Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2844


DISEGNO DI LEGGE
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(RENZI)
dal ministro dell'economia e delle finanze
(PADOAN)
e dal ministro dello sviluppo economico
(GUIDI)
Conversione in legge del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, recante misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti
Presentato il 24 gennaio 2015


      

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Onorevoli Deputati! Con il presente disegno di legge si chiede la conversione in legge del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, recante misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti.
      Si illustra di seguito il contenuto degli articoli del decreto-legge.

      Articolo 1. – (Banche popolari). – Il sistema bancario europeo è interessato da cambiamenti di notevole rilevanza. In risposta alla crisi, l'Unione europea ha realizzato una profonda revisione dell'architettura della regolamentazione e della supervisione sulle banche. Ciò rende assolutamente indifferibile e urgente avviare anche in Italia un immediato processo di riordino, con particolare riferimento agli istituti che, in ragione della dimensione dei profitti ma anche per le peculiarità della disciplina vigente rispetto a quella di altre forme organizzative dell'impresa creditizia, possono avere perduto o non avere mai acquisito caratteristiche mutualistiche.
      Va anche considerato che uno degli effetti della crisi è stata la contrazione nell'erogazione del credito (il cosiddetto credit crunch). In tale prospettiva è evidente che il rafforzamento e la capitalizzazione di alcune banche (le banche popolari) caratteristiche dell'ordinamento italiano del credito, attraverso il ripensamento

della loro forma organizzativa, costituisce un passo essenziale per l'ammodernamento del sistema.
      La dottrina italiana in materia di diritto bancario ha segnalato da tempo che le banche popolari hanno solo la forma cooperativa e non la sostanza della mutualità, sicché in esse la società cooperativa si presenta come mera forma organizzativa, tanto che si può dire che esse vivono ai margini o all'esterno del fenomeno della cooperazione nel credito e che, conseguentemente, esse non sono tutelate in senso forte dall'articolo 45 della Costituzione, non potendo la norma riferirsi ad ambiti organizzativi nei quali la forma cooperativa è mero schermo della natura sostanzialmente lucrativa dell'impresa.
      Il cammino verso l'unione bancaria in ambito europeo richiede la razionalizzazione delle forme organizzative dell'impresa bancaria.
      Va in proposito ricordato che le banche dell'area dell'euro saranno vigilate nell'ambito del Single Supervisory Mechanism (SSM), che include la Banca centrale europea (BCE) e le autorità di vigilanza nazionali (per l'Italia, la Banca d'Italia). Inoltre, con la Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD), l'Europa si è dotata di una nuova disciplina per la gestione delle crisi bancarie, al fine di consentire il superamento di situazioni di difficoltà delle banche attraverso strumenti di mercato, senza intervento pubblico a carico dei contribuenti.
      Nel mutato quadro, dunque, un ordinamento nazionale – che per poter essere efficace in tempi celeri necessita di immediata regolamentazione – deve rispondere a rinnovati modelli in grado di promuovere immediatamente un'efficace forma di governo e un'elevata capacità di finanziamento delle banche; ciò costituisce requisito fondamentale per il funzionamento dei nuovi strumenti di vigilanza e per la realizzazione degli obiettivi del nuovo assetto istituzionale.
      L'attuale disciplina delle banche popolari non risponde a queste esigenze; è pertanto urgente avviare il processo di rinnovamento che necessariamente richiederà tempi tecnici adeguati e non è ulteriormente differibile. A tale riguardo, si noti che il termine di diciotto mesi, previsto per l'adeguamento statutario, non costituisce il termine di efficacia della disciplina, che deve entrare immediatamente in vigore, ma solo quello del completamento di un processo di trasformazione degli enti creditizi che appare ormai non rinviabile per rispondere a una crisi che, originatasi nel 2008, ha ormai assunto peculiari caratteristiche nell'area dell'euro.
      Il modello della banca popolare, in sé astrattamente privo di sostanza mutualistica, rende non contendibile il controllo azionario, crea un forte diaframma fra proprietà e controllo della ricchezza, ossifica la forma di governo societaria, pur in presenza di una schietta natura capitalistica dell'impresa, desumibile dall'assenza del vincolo della mutualità prevalente (presente invece nelle banche di credito cooperativo) e da un'operatività bancaria (testimoniata dalle dimensioni degli attivi) che attesta la capacità di cogliere le opportunità offerte dal mercato.
      La forma di governo di tali enti va quindi riportata alla logica del mercato, trasformando gli enti di maggiori dimensioni con un intervento che ne conformi il modello organizzativo.
      Per gli altri enti creditizi aventi capacità operativa inferiore, il modello della banca popolare non viene cancellato, essendo adeguato per istituti di piccola e media dimensione, con complessità operativa contenuta e operanti in un contesto locale che faciliti la partecipazione sociale e il controllo sulla dirigenza da parte dei soci. Le banche popolari residue vengono tuttavia ripensate, per evitare che esse rimangano chiuse ed impermeabili alla riforma (con possibili profili di disparità di trattamento fra enti), introducendo nuovi istituti giuridici e incentivi alla loro trasformazione in enti lucrativi la cui applicazione in questo caso, per le loro dimensioni operative più contenute, è rimessa all'autonomia negoziale.
      Il disegno proposto è unitario, quindi esso sta o cade nella sua interezza.
      La forma cooperativa, mantenuta e innovata per gli enti di piccole dimensioni, mal si concilia, invece, con le caratteristiche di banche popolari di grandi dimensioni (anche quotate in mercati regolamentati): esse operano su scala nazionale o anche internazionale, hanno un modello di intermediazione simile a quello delle società per azioni, ma sono soggette a regole di diritto societario molto diverse (quali i limiti al possesso azionario, il voto capitario, limiti stringenti alle deleghe di voto, clausola di gradimento) che finiscono con il tradursi in privilegio per una dirigenza protetta.
      L'importanza di intervenire con urgenza si evince dai reiterati interventi al riguardo svolti dal Fondo monetario internazionale, dalla Commissione europea e dalla Banca d'Italia, i quali hanno più volte segnalato i rischi che il mantenimento della forma cooperativa determina per le banche popolari maggiori: scarsa partecipazione dei soci in assemblea (che mina la democrazia azionaria e determina una concentrazione di potere in favore di gruppi di soci organizzati); scarsi incentivi al controllo costante sugli amministratori (che si traducono in situazioni di autoreferenzialità della dirigenza); difficoltà di reperire nuovo capitale sul mercato e, quindi, di assicurare la sussistenza dei fondi che potrebbero essere necessari per esigenze di rafforzamento patrimoniale.
      In particolare, i risultati delle analisi effettuate dal Fondo monetario internazionale in occasione del Financial Sector Assessment Program e quelli dell'esercizio di valutazione approfondita condotto dalla BCE mostrano che la solidità delle banche dipende ampiamente dalla qualità del governo societario.
      Inoltre, il nuovo sistema di vigilanza unica ridurrà le residue barriere del mercato bancario nella zona dell'euro e le banche – tutte, non solo quelle direttamente vigilate dalla BCE – dovranno affrontare più elevati livelli di concorrenza. Gli intermediari dovranno avere un grado di patrimonializzazione, una struttura di costi e capacità dirigenziali adeguate: su tutti questi elementi le regole di governo incidono in modo determinante.
      Sia il Fondo monetario internazionale sia l'Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica sia le istituzioni dell'Unione europea da tempo caldeggiano la trasformazione delle banche popolari maggiori in società per azioni. L'intervento normativo proposto è necessario perché costituisce un tassello fondamentale della ristrutturazione del sistema bancario italiano, necessaria per permettere al settore bancario di tornare a finanziare l'economia. Esso acquista adesso particolare carattere di urgenza, per consentire alle banche popolari più grandi di realizzare i processi di consolidamento e rafforzamento patrimoniale indispensabili per raccogliere le sfide che il sistema di vigilanza unica impone.
      Ovviamente, la concreta trasformazione delle banche popolari di maggiori dimensioni in società per azioni, per le motivazioni esplicitate sopra, necessita di tempi tecnici non comprimibili oltre un certo limite. Rinviarne ulteriormente l'avvio oltre il tempo necessario per la conversione in legge del decreto-legge rischierebbe tuttavia di vanificare, differendola eccessivamente, una riforma essenziale per esigenze di competitività e sicurezza del mercato bancario.
      Per attuare la concreta trasformazione in società per azioni è necessario, infatti, lasciare alle società un periodo di tempo congruo per la valutazione dell'opzione della trasformazione e, di conseguenza, dell'assetto proprietario e di governo societario ritenuto più efficiente, nonché per il completamento dei procedimenti assembleari necessari.
      Nel dettaglio, la proposta di riforma della normativa sulle banche popolari apporta modifiche al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, di seguito denominato t.u.b.), in particolare sui seguenti aspetti: a) limiti dimensionali per l'adozione della forma di banca popolare e relativa disciplina transitoria; b) disciplina delle trasformazioni applicabile alle banche popolari; c) possibilità di emettere azioni di finanziamento e vincoli sulla nomina degli amministratori; d) disciplina delle deleghe di voto. La necessità di incidere subito su tutti gli aspetti illustrati deriva da evidenti esigenze di coerenza del disegno organizzativo che contemperi elementi di liberalizzazione e di professionalità della dirigenza bancaria.

a) Limiti dimensionali per l'adozione della forma di banca popolare e relativa disciplina transitoria.

