Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3147


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
LORENZO GUERINI, ORFINI, STUMPO, DE MARIA, MIGLIORE
Modifiche al decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, e al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, per l'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione in materia di democrazia interna dei partiti. Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle norme riguardanti la disciplina dei partiti
Presentata il 26 maggio 2015


      

torna su
Onorevoli Colleghi! Il tema della disciplina giuridica dei partiti politici fu affrontato dall'Assemblea costituente, già nella I sottocommissione, dove il 20 novembre 1946 fu approvato un ordine del giorno proposto da Dossetti che invocava la necessità di un riconoscimento giuridico dei partiti politici. Costantino Mortati, nella seduta dell'Assemblea del 22 maggio 1947, propose, con il collega Ruggiero, un emendamento – poi respinto – in base al quale: «Tutti i cittadini hanno diritto di riunirsi liberamente in partiti che si uniformino al metodo democratico nell'organizzazione interna e nell'azione diretta alla determinazione della politica nazionale» (La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell'Assemblea Costituente, Camera dei deputati, III, Roma, 1970, pagina 4159). In quella stessa seduta Moro, intervenendo a favore dell'emendamento, sostenne la necessità di costituzionalizzare il vincolo democratico interno, poiché senza «una base di democrazia interna» i partiti non avrebbero potuto «trasfondere indirizzo democratico nell'ambito della vita politica del Paese» (Ivi, pagina 4164).
      I Costituenti erano d'accordo nel riconoscere il ruolo fondamentale dei partiti politici nella vita democratica del Paese, ma erano divisi sul regime giuridico cui avrebbero dovuto essere sottoposti, soprattutto in tema di controlli sulla vita interna. Sulle decisioni dei Costituenti pesò il clima politico successivo alla seconda guerra mondiale, in particolare l'inizio della guerra fredda e la rottura tra i partiti che avevano dato vita al Comitato di liberazione nazionale, con l'esclusione dal Governo del Partito comunista italiano e del Partito socialista italiano. Per tali ragioni la democraticità del sistema apparve meglio tutelata dal vuoto normativo piuttosto che da un'organica attuazione legislativa dell'articolo 49 della Costituzione, che aprì la strada a una concezione «privatistica» del partito politico.
      La regolamentazione giuridica del partito politico è ancora un tema di attualità perché il ruolo che la Costituzione affida a tale formazione è rimasto fino ad oggi inalterato, nonostante nel tempo siano mutati profondamente le forme e i modi di partecipazione dei cittadini alla vita politica. Dallo scandalo di tangentopoli, all'inizio degli anni novanta, nell'ultimo ventennio è cresciuto nell'opinione pubblica un sentimento di diffidenza e di ostilità nei confronti dei partiti tradizionali che ha allontanato gli elettori dalle urne e dalle forme classiche di partecipazione all'attività politica. La sfiducia montante nei confronti dei partiti e della classe politica è un fenomeno che interessa non solo l'Italia ma tutte le democrazie moderne e che ha favorito l'emergere di movimenti populisti, diversi tra loro, ma quasi tutti caratterizzati da una forte connotazione antipartitica.
      La crisi profonda che attraversa il rapporto tra società e politica non ha determinato il venire meno della centralità della funzione svolta dai partiti nei sistemi democratici: la partecipazione dei cittadini alla vita della comunità. Se gli eventi degli ultimi anni hanno messo in discussione il partito come modello unico di partecipazione alla democrazia, non sono emersi modelli aggregativi del tutto fungibili o sostitutivi dei partiti. Anzi, spesso i movimenti e le liste civiche che si proponevano come alternativi si sono rivelati afflitti dagli stessi fenomeni degenerativi che caratterizzano i partiti tradizionali tanto contestati. I partiti politici restano pertanto il principale strumento di cui dispongono i cittadini per concorrere a determinare la politica del Paese e «Solo l'illusione o l'ipocrisia può credere che la democrazia sia possibile senza i partiti politici» (Kelsen).
      D'altro canto, caduto il Muro di Berlino e venuta meno la conventio ad excludendum, è la questione morale a spingere verso una regolazione che renda più trasparente e controllabile la vita interna delle forze politiche «una nuova cultura della legalità esige, insieme alla questione morale, che i partiti appaiano e siano sub legge» (L. Elia, Per una legge sui partiti in Studi in memoria di Franco Piga, Giuffré, Milano 1992, pagina 411).
      Con l'approvazione della nuova legge elettorale (legge n. 52 del 2015, più nota come Italicum), il tema della regolazione dei partiti politici torna di grande attualità, poiché i partiti tornano ad essere i soggetti decisivi del sistema elettorale. Si tratta di partiti diversi dai partiti di massa che hanno scritto la Costituzione, che sono diventati sempre di più, per usare un'espressione entrata a far parte del lessico quotidiano, «partiti personali» (M. Calise, La democrazia del leader, il Mulino, n. 2 – 2015). E in partiti dove prende forma e si realizza la personalizzazione della leadership è necessario focalizzare l'attenzione sulla democraticità della vita interna. Si tratta di un passaggio fondamentale per la qualità del sistema democratico, al punto da meritare una disciplina di tipo pubblicistico.
