 191 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, al primo periodo, dopo le parole: «anche in deroga alle disposizioni vigenti» sono inserite le seguenti: «, nel rispetto, comunque, delle norme contenute nelle pertinenti direttive dell'Unione europea» e il secondo periodo è sostituito dai seguenti: «Le ordinanze emesse dal Presidente della Provincia ovvero dal Sindaco sono comunicate al Presidente della Giunta regionale. Le ordinanze emesse dal Presidente della Giunta regionale sono comunicate al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Le ordinanze devono essere comunicate entro tre giorni dall'adozione e hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi»;

          b) al comma 5, dopo le parole: «sono comunicate dal» sono inserite le seguenti: «Presidente della Giunta regionale al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal».

Art. 18.
(Modifiche alla disciplina per la gestione degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti).

      1. All'articolo 233 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, le parole: «tutti gli operatori della filiera costituiscono un

Consorzio» sono sostituite dalle seguenti: «è istituito il Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti»;

          b) il comma 5 è sostituito dal seguente:

              «5. Partecipano al Consorzio di cui al comma 1 le imprese che producono, importano o detengono oli e grassi vegetali e animali esausti. Possono partecipare al Consorzio le imprese che riciclano, recuperano, effettuano la raccolta o il trasporto o lo stoccaggio degli oli e grassi di cui al primo periodo, nonché le imprese che abbiano versato contributi ambientali ai sensi del comma 10, lettera d)»;

          c) al comma 9, le parole: «Gli operatori», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «Le imprese di cui al comma 5, secondo periodo,», le parole: «gli operatori stessi» sono sostituite dalle seguenti: «le imprese stesse» e le parole: «i predetti operatori» sono sostituite dalle seguenti: «le predette imprese»;

          d) al comma 12, dopo le parole: «ai soggetti incaricati dai Consorzi» sono inserite le seguenti: «o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti».

Art. 19.
(Disposizioni per l'individuazione della rete nazionale integrata e adeguata di impianti di incenerimento di rifiuti).

      1. Dopo l'articolo 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, è inserito il seguente:
      «Art. 199-bis. – (Rete nazionale integrata e adeguata di impianti di incenerimento di rifiuti). – 1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro della salute, da emanare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentita la Conferenza

unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, tenuto conto anche dei piani regionali di cui all'articolo 199 del presente decreto e dei piani provinciali eventualmente previsti dalle normative regionali, nonché dei piani d'ambito di cui all'articolo 203, comma 3, del presente decreto, sono individuati nel territorio nazionale: gli impianti di incenerimento di rifiuti urbani indifferenziati attualmente esistenti nel territorio nazionale; gli impianti approvati già previsti nella pianificazione regionale, provinciale e d'ambito; gli impianti oggetto di aggiudicazione di gare ad evidenza pubblica; gli impianti per cui le procedure di aggiudicazione sono state già avviate. Con il medesimo decreto è stabilito il fabbisogno nazionale residuo dei predetti impianti, al fine di determinare la rete nazionale integrata e adeguata di impianti di incenerimento di rifiuti ai sensi dell'articolo 16 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008.

        2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

Art. 20.
(Disposizioni in materia di contributo per la gestione di pneumatici fuori uso).

      1. All'articolo 228, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Tale contributo, che costituisce parte integrante del corrispettivo di vendita, è assoggettato all'imposta sul valore aggiunta ed è riportato nelle fatture in modo chiaro e distinto. Il produttore o l'importatore applicano il contributo vigente alla data dell'immissione del pneumatico nel mercato nazionale del ricambio. Il contributo rimane invariato in tutte le successive fasi di commercializzazione del pneumatico con l'obbligo, per ciascun rivenditore, di indicare in modo chiaro e distinto in fattura il contributo pagato all'atto dell'acquisto dello stesso».

Art. 21.
(Disposizione in materia di rifiuti non ammessi in discarica).

      1. All'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, la lettera p) è abrogata.

Titolo VII
MODIFICHE ALLA PARTE TERZA DEL DECRETO LEGISLATIVO 3 APRILE 2006, N. 152, IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO
Art. 22.
(Norme in materia di Autorità di bacino).

      1. All'articolo 54, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo la lettera z) sono aggiunte le seguenti:

          «z-bis) Autorità di bacino distrettuale o Autorità di bacino: l'autorità competente ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e dell'articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49;

          z-ter) Piano di bacino distrettuale o Piano di bacino: il Piano di distretto».

