Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2095


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
BOBBA, BONAFÈ, BASSO, BARGERO, BINETTI, BONOMO, CAPONE, COCCIA, MARCO DI MAIO, FITZGERALD NISSOLI, GINATO, GRASSI, IORI, LODOLINI, REALACCI, RIBAUDO, RUGHETTI, SBERNA, SENALDI, ZANIN
Modifiche al decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155, e altre disposizioni concernenti la disciplina dell'impresa sociale, le agevolazioni fiscali, la redistribuzione degli utili e misure per il suo sviluppo
Presentata il 13 febbraio 2014


      

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Onorevoli Colleghi! La fase di grave crisi economica e sociale di carattere internazionale ha provocato inevitabilmente conseguenze negative di lunga durata sull'economia e sull'occupazione mondiali. Alcuni Governi di Paesi dell'Unione europea sono, per questa ragione, impegnati nell'adozione di misure finalizzate, da un lato, a stabilizzare le rispettive situazioni finanziarie e a recuperare livelli di competitività e, dall'altro, a promuovere iniziative che possano determinare sviluppo e nuova occupazione.
      La cooperazione sociale in Italia, secondo i dati dell'associazione Vita, impiega oltre 750.000 dipendenti e vede coinvolte più di 85.000 aziende. In controtendenza al trend occupazionale della crisi economica, essa crea sviluppo e dà lavoro, contribuendo in modo sostanziale alla tanto attesa ripresa economica. Tra le categorie a cui si rivolge spiccano i minori (3.775), le famiglie (2.281) e gli anziani (1.566), mentre sono cinque i maggiori settori d'attività: educazione e istruzione, assistenza sociale, assistenza socio-sanitaria, assistenza sanitaria e tutela ambientale, che crea opportunità per le fasce più deboli.
      Dunque la cooperazione sociale, regolata dalla legge n. 381 del 1991 è un caso di successo imprenditoriale e di inserimento lavorativo delle fasce più deboli.
      Le imprese sociali, invece, sono individuate in base a un quadro normativo che ha preso le mosse dalla legge delega 13 giugno 2005, n. 118, che le definisce «organizzazioni private senza scopo di lucro che esercitano in via stabile e principale un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale», attribuendo loro specifici requisiti. Successivi provvedimenti attuativi, in particolare il decreto legislativo n. 155 del 2006, hanno definito le modalità di gestione e di registrazione, nonché le linee guida per la redazione del bilancio sociale.
      Se la nuova normativa ha avuto il pregio di fissare una chiara e certa definizione dell'attività d'impresa sociale, non limitata alla sola forma cooperativa, essa si è mostrata però carente nel riconoscere alle stesse imprese i necessari incentivi e adeguate misure di sostegno. Carenze che hanno in questi anni indubbiamente frenato lo sviluppo del settore. In sette anni sono diventati imprese sociali 600 soggetti, in gran parte cooperative sociali e scuole, di cui circa la metà nella sola regione Lombardia, in forza di una legislazione regionale particolarmente incentivante. Sarebbe importante sostenerne meglio e con più convinzione l'indubbia capacità di creare nuovi posti di lavoro, anche in considerazione del fatto che le stesse offrono generalmente servizi ad alta intensità di occupazione e dunque possono favorire significativi incrementi in tal senso, in particolare per le fasce giovanili, ma anche per le donne, ferme in Italia a uno scarno e inaccettabile 46,4 per cento di occupazione a fronte di una media europea del 56,5. Inoltre l'impresa sociale sarebbe utile per la riconversione di aziende in crisi o per la valorizzazione di risorse ambientali e del territorio e, infine, per incentivare occasioni di lavoro per le categorie più svantaggiate, come le persone disabili, gli ex detenuti e i giovani delle comunità rom. L'impresa sociale potrebbe quindi essere il volano per l'occupazione e per lo sviluppo del nuovo welfare.
      Nel 2011, presso il registro delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura sono stati presentati 316 bilanci, di cui 263 elaborabili, dai quali si ricava che il fatturato totale è stato pari a 159.882.720 euro e che l'utile, ante imposte, è stato pari a 2.284.674 euro. Il rapporto tra utile e perdita dopo le imposte è stato di -1.521.142 euro. Le imprese in utile erano 147, in pareggio 6 e in perdita 110.
      Attraverso questo progetto di legge si vuole, modificando il citato decreto legislativo istitutivo n. 155 del 2006 e introducendo nuove norme, incentivare l'adozione di tale modello, adattandolo in maniera più consona ai cambiamenti intervenuti nell'ultimo decennio. Infatti, l'impresa sociale è un fenomeno estremamente dinamico e vario, che può svilupparsi in forme organizzative diverse, così come eterogenei sono i beni e servizi prodotti. Per questa sua natura, il raggio d'azione dell'imprenditoria sociale è potenzialmente molto più ampio di quello finora sfruttato.
