Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2788


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
VARGIU, ALFREIDER, BRATTI, CAPUA, CIRACÌ, QUINTARELLI, RABINO, VITELLI
Disposizioni per la disciplina dell'esercizio della prostituzione, anche attraverso applicazioni o servizi telematici
Presentata il 20 dicembre 2014


      

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Onorevoli Colleghi! La storia della prostituzione è vecchia quanto il mondo e altrettanto vecchia è la polemica sulla legittimità della vendita del proprio corpo da parte delle donne e degli uomini.
      Nella morale comune è assolutamente consolidato che la vendita del proprio corpo a fini di lucro sia un fatto disdicevole ed è difficile che oggi sia culturalmente accettato che la decisione di porre in vendita il proprio colpo sia una libera scelta individuale.
      Pur consapevoli che esiste una posizione ultraliberale che difende la piena legittimità della libera scelta di porre in vendita il proprio corpo per trarne reddito, la presente proposta di legge resta ancorata alla convinzione che in una società civile ed evoluta gli atti sessuali dovrebbero essere ispirati a intese tra persone che non prevedano la definizione diretta di un prezzo.
      Tale considerazione è alla base delle attività legislative pregresse dello stesso Parlamento che, nel 1956, attraverso la legge n. 75 del 1958, cosiddetta legge Merlin, mise fuori legge l'esercizio della prostituzione.
      Lo spirito della legge Merlin era dunque quello di consolidare la cultura dominante di quel periodo con un provvedimento legislativo, certificando nel contempo l'illiceità di tutte le attività collaterali all'esercizio della prostituzione.
      In sostanza, la legge del 1956 comportò la chiusura delle cosiddette case di tolleranza, all'interno delle quali aveva luogo l'esercizio organizzato dell'attività di prostituzione, istituendo tutte le fattispecie di reato, dallo sfruttamento, all'induzione alla prostituzione che, nel loro complesso, nell'intenzione del legislatore miravano a stroncare qualsiasi forma di attività di prostituzione organizzata, perseguendo chiunque aspirasse a trarne benefìci economici in forma diretta o indiretta.
      Ovviamente, l'obiettivo dichiarato dell'attività legislativa del Parlamento era quello di tutelare la dignità della persona umana e della donna in modo particolare, puntando all'eradicazione del fenomeno della prostituzione dal nostro Paese.
      Sessanta anni dopo l'adozione di quella legge, appare davvero indispensabile fare nuovamente il punto sulla situazione, anche alla luce della recente decisione di introdurre all'interno del calcolo del prodotto interno lordo (PIL) italiano la misurazione del valore delle attività correlate all'esercizio della prostituzione per effetto dei cambiamenti introdotti dal Sistema dei conti nazionale (SEC) 2010.
      Preliminarmente all'introduzione dei contenuti della proposta di legge, appare indispensabile valutare:

          1) la legislazione vigente negli altri Paesi europei che condividono con l'Italia l'appartenenza all'Unione europea;

          2) l'eventuale mutamento del clima culturale specifico nel contesto del Paese dal 1958 ad oggi;

          3) la coerenza dei risultati ottenuti dalla legge Merlin rispetto agli obiettivi posti dalla stessa legge.