      2. L'articolo 63 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente:
      «Art. 63. – (Autorità di bacino distrettuale).1. In ciascun distretto idrografico di cui all'articolo 64 è istituita l'Autorità di bacino distrettuale, di seguito denominata “Autorità di bacino”, ente pubblico non economico che opera in conformità agli obiettivi della presente sezione e uniforma la propria attività a criteri di efficienza, efficacia, economicità e pubblicità. Le Autorità di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono soppresse e le relative funzioni sono esercitate dalle Autorità di bacino di cui al presente articolo.

        2. Sono organi dell'Autorità di bacino: la conferenza istituzionale permanente, il segretario generale, la conferenza operativa e il collegio dei revisori dei conti. Agli oneri connessi al funzionamento degli organi dell'Autorità di bacino si provvede con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, da emanare sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinate le modalità per l'attribuzione o il trasferimento alle Autorità di bacino di cui al presente articolo del personale e delle risorse strumentali e finanziarie delle Autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, salvaguardando i livelli occupazionali, previa consultazione delle organizzazioni sindacali, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica e nell'ambito dei contingenti numerici da ultimo determinati dai provvedimenti attuativi delle disposizioni di cui all'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni.

        3. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del mare, d'intesa con le regioni e le province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico, sono individuate le unità di personale trasferite alle Autorità di bacino e sono determinate le dotazioni organiche delle medesime Autorità. I dipendenti trasferiti mantengono l'inquadramento previdenziale di provenienza e il trattamento economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento dell'inquadramento; nel caso in cui tale trattamento risulti più elevato rispetto a quello previsto per il personale dell'ente incorporante, è

attribuito, per la differenza, un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti. Con il decreto di cui al primo periodo sono, altresì, individuate e trasferite le inerenti risorse strumentali e finanziarie. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.

        4. Gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione delle Autorità di bacino sono adottati in sede di conferenza istituzionale permanente, convocata, anche su proposta delle amministrazioni partecipanti o del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal segretario generale, che vi partecipa senza diritto di voto. Alla conferenza istituzionale permanente partecipano il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e i presidenti delle regioni e delle province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico o gli assessori dai medesimi delegati. Per le Autorità relative ai distretti di cui all'articolo 64, comma 1, lettere f) e g), la conferenza istituzionale è integrata con quattro rappresentanti della regione e tre rappresentanti degli enti locali. La conferenza istituzionale permanente delibera a maggioranza dei presenti. Le delibere della conferenza istituzionale sono approvate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, fatta salva la procedura di adozione ed approvazione dei Piani di bacino. Gli atti di pianificazione tengono conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.
      5. La conferenza istituzionale permanente:

          a) adotta criteri e metodi per l'elaborazione del Piano di bacino in conformità agli indirizzi e ai criteri di cui all'articolo 57;

          b) individua tempi e modalità per l'adozione del Piano di bacino, che può articolarsi in piani riferiti a sotto-bacini;

          c) determina quali componenti del Piano di bacino costituiscono interesse

esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a più regioni;

          d) adotta i provvedimenti necessari per garantire comunque l'elaborazione del Piano di bacino;

          e) adotta gli stralci del Piano di bacino;

          f) controlla l'attuazione degli schemi previsionali e programmatici del Piano di bacino e dei programmi triennali e, in caso di grave ritardo nell'esecuzione di interventi non di competenza statale rispetto ai tempi fissati nel programma, diffida l'amministrazione inadempiente, fissando il termine massimo per l'inizio dei lavori. Decorso infruttuosamente tale termine, all'adozione delle misure necessarie ad assicurare l'avvio dei lavori provvede, in via sostitutiva, il presidente della regione interessata che, a tal fine, può avvalersi degli organi decentrati e periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

      6. Il segretario generale è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
      7. Il segretario generale, la cui carica ha durata quinquennale:

          a) provvede agli adempimenti necessari al funzionamento dell'Autorità di bacino;

          b) cura l'istruttoria degli atti di competenza della conferenza istituzionale permanente, cui formula proposte;

          c) promuove la collaborazione tra le amministrazioni statali, regionali e locali, ai fini del coordinamento delle rispettive attività;

          d) cura l'attuazione delle direttive della conferenza operativa;

          e) riferisce alla conferenza istituzionale permanente sullo stato di attuazione del Piano di bacino;

          f) cura la raccolta dei dati relativi agli interventi programmati e attuati nonché alle risorse stanziate per le finalità del Piano di bacino da parte dello Stato, delle regioni e degli enti locali e comunque agli interventi da attuare nell'ambito del distretto, qualora abbiano attinenza con le finalità del piano medesimo.