      Con la modifica legislativa proposta [articolo 1, comma 1, lettera b), numero 1)], il modello della banca popolare potrà essere adottato solo dalle banche meno complesse; secondo un approccio seguito anche a livello europeo (ad esempio per individuare le banche considerate «significative» ai fini del Meccanismo unico di vigilanza), la complessità viene misurata innanzitutto in base alla dimensione degli attivi a livello individuale o consolidato. La soglia dimensionale che consente di definire una banca (o un gruppo bancario) di dimensione piccola o media è fissata in 8 miliardi di euro; in presenza di un gruppo bancario, essa si calcola sull'attivo a livello consolidato (articolo 29 del t.u.b.). Ove il limite venga superato, l'organo amministrativo della banca è tenuto a convocare l'assemblea per assumere le determinazioni del caso. Ove entro un anno dal superamento del limite la banca non abbia adottato idonee misure (ad esempio la riconduzione dell'attivo entro la soglia dimensionale; la trasformazione in società per azioni), l'autorità di vigilanza competente può intervenire con gli strumenti di vigilanza previsti dal quadro normativo vigente (ad esempio, a seconda delle circostanze, imponendo il divieto di nuove operazioni o disponendo l'amministrazione straordinaria o la liquidazione coatta amministrativa della banca).
      Per quanto riguarda il regime transitorio (articolo 1, comma 2), l'adeguamento alla soglia di attivo prevista dalla riforma (ovvero la trasformazione in società per azioni) deve avvenire entro diciotto mesi dall'entrata in vigore delle disposizioni di attuazione, la cui adozione è demandata alla Banca d'Italia. Tale termine, come già chiarito, è considerato incomprimibile per la reale attuazione della riforma in maniera non traumatica, il che accentua l'esigenza di immediata attivazione del relativo processo allo scopo di affrontare prima possibile le sfide della globalizzazione e dell'innovazione tecnologica imposte da esigenze di competitività e tutela dell'utenza.

b) Disciplina delle trasformazioni applicabile alle banche popolari.

      Per agevolare la trasformazione delle banche popolari in società per azioni o la loro partecipazione a operazioni di fusione con altre società da cui origini una società per azioni, la riforma prevede quorum costitutivi e deliberativi specifici che consentono, in seconda convocazione di assemblea, di deliberare la trasformazione con il voto favorevole dei due terzi dei votanti, indipendentemente dal numero dei soci presenti in assemblea [nuova formulazione dell'articolo 31 del t.u.b., introdotta dall'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge].
      La nuova disciplina contempera l'esigenza di prevedere un quorum qualificato, in considerazione della rilevanza della decisione, con quella di evitare che minoranze organizzate possano avere un sostanziale potere di veto a fronte di deliberazioni volte a promuovere l'apertura al mercato e la patrimonializzazione di una banca.
      In presenza di una delibera di trasformazione della banca popolare in società per azioni, i soci possono esercitare il diritto di recesso secondo quanto previsto dal codice civile e dagli statuti. Si anticipa nel decreto-legge [articolo 1, comma 1, lettera a)] l'introduzione del comma 2-ter dell'articolo 28 del t.u.b. (inserito nello schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2013/36/UE, cosiddetta CRD IV, consultabile nel sito internet

del Ministero dell'economia e delle finanze), che conferisce alla Banca d'Italia il potere di limitare il diritto al rimborso delle azioni in caso di recesso, laddove sia necessario per mantenere un'adeguata patrimonializzazione della banca. Nella versione inserita nel decreto-legge si precisa che questo potere ricorre anche in caso di trasformazione.
      La previsione normativa consente di contemperare il diritto dei soci al rimborso delle azioni con l'esigenza di preservare la stabilità della banca. Essa fa salvo il diritto di recesso dei soci incidendo esclusivamente sull'entità e sui tempi del rimborso delle azioni, nei soli casi in cui ciò sia necessario per evitare l'inosservanza dei requisiti prudenziali o un pregiudizio per la situazione di liquidità, finanziaria e patrimoniale della banca.

c) Possibilità di emettere strumenti finanziari e vincoli sulla nomina degli amministratori.

      La nuova disciplina renderà più appetibile per gli investitori istituzionali l'investimento nel capitale delle banche popolari, soprattutto in presenza di esigenze di ricapitalizzazione e dunque nell'ottica già ricordata di immediata coerenza del disegno organizzativo e di tutela della sicurezza del mercato.
      In particolare, al fine di aumentare la capacità di reperire capitale da parte delle banche popolari, viene consentita, ove prevista dallo statuto, l'emissione di strumenti finanziari di cui all'articolo 2526 del codice civile (strumenti finanziari partecipativi) che prevedano l'attribuzione di diritti amministrativi rafforzati.
      A tal fine, l'articolo 1, comma 1, lettera d), numero 2), del decreto-legge modifica l'articolo 150-bis, comma 2, del t.u.b., che individua le disposizioni del codice civile non applicabili alle banche popolari: tra queste non figura più l'articolo 2526 del codice civile. Viene quindi rimossa una delle principali deroghe previste per le banche popolari rispetto alla disciplina civilistica delle società cooperative, consentendo anche a questa categoria di banche la possibilità di riservare specifici diritti patrimoniali e amministrativi ai soci in possesso di questi strumenti finanziari. In particolare, la modifica implica la possibilità di riservare ai possessori degli strumenti finanziari partecipativi l'esercizio di un numero di voti in assemblea maggiore rispetto a quello previsto per gli altri soci, fino ad un massimo di un terzo dei voti esercitabili in assemblea, e il diritto di nominare fino ad un terzo dei componenti dell'organo di amministrazione e dell'organo di controllo.
      Viene altresì rimosso il vincolo (previsto per le cooperative) di nominare la maggioranza degli amministratori tra i soci cooperatori o tra le persone indicate dai soci cooperatori che siano persone giuridiche: si include, infatti, nell'elenco delle disposizioni non applicabili alle banche popolari, recato dall'articolo 150-bis, comma 2, del t.u.b., l'articolo 2542, secondo comma, del codice civile.
      Il riferimento alla facoltatività della scelta e alla previsione statutaria contempera le doverose esigenze di eguaglianza di trattamento in termini di potenzialità competitive con quelle di rispetto delle peculiarità di questo tipo di istituti in relazione alle banche popolari interessate dalla riforma.

      Articolo 2. – (Portabilità dei conti correnti). – La norma prevede che gli istituti bancari e i prestatori di servizi di pagamento, in caso di trasferimento di un conto di pagamento, sono tenuti a darvi corso, senza oneri o spese di portabilità a carico del cliente, entro termini predefiniti. La trasferibilità si applica ai soli conti di pagamento. In caso di mancato rispetto dei termini, l'istituto bancario o il prestatore di servizi di pagamento risarcisce il cliente in misura proporzionale al ritardo e alla disponibilità esistente sul conto di pagamento al momento della richiesta di trasferimento.

      Articolo 3. – (SACE). – La disposizione – considerata la strategicità dell'attività di esportazione e dei processi di internazionalizzazione

per la crescita dell'economia italiana e in particolare delle piccole e medie imprese, tenuto soprattutto conto della difficoltà di accesso al credito e al mercato dei capitali da parte di queste ultime – autorizza la società SACE Spa – Servizi assicurativi del commercio estero ad intervenire, oltre che con l'attività di rilascio di garanzie, anche attraverso l'esercizio del credito, previa autorizzazione della Banca d'Italia, sia direttamente, sia tramite la costituzione di un veicolo (ossia una Export Import Bank) in analogia con quanto già attuato in altri Paesi.

      Articolo 4. – (Piccole e medie imprese innovative). – È noto che gli investimenti in ricerca e innovazione rappresentano l'elemento distintivo delle aziende di successo. Tuttavia, ancora oggi una quota significativa dell'innovazione realizzata dalle imprese non viene esplicitata, con riflessi negativi sia sulla competitività delle imprese che sulla collocazione dell'Italia nelle graduatorie internazionali per diffusione di innovazione.
      La norma introduce la categoria di piccola e media impresa (PMI) innovativa, estendendo a tali imprese le misure previste a favore delle startup innovative. Il riconoscimento dello status di PMI innovativa è un passaggio fondamentale per sensibilizzare e promuovere un nuovo approccio culturale tra le PMI. Inoltre, assicura alcuni vantaggi immediati alle imprese:

          la possibilità per le PMI innovative di essere identificabili e quindi divenire oggetto di interesse da parte di possibili investitori che riconoscono l'innovazione come elemento distintivo;

          la creazione di un circolo virtuoso che spingerebbe le PMI a investire costantemente in innovazione per mantenere nel tempo il requisito di PMI innovativa.

      In particolare, il comma 1 introduce la categoria di «PMI innovative» e individua i requisiti necessari affinché un'impresa possa farne parte. In particolare, la norma è diretta alle piccole e medie imprese non quotate in mercati regolamentati con bilancio certificato e in possesso di almeno due tra i seguenti tre requisiti:

          1) effettuare spese per ricerca e sviluppo almeno pari al 3 per cento della maggiore entità fra costo e valore totale della produzione;

          2) impiegare personale altamente qualificato in misura almeno pari a un quinto della forza lavoro complessiva;

          3) essere detentrici, licenziatarie o depositarie di un brevetto o di un software registrato presso la Società italiana degli autori ed editori (SIAE).