      Per quanto attiene alla prima delle questioni, molti dei Paesi che appartengono all'Unione europea hanno scelto di legalizzare e regolamentare le attività di prostituzione. In tal senso, le esperienze di Paesi Bassi, Germania, Turchia, Austria, Svizzera, Grecia, Ungheria e Lettonia rappresentano possibili paradigmi di riferimento che, pur con diverse sfumature, puntano tutti al superamento di inaccettabili situazioni di ambiguità.
      Per quanto attiene alla questione correlata ai presupposti culturali da cui traggono origine le norme legislative, non c’è dubbio che l'Italia si presenti in modo differente rispetto a sessanta anni fa.
      Basterebbe ricordare i due passaggi epocali dei referendum sul divorzio e sull'interruzione volontaria della gravidanza per certificare come il senso comune italiano si sia certamente evoluto in modo laico, scegliendo sempre più di affidare alle coscienze individuali la libera scelta in materia etica.
      Lo stesso dibattito attuale sui temi di bioetica, da quelli correlati alla fecondazione artificiale ed eterologa, ai temi del fine vita, dall'eutanasia, al testamento biologico, confermano il mutato atteggiamento culturale del Paese e danno coscienza della stessa modifica di atteggiamento della Chiesa cattolica e degli ambienti che ad essa fanno riferimento.
      Senza che tali ambienti abbiano mai pensato di rinunciare alle battaglie per la difesa dei princìpi della propria morale, è assolutamente evidente come queste legittime battaglie culturali abbiano molto guadagnato in termini di civile confronto, abbandonando i toni ideologici da crociata.
      Ai proponenti sembra dunque che, anche in materia di norme che regolamentano la prostituzione, sia maturato un clima nel Paese che consenta di affrontare pragmaticamente il problema, nel rispetto delle differenti convinzioni, ma anche senza l'interferenza di vecchi pregiudizi, che impedivano qualsiasi ragionamento concreto.
      Per quanto, infine, attiene alla coerenza tra i risultati raggiunti dalla legge Merlin e gli stessi obiettivi prefissati dai proponenti, sembrerebbe utile sottolineare il grave scostamento registrabile.
      La prostituzione non è stata certo cancellata dal nostro Paese, né sono state eliminate le malattie sessualmente trasmissibili che trovavano nell'esercizio non controllato delle attività di prostituzione uno straordinario volano di diffusione.
      Secondo uno studio del 2007 realizzato dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, erano circa 70.000 le prostitute in Italia

