Frontespizio Relazione Relazione Tecnica Analisi tecnico-normativa Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2977


DISEGNO DI LEGGE
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(RENZI)
di concerto con il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale
(GENTILONI SILVERI)
con il ministro della giustizia
(ORLANDO)
con il ministro dell'economia e delle finanze
(PADOAN)
con il ministro dello sviluppo economico
(GUIDI)
con il ministro delle infrastrutture e dei trasporti
(LUPI)
con il ministro dell'interno
(ALFANO)
con il ministro del lavoro e delle politiche sociali
(POLETTI)
con il ministro della salute
(LORENZIN)
con il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali
(MARTINA)
e con il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
(GALLETTI)
Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2014
Presentato il 19 marzo 2015


      

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Onorevoli Deputati! Con il presente disegno di legge europea 2014, il Governo, nell'adempiere a quanto previsto dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, intende compiere un ulteriore sforzo per adeguare la normativa italiana agli obblighi imposti dall'Unione.
      Come è noto, già con la legge 6 agosto 2013, n. 97 (legge europea 2013), e con la legge 30 ottobre 2014, n. 161 (legge europea 2013-bis), è stato avviato un percorso virtuoso finalizzato alla veloce chiusura dei casi di pre-infrazione, avviati dalla Commissione europea nel quadro del sistema di comunicazione EU Pilot, e dei casi che hanno dato origine a procedure di infrazione, ai sensi degli articoli 258 e 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).
      Residuando ancora una parte di pre-contenzioso e contenzioso, per la quale si è riconosciuta la fondatezza delle censure della Commissione europea, occorre quindi fare ricorso, nuovamente, allo strumento legislativo fornito dalla legge n. 234 del 2012, al fine di porvi rimedio entro i tempi ristretti dettati dall'obiettivo prioritario del Governo di ridurre significativamente il numero delle procedure di infrazione tuttora aperte nei confronti dell'Italia, in adesione alle indicazioni per il semestre europeo 2014.
      Sinteticamente, con il provvedimento il Governo intende:

          1) chiudere undici procedure d'infrazione e sette casi EU Pilot;

          2) dare attuazione a una direttiva dell'Unione europea che scade nel 2016;

          3) dare attuazione a due decisioni del Parlamento europeo e del Consiglio.

      Si illustrano di seguito i contenuti del disegno di legge, predisposti secondo la medesima struttura del Trattato su funzionamento dell'Unione europea, in nove capi, oltre a un capo contenente le disposizioni finali.
      Il capo I contiene disposizioni in materia di libera circolazione delle merci.
      L'articolo 1 dispone l'abrogazione di cinque decreti ministeriali che disciplinano la commercializzazione dei ricevitori per apparecchi televisivi nel territorio nazionale. La norma è finalizzata alla chiusura del caso EU Pilot 6868/14/ENTR, nell'ambito del quale la Commissione europea ha contestato, in particolare, il fatto che il decreto ministeriale 26 marzo 1992, recante norme per l'immissione al consumo di ricevitori per televisione, penalizzasse la vendita in Italia di prodotti fabbricati

al di fuori dell'Unione europea e dello Spazio economico europeo ma legalmente immessi sul mercato di uno degli Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo. Infatti, ai sensi degli articoli 34 e 36 del TFUE e delle direttive 2004/108/CE e 2006/95/CE di armonizzazione del settore, tali prodotti vanno trattati alla stregua dei prodotti fabbricati nell'Unione europea o nello Spazio economico europeo e devono beneficiare anch'essi della libera circolazione nel mercato interno europeo, senza necessità di essere sottoposti ad una previa omologazione nazionale.
      Pertanto, l'articolo in esame abroga il suddetto decreto ministeriale e tutta la normativa secondaria del settore relativo alla radiodiffusione in tecnica analogica che, oltre ad essere in contrasto con la normativa armonizzata dell'Unione europea, non risponde più alle mutate esigenze del mercato, considerato il definitivo passaggio alla radiodiffusione terrestre in tecnica digitale e il congruo intervallo di tempo intercorso affinché il mercato si potesse adeguare alla non obbligatorietà di apparecchiature elettroniche aventi in dotazione un sintonizzatore analogico.
      In particolare, vengono abrogati i seguenti decreti ministeriali emanati dal 1978 al 1992 dall'allora esistente Ministero delle poste e delle telecomunicazioni:

          a) il decreto del Ministro per le poste e le telecomunicazioni 6 febbraio 1978, recante norme relative all'immissione al consumo nel territorio nazionale di ricevitori per televisione, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 55 del 24 febbraio 1978;

          b) il decreto del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni 26 marzo 1992, recante revisione del decreto ministeriale 6 febbraio 1978, concernente le norme per l'immissione al consumo nel territorio nazionale di ricevitori per televisione, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 91 del 17 aprile 1992;

          c) il decreto del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni 3 agosto 1984, recante scelta del sistema per il servizio sperimentale di televideo, obbligo della presa di peritelevisione e modalità per l'immissione in commercio dei televisori per televideo, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 240 del 31 agosto 1984;

          d) il decreto del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni 3 agosto 1984, recante scelta del sistema per la trasmissione con suono stereofonico in televisione e disposizioni per l'immissione in commercio di televisori stereofonici, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 240 del 31 agosto 1984;

          e) il decreto del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni 29 marzo 1985, recante autorizzazione alla immissione sul mercato nazionale di ricevitori televisivi predisposti per la ricezione delle trasmissioni televisive stereofoniche, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 2 maggio 1985.

      Il citato decreto ministeriale 6 febbraio 1978 prevedeva, in generale, per chi intendeva immettere sul mercato ricevitori televisivi, l'obbligo di ottenere una certificazione di rispondenza alle prescrizioni emanate a suo tempo dal Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, le cui funzioni sono oggi attribuite al Ministero dello sviluppo economico (ex Ministero delle comunicazioni). Il successivo decreto 26 marzo 1992 ha soppresso tale obbligo nel caso dei ricevitori televisivi fabbricati negli Stati dello Spazio economico europeo e ha sostituito per questi ricevitori la certificazione di rispondenza rilasciata dal Ministero con semplici dichiarazioni di conformità rilasciate dal costruttore.
      Dal combinato disposto di tali decreti risulta, pertanto, che per i ricevitori per televisione fabbricati in Paesi terzi la certificazione di rispondenza continua ad essere rilasciata dall'Amministrazione. Considerando l'epoca in cui sono stati emanati i citati decreti, gli stessi sono relativi alla radiodiffusione in tecnica analogica senza farne espresso riferimento.
      Con il decreto ministeriale del 10 settembre 2008 è stata fissata la data del 31 dicembre 2012 come termine ultimo per la

transizione alla tecnica digitale nel territorio nazionale.
      Sulla questione si richiamano le delibere che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha emanato in merito, in particolare la delibera n. 216/00/CONS del 5 aprile 2000, recante determinazione degli standard dei decodificatori e norme per la ricezione dei programmi televisivi ad accesso condizionato, come integrata dalla delibera n. 155/09/CONS del 31 marzo 2009 e, da ultimo, dalla delibera n. 629/10/CONS del 9 dicembre 2010, e la delibera n. 255/11/CONS del 5 maggio 2011 pubblicata nel sito web dell'Autorità in data 16 giugno 2011, recante classificazione dei decodificatori per la ricezione dei programmi televisivi in tecnica digitale.
      Inoltre si fa presente che, al fine di favorire l'innovazione tecnologica, secondo le disposizioni dell'articolo 3-quinquies, comma 5, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, a partire dal l gennaio 2013 non è più richiesta la presenza di un sintonizzatore analogico per gli apparecchi atti a ricevere servizi radiotelevisivi venduti dalle aziende produttrici ai distributori di apparecchiature elettroniche al dettaglio nel territorio nazionale.
      Il capo II contiene disposizioni in materia di libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali.
      L'articolo 2, finalizzato alla chiusura del caso EU Pilot 5301/13/CNCT, sostituisce i commi 1 e 2 dell'articolo 183 del codice delle comunicazioni elettroniche, introducendo disposizioni volte a semplificare il regime autorizzatorio per la fornitura dei servizi di connettività a banda larga a bordo delle navi.
      In particolare, il nuovo comma 1 del citato articolo 183 opera una netta distinzione tra le apparecchiature necessarie per la salvaguardia della vita umana in mare e le apparecchiature facoltative installate a bordo delle navi per fornire all'utenza servizi a favore dell'equipaggio e dei passeggeri, come ad esempio i servizi di connettività a banda larga. Viene precisato, altresì, che gli apparati facoltativi non debbono più essere iscritti nella licenza di esercizio e possono essere installati da qualsiasi operatore consegua un'autorizzazione generale ai sensi dell'articolo 25 del medesimo codice, superando in tal modo l'attuale regime che concentra la fornitura dei servizi commerciali e la gestione degli apparati di radiocomunicazione facoltativi nelle sole Accounting Authorities e impone alle imprese di acquisire la qualifica di Accounting Authority per poter offrire tali servizi a bordo di imbarcazioni battenti bandiera italiana.
      Il nuovo comma 2 dell'articolo 183 regolamenta, invece, la figura delle Accounting Authorities, che continuano ad essere responsabili di tutte le apparecchiature per la salvaguardia della vita umana in mare installate a bordo delle navi, come stabilito dal capo IV (Radiocomunicazioni) della Convenzione SOLAS 74/88, e successive modificazioni, che nella parte a) detta norme generali, nella parte b) gli impegni dei Paesi contraenti e nella parte c) le prescrizioni relative alle navi, nel quale sono elencati tutti gli apparati, distinti per area di navigazione, che le navi debbono avere a bordo per garantire la tutela e la salvaguardia della vita umana in mare.
      L'articolo 3, relativo all'assegnazione di diritti d'uso di frequenze radio analogiche, è finalizzato a chiudere il caso EU Pilot 3473/12/INSO, nell'ambito del quale la Commissione europea ha rilevato che il quadro normativo vigente in Italia, costituito dalla legge n. 66 del 2001 e dal testo unico dei servizi di media televisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005, non prevede la possibilità di assegnare nuove frequenze per la radiodiffusione in banda analogica.
      Infatti, il servizio di radiodiffusione sonora in onde medie (OM) analogico a modulazione di ampiezza (AM) è stato esercitato dal concessionario del servizio pubblico mediante gli impianti registrati presso l'Unione internazionale delle telecomunicazioni (UIT) (per la banda delle OM esiste infatti un'attribuzione all'Italia di risorse di frequenze e di connesse aree di servizio, coordinate secondo le regole stabilite dall'UIT – Piano di radiodiffusione MF – Ginevra 1975). Negli ultimi anni la società RAI-Radiotelevisione italiana ha iniziato a ridurre la propria presenza nel settore, lasciando in tal modo potenzialmente libere risorse di frequenze che potrebbero essere utilizzate dall'Italia per essere assegnate ad altri soggetti, secondo le regole stabilite dall'UIT e dagli accordi internazionali stipulati in tale contesto.
      Tuttavia, il quadro normativo vigente non prevede la possibilità di assegnare nuove frequenze per la radiodiffusione in tale banda. Pertanto, si è reso necessario provvedere con un intervento normativo che consenta detta fattispecie e ne disciplini le modalità, anche al fine di evitare l'avvio di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia.
      La norma suddetta prende atto dei presupposti degli accordi internazionali che riservano determinate risorse frequenziali all'Italia nonché della concreta disponibilità di parte delle stesse, in quanto rilasciate dal concessionario del servizio pubblico, e delle conclusioni della consultazione pubblica effettuata dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con delibera 366/13/CONS.
      In particolare, con riferimento alla citata delibera, sono stati considerati i seguenti punti:

          1) un percorso efficiente di sfruttamento della risorsa richiederebbe innanzitutto un'attività di pianificazione che tenga conto del vincolo del coordinamento internazionale delle frequenze e che, per lo specifico, deve fare riferimento agli atti finali della Conferenza di Ginevra 1975 dell'UIT, e in secondo luogo l'adozione di un provvedimento che fissi i criteri e le procedure di assegnazione dei relativi diritti d'uso;

          2) un utilizzo della banda delle OM per il servizio di radiodiffusione sonora, in tecnologia sia analogica sia digitale, deve essere valutato in relazione alle tipologie di esigenze prospettate dai soggetti interessati al servizio radiofonico in tali bande, dando tuttavia preminenza alle soluzioni tecnologiche che consentono uno sfruttamento più efficiente della risorsa e l'introduzione di servizi innovativi;

          3) gli attuali vincoli normativi che impediscono l'ingresso di nuovi soggetti nel mercato risultano ampiamente comprensibili se riferiti alla radiodiffusione analogica nella banda VHF (la banda 87,5-108 MHz), dove la situazione di oggettiva congestione delle utilizzazioni in atto rende di fatto impossibile ipotizzare l'ingresso di nuovi soggetti. Tuttavia, in caso di disponibilità di nuove risorse, come avverrebbe se si rendesse disponibile attraverso una pianificazione la banda delle OM, lo stesso vincolo non troverebbe giustificazione ma, al contrario, si ritiene che dovrebbe essere valutata l'opportunità di stabilire una riserva per i soggetti nuovi entranti;

          4) la preminenza del servizio pubblico nell'impiego della banda delle OM deve essere tenuta in debito conto, armonizzandone le esigenze, anche in via prospettica, con l'eventualità di un uso della stessa banda da parte di soggetti privati.

      L'articolo 4, in materia di diritti amministrativi nel settore delle comunicazioni, è finalizzato alla chiusura della procedura di infrazione n. 2013/4020, nell'ambito della quale la Commissione europea, con parere motivato del 10 luglio 2014, ha sollevato due censure.
      La prima, relativa alla mancata previsione, nella normativa nazionale, dell'obbligo di pubblicazione, previsto al comma 2 dell'articolo 12 della direttiva 2002/20/CE (di seguito denominata «direttiva»), da parte delle autorità nazionali che riscuotono dalle imprese diritti amministrativi, di un «rendiconto annuo» dei costi amministrativi sostenuti e dell'importo complessivo dei diritti amministrativi riscossi. A tale riguardo si rileva che la norma nazionale di recepimento, l'articolo 34 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259 (di seguito denominato «codice»), non contiene, effettivamente, una simile previsione di carattere generale.


      Pertanto è necessario intervenire con un'apposita modifica legislativa, inserendo nell'articolo 34 un nuovo comma (il comma 2-ter) che riproduca la previsione di cui all'articolo 12, comma 2, della direttiva recante uno specifico obbligo di rendicontazione a carico del Ministero e dell'Autorità.
      L'occasione appare altresì propizia per chiarire definitivamente, con una norma di interpretazione autentica, quanto affermato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nella sentenza del 18 luglio 2013 (cause riunite da C-228/12 a C-232/12 e da C-254/12 a C-258/12) circa la compatibilità, nel rispetto dei princìpi sanciti dal diritto dell'Unione europea, del sistema di cosiddetto autofinanziamento di cui all'articolo 1, commi 65 e 66, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, con il regime dei diritti amministrativi dovuti dai soggetti autorizzati alla fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica, di cui all'articolo 12 della direttiva, per la copertura dei costi amministrativi sostenuti dall'Autorità. Si propone pertanto, a tal fine, l'inserimento di un nuovo comma 2-bis nell'articolo 34 del codice.
      Un intervento legislativo sull'articolo 34 del codice che non esplicitasse la sussistenza del doppio regime nazionale in materia di diritti amministrativi – uno a favore del Ministero e uno a favore dell'Autorità, per la copertura delle attività di rispettiva competenza – rischierebbe di perpetuare l'ambiguità normativa, frutto di un ormai evidente difetto originario di recepimento dell'articolo 12 della direttiva, che ha dato origine ad un oneroso contenzioso amministrativo tuttora pendente nonostante la giurisprudenza della Corte di giustizia (interpellata dal tribunale amministrativo regionale del Lazio in via pregiudiziale).
      A tale proposito appare inoltre necessario specificare, al comma 2 dell'articolo 34 del codice, che i diritti amministrativi fissati all'allegato 10 sono destinati a coprire una sola tipologia di costi amministrativi: quelli connessi alle specifiche attività di competenza del Ministero. I diritti amministrativi destinati alla copertura dei costi delle altre numerose attività, elencate all'articolo 12, comma 1, della direttiva autorizzazioni, connesse all'applicazione e al controllo del regime introdotto dal quadro regolatorio europeo di competenza dell'Autorità, sono infatti stabiliti ai sensi del nuovo comma 2-bis dell'articolo 34 del codice sopra proposto.
      La seconda censura riguarda il mancato rispetto, nelle misure di attuazione relative alla fissazione dei diritti amministrativi dovuti al Ministero, di cui all'allegato 10 del codice, dei criteri di proporzionalità e non discriminazione nell'imposizione dei diritti amministrativi sanciti all'articolo 12, comma 1, lettera b), della direttiva, in quanto l'articolo 1 del citato allegato 10 al codice applica un criterio semi-forfetario basato sulla popolazione potenzialmente destinataria dell'offerta. Tale censura viene affrontata, pertanto, attraverso una modifica dell'articolo 1 dell'allegato 10 al codice, con il quale si intende, in particolare, garantire il carattere proporzionale e non discriminatorio nell'imposizione dei diritti amministrativi, come prescritto dall'articolo 12, paragrafo 1, lettera b), della direttiva, e raggiungere gli stessi obiettivi che si era posto il legislatore con la modifica introdotta dall'articolo 6, comma 4, del decreto-legge n. 145 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9 del 2014, ma in modo più strutturale e più corretto, al fine di accelerare effettivamente lo sviluppo delle piccole e medie imprese nel settore delle telecomunicazioni (TLC) e la digitalizzazione delle cosiddette «aree bianche a fallimento di mercato», senza l'obbligo di conseguire un titolo autorizzatorio su scala nazionale, come imposto, invece, dall'attuale formulazione dell'articolo 1, dopo le modifiche intervenute con l'articolo 6, comma 4, lettera a), del citato decreto-legge n. 145 del 2013.
      È stato, quindi, nuovamente riformulato il comma 1 dell'articolo 1 dell'allegato 10, graduando le fasce contributive in funzione delle dimensioni degli operatori, come richiesto dalla Commissione europea, e inserendo una nuova fascia contributiva per i «soggetti nuovi entranti» o per gli operatori che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica che hanno una clientela limitata. Tale modifica, da un lato, favorirà la nascita di nuovi soggetti e, dall'altro, consentirà il perseguimento degli obiettivi della agenda digitale, superando anche la procedura di infrazione europea.
      L'articolo 5, relativo ai servizi di media audiovisivi, è finalizzato all'archiviazione del caso EU Pilot 1890/11/INSO, nell'ambito del quale la Commissione europea ha contestato l'erroneo recepimento della direttiva 2007/65/CE sui servizi di media audiovisivi, posto che, con riferimento ai limiti orari per la pubblicità televisiva, l'articolo 38, comma 12, del testo unico di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, come modificato dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44, e dal decreto legislativo correttivo 28 giugno 2012, n. 120, introduce un'eccezione aggiuntiva rispetto a quelle previste dall'articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13/UE, prevedendo che i brevi messaggi pubblicitari rappresentati da anteprime di opere cinematografiche di nazionalità europea di prossima programmazione non siano considerati ai fini del calcolo dei limiti massimi per la pubblicità.
      Con la presente disposizione si adegua pertanto la disciplina dei trailer di opere cinematografiche, contenuta nel citato testo unico sui servizi di media audiovisivi e radiofonici, alla previsione dettata dalla direttiva 2007/65/CE, assicurando che l'esclusione dai limiti di affollamento pubblicitario avvenga solo nei casi in cui tali filmati non abbiano natura strettamente pubblicitaria e siano, pertanto, chiaramente distinguibili dal resto della programmazione, anche pubblicitaria.
      L'articolo 6 modifica l'articolo 147, comma 3-bis, del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, relativo alle domande di brevetto o di marchio, al fine di eliminare la necessità che il richiedente o, se vi sia, il suo mandatario indichi o elegga un domicilio in Italia.
      La disposizione è finalizzata alla chiusura della procedura d'infrazione n. 2014/4139, allo stadio di messa in mora ex articolo 258 del TFUE, nell'ambito della quale la Commissione europea sostiene che l'articolo 147, comma 3-bis, del citato codice della proprietà industriale ostacola la libera prestazione dei servizi prevista dall'articolo 56 del TFUE e dall'articolo 16 della direttiva 2006/123/CE (cosiddetta «direttiva servizi»), nella misura in cui impone ai mandatari di brevetto un'elezione di domicilio esclusivamente in Italia.
      Con la novella al comma 3-bis dell'articolo 147 del codice della proprietà industriale si prevede, pertanto, per il richiedente la facoltà di eleggere domicilio in uno qualunque dei Paesi dell'Unione europea o nello Spazio economico europeo, affinché ivi possa ricevere le comunicazioni e notificazioni dall'Ufficio italiano brevetti e marchi, non ultime, quelle connesse alla formulazione di rilievi e di provvedimenti di rifiuto ex articolo 173 e quelle relative al procedimento di opposizione alla registrazione di marchi previsto dall'articolo 178 del medesimo codice. Per quanto riguarda i mandatari, si fa rinvio al comma 4-bis dell'articolo 201 del codice della proprietà industriale, il quale prevede che i cittadini dell'Unione europea abilitati all'esercizio della medesima professione in un altro Stato membro possono chiedere l'iscrizione nell'albo dei consulenti in proprietà industriale abilitati secondo le procedure di cui al decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, senza tuttavia avere l'obbligo di eleggere domicilio in Italia.
      Il comma 3-ter fa salva l'applicazione dell'articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, che prevede l'obbligo di indicare o eleggere domicilio per le imprese e i professionisti, che devono anche indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) o analogo indirizzo di posta elettronica basato su tecnologie certificanti data e ora dell'invio e della ricezione delle comunicazioni e l'integrità del contenuto delle stesse, garantendo l'interoperabilità con analoghi sistemi internazionali, e prevede l'obbligo per il richiedente (ma solo nel caso sia una impresa) o il mandatario, se vi sia, di indicare l'indirizzo di PEC, o altro sistema equipollente e interoperativo, ove nel codice della proprietà industriale venga previsto l'obbligo di indicare o eleggere domicilio. È altresì previsto, in via residuale, che in caso di omessa indicazione dell'indirizzo di posta elettronica da parte di qualunque soggetto, comprese le persone fisiche, gli oneri connessi alle comunicazioni a cui l'Ufficio italiano brevetti e marchi è tenuto, a norma del codice della proprietà industriale, rimangano a loro carico.
      Tale previsione consente di superare il rischio che la novella al comma 3-bis possa comportare nuovi o maggiori oneri per lo Stato relativamente alle spese di corrispondenza occorrenti per interloquire con i richiedenti che eleggano domicilio in uno Stato membro diverso dall'Italia.
      Va considerato infatti che l'Ufficio italiano brevetti e marchi rilascia, in media, ogni anno circa 11.000 brevetti e registra più di 1.000 disegni e più di 50.000 marchi, oltre a trattare quasi 1.500 nuovi procedimenti di opposizione alla registrazione di marchi, e che tali attività postulano, in un numero considerevole di casi, una documentata interlocuzione endo-procedimentale con le parti, nell'osservanza di termini procedimentali determinati, le cui spese per la corrispondenza con gli interessati sono interamente a carico dello Stato sulla base del domicilio eletto in Italia.
      Il comma 3-quater, i cui princìpi sono già contenuti nell'articolo 35 del regolamento di attuazione del codice della proprietà industriale, è inserito quale norma residuale di chiusura rispetto ai commi precedenti, prevedendo che ove manchi l'indicazione o l'elezione del domicilio ai sensi dei commi 3-bis e 3-ter, nonché in tutti gli altri casi di irreperibilità, le comunicazioni e le notificazioni si eseguono mediante affissione di copia dell'atto o avviso del contenuto di esso nell'albo dell'Ufficio italiano brevetti e marchi, consentendo l'ordinato svolgimento dei procedimenti pendenti.
      Da ultimo la lettera b) della disposizione proposta prevede il necessario coordinamento tra la novella apportata al comma 3-bis e le disposizioni dell'articolo 148, commi 2, lettera e-bis), e 4, in merito alla ricevibilità e all'integrazione delle domande, attraverso la soppressione delle parole: «in Italia», ove riferite al domicilio eletto.
      L'articolo 7 modifica il comma 22 dell'articolo 34 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, riguardante gli affidamenti diretti di appalti di servizi pubblici locali. L'articolo è stato elaborato al fine di risolvere la procedura di infrazione n. 2012/2050, allo stadio di parere motivato ex articolo 258 del TFUE, nella quale è contestata allo Stato italiano la violazione del diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici e concessioni, derivante da affidamenti di servizi di igiene urbana da parte dei comuni di Varese e Casciago a favore della società ASPEM Spa, nonché da una connessa disposizione legislativa in materia di affidamento di servizi pubblici locali a società a partecipazione pubblica quotate in borsa o da queste controllate.
      Nello specifico, la procedura di infrazione in oggetto è fondata sulle seguenti motivazioni:

           i comuni di Varese e Casciago hanno assegnato e mantengono in essere senza alcuna procedura di gara la concessione dei servizi di igiene urbana alla società ASPEM Spa (azienda originariamente municipalizzata a partecipazione interamente pubblica, divenuta nel 2009 società controllata da una holding quotata in borsa con parte del capitale appartenente ad azionisti privati);

           l'Italia, con l'adozione dell'articolo 34, comma 22, del decreto-legge n. 179 del 2012, sarebbe venuta meno agli obblighi imposti dagli articoli 28, 35 e 36 della direttiva 2004/18/CE o, nel caso di concessioni, dagli articoli 49 e 56 del TFUE. Il rispetto di questi ultimi, infatti, implica un obbligo di trasparenza volto a garantire, in favore di ogni operatore economico interessato

a fornire i servizi in questione, un adeguato livello di pubblicità che consenta l'apertura del mercato dei servizi alla concorrenza e il controllo sull'imparzialità delle procedure di aggiudicazione.

       La prospettata modifica al comma 22 dell'articolo 34 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, pertanto, consentirebbe di chiudere positivamente la procedura.
      Più in dettaglio, si intende inserire le parole: «alla medesima data» dopo le parole: «a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data e a quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile» e aggiungere, alla fine del comma, il seguente periodo: «Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3-bis, comma 2-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e successive modificazioni, gli affidamenti diretti a società poste, successivamente al 1 ottobre 2003, sotto il controllo di società quotate cessano improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante il 31 dicembre 2018 o alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto, se anteriore».
      La prima modifica chiarisce che il comma in discorso fa salvi gli affidamenti assentiti a società quotate prima del 1 ottobre 2003 o da società da queste controllate (alla medesima data). Conseguentemente tali affidamenti scadranno alla naturale scadenza del contratto oppure nel 2020, se nel contratto non è prevista alcuna scadenza.
      La Commissione europea ha rilevato, infatti, al riguardo come la norma vigente possa consentire di mantenere in essere fino alla scadenza (e quindi anche per un periodo relativamente lungo) affidamenti assentiti, senza procedura ad evidenza pubblica, a società poste sotto il controllo delle società quotate in borsa al 1 ottobre 2003, posteriormente a tale data. Tutto ciò ponendosi in contrasto anche con la giurisprudenza europea intervenuta dopo il 2003, in base alla quale la partecipazione anche minoritaria di un'impresa privata nel capitale di una società, a cui partecipa anche l'amministrazione aggiudicatrice interessata, «esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla detta società un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi» (Corte di giustizia dell'Unione europea, sentenza 11 gennaio 2005, causa C-26/03, Stadt Halle).
      La Commissione ha rilevato altresì che, come stabilito dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, nel caso in cui un appalto sia stato attribuito senza indizione di una gara da un'autorità pubblica ad una società a capitale interamente pubblico, in quanto considerata una struttura «interna», il fatto che, successivamente (ma sempre durante il periodo di validità di tale appalto), azionisti privati siano ammessi a partecipare al capitale di detta società costituisce un cambiamento di una condizione fondamentale dell'appalto, che impone l'indizione di una nuova gara (principio applicabile anche alle concessioni di servizi).
      La seconda modifica va incontro all'esigenza di individuare un breve periodo transitorio in grado di mettere rapidamente fine a tali affidamenti, nel caso in cui la società affidataria del servizio sia stata posta, dopo il 1 ottobre 2003, sotto il controllo di società quotate.
      Nel caso in cui la successione tra concessionari sia avvenuta con procedure trasparenti, resta ferma la disciplina introdotta dall'articolo 1, comma 609, lettera b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità 2015), che prevede la prosecuzione della gestione del servizio fino alla scadenza prevista, previa verifica dei criteri qualitativi inizialmente stabiliti.
      L'articolo consentirebbe, inoltre, di chiudere positivamente anche la procedura d'infrazione n. 2011/4003, allo stadio di messa in mora complementare ex articolo 258 del TFUE, con la quale la Commissione europea ha contestato al Governo italiano la mancata conformità al diritto europeo degli affidamenti diretti dei servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti disposti da numerosi comuni delle province di Reggio Emilia, Parma e Piacenza in favore della società IREN Spa, in

quanto non giustificati alla luce delle condizioni stabilite dalla Corte di giustizia in materia di in house providing. Sebbene la Commissione europea non abbia sollevato esplicitamente le criticità relative al contesto normativo nazionale anche nell'ambito di questa procedura d'infrazione, i casi di affidamento irregolare ivi contestati troverebbero una soluzione positiva con la suddetta modifica normativa.
      Il capo III reca disposizioni in materia di giustizia e sicurezza.
      L'articolo 8 introduce una modifica all'articolo 5, comma 7-ter, secondo periodo, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di permesso di soggiorno, finalizzata a rendere conforme all'articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2008/115/CE la disciplina dei rimpatri di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno in Italia è irregolare.
      Il testo vigente dell'articolo 5, comma 7-ter, secondo periodo, del citato testo unico prevede che l'allontanamento dei soggetti sopra indicati è sempre eseguito verso lo Stato membro che ha rilasciato il permesso di soggiorno o altra autorizzazione al soggiorno, indipendentemente dalla presenza o meno di accordi o intese di riammissione con quegli Stati membri.
      La modifica in esame, invece, prevede che il cittadino di Paese terzo in possesso di valido titolo di soggiorno rilasciato da altro Stato membro dell'Unione europea è espulso forzatamente in quest'ultimo Stato esclusivamente in caso di intese o accordi bilaterali di riammissione già operativi alla data di entrata in vigore della direttiva (13 gennaio 2009), conformemente all'articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2008/115/CE.
      Alla citata modifica consegue che, in ogni altra circostanza, il rimpatrio forzato dello straniero in possesso di valido titolo di soggiorno rilasciato da altro Paese dell'Unione europea deve essere eseguito in direzione del Paese terzo di origine o provenienza dell'interessato.
      Gli Stati membri con cui l'Italia ha concluso intese o accordi bilaterali di riammissione sono i seguenti: Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Estonia, Francia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Ungheria.
      La modifica all'articolo 5 è stata richiesta dalla Commissione europea nell'ambito della procedura d'infrazione n. 2014/2235, allo stadio di messa in mora ex articolo 258 del TFUE, ed è coerente con la disposizione già introdotta dall'articolo 3, comma 1, lettera d), della legge europea 2013-bis (legge n. 161 del 2014), con la quale è stato inserito nell'articolo 13 del citato testo unico, rubricato «Espulsione amministrativa», il comma 14-ter, secondo cui «In presenza di accordi o intese bilaterali con altri Stati membri dell'Unione europea entrati in vigore in data anteriore al 13 gennaio 2009, lo straniero che si trova nelle condizioni di cui al comma 2 può essere rinviato verso tali Stati».
      Il capo IV reca disposizioni in materia di trasporti.
      L'articolo 9 contiene talune disposizioni in materia di patente di guida, finalizzate a risolvere i profili di criticità rilevati dalla Commissione europea nell'ambito della procedura di infrazione n. 2014/2116, allo stadio di parere motivato ex articolo 258 del TFUE, e del caso EU Pilot 7070/14/MOVE per non corretta attuazione della direttiva 2006/126/CE, come modificata dalla successiva direttiva 2009/113/CE.
      In particolare, la Commissione europea, nella procedura di infrazione n. 2014/2116, ha contestato al Governo italiano di non aver recepito correttamente i requisiti di idoneità visiva previsti per il rilascio della patente di guida, posto che la norma di recepimento fissa per il campo visivo verso l'alto un limite di 25 gradi, laddove la direttiva 2006/126/CE prevede invece un campo visivo minimo verso l'alto di 30 gradi.
      Il comma 1, lettera a), dell'articolo in esame, pertanto, provvede ad adeguare il contenuto del punto A.4.2 dell'allegato III al decreto legislativo n. 59 del 2011, che attualmente prevede un limite di 25 gradi per il campo visivo verso l'alto, al punto 6.4 dell'allegato III alla direttiva 2006/126/CE.
      Con riferimento, poi, ai requisiti applicabili agli esaminatori di guida per il rilascio della patente, la Commissione europea ha contestato il fatto che la normativa italiana richieda agli esaminatori di guida per le patenti di categoria AM, A1, A2, A, B1 e B di essere titolari di patente di categoria B da almeno tre anni, laddove per la normativa europea è sufficiente che un esaminatore sia titolare da almeno tre anni di una patente della categoria per la quale intende esercitare la professione di esaminatore.
      Il comma 1, lettera b), dell'articolo in esame adegua quindi la normativa italiana (il punto 2.1 dell'allegato IV al decreto legislativo n. 59 del 2011) al contenuto del normativa europea [punto 2.2, lettera a), dell'allegato IV alla direttiva 2006/126/UE], prevedendo che un esaminatore di guida per la patente debba essere in possesso di una patente della categoria per la quale intende esercitare la professione di esaminatore.
      Inoltre, la Commissione ha contestato il divieto di trasporto di passeggeri per i minorenni titolari di patenti AM, A1 e B1, rilevando che un simile divieto, previsto esclusivamente dalla normativa nazionale italiana, impedisce in Italia il riconoscimento delle medesime patenti rilasciate in altri Stati membri in favore di conducenti minorenni, e ciò costituisce violazione dell'articolo 2, paragrafo 1, e dell'articolo 4, paragrafi 2 e 6, lettera a), della direttiva 2006/126/UE.
      Pertanto, al comma 2, lettera a), si è provveduto a modificare l'articolo 115 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, prevedendo che i sedicenni possano condurre veicoli appartenenti alle categorie AM, A1 e B1 anche se trasportano un passeggero e, di conseguenza, abrogando la disposizione secondo cui attualmente occorre aver compiuto il diciottesimo anno di età per condurre veicoli cui abilita la patente di guida delle categorie in argomento.
      Inoltre, al comma 2, lettera d), si è provveduto a modificare l'articolo 170 del citato codice della strada, prevedendo che sui ciclomotori è consentito il trasporto di altre persone oltre al conducente, a condizione che il veicolo sia omologato anche per il trasporto del passeggero e che il conducente abbia età superiore a sedici anni, ed è stata conseguentemente modificata la previsione sanzionatoria.
      Al fine di superare i rilievi sollevati dalla Commissione europea nell'ambito del caso EU Pilot 7070/14/MOVE, relativo alla patente di guida per persone con disabilità, si è provveduto, al comma 2, lettera b), a sopprimere, nell'articolo 116, comma 4, del medesimo codice della strada, le parole: «la cui massa massima autorizzata non superi 750 kg». Ciò consentirà alle persone con disabilità di conseguire una patente di guida speciale anche per condurre veicoli trainanti un qualsiasi tipo di rimorchio.
      Infine, il comma 2, lettera c), modifica il dettato dell'articolo 118-bis del codice della strada al fine di ovviare a taluni errori nella redazione della norma rilevati anche dal competente Comitato per le patenti di guida della Commissione europea. Nella formulazione attuale, infatti, l'articolo 118-bis prevede che il criterio della «residenza normale» si applica ai «cittadini di altri Stati membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo», ma tale formulazione esclude i cittadini italiani. Il comma in argomento, quindi, elimina la parola: «altri», affinché il criterio della residenza normale si applichi anche ai cittadini italiani, dato che anche l'Italia, in quanto Stato membro dell'Unione europea, è destinataria di tutte le norme della direttiva 2006/126/CE, e quindi anche di quelle concernenti la residenza normale.
      L'articolo 10 modifica il decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, recante recepimento delle direttive 2001/12/CE, 2001/13/CE e 2001/14/CE in materia ferroviaria (cosiddetto «Primo pacchetto ferroviario UE») ed è finalizzata alla chiusura della procedura di infrazione n. 2008/2097, allo stadio di messa in mora ex articolo 260 del TFUE, relativa alla non corretta attuazione delle direttive del Primo pacchetto ferroviario UE, nell'ambito della quale la Corte di giustizia dell'Unione europea, con sentenza del 3 ottobre 2013 emessa nella causa C-369/11, ha condannato l'Italia per non aver garantito al Gestore dell'infrastruttura ferroviaria (società Rete ferroviaria italiana Spa) sufficiente indipendenza gestionale, dal momento che, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, del richiamato decreto legislativo, i canoni per l'accesso all'infrastruttura, seppur proposti dal Gestore stesso, acquisiscono valore legale solo con la pubblicazione del decreto di approvazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
      La Commissione ha inoltre rilevato che tale modello di fissazione dei canoni impedisce all'organismo di regolamentazione del settore ferroviario di esercitare il controllo sul sistema di imposizione dei diritti ai sensi dell'articolo 30, paragrafo 3, della direttiva 2001/14/CE.
      La norma proposta mira quindi a ridefinire l'attuale sistema nell'ambito del quale la determinazione del canone è attribuita in piena autonomia al Gestore dell'infrastruttura sulla base dei criteri definiti dall'Autorità di regolazione dei trasporti, che garantisce altresì che gli stessi non siano discriminatori.
      In particolare, le lettere a) e b), numero 2), del comma 1 sono volte a chiarire in modo definitivo la sussistenza di una piena autonomia decisionale del Gestore nella individuazione del canone per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria. In sostanza, rispetto alle vigenti versioni dell'articolo 11, comma 4, e dell'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo n. 188 del 2003, si esplicita che l'attività del Gestore non è di mero «calcolo», bensì di «determinazione» dei canoni.
      Con le modifiche proposte alla lettera b), numeri 1), 3) e 5), del comma 1 si sostituisce il vigente sistema di individuazione del canone per l'accesso all'infrastruttura ferroviaria, contestato dal Commissione europea, con un diverso sistema secondo il quale i criteri per la determinazione del canone sono definiti dall'Autorità di regolazione dei trasporti, ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettera b), decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e nel rispetto di tali criteri il Gestore resta libero di individuare periodicamente il canone che ritiene più opportuno, in funzione dei volumi e della qualità delle capacità richieste, nonché in relazione alla situazione del mercato dei trasporti e del livello di congestionamento dell'infrastruttura.
      Il numero 4) della lettera b) del comma 1 stabilisce, inoltre, che, nelle more della definizione dei criteri da parte dell'Autorità dei trasporti, il Gestore continuerà ad applicare i criteri dettati dal decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 21 marzo 2000.
      Infine, la lettera c) del comma 1 prevede che, nel rispetto del diritto dell'Unione europea, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero dell'economia e delle finanze possano maggiorare o ridurre i canoni determinati dal Gestore solo per coprire costi derivanti dagli effetti ambientali causati dalla circolazione dei treni.
      La disposizione è stata introdotta in sede di esame definitivo del provvedimento. In ogni caso è stata sottoposta al parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 19 febbraio 2015.
      Il capo V reca disposizioni in materia di fiscalità, dogane e aiuti di Stato.
      L'articolo 11, concernente l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), modifica il trattamento fiscale applicabile ai servizi accessori relativi alle piccole spedizioni di carattere non commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alle direttive 2006/79/CE e 2009/132/CE.
      La modifica normativa è finalizzata all'archiviazione della procedura di infrazione n. 2012/2088, allo stadio di parere motivato ex articolo 258 del TFUE, nell'ambito della quale la Commissione europea ha rilevato che l'articolo 9, comma 1, numero 4), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, stabilisce che i costi accessori di trasporto relativi alle importazioni di beni di valore modesto sono non imponibili solo se sono stati assoggettati a IVA all'atto dell'importazione. La Commissione contesta che tale disposizione possa risultare in contrasto con l'articolo 144 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, così come interpretata dal Comitato IVA, che in un suo orientamento, pur non vincolante, ha chiarito che detta norma, quando stabilisce che gli Stati membri esentano le prestazioni di servizi connesse con l'importazione di beni e il cui valore è compreso nella base imponibile della medesima, non specifica che i beni importati devono effettivamente essere tassati.
      Segnatamente, il tenore dell'orientamento è il seguente:
      «Il Comitato IVA conferma che l'esenzione IVA per le merci oggetto di piccole spedizioni di cui all'articolo 1 della direttiva 2006/79/CE e all'articolo 23 della direttiva 2009/132/CE si applica anche ai servizi accessori il cui costo è compreso nella base imponibile di tali beni a norma dell'articolo 86, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA.
      Il Comitato IVA concorda che l'articolo 144 della direttiva IVA si applica alla fornitura di servizi accessori relativi all'importazione di beni oggetto di franchigia sulla base dell'articolo 1 della direttiva 2006/79/CE e dell'articolo 23 della direttiva 2009/132/CE ove il valore di tali servizi sia compreso nella base imponibile a norma dell'articolo 86, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA».