      I commi da 2 a 8 istituiscono una sezione apposita del registro delle imprese in cui devono iscriversi le PMI innovative e individuano le informazioni da comunicare nonché la frequenza degli aggiornamenti delle comunicazioni obbligatorie. La perdita dei requisiti comporta la cancellazione dal registro. La gestione del registro da parte delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura avviene nell'ambito della dotazione di risorse finanziarie e umane disponibile a legislazione vigente.
      Il comma 9 estende alle PMI innovative alcune delle misure di favore previste dalla disciplina delle startup innovative quali: la disapplicazione della fiscalità su società di comodo e in perdita sistematica; la possibilità di creare categorie di quote di partecipazione prive di diritto di voto; l'esenzione da diritti camerali e imposte di bollo; la possibilità di remunerare amministratori, dipendenti e collaboratori con l'attribuzione di strumenti finanziari. Per i contribuenti che investono nel capitale sociale delle PMI innovative costituite da non oltre sette anni si applica il regime fiscale di favore per persone fisiche e giuridiche (detrazione d'imposta pari rispettivamente al 19 per cento e 20 per cento delle somme investite nel capitale delle PMI innovative) previsto ai sensi dell'articolo 29 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni,

dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. L'articolo prevede infine la realizzazione di un sistema strutturato di monitoraggio e di valutazione dell'impatto economico delle misure, ponendo altresì a carico del Ministro dello sviluppo economico l'obbligo di riferire annualmente alle Camere.
      Il comma 10 estende alle PMI innovative la possibilità di raccogliere fondi attraverso portali web di equity crowdfunding. Il comma 11 estende la disciplina delle startup innovative alle società estere che hanno una sede produttiva o una filiale in Italia, recependo le indicazioni della nuova disciplina europea sugli aiuti di Stato. Il comma 12 prevede la copertura finanziaria mediante riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

      Articolo 5. – (Modifiche alla tassazione dei redditi derivanti dai beni immateriali e credito d'imposta per acquisto di beni strumentali nuovi). – L'articolo è finalizzato a rendere maggiormente attrattiva la misura della tassazione agevolata dei redditi derivanti dall'utilizzazione e cessione di beni immateriali (cosiddetto patent box) e si colloca in un contesto internazionale rivolto ad una rivisitazione dei benefìci fiscali legati alla proprietà intellettuale secondo le linee del «Modified Nexus Approach» proposto dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.
      In particolare, l'intervento normativo intende ampliare l'ambito oggettivo di applicazione dell'agevolazione fiscale, estendendola a tutti i marchi d'impresa anche se non funzionalmente equivalenti ai brevetti (inclusi quelli commerciali).
      Inoltre esso ridefinisce il rapporto fra i costi per attività di ricerca e sviluppo e i costi complessivi. In particolare, tra i costi rilevanti ai fini dell'agevolazione sono compresi quelli sostenuti per l'attività di ricerca e sviluppo affidata in outsourcing a terzi (ossia, oltre alle università e agli enti di ricerca già indicati dalla norma, anche alle imprese diverse da quelle operanti nell'ambito dello stesso gruppo) e quelli sostenuti per l'acquisizione di beni immateriali o per contratti stipulati con società del gruppo fino ad un massimo del 30 per cento.
      I commi 2 e 3 dettano norme che riguardano la Fondazione Istituto italiano di tecnologia (IIT).
      La Fondazione, che ha natura di diritto privato ed è disciplinata dagli articoli 14 e seguenti del codice civile, riceve annualmente un contributo pubblico che costituisce una parte delle risorse economiche disponibili per lo svolgimento della propria attività. La Fondazione gestisce altresì risorse proprie attraverso modalità tipiche di un soggetto privato.
      La finalità dell'intervento normativo è di assegnare compiti di servizio in favore del sistema nazionale della ricerca a un soggetto che ha come proprio principale scopo lo sviluppo del trasferimento tecnologico.
      In particolare, l'IIT, anche attraverso le forme previste per le PMI innovative, sistematizza i risultati della ricerca scientifica e tecnologica svolta negli enti pubblici di ricerca; istituisce un sistema per la commercializzazione dei brevetti registrati da soggetti giuridici del settore pubblico nazionale; funge da tramite per le informazioni, per lo scambio di informazioni e per la costituzione di reti tecnologiche o di ricerca tra le imprese.
      Al fine ora detto, gli enti pubblici di ricerca devono fornire all'IIT le informazioni necessarie.
      L'IIT, inoltre, può essere conferitario, da parte degli enti pubblici di ricerca, del mandato a vendere o cedere in uso brevetti di proprietà dell'ente conferente, con ovvio obbligo di retrocedere ad esso i proventi.
      Ancora, l'IIT può stipulare accordi con le università per la valorizzazione della loro attività di ricerca, nonché, al fine di diffondere l'innovazione scientifica e tecnologica nel sistema delle PMI, stipulare accordi con il sistema delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le associazioni di impresa, i distretti industriali, le reti di impresa.
      L'IIT svolge esclusivamente un servizio, mettendo a fattor comune e organizzando in modo unitario le attività finalizzate alla valorizzazione dei risultati del trasferimento

tecnologico per l'intero sistema della ricerca.
      Le disposizioni in esame completano quindi la missione della Fondazione: l'IIT è e rimane una fondazione privata, voluta dal legislatore per «promuovere lo sviluppo tecnologico del Paese e l'alta formazione tecnologica, favorendo lo sviluppo del sistema produttivo nazionale». In altre parole, la natura privata è espressamente voluta dal legislatore proprio per facilitare il raggiungimento dello scopo dell'IIT, anche se l'IIT svolge attività di interesse istituzionale, essendo equiparato ope legis agli enti pubblici nazionali di ricerca.
      Al riguardo è bene citare l'articolo 3, lettera f), dello Statuto della Fondazione IIT, che tra gli scopi della fondazione prevede: «crea conoscenza tecnologica, relativa a componenti, legami tra di essi, metodi, processi e tecniche concorrenti alla generazione di prodotti, servizi e nuovi settori produttivi, strategici per la competitività del sistema produttivo nazionale»; alla lettera a) dello stesso articolo: «facilita e accelera la crescita, nel sistema della ricerca nazionale, di capacità scientifiche e tecnologiche idonee a favorire la transizione del sistema produttivo nazionale verso assetti ad alto contenuto tecnologico»; alla lettera c): «promuove e sviluppa l'eccellenza scientifica e tecnologica, sia in forma diretta, attraverso propri laboratori, di ricerca multidisciplinari, sia in forme indirette, facendo leva su collaborazioni a rete con laboratori e gruppi di eccellenza nazionali ed internazionali»; infine, alla lettera e): «promuove al suo interno e nell'ambito dell'intero sistema nazionale della ricerca la cultura della condivisione dei risultati a fini produttivi e sociali».

      Articolo 6. – (Prestito indiretto per investitori istituzionali esteri). – L'articolo è finalizzato a sbloccare cantieri e opere, anche attraverso iniezioni di liquidità, per consentire alle imprese italiane di beneficiare di tutti gli strumenti finanziari, in analogia ai loro competitori europei, allineando al contempo la normativa italiana con quella di altri Stati (come la Germania e la Francia).
      In tale prospettiva – oltre alle banche non residenti abilitate ad operare in un altro Stato dell'Unione europea ovvero con il quale l'Italia abbia sottoscritto un accordo fiscale – si autorizzano gli investitori istituzionali esteri operanti in Stati appartenenti alla cosiddetta white list e soggetti a forme di vigilanza negli Stati in cui sono istituiti, che possono già investire in altri strumenti di supporto alle imprese, quali i mini-bond, a partecipare indirettamente in qualità di soggetti finanziatori a operazioni di finanziamento bancario e a godere dell'esenzione dalla ritenuta.
      Per quanto riguarda gli effetti finanziari connessi a tale esenzione, considerate le condizioni per usufruirne, e soprattutto visto che avrebbe ad oggetto operazioni al momento non poste in essere, si rileva che essa non comporta sostanziali effetti finanziari. Infatti, si tratta di operazioni che al momento non vengono effettuate. La liquidità che proviene dall'estero, infatti, non transita attraverso emissione di prestiti (né diretta né indiretta), ma eventualmente attraverso altri veicoli che sono comunque esenti da ritenuta.
      Si ricorda a tale proposito l'esenzione prevista per i seguenti proventi finanziari:

          1) gli interessi corrisposti – all'interno dei gruppi societari – a società residenti in Stati dell'Unione europea, nel rispetto degli altri requisiti di cui all'articolo 26-quater del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973;

          2) gli utili corrisposti alle società madri o figlie residenti in Stati dell'Unione europea, di cui all'articolo 27-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973;

          3) i redditi di natura finanziaria percepiti da soggetti non residenti privi dei requisiti di territorialità di cui all'articolo 23, comma 1, lettera f), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, o non tassabili per effetto dell'articolo

26-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 o dell'articolo 5, comma 5, del decreto legislativo n. 461 del 1997.

      Dunque mantenere la ritenuta per i soggetti che utilizzano la leva finanziaria significherebbe semplicemente indirizzare tali investimenti verso altre forme di investimento, comunque esenti. Al contrario, estendere la ritenuta consentirebbe, a parità di effetti finanziari, di veicolare la liquidità in termini di maggiori finanziamenti.
      I benefìci per il sistema sarebbero considerevoli e consistono:

          a) nella riduzione delle limitazioni all'ingresso di fondi istituzionali (principalmente legate ai costi) anche per operazioni di finanziamento bancario, così da allineare la regolamentazione italiana a quella di altri Stati dell'Unione europea (per esempio Regno unito, Germania, Francia e Paesi scandinavi, la cui operatività in ambito finanziario è paragonabile a quella italiana) e rendere le imprese italiane egualmente attrattive rispetto a quelle dei nostri principali concorrenti a livello europeo;

          b) nella possibilità per le imprese italiane di accedere più facilmente al mercato dei capitali;

          c) in migliori condizioni economiche per le società finanziate, anche grazie alla maggiore liquidità disponibile.