per un mercato di clienti pari a 9 milioni. Il giro di affari stimato dell'attività di prostituzione era pari a 3,5 miliardi di euro come certificato dalle nuove stime del PIL per il 2011.
      Quanto al dato sulla sieropositività da HIV, secondo alcune stime del Centro operativo AIDS e dell'Istituto superiore di sanità, alla fine del 2012, vivevano in Italia un totale di 123.000 individui di 15 anni o più affetti da HIV, con una prevalenza stimata di 0,28 per 100 residenti di 15 anni o più. La prevalenza tra le prostitute era pari all'1,6 per cento.
      Il mercato della prostituzione si è notevolmente allargato dilagando soprattutto on line, l'apertura delle frontiere lo ha reso sempre meno controllabile e l'attività illegale di sfruttamento della prostituzione ha allargato l'entità del proprio business.
      Ad oggi, la prostituzione straniera alimenta una vera e propria tratta delle persone, che spesso vengono attirate nel nostro Paese con l'aspettativa di un miglioramento delle proprie condizioni di esistenza attraverso attività lecite. Secondo i dati raccolti nel 2013 da Eurostat e dalla comunità Giovanni Paolo XXIII, il 36 per cento delle prostitute viene dalla Nigeria, il 22 dalla Romania e il 10,5 dall'Albania.
      Dietro queste aspettative si nasconde però l'orientamento verso le attività legate alla prostituzione, controllate da racket sempre più feroci e criminali, che privano le persone di qualsiasi dignità individuale e, spesso, perfino delle più elementari libertà personali.
      A tale attività sottoposta alle regole del marketing criminale fa da contraltare una zona franca nella diffusione delle malattie a trasmissione sessuale che, sottratte a qualsiasi forma di controllo e di verifica, rischiano di dilagare in una fascia di popolazione che raramente presta tutte le necessarie attenzioni alla salvaguardia della propria igiene e della propria integrità fisica.
      La necessità di un controllo scrupoloso emerge anche dalle abitudini di consumo dei clienti. Infatti, come rileva un'indagine condotta dall'azienda sanitaria locale E di Roma nel 2005, 8 clienti su 10 chiedevano di consumare la prestazione sessuale senza il ricorso al preservativo. Un fenomeno molto diffuso ancora oggi e da non sottovalutare.
      Le ulteriori evoluzioni della cultura delle prestazioni sessuali fanno sì che sia attualmente molto difficile considerare il fenomeno della prostituzione come «la vendita del proprio corpo da parte della donna». Sempre più spesso le attività di scambio sessuale riguardano anche il sesso maschile e tutte le varianti intermedie e transgender, oggi comunque radicate in posizioni culturali alla ricerca di una propria identificazione e di una propria dignità specifica.
      In definitiva, è dunque del tutto evidente come la legge Merlin non abbia neppure lontanamente conseguito gli obiettivi che, dal suo angolo di visuale, si poneva.
      La chiusura delle case di tolleranza non è certo riuscita a eradicare l'attività di prostituzione, ma l'ha semplicemente spinta all'interno di una zona grigia, al confine tra il lecito e l'illecito, dove la vendita del proprio corpo avviene comunque, senza più controlli igienico-sanitari, senza alcuna garanzia della dignità delle persone umane e dei più elementari diritti di libertà individuali, senza che il lucro realizzato attraverso tale attività, comunque non punita dalla legge, sia in alcun misura sottoposto a tassazione.
      Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: raramente l'esercizio dell'attività di prostituzione attiene alla sfera delle scelte autonome e individuali. Molto più spesso esso è invece inserito nel contesto di un vero e proprio mercato, le cui figure predominanti non hanno alcuna attinenza con l'esercizio diretto delle attività di prostituzione, ma ne regolano le dinamiche, assecondandole al fine del proprio personale lucro nel contesto di vere e proprie associazioni criminali, spesso difficili da riconoscere e da perseguire, che tolgono ogni residua dignità alle persone, spesso ridotte in un vero e proprio stato di schiavitù psicologica e morale.
      Il mantenimento in Italia delle attuali regole di esercizio della prostituzione rischia dunque di essere un grave atto di ipocrisia che, per compiacere l'esigenza morale del divieto, si ritorce in modo pesante e intollerabile proprio nei confronti delle persone che si intenderebbe proteggere, creando sempre nuove criticità in termini di ordine pubblico, di tutela della salute della popolazione e di sperequazione fiscale nella tassazione del reddito prodotto.
      Ulteriori elementi di ipocrisia sono legati alla volontà di cancellare i luoghi di esercizio della prostituzione, un tempo rappresentati dalle case di tolleranza.
      Anche in questo senso, l'obiettivo della legge Merlin non si può certo dire raggiunto e il bilancio attuale appare assolutamente fallimentare. Scacciata dalle case di tolleranza, la prostituzione ha invaso le strade, aggredendo quartieri non periferici e piazze sottratte alle famiglie perfino in ore diurne. Nelle case private, l'esercizio della prostituzione continua, quasi sempre saldamente controllato dai «signori del racket», ed è certificata l'assoluta insufficienza delle misure dissuasive collaterali.
      Nessun controllo medico viene esercitato nei confronti di chi esercita l'attività di prostituzione, se non quelli affidati alla stessa sensibilità (spesso molto differente) degli esercenti, né è attivata alcuna opera di educazione alla corretta profilassi delle malattie a trasmissione venerea, la cui severa attuazione riguarderebbe sia l'esercente che il fruitore dell'attività di prostituzione.
      La stessa attività di prevenzione dei reati collaterali all'esercizio delle attività di prostituzione e di recupero delle persone che volessero abbandonare tale pratica è molto difficile a causa dei fortissimi interessi economici malavitosi in campo ed è spesso affidata alla mera iniziativa delle organizzazioni di volontariato.