      8. La conferenza operativa è composta dai rappresentanti delle regioni e delle province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico, da rappresentanti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero delle infrastrutture e trasporti, del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo nonché da un rappresentante del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri; è convocata dal segretario generale che la presiede. La conferenza operativa delibera a maggioranza dei tre quinti dei presenti e può essere integrata, per le attività istruttorie, da esperti appartenenti a enti, istituti e società pubbliche, designati dalla conferenza istituzionale permanente e nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, senza diritto di voto e senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica e nel rispetto del principio di invarianza della spesa. La conferenza operativa esprime parere sugli atti di cui al comma 9, lettera a), ed emana direttive per lo svolgimento delle attività di cui al comma 9, lettere b) e c). La conferenza operativa delibera lo statuto dell'Autorità di bacino, che è approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. La conferenza operativa, inoltre, delibera i bilanci preventivi e i conti consuntivi, nonché le variazioni di bilancio, il regolamento di amministrazione e contabilità, la pianta organica e gli atti organizzativi, il piano del fabbisogno

del personale e gli atti regolamentari generali, trasmettendoli per l'approvazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministro dell'economia e delle finanze.
      9. Le Autorità di bacino provvedono, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente:

          a) a elaborare il Piano di bacino e i relativi stralci;

          b) a esprimere parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di bacino dei piani e programmi dell'Unione europea, nazionali, regionali e locali relativi alla difesa del suolo, alla lotta alla desertificazione, alla tutela delle acque e alla gestione delle risorse idriche;

          c) a elaborare, secondo le specifiche tecniche indicate negli allegati alla presente parte, un'analisi delle caratteristiche del distretto idrografico, un esame dell'impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sotterranee nonché un'analisi economica dell'utilizzo idrico.

      10. Fatte salve le discipline adottate dalle regioni ai sensi dell'articolo 62 del presente decreto, le Autorità di bacino coordinano e sovrintendono le attività e le funzioni di titolarità dei consorzi di bonifica integrale di cui al regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, nonché del Consorzio del Ticino – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago Maggiore, del Consorzio dell'Oglio – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago d'Iseo e del Consorzio dell'Adda – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago di Como, con particolare riguardo all'esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche e di bonifica, alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al fine della loro utilizzazione irrigua, alla rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e alla fitodepurazione».

      3. L'articolo 64 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente:
      «Art. 64. – (Distretti idrografici). – 1. L'intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, è ripartito nei seguenti distretti idrografici:

          a) distretto idrografico delle Alpi orientali, comprendente i seguenti bacini idrografici:

              1) Adige, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              2) Alto Adriatico, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              3) bacini del Friuli-Venezia Giulia e del Veneto, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              4) Lemene, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

          b) distretto idrografico del Fiume Po, comprendente i seguenti bacini idrografici:

              1) Po, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              2) Reno, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              3) Fissero Tartaro Canalbianco, già bacini interregionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              4) Conca Marecchia, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              5) Lamone, già bacino regionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              6) Fiumi Uniti (Montone, Ronco), Savio, Rubicone e Uso, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              7) bacini minori afferenti alla costa romagnola, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

          c) distretto idrografico dell'Appennino settentrionale, comprendente i seguenti bacini idrografici:

              1) Arno, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              2) Serchio, già bacino pilota ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              3) Magra, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              4) bacini della Liguria, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              5) bacini della Toscana, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

          d) distretto idrografico dell'Appennino centrale, comprendente i seguenti bacini idrografici:

              1) Tevere, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              2) Tronto, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              3) Sangro, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              4) bacini dell'Abruzzo, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              5) bacini del Lazio, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              6) Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori delle Marche, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              7) Fiora, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              8) Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esino, Musone e altri bacini minori, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

          e) distretto idrografico dell'Appennino meridionale, comprendente i seguenti bacini idrografici:

              1) Liri-Garigliano, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              2) Volturno, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              3) Sele, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              4) Sinni e Noce, già bacini interregionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              5) Bradano, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              6) Saccione, Fortore e Biferno, già bacini interregionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              7) Ofanto, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              8) Lao, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              9) Trigno, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              10) bacini della Campania, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              11) bacini della Puglia, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              12) bacini della Basilicata, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              13) bacini della Calabria, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

              14) bacini del Molise, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

          f) distretto idrografico della Sardegna, comprendente i bacini della Sardegna, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

          g) distretto idrografico della Sicilia, comprendente i bacini della Sicilia, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183».