      Pertanto, l'articolo prevede, al comma 1, che nel corpo del primo comma dell'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sia inserito un nuovo comma 4-bis, che stabilisca la non imponibilità dei servizi accessori relativi alle piccole spedizioni di carattere non commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alle direttive 2006/79/CE e 2009/132/CE del Consiglio, indipendentemente dal loro assoggettamento all'imposta; la non imponibilità opererà, tuttavia, a condizione che i corrispettivi di tali servizi accessori, da considerare esclusi dai limiti di valore totale delle predette operazioni indipendentemente dal loro ammontare, siano compresi nella base imponibile e, quindi, sia dimostrata la loro riferibilità alle operazioni medesime.
      In questo contesto, con la disposizione del comma 2 si demanda al Ministro dell'economia e delle finanze l'onere di modificare il regolamento recante norme in materia di franchigie fiscali, adottato con il decreto del Ministro delle finanze 5 dicembre 1997, n. 489, nel senso di esplicitare l'applicazione della franchigia dai diritti doganali anche per i relativi servizi accessori e indipendentemente dal loro ammontare.
      L'articolo 12 disciplina la realizzazione di un Registro nazionale degli aiuti di Stato, destinato a raccogliere le informazioni e a consentire i necessari controlli in ordine agli aiuti di Stato e agli aiuti de minimis concessi alle imprese a valere su risorse pubbliche, ivi inclusi quelli concessi a titolo di compensazione per i servizi di interesse economico generale.
      Ai predetti fini, la norma interviene sulla pertinente disciplina contenuta nella legge n. 234 del 2012, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, sostituendo il vigente testo dell'articolo 52, in materia di modalità di trasmissione delle informazioni relative agli aiuti pubblici concessi alle imprese, e recando conseguenti modifiche all'articolo 46, dedicato agli aiuti di Stato illegali non rimborsati.
      La lettera b) del comma 1 è volta a dare piena esecuzione alle disposizioni in materia di monitoraggio, pubblicità e trasparenza degli aiuti di Stato, in modo da garantire l'effettività del controllo pubblico sul rispetto del divieto di cumulo delle agevolazioni nonché la conformità agli obblighi di pubblicità e trasparenza previsti dalla normativa europea e nazionale, tenuto conto anche delle soluzioni delineate nell'ambito del processo di «modernizzazione degli aiuti di Stato».


      In particolare, sul piano regolamentare, l'articolo 6, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1407/2013, in materia di aiuti de minimis, al fine della semplificazione delle procedure di concessione degli aiuti, determina la necessità di istituire un registro centrale che contenga informazioni complete su tutti gli aiuti de minimis concessi dalle diverse amministrazioni pubbliche di ogni livello di governo (centrali, regionali e locali).
      Sotto il profilo della trasparenza, i maggiori e più penetranti obblighi, che il nuovo quadro normativo europeo impone, comportano la realizzazione di portali o siti web informativi sugli aiuti e sui beneficiari. La realizzazione di un portale dedicato alla pubblicità delle informazioni sugli aiuti è prevista, in particolare, nel nuovo regolamento generale di esenzione [regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014].
      Analoghi obblighi sono richiamati in numerose comunicazioni adottate dalla Commissione europea per specifiche categorie di aiuti (ad esempio, comunicazione 2014/C 99/03 per il trasporto aereo; comunicazione C(2014) 2322 per il settore dell'ambiente e dell'energia; comunicazione 2014/C 19/04 per il settore dei capitali di rischio; comunicazione C(2014) 3282 in materia di aiuti di Stato nel settore della ricerca, sviluppo e innovazione; comunicazione 2013/C 209/01 in materia di aiuti di Stato a finalità regionale, eccetera).
      Sullo sfondo del descritto quadro normativo, la norma acquista oggi carattere di necessità alla luce degli impegni assunti dal Paese nell'ambito dell'Accordo di partenariato adottato dalla Commissione europea il 29 ottobre 2014. Infatti, la finanziabilità degli interventi della politica di coesione per il periodo di programmazione 2014-2020 è subordinata alla dimostrazione della sussistenza di condizioni di efficacia fissate dai recenti regolamenti dell'Unione europea per i fondi strutturali e di investimento europei. In tale prospettiva, la norma consente di attuare efficacemente alcuni degli adempimenti stabiliti dal legislatore europeo nell'ambito del rispetto della condizionalità generale ex ante «Aiuti di Stato» [si veda l'allegato XI al regolamento (UE) n. 1303/2013, recante disposizioni comuni sui predetti Fondi, che richiede l'esistenza di apposti dispositivi in grado di garantire l'applicazione efficace del diritto dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato]. La volontà di adottare una norma recante i contenuti di quella in esame è stata espressamente indicata nella tavola 11B allegata all'Accordo di partenariato, contenente la descrizione degli elementi per la valutazione del soddisfacimento delle condizionalità ex ante generali.
      In linea con i predetti obblighi e impegni assunti, il presente intervento prevede lo sviluppo degli strumenti operativi esistenti e, in particolare, della banca di dati già istituita presso il Ministero dello sviluppo economico in ragione delle sue competenze istituzionali.
      L'articolo 14, comma 2, della legge n. 57 del 2001 e il relativo decreto di attuazione del Ministro delle attività produttive, adottato in data 18 ottobre 2002, prevedono, infatti, un controllo sul rispetto del divieto di cumulo delle agevolazioni nazionali ed europee da effettuarsi sulla base delle informazioni relative agli aiuti pubblici concessi alle imprese (beneficiario, tipologia e ammontare delle agevolazioni) trasmesse con cadenza trimestrale dalle amministrazioni concedenti. Tali previsioni sono confermate dal vigente testo dell'articolo 52 della legge n. 234 del 2012.
      Per assicurare tali controlli, il Ministero dello sviluppo economico si avvale di uno specifico sistema informativo, la «Banca dati anagrafica» (BDA), la quale, assicurando la raccolta, il monitoraggio e il controllo delle informazioni provenienti da tutte le amministrazioni che gestiscono aiuti alle imprese, già costituisce un vero e proprio registro nazionale, al quale risultano oggi accreditati numerosi enti tra amministrazioni pubbliche, soggetti o enti gestori e camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
      Tuttavia, la scarsa effettività delle disposizioni, che prescrivono che le amministrazioni concedenti inviino le informazioni sugli aiuti alla BDA senza alcuna previsione di tipo sanzionatorio in caso di omissione, ha reso alquanto evanescente l'attività di controllo che si intendeva perseguire. A ciò si aggiunge l'ampliamento degli obblighi di controllo e pubblicità derivanti dai recenti interventi del legislatore europeo, che rende necessario un aggiornamento dei flussi informativi consentiti dall'attuale sistema.
      Per tali motivi il presente intervento prevede l'utilizzo, ai fini della realizzazione di un effettivo «Registro nazionale degli aiuti», del sistema già vigente, che la norma, però, riorganizza, sviluppa e potenzia tecnicamente.
      Con il presente intervento, infatti, l'esistente BDA viene:

          ampliata nei contenuti, al fine di consentire il monitoraggio e i controlli non solo delle agevolazioni in regime de minimis, ma di tutte le tipologie di aiuti di Stato, esentate dall'obbligo di notifica o notificate ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del TFUE, nonché di effettuare le verifiche relative ai soggetti tenuti alla restituzione degli aiuti incompatibili illegali;

          riprogettata nelle funzionalità, prevedendosi l'interoperabilità applicativa con altre esistenti banche di dati;

          dotata di un apparato normativo sanzionatorio, a garanzia dell'adempimento degli obblighi di utilizzo da parte dei soggetti che concedono gli aiuti oggetto del censimento, superando i limiti applicativi oggi esistenti. Sotto tale ultimo profilo, il comma 7 del nuovo articolo 52 recepisce la proposta – formulata dalle regioni, nell'ambito della riunione del 19 febbraio 2015 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano – di introdurre una clausola che rafforzi la sanzione per il mancato utilizzo del Registro, attraverso la conseguenza dell'inefficacia legale dei provvedimenti di concessione e di erogazione dell'aiuto. L'inadempimento degli obblighi di trasmissione delle informazioni e di consultazione del Registro stesso comporta la responsabilità patrimoniale dei soggetti responsabili della concessione e dell'erogazione degli aiuti. Il comma 7, inoltre, recepisce la proposta delle regioni finalizzata a rendere tracciabile l'avvenuto utilizzo del Registro da parte dell'amministrazione che dispone la concessione e l'erogazione dell'aiuto, affinché il mancato utilizzo del registro possa essere oggettivamente rilevabile tanto d'ufficio quanto dall'impresa. Dette innovazioni sono, peraltro, coerenti con le disposizioni del decreto legislativo n. 33 del 2013 (riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni) e con le conseguenze ivi previste in caso di mancata ottemperanza agli obblighi di trasparenza e pubblicità stabiliti.

      La decorrenza dei predetti effetti viene, però, distinta in due momenti, al fine di contemperare la necessità del rispetto dei vincoli europei con le esigenze connesse alla funzionalità del sistema: ai sensi del comma 6 del nuovo articolo 52, infatti, le modalità di funzionamento del Registro saranno stabilite da un apposito decreto del Ministro dello sviluppo economico. Decorsi sessanta giorni dall'entrata in vigore del predetto decreto entreranno in funzione i meccanismi sanzionatori, limitatamente, tuttavia, alla mancata trasmissione dei dati. Detto termine si stima congruo al fine di consentire l'adozione delle misure organizzative occorrenti da parte dei soggetti tenuti all'utilizzo del Registro.
      Sotto il diverso profilo della mancata interrogazione del Registro per le verifiche sugli aiuti già concessi, i meccanismi sanzionatori opereranno, invece, successivamente, quando il Registro potrà disporre di un quadro informativo generalizzato sugli aiuti di Stato. A tali fini, la norma assume, quale data di decorrenza delle sanzioni, il termine del 1 gennaio 2017, al fine di rispettare gli impegni sopra richiamati assunti con la Commissione europea nell’iter di approvazione dell'Accordo di

partenariato. Al di là dei descritti meccanismi sanzionatori, al fine di non creare soluzioni di continuità nell'acquisizione delle informazioni, resta fermo l'obbligo tuttora vigente della trasmissione dei dati alla BDA del Ministero dello sviluppo economico, ribadito dal comma 6, ultimo periodo, del nuovo articolo 52.
      Il comma 1, lettera a), contiene talune modifiche all'articolo 46 della legge n. 234 del 2012 conseguenti all'entrata in funzione del Registro, stabilendo che, a decorrere dalla predetta data del 1 gennaio 2017, le verifiche previste dallo stesso articolo a carico delle amministrazioni che concedono aiuti (tenute ad accertare che le imprese beneficiarie non rientrino tra quelle destinatarie di un ordine di recupero di aiuti illegali non rimborsati) sono effettuate attraverso il Registro stesso.
      Si precisa che l'opera di riprogettazione della vigente BDA non solo oggi si impone alla luce dell'Accordo di partenariato concluso con la Commissione europea, ma rappresenta la via più immediata e meno onerosa per assicurare la conformità agli obblighi di monitoraggio e verifica degli aiuti di Stato.
      Il comma 2 precisa, infine, che le informazioni fornite per il descritto monitoraggio degli aiuti pubblici alle imprese saranno utilizzate, altresì, ai fini della predisposizione della Relazione annuale sugli incentivi alle imprese prevista dalla legge n. 266 del 1997, aggiornando la procedura per la sua presentazione al Parlamento, in considerazione dei mutati strumenti normativi per la contabilità pubblica, che non contemplano più il Documento di programmazione economica e finanziaria (del quale in passato la Relazione costituiva un allegato) e della valenza assunta nel tempo dalla Relazione quale strumento di rilevazione di dati e valutazione di efficacia relativo essenzialmente a strumenti di incentivazione delle attività imprenditoriali, di competenza del Ministero dello sviluppo economico.
      L'articolo 13 introduce nel capo VIII (Aiuti di Stato) della legge n. 234 del 2012 un articolo concernente le modalità attraverso le quali adempiere agli obblighi informativi nei confronti della Commissione europea relativi ai Servizi di interesse economico generale, abrogando al contempo l'articolo 47 della legge 4 giugno 2010, n. 96, ritenuto non più in linea con le nuove regole adottate dalla Commissione europea nel 2011, concernenti le compensazioni per oneri di servizio pubblico corrisposte nei diversi settori (ad esempio ospedali, assistenza sanitaria, servizi per l'infanzia, accesso e reintegrazione nel mercato del lavoro, edilizia sociale, servizio idrico, servizio dei rifiuti, trasporti aerei da e per le isole, aeroporti e porti).
      Tali regole, in linea con le precedenti, hanno disposto a carico degli Stati membri precisi obblighi di relazione sulle compensazioni concesse. In particolare, l'articolo 9 della decisione 2012/21/UE (relativa alle compensazioni esentate da previa notifica alla Commissione europea) e il punto 62 della comunicazione 2012/C 8/03 (relativa alle compensazioni soggette a previa notifica) dispongono che gli Stati membri forniscono due distinte relazioni biennali, anziché triennali come previsto dal citato articolo 47.
      Il nuovo articolo 45-bis della legge n. 234 del 2012 è composto da tre commi:

          il comma 1 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri assicura l'adempimento degli obblighi di monitoraggio e informazione alla Commissione europea, ivi inclusa la predisposizione di relazioni periodiche riguardanti gli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico;

          il comma 2 prevede che le Amministrazioni centrali di settore, in raccordo con le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province e i comuni, redigono le relazioni sulle compensazioni concesse alle imprese incaricate della gestione dei servizi di interesse economico generale. Tali relazioni saranno trasmesse al Dipartimento delle politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai fini della predisposizione della relazione periodica da inoltrare alla Commissione europea;

          il comma 3 demanda a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri l'individuazione delle modalità attuative e procedurali, nonché i tempi entro cui:

              gli enti territoriali e locali dovranno trasmettere alle Amministrazioni centrali competenti per settore i dati relativi alle compensazioni concesse alle imprese incaricate della gestione dei servizi di interesse economico generale, distinguendo tra compensazioni esentate e compensazioni soggette alla preventiva notifica alla Commissione europea;

              le Amministrazioni centrali predisporranno le relazioni di competenza, nelle quali dovranno figurare tutte le compensazioni concesse a livello statale, regionale, provinciale e comunale previa notifica alla Commissione o in regime di esenzione.