      Sono queste le ragioni di una proposta di legge che intende dare attuazione all'articolo 49 della Costituzione, prevedendo la necessaria acquisizione della personalità giuridica per i partiti che intendano prendere parte alle elezioni politiche nazionali e candidarsi alla guida del Paese. Tale riconoscimento è collegato al rispetto di puntuali standard di democrazia interna, quali la disciplina delle procedure di ammissione e di espulsione, l'ambito di applicazione della regola maggioritaria, gli strumenti posti a tutela delle minoranze, le modalità di selezione delle candidature alle cariche pubbliche e le procedure per la scelta del leader.
      Per quanto concerne il riconoscimento della personalità giuridica, ad oggi nel nostro ordinamento i partiti politici sono enti di fatto, non riconosciuti. Una prima differenza tra enti dotati di personalità giuridica ed enti non riconosciuti risiede nella diversa partizione scelta dal codice civile: il titolo II del libro primo del codice è infatti suddiviso in vari capi, dei quali i primi due dedicati alle persone giuridiche, mentre il capo III, assai scarno, dedicato alle associazioni non riconosciute e ai comitati (articoli da 36 a 42). Alla diversa partizione del codice corrispondono regimi piuttosto differenti.
      Un ente diviene persona giuridica in seguito a un riconoscimento formale, per atto pubblico, da parte dell'ordinamento statale. La dottrina giuridica è abbastanza concorde nel ritenere che il riconoscimento dell'autorità amministrativa abbia valore costitutivo, e non meramente dichiarativo, della personalità giuridica. Tale riconoscimento può avvenire in modi diversi, a seconda dello scopo perseguito dall'ente: il riconoscimento può avere infatti la natura di provvedimento concessorio (come nel caso degli enti senza scopo di lucro) ovvero di provvedimento normativo (come nel caso delle società di capitali). In ogni caso deve esservi un provvedimento dell'autorità amministrativa con cui avviene il riconoscimento. Fino al 2000, ai sensi dell'articolo 12 del codice civile, esso avveniva con decreto del Presidente della Repubblica. Con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 2000, di seguito «regolamento», il riconoscimento avviene mediante iscrizione in un apposito registro istituito presso le prefetture-uffici territoriali del Governo. Va altresì segnalato che poiché il riconoscimento avviene sulla base dell'atto costitutivo e dello statuto, qualsiasi loro modificazione successiva deve essere approvata dall'autorità nelle stesse forme che il regolamento ha previsto per la loro costituzione. Ai sensi dell'articolo 1, commi 3 e 4, del medesimo regolamento: «3. Ai fini del riconoscimento è necessario che siano state soddisfatte le condizioni previste da norme di legge o di regolamento per la costituzione dell'ente, che lo scopo sia possibile e lecito e che il patrimonio risulti adeguato alla realizzazione dello scopo. 4. La consistenza del patrimonio deve essere dimostrata da idonea documentazione allegata alla domanda». Pertanto al riconoscimento – elemento formale necessario per l'attribuzione della personalità giuridica – sono connaturati una serie di controlli di legittimità, e talvolta anche di merito, che possono essere svolti dall'autorità amministrativa o, come vedremo, anche da quella giurisdizionale.
      Diverso è il sistema di pubblicità. Una volta acquisita la personalità giuridica, l'articolo 3 del regolamento prevede che associazioni e fondazioni siano iscritte in un pubblico registro.
      Diverso è anche il sistema di controlli conseguente al riconoscimento. Ai sensi dell'articolo 23 del codice civile le deliberazioni dell'assemblea dell'ente riconosciuto, contrarie alla legge, allo statuto o all'atto costitutivo, possono essere annullate su domanda dell'ente, di qualunque associato o del pubblico ministero. Forse questo è uno dei controlli più incisivi che possono essere esercitati dall'autorità giurisdizionale a fronte del riconoscimento. È lo stesso pubblico ministero che di propria iniziativa può impugnare un atto assembleare che ritenga contrario alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto. Ai sensi poi dello stesso articolo 23, l'autorità governativa può sospendere l'esecuzione delle delibere contrarie all'ordine pubblico o al buon costume.
      Una delle differenze sostanziali più rilevanti tra enti con e senza personalità giuridica concerne la cosiddetta «autonomia patrimoniale perfetta». Negli enti riconosciuti il grado di autonomia del patrimonio dell'ente rispetto a quello dei suoi membri è massimo, e si ravvisa una completa distinzione tra il patrimonio sociale e il patrimonio degli associati. In tal senso per il singolo individuo è più conveniente essere membro di un ente dotato di personalità giuridica, perché dal punto di vista economico non si rischia se non per la parte di capitale apportato all'ente, rimanendo il suo patrimonio personale del tutto estraneo. Tuttavia, a fronte dei vantaggi derivanti dall'autonomia patrimoniale perfetta, la legge richiede una serie di adempimenti, dalla tenuta dei libri contabili, agli oneri di pubblicità, alla formazione del bilancio.