      4. All'articolo 65 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il comma 3 è inserito il seguente:
      «3-bis. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 145, comma 3, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, il progetto di Piano di bacino è sottoposto, prima della sua adozione, al parere della direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici territorialmente competente, per i profili attinenti alla tutela dell'interesse culturale e paesaggistico».

      5. Il comma 1 dell'articolo 118 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente:
      «1. Al fine di aggiornare le informazioni necessarie alla redazione del Piano di gestione di cui all'articolo 117, le regioni attuano appositi programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare l'impatto antropico esercitato sul medesimo, nonché alla raccolta dei dati necessari all'analisi economica dell'utilizzo delle acque, secondo quanto previsto dall'Allegato 10 alla presente parte terza. Le risultanze delle attività di cui al primo periodo sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alle competenti Autorità di bacino e al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale».

      6. I commi 1 e 2 dell'articolo 121 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono sostituiti dai seguenti:
      «1. Il Piano di tutela delle acque, secondo quanto previsto al comma 5 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, integra e dettaglia su scala regionale e di

singolo bacino o sotto-bacino il Piano di gestione di cui all'articolo 117 sulla base delle risultanze dei programmi di cui all'articolo 118 ed è articolato secondo i contenuti indicati nel presente articolo.
      2. Le Autorità di bacino, nel contesto delle attività di pianificazione o mediante appositi atti di indirizzo e coordinamento, sentite le province, definiscono gli obiettivi su scala di distretto cui devono attenersi i Piani di tutela delle acque nonché le priorità degli interventi. Entro il 31 dicembre 2014, e successivamente ogni sei anni, le regioni, sentite le province e previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il Piano di tutela delle acque e lo trasmettono alle competenti Autorità di bacino, per le verifiche di competenza».

      7. All'articolo 121, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2015».
      8. All'articolo 170, comma 2-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e all'articolo 1, commi 2 e 3, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, le parole: «decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri» sono sostituite dalle seguenti: «decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».
      9. Fino all'emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 3 dell'articolo 63 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal comma 2 del presente articolo, per garantire l'ordinaria amministrazione e lo svolgimento delle attività istituzionali degli enti di cui al comma 1 del medesimo articolo 63, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentite le regioni e le province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico, nomina un commissario. Per l'espletamento delle attività di cui al comma 10 del

predetto articolo 63 il commissario si avvale degli uffici, del personale, dei beni mobili e immobili e degli altri strumenti e mezzi già in dotazione delle soppresse Autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183. Ai commissari di cui al presente comma spetta esclusivamente il trattamento economico previsto per il segretario generale dell'Autorità di bacino, comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nei limiti di cui all'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
Art. 23.
(Disposizioni in materia di immobili abusivi).

      1. Nella parte terza, sezione I, titolo II, capo III, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo l'articolo 72 è aggiunto il seguente:
      «Art. 72-bis. – (Disposizioni per il finanziamento degli interventi di rimozione o di demolizione di immobili abusivi realizzati in aree a rischio idrogeologico elevato o molto elevato). – 1. Nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è istituito un capitolo per il finanziamento di interventi di rimozione o di demolizione, da parte dei comuni, di opere e immobili realizzati, in aree a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, in assenza o in totale difformità del permesso di costruire.
      2. Ai fini del comma 1 è autorizzata la spesa, per l'anno finanziario 2014, di 10 milioni di euro. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione, per l'anno 2014, dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 432, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
      3. Ferme restando le disposizioni in materia di acquisizione dell'area di sedime