      Il capo VI reca disposizioni in materia di lavoro e politica sociale.
      L'articolo 14 consente di applicare le misure per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro previste dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, anche ai cantieri temporanei o mobili, in cui si svolgono lavori edili o di ingegneria civile di durata inferiore a dieci giorni.
      La disposizione viene introdotta per estinguere il caso EU Pilot 6155/14/EMPL, nell'ambito del quale la Commissione europea ha rilevato che il campo di applicazione della disciplina nazionale sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili è inferiore a quello accordato dalla direttiva 92/57/CEE.
      Infatti, l'articolo 88, comma 2, lettera g-bis), del decreto legislativo n. 81 del 2008, nel testo attualmente in vigore (risultante dalle modifiche apportate dal decreto-legge n. 69 del 2013, cosiddetto «Decreto del fare», convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013), prevede che le misure per la salute e la sicurezza previste dal capo I del titolo IV del predetto decreto legislativo non si applicano, tra l'altro, «ai lavori relativi a impianti elettrici, reti informatiche, gas, acqua, condizionamento e riscaldamento, nonché ai piccoli lavori la cui durata presunta non è superiore a dieci uomini-giorno, finalizzati alla realizzazione o alla manutenzione delle infrastrutture per servizi, che non espongano i lavoratori ai rischi di cui all'allegato XI», laddove ai sensi degli articoli 1 e 2 della direttiva 92/57/CEE occorre garantire le misure di sicurezza in qualunque luogo si svolgano lavori edili o di ingegneria edile.
      La disposizione in esame quindi estende il campo di applicazione delle misure per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008, per comprendervi anche i lavori edili o di ingegneria civile che si svolgono all'interno di cantieri temporanei o mobili.
      L'articolo 15 è finalizzato alla chiusura della procedura di infrazione n. 2014/0515, allo stadio di messa in mora ex articolo 258 del TFUE, avviata dalla Commissione europea in data 25 novembre 2014 per mancato recepimento nell'ordinamento nazionale della direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, concernente l'attuazione dell'accordo concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla Convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE.
      Preliminarmente, va osservato che la legge 4 giugno 2010, n. 96, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2009, all'articolo 1, recava una delega al Governo per l'attuazione della direttiva in questione, che era compresa nell'allegato B a tale legge. Il termine per l'esercizio della delega coincideva con quello previsto dalla direttiva (20 agosto 2014).
      In data 31 luglio 2014, il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare uno schema di decreto legislativo volto ad attuare la direttiva. Successivamente, sullo schema di decreto sono stati acquisiti i pareri della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano (che non ha formulato osservazioni sul testo) e delle Commissioni parlamentari competenti per materia, con la conseguente proroga del termine per l'esercizio della delega al 18 novembre 2014. È stato pertanto predisposto un nuovo schema di decreto legislativo, volto a recepire parzialmente le osservazioni delle Commissioni parlamentari, che è stato condiviso dalle amministrazioni competenti. Tuttavia, non è stato possibile pervenire all'approvazione del nuovo schema di decreto in via definitiva entro il predetto termine del 18 novembre 2014 e pertanto la delega è decaduta per decorso dei termini.
      Il presente articolo riproduce quindi il testo del menzionato schema di decreto, già composto di tre articoli. Nel merito, si osserva che, al fine di pervenire al completo recepimento della direttiva nell'ordinamento nazionale, si rendono sostanzialmente necessarie due disposizioni, l'una intesa a ridefinire la nozione di armatore, l'altra diretta ad assicurare che siano individuati, nel settore di riferimento, i lavori suscettibili di compromettere la salute o la sicurezza dei minori. L'ordinamento interno in materia risulta infatti, per ogni ulteriore aspetto, già conforme all'ordinamento dell'Unione europea.
      Si illustrano, di seguito, le singole disposizioni dell'articolo in esame.
      Il comma 1 novella l'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 108, recante attuazione della direttiva 1999/63/CE relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare, concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST), sostituendo integralmente la vigente lettera e) con una disposizione che ricalca fedelmente la nuova nozione di armatore introdotta dall'articolo 2, numero 2), capoverso d), della direttiva 2009/13/CE, che a sua volta ha sostituito la lettera d) della clausola 2 dell'allegato alla precedente direttiva 1999/63/CE.
      Merita evidenziare che, pur intervenendo sull'articolo 2 del citato decreto legislativo n. 108 del 2005 con l'integrale sostituzione della lettera e) del comma 1, il nuovo testo conferma in realtà la vigente nozione nella parte in cui specifica che armatore è il proprietario dell'unità o nave od ogni altro organismo o persona che hanno rilevato dal proprietario la responsabilità per l'esercizio della nave e, di conseguenza, hanno accettato di assumersi i relativi obblighi e responsabilità, variando il richiamo, che attualmente si rinviene effettuato in seno alla stessa, in via esemplificativa, all'imprenditore o noleggiatore dell'unità o nave, con quello al gestore o agente o noleggiatore a scafo nudo. Inoltre, la nuova formulazione aggiunge, a chiusura del testo attualmente vigente, un inciso volto a chiarire che i predetti soggetti (i quali tutti rivestono la qualifica di «armatore») conservano la responsabilità per l'esercizio della nave e per l'assolvimento dei correlativi compiti e obblighi, indipendentemente dal fatto che altri organismi o persone assolvano taluni dei compiti od obblighi dell'armatore. La disposizione è evidentemente finalizzata ad una più compiuta individuazione dei soggetti cui devono restare ascritte tutte le responsabilità proprie dell'armatore e a scongiurare il rischio di lacune del sistema.
      Il comma 2 mira a dare attuazione all'articolo 2, numero 3), capoverso 3, della direttiva in questione, il quale testualmente prevede che «L'occupazione, l'ingaggio o il lavoro dei marittimi minori di diciotto anni sono vietati qualora il lavoro possa compromettere la loro salute o sicurezza. I tipi di lavoro sono determinati dalle disposizioni legislative o regolamentari nazionali o dall'autorità competente, previa consultazione delle organizzazioni degli armatori e dei marittimi interessate, conformemente alle norme internazionali pertinenti».
      Al predetto fine, la lettera a) del comma in esame introduce l'articolo 5-bis nel decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271 (recante adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali, a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485), articolo il quale demanda ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentite le organizzazioni degli armatori e dei marittimi comparativamente più rappresentative, l'individuazione dei lavori ai quali è vietato adibire i minori di anni diciotto in considerazione della loro pericolosità per la salute e sicurezza di questi ultimi.
      La lettera b) introduce, altresì, nel citato decreto legislativo n. 271 del 1999 l'articolo 38-bis, il quale stabilisce che chiunque adibisce i minori ai lavori vietati, individuati con il decreto previsto dal medesimo articolo 5-bis, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 516 a euro 2.582.
      La predetta sanzione è stata mutuata dall'articolo 26, comma 3, della legge 17 ottobre 1967, n. 977 (recante tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti). Il citato articolo 26, comma 3, infatti, punisce l'inosservanza di varie disposizioni di quest'ultima legge in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di orario di lavoro dei minori.
      Ora, poiché le violazioni in questione vertono in una materia analoga rispetto alla violazione prevista dallo schema di decreto, si ritiene che la sanzione amministrativa in esame sia adeguata anche con riferimento a quest'ultima violazione.
       Ciò posto, si evidenzia, altresì, sotto il profilo dell'impatto della regolamentazione, che destinatari dell'intervento normativo sono i Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti, del lavoro e delle politiche sociali e della salute, nonché, a livello di maggior dettaglio, le capitanerie di porto, gli armatori e i minori iscritti nel registro della gente di mare.
      Va rilevato, altresì, che l'opzione prescelta comporta vantaggi per i destinatari dell'intervento normativo, in quanto viene puntualmente fornita la definizione di armatore e sarà individuato l'elenco dei lavori pericolosi o insalubri interdetti ai minori.
      Con l'intervento normativo in esame, infine, anche attraverso la corretta definizione di armatore, si realizza un miglior funzionamento concorrenziale nel Paese.
      Il capo VII reca disposizioni in materia di salute pubblica e sicurezza alimentare.
      L'articolo 16 traspone nell'ordinamento nazionale la direttiva 2014/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che modifica la direttiva 64/432/CEE relativa a problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di animali delle specie bovina e suina, già modificata dalla direttiva 97/12/CE e recepita, in forma aggiornata, con decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 196.
      La modifica introdotta dalla direttiva 2014/64/UE, il cui termine di recepimento è stabilito nel 18 gennaio 2016, è circoscritta al sistema di identificazione degli animali della specie bovina e riguarda, in particolare, la tipologia delle informazioni minime da inserire in tutte le banche di dati di ciascuno Stato membro che, nel loro insieme, costituiscono il sistema di reti di sorveglianza presente nel territorio dell'Unione europea.
      Il recepimento della direttiva in questione importa necessariamente la sostituzione del comma 2 dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 196 del 1999 in cui è contenuto l'elenco delle informazioni riguardanti ogni animale della specie bovina, al fine di prevedere quali debbano essere i nuovi elementi da inserire nella banca di dati per identificare ciascun animale appartenente alla specie in questione, in base alle previsioni della citata direttiva 2014/64/UE.
      Il capo VIII reca disposizioni in materia ambientale.
      L'articolo 17 interviene nuovamente sul comma 3 dell'articolo 4 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, recentemente modificato dall'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, stabilendo che l'attività di cattura per l'inanellamento e per la cessione ai fini di richiamo può essere svolta esclusivamente con mezzi, impianti o metodi di cattura che non siano vietati ai sensi dell'allegato IV alla direttiva 2009/147/UE (cosiddetta «direttiva uccelli»).
      Tale disposizione è finalizzata alla chiusura della procedura d'infrazione n. 2014/2006, attualmente allo stadio di parere motivato ex articolo 258 del TFUE, avviata dalla Commissione europea in quanto nelle regioni Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana la cattura di sette specie di uccelli mediante l'utilizzo di reti era stata autorizzata e attuata senza che fossero rispettate le condizioni di deroga previste dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/UE.
      Ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, e dell'allegato IV, lettera a), della direttiva 2009/147/CE, la cattura degli uccelli mediante l'utilizzo di reti è infatti vietata. Tuttavia, in base all'articolo 9 della citata direttiva, gli Stati membri possono derogare alle disposizioni dell'articolo 8, purché le deroghe soddisfino tutte le condizioni stabilite dallo stesso articolo 9.
      Al fine di sanare la procedura d'infrazione si è da poco provveduto a modificare la normativa nazionale in materia di richiami vivi (l'articolo 4 della legge n. 157 del 1992) attraverso un'apposita disposizione inserita nel decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116.
      Tale modifica ha esplicitato che la cattura di uccelli da utilizzare come richiami vivi è da considerarsi attività in deroga ai divieti della direttiva 2009/147/UE e, pertanto, soggetta a quanto disposto dall'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992. Questo articolo consente, tra l'altro, allo Stato di esercitare il potere di annullamento per provvedimenti regionali ritenuti in contrasto con il dettato normativo.
      La Commissione europea ha espresso il proprio apprezzamento in merito alla modifica alla legge n. 157 del 1992, introdotta con il citato decreto-legge n. 91 del 2014. Tuttavia, la stessa istituzione ha precisato che tale modifica non è di per sé sufficiente ad archiviare la procedura in questione. A questo fine è necessario che il Governo italiano applichi in maniera costante e tempestiva il sistema di controllo dei provvedimenti regionali previsto dall'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992.
      Di conseguenza, il 29 ottobre 2014 il Governo ha diffidato, applicando il meccanismo previsto dall'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992, le regioni Lombardia ed Emilia-Romagna a provvedere all'annullamento delle delibere DGR X/1985 e DGR 1232/2014, con le quali sono state nuovamente autorizzate, per l'anno 2014, la cattura, tramite reti, di uccelli da utilizzare come richiami vivi. L'annullamento è stato deliberato dal Presidente del Consiglio dei ministri in data 1 dicembre 2014.
      Nondimeno, lo scorso 26 novembre la Commissione europea ha adottato un parere motivato ex articolo 258 del TFUE, ritenendo che la diffida trasmessa dal Governo non sia stata tempestiva, essendo stata adottata solo alla fine del mese di ottobre, ossia oltre un mese dopo l'inizio delle attività di cattura (20 settembre 2014). Inoltre, alla data del parere motivato i provvedimenti regionali non erano stati ancora annullati. La Commissione ha altresì precisato che non vi è alcuna possibilità di autorizzare la cattura di uccelli tramite reti senza che siano rispettate le condizioni di deroga previste dalla direttiva 2009/147/CE (in primis dimostrare l'assenza di valide soluzioni alternative).
      Il comma 1, pertanto, interviene nuovamente sull'articolo 4 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, al fine di stabilire che l'attività di cattura per l'inanellamento e per la cessione ai fini di richiamo può essere svolta esclusivamente con mezzi, impianti o metodi di cattura che non siano vietati ai sensi dell'allegato IV alla direttiva 2009/147/UE. Pertanto, la cattura di uccelli tramite le reti, espressamente vietata dall'allegato IV, lettera a), della direttiva, non sarà più consentita.
      Il comma 2, invece, abroga i commi 1-bis e 1-ter dell'articolo 16 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, con i quali sono stati previsti, rispettivamente, l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante i criteri di autorizzazione dei mezzi e degli impianti di cattura dei richiami vivi e la conseguente attività di adeguamento da parte delle regioni.
      L'articolo 18 propone di tutelare le specie di uccelli protetti nel territorio europeo mediante l'introduzione del divieto di commerciare in Italia esemplari delle suddette specie di uccelli vivi non provenienti da allevamenti, anche esteri.
      La norma è volta a chiudere il caso EU Pilot 5391/13/ENVI, nell'ambito del quale la Commissione europea ha contestato all'Italia la non conformità alla direttiva 2009/147/CE (direttiva uccelli) della legge 11 febbraio 1992, n. 157, nella parte in cui consente, non vietandolo espressamente, il commercio di esemplari di specie di uccelli non rientranti tra la fauna selvatica italiana, ma comunque oggetto di tutela da parte della stessa direttiva.
      L'assenza di una specifica previsione in tal senso non consente al Corpo forestale dello Stato di irrogare sanzioni in caso di violazione del predetto divieto né di sequestrare gli esemplari illegittimamente messi in commercio.
      Per ottenere la chiusura positiva del caso EU Pilot in questione, l'articolo 16, comma 3, lettera b), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, ha disposto la modifica dell'articolo 21, comma 1, lettere bb) e cc), della legge n. 157 del 1992.
      Tuttavia, per un mero errore materiale, la disposizione introdotta alla lettera cc) del comma 1 risulta incoerente e inapplicabile e la Commissione europea ha archiviato il caso con l'impegno del Governo di modificare la norma nel senso ora previsto dal presente articolo.
      Si rende pertanto necessario intervenire nuovamente sull'articolo 21 della legge n. 157 del 1992 al fine di precisare che il divieto di commercio riguarda gli esemplari di tutte le specie di uccelli europei oggetto di tutela ai sensi della direttiva 2009/147/CE e non soltanto di quelle presenti in Italia, anche se importate dall'estero.
      L'articolo 19 modifica la disciplina degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio prevista dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, contestata dalla Commissione europea nell'ambito della procedura d'infrazione n. 2014/2123, allo stadio di messa in mora ex articolo 258 del TFUE dal 10 luglio 2014, a seguito della chiusura negativa del caso EU Pilot 2113/11/ENVI.
      In particolare, la modifica di cui alla lettera b) è volta a superare la contestazione relativa al non corretto recepimento dell'articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 94/62/CE.
      Nella citata lettera di messa in mora, la Commissione europea ha rilevato che «la disposizione di recepimento dell'articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 94/62/CE (articolo 217, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006) restringe il campo di applicazione ai soli imballaggi immessi sul mercato nazionale e non copre anche gli imballaggi oppure i rifiuti di imballaggio prodotti in Italia, ma immessi in commercio al di fuori del mercato nazionale, quindi destinati all'esportazione nell'Unione».
      Detto articolo della direttiva prevede, infatti, che l'ambito di applicazione si estenda a «tutti gli imballaggi immessi sul mercato nella Comunità», mentre il citato articolo 217 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, al comma 2, stabilisce che la disciplina sulla gestione degli imballaggi si applica solo agli imballaggi immessi nel mercato nazionale.
      Si ritiene condivisibile il rilievo della Commissione europea, in quanto la disciplina relativa alla produzione degli imballaggi non può non applicarsi in maniera omogenea sia a quelli destinati all'immissione nel mercato nazionale, sia a quelli destinati all'immissione nel mercato degli altri Stati membri.
      La modifica di cui alla lettera a) è volta a superare un ulteriore rilievo della Commissione relativo al non corretto recepimento dell'articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 94/62/CE.
      Detto articolo prevede un elenco aperto di operatori cui la disciplina si applica, specificato dalla clausola di chiusura: «a qualsiasi livello», che nel nostro ordinamento è stata recepita, all'articolo 217, comma 2, con la locuzione: «a qualsiasi titolo». Tale previsione, come si legge nella citata lettera di messa in mora della Commissione europea, genererebbe fraintendimenti, dal momento che il novero dei soggetti coinvolti sembrerebbe circoscritto e non aperto. Si ritiene condivisibile il rilievo della Commissione europea e si propone di modificare l'articolo come indicato alla lettera a).
      La modifica di cui alla lettera c) è volta a superare la contestazione di omesso recepimento dell'articolo 18 della direttiva 94/62/CE, rubricato «Libertà di immissione sul mercato».
      Detto articolo vieta agli Stati membri di ostacolare l'immissione sul mercato nel loro territorio di imballaggi conformi alle disposizioni della medesima direttiva.
      La modifica di cui alla lettera d) è volta a superare la contestazione relativa al non corretto recepimento dell'articolo 3, paragrafo 1, numero 9), della direttiva 94/62/CE.
      Detto articolo prevede che il riciclaggio organico possa avvenire anche mediante processi di biodegradazione dai quali non deriva recupero energetico, diversamente da quanto stabilito all'articolo 218, comma 1, lettera o), del decreto legislativo n. 152 del 2006. La Commissione europea, nella citata lettera di messa in mora, ha rilevato che tale difformità rende la disciplina italiana non conforme a quella europea. Si ritiene condivisibile il rilievo e si propone di modificare l'articolo come indicato alla lettera d).
      La modifica di cui alla lettera e) è volta a superare la contestazione relativa al non corretto recepimento dell'articolo 3, numero 12), della direttiva 94/62/CE.
      Detto articolo, nel dettare la definizione di «accordo volontario», prevede che esso sia aperto a «tutti gli interlocutori». Tale disposizione è stata recepita all'articolo 218, comma 1, lettera z), del decreto legislativo n. 152 del 2006, che però fa riferimento a «tutti i soggetti interessati». Nella citata lettera di messa in mora, la Commissione europea ha obiettato che il riferimento ai soggetti interessati sottenderebbe l'esigenza della dimostrazione di un interesse diretto nella materia, elemento non richiesto dalla direttiva. Al fine di porre rimedio al rilievo sollevato dalla Commissione e ritenendo che la nuova formulazione proposta non vada in alcun modo a cambiare la sostanza della disciplina già vigente, si ritiene opportuno introdurre la modifica prevista alla lettera c).
      La modifica di cui alla lettera h) è volta a superare la contestazione relativa al non corretto recepimento dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 94/62/CE.
      La presente modifica è volta a rimediare ad un mero errore materiale, contestato dalla Commissione europea, dovuto alla mancata trasposizione, in sede di recepimento della direttiva, di una frase dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera e), della medesima direttiva per il resto testualmente riprodotto nell'allegato E alla parte IV.
      La modifica di cui alla lettera f) è volta a superare la contestazione relativa al non corretto recepimento dell'articolo 9, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 94/62/CE.
      Detto articolo introduce una presunzione di conformità ai requisiti essenziali della direttiva stessa, tra i quali anche quelli di cui all'allegato II (recepito nel nostro ordinamento dall'allegato F alla parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006), per gli imballaggi che siano conformi alle «pertinenti norme armonizzate i cui numeri di riferimento siano stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee». Non si fa, dunque, riferimento ad una norma adottata da uno specifico organismo di normalizzazione, come invece previsto all'articolo 226, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006, con la conseguenza di rendere vincolante, ai fini della commerciabilità degli imballaggi, la conformità a detti parametri.
      La previsione di cui al primo periodo dell'articolo 226, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006 è stata ritenuta dalla Commissione europea in contrasto con la direttiva, in quanto eccessivamente restrittiva e contrastante con lo spirito della normativa europea. Al fine di porre rimedio al rilievo della Commissione europea e consentire la chiusura della procedura di infrazione si ritiene quindi opportuno modificare l'articolo 226, comma 3, nei termini sopra esposti, ferme restando le successive previsioni di un decreto ministeriale per l'aggiornamento dei predetti parametri e del rispetto dei requisiti stabiliti all'allegato F.
      La modifica di cui alla lettera g) è volta a superare la contestazione di mancato recepimento dell'articolo 9, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 94/62/CE.
      Detto articolo prevede una presunzione di conformità ai requisiti essenziali della direttiva stessa, tra i quali anche quelli di cui all'allegato II (recepito nel nostro ordinamento dall'allegato F alla parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006), per gli imballaggi che siano conformi alle «pertinenti norme nazionali di cui al paragrafo 3», qualora, con riferimento ai settori cui si riferiscono, non esistano le norme armonizzate menzionate alla precedente lettera a). Il richiamato paragrafo 3 prevede, inoltre, che gli Stati membri comunichino alla Commissione i testi delle norme nazionali di cui al paragrafo 2, lettera b), che considerano conformi ai requisiti di cui al medesimo articolo 9. La Commissione comunica immediatamente tali testi agli altri Stati membri. Gli Stati membri pubblicano i riferimenti di queste norme. La Commissione ne cura la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee.
      La Commissione europea ha ritenuto che tale disposizione non sia stata recepita nel nostro ordinamento giuridico.
      Al fine di porre rimedio al rilievo della Commissione europea, si è provveduto a modificare conseguentemente l'articolo 226, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006, mantenendo ferma la previsione di un decreto ministeriale per l'aggiornamento dei predetti parametri e, fino all'adozione del predetto decreto, l'applicazione dei requisiti stabiliti nell'allegato F alla parte IV del citato decreto n. 152 del 2006.
      Il capo IX reca altre disposizioni in materia di protezione civile.
      L'articolo 20 attua la decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, concernente il meccanismo unionale di protezione civile, la quale, al fine di rafforzare la cooperazione tra l'Unione e gli Stati membri nel settore della protezione civile, ha aggiornato e codificato la modalità di risposta alle emergenze di protezione civile a livello di Unione, articolandola in un Centro di coordinamento della risposta alle emergenze (ERCC) e organizzando la Capacità europea di risposta emergenziale (EERC) imperniandola su un nucleo volontario di mezzi e attrezzature dei quali gli Stati membri offrono la disponibilità e da gruppi di esperti qualificati e specificamente formati, collegati mediante un sistema comune di comunicazione e di informazione in caso di emergenza (CECIS).
      In particolare, il comma 1 è finalizzato ad assicurare la partecipazione dell'Italia all'organizzazione della Capacità europea di risposta emergenziale (EERC), prevista dall'articolo 11 della citata decisione n. 1313/2013/UE. Tale partecipazione si concreterà nel mettere a disposizione dell'Unione i moduli pre-organizzati, i mezzi, le attrezzature e gli esperti di cui si avvale il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri.
      Il comma 2 prevede che, a seguito di una richiesta di assistenza tramite l'EERC, il Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, valutata l'assenza degli elementi ostativi di cui al comma 7 dell'articolo 11 della decisione n. 1313/2013/UE (emergenze nazionali, cause di forza maggiore, o altri motivi gravi che impediscono ad uno Stato membro di fornire il proprio contributo), invii i mezzi di risposta richiesti, tra quelli che l'Italia avrà segnalato nell'ambito del sistema sopra descritto. Tali risorse, ovviamente, rimangono comunque e sempre a disposizione per le necessità nazionali, che anche nel disegno europeo mantengono la priorità: si prevede, infatti che, in caso di sopraggiunte gravi esigenze, le risorse eventualmente inviate o rese disponibili possano essere ritirate, come previsto dal comma 8 della medesima decisione. Dal momento che i tempi di risposta sono necessariamente brevi e che gli interventi di cui trattasi, articolati nei richiamati moduli operativi, si configurano come azioni di circoscritto impatto, la disposizione stabilisce che il Capo del Dipartimento provveda informandone preventivamente il Presidente del Consiglio dei ministri, disponendo in seguito le azioni volte ad assicurare i soccorsi con la necessaria tempestività.
      Il comma 3, al fine di assicurare la partecipazione italiana all'EERC in una modalità coerente con la caratteristica sistemica del Servizio nazionale della protezione civile, istituito ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, autorizza il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri a intraprendere ogni utile iniziativa finalizzata ad attivare le misure rientranti nella capacità europea di risposta emergenziale anche stipulando apposite convenzioni e accordi con amministrazioni e organizzazioni. In tale contesto, il Dipartimento della protezione civile si potrà avvalere anche dei benefìci in favore degli Stati membri che partecipano all'EERC previsti dalla decisione (come, tra l'altro, il rimborso dei costi di trasporto fino all'85 per cento).
      La disposizione proposta non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
      L'ultimo capo è dedicato alle disposizioni finali.
      L'articolo 21 contiene la clausola di invarianza finanziaria delle disposizioni inserite nel disegno di legge.
      Sullo schema di disegno di legge è stato acquisito, in data 19 febbraio 2015 il parere, favorevole con due condizioni, della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in sessione europea, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 281 del 1997, come sostituito dall'articolo 29, comma 6, della legge n. 234 del 2012.
      Con la prima condizione, le regioni hanno proposto di inserire nell'articolo 12, relativo al Registro nazionale degli aiuti di Stato, la cosiddetta «condizione legale di efficacia», che impedisce alle amministrazioni di procedere alla concessione o all'erogazione di aiuti senza il previo utilizzo del Registro.
      Le regioni ritengono, infatti, che una simile misura rappresenti una garanzia per le imprese, rafforzi il meccanismo sanzionatorio per il mancato utilizzo del Registro e sia coerente con l'articolo 26 del decreto legislativo n. 33 del 2013, recante obblighi di pubblicazione degli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e attribuzione di vantaggi economici a persone fisiche ed enti pubblici e privati.
      Tale condizione è stata accolta dal Governo e il testo conseguentemente modificato, anche in considerazione del fatto che, nell'Accordo di partenariato concluso con la Commissione europea per l'erogazione dei fondi strutturali 2014-2020 (pagina 585), l'Italia si è impegnata a rafforzare il meccanismo che sanziona la concessione e l'erogazione di aiuti mediante la previsione di un registro nazionale degli aiuti e l'introduzione della suddetta condizione legale di efficacia.
      La seconda condizione proposta dalle regioni ha riguardato la richiesta di inserire nel disegno di legge un articolo aggiuntivo che «modifichi l'articolo 48 della Legge n. 234/2012, riguardante le procedure di recupero degli aiuti di Stato illegali, nel senso di attribuire efficacia di titolo esecutivo non soltanto ai decreti ministeriali con i quali le amministrazioni centrali provvedono a dare esecuzione alle decisioni della Commissione europea che ordinano il recupero di aiuti di Stato, ma anche agli atti emanati dagli enti diversi dallo Stato, che altrimenti oggi si trovano privi di titolo esecutivo per recuperare gli aiuti illegittimamente concessi».
      Tale condizione non è stata accolta dal Governo, poiché l'articolo 48, comma 3, della legge n. 234 del 2012, la cui ratio è quella di garantire massima tempestività nelle attività di recupero degli aiuti illegali anche quando l'ente competente per il recupero non è un'amministrazione centrale, già oggi, in forza del rinvio interno fra i commi, non può avere altra interpretazione che quella volta ad attribuire ai provvedimenti di recupero adottati dagli enti territoriali le medesime caratteristiche dei provvedimenti di recupero adottati dalle amministrazioni centrali, compresa quindi l'efficacia di titolo esecutivo.
      Pertanto, considerato che il comma 3 dell'articolo 48 si riferisce ai casi in cui l'ente competente per il recupero non è un'amministrazione centrale, e che il comma 3 richiama i provvedimenti esecutivi del comma 2 del medesimo articolo 48, ne deriva che il provvedimento degli enti territoriali costituisce anch'esso titolo esecutivo nei confronti degli obbligati alla restituzione degli aiuti.
      Riguardo all'illustrazione dell'impatto regolatorio, si segnala che la necessità delle varie disposizioni normative proposte, con i relativi effetti, è indicata analiticamente nella sopra esposta illustrazione e che le opzioni regolatorie contenute nelle singole disposizioni sono necessitate dall'adempimento di obblighi europei emersi, per la maggior parte dei casi, nell'ambito di procedure di infrazione e di pre-infrazione.
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RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni).

