Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2367


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
DAGA, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, SEGONI, TERZONI, ZOLEZZI, FRUSONE, BALDASSARRE, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, LOREFICE, PARENTELA, BASILIO, L'ABBATE, ARTINI, SIBILIA, ALBERTI
Modifiche al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, recante attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano
Presentata il 12 maggio 2014


      

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Onorevoli Colleghi! L'accesso all'acqua potabile costituisce un diritto primario dei cittadini. La presente proposta di legge, riformando e integrando la normativa vigente in materia, intende assicurare a tutti gli italiani la distribuzione nelle case e nei luoghi di lavoro di acqua salubre, priva di agenti patogeni e di sostanze contaminanti potenzialmente pericolose per la salute.
      L'Unione europea, con la direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, ha inteso uniformare la normativa in materia di sicurezza dell'acqua potabile introducendo criteri minimi per quanto riguarda sia la qualità dell'acqua sia le modalità di organizzazione dei controlli. Con il decreto legislativo n. 31 del 2001 è stata recepita la direttiva nel nostro ordinamento.
      L'applicazione del citato decreto legislativo nel nostro Paese, avvenuta contestualmente alla nascita del sistema delle agenzie, alla riorganizzazione del Servizio sanitario nazionale e dei relativi servizi di prevenzione e, soprattutto, alla farraginosa e spesso caotica riforma della gestione del servizio idrico integrato, ha comportato una profonda riorganizzazione di tutte le competenze e le modalità amministrative e tecniche di gestione della sicurezza nella distribuzione dell'acqua potabile nelle case dei cittadini.
      A tredici anni dall'introduzione di queste norme è lecito e, anzi, doveroso verificare il loro stato di attuazione concreta prevedendo, con la presente proposta di legge, una loro profonda modificazione.
      La proposta di legge, che reca modifiche al decreto legislativo n. 31 del 2001, si muove su quattro assi principali:

          1) la consapevolezza, per garantire la trasparenza, la pubblicità, l'accesso alle informazioni e la partecipazione dei cittadini in tutte le procedure che riguardano la sicurezza sia nell'approvvigionamento della risorsa idropotabile sia nella sua distribuzione presso case e opifici;

          2) l'approccio olistico al tema della sicurezza alimentare, inserendo la gestione della sicurezza sanitaria in un orizzonte più ampio e meno riduzionistico, ponendo il tema dell'accesso a un'acqua di qualità abbondante, sicura e salubre nel contesto ambientale e territoriale attuale, sempre più complesso, caratterizzato dal moltiplicarsi di situazioni di inquinamento e dell'avverarsi della previsioni connesse al cambiamento climatico in atto;

          3) una visione tecnico-scientifica più contemporanea, migliorando le capacità tecniche degli organismi a vario titolo coinvolti per assicurare un costante miglioramento;

          4) la rimodulazione del sistema sanzionatorio.

      Il primo asse si fonda sull'introduzione di numerose norme volte ad aumentare nel cittadino – che è anche, ma non solo, utente obbligato del gestore del servizio idrico di un dato territorio – la consapevolezza rispetto alla sicurezza sanitaria e alla gestione dei rischi connessi all'approvvigionamento e alla distribuzione dell'acqua a fini potabili. In questo senso la proposta di legge introduce l'articolo 8-bis del decreto legislativo n. 31 del 2001, riguardante la diffusione immediata di tutte le informazioni concernenti procedure e monitoraggi connessi alla distribuzione dell'acqua potabile ai cittadini. Come per qualsiasi alimento, i cittadini avranno accesso in tempo reale ai referti relativi alla qualità dell'acqua in distribuzione nella propria città. Si tratta del cuore del provvedimento per quanto riguarda la frontiera del diritto dei cittadini a essere costantemente e pro-attivamente informati secondo quanto previsto dalla Convenzione di Aarhus ratificata dallo Stato italiano ai sensi della legge n. 108 del 2001. Le informazioni dovranno essere rese non solo al momento della distribuzione dell'acqua ma anche nei momenti di ricerca delle fonti, con particolare riferimento alla classificazione dei corpi idrici superficiali destinati alla potabilizzazione.
      In realtà l'intero articolato è permeato da norme che assicurano non solo la massima trasparenza nei confronti del cittadino ma anche estese forme di partecipazione attiva e, in alcuni casi, anche di formazione, in tutti i passaggi che vengono ridisciplinati con la presente proposta di legge.
      La proposta di legge prevede che i cittadini, in forma organizzata, possano contribuire stimolando gli organi statali e regionali preposti a predisporre aggiornamenti tecnici per migliorare gli standard di qualità verificando periodicamente i parametri da rispettare.
      Tutti i procedimenti di formazione di piani e di regolamenti e le stesse procedure amministrative prevedono modalità più o meno estese di partecipazione del pubblico interessato, dalla possibilità di proporre osservazioni, come nel caso delle deroghe, alla partecipazione costante assicurata dallo svolgimento della procedura di valutazione ambientale strategica, con il conseguente coinvolgimento del cittadino nella redazione del piano di sicurezza previsto all'articolo 4-bis del decreto legislativo n. 31 del 2001.
      Il secondo asse è quello riguardante la contestualizzazione del problema dell'approvvigionamento idropotabile rispetto a grandi problematiche ambientali quali l'inquinamento diffuso del suolo e delle falde, la presenza di potenziali situazioni di rischio a monte e sopra i punti di captazione e l'impatto del cambiamento climatico in atto sulla qualità e sulla disponibilità della risorsa. Il provvedimento introduce, secondo quando suggerito dalla stessa Organizzazione