      Articolo 7. – (Società di servizio per la patrimonializzazione e la ristrutturazione delle imprese). – La crisi finanziaria e la lunga fase di depressione hanno messo in difficoltà anche imprese ben gestite e con buone prospettive. Nel caso di imprese produttrici di beni e servizi per il mercato interno, hanno pesato il calo dei consumi, la restrizione del credito, i ritardi dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni, il ridotto potere d'acquisto delle famiglie e, in alcuni casi, la necessità di ingenti investimenti per adeguarsi a normative di tutela ambientale.
      Il meccanismo della distruzione creatrice delle imprese marginali e inefficienti rischia così di non funzionare in modo sano, perché la crisi può portare alla distruzione di molte imprese che marginali e inefficienti non sono, ma incontrano difficoltà solo temporanee, superabili con opportuni interventi di ristrutturazione industriale.
      Per ovviare a questo problema, i commi 1 e 2 dell'articolo 7 promuovono la costituzione di una società di servizio per la patrimonializzazione e la ristrutturazione di imprese italiane in temporaneo squilibrio patrimoniale e finanziario, ma con buone prospettive industriali ed economiche (dove cioè il problema chiave è quello di sopperire a temporanee crisi di liquidità, migliorarne i coefficienti patrimoniali e investire nei processi di ristrutturazione). Per tali finalità, si stabilisce che la società può investire capitale raccolto in proprio, compiere operazioni di finanziamento, acquisire o succedere in rapporti esistenti.
      I commi 4 e 5 definiscono i criteri di gestione della società. In particolare gli azionisti che beneficiano della garanzia sui titoli sono tenuti a versare allo Stato un corrispettivo, anche a valere su una quota dei dividendi, a titolo di premio sulla garanzia ottenuta, in conformità alla normativa dell'Unione europea.
      Il comma 7 rimette a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, la definizione dei criteri di concessione della garanzia pubblica e gli obblighi dei beneficiari della garanzia verso lo Stato.

      Articolo 8. – (Ricorso facoltativo alla provvista CDP per banche e intermediari finanziari che erogano finanziamenti alle PMI). – L'attuale strumento agevolativo per i beni strumentali (cosiddetta «nuova Sabatini»), istituito dall'articolo 2 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, e rivolto alle piccole e medie

imprese (PMI) operanti in tutti i settori produttivi, prevede:

          la provvista concessa dalla Cassa depositi e prestiti (CDP) a banche e intermediari finanziari per l'erogazione di finanziamenti destinati alle PMI per la realizzazione di nuovi investimenti in beni strumentali all'attività di impresa;

          il contributo pubblico in favore delle PMI concesso dal Ministero dello sviluppo economico, calcolato sull'importo dei finanziamenti erogati dalle banche e dagli intermediari finanziari.

      Le banche e gli intermediari finanziari non possono dunque utilizzare provvista diversa da quella della CDP per l'erogazione di tali finanziamenti, nonostante che abbiano attualmente a disposizione opportunità di provvista più convenienti.
      Tale vincolo: a) riduce il livello di concorrenza tra banche o intermediari finanziari, non essendo possibile competere sulle condizioni di raccolta; b) diminuisce i possibili vantaggi per le imprese, che non possono beneficiare degli eventuali minori costi di provvista della banca o intermediario finanziatore; c) complica significativamente il processo di concessione dei finanziamenti agevolati, incidendo tra l'altro sul grado di flessibilità della banca e dell'intermediario finanziario nella determinazione delle condizioni di erogazione del finanziamento (in particolare per quanto riguarda durata e modalità di rimborso) per assecondare le esigenze di investimento delle imprese beneficiarie del contributo pubblico.
      In relazione a quanto sopra illustrato, viene reso facoltativo il ricorso alla provvista della CDP per le banche e gli intermediari finanziari che erogano i menzionati finanziamenti alle PMI.
      In tal modo, le PMI potrebbero presentare la domanda di agevolazione direttamente al Ministero a fronte del finanziamento ottenuto dalla banca o dall'intermediario finanziario, semplificando ulteriormente la misura agevolativa.

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RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni).
Articolo 1.
(Banche popolari).

        La norma, modificando il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, prevede un intervento di riforma delle banche popolari. È prevista, tra l'altro, la trasformazione in società per azioni delle banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi di euro. L'articolo detta norme di natura ordinamentale che non comportano effetti negativi per la finanza pubblica.

Articolo 2.
(Portabilità conti correnti).

        La disposizione disciplina la portabilità dei conti di pagamento prevedendo che il trasferimento da parte dell'utente presso altri istituti bancari avvenga senza spese. La norma, eliminando un costo a carico del correntista nei confronti delle banche, non determina alcun onere a carico della finanza pubblica.

Articolo 3.
(SACE).

        L'articolo 3 detta norme che consentono alla società SACE Spa di svolgere il proprio intervento anche attraverso l'esercizio del credito diretto previa autorizzazione della Banca d'Italia. Trattasi di norme di natura ordinamentale che non comportano effetti negativi per la finanza pubblica.

Articolo 4.
(Piccole e medie imprese innovative).

        La norma del comma 1 inserisce il comma 5-undecies nell'articolo 1 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58,

introducendo la definizione di piccola e media impresa (PMI) innovativa ed elencandone i requisiti.

        I commi da 2 a 7 concernono l'istituzione di una sezione speciale del registro delle imprese presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, cui le PMI dovranno essere iscritte, disciplinano le procedure di iscrizione e gli adempimenti connessi e recano disposizioni in ordine alla perdita dei requisiti.

        Ai sensi del comma 8, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura provvedono alle attività di cui al presente articolo nell'ambito delle dotazioni finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

        Il comma 9 prevede che alle PMI innovative, come definite al comma 1, fino a sette anni dalla data di inizio dell'attività dell'impresa o dell'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese, si applicano le disposizioni a favore delle startup innovative di cui agli articoli 26 e 27 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221; quelle di cui all'articolo 29 (tranne il comma 7) del citato decreto-legge si applicano, ove compatibili, alle PMI innovative, come definite al comma 1, costituite da non oltre sette anni, nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dall'articolo 21 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014.

        Per quanto concerne le modifiche di cui al comma 9, si evidenzia quanto segue:

        la normativa proposta ai fini fiscali è in grado di generare potenziali effetti negativi sul gettito relativamente all'estensione alle PMI innovative, come ivi identificate, dell'applicazione delle disposizioni agevolative previste per le startup innovative: tali effetti negativi di gettito si manifesteranno sotto forma di maggiore esenzione dall'applicazione della normativa relativa alle società di comodo (articolo 26 del decreto-legge n. 179 del 2012), di esclusione delle stock options dal reddito imponibile, sia a fini fiscali che contributivi (articolo 27 del decreto-legge n. 179 del 2012) e di incentivi agli investimenti in startup innovative (articolo 29 del decreto-legge n. 179 del 2012);

        secondo i dati forniti dal Ministero dello sviluppo economico [stime ottenute elaborando dati ricavati da: Rilevazione sull'attività di R&S delle imprese (ISTAT, annuale), Community Innovation Survey (CIS) (ISTAT, triennale), domande di brevetti allo European Patent Office (o altri istituti internazionali)] il numero di PMI potenzialmente rientranti nella definizione della norma è pari a circa 7.000 imprese.

1) Incentivi agli investimenti in startup innovative (articolo 29 del decreto-legge n. 179 del 2012).

        Ai fini di una stima dei possibili effetti di gettito conseguenti all'ampliamento della platea dei soggetti potenzialmente interessati, nei confronti dei quali quindi i contribuenti risulteranno essere

fiscalmente incentivati ad investire nel capitale sociale ai sensi dell'articolo 29, si è proceduto nel seguente modo.

        È stato acquisito l'archivio dei soggetti qualificabili come «startup innovative» i quali sono iscritti nel registro delle imprese (2.158 unità a giugno 2014).

        Tale archivio è stato posto a confronto con le dichiarazioni dei redditi delle società di capitali risultanti dall'elaborazione dei modelli UNICO 2013 (dato provvisorio, ultimo disponibile) e UNICO 2012, allo scopo di rilevare (dal quadro RF, nell'apposito prospetto) l'incremento di capitale sociale.

        È risultato che 877 startup innovative iscritte nel registro risultano altresì dalle dichiarazioni: questi soggetti hanno rilevato nel periodo considerato un incremento complessivo di capitale sociale pari a quasi 18 milioni di euro.

        Utilizzando anche l'informazione relativa all'eventuale esistenza del requisito aggiuntivo di startup sociale o ad alto valore tecnologico, la stima di perdita di gettito riferita agli investitori è pari a circa 2,3 milioni di euro (valore intermedio tra 3,6 milioni, se gli investitori fossero tutte persone fisiche, e quasi 1,1 milioni, se fossero tutte persone giuridiche).

        Ai fini della presente stima, pertanto, utilizzando tali importi come valori approssimativi del possibile onere derivante dall'estensione – in proporzione – dell'ambito applicativo, in via prudenziale si ipotizza che l'ampliamento dell'ambito soggettivo dei soggetti potenzialmente rientranti nell'agevolazione potrebbe generare un maggiore onere annuo pari a 3,5 volte tale importo (7.000/2.158): la perdita annua quindi sarebbe pari a circa -8,05 milioni di euro in termini di competenza (di cui quasi 4,4 ai fini dell'imposta sul reddito delle società – IRES) fino a sette anni dalla data di inizio dell'attività di impresa, quindi anche oltre i residui esercizi nei quali sarà in vigore la normativa agevolativa relativa alle startup innovative, gli esercizi 2015 e 2016.