      A dispetto delle stesse iniziative moraleggianti che si oppongono alla regolamentazione della prostituzione, in Italia non esiste neppure un'azione organizzata di dissuasione, per cui ogni attività di prevenzione del fenomeno resta in realtà legata alle misure punitive del codice penale e al giudizio di condanna sociale che ancora colpirebbe il fenomeno.
      In realtà, recenti vicende di cronaca giudiziaria, che hanno riguardato la prostituzione di minorenni provenienti da ambienti estranei a qualsiasi disagio sociale e coinvolgenti clientele culturalmente evolute, certificano ancora una volta come i reati più allarmanti e inquietanti connessi alla pratica prostitutiva trovino fertile terreno di sviluppo proprio nel finto moralismo e nella becera ipocrisia.
      Inoltre il fenomeno crescente della prostituzione on line, in alcune fasce sociali preponderante rispetto alla più classica prostituzione, impone una regolamentazione minima, ma non vessatoria né discriminatoria.
      Insomma, a voler analizzare gli effetti a distanza della legge Merlin, in modo oggettivo e privo di pregiudiziali ideologiche, è molto difficile sostenere che tale legge abbia colto gli obiettivi che si era prefissata e, ancor più, è impossibile affermare che la modifica indotta nel contesto presenti significativi elementi positivi rispetto al pregresso.
      Le nuove criticità del fenomeno, correlate alla prostituzione internazionale, all'estendersi delle reti malavitose, alla delicatezza del monitoraggio del disagio minorile e alla diffusione del mezzo di contatto informatico aiutano a essere ancora più determinati nella strada di un radicale ripensamento della strategia di contrasto e di regolamentazione delle attività di prostituzione.
      La presente proposta di legge indica dunque, senza infingimenti, un percorso radicalmente diverso da quello tracciato dalla legislazione vigente, puntando a una disciplina dell'esercizio dell'attività di prostituzione che garantisca la dignità della persona e, contemporaneamente, tuteli la sicurezza sociale, l'ordine e la salute pubblica.
      Infine, l'intervento legislativo proposto serve a puntualizzare il quadro già emerso dalla giurisprudenza in materia fiscale. Né illegale né regolamentato, l'esercizio dell'attività di prostituzione viene riconosciuto dal fisco come fonte di reddito. I giudici tributari e la Corte di cassazione hanno più volte stabilito che i redditi derivanti da prestazioni sessuali sono imponibili ed è dunque urgente chiarire la categoria fiscale a cui collegarli.
      Secondo la presente proposta di legge, le attività di prostituzione tradizionale e on line, regolamentate dalla nuova normativa, sono assoggettate alle normative vigenti in tema giuslavoristico, previdenziale e fiscale, al pari di qualsiasi altra attività produttiva lecita e sono annoverate tra le attività di piccola impresa e artigianato.
      Dalla regolamentazione del fenomeno della prostituzione si stima un'emersione fiscale quantificata in almeno 1 miliardo di euro. Un tesoretto sommerso strappato all'illegalità e liberato per nuovi scopi sociali, ripartito, dalla presente proposta di legge, tra i comuni, principali attori coinvolti nel procedimento di regolarizzazione, e in iniziative che rafforzano l'esercizio della prostituzione nella direzione di una scelta volontaria e consapevole.
      In particolare, all'articolo 1 è definita l'attività di prostituzione e sono enunciati gli obiettivi fondamentali.
      L'articolo 2 statuisce l'abrogazione della legge Merlin e definisce le regole e i limiti per l'esercizio dell'attività di prostituzione in luoghi pubblici e privati aperti al pubblico.
      L'articolo 3 indica le modalità di esercizio delle attività di prostituzione, ne stabilisce le procedure autorizzative e ribadisce i controlli di ordine pubblico, di salute pubblica e di regime fiscale e previdenziale a cui tale attività è assoggettata.
      L'articolo 4 disciplina l'esercizio della prostituzione in luoghi privati aperti al pubblico, sottolineando la natura individuale o associata di tale attività e indicando la necessità dell'individuazione nelle forme di gestione associata della figura del gestore, che deve essere scelto tra gli associati prestatori d'opera, a cui è attribuita la responsabilità di controllo sulle prescrizioni normative a cui è assoggettata l'attività stessa.
      L'articolo 5 regolamenta la prostituzione on line assoggettandola allo stesso regime autorizzativo previsto dall'articolo 3 e alle stesse norme in materia di sfruttamento previste dalla legge per la prostituzione tradizionale.
      L'articolo 7 estende al cliente l'obbligo di sorveglianza sulle misure normative a cui è assoggettata l'attività di prostituzione.
      L'articolo 8 descrive il quadro sanzionatorio in materia di sfruttamento e di reclutamento a fini prostitutivi e modifica l'articolo 544-ter del codice penale, sanzionando il divieto di sottoporre gli animali ad atti sessuali.
      L'articolo 9 dispone lo stanziamento annuale di un fondo sociale, finanziato con una significativa percentuale delle risorse fiscali ottenute dalla tassazione dell'attività di prostituzione, rivolto al finanziamento delle iniziative di repressione dell'illegalità e dello sfruttamento, all'attuazione di iniziative sociali di dissuasione dall'utilizzo del proprio corpo ai fini di lucro, alla formazione del personale sanitario di controllo e al sostegno di iniziative di accompagnamento sociale per chi sceglie di rinunciare allo svolgimento di tale attività.
      All'articolo 10, infine, è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, il Fondo sviluppo comune alimentato annualmente dal 70 per cento del gettito fiscale proveniente dalla regolamentazione dell'esercizio della prostituzione e destinato ai comuni.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità).