      Gli enti riconosciuti senza scopo di lucro (associazioni e fondazioni) sono dunque sottoposti a un penetrante controllo sia ad opera dell'autorità amministrativa, sia ad opera dell'autorità giurisdizionale e si distinguono dagli enti non riconosciuti proprio per il sistema di pubblicità, la tenuta delle scritture contabili, i controlli volti ad assicurare la correttezza della gestione e il concreto perseguimento di uno scopo altruistico (laddove non ci sia scopo di lucro). Nulla di tutto ciò è previsto per gli enti non riconosciuti, che non sono soggetti ad alcun controllo, né in sede di costituzione, né successivamente, durante la loro vita, salvo che per alcune regole generali dell'ordinamento relative a norme imperative, all'ordine pubblico e al buon costume. L'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni sono rimessi agli accordi tra gli associati (articolo 36 del codice civile), che possono disciplinare anche l'estinzione, la devoluzione e la liquidazione dell'ente.
      I partiti politici sono stati progressivamente sottoposti dal legislatore a controlli più penetranti di quelli previsti nei confronti degli altri enti non riconosciuti, anche se tali controlli non sono ancora equiparabili a quelli previsti per gli enti dotati di personalità giuridica, come il potere di impugnazione del pubblico ministero previsto dal citato articolo 23 del codice civile nei confronti delle delibere assembleari degli enti riconosciuti.
      In particolare, con il decreto-legge n. 149 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 13 del 2014, in materia di «abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore», sono state introdotte nuove regole per assicurare standard minimi di democrazia interna, trasparenza e controllo sulle spese dei partiti. I partiti che intendano avvalersi dei benefìci previsti dal decreto-legge (detrazioni fiscali per le erogazioni liberali e destinazione del due per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche) sono tenuti a dotarsi di uno statuto redatto nella forma dell'atto pubblico, che deve avere un contenuto minimo indicato dal decreto stesso nel quale sono compresi: il simbolo, l'indirizzo della sede legale nel territorio dello Stato, il numero, l'attribuzione e la composizione degli organi deliberativi esecutivi e di controllo; i diritti e i doveri degli iscritti; le modalità di selezione delle candidature; le misure disciplinari adottabili; la promozione della presenza delle minoranze negli organi collegiali esecutivi e della parità tra i sessi; le regole che assicurano la trasparenza, con particolare riguardo alla gestione economico-finanziaria.
      Lo stesso decreto-legge prevede la trasmissione dello statuto alla Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici, di cui all'articolo 9, comma 3, della legge 6 luglio 2012, n. 96. La Commissione – composta da cinque magistrati designati dai vertici delle tre massime magistrature (Corte di Cassazione, Corte dei conti e Consiglio di Stato) e nominati, congiuntamente, dai Presidenti di Camera e Senato – verifica la presenza nello stesso statuto degli elementi stabiliti dall'articolo 3 del citato decreto-legge e solo successivamente provvede alla registrazione nel registro nazionale dei partiti politici, consultabile pubblicamente via internet. Qualora lo statuto non sia ritenuto conforme alle disposizioni del decreto, la Commissione invita il partito ad apportare le modifiche necessarie e, qualora le modifiche apportate non siano conformi alla legge, può negare, con provvedimento motivato, l'iscrizione.
      Ai sensi della presente proposta di legge l'iscrizione nel registro di cui al citato decreto-legge n. 149 del 2013 determina l'acquisizione della personalità giuridica, con la conseguenza che, per quanto non espressamente previsto dal decreto-legge, si applicheranno ai partiti politici le disposizioni del codice civile e le norme di legge vigenti per le associazioni dotate di personalità giuridica, contenute nel regolamento (articolo 1).
      Analogamente a quello che avviene per le società commerciali, che acquistano la personalità giuridica con l'iscrizione nel registro delle imprese, abbiamo ritenuto opportuno sottrarre i partiti politici all'autorità dei prefetti, attribuendo tale autorità alla citata Commissione di garanzia.
      L'acquisizione della personalità giuridica costituisce condizione per la presentazione delle candidature e delle liste di candidati per l'elezione alla Camera dei deputati, com’è oggi regolamentata dall’Italicum (articolo 2) e per l'accesso ai benefìci previsti dal citato decreto-legge n. 149 del 2013.
      Infine è prevista una delega al Governo per la redazione di un testo unico nel quale, con le sole modificazioni necessarie al coordinamento normativo, siano riunite le disposizioni del decreto-legge n. 149 del 2013 e le altre disposizioni legislative vigenti in materia di partiti politici (articolo 3). Una delega analoga era già stata prevista dalla citata legge n. 96 del 2012, ma non è mai stata esercitata dal Governo. La necessità di riproporla deriva dal fatto che nel nostro ordinamento disposizioni normative risalenti nel tempo (una parte delle disposizioni introdotte della legge 2 maggio 1974, n. 195, parzialmente sopravvissuta al referendum abrogativo del 1993) convivono con la legislazione «alluvionale» degli ultimi anni, con la conseguenza che ad oggi nella materia vige una stratificazione di norme tra le quali anche per gli addetti ai lavori è sempre più difficile districarsi.
torna su
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Modifiche al decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, in materia di attuazione dell'articolo 49 della Costituzione).