        L'articolo 1 del disegno di legge dispone l'abrogazione di cinque decreti ministeriali che disciplinano la commercializzazione dei ricevitori per apparecchi televisivi nel territorio nazionale.

        L'esigenza di abrogare tale disciplina nasce dall'introduzione delle nuove tecnologie sul mercato dei ricevitori per televisione, dal completamento al 1 gennaio 2013 del passaggio alla radiodiffusione terrestre in tecnica digitale e dalla recente normativa di settore, già richiamata nella relazione illustrativa.

        Le innovazioni introdotte rendono necessario un aggiornamento e un riordino dello specifico quadro normativo e la conseguente abrogazione dei cinque decreti emanati in tempi in cui era presente la tecnica analogica.

        In particolare, l'abrogazione del decreto 26 marzo 1992 e del precedente decreto 6 febbraio 1978 rende possibile la libera circolazione dei ricevitori televisivi sul mercato ed elimina una situazione di incertezza per gli operatori, sollevati dall'obbligo di richiedere una certificazione di conformità dei prodotti prevista per i ricevitori analogici, non più utilizzati.

        Il rilascio delle certificazioni di rispondenza dei ricevitori analogici dei televisori immessi sul mercato nazionale avviene con le spese a carico del soggetto terzo. In sostanza, il soggetto, per poter ottenere la certificazione e immettere sul mercato interno l'apparecchio televisivo deve versare le spese così dette in conto terzi per le verifiche tecniche espletate dall'Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie dell'informazione (ISCTI) del Ministero dello sviluppo economico, sul conto corrente n. 71935720 oppure a mezzo di bonifico bancario.

        Per la procedura di certificazione era prevista una tariffa a copertura dei costi. Pertanto non ci sarà più l'introito della tariffa unitamente al fatto che non sarà più espletata l'attività di cui sopra. Dunque non si ascrivono effetti relativi ai saldi di finanza pubblica.

        Con l'articolo 3-quinquies del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, è stata prevista la mera possibilità di inserire dal 2013 sintonizzatori analogici nei televisori: pertanto l'attività di omologazione degli stessi è comunque destinata ad esaurirsi, anche per il contestuale obbligo, a decorrere dal 2015, di inserire nei ricevitori televisivi non solo il sintonizzatore per lo standard digitale DVBT, ma anche la sua evoluzione DVBT2. Pertanto dal medesimo anno la presenza di televisori dotati ai sintonizzatore analogico sarà da considerarsi meramente residuale.

        L'articolo 2, volto a semplificare il regime autorizzatorio per la fornitura dei servizi di connettività a banda larga a bordo delle navi, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

        I soggetti che intendono installare a bordo delle navi apparecchiature che non rientrano fra quelle dedicate alla salvaguardia della vita umana in mare devono conseguire un'autorizzazione generale ai sensi dell'articolo 25 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, e versare quanto previsto per i diritti amministrativi di cui all'allegato 10, articolo 1, comma 1, lettera d), dello stesso codice, determinando quindi presumibilmente un maggior introito nelle casse dello Stato, non quantificabile ex ante.

        L'articolo 3, relativo all'assegnazione di nuove frequenze per la radiodiffusione in banda analogica, non comporta nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato. Al contrario, l'assegnazione di diritti d'uso sulle frequenze in onde medie implicherebbe nuove entrate a titolo di diritti amministrativi e di contributi ai sensi degli articoli 34 e 35 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259.

        L'articolo 4 sancisce l'obbligo di pubblicazione di un rendiconto annuo dei costi amministrativi sostenuti dal Ministero dello sviluppo economico e dei diritti amministrativi riscossi a norma dell'articolo 34 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, in attuazione di quanto previsto al paragrafo 2 dell'articolo 12 della direttiva 2002/20/CE.

        La novella all'articolo 34 introduce una disposizione di carattere generale che, nel rispetto dei princìpi di contabilità pubblica, stabilisce un obbligo di rendicontazione su specifiche entrate erariali acquisite al bilancio generale dello Stato: nel caso specifico si tratta delle entrate dell'articolo 18 del capitolo di entrata 2569 del bilancio generale dello Stato e dei costi correlati ad un sottoprodotto delle attività del centro di costo Direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e radiodiffusione del Ministero dello sviluppo economico, senza alcun onere per la finanza pubblica in quanto non vengono modificati gli importi dei diritti amministrativi.

        Il comma 2-bis, introdotto con la lettera a), numero 2), si limita a prevedere che per la copertura dei costi amministrativi sostenuti per le attività di competenza dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) la misura dei diritti amministrativi resta quella prevista dall'articolo 1, commi 65 e 66, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, basata sui ricavi maturati dalle imprese nelle attività oggetto dell'autorizzazione generale. La disposizione, pertanto, non comporta nuovi oneri a carico dei soggetti autorizzati, né nuovi oneri a carico della finanza pubblica.

        Le modifiche apportate con la lettera b) all'allegato 10 del codice dovrebbero assicurare maggiori entrate rispetto alla versione attuale dell'allegato 10, a numero di soggetti autorizzati invariato.

        Al riguardo giova, infatti, tenere presente che l'attuale regime contributivo agevolato – previsto dall'allegato 10, come modificato dal decreto-legge n. 145 del 2013 – in favore di imprese che offrono servizi sull'intero territorio nazionale o su una porzione di territorio con popolazione superiore a 10 milioni di abitanti, sebbene abbia portato alla nascita di 15 nuovi operatori, ha comportato per lo Stato minori entrate rispetto a quelle attese. A fronte di un potenziale introito di circa 1,8 milioni di euro su base nazionale sono, infatti,

stati introitati soltanto 4.500 euro, senza che, tuttavia, tali operatori si siano dimostrati in grado di operare a livello nazionale come prescritto dalla legge.

        Con le modifiche proposte all'allegato 10, si conta invece di ritornare agli introiti dell'anno 2013, ricavando entrate, a copertura delle spese a carico del Ministero dello sviluppo economico, sia dalla presentazione di nuove istanza sia dal riequilibrio del regime contributivo di cui hanno goduto i grandi operatori nel 2014. Tali maggiori entrate, in particolare, deriveranno dai contributi che saranno richiesti alla luce delle modifiche proposte alle società già titolari di autorizzazione generale in data antecedente al 31 dicembre 2014 e, considerando i numeri degli attuali soggetti autorizzati a livello nazionale che nell'anno 2014 hanno godono di un regime agevolato, si stima un maggiore introito pari ad un milione di euro.

        L'articolo 5, relativo ai servizi media audiovisivi, non comporta nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, essendo la norma riferita al mercato privato.

        L'articolo 6, relativo all'elezione di domicilio per le domande di brevetto e di marchio, non comporta nuovi o maggiori oneri per lo Stato, poiché sono previste modalità elettroniche di comunicazione tra l'Ufficio italiano brevetti e marchi e l'interessato, rimanendo a carico di quest'ultimo ogni onere in caso di adozione di modalità di comunicazioni diverse.

        L'articolo 7 relativo agli appalti di servizi pubblici locali non comporta nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato, poiché ha carattere ordinamentale.

        L'articolo 8 specifica che il rimpatrio forzato dello straniero, il cui soggiorno è irregolare in Italia, verso altro Stato membro dell'Unione che ha rilasciato un valido titolo di soggiorno e non verso il Paese terzo di origine o provenienza dell'interessato è possibile solo in caso di intese o accordi bilaterali di riammissione già operativi alla data di entrata in vigore della direttiva. Tale disposizione non influisce sul numero di espulsioni da eseguire ed è attuata dal Ministero dell'interno con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, non comportando pertanto nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

        Con l'articolo 3, comma 1, lettera b), della legge 30 ottobre 2014, n. 161 - legge europea 2013-bis, è stato modificato l'articolo 5, comma 7-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, che prevedeva l'espulsione amministrativa verso lo Stato terzo di origine dello straniero irregolare in Italia ma in possesso di valido titolo di soggiorno rilasciato da altro Stato membro dell'Unione europea.

        In particolare, la nuova formulazione della citata disposizione, entrata in vigore lo scorso 25 novembre, ha stabilito che l'allontanamento dello straniero irregolare in Italia ma in possesso di valido titolo di soggiorno rilasciato da altro Stato dell'Unione europea è eseguito verso quest'ultimo Stato e non verso il Paese di origine.

        Sotto il profilo finanziario si evidenzia che la disposizione entrata in vigore il 25 novembre scorso non ha ancora dispiegato i propri effetti.

        Rispetto alla formulazione previgente al 25 novembre scorso, la modifica proposta con la presente legge non comporta oneri aggiuntivi se si considera che nel predetto regime normativo la regola era l'allontanamento verso il Paese extraeuropeo di origine.

        Alla luce di quanto sopra, l'imputazione degli oneri connessi a tali allontanamenti continua a gravare sul capitolo di spesa 2624 pg 22 relativo a «Spese di viaggio, trasporto e mantenimento di indigenti per ragioni di sicurezza pubblica. Spese per il rimpatrio di stranieri a seguito di provvedimento di espulsione o respingimento, ovvero per l'allontanamento dal territorio dello Stato di cittadini appartenenti a uno Stato membro dell'Unione europea. Spese per l'allontanamento dal territorio nazionale a seguito di accordi e convenzioni internazionali».

        L'articolo 9, recante disposizioni di carattere ordinamentale in materia di patente di guida, non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

        L'articolo 10, che affida all'Autorità di regolazione dei trasporti la funzione di determinare i criteri per la definizione da parte del Gestore dei canoni d'accesso all'infrastruttura ferroviaria, non comporta oneri, in quanto la detta Autorità provvederà agli adempimenti previsti dal presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

        L'articolo 11, riguardante l'imposta sul valore aggiunto (IVA) applicabile alle piccole spedizioni di carattere non commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alle direttive 2006/79/CE e 2009/132/CE, estende l'attuale franchigia IVA all'importazione sulle suddette spedizioni, anche alle relative spese accessorie, a prescindere dal loro ammontare.

        Al riguardo, alla luce dei dati forniti dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, la quasi totalità dell'ammontare dell'IVA riscossa deriva da operazioni di importazione effettuate da soggetti intermedi, mentre le operazioni fatte da soggetti privati sono di non rilevante ammontare.

        La relativa perdita di gettito è quindi di trascurabile entità.

        L'articolo 12 disciplina la realizzazione di un «Registro nazionale degli aiuti», destinato a raccogliere le informazioni e a consentire i necessari controlli in ordine agli aiuti di Stato e agli aiuti de minimis concessi alle imprese a valere su risorse pubbliche, ivi inclusi quelli concessi a titolo di compensazione per i servizi di interesse economico generale.

        Ai predetti fini, la norma interviene sulla pertinente disciplina contenuta nella legge n. 234 del 2012, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, sostituendo il vigente testo dell'articolo 52, in materia di modalità di trasmissione delle informazioni relative agli aiuti pubblici concessi alle imprese e recando conseguenti modifiche all'articolo 46, dedicato agli aiuti di Stato illegali non rimborsati.

        L'istituzione del Registro, volta a dare piena esecuzione alle norme europee e nazionali in materia di monitoraggio, pubblicità e trasparenza degli aiuti di Stato e indicata tra gli impegni assunti in sede di Accordo di partenariato con la Commissione europea, adottato

in data 29 ottobre 2014, è realizzata prevedendo lo sviluppo degli strumenti operativi esistenti e, in particolare, della Banca dati anagrafica (BDA), già istituita presso il Ministero dello sviluppo economico per effetto dell'articolo 14, comma 2, della legge 5 marzo 2001, n. 57.

        La BDA, assicurando la raccolta, il monitoraggio e il controllo delle informazioni provenienti da tutte le amministrazioni che gestiscono aiuti alle imprese, tenuti alla trasmissione delle informazioni con cadenza trimestrale, già costituisce un registro nazionale, al quale risultano oggi accreditati numerosi enti tra amministrazioni pubbliche, soggetti o enti gestori e camere di commercio.

        Tuttavia, la scarsa effettività delle disposizioni, in assenza di una previsione di tipo sanzionatorio in caso di omessa trasmissione delle informazioni alla BDA, e l'ampliamento degli obblighi di controllo e pubblicità derivanti dai recenti interventi del legislatore europeo rendono necessario un aggiornamento dei flussi informativi consentiti dall'attuale sistema. A tal fine la BDA viene:

            ampliata nei contenuti, al fine di consentire il monitoraggio e i controlli non solo delle agevolazioni in regime de minimis, ma di tutte le tipologie di aiuti di Stato, esentate dall'obbligo di notifica o notificate ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del TFUE, nonché di effettuare le verifiche relative ai soggetti tenuti alla restituzione degli aiuti incompatibili illegali;

            riprogettata per prevedere, tra l'altro, l'interoperabilità applicativa con altre banche dati esistenti;

            dotata di un apparato normativo sanzionatorio, a garanzia dell'adempimento degli obblighi di utilizzo da parte dei soggetti che concedono gli aiuti oggetto del censimento, superando i limiti applicativi oggi esistenti. Sotto tale ultimo profilo, in coerenza anche con le disposizioni del decreto legislativo n. 33 del 2013, il comma 7 del nuovo articolo 52 prevede che l'utilizzo del Registro divenga condizione legale di efficacia dei provvedimenti che dispongono la concessione o l'erogazione dell'aiuto, oltre ai profili di responsabilità patrimoniale in caso di violazione degli obblighi di trasmissione delle informazioni e di consultazione del Registro stesso.

        La necessaria conseguente opera di reingegnerizzazione della vigente BDA (che rappresenta la via più immediata e meno onerosa per assicurare la conformità agli obblighi di monitoraggio e verifica degli aiuti di Stato) non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

        Agli oneri derivanti dall'istituzione del nuovo sistema si farà fronte con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

        Per la necessaria conseguente opera di riprogettazione della vigente BDA (che rappresenta la via più immediata e meno onerosa per assicurare la conformità agli obblighi di monitoraggio e verifica

degli aiuti di Stato), è previsto un costo complessivo di 2 milioni di euro, quantificati annualmente come da tabella seguente (Tabella 1).

Tabella 1 – Costi per annualità

  2015 2016 2017 Totale
Progettazione e realizzazione della piattaforma (1) € 500.000,00 € 750.000,00 € 250.000,00 € 1.500.000,00
Infrastrutture ed esercizio (2) € 100.000,00 € 200.000,00 € 200.000,00 € 500.000,00
Totale € 600.000,00 € 950.000,00 € 450.000,00 € 2.000.000,00

        Per la realizzazione del Registro si procederà tramite gare per l'acquisizione dei servizi professionali di analisi, progettazione, sviluppo e manutenzione e tramite gare e accordi con altri soggetti pubblici (Infocamere, Registri agricoltura e pesca e sistemi regionali) per la messa a punto ed esercizio dell'infrastruttura e per l'interoperabilità con altre banche dati.

        La copertura dei predetti oneri è assicurata dalle residue risorse destinate all'assistenza tecnica del PON Ricerca e competitività 2007-2013, nonché del Piano di azione Coesione che ne rappresenta la prosecuzione.

        Il predetto PON, infatti, individua un importo, pari a 800.000 euro, per la realizzazione della BDA, dal quale residuano risorse pari a 600.000 euro, utilizzabili nel 2015. Per il 2016 e 2017, i restanti oneri, pari a complessivi 1,4 milioni di euro, sono posti a carico della quota destinata all'assistenza tecnica del Piano di azione Coesione, che presenta adeguate disponibilità.

        La Tabella 2 offre un riepilogo delle fonti di copertura finanziaria.

Tabella 2 – Copertura finanziaria

Copertura finanziaria 2015 2016 2017 Totale
PON – Asse III Assistenza tecnica € 600.000,00     € 600.000,00
PAC
Programma: PAC MISE – DGIAI – Imprese, domanda pubblica e promozione – 2012MISE1PAC22
Linea di azione: Assistenza tecnica – 20004
Intervento: Assistenza tecnica – 79001
  € 950.000,00 € 450.000,00 € 1.400.000,00
Totale € 600.000,00 € 950.000,00 € 450.000,00 € 2.000.000,00

    (1) Costi derivanti dalle attività di progettazione e realizzazione del Registro, comprese attività di Analisi e progettazione della piattaforma, sviluppo software, manutenzione evolutiva ed adeguativa della BDA.
    (2) Costi per la messa a punto dell'infrastruttura e per l'esercizio, compresi servizi di hosting, hardware e software, servizi di interoperabilità con altri registri e Banche Dati Nazionali e regionali.

