Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 1956


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
ANZALDI, BOBBA, COSCIA, GELLI, GHIZZONI, LOSACCO, MAGORNO, MALISANI, PICCOLI NARDELLI, PICIERNO, OLIVERIO, AMATO, ARLOTTI, BIONDELLI, CARDINALE, D'INCECCO, CARLO GALLI, MARCHETTI, MARCHI, SCALFAROTTO, TARANTO, VERINI, ZAPPULLA
Dichiarazione di monumento nazionale del sito di Gibellina
Presentata il 15 gennaio 2014


      

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Onorevoli Colleghi! Il termine monumento rimanda al latino monumentum che tradotto in italiano significa ricordo, memoria, testimonianza. È da questa riflessione che dobbiamo partire per comprendere il senso della presente proposta di legge che ha il fine di dichiarare il sito di Gibellina monumento nazionale.
      La città di Gibellina, che affonda le sue origini nei primi insediamenti greci in Sicilia nell'VIII secolo a.C., fu completamente distrutta nel corso del terremoto che il 15 gennaio 1968 colpì il Belice, un'area della Sicilia compresa tra le province di Agrigento, Trapani e Palermo. Oltre a Gibellina furono rasi al suolo i paesi di Poggioreale, Salaparuta e Montevago. Il sisma provocò 370 vittime, migliaia di feriti e oltre 70.000 senzatetto. I soccorsi tardarono a giungere sui luoghi del disastro e la lentezza e i ritardi sono stati il denominatore comune di ogni azione in quei territori nel corso dei 46 anni che ci separano da quegli avvenimenti e che non sono stati tuttavia sufficienti perché il processo di ricostruzione avesse termine.
      Piuttosto che ricostruire dove era e come era (per usare una formula molto usata ai nostri giorni) si preferì riedificare le «new-town» a distanza di vari chilometri dai siti originari e le città distrutte diventarono paesi fantasma, ammassi di rovine abbandonate.
      La nuova Gibellina fu, dunque, riprogettata e ricostruita a circa venti chilometri a valle di Gibellina vecchia. La sfida di Ludovico Corrao, sindaco di Gibellina dal 1969, fu quella di dare vita, identità e voce alla nuova città e ai suoi cittadini attraverso l'inserimento di un museo en plein air che percorresse l'intero centro abitato, dando vita, tra l'altro, ad uno dei casi più precoci di arte pubblica in Italia, intendendo così anche conservare la memoria del paese distrutto (la memoria e non il documento, come è stato sottolineato). Chiamò a lavorare a Gibellina artisti e architetti di fama internazionale chiamati a lavorare insieme ai gibellinesi e sperimentando una sorta di «residenzialità culturale» ante litteram. Infatti, sono proprio l'arte e l'architettura ad annullare le distanze fisiche tra Gibellina vecchia e Gibellina nuova.
      All'appello di Corrao hanno risposto negli anni artisti siciliani (Pietro Consagra, Carla Accardi, Emilio Isgrò), italiani (tra gli altri: Mario Schifano, Giulio Turcato, Arnaldo Pomodoro, Gino Severini, Alighiero Boetti, Fausto Melotti, Giuseppe Uncini, Mimmo Rotella, Mauro Staccioli) e internazionali (Joseph Beyus e Richard Long). Accanto a questi gli architetti: da Mendini a Quaroni, da Gregotti a Samonà, da Purini a Thermes che progettarono edifici e luoghi di incontro.
      Nel 1981, Ludovico Corrao invitò Alberto Burri a Gibellina per scegliere il luogo e il modo per lasciare il suo intervento artistico. Burri decise di intervenire non a Gibellina nuova, ma nel sito in cui sorgeva la città vecchia e progettò un'opera monumentale e straordinaria: un enorme cretto che avrebbe contenuto e ricoperto le rovine del paese distrutto dal sisma, come un sudario copre e contiene le spoglie di un morto. Il cretto ripercorre nelle profonde fratture della sua superficie le strade della città e disegna così gli isolati ormai distrutti. Burri cristallizza così le macerie e le trasforma in memoria: le mostra e le cela. L'opera che avrebbe dovuto coprire quasi 100.000 metri quadrati, è stata completata solo per due terzi.
      Accanto a questo sorgono la Fondazione Orestiadi con l'omonimo Festival e il Museo delle trame mediterranee e, per contenere le migliaia di opere d'arte frutto del contributo degli artisti, il Museo civico d'arte contemporanea.
      Il vero fallimento del progetto di rinascita di Gibellina voluto da Ludovico Corrao è un fallimento sociale e economico. Accanto alla nuova città, alla new town, non sono state create opportunità di occupazione e di sviluppo per gli abitanti, senza dimenticare che i tempi lunghissimi occorsi per la ricostruzione hanno spinto molti cittadini ad emigrare al nord o all'estero, svuotando Gibellina e condannando edifici ed opere alla rovina fisica. Gli edifici, talvolta non portati a termine, si deteriorano, le sculture si guastano per mancanza di manutenzione e di restauri, il cretto di Burri si sgretola. Gibellina nuova rischia di diventare, come è accaduto qualche decennio fa a Gibellina vecchia, un triste monumento all'abbandono.
      Dichiarare monumento nazionale la fitta trama di interventi artistici e architettonici che allacciano e avvolgono Gibellina vecchia e Gibellina nuova è un atto simbolico (ma ogni monumento è emblema e simbolo prima di tutto) che, però, vuole riportare all'attenzione degli italiani e del mondo una grande tragedia, una grande utopia e uno straordinario luogo d'arte, intelligenza, memoria, impegno, fatica e partecipazione. Ma, allo stesso tempo, trasformare quell'utopia in una concreta occasione di sviluppo per i cittadini del Belice facendo conoscere al mondo uno dei più straordinari musei di arte contemporanea a cielo aperto del mondo. Per non dimenticare, per continuare a ricordare.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. Il sito di Gibellina, in provincia di Trapani, è dichiarato monumento nazionale.

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