ai sensi dell'articolo 31, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, i comuni beneficiari dei finanziamenti di cui al comma 1 del presente articolo sono tenuti ad agire nei confronti dei destinatari di provvedimenti esecutivi di rimozione o di demolizione non eseguiti nei termini stabiliti, per la ripetizione delle relative spese, comprensive di rivalutazioni e interessi. Il comune, entro trenta giorni dalla riscossione, provvede al versamento delle somme di cui al primo periodo ad apposito capitolo all'entrata del bilancio dello Stato, trasmettendone la quietanza di versamento al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, affinché le stesse siano integralmente riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al capitolo di cui al comma 1 del presente articolo.
      4. Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 6, 13, 29 e 30 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni, sono ammessi a finanziamento, sino a concorrenza delle somme disponibili nel capitolo di cui al comma 1 del presente articolo, gli interventi su opere e immobili per i quali sono stati adottati provvedimenti definitivi di rimozione o di demolizione non eseguiti nei termini stabiliti, con priorità per gli interventi in aree classificate a rischio molto elevato, sulla base di apposito elenco elaborato su base trimestrale dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
      5. Per accedere ai finanziamenti di cui al comma 1, i comuni presentano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare apposita domanda di concessione, comprensiva di una relazione contenente il progetto delle attività di rimozione o di demolizione, l'elenco dettagliato dei relativi costi, l'elenco delle opere e degli immobili ubicati sul proprio territorio per i quali sono stati adottati provvedimenti definitivi di rimozione o di demolizione non eseguiti e la documentazione attestante l'inottemperanza a tali provvedimenti da parte dei destinatari dei medesimi. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono adottati i modelli e le linee guida relativi alla procedura per la presentazione della domanda di concessione.
      6. I finanziamenti concessi ai sensi del comma 5 del presente articolo sono aggiuntivi rispetto alle somme eventualmente percepite ai sensi dell'articolo 32, comma 12, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. Resta ferma la disciplina delle modalità di finanziamento e di realizzazione degli interventi di demolizione o di rimozione di opere e immobili abusivi contenuta in altre disposizioni.
      7. Nei casi di mancata realizzazione degli interventi di rimozione o di demolizione di cui al comma 4, nel termine di centoventi giorni dall'erogazione dei finanziamenti concessi, i finanziamenti stessi devono essere restituiti, con le modalità di cui al secondo periodo del comma 3, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».
Titolo VIII
DISPOSIZIONI PER GARANTIRE L'ACCESSO UNIVERSALE ALL'ACQUA
Art. 24.
(Fondo di garanzia delle opere idriche).

      1. Al fine di rilanciare i necessari programmi di investimento per il mantenimento e lo sviluppo delle infrastrutture idriche, finalizzati a garantire un'adeguata tutela della risorsa idrica e dell'ambiente secondo le prescrizioni dell'Unione europea e contenendo gli oneri gravanti sulle tariffe, a decorrere dal 2014 è istituito presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un Fondo di garanzia

per gli interventi finalizzati al potenziamento delle infrastrutture idriche in tutto il territorio nazionale.
      2. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sentita l'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il settore idrico, sono definiti gli interventi prioritari, i criteri e le modalità di utilizzazione del Fondo di cui al comma 1 del presente articolo, privilegiando l'uso del Fondo per interventi già pianificati e immediatamente cantierabili. I criteri di cui al primo periodo sono definiti, in particolare, tenendo conto dei fabbisogni del settore individuati sulla base dei piani d'ambito di cui all'articolo 149 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e delle necessità di tutela dell'ambiente e dei corpi idrici e sono finalizzati a promuovere la coesione sociale e territoriale e a incentivare le regioni, gli enti locali e gli enti d'ambito a una programmazione efficiente e razionale delle opere idriche necessarie. Il decreto di cui al presente comma prevede idonei strumenti di monitoraggio e verifica del rispetto dei princìpi e dei criteri in esso contenuti.
      3. Le modalità di gestione del Fondo di cui al comma 1 sono disciplinate con provvedimento dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il settore idrico, nel rispetto dei princìpi e dei criteri definiti dal decreto di cui al comma 2.
      4. Il Fondo di cui al comma 1 è alimentato tramite una specifica componente della tariffa del servizio idrico integrato, volta anche alla copertura dei costi di gestione del Fondo medesimo, determinata dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il servizio idrico nel rispetto della normativa vigente.
Art. 25.
(Tariffa sociale del servizio idrico integrato).