        La copertura è, quindi, assicurata da convenzioni di assistenza tecnica già stipulate dal Ministero dello sviluppo economico con l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa (Invitalia) S.p.A., afferenti ai programmi del PON e del PAC indicati in tabella.

        L'articolo 13 relativo agli obblighi informativi nei confronti della Commissione europea in ordine ai servizi di interesse economico generale, non comporta oneri aggiuntivi, in quanto la norma specifica quanto già previsto a legislazione vigente, rivestendo dunque carattere ordinamentale.

        L'articolo 14, relativo alle misure di salute e sicurezza applicabili ai cantieri temporanei o mobili, non comporta nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, in quanto è una norma rivolta al settore privato.

        L'articolo 15, finalizzato al recepimento della direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, concernente l'attuazione dell'accordo concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE, consta di disposizioni a carattere ordinamentale che non comportano, pertanto, effetti finanziari.

        Il comma 1 ridefinisce, infatti, la vigente nozione di armatore conformemente alle indicazioni che si traggono dall'articolo 2, numero 2), della direttiva, limitando i suoi effetti al versante della individuazione dei soggetti ai quali debbono restare ascritte le responsabilità proprie di tale figura.

        Il comma 2, lettera a), nel demandare ad apposito decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali l'individuazione dei lavori ai quali è vietato adibire i minori di anni diciotto in considerazione della pericolosità per la salute e sicurezza degli stessi, stabilisce a carico delle menzionate amministrazioni un nuovo compito integralmente riconducibile nell'ambito delle funzioni istituzionali e destinato ad essere assolto con le risorse allo stato disponibili.

        Il comma 2, lettera b), stabilisce che chiunque adibisce i minori ai lavori vietati, individuati con il summenzionato decreto interministeriale, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 516 a euro 2.582.

        A tale riguardo, si precisa che in base all'articolo 41 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271 (recante «Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali, a norma della L. 31 dicembre 1998, n. 485»), all'accertamento delle violazioni delle disposizioni contenute nel medesimo decreto legislativo e all'applicazione delle sanzioni amministrative provvede l'Autorità marittima. Pertanto, la nuova sanzione introdotta dal comma in esame rientra nei normali compiti di vigilanza della predetta Autorità, già previsti a legislazione vigente.

        L'articolo 16, concernente la trasposizione nell'ordinamento nazionale della direttiva 2014/64/UE relativa a problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di animali delle specie bovina, non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, e le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione

vigente, poiché la norma concerne l'inserimento di nuovi dati all'interno di banche dati e formulari già esistenti.

        L'articolo 17, relativo alla cattura dei richiami vivi, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. L'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale provvederà con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

        L'articolo 18, relativo al divieto di commercializzazione degli uccelli protetti a livello europeo, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, trattandosi di norma di natura ordinamentale.

        L'articolo 19 modifica la disciplina degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio prevista dal decreto legislativo n. 152 del 2006 senza comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

        L'articolo 20, concernente la partecipazione del Governo italiano al meccanismo unionale di protezione civile, non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dal momento che, oltre al richiamato contributo europeo, prevede l'eventuale attivazione delle risorse nazionali nell'ambito delle disponibilità di bilancio a tal fine stanziate per l'ordinario funzionamento della risposta alle emergenze. Agli oneri connessi alle attività di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo in rassegna si provvede, nel limite massimo di 200.000 euro annui, a valere sul capitolo 742 – «Spese relative alle ricorrenti emergenze» del bilancio del Dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Tale limite di spesa di 200.000 euro annui, da intendersi come limite massimo di natura autorizzativa, a valere sulle risorse ordinarie stanziate per il funzionamento del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, è stato determinato in considerazione della richiamata natura circoscritta dei concorsi eventualmente attivabili.


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ANALISI TECNICO-NORMATIVA

PARTE I. ASPETTI TECNICO-NORMATIVI DI DIRITTO INTERNO

1)    Obiettivi e necessità dell'intervento normativo. Coerenza con il programma di Governo.

        L'intervento normativo ha come obiettivo quello di adeguare l'ordinamento nazionale al diritto dell'Unione europea, conformemente a quanto prescritto dall'articolo 29 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, nei casi per i quali la Commissione europea ha dato avvio nei confronti dello Stato italiano a casi di pre-infrazione, nel quadro di sistemi EU Pilot, nonché a procedure di infrazione.

        La necessità di provvedere deriva non solo dalla pendenza di 11 procedure di infrazione avviate nei confronti dello Stato italiano a causa del non corretto recepimento della normativa europea nell'ordinamento nazionale, ma anche dalla necessità di prevenire l'avvio di 7 procedure di infrazione già preannunciate dalla Commissione europea nell'ambito del sistema EU Pilot, nonché dalla necessità di dare attuazione diretta ad una direttiva in scadenza nel 2016 e a due decisioni del Parlamento europeo e del Consiglio.

        In tal modo s'intende evitare la possibile irrogazione di sanzioni pecuniarie nei confronti dello Stato italiano e l'incertezza normativa che deriva dalla vigenza di una legislazione contrastante con il diritto dell'Unione.

        L'intervento normativo prevede altresì modifiche alla legge n. 234 del 2012, finalizzate a rendere più celeri ed efficienti gli adempimenti di obblighi previsti dall'ordinamento europeo.

2)    Analisi del quadro normativo nazionale.

        L'intervento normativo in esame s'inquadra all'interno degli strumenti previsti per consentire l'adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento dell'Unione europea, in esecuzione dell'obbligo posto dall'articolo 117 Costituzione.

3)    Incidenza delle norme proposte sulle leggi e sui regolamenti vigenti.

        Il disegno di legge in esame modifica e integra talune disposizioni di livello primario vigenti al fine di adeguarne i contenuti al diritto dell'Unione europea, intervenendo, in particolare, nei seguenti settori:

            libera circolazione delle merci;

            libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali;

            trasporti;

            fiscalità e dogane;

            aiuti di Stato;

            salute pubblica e sicurezza alimentare;

            lavoro e politica sociale;

            ambiente;

            protezione civile.

4)    Analisi della compatibilità dell'intervento con i princìpi costituzionali.

        Il provvedimento è stato predisposto nel rispetto delle norme costituzionali, sia in relazione all'adempimento degli obblighi derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea sia in relazione al riparto di competenza legislativa tra lo Stato e le regioni.

5)    Analisi della compatibilità dell'intervento con le competenze e le funzioni delle regioni ordinarie e a statuto speciale nonché degli enti locali.

        Le disposizioni contenute nei seguenti articoli sono compatibili con il riparto delle competenze legislative fra lo Stato e le regioni, di cui all'articolo 117 della Costituzione.

        L'articolo 1 relativo alla commercializzazione di apparecchiature televisive è compatibile in quanto la norma è predisposta a tutela della concorrenza, materia di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma 2, lettera e), della Costituzione.

        L'articolo 2 relativo agli impianti ed esercizi di stazioni radioelettriche a bordo di navi è compatibile in quanto la norma è predisposta a tutela della concorrenza, materia di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

        L'articolo 3, relativo all'assegnazione dei servizi di radiodiffusione sonora in onde medie a modulazione di ampiezza è compatibile in quanto la norma è predisposta a tutela della concorrenza, materia di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

        L'articolo 4, recante disposizioni relative ai costi amministrativi a carico dei fornitori di servizi di comunicazioni, è compatibile in quanto la normativa della concorrenza è di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

        L'articolo 5, relativo ai servizi di media audiovisivi, è compatibile in quanto garantisce una disciplina uniforme della materia a livello nazionale.

        L'articolo 6, relativo al domicilio degli agenti di brevetto, è compatibile in quanto la normativa della concorrenza è di competenza

esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

        L'articolo 7, relativo agli affidamenti di servizi pubblici locali, è compatibile in quanto la normativa della concorrenza è di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

        L'articolo 8, recante disposizioni in materia di rimpatri, è compatibile in quanto l'immigrazione è materia di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera b), della Costituzione.

        L'articolo 9, recante disposizioni concernenti la patente di guida, è compatibile in quanto trattasi di norme in materia di ordine pubblico e sicurezza di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione.

        L'articolo 10, relativo all'accesso all'infrastruttura ferroviaria, è compatibile con il riparto di competenze tra lo Stato e le regioni previsto dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione in materia di «grandi reti di trasporto», in quanto l'articolo attiene alla determinazione dei princìpi fondamentali della materia riservati alla legislazione dello Stato.

        L'articolo 11, relativo al regime dell'IVA applicabile alle spedizioni di valore modesto, è compatibile con il riparto di competenza concorrente tra lo Stato e le regioni sul coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

        L'articolo 12, relativo al registro degli aiuti di Stato, è compatibile in quanto la norma è predisposta a tutela della concorrenza, materia di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

        L'articolo 13 relativo agli obblighi di monitoraggio e relazione sui Servizi di interesse economico generale è compatibile in quanto la norma è predisposta a tutela dei rapporti dello Stato con l'Unione europea, materia di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione.

        L'articolo 14 riguardante la salute e la sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili, è compatibile in quanto garantisce una disciplina uniforme della materia a livello nazionale.

        L'articolo 15, recante norme di recepimento della direttiva 2009/13/CE sul lavoro marittimo, è compatibile in quanto garantisce una disciplina uniforme della materia a livello nazionale.

        L'articolo 16, relativo al sistema di identificazione degli animali della specie bovina è compatibile in quanto la norma riguarda la tipologia delle informazioni minime da inserire in una banca di dati nazionale finalizzata a realizzare un coordinamento informatico dei dati provenienti dall'amministrazione statale, regionale e locale, materia questa di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione.

        L'articolo 17 interviene sulla disciplina della cattura dei richiami vivi, materia ambientale di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

        L'articolo 18 relativo al divieto di commercializzazione degli uccelli protetti in tutto il territorio europeo, introduce una norma a

tutela dell'ambiente, materia di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

        L'articolo 19, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, contiene anch'esso norme in materia ambientale, legislazione di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

        L'articolo 20 concernente la partecipazione italiana al meccanismo unionale di protezione civile, è compatibile in quanto disciplina compiti e funzioni di strutture nazionali di protezione civile.

6)    Verifica della compatibilità con i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza sanciti dall'articolo 118, primo comma, della Costituzione.

        Le norme contenute nel provvedimento non impattano con i princìpi richiamati dall'articolo 118 della Costituzione.

7)    Verifica dell'assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione e degli strumenti di semplificazione normativa.

        Nel presente disegno di legge non sono contenute norme di rilegificazione o di delegificazione.

        All'articolo 2 è previsto un regime autorizzatorio semplificato per la fornitura dei servizi di connettività a banda larga a bordo delle navi. Viene precisato, infatti, che a bordo delle navi i servizi di connettività a banda larga non debbono più essere iscritti nella licenza di esercizio e possono essere installati da qualsiasi operatore consegua un'autorizzazione generale ai sensi dell'articolo 25 del codice delle comunicazioni, superando in tal modo l'attuale regime che concentra la fornitura dei servizi commerciali e la gestione degli apparati di radiocomunicazione facoltativi in capo unicamente alle Accounting Authorities e che impone alle imprese di acquisire la qualifica di Accounting Authority per poter offrire tali servizi a bordo di imbarcazioni battenti bandiera italiana.

8)    Verifica dell'esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all'esame del Parlamento e relativo stato dell’iter.

        Non sussistono progetti di legge, attualmente all'esame del Parlamento, vertenti su materie analoghe.

9)    Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi di costituzionalità sul medesimo o analogo oggetto.

        Non risultano pendenti giudizi di costituzionalità sull'oggetto del presente disegno di legge.

PARTE II. CONTESTO NORMATIVO EUROPEO E INTERNAZIONALE

10)    Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento dell'Unione europea.

        Il provvedimento è finalizzato all'adeguamento dell'ordinamento nazionale a quello dell'Unione europea.

11)    Verifica dell'esistenza di procedure di infrazione da parte della Commissione europea sul medesimo o analogo oggetto.

        Di seguito si elencano le procedure d'infrazione e i casi EU Pilot che il presente disegno di legge è volto a risolvere:

di commercializzazione di specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo
Art. Rubrica Infrazione o pre-infrazione
1 Disposizioni relative alla commercializzazione di apparecchiature televisive in Italia Caso EU Pilot 6868/14/ENTR
2 Modifiche al codice delle comunicazioni elettroniche in materia di impianti ed esercizio di stazioni radioelettriche a bordo di navi Caso EU Pilot 5301/13/CNCT
3 Servizio di radiodiffusione sonora in onde medie a modulazione di ampiezza Caso EU Pilot 3473/12/INSO
4 Modifiche all'articolo 34 del codice comunicazioni elettroniche Procedura di infrazione 2013/4020
5 Disposizioni relative ai servizi di media audiovisivi Caso EU Pilot 1890/11/INSO
6 Disposizioni concernenti la libera prestazione di servizi degli agenti di brevetto Procedura di infrazione 2014/4139
7 Norme in materia di affidamento dei servizi pubblici locali
Procedura di infrazione 2011/4003 e Procedura di infrazione 2012/2050
8 Disposizioni in materia di immigrazione e rimpatri Procedura di infrazione 2014/2235
9
Disposizioni concernenti la patente di guida
Procedura di infrazione 2014/2116 e Caso Eu Pilot 7070/14/MOVE
10
Disposizioni concernenti l'accesso all'infrastruttura ferroviaria
Procedura di infrazione 2008/2097 allo stadio di messa in mora ex articolo 260 TFUE per inottemperanza della sentenza di condanna dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea del 3 ottobre 2013 emessa nella causa C-369/11
11 Modifiche alla disciplina IVA di talune importazioni di merci di valore modesto Procedura di infrazione 2012/2088
14 Disposizioni in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili Caso EU Pilot 6155/14/EMPL
15 Disposizioni di attuazione della direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, sul lavoro marittimo Procedura di infrazione 2014/0515
17 Disposizioni relative alla cattura di richiami vivi. Modifiche alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio Procedura d'infrazione 2014/2006
18 Divieto
Caso EU-Pilot 5391/13/ENVI
19 Disposizioni finalizzate al corretto recepimento della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio Procedura di infrazione 2014/2123

12)    Analisi della compatibilità dell'intervento con gli obblighi internazionali.

        Il provvedimento non impatta con obblighi internazionali.

        L'articolo 2, comma 2, prevede che, per determinate classi di navi, l'impianto e l'esercizio anche contabile dei soli apparati di radiocomunicazioni obbligatori e facoltativi per la salvaguardia della vita umana in mare, previsti dalla normativa internazionale e nazionale in materia di sicurezza e navigazione, è affidato ad imprese titolari di apposita autorizzazione generale, rilasciata dal Ministero dello sviluppo economico, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e nella quale sono definiti i requisiti per l'espletamento di tale servizio.

        L'articolo 3 prevede che, nel rispetto delle risorse di frequenze e delle connesse aree di servizio attribuite all'Italia e coordinate secondo le regole stabilite dall'Unione internazionale per le telecomunicazioni (UIT) in base al Piano di radiodiffusione - Ginevra 1975, le diffusioni sonore effettuate in onde medie possano essere realizzate anche da soggetti nuovi entranti.

        L'articolo 8 dispone che gli stranieri titolari di valido permesso di soggiorno rilasciato da un altro Stato membro, se vengono in Italia in posizione irregolare, devono essere rinviati in quello Stato membro solo in presenza di un accordo o di un'intesa bilaterale, entrati in vigore in data anteriore al 13 gennaio 2009. In ogni altro caso, devono essere rimpatriati nel Paese di origine o di provenienza.

13)    Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea sul medesimo o analogo oggetto.

        Non pendono, al momento, innanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea giudizi inerenti alle materie trattate dal disegno di legge in esame.

        Le disposizioni dell'articolo 8, relative al rimpatrio di stranieri titolari di un permesso di soggiorno in corso di validità rilasciato da un altro Stato dell'Unione europea, mirano all'adeguamento al contenuto della sentenza pregiudiziale della Corte di giustizia dell'Unione europea del 6 dicembre 2012 (C-430/11).

        Le disposizioni dell'articolo 10, relative all'accesso all'infrastruttura ferroviaria, ottemperano alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 3 ottobre 2013, emessa nella causa C-369/11, che ha condannato l'Italia per non aver garantito al Gestore dell'infrastruttura ferroviaria (RFI) sufficiente indipendenza gestionale, dal

momento che, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 188 del 2003, i canoni per l'accesso all'infrastruttura, seppur proposti dal Gestore stesso, acquisiscono valore legale solo con la pubblicazione del decreto di approvazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

14)    Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo sul medesimo o analogo oggetto.

        Non risultano pendenti giudizi innanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo in ordine alle materie oggetto delle disposizioni contenute nel disegno di legge.

        L'articolo 7, relativo agli affidamenti di servizi pubblici locali, riguarda una materia che è stata oggetto di copiosa giurisprudenza da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea. Si segnala di seguito la giurisprudenza più rilevante, ripresa anche nel parere motivato della procedura di infrazione 2012/2050.

        Nella sentenza Teleaustria, in causa C-324/98, la Corte di giustizia ha affermato che, sebbene le concessioni di servizi siano escluse dal campo di applicazione della direttiva 2004/18/CE, l'affidamento delle concessioni di servizi deve comunque avvenire nel rispetto delle norme e dei principi contenuti nel Trattato, e segnatamente degli articoli 49 e 56 del TFUE.

        Ciò implica un obbligo di trasparenza che consiste nel garantire, in favore di ogni operatore economico potenzialmente interessato a fornire i servizi in questione, un adeguato livello di pubblicità che consenta l'apertura del mercato dei servizi alla concorrenza nonché il controllo sull'imparzialità delle procedure di aggiudicazione.

        Secondo la Corte, inoltre, nel caso in cui un appalto sia stato attribuito senza indizione di una gara ad una società a capitale interamente pubblico considerata una struttura «interna» all'autorità pubblica concedente, il fatto che, successivamente, ma sempre durante il periodo di validità di tale appalto, azionisti privati siano ammessi a partecipare al capitale di detta società costituisce «un cambiamento di una condizione fondamentale dell'appalto» che necessita di «un'indizione di gara» (sentenza 10 settembre 2009, causa C-573/07, Sea Srl, punto 53).

        Infatti, la partecipazione anche minoritaria, di un'impresa privata nel capitale di una società a cui partecipa anche l'amministrazione aggiudicatrice interessata «esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla detta società un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi» (sentenza 11 gennaio 2005, causa C-26/03, Stadt Halle, punto 49; sentenza 11 maggio 2006, causa C-340/04, Carbotermo, punto 37; sentenza 10 settembre 2009, causa C-573/07, Sea Srl, punto 46).

        Da qui la necessità di mettere in evidenza che l'articolo 34, comma 22, del decreto-legge n. 179 del 2012 non si applica soltanto agli affidamenti assentiti prima del 1 ottobre 2003 a società quotate in borsa a quella data, vale a dire in un momento nel quale non esisteva ancora la giurisprudenza in base alla quale la partecipazione,

anche minoritaria, di privati nel capitale di una società impedisce in ogni caso l'esistenza del controllo analogo (sentenza 11 gennaio 2005, causa C-26/03, Stadt Halle), bensì si applica anche ad affidamenti assentiti a società poste, anche posteriormente alla giurisprudenza in questione, sotto il controllo di altre società quotate in borsa al 1 ottobre 2003.

15)    Eventuali indicazioni sulle linee prevalenti della regolamentazione sul medesimo oggetto da parte di altri Stati membri dell'Unione europea.

        Non sono emerse indicazioni sulle linee prevalenti della regolamentazione sui medesimi oggetti da parte di altri Stati membri dell'Unione europea.

PARTE III. ELEMENTI DI QUALITÀ SISTEMATICA E REDAZIONALE DEL TESTO

1)    Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.