2) Società di comodo – esclusione (articolo 26 del decreto-legge n. 179 del 2012).

        Com’è noto, l'articolo 26, comma 4, del decreto-legge n. 179 del 2012 ha previsto che alle startup innovative (di cui all'articolo 25, comma 2) non si applica la disciplina prevista per le società non operative: in base ai dati del modello UNICO 2013 per le società di capitali, il numero di startup innovative – soggetti che hanno dichiarato questa causa di esclusione nel prospetto per la determinazione del reddito per le società non operative – nel 2012 è pari a quasi 3.500. L'IRES dovuta da questi soggetti nel 2012 è risultata pari a circa 6 milioni di euro.

        Pertanto, in considerazione del numero di tutte le PMI potenzialmente interessate e alla luce della limitata estensione, per quanto riguarda la non applicazione della normativa delle società non operative sembra possibile affermare che tali effetti possono essere considerati di trascurabile entità rispetto a quanto già previsto. In via

prudenziale, comunque, si indica un possibile effetto negativo sul gettito dell'IRES in misura pari a 3,5 X -0,5 = -1,75 milioni di euro a decorrere dal 2015.

3) Stock options (articolo 27 del decreto-legge n. 179 del 2012).

        Per quanto riguarda invece l'onere aggiuntivo ai fini dell'IRPEF di competenza attribuibile all'applicazione dell'articolo 27, in assenza di un dato effettivo lo si può indicare in circa -7,7 milioni di euro all'anno, importo desunto dalla relazione tecnica originaria sulla base del rapporto ivi indicato tra oneri di cui all'articolo 29 e oneri conseguenti all'articolo 27 rispetto al maggiore onere teorico attribuibile all'articolo 29 in seguito all'estensione alle PMI innovative.

        Ne consegue che l'onere annuo corrispondente, in termini di competenza, per gli esercizi 2015, 2016 e 2017, risulterebbe di circa [8,05 (articolo 29) 7,7 (articolo 27) 1,75 (articolo 26)] -17,5 milioni di euro.

        Si indicano, di seguito, gli effetti finanziari derivanti dalla disposizione in esame:

  2015 2016 2017 2018 2019
IRES 0,0 -9,4 -5,3 -5,3 -5,3
IRPEF statale 0,0 -20,1 -11,5 -11,5 -11,5
Addizionale regionale 0,0 -0,5 -0,5 -0,5 -0,5
Addizionale comunale 0,0 -0,2 -0,2 -0,2 -0,2
Totale 0,0 -30,2 -17,5 -17,5 -17,5

in milioni di euro

        Per quanto attiene alle minori entrate contributive derivanti dalla disposizione (estensione alla platea in esame dell'agevolazione di cui all'articolo 27 del decreto-legge n. 179 del 2012), le stesse, sulla base degli aggiornati elementi sopra esposti, considerando un'aliquota media ponderata per i lavoratori dipendenti, per gli amministratori e per i collaboratori continuativi, sono stimate in 7 milioni di euro per l'anno 2015 e in 9,4 milioni di euro annui dal 2016.

        Ai predetti oneri, compresi gli oneri derivanti dalle agevolazioni contributive, valutati in 7 milioni di euro per l'anno 2015, 39,6 milioni di euro per l'anno 2016 e 26,9 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017, si provvede, ai sensi del successivo comma 12, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

        Il comma 10 porta modifiche all'attuale regime delle startup innovative. Esso interviene sulla disciplina che regolamenta il cosiddetto equity crowdfunding per le startup innovative, ossia la raccolta di capitali di rischio mediante portali telematici. In particolare, le disposizioni delle lettere a) e b) – attraverso le quali si intende ampliare la possibilità di raccogliere capitale con questa modalità

estendendola anche ai veicoli di investimento, siano essi organismi d'investimento collettivo del risparmio (OICR) o società di partecipazioni che investono prevalentemente in startup innovative – non sono suscettibili di produrre nuovi o maggiori oneri rispetto a quanto stimato in sede di relazione tecnica alla norma originaria, dal momento che in tale sede, ai fini della stima degli effetti di gettito, non erano stati considerati vincoli o limiti particolari con riferimento alle modalità attuative della raccolta dei fondi.

        Il comma 11 modifica il comma 2 dell'articolo 25 del citato decreto-legge n. 179 del 2012, in modo che, in ottemperanza al nuovo regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, l'ambito di applicazione della normativa sulle startup innovative non sia limitato alle società di diritto italiano residenti in Italia, ma valga anche per le società residenti in uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia.

        Le modifiche di cui al comma 11 rappresentano un'estensione, resa necessaria per adeguare la disciplina nazionale a quella europea, che non amplia in maniera significativa la platea delle imprese rientranti nella particolare disciplina fiscale e contributiva prevista per le startup innovative.

        In ogni caso, il decreto interministeriale 30 gennaio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 66 del 20 marzo 2014, relativo alle modalità di attuazione dell'articolo 29 del decreto-legge n. 179 del 2012, fa già riferimento a questa più ampia platea di imprese per determinare quelle beneficiarie degli incentivi fiscali all'investimento in startup innovative.

        Di conseguenza, la misura è in grado di generare potenziali effetti negativi sul gettito solo relativamente all'esenzione dall'applicazione della normativa relativa alle società di comodo (articolo 26 del decreto-legge n. 179 del 2012) e all'esclusione delle stock options dal reddito imponibile, sia a fini fiscali che contributivi (articolo 27 del medesimo decreto-legge). In considerazione della limitata estensione, tali effetti possono essere considerati di trascurabile entità rispetto a quanto già previsto.

Articolo 5.
(Modifiche alla tassazione dei redditi derivanti dai beni immateriali e credito d'imposta per acquisto beni strumentali nuovi).

        Comma 1. La disposizione produce un ampliamento della quota di reddito agevolabile come conseguenza:

            dell'inclusione tra i redditi agevolabili anche di quelli derivanti dall'utilizzo di marchi non funzionalmente equivalenti ai brevetti, modelli e disegni;

            dell'aumento (comma 42-bis) dei costi ammissibili per attività di ricerca e sviluppo in concorrenza con le modifiche al comma 41.

        L'ampliamento della quota di reddito agevolabile produce in via generale una maggiore perdita di gettito.

        In sede di relazione tecnica originaria, in conseguenza delle caratteristiche di novità della normativa nell'ambito del sistema tributario italiano e della difficoltà nell'individuare i dettagli del fenomeno interessato, sono state assunte ipotesi di carattere forfetario.

        Ai fini della stima, non potendo entrare nel dettaglio sul maggior reddito agevolabile conseguente ai maggiori redditi derivanti dall'utilizzo dei marchi anche non funzionalmente equivalenti ai brevetti e ai maggiori costi di ricerca e sviluppo ammissibili (comma 42-bis), in via prudenziale, si è proceduto diminuendo da un terzo a un sesto la riduzione forfetaria indicata in sede di relazione tecnica originaria, al fine di considerare i costi sostenuti per il mantenimento, l'accrescimento e lo sviluppo dei beni immateriali.

        In base alla metodologia esposta, si stimano redditi agevolabili conseguenti allo sfruttamento diretto e indiretto dei beni in argomento per circa 1.174 milioni di euro netti che, mediante l'applicazione della quota di detassazione a regime del 50 per cento, forniscono l'ammontare definitivo dei redditi detassabili pari a circa 587 milioni di euro annui.

        Utilizzando le aliquote medie per l'IRES o l'IRPEF e per l'IRAP indicate nella relazione tecnica originaria, a regime viene stimata una perdita di gettito annua in termini di competenza relativamente alle imposte sui redditi (IRES e IRPEF) pari a 150,9 milioni di euro, mentre relativamente all'IRAP la perdita di gettito è pari a circa 24,4 milioni di euro. Per il primo anno di applicazione del regime opzionale, in cui la quota di detassazione è del 30 per cento, la perdita è di 90,5 milioni di euro a titolo di imposte sui redditi, mentre è di 14,7 milioni di euro per l'IRAP; per il secondo anno, in considerazione della quota di detassazione del 40 per cento, la stima diviene di 120,9 milioni di euro per le imposte sui redditi e di 19,5 milioni di euro a titolo di IRAP.