      L'articolo 1, comma 1, attraverso modifiche al decreto legislativo n. 155 del 2006, prevede una serie di cambiamenti importanti: alla lettera a), la qualifica di «impresa sociale» cessa di essere una possibilità e diventa un'attribuzione legale tipica, nel senso che tutti gli enti che presentano le caratteristiche indicate sono per legge imprese sociali. Non più dunque una qualifica opzionale, che si può scegliere di non acquisire e da cui ci si può sottrarre, bensì una qualifica legislativa che si applica e impone a tutti gli enti considerati nell'ambito della definizione legislativa. Questo aspetto è particolarmente rilevante perché trasforma molti degli oneri di cui al decreto legislativo n. 155 del 2006 (come ad esempio quello di redigere il bilancio) in obblighi cui sono tenuti tutti gli enti «imprese sociali». Si sopperisce in tal modo alle lacune del libro primo del codice civile nel disciplinare lo svolgimento dell'attività di impresa da parte degli enti non societari. D'altra parte, a cospetto di questi obblighi, il novellato decreto legislativo n. 155 del 2006 dovrà prevedere vantaggi fiscali e la possibilità di una parziale redistribuzione degli utili.
      Alla lettera b) si modifica l'elenco dei beni e dei servizi di utilità sociale necessari per l'acquisizione dello status di impresa sociale e, in particolare, si aggiungono il commercio equo e solidale, il microcredito, l'alloggio sociale, nonché i servizi al lavoro finalizzati all'inserimento lavorativo di lavoratori svantaggiati, così come individuati dal regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, ovvero chi non ha un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, chi non possiede un diploma di scuola media superiore o professionale (ISCED 3), i lavoratori che hanno superato i 50 anni di età, gli adulti che vivono soli con una o più persone a carico, i lavoratori occupati in professioni o in settori caratterizzati da un tasso di disparità tra uomo e donna che supera almeno del 25 per cento la disparità media in tutti i settori economici dello Stato membro interessato se il lavoratore appartiene al genere sottorappresentato, nonché i membri di una minoranza nazionale all'interno di uno Stato membro che hanno necessità di consolidare le proprie esperienze in termini di conoscenze linguistiche, di formazione professionale o di lavoro per migliorare le prospettive di accesso a un'occupazione stabile.
      Alla lettera c), secondo quanto già consentito alle società cooperative dell'articolo 7, comma 1, della legge n. 59 del 1992, si compie un primo passo verso la difesa e la valorizzazione degli investimenti nelle imprese sociali in maniera compatibile con lo scopo non lucrativo che le anima. Alla stessa lettera poi, per valorizzare e dunque incentivare l'investimento nelle imprese sociali, oltre alla rivalutazione di quote e di azioni, si ammette una limitata distribuzione di utili sotto forma di dividendi sul capitale. Al fine di non snaturare gli obiettivi istituzionali dell'impresa sociale e la sua caratterizzazione non profit, questa possibilità incontra due limiti: da un lato, non si può utilizzare per questa forma di allocazione più del 50 per cento di utili e di avanzi di gestione e, dall'altro, il capitale può essere remunerato entro un limite massimo, che è il medesimo previsto per le cooperative a mutualità prevalente (e quindi per le cooperative sociali) dall'articolo 2514 del codice civile.
      Alla lettera d) si sostituisce il comma 2 dell'articolo 8 e si prevede che le imprese private con finalità lucrative e le amministrazioni pubbliche possono rivestire cariche sociali nelle imprese sociali purché non rappresentino la maggioranza dei componenti dell'organo di amministrazione.
      La lettera e) conferma l'obbligo per l'impresa sociale di redigere il bilancio sociale, ma lascia alla stessa libertà di scegliere come redigerlo. D'altra parte la nuova norma prevede un ruolo del Ministero competente nel favorire la diffusione di modelli elaborati da esponenti del mondo delle imprese sociali e tenendo conto delle dimensioni e della tipologia dell'attività d'impresa sociale. Le imprese sociali, soprattutto quelle più piccole, vengono favorite in quanto non devono affrontare i costi di redazioni e derivanti da un modello ministeriale unico valido per tutti.
      Alla lettera f) si precisa che anche in caso di fusione o di trasformazione devono essere fatte salve le finalità di utilità sociale, di cui all'articolo 2, e si rende possibile, in sede di liquidazione, il trasferimento di eventuali patrimoni residui ad altre imprese sociali, così come gli enti di formazione che svolgano in via principale attività di educazione, istruzione e formazione si considerano imprese sociali.
      Alla lettera g) le cooperative sociali e i loro consorzi si considerano imprese sociali: la democraticità dell'impresa sociale in forma di società cooperativa, nonché le altre sue caratteristiche normative, rendono superflua una verifica in concreto della redazione del bilancio sociale e del coinvolgimento dei soggetti citati così come attualmente richiesto per la loro qualifica come imprese sociali.
      Al comma 2, al fine di promuovere la creazione di nuove imprese sociali, a tutte quelle costituite dopo la data di entrata in vigore della disposizione, si dà la possibilità di beneficiare delle agevolazioni fiscali concesse alle start up a vocazione sociale e in particolare:

          1) dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche si detrae un importo pari al 25 per cento della somma investita nel capitale sociale dal contribuente;

          2) dall'imposta sul reddito delle società si deduce un importo pari al 27 per

cento della somma investita nel capitale sociale.

      Inoltre, le imprese sociali saranno considerate organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) di diritto, potendo così accedere automaticamente al relativo trattamento tributario. L'adozione di questo particolare regime fiscale è però alternativa alla possibilità di distribuzione parziale degli utili, così come disposto dalla lettera c) del comma 1 dell'articolo 7 della legge n. 59 del 1992.
      L'articolo 2 della proposta di legge prevede che una quota del patrimonio trasferito dallo Stato a comuni, province, città metropolitane e regioni, ai sensi del decreto legislativo n. 85 del 2010, sia destinata allo sviluppo dell'impresa sociale, dando la possibilità agli enti interessati di richiederla all'Agenzia del demanio.
      Nell'attuale difficile fase economica, le imprese sociali non profit, per il virtuoso connubio tra costi bassi ed elevata efficacia che le caratterizza, possono anche essere uno strumento privilegiato per il salvataggio di aziende a rischio di crisi, in particolare in settori non delocalizzabili. È con tale intento che all'articolo 3 si prevede di applicare particolari agevolazioni contributive nei processi di riconversione parziale o totale di imprese sociali in crisi.
      Il 3 ottobre 2013, il Commissario europeo Barnier, al convegno organizzato da Vita e da Make a Change in Parlamento, ha lanciato un appello: «Cari amici, in Italia, state lavorando per sviluppate un quadro normativo che promuova l'impresa sociale. È importante che teniate presente il lavoro fatto a livello europeo, così che gli imprenditori sociali italiani possano cogliere appieno le opportunità offerte dal mercato unico. Abbiamo tutti grandi aspettative per l'impresa sociale. Sono certo che il vostro incontro oggi vi aiuterà ad identificare di cosa ha bisogno l'impresa sociale in Italia e a pianificare come incontrare i bisogni del settore. Oggi più che mai il social business ha bisogno del nostro supporto». È quanto si propone con la presente proposta di legge che sottoponiamo all'esame del Parlamento nella convinzione che, per i forti contenuti sociali che la ispirano, potrà trovare un deciso ed esteso sostegno, anche perché puntare sull'impresa sociale significa migliorare la vita delle nostre comunità, far lavorare le persone, in particolare quelle più deboli, e valorizzare pienamente il capitale umano e intellettuale delle generazioni più giovani.

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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Misure a sostegno dell'impresa sociale).

      1. Al fine di incentivare l'occupazione attraverso la promozione e lo sviluppo dell'impresa sociale di cui alla legge 13 giugno 2005, n. 118, al decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 1, comma 1, le parole: «Possono acquisire» sono sostituite dalla seguente: «Acquisiscono»;

          b) all'articolo 2:

              1) al comma 1:

                  1.1) alla lettera m) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o da enti senza finalità di lucro»;

                  1.2) sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:

          «m-bis) commercio equo e solidale;

          m-ter) servizi al lavoro finalizzati all'inserimento lavorativo di lavoratori svantaggiati di cui all'articolo 2, numero 18), del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008;

          m-quater) alloggio sociale;

          m-quinquies) erogazione di microcredito da parte dei soggetti iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 111 del testo unico di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, che svolgano in modo prevalente tale attività. L'erogazione di microcredito si considera prevalente quando risulti che almeno il 70 per cento degli impieghi dell'organizzazione esaminata sia destinato a microfinanziamenti, come definiti dal medesimo articolo 111 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, e successive modificazioni»;