      1. L'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il servizio idrico, al fine di garantire l'accesso universale all'acqua, assicura agli utenti domestici del servizio idrico integrato in condizioni economico-sociali disagiate l'accesso a condizioni agevolate alla fornitura della quantità di acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali, sulla base dei princìpi e dei criteri individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      2. Al fine di assicurare la copertura degli oneri derivanti dal comma 1, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il servizio idrico definisce le necessarie modifiche all'articolazione tariffaria per fasce di consumo o per uso, determinando i criteri e le modalità per il riconoscimento delle agevolazioni di cui al medesimo comma 1.

Art. 26.
(Disposizioni in materia di morosità nel servizio idrico integrato).

      1. Nell'esercizio dei poteri previsti dalla legge 14 novembre 1995, n. 481, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il servizio idrico, sulla base dei princìpi e dei criteri individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, adotta direttive per il contenimento della morosità degli utenti del servizio idrico integrato, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, assicurando che sia salvaguardata, tenuto conto dell'equilibrio economico

e finanziario dei gestori, la copertura dei costi efficienti di esercizio e investimento e garantendo il quantitativo di acqua necessario al soddisfacimento dei bisogni fondamentali di fornitura di acqua per gli utenti morosi.
      2. Ai fini del comma 1, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il servizio idrico definisce le procedure per la gestione del fenomeno della morosità e per la sospensione della fornitura, assicurando la copertura tariffaria dei relativi costi.
Titolo IX
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PROCEDIMENTI AUTORIZZATORI RELATIVI ALLE INFRASTRUTTURE DI COMUNICAZIONE ELETTRONICA PER IMPIANTI RADIOELETTRICI
Art. 27.
(Modifiche all'articolo 93 del codice di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259).

      1. All'articolo 93 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:
      «1-bis. Il soggetto che presenta l'istanza di autorizzazione per l'installazione di nuove infrastrutture per impianti radioelettrici ai sensi dell'articolo 87 del presente decreto è tenuto al versamento di un contributo alle spese relative al rilascio del parere ambientale da parte dell'organismo competente a effettuare i controlli di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36.
      1-ter. Il soggetto che presenta la segnalazione certificata di inizio attività di cui all'articolo 87-bis del presente decreto è tenuto, all'atto del rilascio del motivato parere positivo o negativo da parte dell'organismo competente a effettuare i

controlli di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, al versamento di un contributo per le spese.
      1-quater. Il contributo previsto dal comma 1-bis, per le attività che comprendono la stima del fondo ambientale come previsto dal modello A di cui all'allegato n. 13, e il contributo previsto al comma 1-ter sono calcolati in base a un tariffario nazionale di riferimento adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, anche sulla base del principio del miglioramento dell'efficienza della pubblica amministrazione tramite l'analisi degli altri oneri applicati dalle agenzie ambientali delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. In via transitoria, fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al primo periodo, i contributi previsti al comma 1-bis e 1-ter sono pari a 250 euro.
      1-quinquies. Le disposizioni dei commi da 1-bis a 1-quater non si applicano ai soggetti di cui all'articolo 14, comma 3, della legge 22 febbraio 2001, n. 36».
Titolo X
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DISCIPLINA DEGLI SCARICHI E DEL RIUTILIZZO DI RESIDUI VEGETALI
Art. 28.
(Acque reflue dei frantoi oleari).

      1. All'articolo 101 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo il comma 7 è inserito il seguente:
      «7-bis. Sono altresì assimilate alle acque reflue domestiche, ai fini dello scarico in pubblica fognatura, le acque reflue di

vegetazione dei frantoi oleari. Al fine di assicurare la tutela del corpo idrico ricettore e il rispetto della disciplina degli scarichi delle acque reflue urbane, lo scarico di acque di vegetazione in pubblica fognatura è sempre ammesso nel rispetto delle norme tecniche, delle prescrizioni regolamentari e dei valori limite adottati dal gestore del servizio idrico integrato in base alle caratteristiche e all'effettiva capacità di trattamento dell'impianto di depurazione».
Art. 29.
(Combustione controllata di materiale vegetale).

      1. All'articolo 185 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
      «1-bis. Fatte salve le norme sulla condizionalità previste nell'ambito della politica agricola comune, i comuni, tenuto conto delle specifiche peculiarità del territorio, con propria ordinanza, individuano le aree, i periodi e gli orari in cui è consentita la combustione controllata, sul sito di produzione, del materiale vegetale di cui al comma 1, lettera f), suddiviso in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri/stero per ettaro, mediante processi o metodi che in ogni caso non danneggino l'ambiente né mettano in pericolo la salute umana. Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata. I comuni e le altre amministrazioni competenti hanno la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all'aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana».