      1. La presente legge disciplina l'esercizio dell'attività di prostituzione tutelando la dignità della persona, l'ordine pubblico e le attività di prevenzione e di tutela della salute della popolazione.
      2. Ai fini di cui alla presente legge, per attività di prostituzione si intende la volontaria offerta a scopo di lucro di prestazioni sessuali che coinvolgono persone maggiorenni consenzienti. Tale attività può essere svolta in forma autonoma o associata ed è sottoposta alle norme vigenti in materia fiscale, retributiva e previdenziale.

Art. 2.
(Attività di prostituzione in luoghi pubblici e privati aperti e non al pubblico).

      1. La legge 20 febbraio 1958, n. 75, è abrogata.
      2. I comuni, d'intesa con associazioni di settore e di cittadini, possono individuare nel proprio territorio di competenza luoghi pubblici in cui è consentito l'esercizio dell'attività di prostituzione. Tale attività è comunque vietata in ogni luogo espressamente individuato dai comuni perché considerato in conflitto con interessi generali e con sensibilità prevalenti della comunità.
      3. La violazione del comma 2, sia in qualità di esercente che in qualità di cliente, è punita con la reclusione domiciliare da sei mesi a un anno e con una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 10.000 euro.
      4. L'accesso al luogo pubblico destinato ai fini di cui al comma 2 è disciplinato con regolamento comunale.
      5. È consentito esercitare l'attività di prostituzione in una privata dimora, di cui

si ha legittima disponibilità, in comune con non più di tre soggetti dediti e autorizzati alla medesima attività secondo le modalità stabilite dall'articolo 3.
      6. Chiunque, proprietario di casa mobiliata, ivi esercitando direttamente l'attività di prostituzione, ospita anche abitualmente e senza fini di lucro un'altra persona che, all'interno del medesimo locale, è dedita individualmente all'attività di prostituzione, è tenuto a darne comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza del comune nel cui territorio esercita l'attività. La violazione del presente comma è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro.
      7. Non è punibile chi concede in locazione appartamenti nei quali si esercita l'attività di prostituzione.
Art. 3.
(Modalità di esercizio dell'attività di prostituzione).

      1. Chi in autonomia e libertà intende esercitare in luoghi pubblici e privati attività di prostituzione è tenuto a:

          a) darne comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza del comune nel cui territorio esercita l'attività;

          b) darne comunicazione presso qualsiasi sede della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura situata nel territorio nazionale;

          c) presentare all'autorità di pubblica sicurezza una dichiarazione sottoscritta davanti al sindaco del comune in cui si intende esercitare l'attività senza alcun condizionamento o costrizione;

          d) presentare all'autorità di pubblica sicurezza e all'azienda sanitaria locale territorialmente competente la certificazione medica attestante il proprio stato di salute, secondo le specifiche indicazioni contenute nell'apposito regolamento di merito adottato con decreto del Ministro della salute entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il regolamento

disciplina anche le modalità attraverso cui l'esercente dell'attività di prostituzione è tenuto a informare i fruitori del proprio stato di salute.

      2. Dopo aver certificato l'ottemperamento degli obblighi di cui al comma 1, l'esercente ottiene dal comune l'autorizzazione per un anno allo svolgimento dell'attività di prostituzione. Il comune non rilascia l'autorizzazione ai cittadini sprovvisti del regolare permesso di soggiorno.
      3. Qualora l'esercente intenda esercitare l'attività di prostituzione in un comune diverso da quello di cui al comma 1, lettera a), o in più comuni, deve chiedere l'autorizzazione al comune nel cui territorio intende esercitare l'attività indicando gli altri comuni in cui già la esercita.
      4. Chi esercita l'attività di prostituzione senza avere ottenuto l'autorizzazione prevista dai commi 1 e 2 è punito con la reclusione domiciliare da sei mesi a un anno e con una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 10.000 euro.
      5. Nei luoghi pubblici in cui è consentito l'esercizio dell'attività di prostituzione clienti ed esercenti sono tenuti a osservare ogni misura di prevenzione e di profilassi contro le malattie sessualmente trasmissibili.
      6. Nell'ambito dell'esercizio dell'attività di prostituzione è fatto divieto a chi la esercita, ai clienti o ad altre persone di turbare la quiete e la sicurezza pubbliche.
      7. Chi esercita l'attività di prostituzione è tenuto alla totale riservatezza dell'identità del cliente.
      8. L'esercizio dell'attività di prostituzione è incluso tra le attività di piccola impresa e artigianato ed è regolato dalle disposizioni vigenti in materia.

Art. 4.
(Esercizio dell'attività di prostituzione in luoghi privati aperti al pubblico).

      1. L'attività di prostituzione può essere esercitata anche in luoghi privati aperti al pubblico, di seguito denominati «locali».