        Di seguito si espongono l'andamento della perdita di gettito complessivo, in termini di competenza e di cassa, e il differenziale della nuova normativa introdotta dall'articolo:

COMPETENZA 2015 2016 2017 2018 2019
IRAP -14,7 -19,5 -24,4 -24,4 -24,4
IRES -77,5 -103,4 -129,2 -129,2 -129,2
IRPEF statale -12,0 -16,0 -20,0 -20,0 -20,0
Addizionale regionale -0,7 -1,0 -1,2 -1,2 -1,2
Addizionale comunale -0,3 -0,3 -0,4 -0,4 -0,4
Totale -105,2 -140,3 -175,3 -175,3 -175,3

in milioni di euro
CASSA 2015 2016 2017 2018 2019
IRAP 0,0 -27,1 -23,7 -28,6 -24,4
IRES 0,0 -135,7 -122,7 -148,6 -129,2
IRPEF statale 0,0 -21,0 -19,0 -23,0 -20,0
Addizionale regionale 0,0 -0,7 -1,0 -1,2 -1,2
Addizionale comunale 0,0 -0,3 -0,4 -0,5 -0,4
Totale 0,0 -184,9 -166,8 -201,9 -175,3

in milioni di euro

Effetto differenziale dell'articolo:

CASSA 2015 2016 2017 2018 2019
IRAP 0,0 -5,4 -4,7 -5,7 -4,9
IRES 0,0 -27,1 -24,5 -29,7 -25,8
IRPEF statale 0,0 -4,2 -3,8 -4,6 -4,0
Addizionale regionale 0,0 -0,1 -0,2 -0,2 -0,2
Addizionale comunale 0,0 -0,1 -0,1 -0,1 -0,1
Totale 0,0 -36,9 -33,3 -40,3 -35,0

in milioni di euro

        Ai predetti oneri, pari a 36,9 milioni di euro per l'anno 2016, a 33,3 milioni di euro per il 2017, a 40,3 milioni di euro per il 2018 e a 35 milioni di euro per il 2019, si provvede, ai sensi del successivo comma 4, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

        Commi 2 e 3. Le norme sono finalizzate a realizzare le condizioni necessarie alla Fondazione Istituto italiano di tecnologia (IIT), fondazione privata istituita con il decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, per il concreto sviluppo delle attività di trasferimento tecnologico (cosiddetto technology transfer).

        A tal fine la Fondazione può anche stipulare accordi, contratti e convenzioni con le università e con il sistema camerale per la valorizzazione dei risultati della ricerca scientifica. L'innovata finalità della Fondazione viene svolta a risorse umane e finanziarie invariate. Di conseguenza, le disposizioni in esame non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Articolo 6.
(Prestito indiretto per investitori istituzionali esteri).

        La disposizione in esame novella il comma 5-bis dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, introdotto dall'articolo 22 del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014, prevedendo che la ritenuta del 12,50 per cento di cui al comma 5 del medesimo articolo 26 non si applica agli interessi e agli altri proventi derivanti da finanziamenti

a medio e lungo termine alle imprese, erogati da enti creditizi stabiliti negli Stati membri dell'Unione europea, imprese di assicurazione costituite e autorizzate ai sensi di normative emanate da Stati membri dell'Unione europea o investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, di cui all'articolo 6, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 1 aprile 1996, n. 239, soggetti a forme di vigilanza nei Paesi esteri nei quali sono istituiti.

        Di fatto, quindi, la disposizione elimina il riferimento al mancato ricorso alla leva finanziaria per quanto riguarda gli OICR compresi tra i soggetti finanziatori.

        Al riguardo, in considerazione dell'attuale numero esiguo (se non nullo) delle operazioni in esame, si evidenzia che dalla disposizione non derivano sostanziali effetti finanziari.

Articolo 7.
(Società di servizio per la patrimonializzazione e la ristrutturazione delle imprese).

        Al fine dell'istituzione di una società per azioni avente come oggetto sociale l'attività di patrimonializzazione e ristrutturazione finanziaria di imprese o gruppi di imprese in crisi, ma pur sempre caratterizzati da adeguate prospettive industriali e di mercato, la disposizione prevede che il Governo promuova la sottoscrizione del capitale sociale della medesima società da parte di investitori istituzionali e professionali.

        Per agevolare la suddetta sottoscrizione, il comma 3 dispone che alcune categorie di investitori possano avvalersi di apposita garanzia dello Stato, nel limite delle risorse esistenti nel fondo di cui al comma 8, mentre agli azionisti che non si avvalgono della garanzia dello Stato sono riconosciuti particolari diritti da parte dello statuto della società. Ai sensi del comma 4, gli azionisti che si avvalgono di garanzia dello Stato riconoscono a quest'ultimo un corrispettivo.

        La concessione della garanzia deve avvenire, comunque, nel limite delle risorse di cui al comma 8. Detta disposizione prevede che le disponibilità in conto residui iscritte in bilancio per l'anno 2015, relative all'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 37, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, siano versate nell'anno 2015, nel limite di 300 milioni di euro, ad apposita contabilità speciale, di nuova istituzione, a copertura delle garanzie dello Stato in questione.

        In tal modo la disposizione non comporta effetti peggiorativi sui saldi di finanza pubblica.

Articolo 8.
(Ricorso facoltativo alla provvista CDP per banche e intermediari finanziari che erogano finanziamenti alle PMI).

        La misura elimina il vincolo del ricorso alla provvista della società Cassa depositi e prestiti Spa per i soggetti finanziari che erogano alle

imprese finanziamenti finalizzati all'acquisto di beni strumentali (articolo 2, comma 4, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 cosiddetta legge nuova Sabatini).

        La norma non comporta effetti negativi per la finanza pubblica in quanto l'erogazione dei contributi statali connessi ai predetti finanziamenti continua ad avvenire nei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 8, secondo periodo, del citato decreto-legge n. 69 del 2013.


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DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.

      1. È convertito in legge il decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, recante misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti.
      2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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Decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 2015.
Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

        Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

        Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di avviare il processo di adeguamento al sistema bancario agli indirizzi europei per renderlo competitivo ed elevare il livello di tutela dei consumatori e di favorire lo sviluppo dell'economia del Paese, promuovendo una maggiore patrimonializzazione delle imprese italiane ed il concorso delle piccole e medie imprese nei processi di innovazione del sistema produttivo;

        Ritenuta altresì la straordinaria necessità ed urgenza di adottare disposizioni volte a favorire l'incremento degli investimenti, l'attrazione dei capitali e degli investitori istituzionali esteri, nonché favorire lo sviluppo del credito per l’export;

        Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 20 gennaio 2015;

        Sulla proposta del Presidente del Consiglio e dei Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico;

emana
il seguente decreto-legge:
Articolo 1.
(Banche popolari).

        1. Al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) all'articolo 28, dopo il comma 2-bis, è aggiunto il seguente:

        «2-ter. Nelle banche popolari il diritto al rimborso delle azioni nel caso di recesso, anche a seguito di trasformazione, morte o esclusione

del socio, è limitato secondo quanto previsto dalla Banca d'Italia, anche in deroga a norme di legge, laddove ciò è necessario ad assicurare la computabilità delle azioni nel patrimonio di vigilanza di qualità primaria della banca. Agli stessi fini, la Banca d'Italia può limitare il diritto al rimborso degli altri strumenti di capitale emessi.»;

            b) all'articolo 29:

                1) dopo il comma 2, sono inseriti i seguenti:

        «2-bis. L'attivo della banca popolare non può superare 8 miliardi di euro. Se la banca è capogruppo di un gruppo bancario, il limite è determinato a livello consolidato.

        2-ter. In caso di superamento del limite di cui al comma 2-bis, l'organo di amministrazione convoca l'assemblea per le determinazioni del caso. Se entro un anno dal superamento del limite l'attivo non è stato ridotto al di sotto della soglia né è stata deliberata la trasformazione in società per azioni ai sensi dell'articolo 31 o la liquidazione, la Banca d'Italia, tenuto conto delle circostanze e dell'entità del superamento, può adottare il divieto di intraprendere nuove operazioni ai sensi dell'articolo 78, o i provvedimenti previsti nel titolo IV, capo I, sezione I, o proporre alla Banca centrale europea la revoca dell'autorizzazione all'attività bancaria e al Ministro dell'economia e delle finanze la liquidazione coatta amministrativa. Restano fermi i poteri di intervento e sanzionatori attribuiti alla Banca d'Italia dal presente decreto legislativo.

        2-quater. La Banca d'Italia detta disposizioni di attuazione del presente articolo.»;

                2) il comma 3 è abrogato;

            c) l'articolo 31 è sostituito dal seguente:

        «Articolo 31. (Trasformazioni e fusioni).1. Le trasformazioni di banche popolari in società per azioni o le fusioni a cui prendano parte banche popolari e da cui risultino società per azioni sono deliberate:

            a) in prima convocazione, con la maggioranza dei due terzi dei voti espressi, purché all'assemblea sia rappresentato almeno un decimo dei soci della banca;

            b) in seconda convocazione, con la maggioranza di due terzi dei voti espressi, qualunque sia il numero dei soci intervenuti all'assemblea.

        2. In caso di recesso resta fermo quanto previsto dall'articolo 28, comma 2-ter.

        3. Si applicano gli articoli 56 e 57.»;

            d) all'articolo 150-bis:

                1) al comma 1, le parole: «banche popolari e alle» sono soppresse;

                2) il comma 2 è sostituito dal seguente: «2. Alle banche popolari non si applicano le seguenti disposizioni del codice civile: 2349, secondo comma, 2512, 2513, 2514, 2519, secondo comma, 2522, 2525, primo, secondo, terzo e quarto comma, 2527, secondo e terzo comma, 2528, terzo e quarto comma, 2530, primo, secondo, terzo, quarto e quinto comma, 2538, secondo comma, secondo periodo, e quarto comma, 2540, secondo comma, 2542, secondo e quarto comma, 2543, primo e secondo comma, 2545-bis, 2545-quater, 2545-quinquies, 2545-octies, 2545-decies, 2545-undecies, terzo comma, 2545-terdecies, 2545-quinquiesdecies, 2545-sexiesdecies, 2545-septiesdecies e 2545-octiesdecies.»;

                3) il comma 2-bis è sostituito dal seguente: «2-bis. In deroga a quanto previsto dall'articolo 2539, primo comma, del codice civile, gli statuti delle banche popolari determinano il numero massimo di deleghe che possono essere conferite ad un socio; in ogni caso, questo numero non è inferiore a 10 e non è superiore a 20.»;

        2. In sede di prima applicazione del presente decreto, le banche popolari autorizzate al momento dell'entrata in vigore del presente decreto si adeguano a quanto stabilito ai sensi dell'articolo 29, commi 2-bis e 2-ter, del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, introdotti dal presente articolo, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni di attuazione emanate dalla Banca d'Italia ai sensi del medesimo articolo 29.