Titolo XI
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CAPITALE NATURALE E CONTABILITÀ AMBIENTALE
Art. 30.
(Comitato per il capitale naturale).

      1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il Comitato per il capitale naturale. Il Comitato è presieduto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e ne fanno parte i Ministri dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali, delle infrastrutture e trasporti, delle politiche agricole alimentari e forestali, per gli affari regionali e le autonomie, per la coesione territoriale, per la pubblica amministrazione e la semplificazione, o loro rappresentanti delegati, il Governatore della Banca d'Italia, il Presidente dell'Istituto nazionale di statistica e il Presidente del Consiglio nazionale delle ricerche, o loro rappresentanti delegati. Il Comitato è integrato con esperti della materia provenienti da università ed enti di ricerca, ovvero con altri dipendenti pubblici in possesso di specifica qualificazione, nominati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
      2. Al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi sociali, economici e ambientali coerenti con l'annuale programmazione finanziaria e di bilancio di cui agli articoli 7, 10 e 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, il Comitato di cui al comma 1 del presente articolo trasmette, entro il 28 febbraio di ogni anno, al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze un rapporto sullo stato del capitale naturale del Paese, corredato di informazioni e dati ambientali espressi in unità fisiche e monetarie,

seguendo le metodologie definite dalle Nazioni Unite e dall'Unione europea, nonché di valutazioni ex ante ed ex post degli effetti delle politiche pubbliche sul capitale naturale e sui servizi ecosistemici.
      3. La partecipazione al Comitato di cui al comma 1 è svolta a titolo gratuito, rimanendo escluso qualsiasi compenso o rimborso spese a qualsiasi titolo richiesti.
Art. 31.
(Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli).

      1. A sostegno dell'attuazione degli impegni derivanti dalla comunicazione della Commissione europea «Europa 2020 – Una strategia per una crescita intelligente sostenibile e inclusiva» (COM(2010) 2020 definitivo), dalle raccomandazioni del Consiglio n. 2012/C219/14, del 10 luglio 2012, e n. 2013/C217/11, del 9 luglio 2013 e dal regolamento (CE) n. 691/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2011, in accordo con le raccomandazioni contenute nel Rapporto OCSE 2013 sulle performance ambientali dell'Italia e con la dichiarazione conclusiva della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile svoltasi a Rio del Janeiro dal 20 al 22 giugno 2012, è istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli, gestito sulla base delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Per la redazione del Catalogo il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si avvale, oltre che delle informazioni nella disponibilità propria e dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, delle informazioni rese disponibili dall'Istituto nazionale di statistica, dalla Banca d'Italia, dai Ministeri, dalle regioni e dagli enti locali, dalle università e dagli altri centri di ricerca, che forniscono i dati a loro disposizione secondo uno schema

predisposto dal medesimo Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. I sussidi sono intesi nella loro definizione più ampia e comprendono, tra gli altri, gli incentivi, le agevolazioni, i finanziamenti agevolati e le esenzioni da tributi direttamente finalizzati alla tutela dell'ambiente.
      2. Il Catalogo di cui al comma 1 è aggiornato entro il 30 giugno di ogni anno. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare invia alle Camere e alla Presidenza del Consiglio dei ministri, entro il 31 luglio di ogni anno, una relazione concernente gli esiti dell'aggiornamento del Catalogo.
      3. All'attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.

torna su

Allegato 1
(articolo 11, comma 3)

«Allegato L-bis
(articolo 206-quater, comma 2)

Categorie di prodotti che sono oggetto di incentivi economici all'acquisto, ai sensi dell'articolo 206-quater, comma 2.
Categoria di prodotto
Percentuale minima in peso di plastica riciclata sul peso complessivo del componente sostituito Incentivo in percentuale sul prezzo di vendita al consumatore del prodotto
Cicli e veicoli a motore
>10%
10%
Elettrodomestici
>20%
10%
Contenitori per uso di igiene ambientale
>50%
5%
Arredo per interni
>50%
5%
Arredo urbano
>70%
15%
Computer
>10%
10%
Prodotti per la casa e per l'ufficio
>10%
10%
Pannelli fonoassorbenti, barriere e segnaletica stradale
>30%
10%

».

Per tornare alla pagina di provenienza azionare il tasto BACK del browser