Tale attività è comunque vietata in ogni luogo espressamente individuato dai comuni perché considerato in conflitto con interessi generali e con sensibilità prevalenti della comunità.
      2. L'attività di prostituzione di cui al comma 1 è esercitata in locali gestiti in forma societaria o cooperativa da un gruppo di esercenti dello stesso sesso. I locali devono essere autorizzati dalle autorità di pubblica sicurezza del comune competente secondo le disposizioni che regolano i pubblici esercizi. L'autorizzazione è annuale.
      3. Non è concessa l'autorizzazione di cui al comma 2 a chi:

          a) non dispone dell'esercizio dei diritti civili e ha riportato condanne penali legate a fatti di violenza, di droga ad ogni altro fatto che possa inficiare la garanzia certa per un corretto adempimento dell'attività;

          b) è già titolare di un'autorizzazione per la conduzione di un esercizio pubblico;

          c) non esercita l'attività di prostituzione in maniera regolare secondo le modalità previste dall'articolo 3, comma 1.

      4. Il gestore, individuale o in forma associata, è il responsabile del locale ed è tenuto ai seguenti obblighi:

          a) verificare che tutte le persone che esercitano l'attività di prostituzione ottemperino alle modalità e siano in possesso dell'autorizzazione di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 3;

          b) tenere un registro, costantemente aggiornato, indicante l'identità delle persone esercitanti l'attività;

          c) vigilare affinché gli esercenti svolgano l'attività in libertà, autonomia e senza nessun condizionamento;

          d) assicurare il mantenimento dell'ordine e di condizioni igienico-sanitarie adeguate nel locale;

          e) denunciare alle autorità di pubblica sicurezza eventuali situazioni di rilevanza penale.

      5. Qualora le autorità di pubblica sicurezza accertino che il gestore non rispetta gli obblighi di cui al comma 4, procedono alla revoca dell'autorizzazione e dispongono la chiusura del locale.

Art. 5.
(Prostituzione on line).

      1. Sono soggetti alle disposizioni dell'articolo 3 coloro che intendono esercitare l'attività di prostituzione on line attraverso proprie applicazioni o servizi on line ovvero attraverso applicazioni o servizi on line gestiti da terze persone comunque autorizzate all'esercizio dell'attività di prostituzione ai sensi del citato articolo 3.
      2. Contestualmente alle comunicazioni prescritte dal comma 1 dell'articolo 3, coloro che intendono esercitare l'attività di prostituzione on line indicano le applicazioni o i servizi on line attraverso cui esercitano la propria attività. Si procede a revoca dell'autorizzazione per i soggetti che esercitano la propria attività attraverso le applicazioni o i servizi on line non indicati.
      3. Coloro che intendono esercitare l'attività di prostituzione attraverso le applicazioni o i servizi on line sono tenuti, pena la chiusura del sito, a integrare l'offerta della prestazione con meccanismi e con sistemi di valutazione della stessa da parte dei clienti utenti.
      4. L'autorità giudiziaria e la polizia postale dispongono la chiusura e il sequestro delle applicazioni o dei servizi on line non gestiti da persone autorizzate all'esercizio dell'attività di prostituzione ovvero gestiti da persone autorizzate all'esercizio dell'attività di prostituzione che non forniscono abitualmente prestazioni sessuali.
      5. Le inserzioni on line e gli annunci pubblicati a mezzo stampa relativi a soggetti che esercitano l'attività di prostituzione

non costituiscono favoreggiamento alla prostituzione.
      6. All'attività di prostituzione on line si applicano le norme previste dalla legge contro il reclutamento, lo sfruttamento e l'induzione alla prostituzione.
Art. 6.
(Altre forme di esercizio della prostituzione).

      1. L'attività di prostituzione può essere esercitata anche in forma associata con le modalità previste dall'articolo 3, comma 1.

Art. 7.
(Obblighi del cliente).

      1. Chiunque richieda prestazioni sessuali è tenuto a verificare che l'esercente abbia ottenuto l'autorizzazione e che lo stesso adotti adeguate forme di prevenzione di malattie sessuali trasmissibili. La violazione del presente comma è punita con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da 2.000 a euro 15.000 euro.

Art. 8.
(Misure contro il reclutamento, lo sfruttamento e l'induzione all'attività di prostituzione e modifiche al codice penale).