mondiale della sanità, il piano di sicurezza delle acque destinate al consumo umano, che deve essere redatto a livello regionale e delle province autonome. È uno strumento che serve a pianificare attentamente e pro-attivamente la gestione del rischio sanitario nell'approvvigionamento e nella distribuzione di acqua potabile, promuovendo la collaborazione di enti che oggi, seppur coinvolti a vario titolo nelle procedure connesse alla verifica della potabilità, non sembrano avere una visione unitaria della problematica. Un'altra questione affrontata nel provvedimento rispetto a questo tema è quella relativa al divieto di approvvigionamento presso siti inquinati o potenzialmente inquinati e nelle aree immediatamente a valle. Si migliora, così, la sicurezza alimentare rendendo chiaro il divieto di captazione in territori che presentano gravi problematiche di carattere ambientale che possono riflettersi, anche in maniera improvvisa ma non imprevedibile, sulla qualità dell'acqua.
      Il terzo asse riguarda il miglioramento delle capacità degli enti coinvolti a seguire l'evoluzione delle conoscenze scientifiche in materia nonché i suggerimenti provenienti dagli organismi scientifici e dalle agenzie internazionali. La proposta di legge chiarisce l'obbligo per tutti i laboratori coinvolti nelle procedure di campionamento e di monitoraggio di essere accreditati. A tale proposito persistono da parte di alcune regioni interpretazioni meno restrittive e di dubbia validità che tendono ad escludere, nonostante sia pacifica la classificazione dell'acqua quale alimento, l'applicazione per i laboratori delle agenzie regionali degli obblighi di cui al regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004. Per dirimere la questione il presente provvedimento chiarisce che i laboratori devono essere accreditati e, per permettere l'adeguamento per quelle situazioni oggi probabilmente irregolari, definisce un lasso di tempo di tre anni utile ad applicare la normativa europea in tutto il Paese secondo un'interpretazione più stringente, garantendo comunque un numero minimo di controlli presso strutture già accreditate.
      Il provvedimento introduce diverse norme in tal senso, da quelle relative al costante aggiornamento dei valori di parametro, che finora non è avvenuto in ben tredici anni dall'entra in vigore del decreto legislativo n. 31 del 2001, a quelle relative al miglioramento delle modalità di realizzazione delle campagne di monitoraggio delle acque presso i punti di captazione e distribuzione a quelle che riguardano i possibili effetti sinergici delle varie sostanze presenti.
      Infine il quarto asse riguarda una profonda modifica degli aspetti sanzionatori, prevedendo non solo nuovi profili di responsabilità ma anche un generale inasprimento delle sanzioni, al fine di rispondere alle esigenze della popolazione sempre più preoccupata dei possibili effetti sulla salute dei ripetuti casi avvenuti nel Paese di distribuzione di acqua contaminata.
      Di seguito sono sinteticamente illustrate le modifiche che la proposta di legge apporta al decreto legislativo n. 31 del 2001.
      La riformulazione dell'articolo 1 precisa che l'ambito di applicazione non riguarda solo i rischi derivanti dall'ingestione dell'acqua ma anche altre forme di esposizione a possibili sostanze dannose, come quelle per inalazione e contatto durante gli usi della risorsa idrica.
      Agli articoli 2 e 3 vengono aggiornati i riferimenti normativi.
      All'articolo 4 si introduce il concetto di effetto sinergico delle sostanze presenti e, conseguentemente, l'obbligo ad una valutazione della qualità dell'acqua e dell'eventuale presenza di pericoli sotto questo aspetto (comma 2-bis). Al comma 3 viene chiarito espressamente il divieto di miscelazione di acque di diversa provenienza finalizzato al rientro nei valori di parametro. Il comma 3-bis introduce il divieto di approvvigionamento in aree inquinate o potenzialmente contaminate, prevedendo forme di deroga in casi eccezionali e limitati nel tempo. L'articolo 4-bis introduce il piano di sicurezza delle acque destinate al consumo umano, che le province autonome e le regioni devono predisporre in collaborazione con gli altri enti coinvolti nella gestione del servizio idrico integrato e con la partecipazione dei cittadini.
      All'articolo 5 si precisa che la valutazione della conformità viene effettuata tenendo conto anche delle sostanze non elencate negli allegati ma per i quali sono stati fissati valori di parametro da parte del Ministero della salute. Con il comma 3 si disciplina il caso particolare in cui la non conformità possa essere causata dal gestore del servizio anche a valle del punto di consegna.
      All'articolo 6 si prevedono forme di pubblicità per le modalità di miglioramento della disinfezione con particolare riferimento alla presenze di residui come quelli della clorazione. Inoltre i commi 5.1, 5.2 e 5.3 chiariscono l'obbligo di accreditamento per tutti i laboratori coinvolti nelle procedure nonché le modalità di coordinamento tra di essi.
      All'articolo 7 si rende obbligatoria per i gestori la condivisione preventiva con l'autorità sanitaria locale dei punti di prelievo.
      All'articolo 8 si precisano alcuni obblighi per la ricerca dei parametri degli allegati e in particolare, con il comma 6, si prevede l'adozione da parte del Ministro della salute di linee guida per la realizzazione di piani di monitoraggio supplementare, anche per la ricerca di sostanze non elencate negli allegati ma ugualmente pericolose per la salute umana.
      L'articolo 8-bis introduce nuovi obblighi per la trasparenza dei dati, con la pubblicazione online dei referti analitici dei controlli. Si stabilisce che agli atti relativi alla potabilità delle acque si applicano le disposizioni del decreto legislativo n. 195 del 2013. Si impongono, inoltre, alcuni obblighi relativi all'informazione e alla partecipazione dei cittadini nelle procedure di classificazione dei corsi d'acqua superficiali ai fini della potabilizzazione.
      L'articolo 10 sottolinea l'importanza di valutare, ai fini della conformità, gli effetti sinergici e l'eventuale presenza di sostanze non previste negli allegati, stabilendo le modalità di comunicazione, per i casi più gravi, al Ministero della salute.
      L'articolo 11 impegna il Ministero della salute a rivalutare periodicamente e in tempi certi i valori di parametro, attraverso forme trasparenti di «public debate» e sulla base delle nuove risultanze provenienti dal mondo della ricerca. Ai fini del principio di precauzione si introduce un automatismo nella diminuzione dei valori di parametro in caso di inadempienza da parte del Ministero.
      L'articolo 12 disciplina in maniera più stringente la possibilità per le regioni e le province autonome di ricorrere allo strumento della dichiarazione di emergenza al fine di evitare abusi. Inoltre si prevede una fase di partecipazione e di informazione preventiva della popolazione, soprattutto nei casi di reiterazione dei provvedimenti.
      L'articolo 13 introduce numerose norme per assicurare la trasparenza, la partecipazione, l'informazione e la formazione nelle procedure relative alle deroghe, assicurando il diritto dei cittadini a conoscere i contenuti e i presupposti dei provvedimenti derogatori. Inoltre si rendono più stringenti le norme volte a superare le situazioni di non conformità che richiedono provvedimenti di deroga.
      L'articolo 14 prevede alcune forme di ulteriore garanzia di trasparenza dei dati e delle informazioni relativi alle procedure.
      L'articolo 15 aggiorna le procedure rispetto alle residue non conformità e proroghe che potevano essere concesse fino al 31 dicembre 2014, stabilendo un quadro operativo per tali situazioni. Ne consegue l'abrogazione dell'articolo 16.
      L'articolo 19 introduce nuove sanzioni amministrative pecuniarie e inasprisce quelle già previste. Inoltre vengono aggiunte alcune previsioni di reato per le violazioni più gravi delle norme con pene modulate a seconda della violazione, salvo che il fatto non costituisca più grave reato. Inoltre viene introdotto un automatismo per la decadenza automatica degli affidamenti al gestore in caso di reiterata violazione delle norme.
      L'articolo 19-bis definisce forme di coordinamento con la legislazione regionale e delle province autonome vigente.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. Al comma 1 dell'articolo 1 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A tale fine si tiene altresì conto dell'esposizione alle diverse sostanze sia attraverso l'ingestione sia attraverso altre modalità quali l'inalazione o l'assorbimento cutaneo derivante dall'uso dell'acqua a fini idropotabili».