        L'articolo 12 definisce «Registro nazionale degli aiuti» lo strumento destinato a raccogliere le informazioni e a consentire i necessari controlli in ordine agli aiuti di Stato e agli aiuti de minimis concessi alle imprese a valere su risorse pubbliche, ivi inclusi quelli concessi a titolo di compensazione per i servizi di interesse economico generale.

        L'articolo 15, relativo al recepimento della direttiva 2009/13/CE, introduce nell'ordinamento nazionale la nuova definizione di armatore prevista dall'articolo 2, numero 2), capoverso d), della direttiva 2009/13/CE, che a sua volta ha sostituito la lettera d) della clausola 2 dell'allegato alla precedente direttiva 1999/63/CE.

        La nuova definizione conferma in realtà la vigente nozione di armatore prevista dall'articolo 2, comma 1, lettera e), del decreto legislativo n. 108 del 2005 nella parte in cui specifica che armatore è il proprietario dell'unità o nave od ogni altro organismo o la persona che abbia rilevato dal proprietario la responsabilità per l'esercizio della nave e, di conseguenza, abbia accettato di assumersi i relativi obblighi e responsabilità, variando il richiamo, che attualmente si rinviene effettuato in seno alla stessa, in via esemplificativa, all'imprenditore o noleggiatore dell'unità o nave, con quello al gestore o agente o noleggiatore a scafo nudo. Inoltre, la nuova formulazione aggiunge, a chiusura del testo attualmente vigente, un inciso volto a chiarire che i predetti soggetti (i quali tutti rivestono la qualifica di «armatore») conservano la responsabilità per l'esercizio della nave e per l'assolvimento dei correlativi compiti e obblighi, indipendentemente dal fatto che altri organismi o persone assolvano taluni dei compiti o obblighi dell'armatore. La disposizione è evidentemente

finalizzata ad una più compiuta individuazione dei soggetti in capo ai quali devono restare ascritte tutte le responsabilità proprie dell'armatore e a scongiurare il rischio di lacune del sistema.

2)    Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni e integrazioni subite dai medesimi.

        Sono stati verificati i riferimenti normativi contenuti nel disegno di legge: risultano corretti e corrispondenti alla versione vigente dei testi.

3)    Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni e integrazioni a disposizioni vigenti.

        Si è fatto ricorso alla tecnica della novella per la maggior parte delle disposizioni del disegno di legge, considerata la necessità di non alterare testi base che disciplinano la materia.

4)    Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.

        Non si ravvisano effetti abrogativi impliciti nelle disposizioni del presente disegno di legge.

5)    Individuazione di disposizioni dell'atto normativo aventi effetto retroattivo o di reviviscenza di norme precedentemente abrogate o di interpretazione autentica o derogatorie rispetto alla normativa vigente.

        Nello schema di disegno di legge non sussistono disposizioni dell'atto normativo aventi effetto retroattivo, né disposizioni derogatorie rispetto alla normativa vigente.

        L'articolo 4, alla lettera a), numero 2), capoverso 2-bis, introduce una norma di interpretazione autentica circa la compatibilità del sistema di cosiddetto «autofinanziamento» di cui all'articolo 1, commi 65 e 66, della legge n. 266 del 2005, per la copertura dei costi amministrativi sostenuti dall'Autorità, con il regime europeo, previsto dall'articolo 12 della direttiva 2002/20/CE, relativo ai diritti amministrativi dovuti dai soggetti autorizzati alla fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica.

        L'articolo 7, relativo alle scadenze degli affidamenti diretti di servizi pubblici locali, contiene una norma di interpretazione autentica sul significato da dare alla data del 1 ottobre 2003 prevista dal comma 22 dell'articolo 34 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179.

        Il periodo precedente al 1 ottobre 2003, come illustrato nel precedente punto, costituisce il periodo nel quale non esisteva ancora

la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea in base alla quale la partecipazione, anche minoritaria, di privati nel capitale di una società impedisce in ogni caso l'esistenza del controllo analogo (sentenza 11 gennaio 2005, causa C-26/03, Stadt Halle).

        L'articolo, volto a garantire la continuità dei contratti di servizio pubblico fino alla loro naturale scadenza o fino al 2020 in mancanza di scadenza prevista dal contratto, per gli affidamenti assentiti alla data del 1 ottobre 2003, chiarisce che il 1 ottobre 2003 non è soltanto la data entro la quale deve essere stato affidato un servizio pubblico ad una società in house o la data entro la quale deve essere stata quotata in borsa la società privata che abbia successivamente acquisito partecipazioni nella società pubblica affidataria diretta del servizio, ma è anche la data entro la quale la società pubblica affidataria del servizio deve essere stata sottoposta al controllo di una società quotata in borsa, attraverso operazioni di fusione o incorporazione con altre società private.

6)    Verifica della presenza di deleghe aperte sul medesimo oggetto, anche a carattere integrativo o correttivo.

        La legge n. 157 del 2014 (legge di delegazione europea 2013 – 2 semestre) ha conferito delega al Governo per il recepimento, entro il prossimo 16 aprile 2015, della direttiva di rifusione 2012/34/UE, che istituisce uno spazio ferroviario unico. Le disposizioni dell'articolo 10, in materia di accesso all'infrastruttura ferroviaria, se non saranno approvate prima di quella data, confluiranno nello schema di decreto legislativo di recepimento di tale direttiva.

7)    Indicazione degli eventuali atti successivi attuativi; verifica della congruità dei termini previsti per la loro adozione.

        Atti attuativi del presente disegno di legge sono previsti dai seguenti articoli:

            l'articolo 11 comma 2, relativo alle franchigie doganali applicabili alle merci importate di valore modesto, prevede l'adozione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con il quale apportare modifiche al regolamento recante norme in tema di franchigie fiscali adottato con il decreto del Ministro delle finanze del 5 dicembre 1997, n. 489, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 1998, stabilendo che, nel caso di applicazione della franchigia alle piccole spedizioni a carattere non commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alle direttive 2006/79/CE e 2009/132/CE, sono ammessi alla franchigia dai diritti doganali anche i relativi servizi accessori a prescindere dal loro ammontare. Il termine entro quale dovrà essere adottato questo decreto ministeriale non è previsto;

            l'articolo 10, relativo all'accesso all'infrastruttura ferroviaria, prevede, alla lettera c) del comma 1, che con decreto dei Ministri delle

infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze i canoni determinati dal Gestore dell'infrastruttura ferroviaria possano essere maggiorati o ridotti soltanto per coprire costi derivanti dagli effetti ambientali causati dalla circolazione dei treni;

            l'articolo 12, relativo al Registro nazionale degli aiuti di Stato, alla lettera b), capoverso Art. 52, comma 6, prevede l'adozione di un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro un termine congruo (centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del novellato articolo) per la disciplina del funzionamento del Registro, con la definizione delle modalità operative per la raccolta, la gestione e il controllo dei dati e delle informazioni relative agli aiuti, inclusi i criteri per l'eventuale interoperabilità con le banche dati esistenti in materia di agevolazioni pubbliche alle imprese;

            l'articolo 15, relativo al recepimento della direttiva 2009/13/CE sul lavoro marittimo, al comma 2 prevede l'adozione di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentite le organizzazioni comparativamente più rappresentative degli armatori e dei marittimi interessate, per individuare i lavori ai quali è vietato adibire i minori di anni diciotto in considerazione della pericolosità per la salute e la sicurezza degli stessi.

8)    Verifica della piena utilizzazione e dell'aggiornamento di dati e di riferimenti statistici attinenti alla materia oggetto del provvedimento, ovvero indicazione della necessità di commissionare all'Istituto nazionale di statistica apposite elaborazioni statistiche, con correlata indicazione nella relazione economico-finanziaria della sostenibilità dei relativi costi.

        Per la predisposizione dell'intervento normativo in argomento sono stati utilizzati, nei diversi settori d'intervento, dati e riferimenti statistici già disponibili presso amministrazioni ed enti pubblici.


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DISEGNO DI LEGGE
Capo I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI
Art. 1.
(Abrogazione di disposizioni relative alla commercializzazione di apparecchiature televisive in Italia. Caso EU Pilot 6868/14/ENTR).

      1. Sono abrogate le seguenti disposizioni relative alla commercializzazione di apparecchiature televisive:

          a) il decreto del Ministro per le poste e le telecomunicazioni 6 febbraio 1978, recante «Norme relative all'immissione al consumo nel territorio nazionale di ricevitori per televisione», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 55 del 24 febbraio 1978;

          b) il decreto del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni 26 marzo 1992, recante «Revisione del decreto ministeriale 6 febbraio 1978, concernente le norme per l'immissione al consumo nel territorio nazionale di ricevitori per televisione», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 91 del 17 aprile 1992;

          c) il decreto del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni 3 agosto 1984, recante «Scelta del sistema per il servizio sperimentale di televideo, obbligo della presa di peritelevisione e modalità per l'immissione in commercio dei televisori per televideo», pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 240 del 31 agosto 1984;

          d) il decreto del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni 3 agosto 1984, recante «Scelta del sistema per la trasmissione con suono stereofonico in televisione e disposizioni per l'immissione in commercio

di televisori stereofonici», pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 240 del 31 agosto 1984;

          e) il decreto del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni 29 marzo 1985, recante «Autorizzazione alla immissione sul mercato nazionale di ricevitori televisivi predisposti per la ricezione delle trasmissioni televisive stereofoniche», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 2 maggio 1985.

Capo II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE, DEI SERVIZI E DEI CAPITALI
Art. 2.
(Modifiche al codice delle comunicazioni elettroniche in materia di impianti ed esercizio di stazioni radioelettriche a bordo di navi. Caso EU Pilot 5301/13/CNCT).

      1. I commi 1 e 2 dell'articolo 183 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, sono sostituiti dai seguenti:
      «1. Per le stazioni radioelettriche a bordo delle navi è rilasciata dal Ministero l'autorizzazione all'esercizio, previo esito favorevole del collaudo di cui all'articolo 176. Tutti gli apparati di radiocomunicazione o di ausilio alle radiocomunicazioni di natura obbligatoria e facoltativa, strettamente legati alla sicurezza della vita umana in mare, devono essere elencati nella licenza di esercizio di cui all'articolo 160. Soltanto gli apparati facoltativi legati ai servizi che vanno ad interfacciarsi con una rete pubblica non devono essere elencati nella licenza. L'offerta di un servizio di comunicazione elettronica al pubblico per mezzo di apparati facoltativi che vanno ad interfacciarsi con una rete pubblica è soggetta al conseguimento di un'autorizzazione generale per servizi di comunicazione elettronica.


      2. Per determinate classi di navi, l'impianto e l'esercizio, anche contabile, dei soli apparati di radiocomunicazione obbligatori e facoltativi per la salvaguardia della vita umana in mare, previsti dalla normativa internazionale e nazionale in materia di sicurezza e navigazione, è affidato a imprese titolari di apposita autorizzazione generale, rilasciata dal Ministero, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nella quale sono definiti i requisiti per l'espletamento di tale servizio».
Art. 3.
(Disposizioni in materia di servizi di radiodiffusione sonora in onde medie a modulazione di ampiezza. Caso EU Pilot 3473/12/INSO).

      1. Dopo l'articolo 24 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, è inserito il seguente:
      «Art. 24-bis. – (Assegnazione dei diritti d'uso per le trasmissioni di radiodiffusione sonora). – 1. Nel rispetto delle risorse di frequenze e delle connesse aree di servizio attribuite all'Italia e coordinate secondo le regole stabilite dall'Unione internazionale delle telecomunicazioni (UIT) in base al Piano di radiodiffusione - Ginevra 1975, le frequenze radio in onde medie a modulazione di ampiezza (AM) possono essere assegnate dal Ministero per le trasmissioni di radiodiffusione sonora, compatibilmente con gli obblighi del servizio pubblico di cui al presente decreto e con i relativi piani di sviluppo, anche a soggetti nuovi entranti, previa individuazione dei criteri e delle modalità di assegnazione da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, tenuto conto dei princìpi di cui agli articoli 27, comma 5, e 29, comma 3 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, e in modo da consentire un uso efficiente dello spettro radioelettrico, anche promuovendo l'innovazione tecnologica».

Art. 4.
(Disposizioni relative ai costi amministrativi a carico dei fornitori di servizi di comunicazioni elettroniche. Procedura di infrazione n. 2013/4020).

      1. Al codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 34:

              1) il comma 2 è sostituito dal seguente:
      «2. Per la copertura dei costi amministrativi sostenuti per le attività di competenza del Ministero, la misura dei diritti amministrativi di cui al comma 1 è individuata nell'allegato n. 10»;

              2) dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:
      «2-bis. Per la copertura dei costi amministrativi sostenuti per le attività di competenza dell'Autorità, la misura dei diritti amministrativi di cui al comma 1 è determinata ai sensi dell'articolo 1, commi 65 e 66, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sulla base dei ricavi maturati dalle imprese nelle attività oggetto dell'autorizzazione generale.
      2-ter. Il Ministero, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, e l'Autorità pubblicano annualmente i costi amministrativi sostenuti per le attività di cui al comma 1 e l'importo complessivo dei diritti riscossi ai sensi, rispettivamente, dei commi 2 e 2-bis. In base alle eventuali differenze tra l'importo totale dei diritti e i costi amministrativi, vengono apportate opportune rettifiche»;

          b) all'allegato n. 10, il comma 1 dell'articolo 1 è sostituito dal seguente:
      «1. Al fine di assicurare la copertura degli oneri di cui al comma 1 dell'articolo 34 del Codice, le imprese titolari di autorizzazione generale per l'installazione e la fornitura di reti pubbliche di comunicazioni, comprese quelle basate sull'impiego

di radiofrequenze, le imprese titolari di autorizzazione generale per l'offerta del servizio telefonico accessibile al pubblico, con esclusione di quello offerto in luoghi presidiati mediante apparecchiature terminali o attraverso l'emissione di carte telefoniche, sono tenute al pagamento di un contributo annuo, compreso l'anno dal quale decorre l'autorizzazione generale. Tale contributo, che per gli anni successivi a quello del conseguimento dell'autorizzazione deve essere versato entro il 31 gennaio di ciascun anno, anche nel caso di rinuncia qualora inviata in data successiva al 31 dicembre dell'anno precedente, è determinato nei seguenti importi:

              a) nel caso di fornitura di reti pubbliche di comunicazioni:

                  1) sull'intero territorio nazionale: 127.000 euro;

                  2) su un territorio avente più di 1 milione e fino a 10 milioni di abitanti: 64.000 euro;

                  3) su un territorio avente più di 200.000 e fino a 1 milione di abitanti: 32.000 euro;

                  4) su un territorio avente fino a 200.000 abitanti: 17.000 euro;

                  5) per le imprese che operano con proprie infrastrutture di terminazione ed erogano il servizio a utenti finali in numero pari o inferiore a 50.000: 500 euro ogni mille utenti. Il numero degli utenti è calcolato sul quantitativo delle linee attivate a ciascun utente finale;

              b) nel caso di fornitura di servizio telefonico accessibile al pubblico:

                  1) sull'intero territorio nazionale: 75.500 euro;

                  2) su un territorio avente più di 1 milione e fino a 10 milioni di abitanti: 32.000 euro;

                  3) su un territorio avente più di 200.000 e fino a 1 milione di abitanti: 12.500 euro;

                  4) su un territorio avente fino a 200.000 abitanti: 6.400 euro;

                  5) per le imprese che operano con proprie infrastrutture di terminazione ed erogano il servizio a utenti finali in numero pari o inferiore a 50.000: 300 euro ogni mille utenti. Il numero degli utenti è calcolato sul quantitativo delle risorse di numerazione attivate a ciascun utente finale;

              c) nel caso di fornitura del servizio di comunicazioni mobili e personali, il contributo è pari a 75.500 euro, fatto salvo il caso in cui il contributo sia stato determinato in una procedura di selezione competitiva o comparativa;

          d) nel caso di fornitura, anche congiuntamente, di servizi di rete o di comunicazione elettronica via satellite:

              1) fino a 10 stazioni: 2.220 euro;

              2) fino a 100 stazioni: 5.550 euro;

              3) oltre 100 stazioni: 11.100 euro».

Art. 5.
(Disposizioni relative ai servizi di media audiovisivi. Corretto recepimento della direttiva 89/552/CEE, come modificata dalla direttiva 2007/65/CE e codificata dalla direttiva 2010/13/UE. Caso EU Pilot 1890/11/INSO).

      1. All'articolo 38, comma 12, del testo unico di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, a condizione che abbiano autonoma collocazione nella programmazione e che non siano inseriti all'interno di un'interruzione pubblicitaria».

Art. 6.
(Disposizioni concernenti la libera prestazione di servizi degli agenti di brevetto. Procedura di infrazione n. 2014/4139).

      1. All'articolo 147 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 3-bis è sostituito dal seguente:
      «3-bis. In ciascuna domanda il richiedente deve indicare o eleggere domicilio in uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo per ricevervi tutte le comunicazioni e notificazioni da farsi a norma del presente codice. Qualora il richiedente si avvalga delle prestazioni di un mandatario, si applicano le disposizioni dell'articolo 201»;

          b) dopo il comma 3-bis sono aggiunti i seguenti:
      «3-ter. Salvo quanto previsto dall'articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni, nei casi in cui le disposizioni del presente codice prevedono l'obbligo di indicare o eleggere domicilio, le imprese, i professionisti o i loro mandatari, se vi siano, devono anche indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata o analogo indirizzo di posta elettronica basato su tecnologie che certifichino la data e l'ora dell'invio e della ricezione delle comunicazioni e l'integrità del contenuto delle stesse, garantendo l'interoperabilità con analoghi sistemi internazionali. Gli oneri delle comunicazioni a cui l'Ufficio italiano brevetti e marchi è tenuto a norma del presente codice sono a carico dell'interessato, anche se persona fisica, qualora sia stata omessa l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata o di analoga modalità di comunicazione.
      3-quater. Ove manchi l'indicazione o l'elezione del domicilio ai sensi dei commi 3-bis e 3-ter, nonché in tutti gli altri casi

di irreperibilità, le comunicazioni e le notificazioni sono eseguite mediante affissione di copia dell'atto o di avviso del contenuto di esso nell'albo dell'Ufficio italiano brevetti e marchi».

      2. All'articolo 148 del codice di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e successive modificazioni, al comma 2, lettera e-bis), e al comma 4, le parole: «in Italia» sono soppresse.

Art. 7.
(Disposizioni in materia di affidamento di servizi pubblici locali. Procedure di infrazione n. 2012/2050 e 2011/4003).

      1. Il comma 22 dell'articolo 34 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, è sostituito dal seguente:
      «22. Gli affidamenti diretti, assentiti alla data del 1 ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in un mercato regolamentato a tale data e a società da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile alla medesima data, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto; gli affidamenti che non prevedono una data di scadenza cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, il 31 dicembre 2020. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3-bis, comma 2-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e successive modificazioni, gli affidamenti diretti a società poste, successivamente al 1 ottobre 2003, sotto il controllo di società quotate cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, il 31 dicembre 2018 o alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto, se anteriore».

Capo III
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI GIUSTIZIA E SICUREZZA
Art. 8.
(Disposizioni in materia di immigrazione e di rimpatri. Procedura di infrazione n. 2014/2235).

      1. All'articolo 5, comma 7-ter, secondo periodo, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, le parole: «L'allontanamento è eseguito» sono sostituite dalle seguenti: «In presenza di accordi o intese bilaterali con altri Stati membri dell'Unione europea entrati in vigore in data anteriore al 13 gennaio 2009, l'allontanamento è eseguito».

Capo IV
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI TRASPORTI
Art. 9.
(Disposizioni concernenti la patente di guida. Procedura di infrazione n. 2014/2116 e caso EU Pilot 7070/14/MOVE).

      1. Al decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'allegato III, paragrafo A, punto A.4.2, le parole: «di 25 gradi verso l'alto» sono sostituite dalle seguenti: «di 30 gradi verso l'alto»;

          b) all'allegato IV, paragrafo 2, punto 2.1, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

              «a) deve essere titolare di una patente di guida corrispondente da almeno tre anni».