              2) al comma 2, alinea, le parole: «possono acquisire» sono sostituite dalla seguente: «acquisiscono»;

          c) all'articolo 3:

              1) al comma 2, dopo le parole: «A tale fine» sono inserite le seguenti: «e fatto salvo quanto previsto dai commi 2-bis e 2-ter»;

              2) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
      «2-bis. L'impresa sociale, costituita nelle forme societarie di cui al libro quinto del codice civile, può destinare una quota degli utili e degli avanzi di gestione all'aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato, nei limiti delle variazioni dell'indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati calcolate dall'Istituto nazionale di statistica per il periodo corrispondente a quello dell'esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono stati prodotti.
      2-ter. L'impresa sociale costituita nelle forme societarie di cui al libro quinto del codice civile può destinare alla distribuzione di dividendi ai soci una quota non superiore al 50 per cento degli utili e degli avanzi di gestione. In ogni caso non possono essere distribuiti dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato»;

          d) all'articolo 8, il comma 2 è sostituito dal seguente:
      «2. Possono rivestire cariche sociali soggetti nominati dagli enti di cui all'articolo 4, comma 3, purché non rappresentino la maggioranza dei componenti dell'organo di amministrazione»;

          e) all'articolo 10, il comma 2 è sostituito dal seguente:
      «2. L'impresa sociale deve inoltre redigere e depositare presso il registro delle imprese un bilancio sociale che rappresenti l'osservanza delle sue finalità sociali. Il Ministero del lavoro e delle politiche

sociali promuove e incentiva l'uso di modelli di bilancio sociale elaborati da organizzazioni di rappresentanza o da gruppi di imprese sociali tenendo conto delle diverse dimensioni e delle diverse attività delle imprese sociali»;

          f) all'articolo 13:

              1) al comma 1, dopo le parole: «atti posti in essere» sono inserite le seguenti: «e devono essere realizzate in modo da preservare il perseguimento delle finalità di interesse generale di cui all'articolo 2»;

              2) al comma 3, dopo la parola: «fondazioni» sono inserite le seguenti: «, imprese sociali di cui al presente decreto»;

          g) all'articolo 17:

              1) il comma 1 è abrogato;

              2) il comma 3 è sostituito dal seguente:
      «3. Le cooperative sociali e i loro consorzi si considerano in ogni caso imprese sociali. Si considerano, altresì, imprese sociali gli enti di formazione con personalità giuridica che svolgono in via principale, secondo quanto previsto dall'articolo 2, comma 3, l'attività di cui alla lettera d) del comma 1 del medesimo articolo 2»;

              3) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
      «4-bis. Agli investimenti effettuati nel capitale delle imprese sociali costituite in forma societaria successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, si applicano le agevolazioni fiscali di cui all'articolo 29, comma 7, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221».

      2. All'articolo 10, comma 8, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, le parole: «che abbiano la base sociale formata per il cento per cento da cooperative sociali» sono sostituite dalle seguenti: «e le imprese sociali di cui al decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155».
      3. Al comma 1 dell'articolo 150 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Previdente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo le parole: «ad eccezione delle società cooperative»

sono inserite le seguenti: «e delle società che abbiano acquisito la qualifica di imprese sociali».
      4. Le organizzazioni che esercitano un'impresa sociale provvedono a modificare i propri statuti, a conformare la propria struttura organizzativa e a dare attuazione alle disposizioni di cui al presente articolo entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 2.
(Assegnazione di beni).

      1. Una quota del patrimonio, trasferito dallo Stato a comuni, province, città metropolitane e regioni, ai sensi del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, è destinata allo sviluppo dell'impresa sociale.
      2. Sulla base delle specifiche necessità e delle linee di programmazione locale, gli enti di cui al comma 1 del presente articolo indicano, nelle richieste all'Agenzia del demanio, secondo le procedure di cui all'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, i beni da assegnare all'impresa sociale.

Art. 3.
(Riconversione delle imprese sociali in crisi).

      1. Nei processi di riconversione parziale o totale di imprese sociali si applicano le agevolazioni contributive di cui al decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2008, n. 166.
      2. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adotta, con proprio decreto, il regolamento di attuazione del comma 1.

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