Articolo 2.
(Portabilità conti correnti).

        1. Gli istituti bancari e i prestatori di servizi di pagamento, in caso di trasferimento di un conto di pagamento, adottano e concludono la procedura di cui all'articolo 10, paragrafi da 2 a 6, della direttiva n. 2014/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014, entro i termini ivi previsti, senza oneri e spese di portabilità a carico del cliente.

        2. In caso di mancato rispetto delle modalità e dei termini di cui al comma 1, l'istituto bancario o il prestatore di servizi di pagamento è tenuto a risarcire il cliente in misura proporzionale al ritardo e alla disponibilità esistente sul conto di pagamento al momento della richiesta di trasferimento.

        3. In caso di richiesta di trasferimento del conto di pagamento, unitamente alla richiesta di trasferimento di strumenti finanziari, di ordini di pagamento e di ulteriori servizi e strumenti ad esso associati, la portabilità si conclude senza ulteriori oneri e spese per il consumatore.

        4. All'articolo 116 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

        «1-bis. Le banche e gli intermediari finanziari rendono noti gli indicatori che assicurano la trasparenza informativa alla clientela, quali l'indicatore sintetico di costo e il profilo dell'utente, anche attraverso gli sportelli automatici e gli strumenti di accesso remoto ai servizi bancari.».

Articolo 3.
(SACE).

        1. Al fine di rafforzare l'attività di SACE S.p.A. a supporto dell’export e dell'internazionalizzazione dell'economia italiana e la sua competitività rispetto alle altre entità che operano con le stesse finalità sui mercati internazionali, SACE S.p.A. è autorizzata a svolgere il proprio intervento anche attraverso l'esercizio del credito diretto, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385. Tale attività è svolta previa autorizzazione della Banca d'Italia, nel rispetto delle normative internazionali, europee e nazionali in materia. SACE S.p.A. in conformità alla citata normativa, definisce le modalità operative più idonee relativamente a quanto previsto nel presente articolo.

Articolo 4.
(Piccole e medie imprese innovative).

        1. All'articolo 1, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazioni finanziarie di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dopo il comma 5-decies è inserito il seguente: «5-undecies. Per “piccole e medie imprese innovative”, di seguito “PMI innovative”, si intendono le PMI, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE, che possiedono i seguenti requisiti:

            a) la residenza in Italia ai sensi dell'articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, o in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'accordo sullo spazio economico europeo, purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia;

            b) la certificazione dell'ultimo bilancio e dell'eventuale bilancio consolidato redatto da un revisore contabile o da una società di revisione iscritti nel registro dei revisori contabili;

            c) l'assenza di possesso di azioni quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione;

            d) l'assenza di iscrizione al registro speciale previsto all'articolo 25, comma 8, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221;

            e) almeno due dei seguenti requisiti:

                1) volume di spesa in ricerca e sviluppo in misura uguale o superiore al 3 per cento della maggiore entità fra costo e valore totale della produzione della PMI innovativa. Dal computo per le spese in ricerca e sviluppo sono escluse le spese per l'acquisto di beni immobili. Ai fini del presente decreto, in aggiunta a quanto previsto dai princìpi contabili, sono altresì da annoverarsi tra le spese in ricerca e sviluppo: le spese relative allo sviluppo precompetitivo e competitivo, quali sperimentazione, prototipazione e sviluppo del piano industriale; le spese relative ai servizi di incubazione forniti da incubatori certificati come definiti dall'articolo 25, comma 5, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221; i costi lordi di personale interno e consulenti esterni impiegati nelle attività di ricerca e sviluppo, inclusi soci ed amministratori; le spese legali per la registrazione e protezione di proprietà intellettuale, termini e licenze d'uso. Le spese risultano dall'ultimo bilancio approvato e sono descritte in nota integrativa;

                2) impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore al quinto della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di titolo di dottorato di ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca presso un'università italiana o straniera, oppure in possesso di laurea e che abbia svolto, da almeno tre anni, attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all'estero, ovvero, in percentuale uguale o superiore a un terzo della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di laurea magistrale ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270;

                3) titolarità, anche quali depositarie o licenziatarie di almeno una privativa industriale, relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale ovvero titolarità dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario registrato presso il Registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore, purché tale privativa sia direttamente afferente all'oggetto sociale e all'attività di impresa.».

        2. Presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura è istituita una apposita sezione speciale del registro delle imprese di cui all'articolo 2188 del codice civile, a cui le PMI innovative devono essere iscritte; la sezione speciale del registro delle imprese consente la condivisione, nel rispetto della normativa sulla tutela dei dati personali, delle informazioni relative, per le PMI innovative: all'anagrafica, all'attività svolta, ai soci fondatori e agli altri

collaboratori, al fatturato, al patrimonio netto, al sito internet, ai rapporti con gli altri attori della filiera.

        3. L'iscrizione avviene a seguito di presentazione della domanda in formato elettronico, contenente le seguenti informazioni:

            a) data e luogo di costituzione, nome e indirizzo del notaio;

            b) sede principale ed eventuali sedi periferiche;

            c) oggetto sociale;

            d) breve descrizione dell'attività svolta, comprese l'attività e le spese in ricerca e sviluppo;

            e) elenco dei soci con trasparenza rispetto a fiduciarie, holding, con autocertificazione di veridicità;

            f) elenco delle società partecipate;

            g) curriculum vitae dei soci e del personale la cui prestazione lavorativa è connessa all'attività innovativa delle PMI;

            h) indicazione dell'esistenza di relazioni professionali, di collaborazione o commerciali con incubatori certificati, investitori istituzionali e professionali, università e centri di ricerca;

            i) ultimo bilancio depositato, nello standard XBRL;

            l) elenco dei diritti di privativa su proprietà industriale e intellettuale;

            m) sito internet.

        4. Le informazioni di cui al comma 3 sono aggiornate entro il 30 giugno e il 31 dicembre di ciascun anno e sono sottoposte al regime di pubblicità di cui al comma 3.

        5. Le informazioni di cui al comma 3 sono rese disponibili, assicurando la massima trasparenza e accessibilità, per via telematica o su supporto informatico in formato tabellare gestibile da motori di ricerca, con possibilità di elaborazione e ripubblicazione gratuita da parte di soggetti terzi. Le PMI innovative assicurano l'accesso informatico alle suddette informazioni dalla home page del proprio sito Internet.

        6. Entro 30 giorni dall'approvazione del bilancio e comunque entro sei mesi dalla chiusura di ciascun esercizio, il rappresentante legale delle PMI innovative attesta il mantenimento del possesso dei requisiti previsti dall'articolo 1, comma 5-undecies, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, introdotto dal comma 1 del presente articolo, e deposita tale dichiarazione presso l'ufficio del registro delle imprese.

        7. Entro 60 giorni dalla perdita dei requisiti di cui all'articolo 1, comma 5-undecies, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, introdotto dal comma 1 del presente articolo, le PMI innovative sono cancellate d'ufficio dalla sezione speciale del registro delle imprese di cui al comma 2, permanendo l'iscrizione alla sezione ordinaria del registro delle imprese. Alla perdita dei requisiti è equiparato il

mancato deposito della dichiarazione di cui al comma 6. Si applica l'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 2004, n. 247.

        8. Le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, provvedono alle attività di cui al presente articolo nell'ambito delle dotazioni finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

        9. Alle PMI innovative così come definite dall'articolo 1, comma 5-undecies, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, introdotto dal comma 1 del presente articolo, si applicano gli articoli 26, 27, 30, commi 6, 7 e 8, e 32 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221; l'articolo 29 del citato decreto-legge n. 179 del 2012, si applica alle PMI innovative, costituite da non oltre 7 anni, nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dall'articolo 21 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014.

        10. Al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazioni finanziarie di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) alla rubrica del capo III-quater, del titolo III, della Parte II, dopo le parole: «start-up innovative» sono inserite le seguenti: «e le PMI innovative»;

            b) all'articolo 50-quinquies:

                1) alla rubrica, dopo le parole: «start-up innovative» sono inserite le seguenti: «e PMI innovative»;

                2) al comma 1, dopo le parole: «start-up innovative» sono inserite le seguenti: «, per le PMI innovative, per gli organismi di investimento collettivo del risparmio e per le società di capitali che investono prevalentemente in start-up innovative e in PMI innovative»;

                3) al comma 2, dopo le parole: «start-up innovative» sono inserite le seguenti: «, per le PMI innovative, per gli organismi di investimento collettivo del risparmio e per le società di capitali che investono prevalentemente in start-up innovative e in PMI innovative»;

            c) all'articolo 100-ter, comma 1, dopo le parole: «start-up innovative» sono aggiunte le seguenti: «, dalle PMI innovative, dagli organismi di investimento collettivo del risparmio o altre società di capitali che investono prevalentemente in start-up innovative e in PMI innovative».

        11. All'articolo 25, del citato decreto-legge n. 179 del 2012, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) al comma 2, primo periodo, le parole: «di diritto italiano ovvero una Societas Europea, residente in Italia ai sensi dell'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,» sono soppresse;

            b) al comma 2, la lettera c) è sostituita dalla seguente: «c) è residente in Italia ai sensi dell'articolo 73 del decreto del Presidente

della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo, purché abbia una sede produttiva o una filiale in Italia;».