      2. Al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 115:

              1) la lettera b) del comma 1 è sostituita dalla seguente:

                  «b) anni sedici per guidare:

          1) veicoli cui abilita la patente di guida della categoria AM;

          2) veicoli cui abilita la patente di guida della categoria A1;

          3) veicoli cui abilita la patente di guida della categoria B1»;

              2) alla lettera c) del comma 1, il numero 1) è abrogato;

              3) il comma 4 è abrogato;

          b) all'articolo 116, comma 4, primo periodo, le parole: «la cui massa massima autorizzata non superi 750 kg» sono soppresse;

          c) all'articolo 118-bis, il comma 1 è sostituito dal seguente:
      «1. Ai fini del rilascio di una patente di guida o di una delle abilitazioni professionali di cui all'articolo 116, nonché dell'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 126, per residenza si intende la residenza normale in Italia di cittadini di Stati membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo»;

          d) all'articolo 170:

              1) il comma 2 è sostituito dal seguente:
      «2. Sui ciclomotori è vietato il trasporto di altre persone oltre al conducente, salvo che il posto per il passeggero sia espressamente indicato nel certificato di circolazione e che il conducente abbia età superiore a sedici anni»;

              2) al comma 7, le parole: «da conducente minorenne» sono sostituite dalle seguenti: «da conducente minore di sedici anni».

Art. 10.
(Disposizioni concernenti l'accesso all'infrastruttura ferroviaria. Procedura di infrazione n. 2008/2097).

      1. Al decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 11, comma 4, le parole: «al calcolo» sono sostituite dalle seguenti: «alla determinazione»;

          b) all'articolo 17:

              1) il comma 1 è sostituito dal seguente:
      «1. Ai fini dell'accesso e dell'utilizzo equo e non discriminatorio dell'infrastruttura ferroviaria da parte delle associazioni internazionali di imprese ferroviarie e delle imprese ferroviarie, l'Autorità di regolazione dei trasporti, di cui all'articolo 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, definisce i criteri per la determinazione del canone per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria da parte del gestore della rete e dei corrispettivi dei servizi di cui all'articolo 20»;

              2) al comma 2, la parola: «calcola» è sostituita dalla seguente: «determina»;

              3) al comma 9, le parole: «In sede di applicazione del decreto di cui al comma 1, il gestore dell'infrastruttura ferroviaria può, sulla base dei princìpi stabiliti dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,» sono sostituite dalle seguenti: «In sede di applicazione di quanto disposto al comma 1, il gestore dell'infrastruttura ferroviaria può, sulla base dei criteri stabiliti dall'Autorità di regolazione dei trasporti,»;

              4) il comma 10 è sostituito dal seguente:
      «10. Nelle more della definizione dei criteri di cui al comma 1 e della conseguente determinazione dei canoni da parte

del gestore dell'infrastruttura, i canoni di utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria continuano ad essere determinati sulla base dei criteri stabiliti dal decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 21 marzo 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 21 aprile 2000, e successive modificazioni»;

              5) il comma 11 è abrogato;

          c) all'articolo 18, comma 1, le parole: «con decreto adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze».

Capo V
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI FISCALITÀ, DOGANE E AIUTI DI STATO
Art. 11.
(Modifiche alla disciplina dell'imposta sul valore aggiunto relativa a talune importazioni di merci di valore modesto. Procedura di infrazione n. 2012/2088).

      1. All'articolo 9, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, dopo il numero 4) è inserito il seguente:
      «4-bis) i servizi accessori relativi alle piccole spedizioni di carattere non commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alle direttive 2006/79/CE del Consiglio, del 5 ottobre 2006, e 2009/132/CE del Consiglio, del 19 ottobre 2009, sempreché i corrispettivi dei servizi accessori abbiano concorso alla formazione della base imponibile ai sensi dell'articolo 69 del presente decreto e ancorché la medesima non sia stata assoggettata all'imposta».

      2. Con regolamento adottato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono apportate modifiche al regolamento recante

norme in tema di franchigie fiscali, di cui al decreto del Ministro delle finanze 5 dicembre 1997, n. 489, con le quali si stabilisce che, nel caso di applicazione della franchigia alle piccole spedizioni di carattere non commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alle direttive 2006/79/CE del Consiglio, del 5 ottobre 2006, e 2009/132/CE del Consiglio, del 19 ottobre 2009, sono ammessi alla franchigia dai diritti doganali anche i relativi servizi accessori indipendentemente dal loro ammontare.
Art. 12.
(Disposizioni relative alla gestione e al monitoraggio degli aiuti pubblici alle imprese).

      1. Alla legge 24 dicembre 2012, n. 234, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 46 sono apportate le seguenti modificazioni:

              1) al comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A decorrere dal 1 gennaio 2017, la predetta verifica è effettuata attraverso l'accesso al Registro nazionale degli aiuti di Stato di cui all'articolo 52.»;

              2) il comma 4 è abrogato a decorrere dal 1 gennaio 2017;

          b) l'articolo 52 è sostituito dal seguente:
      «Art. 52. – (Registro nazionale degli aiuti di Stato). – 1. Al fine di garantire il rispetto dei divieti di cumulo e degli obblighi di trasparenza e di pubblicità previsti dalla normativa europea e nazionale in materia di aiuti di Stato, i soggetti pubblici o privati che concedono ovvero gestiscono i predetti aiuti trasmettono le relative informazioni alla banca dati istituita presso il Ministero dello sviluppo economico ai sensi dell'articolo 14, comma 2, della legge 5 marzo 2001, n. 57, che assume la denominazione di “Registro nazionale degli aiuti di Stato”.

      2. Il Registro di cui al comma 1 contiene, in particolare, le informazioni concernenti:

          a) gli aiuti di Stato di cui all'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ivi compresi gli aiuti in esenzione dalla notifica;

          b) gli aiuti de minimis come definiti dal regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, e dal regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, nonché dalle disposizioni dell'Unione europea che saranno successivamente adottate nella medesima materia;

          c) gli aiuti concessi a titolo di compensazione per i servizi di interesse economico generale, ivi compresi gli aiuti de minimis ai sensi del regolamento (UE) n. 360/2012 della Commissione, del 25 aprile 2012;

          d) l'elenco dei soggetti tenuti alla restituzione degli aiuti incompatibili dei quali la Commissione europea abbia ordinato il recupero ai sensi dell'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999.

      3. I soggetti di cui al comma 1 sono tenuti ad avvalersi del Registro di cui al medesimo comma 1 al fine di espletare le verifiche propedeutiche alla concessione o all'erogazione degli aiuti di Stato e degli aiuti de minimis, comprese quelle relative al rispetto dei massimali di aiuto stabiliti dalle norme europee e dei divieti di cui all'articolo 46 della presente legge, nonché al fine di consentire il costante aggiornamento dei dati relativi ai medesimi aiuti anche attraverso l'inserimento delle informazioni relative alle vicende modificative degli stessi.
      4. Le informazioni relative agli aiuti di cui al comma 2, lettere a), b) e c), sono conservate e rese accessibili senza restrizioni, fatte salve le esigenze di tutela del segreto industriale, per dieci anni dalla data di concessione dell'aiuto, salvi i maggiori termini connessi all'esistenza di contenziosi o di procedimenti di altra

natura; le informazioni relative agli aiuti di cui al comma 2, lettera d), sono conservate e rese accessibili, senza restrizioni, fino alla data dell'effettiva restituzione dell'aiuto.
      5. Il monitoraggio delle informazioni relative agli aiuti di Stato nei settori agricolo e forestale, ivi compresi gli aiuti nelle zone rurali, e della pesca e acquacoltura continua a essere disciplinato dalla normativa europea di riferimento ed è assicurato attraverso la piena integrazione e interoperabilità del Registro di cui al comma 1 con i registri già esistenti per i settori dell'agricoltura e della pesca.
      6. Con regolamento adottato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente articolo, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, è adottata la disciplina per il funzionamento del Registro di cui al comma 1 del presente articolo, con la definizione delle modalità operative per la raccolta, la gestione e il controllo dei dati e delle informazioni relativi agli aiuti di cui al comma 2, compresi i criteri per l'eventuale interoperabilità con le banche di dati esistenti in materia di agevolazioni pubbliche alle imprese. Il predetto regolamento individua altresì, in conformità con le pertinenti norme europee in materia di aiuti di Stato, i contenuti specifici degli obblighi ai fini dei controlli di cui al comma 3, nonché la data a decorrere dalla quale il controllo relativo agli aiuti de minimis di cui al comma 2 già concessi avviene esclusivamente tramite il medesimo Registro, nel rispetto dei termini stabiliti dall'articolo 6, paragrafo 2, del citato regolamento (UE) n. 1407/2013. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al primo periodo, si applicano le modalità di trasmissione delle informazioni relative agli aiuti alle imprese, stabilite ai sensi dell'articolo 14, comma 2, della legge 5 marzo 2001, n. 57.
      7. Decorsi sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 6, la trasmissione delle informazioni al Registro di cui al comma 1 e, a decorrere dal 1 gennaio 2017, l'adempimento degli obblighi di interrogazione del Registro medesimo costituiscono condizione legale di efficacia dei provvedimenti che dispongono concessioni ed erogazioni degli aiuti di cui al comma 2. I provvedimenti di concessione e di erogazione di detti aiuti indicano espressamente l'avvenuto inserimento delle informazioni nel Registro e l'avvenuta interrogazione dello stesso. L'inadempimento degli obblighi di cui ai commi 1 e 3 nonché al secondo periodo del presente comma è rilevato, anche d'ufficio, dai soggetti di cui al comma 1 e comporta la responsabilità patrimoniale del responsabile della concessione o dell'erogazione degli aiuti. L'inadempimento è rilevabile anche dall'impresa beneficiaria ai fini del risarcimento del danno».

      2. Le informazioni contenute nel Registro di cui all'articolo 52 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, sono utilizzate anche ai fini della relazione di cui all'articolo 1 della legge 7 agosto 1997, n. 266, che, a decorrere dall'anno 2015, è predisposta dal Ministero dello sviluppo economico e trasmessa alle Camere entro il 30 settembre di ciascun anno, al fine di illustrare le caratteristiche e l'andamento, nell'anno precedente, dei diversi provvedimenti di sostegno alle attività economiche e produttive, per una valutazione dei provvedimenti in questione e per fornire, in forma articolata, elementi di monitoraggio. Il Ministero dello sviluppo economico individua con proprio provvedimento le ulteriori informazioni utili alla predisposizione della relazione di cui al presente comma, che devono essere inserite nel Registro dai soggetti pubblici o privati che concedono o gestiscono agevolazioni pubbliche alle imprese.

Art. 13.
(Obblighi di monitoraggio e relazione concernenti i Servizi di interesse economico generale).

      1. Dopo l'articolo 45 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, è inserito il seguente:
      «Art. 45-bis. – (Obblighi di monitoraggio e relazione concernenti i servizi di interesse economico generale). – 1. Il Presidente del Consiglio dei ministri assicura l'adempimento degli obblighi di monitoraggio e informazione alla Commissione europea derivanti da disposizioni dell'Unione europea in materia di servizi di interesse economico generale, ivi compresa la predisposizione di relazioni periodiche riguardanti gli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico.
      2. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province e i comuni sono tenuti a fornire i dati relativi alle compensazioni concesse alle imprese incaricate della gestione dei servizi di interesse economico generale alle amministrazioni centrali di settore, che redigono le relazioni di rispettiva competenza sulla base dei predetti dati. Le relazioni sono trasmesse al Dipartimento delle politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri entro i termini fissati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 3, ai fini della predisposizione della relazione di cui al comma 1 da presentare alla Commissione europea.
      3. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente articolo, sono stabilite le modalità per l'attuazione dei commi 1 e 2».

      2. L'articolo 47 della legge 4 giugno 2010, n. 96, è abrogato.

Capo VI
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LAVORO E DI POLITICA SOCIALE
Art. 14.
(Disposizioni in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili. Caso EU Pilot 6155/14/EMPL).

      1. La lettera g-bis) del comma 2 dell'articolo 88 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, è sostituita dalla seguente:

          «g-bis) ai lavori relativi a impianti elettrici, reti informatiche, gas, acqua, condizionamento e riscaldamento che non comportino lavori edili o di ingegneria civile di cui all'allegato X».

Art. 15.
(Disposizioni di attuazione della direttiva 2009/13/CE sul lavoro marittimo. Procedura di infrazione n. 2014/0515).

      1. La lettera e) del comma 1 dell'articolo 2 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 108, è sostituita dalla seguente:

          «e) “armatore”: il proprietario dell'unità o della nave e ogni altro organismo o persona, quali il gestore, l'agente o il noleggiatore a scafo nudo, che abbia rilevato dal proprietario la responsabilità per l'esercizio della nave impegnandosi ad assolvere i correlativi compiti e obblighi, indipendentemente dal fatto che altri organismi o persone assolvano taluni dei compiti o obblighi dell'armatore».

      2. Al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) dopo l'articolo 5 è inserito il seguente:
      «Art. 5-bis. – (Lavori vietati ai minori). – 1. Con decreto del Ministro del lavoro e

delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentite le organizzazioni comparativamente più rappresentative degli armatori e dei marittimi interessate, sono individuati i lavori ai quali è vietato adibire i minori di anni diciotto in considerazione della pericolosità per la salute e la sicurezza degli stessi»;

          b) dopo l'articolo 38 è inserito il seguente:
      «Art. 38-bis. – (Sanzioni per l'adibizione dei minori ai lavori vietati). – 1. Chiunque adibisce i minori ai lavori vietati, individuati con il decreto previsto dall'articolo 5-bis, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 516 a euro 2.582».

Capo VII
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SALUTE PUBBLICA E SICUREZZA ALIMENTARE
Art. 16.
(Disposizioni relative al sistema di identificazione degli animali della specie bovina. Attuazione della direttiva 2014/64/UE, che modifica la direttiva 64/432/CEE per quanto concerne le basi di dati informatizzate che fanno parte delle reti di sorveglianza degli Stati membri).

      1. Il comma 2 dell'articolo 12 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 196, è sostituito dal seguente:
      «2. Per ciascun animale appartenente alla specie bovina sono indicati:

          a) il codice o i codici di identificazione unici per i casi di cui all'articolo 4, paragrafo 1, all'articolo 4-ter, all'articolo 4-quater, paragrafo 1, e all'articolo 4-quinquies del regolamento (CE) n. 1760/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 luglio 2000, e successive modificazioni;

          b) la data di nascita;

          c) il sesso;

          d) la razza o il mantello;

          e) il codice di identificazione della madre o, nel caso di un animale importato da un Paese terzo, il codice unico di identificazione del mezzo di identificazione individuale assegnato all'animale dallo Stato membro di destinazione a norma del citato regolamento (CE) n. 1760/2000;

          f) il numero di identificazione dell'azienda di nascita;

          g) i numeri di identificazione di tutte le aziende in cui l'animale è stato custodito e le date di ciascun cambiamento di azienda;

          h) la data del decesso o della macellazione;

          i) il tipo di mezzo di identificazione elettronica, se applicato all'animale».

Capo VIII
DISPOSIZIONI IN MATERIA AMBIENTALE
Art. 17.
(Disposizioni relative alla cattura di richiami vivi. Procedura di infrazione n. 2014/2006).

      1. Il comma 3 dell'articolo 4 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, è sostituito dal seguente:
      «3. L'attività di cattura per l'inanellamento e per la cessione ai fini di richiamo può essere svolta esclusivamente con mezzi, impianti o metodi di cattura che non sono vietati ai sensi dell'allegato IV alla direttiva 2009/147/CE da impianti della cui autorizzazione siano titolari le province e che siano gestiti da personale qualificato e valutato idoneo dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. L'autorizzazione alla gestione di tali impianti è concessa dalle regioni su parere dell'Istituto superiore per la protezione

e la ricerca ambientale, il quale svolge altresì compiti di controllo e di certificazione dell'attività svolta dagli impianti stessi e ne determina il periodo di attività».

      2. I commi 1-bis e 1-ter dell'articolo 16 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, sono abrogati.

Art. 18.
(Divieto di commercio di specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo. Caso EU Pilot 5391/13/ENVI).

      1. La lettera cc) del comma 1 dell'articolo 21 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e successive modificazioni, è sostituita dalla seguente:

          «cc) il commercio di esemplari vivi, non provenienti da allevamenti, di specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri dell'Unione europea, anche se importati dall'estero».

Art. 19.
(Disposizioni finalizzate al corretto recepimento della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio. Procedura di infrazione n. 2014/2123).

      1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 217, comma 2, le parole: «a qualsiasi titolo» sono sostituite dalle seguenti: «o da qualunque altro soggetto che produce o utilizza imballaggi o rifiuti di imballaggio»;

          b) all'articolo 217, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
      «2-bis. Le disposizioni del presente titolo relative alle modalità di progettazione e di produzione degli imballaggi si

applicano a tutti gli imballaggi immessi sul mercato dell'Unione europea»;

          c) all'articolo 217, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
      «3-bis. È garantita l'immissione sul mercato nazionale degli imballaggi conformi alle previsioni del presente titolo e ad ogni altra disposizione normativa adottata nel rispetto di quanto previsto dalla direttiva 94/62/CE»;

          d) all'articolo 218, comma 1, lettera o), le parole: «biogas con recupero energetico» sono sostituite dalla seguente: «metano»;

          e) all'articolo 218, comma 1, lettera z), le parole: «soggetti interessati» sono sostituite dalla seguente: «soggetti»;

          f) all'articolo 226, comma 3, il primo periodo è sostituito dal seguente: «I requisiti essenziali stabiliti dalla direttiva 94/62/CE nonché quelli di cui all'allegato F alla parte IV si presumono soddisfatti quando gli imballaggi sono conformi alle pertinenti norme armonizzate, i cui numeri di riferimento siano stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, o alle norme nazionali che abbiano recepito tali norme armonizzate e, in mancanza di queste, agli standard europei fissati dal Comitato europeo di normalizzazione.»;

          g) all'articolo 226, comma 3, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «In mancanza delle norme armonizzate, i requisiti essenziali stabiliti nella direttiva 94/62/CE nonché quelli di cui all'allegato F alla parte IV si presumono soddisfatti quando gli imballaggi sono conformi alle pertinenti norme nazionali, adottate ai sensi del paragrafo 3 dell'articolo 9 della direttiva 94/62/CE.»;

          h) all'allegato E alla parte IV, al numero 1), dopo le parole: «e fino all'80% in peso dei rifiuti di imballaggio» sono inserite le seguenti: «; entro il 31 dicembre 2008 saranno raggiunti i seguenti obiettivi minimi di riciclaggio per i».

Capo IX
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PROTEZIONE CIVILE
Art. 20.
(Capacità europea di risposta emergenziale).

      1. In attuazione della decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, su un meccanismo unionale di protezione civile, al fine di concorrere al funzionamento del meccanismo medesimo, denominato Capacità europea di risposta emergenziale (EERC), istituito ai sensi dell'articolo 11 della citata decisione n. 1313/2013/UE, è autorizzato l'impiego di moduli, di mezzi, di attrezzature e di esperti qualificati, all'uopo specificamente formati.
      2. A seguito di richiesta di assistenza inoltrata tramite il Centro di coordinamento europeo della risposta alle emergenze (ERCC), il Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, valutata l'assenza di elementi ostativi di cui al paragrafo 7 dell'articolo 11 della decisione n. 1313/2013/UE e ferma restando la possibilità di ritirare tali mezzi nel caso in cui ricorrano i gravi motivi di cui al paragrafo 8 del medesimo articolo, è autorizzato ad attivare e coordinare le risorse di cui al comma 1 del presente articolo, previa informativa al Presidente del Consiglio dei ministri.
      3. Al fine della partecipazione dell'Italia alle attività di cui ai commi 1 e 2, il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri è autorizzato a intraprendere ogni utile iniziativa finalizzata ad attivare le misure rientranti nell'EERC anche stipulando appositi accordi e convenzioni con amministrazioni e organizzazioni, avvalendosi anche delle risorse finanziarie previste dalla decisione n. 1313/2013/UE.

Capo X
DISPOSIZIONI FINALI
Art. 21.
(Clausola di invarianza finanziaria).

      1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

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