Art. 2.

      1. Al comma 1 dell'articolo 2 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) la lettera c) è sostituita dalla seguente:

          «c) “gestore”: il gestore del servizio idrico integrato, individuato con le modalità di cui all'articolo 150 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, nonché chiunque fornisca acqua a terzi attraverso impianti idrici autonomi o cisterne, fisse o mobili»;

          b) la lettera d) è sostituita dalla seguente:

          «d) “autorità d'ambito”: la forma di cooperazione tra enti ai sensi dell'articolo 148 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e, fino alla piena operatività del servizio idrico integrato, l'amministrazione pubblica titolare del servizio».

Art. 3.

      1. L'articolo 3 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, è sostituito dal seguente:
      «Art. 3. – (Esenzioni). – 1. Il presente decreto non si applica:

          a) alle acque minerali naturali riconosciute ai sensi della direttiva 2009/54/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, e ai medicinali per uso umano disciplinati dalla direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001;

          b) alle acque destinate esclusivamente a quegli usi per i quali la qualità delle stesse non ha ripercussioni, dirette o indirette, sulla salute dei consumatori interessati, individuate con decreto del Ministro della salute, di concerto i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole alimentari e forestali».

Art. 4.

      1. All'articolo 4 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) dopo il comma 2 è inserito il seguente:
      «2-bis. Nelle acque destinate al consumo umano le concentrazioni delle diverse sostanze non devono costituire pericolo per la salute umana anche tenendo conto dell'effetto sommatorio o sinergico dovuto alla presenza concomitante delle stesse e anche qualora, prese singolarmente, rispettino i requisiti minimi prescritti dal presente decreto»;

          b) al comma 3, dopo la parola: «consentire» sono inserite le seguenti: «, anche attraverso la miscelazione di acque di diverse provenienza e qualità,»;

          c) dopo il comma 3 è inserito il seguente:
      «3-bis. È vietato l'approvvigionamento idropotabile da falde contaminate in cui, per una o più sostanze, siano superate le concentrazioni soglia di contaminazione individuate nell'allegato 5 al titolo V della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e comunque da falde incluse nei perimetri di siti inquinati o potenzialmente

inquinati e nelle aree immediatamente a valle, in senso idrogeologico, di queste, definite dall'articolo 4-bis del presente decreto. L'eventuale deroga al divieto di utilizzo di tali acque, fermo restando comunque il rispetto degli obblighi di cui al presente articolo, può avvenire esclusivamente in caso di emergenza idrica con impossibilità di approvvigionamento da fonti alternative o di attivazione di forme di miglioramento delle opere di captazione, adduzione e distribuzione esistenti. L'autorizzazione alla deroga non può essere rinnovata per più di due anni. In ogni caso la distribuzione di tali acque è subordinata a una preventiva ed esaustiva comunicazione alla popolazione sullo stato di contaminazione, sugli eventuali limiti e precauzioni di utilizzo, nonché sulle modalità di superamento dell'emergenza».
Art. 5.

      1. Dopo l'articolo 4 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, come modificato dalla presente legge, è inserito il seguente:
      «Art. 4-bis. – (Piano di sicurezza delle acque destinate al consumo umano). – 1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 dicembre 2017, redigono e approvano un piano di sicurezza delle acque destinate al consumo umano, di seguito denominato “piano di sicurezza”, in conformità alle linee guida adottate ai sensi del comma 6 dell'articolo 8.
      2. Fanno parte del gruppo di lavoro per la redazione del piano di sicurezza i seguenti soggetti: le autorità d'ambito, i gestori del servizio idrico integrato, le autorità sanitarie locali competenti, l'agenzia per la protezione ambientale territorialmente competente e l'autorità del distretto idrogeologico competente, se costituita. Le regioni e le province autonome stabiliscono, in conformità ai princìpi della Convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai

processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, fatta ad Aarhus il 25 giugno 1998, resa esecutiva dalla legge 16 marzo 2001, n. 108, e ai requisiti minimi prescritti dal presente decreto, le forme la partecipazione di altri soggetti nella redazione del piano, compresi esperti e rappresentanti di comitati, associazioni dei consumatori, associazioni per la protezione ambientale e associazioni di medici.
      3. Il piano di sicurezza contiene almeno:

          a) la descrizione puntuale delle fonti di approvvigionamento e quella qualitativa e quantitativa delle fonti di pressioni antropica che insistono nelle aree circostanti e a monte, considerando tutto il bacino idrogeologico rispetto ad eventuali punti di captazione superficiali o in sub-alveo;

          b) l'analisi dello stato di salute della popolazione e delle principali implicazioni relative al rapporto tra la disponibilità della risorsa, la sua qualità e la salute nel contesto territoriale considerato;

          c) una descrizione puntuale qualitativa e quantitativa dello stato chimico-fisico e microbiologico delle acque destinate al consumo umano, con allegati i risultati completi dei controlli interni ed esterni dei tre anni precedenti, nonché una valutazione dei possibili effetti sinergici o sommatori delle varie sostanze o gruppi di sostanze presenti o potenzialmente presenti;

          d) i punti e le modalità di trattamento, comprese le opere per la potabilizzazione e le relative categorie di classificazione dei corsi d'acqua superficiali ai fini dell'utilizzo idropotabile;

          e) la risorsa disponibile pro capite alla captazione e quella alla distribuzione, con un esame delle principali criticità per quanto riguarda l'approvvigionamento, dal punto di vista sia temporale che spaziale;

          f) la descrizione delle modalità di disinfezione utilizzate e i programmi per

la progressiva riduzione della concentrazione degli eventuali residui dei trattamenti;

          g) le misure adottate o da adottare volte alla tutela delle acque destinate al consumo umano, alla prevenzione dell'inquinamento e alla gestione dei rischi e delle emergenze, anche con riferimento alla disponibilità della risorsa stessa;

          h) la descrizione dei programmi di monitoraggio delle acque prima del prelievo e delle attività dei controlli interni ed esterni;

          i) le strategie di adattamento e di mitigazione dei rischi connessi al cambiamento climatico per quanto attiene la disponibilità e la qualità della risorsa, anche ai fini della sicurezza sanitaria;

          l) le forme di comunicazione, informazione, partecipazione, educazione e trasparenza della popolazione rispetto alla qualità delle acque disponibili e distribuite nonché ai comportamenti da seguire in caso di emergenza idrica.

