Frontespizio | Relazione |
CAMERA DEI DEPUTATI |
N. 2994-416-1595-1835-2043-2045-2067-2291-2524-2630-2860-2875-2975-A-bis |
Introduzione dell'insegnamento dell'educazione ambientale nei programmi didattici delle scuole del primo ciclo di istruzione
Onorevoli Colleghi! – Quella che si profila con il disegno di legge n. 2994 è una riforma autoritaria e regressiva, incapace di rispondere ai problemi e ai bisogni reali della scuola.
Un governo sordo nei confronti del dissenso del mondo della scuola.
Alle Commissioni cultura di Camera e Senato, eccezionalmente congiunte per fare più in fretta, non solo sono stati imposti lavori approssimativi e sommari e audizioni, persino «notturne», di associazioni, organizzazioni e sindacati, ma anche il collegamento del disegno di legge a quello del Documento di economia e finanza (DEF).
Ciò ha comportato la facoltà per il governo di indicare la data del voto in Aula sul provvedimento, e il ricorso alla disciplina prevista dell'articolo 123-bis del Regolamento della Camera, con criteri di ammissibilità degli emendamenti propri delle sessioni di bilancio: preclusioni, contingentamenti, impossibilità di presentare emendamenti in Aula e altro.
Intanto, Commissioni e Governo hanno avuto uno strumento straordinario, aggiornato e di facile «consultazione»: il 3, 4 e 5 marzo ci sono state le elezioni delle RSU nelle scuole. La partecipazione delle lavoratori e dei lavoratori è stata altissima, pari all'80 per cento, dando così una grande rappresentatività a chi si è sottoposto al giudizio della categoria. Tutte le sigle sindacali rappresentative e forti di un consenso altissimo, quasi pieno, si sono ritrovate unite in un giudizio pesantemente negativo sulle proposte della cosiddetta «Buona scuola», tanto da aver indetto mobilitazioni e iniziative unitarie sfociate nello sciopero e nelle imponenti manifestazioni del 5 maggio scorso, con le
Le risorse per la scuola rimangono ben al di sotto della media europea.
La spesa per l'istruzione in Italia, come è noto e nonostante le risorse previste dalla legge di stabilità 2015, resta al di sotto della media europea, per allinearsi alla quale occorrerebbero impegni e investimenti maggiori. Nel Documento di economia e finanza 2015, approvato il 10 aprile scorso dal Consiglio dei ministri, la partecipazione della scuola alla crescita del PIL è stimata da qui al 2020 dello 0,3 per cento, e su una proiezione di medio-lungo periodo la previsione di spesa in istruzione cala drasticamente, fino ad una riduzione di circa 10 miliardi.
Per colmare l'enorme divario formativo col resto d'Europa servirebbero risorse certe e adeguate. Il Governo Renzi, invece, tenta di supplire all'insufficienza degli investimenti pubblici con le «sponsorizzazioni», con la concessione di crediti d'imposta a cittadini e imprese per donazioni alle scuole, e con la destinazione del 5 per mille nella dichiarazione dei redditi. In questo modo l'intervento dei privati dovrebbe sostituirsi alla scarsità degli investimenti dello Stato, con il rischio di creare e accrescere le forti diseguaglianze tra scuole di aree economico-sociali diverse, con buona pace dell'uguaglianza d'accesso di tutti i cittadini al diritto allo studio e del carattere nazionale e unitario del sistema d'istruzione. L'autonomia scolastica e le scuole italiane per rispondere al meglio al diritto ad un'istruzione di qualità e alle esigenze formative e di valorizzazione delle risorse di un territorio,
hanno bisogno di risorse umane e finanziarie adeguate e costanti.
Un uomo solo al comando.
Lo spirito e la filosofia del disegno di legge, per nulla modificata nel corso dell'esame in Commissione cultura, è sempre stata quella di affidare la realizzazione
della «piena» autonomia delle istituzioni scolastiche alla sola figura dei dirigenti scolastici, chiamati a scegliere, valutare e poi a premiare i docenti della propria scuola. Il dirigente di una scuola dovrebbe infatti «individuare» gli insegnanti – i nuovi assunti e poi via via tutti gli altri – da un «albo» territoriale, compresi i docenti titolari di altre scuole. Una specie di «rubamazzo» tra istituti. I docenti, una volta prescelti, saranno titolari di incarichi triennali, eventualmente rinnovabili da parte del dirigente, oppure dovranno essere nuovamente scelti da altri dirigenti e trovare un'altra scuola interessata a loro.Manca un vero piano per le assunzioni.
Il disegno di legge prevede, come punto centrale, un piano straordinario di assunzioni al 1 settembre prossimo (poco più di 100.000 docenti e nessun ATA) per coprire le cattedre già vacanti o a causa dei futuri pensionamenti, e per i posti del cosiddetto organico dell'autonomia, funzionale alle esigenze didattiche, organizzative e progettuali previste nel Piano (triennale) dell'offerta formativa delle singole scuole.