        12. All'onere derivante dal comma 9, valutato in 7 milioni di euro per l'anno 2015, in 39,6 milioni di euro per l'anno 2016 e in 26,9 milioni di euro annui a decorrere dal 2017, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.».

Articolo 5.
(Modifiche alla tassazione dei redditi derivanti dai beni immateriali e credito d'imposta per acquisto beni strumentali nuovi).

        1. All'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) al comma 39, al primo periodo, le parole: «funzionalmente equivalenti ai brevetti» sono sostituite dalle seguenti: «, da disegni e modelli» e il quarto periodo è sostituito dal seguente: «Nel caso in cui i redditi siano realizzati nell'ambito di operazioni intercorse con società che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa, gli stessi possono essere determinati sulla base di un apposito accordo conforme a quanto previsto dall'articolo 8 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni.»;

            b) al comma 41, dopo le parole: «contratti di ricerca stipulati con» sono inserite le seguenti: «società diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa ovvero con»;

            c) il comma 42 è sostituito dal seguente: «42. La quota di reddito agevolabile è determinata sulla base del rapporto tra:

                a) i costi di attività di ricerca e sviluppo, rilevanti ai fini fiscali, sostenuti per il mantenimento, l'accrescimento e lo sviluppo del bene immateriale di cui al comma 39;

                b) i costi complessivi, rilevanti ai fini fiscali, sostenuti per produrre tale bene.»;

            d) dopo il comma 42 è inserito il seguente: «42-bis. L'ammontare di cui alla lettera a) del comma 42 è aumentato di un importo corrispondente ai costi sostenuti per l'acquisizione del bene immateriale

o per contratti di ricerca, relativi allo stesso bene, stipulati con società che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa fino a concorrenza del trenta per cento del medesimo ammontare di cui alla predetta lettera a).»;

            e) al comma 44, le parole: «di individuare le tipologie di marchi escluse dall'ambito di applicazione del comma 39 e» sono soppresse.

        2. Al fine di diffondere l'innovazione e di stimolare la competitività del sistema produttivo, in particolare delle piccole e medie imprese, la Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia, anche attraverso le forme previste dall'articolo 4, comma 9, del presente decreto, provvede a:

            a) sistematizzare a scopi informativi e di vendita i risultati della ricerca scientifica e tecnologica svolta negli enti pubblici di ricerca, le competenze scientifico-tecnologiche e le infrastrutture di ricerca presenti negli enti stessi;

            b) istituire un sistema per la commercializzazione dei brevetti registrati da università, da enti di ricerca e da ricercatori del sistema pubblico e disponibili per l'utilizzazione da parte delle imprese;

            c) fungere da tramite tra le imprese per lo scambio di informazioni e per la costituzione di reti tecnologiche o di ricerca tra esse.

        3. Gli enti pubblici di ricerca sono tenuti a fornire alla Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia le informazioni necessarie per gli scopi di cui al comma 2, lettera a). La Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia è tenuta a retrocedere i proventi derivanti dalla vendita o dalla cessione del diritto d'uso di un brevetto o di un altro titolo di proprietà intellettuale, al netto dei costi, all'ente pubblico di ricerca di provenienza del brevetto stesso, che le abbia conferito mandato per la vendita o la cessione. Le università possono stipulare accordi, contratti e convenzioni con la Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia per la valorizzazione dei risultati della ricerca scientifica e tecnologica, secondo le modalità previste dal presente articolo per gli enti pubblici di ricerca. Al fine di diffondere l'innovazione nel sistema delle piccole e medie imprese, la Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia può stipulare accordi, convenzioni e contratti, comunque denominati, con il sistema camerale, con le associazioni delle imprese, con i distretti industriali e con le reti d'impresa. Le funzioni previste dai commi 2 e 3, sono svolte dalla Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

        4. All'onere derivante dal comma 1, valutato in 36,9 milioni di euro per l'anno 2016, in 33,3 milioni di euro per l'anno 2017, 40,3 milioni di euro per l'anno 2018 e in 35 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo

10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Articolo 6.
(Prestito indiretto per investitori istituzionali esteri).

        1. All'articolo 26, comma 5-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, le parole da: «organismi di investimento collettivo» a «n. 917» sono sostituite dalle seguenti: «investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, di cui all'articolo 6, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 1 aprile 1996, n. 239, soggetti a forme di vigilanza nei paesi esteri nei quali sono istituiti».

Articolo 7.
(Società di servizio per la patrimonializzazione e la ristrutturazione delle imprese).

        1. L'articolo 15 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164 è sostituito dal seguente:

        «Articolo 15. (Società di servizio per la patrimonializzazione e la ristrutturazione delle imprese).1. Il Governo, al fine dell'istituzione di una società per azioni (di seguito, la “Società”) per la patrimonializzazione e la ristrutturazione delle imprese con sede in Italia, promuove la sottoscrizione del capitale da parte di investitori istituzionali e professionali. La Società intraprende iniziative per il rilancio di imprese industriali o gruppi di imprese con sede in Italia (di seguito, le “Imprese”) che, nonostante temporanei squilibri patrimoniali o finanziari, siano caratterizzate da adeguate prospettive industriali e di mercato, ma necessitino di ridefinizione della struttura finanziaria o di adeguata patrimonializzazione o comunque di interventi di ristrutturazione. La Società opera secondo i princìpi di economicità e convenienza propri degli operatori privati di mercato, anche mediante l'utilizzo di strumenti finanziari e veicoli societari e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, salva l'eventuale concessione di garanzie onerose di cui al comma 4.

        2. La Società ha lo scopo di promuovere e realizzare operazioni di ristrutturazione, di sostegno e riequilibrio della struttura finanziaria e patrimoniale delle imprese, favorendo, tra l'altro, processi di consolidamento industriale. A tal fine, la Società può investire capitale raccolto in proprio, compiere operazioni di finanziamento, acquisire o succedere in rapporti esistenti anche ridefinendone le condizioni e i termini, al servizio dello sviluppo operativo e dei piani di medio-

termine all'uopo predisposti, compreso l'affitto o la gestione di aziende, rami di aziende o siti produttivi.

        3. Il capitale della Società è sottoscritto da investitori istituzionali e professionali. La sottoscrizione del capitale azionario della Società, con eventuale emissione di azioni anche di diversa categoria, come l'apporto al patrimonio netto tramite strumenti finanziari di diversa tipologia avviene nel quadro di un progetto ad esecuzione progressiva. L'articolazione delle categorie di azioni e delle tipologie di strumenti finanziari e la definizione dell'organizzazione del governo societario sono volte a favorire la raccolta delle risorse fra investitori di tipologia diversificata (di seguito, gli “Investitori”). Per lo stesso fine alcune categorie di investitori possono avvalersi della garanzia dello Stato nel limite delle risorse di cui al successivo comma 8. Agli azionisti che non si avvalgono della garanzia dello Stato sono riconosciuti i particolari diritti previsti dallo statuto della Società.

        4. Gli azionisti che si avvalgono della garanzia dello Stato riconoscono allo Stato un corrispettivo per la garanzia, orientato al mercato in conformità alla normativa della UE in materia, anche a valere sulla quota degli utili ad essi distribuiti.

        5. I soggetti che concorrono alla gestione della Società operano in situazione di completa neutralità, imparzialità, indipendenza e terzietà rispetto agli Investitori. L'organizzazione dei flussi informativi è indirizzata alla trasparenza dei processi e alla responsabilizzazione dei soggetti coinvolti negli stessi.

        6. Obiettivo della Società è la cessione delle partecipate ovvero il trasferimento dei beni e rapporti oggetto del singolo investimento entro il termine stabilito dallo statuto. La società deve distribuire almeno i due terzi degli utili prodotti.

        7. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, sono definite le caratteristiche e la quota massima di coperture della garanzia, i criteri e le modalità di concessione ed escussione della garanzia stessa e gli obblighi verso lo Stato dei soggetti che si avvalgono della garanzia. Lo schema di decreto è trasmesso ai competenti organi dell'Unione europea per gli eventuali assensi.

        8. Le disponibilità in conto residui iscritte in bilancio per l'anno 2015, relative all'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 37, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, sono versate nell'anno 2015, nel limite di euro 300.000.000,00, ad apposita contabilità speciale, di nuova istituzione, a copertura delle garanzie dello Stato previste dal presente articolo.

Articolo 8.
(Ricorso facoltativo alla provvista CDP per banche e intermediari finanziari che erogano finanziamenti alle PMI).

        1. I contributi di cui all'articolo 2, comma 4, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto

2013, n. 98, possono essere riconosciuti alle piccole e medie imprese che abbiano ottenuto un finanziamento, compresa la locazione finanziaria per le finalità di cui al comma 1 dello stesso articolo 2, non necessariamente erogato a valere sul plafond di provvista costituito, per le finalità di cui all'articolo 3, comma 4-bis del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti.

        2. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti i requisiti, le condizioni di accesso e le modalità di erogazione dei contributi di cui al comma 1.

Articolo 9.
(Entrata in vigore).

        1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

        Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

        Dato a Roma, addì 24 gennaio 2015.

Il Presidente del Senato della Repubblica nell'esercizio delle funzioni del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 86 della Costituzione.
GRASSO

Renzi, Presidente del Consiglio dei ministri.
Padoan, Ministro dell'economia e delle finanze.
Guidi, Ministro dello sviluppo economico.

Visto, il Guardasigilli: Orlando.

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