      4. Il piano di sicurezza è sottoposto a valutazione ambientale strategica e alle relative forme di consultazione di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni. Il piano è aggiornato almeno ogni tre anni e comunque in caso di eventi o situazioni che possono influire, positivamente o negativamente, sulla sicurezza dell'approvvigionamento idrico a fini idropotabili. Il piano definisce l'estensione delle aree immediatamente a valle, in senso idrogeologico, dei siti inquinati o potenzialmente inquinati di cui all'articolo 4, comma 3-bis, sia attraverso l'uso di modelli di diffusione delle eventuali sostanze potenzialmente contaminanti, sia tenendo conto dei dati reali derivanti dai monitoraggi ambientali. Nelle more dell'approvazione del piano, l'autorità sanitaria locale competente definisce l'estensione di tali aree. Per i punti di prelievo già esistenti tale attività è completata entro il 30 giugno 2016».

Art. 6.

      1. L'articolo 5 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
      «Art. 5. – (Punti di rispetto della conformità). – 1. I valori di parametro fissati nell'allegato I, nonché quelli indicati dal Ministero della salute sulla base di quanto previsto dall'articolo 11 per le sostanze non elencate negli allegati del presente decreto, devono essere rispettati nei seguenti punti:

          a) per le acque fornite attraverso una rete di distribuzione, nel punto di consegna ovvero, ove sconsigliabile per difficoltà tecniche o pericolo di inquinamento del campione, in un punto prossimo della rete di distribuzione rappresentativo e nel punto in cui queste fuoriescono dai rubinetti, compresi quelli dei servizi igienici, utilizzati per il consumo umano;

          b) per le acque fornite da una cisterna, nel punto in cui fuoriescono dalla cisterna;

          c) per le acque confezionate in bottiglie o contenitori, rese disponibili per il consumo umano, nel punto in cui sono imbottigliate o introdotte nei contenitori;

          d) per le acque utilizzate nelle imprese alimentari, nel punto in cui sono utilizzate nell'impresa.

      2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, lettera a), si considera che il gestore abbia adempiuto agli obblighi di cui al presente decreto quando i valori di parametro fissati nell'allegato I nonché quelli indicati dal Ministero della salute per le sostanze non elencate negli allegati del presente decreto sono rispettati nel punto di consegna, indicato all'articolo 2, comma 1, lettera b). Per gli edifici e le strutture in cui l'acqua è fornita al pubblico, il titolare e il responsabile della gestione dell'edificio o della struttura devono assicurare che i valori di parametro fissati nell'allegato I, rispettati nel punto di consegna, siano

mantenuti nel punto in cui l'acqua fuoriesce dal rubinetto.
      3. Il gestore è tenuto a comunicare tempestivamente ai soggetti terzi interessati nonché all'autorità sanitaria locale e all'autorità d'ambito il verificarsi di condizioni riconducibili alla propria condotta che possono, anche potenzialmente e temporaneamente, determinare il degrado della qualità dell'acqua tra punto di consegna e rubinetto. Il gestore, sotto il controllo e il monitoraggio dell'autorità sanitaria locale in collaborazione con l'autorità d'ambito, è tenuto a rimuovere tempestivamente le cause che determinano l'esistenza di tali condizioni.
      4. Fermo restando quanto stabilito dai commi 2 e 3, qualora sussista il rischio che le acque di cui al comma 1, lettera a), pur essendo nel punto di consegna rispondenti ai valori di parametro fissati nell'allegato I, non siano conformi a tali valori al rubinetto, l'azienda sanitaria locale dispone che il gestore adotti misure appropriate per eliminare il rischio che le acque non rispettino i valori di parametro dopo la fornitura. L'autorità sanitaria competente e il gestore, ciascuno per quanto di competenza, provvedono affinché i consumatori interessati siano debitamente informati e consigliati sugli eventuali provvedimenti e sui comportamenti da adottare e sia effettuato un adeguato monitoraggio per ripristino della conformità».
Art. 7.

      1. All'articolo 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) dopo il comma 3 è inserito il seguente:
      «3-bis. L'autorità sanitaria locale, sulla base dei risultati dei controlli interni ed esterni dell'anno precedente, e tenuto conto del piano di sicurezza, è tenuta a stabilire e a rendere pubbliche le modalità attraverso le quali assicurare un costante

miglioramento delle operazioni di disinfezione di cui al comma 3»;

          b) dopo il comma 5 sono inseriti i seguenti:
      «5.1. I laboratori di cui agli articoli 7 e 8, entro il 31 dicembre 2018, devono essere in possesso dell'accreditamento per i diversi parametri da valutare ai fini del presente decreto, secondo le modalità di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 dicembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 20 del 26 gennaio 2010.
      5.2. Nelle more dell'attuazione del comma 6, almeno il 5 per cento dei controlli effettuati dai laboratori privi di accreditamento deve avvenire in contraddittorio con laboratori già accreditati.
      5.3. Il piano di sicurezza definisce modalità di confronto costante tra i laboratori ai fini del progressivo miglioramento e coordinamento delle procedure di controllo».

Art. 8.

      1. Il comma 2 dell'articolo 7 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
      «2. I punti di prelievo e la frequenza dei controlli interni devono essere concordati con l'azienda sanitaria locale».

Art. 9.

      1. L'articolo 8 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
      «Art. 8. – (Controlli esterni). – 1. I controlli esterni sono quelli svolti dall'azienda sanitaria locale territorialmente competente, per verificare che le acque destinate al consumo umano soddisfino i requisiti del presente decreto, sulla base di programmi elaborati secondo i criteri generali

dettati dalle regioni in ordine all'ispezione degli impianti, alla fissazione dei punti di prelievo dei campioni da analizzare, anche con riferimento agli impianti di distribuzione domestici e alle frequenze dei campionamenti, intesi a garantire la significativa rappresentatività della qualità delle acque distribuite durante l'anno, nel rispetto di quanto stabilito dall'allegato II, dal piano di sicurezza e dalle linee guida di cui al comma 6 del presente articolo.
      2. In caso di mancata pubblicazione dei risultati dei controlli secondo le modalità di cui all'articolo 8-bis i controlli riguardano tutti i parametri di cui all'allegato I.
      3. In ogni caso la conformità ai parametri di cui all'allegato I è verificata in almeno il 25 per cento dei controlli annuali e, comunque, in almeno un controllo mensile, per punto di prelievo.
      4. Per quanto concerne i controlli di cui all'articolo 6, comma 1, lettera a), l'azienda sanitaria locale tiene conto dei risultati del rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici effettuato nell'ambito dei piani di tutela delle acque di cui all'articolo 121 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e, in particolare per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, dei risultati della classificazione e del monitoraggio effettuati secondo le modalità previste dall'allegato 2 alla parte terza del citato decreto legislativo n. 152 del 2006.
      5. L'azienda sanitaria locale assicura una ricerca supplementare, caso per caso, delle sostanze e dei microrganismi per i quali non sono stati fissati valori di parametro a norma dell'allegato I, qualora vi sia motivo di sospettarne la presenza in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana, anche per effetto sinergico o sommatorio con altre sostanze presenti. La ricerca dei parametri supplementari è effettuata con metodiche predisposte dall'istituto superiore di sanità.
      6. Entro il 30 giugno 2016, il Ministro della salute, d'intesa con il Ministro del l'ambiente e della tutela del territorio e del mare, avvalendosi dell'Istituto superiore di sanità e dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) per le attività istruttorie, e tenendo conto delle linee guida per i piani di sicurezza nonché delle linee guida per le acque destinate al consumo umano dell'Organizzazione mondiale della sanità, adotta, con proprio decreto, le linee guida per la realizzazione di piani per la valutazione degli effetti sinergici o sommatori delle varie sostanze nonché di piani supplementari di monitoraggio sanitario e ambientale, realizzati di norma secondo programmi annuali, che tengano conto:

          a) delle pressioni ambientali, comprese le emissioni in atmosfera, nei corpi idrici superficiali e sotterranei e sul suolo, presenti intorno alle aree in cui insistono punti di captazione, comprese le zone di tutela assoluta, le zone di rispetto e le zone di protezione di cui all'articolo 94 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

          b) dello stato delle reti di adduzione e distribuzione, comprese la presenza di perdite e la composizione dei materiali delle reti nonché ai fini della verifica di compatibilità sanitaria, dell'utilizzo delle adduttrici per il posizionamento di impianti per la produzione energetica;

          c) dello stato di salute della popolazione interessata;

          d) della presenza di siti inquinati o potenzialmente inquinati e delle zone di cui agli articoli 92 e 93 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, nelle aree circostanti i punti di captazione o approvvigionamento di qualsiasi tipologia e che possono direttamente o indirettamente influenzare la quantità e la qualità della risorsa idropotabile;

          e) delle sostanze pericolose e delle sostanze pericolose prioritarie, come definite dall'Unione europea nonché di altre categorie di sostanze potenzialmente presenti e aventi effetti sulla salute;

          f) della disponibilità della risorsa idrica.

      7. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sovrintendono all'immediata attuazione dei piani di cui al comma 6 da parte dell'autorità sanitaria locale, che si avvale del sistema delle agenzie regionali per la protezione ambientale.
      8. I risultati dei controlli e dei monitoraggi supplementari effettuati ai sensi del comma 6 sono divulgati al pubblico entro quindici giorni tramite i siti internet del gestore, dell'autorità d'ambito, dell'autorità sanitaria locale e dell'agenzia per la protezione ambientale competente per territorio.
      9. Ove gli impianti di acquedotto ricadano nell'area di competenza territoriale di più aziende sanitarie locali la regione può individuare l'azienda alla quale attribuire la competenza in materia di controlli.
      10. Per gli acquedotti interregionali l'organo sanitario di controllo è individuato d'intesa fra le regioni interessate.
      11. L'azienda sanitaria locale comunica i punti di prelievo fissati per il controllo, le frequenze dei campionamenti e gli eventuali aggiornamenti alla competente regione o provincia autonoma e al Ministero della salute secondo modalità stabilite dal medesimo Ministero e sulle quali la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano esprime intesa, e trasmette gli eventuali aggiornamenti entro trenta giorni dalle variazioni apportate.
      12. Per le attività di laboratorio le aziende sanitarie locali si avvalgono delle agenzie per la protezione ambientale secondo il rispettivo ordinamento. Per tali laboratori si applica in ogni caso quanto previsto dall'articolo 6, commi 5.1 e 5.2. I risultati dei controlli sono trasmessi mensilmente alle competenti regioni o province autonome e al Ministero della salute, secondo le modalità stabilite rispettivamente dalle regioni o province autonome e dal Ministero della salute».

Art. 10.

      1. Dopo l'articolo 8 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, come da ultimo sostituito dalla presente legge, è inserito il seguente:
      «Art. 8-bis. – (Informazione del pubblico). – 1. I risultati dei controlli di cui agli articoli 6, 7 e 8 sono pubblicati in forma integrale entro ventiquattro ore dal ricevimento del referto nei siti internet del gestore, per quanto attiene ai controlli interni e dell'autorità sanitaria locale per quanto attiene ai controlli esterni. Sono altresì pubblicati i piani di controllo interno ed esterno e le eventuali esenzioni con le relative motivazioni rispetto ai parametri dell'allegato I, sulla base di quanto previsto dall'allegato II gli enti locali partecipanti all'autorità d'ambito inseriscono nei propri siti internet il collegamento al sito internet dell'autorità sanitaria locale che riporta i referti. I gestori su richiesta dell'ente sono tenuti a fornire insieme alla bolletta l'ultimo referto disponibile per l'area di residenza del richiedente.
      2. Oltre a quanto previsto dal comma 1, ai provvedimenti previsti dal presente decreto si applicano in ogni caso gli obblighi di informazione e di trasparenza di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.
      3. In relazione a quanto previsto dall'articolo 80 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sulla classificazione delle acque superficiali ai fini della potabilizzazione, le regioni e, qualora sia il proponente della richiesta di classificazione, l'autorità d'ambito, danno ampia divulgazione presso la popolazione interessata dell'avvio della procedura per la classificazione, mediante pubblicazione nel proprio sito internet e comunicati alla stampa nonché attraverso incontri pubblici presso i principali luoghi interessati. Tali incontri sono pubblicizzati mediante affissione di manifesti. Durante il periodo di classificazione i referti dei controlli analitici mensili necessari per la classificazione stessa sono tempestivamente pubblicati nei siti internet del gestore, dell'autorità d'ambito,

dell'azienda sanitaria locale e dell'agenzia per la protezione ambientale entro cinque giorni lavorativi dalla loro acquisizione.
      4. Il Ministero della salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, i gestori, le agenzie per la protezione ambientale, l'autorità sanitaria locale e l'autorità d'ambito individuano un responsabile per l'informazione pubblica ai fini dell'attuazione degli obblighi di informazione, partecipazione e trasparenza previsti dal presente decreto. In caso di inadempienza di tali obblighi, ai responsabili per l'informazione pubblica si applicano le norme e le sanzioni di cui agli articoli 43 e seguenti del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33».
Art. 11.