      1. Dopo l'articolo 529 del codice penale è inserito il seguente:
      «Art. 529-bis. – (Attività di prostituzione). – È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 258 a euro 10.329, fatta salva in ogni caso l'applicazione dell'articolo 240:

          a) chiunque recluti una persona al fine di farle esercitare l'attività di prostituzione o ne agevoli a tale fine l'attività di prostituzione;

          b) chiunque induca all'attività di prostituzione una persona di età maggiore o compia atti di lenocinio, sia personalmente

in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità;

          c) chiunque induca una persona a recarsi nel territorio di un altro Stato o comunque in luogo diverso da quello della sua abituale residenza al fine di esercitarvi l'attività di prostituzione ovvero si intrometta per agevolarne la partenza;

          d) chiunque svolga un'attività in associazioni e organizzazioni nazionali o estere dedite al reclutamento di persone da destinare all'attività di prostituzione o allo sfruttamento dell'attività di prostituzione, ovvero in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo agevoli o favorisca l'azione o gli scopi delle predette associazioni od organizzazioni.

      La pena di cui al primo comma è raddoppiata:

          a) se il fatto è commesso con violenza, minaccia o inganno;

          b) se il fatto è commesso ai danni di persona in stato di infermità o di minorazione psichica, naturale o provocata;

          c) se il colpevole è un ascendente, un affine in linea retta ascendente, il marito, il fratello o la sorella, il padre o la madre adottivi, ovvero il tutore;

          d) se al colpevole la persona è stata affidata per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia;

          e) se il fatto è commesso ai danni di persone aventi rapporti di servizio domestico o d'impiego;

          f) se il fatto è commesso da pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni;

          g) se il fatto è commesso ai danni di più persone;

          h) se il fatto è commesso ai danni di una persona tossicodipendente.

      Sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 258 a euro 5.329 le persone dell'uno e dell'altro sesso:

          a) che in luogo pubblico o aperto al pubblico invitano al libertinaggio in modo scandaloso o molesto;

          b) che seguono le persone, invitandole al libertinaggio con atti o con parole».

      2. L'articolo 544-ter del codice penale è sostituito dal seguente:
      «Art. 544-ter. – (Maltrattamento di animali). – Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione a un animale ovvero lo sottopone a sevizie, ad atti sessuali con persone o con altri animali, anche a scopo pornografico, o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da euro 3.000 a euro 15.000.
      La pena di cui al primo comma si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.
      La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale».

Art. 9.
(Iniziative di prevenzione e di sensibilizzazione).

      1. Il Ministero dell'interno, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero della salute predispongono e promuovono un piano congiunto di interventi di prevenzione e di sensibilizzazione volti a:

          a) incoraggiare e tutelare i percorsi di reinserimento sociale dei soggetti che intendono cessare l'attività di prostituzione;

          b) formare il personale sanitario e di pubblica sicurezza che interagisce con i

soggetti che esercitano l'attività di prostituzione;

          c) informare sui rischi socio-sanitari connessi al fenomeno della prostituzione, con particolare attenzione alle attività di prevenzione nei giovani di età inferiore a diciotto anni;

          d) sostenere le iniziative di educazione sessuale e di valorizzazione del ruolo e della dignità della persona;

          e) promuovere la repressione della tratta degli esseri umani, dello sfruttamento della prostituzione e della prostituzione minorile.

      2. Nei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti gli interventi di prevenzione e di sensibilizzazione previsti dal comma 1 sono promossi dai singoli comuni secondo le linee guida predisposte dalle rispettive regioni.
      3. Gli interventi di cui al presente articolo sono finanziati da specifiche risorse, provenienti da una percentuale pari al 30 per cento dei proventi fiscali derivanti dall'esercizio dell'attività di prostituzione, nonché dal gettito erariale di cui all'articolo 1, comma 466, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni.
      4. Al momento del rilascio dell'autorizzazione prevista dagli articoli 3 e 4, le autorità di pubblica sicurezza assegnano un kit con materiale informativo sui temi enunciati nel comma 1. Tale materiale deve essere esposto nei luoghi in cui si esercita l'attività di prostituzione.

Art. 10.
(Destinazione del gettito fiscale e istituzione del Fondo sviluppo comune).

      1. Il 70 per cento del gettito fiscale derivante dalla regolamentazione dell'esercizio dell'attività di prostituzione è destinato annualmente ai comuni attraverso il Fondo sviluppo comune, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno e alimentato dal suddetto gettito.


      2. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo accordo da sancire in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le modalità di gestione e i criteri di ripartizione del Fondo di cui al comma 1.
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