I neo-assunti, non tutti e non subito, sono i docenti inseriti nella graduatorie a esaurimento (GaE) ed i vincitori del concorso del 2012. Grazie ad emendamenti identici votati in Commissione, sono stati compresi alla fine anche gli idonei del concorso, a partire dall'anno scolastico 2016-2017.
Nessuna risposta invece alle migliaia di precari, docenti e ATA, che da anni portano avanti la scuola italiana, tra grandi difficoltà e stipendi bassi e spesso pagati con mesi di ritardo.
E nessuna risposta neppure ai vincitori dei ricorsi per abuso dei contratti di lavoro precario (oltre 36 mesi) secondo la condanna inflitta allo Stato italiano dalla Corte di giustizia europea, ma soltanto riconoscimenti economici, la mera monetarizzazione cioè di un diritto.
Dall'anno prossimo si assumerà soltanto a seguito di concorsi triennali e le attuali graduatorie non saranno più «utili». Ovviamente una simile draconiana e per certi versi impraticabile decisione ha
Favoriti i benestanti e le scuole private.
Ma il Governo Renzi ha pensato anche alla scuola privata/paritaria. Mentre infatti si negano alla scuola pubblica finanziamenti adeguati, si prevedono per quelle private risorse e agevolazioni sotto forma di detrazioni: le spese per l'iscrizione, fino a 400 euro, si potranno detrarre, dalla scuola dell'infanzia fino alla scuola media superiore, per un ammontare totale di detrazione di oltre 75 milioni di euro all'anno. Un emendamento approvato in Commissione ha inoltre esteso la detraibilità anche alle spese sostenute per la frequenza della scuola superiore di secondo grado (pubbliche e private). Tale estensione comporta un costo a regime di più di 9 milioni di euro.
La controversa misura del 5 per mille potrà essere destinata anche alle scuole private/paritarie, e sarà in palese concorrenza con le associazioni di ricerca sul cancro, di sostegno del volontariato, con le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, di promozione sociale, eccetera; lo «school bonus», invece, per incentivare le donazioni private a favore delle scuole, per la costruzione di nuovi edifici, la manutenzione, o la promozione di progetti dedicati all'occupabilità degli studenti, assicurerà un beneficio fiscale (credito di imposta al 65 per cento) in sede di dichiarazione dei redditi.
Deroghe e deleghe.
Restano immodificate deroghe e abrogazioni che rilegificano il rapporto di lavoro di pubblico impiego per la scuola, abolendo di fatto il contratto collettivo nazionale di lavoro.
Permane inoltre un numero ancora eccessivo di deleghe al Governo (ben 8), senza criteri direttivi puntuali e su una materia troppo estesa, mentre alcune sono state ricondotte all'interno dell'articolato di legge con il chiaro obiettivo di sfuggire al parere delle Commissioni parlamentari competenti previsto in caso di delega.
Le proposte di SEL.
Il gruppo di SEL ha portato avanti con determinazione le sue proposte emendative e la sua ferma opposizione al disegno di legge, in solitudine a causa dell'abbandono dei lavori in Commissione da parte del Movimento 5 Stelle e nonostante il contingentamento dei tempi che ha ridotto di circa due terzi la durata dei lavori.
Abbiamo proposto lo stralcio dell'articolo 21 per eccesso di materia delegata e di discrezionalità concessa al Governo; così come abbiamo chiesto, anche in questo caso senza esito positivo, lo stralcio del piano straordinario di assunzione dal resto dei contenuti di riforma della scuola.
Abbiamo depositato oltre 250 emendamenti, tutti di merito, indirizzati al rafforzamento del governo democratico della scuola attraverso il riconoscimento e il potenziamento del ruolo e delle funzioni degli organi collegiali, in contrasto con la proposta verticistica del Governo che fa leva esclusivamente sul rafforzamento delle funzioni dei dirigenti scolastici, e sulla «scelta/individuazione» dei docenti da assumere, da premiare, oppure da escludere dopo il periodo di prova «con effetto immediato e senza obbligo di preavviso».
Abbiamo inoltre proposto emendamenti per un piano pluriennale di assunzioni che comprenda anche i precari che lavorano da anni nella scuola, gli educatori e il personale ATA, i diplomati magistrali 2001/2002 (anche in seguito alle conclusioni cui è recentemente giunto il Consiglio di Stato), TFA, PAS e per l'eliminazione dell'incredibile articolo 12 che prevede il licenziamento dei supplenti che hanno lavorato già per più di 36 mesi, al contrario di quanto stabilito dalla sentenza
Annalisa PANNARALE,
Relatrice di minoranza.