      1. L'articolo 10 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
      «Art. 10. – (Provvedimenti e limitazioni dell'uso). – 1. Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 13 e 14, nel caso in cui le acque destinate al consumo umano non corrispondano ai valori di parametro fissati ai sensi dell'allegato I, nonché ai valori eventualmente fissati ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera b), ovvero si verifichi una condizione che possa comportare anche solo potenzialmente un pericolo per la salute umana, l'azienda sanitaria locale interessata comunica al gestore l'avvenuto superamento e, effettuate le valutazioni del caso, propone al sindaco l'adozione degli eventuali provvedimenti cautelativi a tutela della salute pubblica, tenuto conto dell'entità del superamento del valore di parametro pertinente e dei potenziali rischi per la salute umana nonché dei rischi che potrebbero derivare da un'interruzione dell'approvvigionamento o da una limitazione di uso delle acque erogate.
      2. Ai fini del rispetto delle finalità e dei princìpi del presente decreto e dell'adozione dei provvedimenti di cui al comma 1, l'eventuale incertezza nella misura dei valori di parametro nei controlli, derivante dall'applicazione dei margini di accuratezza

e di precisione nelle misure indicate negli allegati del presente decreto, deve essere sempre valutata nei termini più cautelativi per la tutela della salute pubblica in attuazione del principio di precauzione di cui all'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ovvero tenendo conto del limite superiore dell'intervallo di incertezza per i valori analitici risultanti nei controlli per le singole sostanze.
      3. Il gestore, sentite l'azienda sanitaria locale e l'Autorità d'ambito, individuate tempestivamente le cause della non conformità, attua i correttivi gestionali di competenza necessari all'immediato ripristino della qualità delle acque erogate.
      4. La procedura di cui al comma 3 deve essere posta in atto anche in presenza di sostanze o agenti biologici, compresi quelli per i quali non è stato ancora fissato il valore di parametro, in quantità tali che possono determinare un rischio per la salute umana, tenuto anche conto dell'effetto sommatorio o sinergico e del principio di precauzione.
      5. L'azienda sanitaria locale provvede a informare l'autorità giudiziaria in caso di superamento dei valori dei parametri.
      6. Il sindaco, l'azienda sanitaria locale, l'autorità d'ambito e il gestore informano immediatamente i consumatori in ordine ai provvedimenti adottati, ciascuno per quanto di propria competenza, e pubblicano nel proprio sito internet e in forma integrale tutti gli atti, compresi l'eventuale corrispondenza intercorsa tra i medesimi soggetti e i risultati dei controlli.
      7. In caso di non conformità o di pericolo, anche potenziale, ai sensi del presente articolo, l'autorità sanitaria è tenuta a trasmettere con urgenza al Ministero della salute e all'Istituto superiore di sanità una dettagliata relazione che tiene conto anche del contesto in cui si è verificata la situazione affinché siano presi i provvedimenti necessari, nonché di quanto previsto dall'articolo 11, comma 1, lettere b) e c), qualora ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

          a) persistenza della non conformità o del pericolo, anche potenziale, per un periodo superiore a dieci giorni;

          b) presenza di uno o più parametri i cui valori da rispettare non siano ancora stabiliti ai sensi dell'articolo 11;

          c) rischio di danni immediati alla salute umana».

Art. 12.

      1. Le lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 11 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, sono sostituite dalle seguenti:

          «a) l'aggiornamento degli allegati I, II e III, in relazione all'evoluzione delle conoscenze tecnico-scientifiche o in esecuzione di disposizioni adottate in materia in sede di Unione europea; tale aggiornamento, che può essere effettuato anche su segnalazione di comitati, associazioni scientifiche, associazioni dei consumatori e associazioni di protezione ambientale, deve essere comunque effettuato almeno ogni tre anni ed è corredato di una relazione dell'Istituto superiore di sanità sull'evoluzione della conoscenze scientifiche, sui risultati dei controlli e dei monitoraggi e sui piani di sicurezza. Le procedure di aggiornamento comprendono una fase pubblica per la raccolta di osservazioni della durata di almeno trenta giorni, comprensiva di audizioni del pubblico interessato, tranne per i casi di modifiche urgenti connesse a situazioni di emergenza, definite secondo le disposizioni vigenti. Il primo aggiornamento avviene entro il 31 dicembre 2016. In assenza di tale aggiornamento, in attuazione del principio di precauzione, i valori di cui all'allegato I, parte B, sono diminuiti automaticamente del 20 per cento. In caso di mancato aggiornamento entro il 31 dicembre 2017, i valori di cui al medesimo allegato I, parte B, sono diminuiti di un ulteriore 20 per cento;

          b) la fissazione di valori per parametri aggiuntivi non riportati nell'allegato I qualora ciò sia necessario per tutelare la salute umana in una parte o in tutto il territorio nazionale; i valori fissati devono,

al minimo, soddisfare i requisiti di cui all'articolo 4, comma 2, lettera a), e comma 2-bis.
Art. 13.

      1. La lettera a) del comma 1 dell'articolo 12 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, è sostituita dalla seguente:

          «a) previsione di misure atte a rendere possibile un approvvigionamento idrico di emergenza per fornire acqua potabile rispondente ai requisiti previsti dall'allegato I, per la quantità e per il periodo minimi necessari a far fronte a contingenti esigenze locali e, comunque, per un periodo non superiore a due anni. Tali provvedimenti devono contenere le misure per il superamento dell'emergenza e non possono essere reiterati per più di due volte. Qualora il provvedimento debba essere reiterato, almeno sessanta giorni prima della scadenza è attivata una procedura pubblica che prevede la divulgazione per il pubblico di una relazione in cui sono evidenziati gli elementi e le motivazioni alla base della reiterazione, i motivi ostativi al superamento della stessa nonché le modalità di risoluzione dell'emergenza, comprese le risorse economiche stanziate. Ai fini della presentazione delle osservazioni da parte del pubblico sono concessi almeno trenta giorni ed è comunque effettuato un sopralluogo aperto alla partecipazione dei cittadini. Le osservazioni raccolte sia durante la fase delle osservazioni sia durante il sopralluogo devono essere controdedotte, anche in maniera sintetica e per gruppi».

Art. 14.

      1. L'articolo 13 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
      «Art. 13. – (Deroghe). – 1. La regione o provincia autonoma può stabilire deroghe o restrizioni ai valori di parametro fissati nell'allegato I, parte B, o fissati ai

sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera b), entro i valori massimi ammissibili stabiliti dal Ministero della salute, con provvedimento da adottare previa acquisizione del parere vincolante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e tenuto conto dei risultati della fase di consultazione pubblica di cui al comma 2 del presente articolo, purché nessuna deroga presenti potenziale pericolo per la salute umana e l'approvvigionamento di acque destinate al consumo umano conformi ai valori di parametro non possa essere assicurato con nessun altro mezzo congruo.
      2. La deroga, ad esclusione dei casi di emergenza stabiliti secondo le disposizioni vigenti, è preceduta dall'attivazione di una consultazione pubblica che preveda un periodo di raccolta delle osservazioni della durata di almeno trenta giorni nonché audizioni del pubblico interessato, compresi comitati di cittadini, associazioni di categoria, associazioni per la protezione ambientale e associazioni dei consumatori. A tale fine sono resi disponibili tutti i documenti, compresi la corrispondenza intercorsa tra i medesimi soggetti, i risultati dei controlli e le informazioni di cui al comma 4. Il Ministero della salute è tenuto a controdedurre le osservazioni, anche in maniera sintetica e per gruppi.
      3. Nei casi di emergenza, la fase di consultazione è comunque avviata entro trenta giorni dall'entrata in vigore del provvedimento di cui al comma 1, anche ai fini di eventuale modifiche ed integrazioni dello stesso. Il Ministero della salute è tenuto a controdedurre le osservazioni, anche in maniera sintetica e per gruppi.
      4. Il valore massimo ammissibile di cui al comma 1 è fissato su motivata richiesta della regione o provincia autonoma, corredata delle seguenti informazioni:

          a) i motivi della richiesta di deroga con l'indicazione della causa del degrado della risorsa idrica;

          b) i parametri interessati, i risultati dei controlli effettuati negli ultimi tre anni, il valore massimo ammissibile proposto e la durata necessaria della deroga;

          c) l'area geografica, la quantità di acqua fornite ogni giorno, la popolazione interessata e gli eventuali effetti sulle industrie alimentari interessate;

          d) un opportuno programma di controllo che preveda, se necessario, una maggiore frequenza dei controlli rispetto a quelli minimi previsti;

          e) il piano relativo alla necessaria azione correttiva, compresi un calendario dei lavori, una stima dei costi, la relativa copertura finanziaria e le disposizioni per il riesame;

          f) le attività di informazione, consultazione, partecipazione del pubblico già realizzate e quelle da avviare durante il periodo di deroga.

      5. Le deroghe devono avere la durata più breve possibile, comunque non superiore a un periodo di tre anni. Sei mesi prima della scadenza di tale periodo, la regione o la provincia autonoma trasmette al Ministero della salute una circostanziata relazione sui risultati conseguiti, ai sensi di quanto disposto al comma 4, nel periodo di deroga, in ordine alla qualità delle acque, comunicando e documentando altresì l'eventuale necessità di un ulteriore periodo di deroga.
      6. Il Ministero della salute, con decreto da adottare di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, valutata la documentazione pervenuta e previa attivazione di una consultazione pubblica che preveda un periodo di raccolta delle osservazioni della durata di almeno trenta giorni nonché audizioni del pubblico interessato, compresi comitati di cittadini, associazioni di categoria, associazioni per la protezione ambientale e associazioni dei consumatori, stabilisce un valore massimo ammissibile per l'ulteriore periodo di deroga che può essere concesso dalla regione. Tale periodo non deve, comunque, avere durata superiore ai tre anni. Il Ministero della salute è tenuto a controdedurre le osservazioni, anche in maniera sintetica e per gruppi.


      7. Sei mesi prima della scadenza dell'ulteriore periodo di deroga, la regione o la provincia autonoma trasmette al Ministero della salute un'aggiornata e circostanziata relazione sui risultati conseguiti e sulle modalità di coinvolgimento e di informazione della popolazione. Qualora, per circostanze eccezionali adeguatamente dimostrate, non sia stato possibile dare completa attuazione ai provvedimenti necessari per ripristinare la qualità dell'acqua, la regione o la provincia autonoma documenta adeguatamente la necessità di un'ulteriore periodo di deroga.
      8. Il Ministero della salute, con decreto da adottare di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, valutata la documentazione pervenuta, previe acquisizione del parere favorevole della Commissione europea e l'attivazione di una consultazione pubblica che preveda un periodo di raccolta delle osservazioni della durata di almeno trenta giorni nonché audizioni del pubblico interessato, compresi comitati di cittadini, associazioni di categoria, associazioni per la protezione ambientale e associazioni dei consumatori, stabilisce un valore massimo ammissibile per l'ulteriore periodo di deroga che non deve essere superiore a tre anni. Il Ministero della salute è tenuto a controdedurre le osservazioni, anche in maniera sintetica e per gruppi.
      9. Tutti i provvedimenti di deroga devono riportare quanto segue:

          a) i motivi della deroga;

          b) i parametri interessati, i risultati del precedente controllo pertinente e il valore massimo ammissibile per la deroga per ogni parametro;

          c) l'area geografica, la quantità di acqua fornita ogni giorno, la popolazione interessata e gli eventuali effetti sulle industrie alimentari interessate;

          d) un opportuno programma di controllo che preveda, se necessario, una maggiore frequenza dei controlli;

          e) una sintesi del piano relativo alla necessaria azione correttiva, compresi un

calendario dei lavori, una stima dei costi, la relativa copertura finanziaria e le disposizioni per il riesame;

          f) la durata della deroga;

          g) le prescrizioni che il gestore deve attuare;

          h) le risultanze della consultazione della popolazione nonché le modalità di informazione, formazione, trasparenza e partecipazione adottate per quanto concerne le procedure tecnico-amministrative relative alla deroga e al superamento della situazione di non conformità, nonché quelle da adottare durante il periodo di deroga.

      10. I provvedimenti di deroga devono essere trasmessi al Ministero della salute e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro quindici giorni dalla loro adozione.
      11. In deroga a quanto disposto dai commi da 1 a 10, se la regione o la provincia autonoma ritiene che l'inosservanza del valore di parametro sia trascurabile e se l'azione correttiva intrapresa ai sensi dell'articolo 10, comma 1, è sufficiente a risolvere il problema entro un periodo massimo di trenta giorni, fissa il valore massimo ammissibile per il parametro interessato e stabilisce il periodo necessario per ripristinare la conformità ai valori di parametro. La regione o la provincia autonoma trasmette al Ministero della salute, entro trenta giorni, gli eventuali provvedimenti adottati ai sensi del presente comma.
      12. Il ricorso alla procedura di cui al comma 11 non è consentito se l'inosservanza di uno stesso valore di parametro per un determinato approvvigionamento d'acqua si è verificata per oltre trenta giorni complessivi nel corso dei dodici mesi precedenti.
      13. La regione o la provincia autonoma che si avvale delle deroghe di cui al presente articolo provvede affinché la popolazione interessata sia tempestivamente e adeguatamente informata delle deroghe applicate e delle condizioni che le disciplinano. Ove occorra, la regione o la provincia autonoma

provvede inoltre a formare raccomandazioni a gruppi specifici di popolazione per i quali la deroga possa costituire un rischio particolare. Le informazioni e raccomandazioni fornite alla popolazione fanno parte integrante del provvedimento di deroga. Gli obblighi di cui al presente comma sono osservati anche nei casi di cui al comma 11, qualora la regione o la provincia autonoma lo ritenga opportuno.
      14. La regione o la provincia autonoma tiene conto delle deroghe adottate ai sensi del presente articolo ai fini della redazione dei piani di tutela delle acque di cui agli articoli 118 e seguenti del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.
      15. Il Ministero della salute, entro due mesi dalla loro adozione, comunica alla Commissione europea i provvedimenti di deroga adottati ai sensi del presente articolo e, nei casi di cui ai commi 5 e 6, i risultati conseguiti nei periodi di deroga.
      16. Il presente articolo non si applica alle acque fornite mediante cisterna e a quelle confezionate in bottiglie o contenitori rese disponibili per il consumo umano».
Art. 15.

      1. Dopo il comma 3 dell'articolo 14 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, è inserito il seguente:
      «3-bis. Le informazioni di cui al comma 2 nonché la relazione di cui al comma 3 sono pubblicate nel sito internet della regione o della provincia autonoma interessata».

Art. 16.

      1. L'articolo 15 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
      «Art. 15. – (Situazioni di non conformità). – 1. Entro il 28 febbraio 2016, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano segnalano al Ministero della

salute i casi di persistenza di non conformità ai valori di parametro dell'allegato I e a quelli eventualmente stabiliti ai sensi dell'articolo 11.
      2. Alle situazioni di non conformità segnalate ai sensi del comma 1 del presente articolo si applicano le sanzioni di cui all'articolo 19».
Art. 17.

      1. L'articolo 16 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, e successive modificazioni, è abrogato.

Art. 18.

      1. L'articolo 17 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
      «Art. 17. – (Informazioni e relazioni). – 1. Il Ministero della salute provvede all'elaborazione e alla pubblicazione di una relazione triennale sulla qualità delle acque destinate al consumo umano al fine di informare i cittadini.
      2. La relazione di cui al comma 1 contiene le informazioni relative alle forniture di acqua superiori a 1.000 mc al giorno in media o destinate all'approvvigionamento di 5.000 o più persone. La relazione, in particolare, deve rendere conto delle misure di cui agli articoli 3, comma 1 , lettera b), 4, 4-bis, 8, 10, 11, 13, commi 11 e 13, 14 e 16 e di cui all'allegato I, parte C, nota 10.
      3. La relazione di cui al comma 1 viene pubblicata entro l'anno successivo al triennio cui si riferisce e viene trasmessa alla Commissione europea entro due mesi dalla pubblicazione.
      4. Il Ministero della salute provvede alla redazione di una relazione da trasmettere alla Commissione europea sulle misure adottate e sui provvedimenti da prendere ai sensi dell'articolo 5, comma 4, ed, in relazione al valore parametrico dei trialometani di cui all'allegato I, parte B, nota 10.


      5. Le informazioni elaborate dal Ministero della salute ai sensi del presente decreto sono rese accessibili ai Ministeri interessati».
Art. 19.

      1. L'articolo 19 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
      «Art. 19. – (Sanzioni). – 1. Salvo che il fatto costituisca reato chiunque fornisce acqua destinata al consumo umano in violazione delle disposizioni dell'articolo 4, comma 2, in maniera occasionale, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 40.000 a euro 200.000.
      2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque fornisce acqua destinata al consumo umano in violazione delle disposizioni dell'articolo 4, comma 2, per più di cinque giorni consecutivi, nonostante la comunicazione dei risultati dei controlli interni o esterni attestanti la non conformità, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Se la violazione avviene per un periodo superiore a trenta giorni la pena è aumentata della metà.
      3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque omette di segnalare o di comunicare alle autorità competenti i risultati di controlli interni o esterni attestanti la non conformità rispetto alle disposizioni dell'articolo 4, comma 2, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
      4. Chiunque omette di attuare parzialmente il piano dei controlli interni o esterni è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 40.000 a euro 200.000.
      5. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque omette di attuare completamente per un periodo superiore a tre mesi il piano dei controlli interni o esterni è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
      6. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque fornisce acqua destinata al consumo umano in violazione delle disposizioni

dell'articolo 4, comma 3-bis, in maniera occasionale, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 40.000 a euro 200.000.
      7. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque fornisce acqua destinata al consumo umano in violazione delle disposizioni dell'articolo 4, comma 3-bis, per più di cinque giorni consecutivi è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Se la violazione avviene per un periodo superiore a trenta giorni la pena è aumentata della metà.
      8. La violazione delle disposizioni dell'articolo 5, comma 2, secondo periodo, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 20.000 a euro 120.000.
      9. Si applica la sanzione prevista dal comma 8 a chiunque utilizza, in imprese alimentari, mediante incorporazione o contatto per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione, l'immissione sul mercato di prodotti o sostanze destinate al consumo umano, acqua che, pur conforme al punto di consegna alle disposizioni dell'articolo 4, comma 2, non lo sia al punto in cui essa fuoriesce dal rubinetto, se l'acqua utilizzata ha conseguenze per la salubrità del prodotto alimentare finale.
      10. L'inosservanza delle prescrizioni imposte, ai sensi degli articoli 5, comma 4, o 10, commi 1 e 3, con i provvedimenti adottati dalle competenti autorità è punita:

          a) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 a euro 10.000 se i provvedimenti riguardano edifici o strutture in cui l'acqua non è fornita al pubblico;

          b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 20.000 a euro 120.000 se i provvedimenti riguardano edifici o strutture in cui l'acqua è fornita al pubblico;

          c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 40.000 a euro 200.000 se i provvedimenti riguardano la fornitura di acqua destinata al consumo umano.

      11. La violazione degli adempimenti di cui all'articolo 7, comma 4, è punita con

la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000.
      12. La violazione delle disposizioni dell'articolo 9 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 20.000 a euro 120.000.
      13. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali per i fatti costituenti reato, la violazione delle disposizioni emanate ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettere f), g), h), i) e l), è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000.
      14. Le violazioni di cui ai commi 1, 4, 6 e 8 reiterate per tre volte per un periodo di due anni dallo stesso gestore determinano la decadenza automatica dell'affidamento al gestore stesso da parte dell'autorità d'ambito.
      15. Le violazioni di cui ai commi 2, 3, 5, e 7 commesse dal gestore determinano la decadenza automatica dell'affidamento al gestore stesso da parte dell'autorità d'ambito.
      16. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque omette di attuare le comunicazioni di cui all'articolo 11, comma 6, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 a euro 10.000».
Art. 20.

      1. L'articolo 19-bis del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, è sostituito dal seguente:
      «Art. 19-bis. – (Legislazione regionale e delle province autonome). – 1. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione e fatto salvo quanto previsto dalle norme di procedura stabilite da legge dello Stato ai sensi del medesimo articolo 117, quinto comma, nelle materie di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le disposizioni del presente decreto si applicano, per le regioni e per le province autonome che non abbiano provveduto al recepimento della direttiva 97/ 83/CE, sino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna

regione e provincia autonoma. Tale normativa è adottata da ciascuna regione e provincia autonoma nel rispetto dei princìpi e dei requisiti minimi stabiliti dal presente decreto. Le regioni e le province autonome che hanno provveduto al recepimento della direttiva 97/83/CE prima della data di entrata in vigore della presente disposizione sono tenute ad adeguare le relative disposizioni ai princìpi e ai requisiti minimi stabiliti dal presente decreto entro il 30 giugno 2016. Nelle more delle procedure di adeguamento si applicano i requisiti minimi stabiliti dal presente decreto».
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