      1. Al decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 2, il comma 1 è sostituito dal seguente:
      «1. I partiti politici sono libere associazioni che promuovono e favoriscono la partecipazione dei cittadini alla determinazione della politica nazionale attraverso l'elaborazione di visioni ideali e di programmi per il governo delle comunità locali e del Paese, la formazione politica, la selezione, la presentazione e il sostegno di candidati alle elezioni per cariche pubbliche. La loro vita interna e la loro iniziativa politica sono improntate al metodo democratico»;

          b) all'articolo 3:

              1) il primo periodo del comma 1 è sostituito dal seguente: «I partiti politici che intendono acquisire la personalità giuridica e avvalersi dei benefìci previsti dal presente decreto si dotano di un atto costitutivo e di uno statuto redatti nella forma dell'atto pubblico»;

              2) al comma 2, la lettera d) è sostituita dalla seguente:

          «d) le forme e le modalità di adesione; i diritti e i doveri degli aderenti e i relativi organi di garanzia; le modalità di partecipazione degli aderenti alle fasi di formazione della proposta politica del partito, compresa la designazione dei candidati alle elezioni;»;

              3) il comma 4 è abrogato;

          c) all'articolo 4, dopo il comma 3-bis sono inseriti i seguenti:
      «3-ter. L'iscrizione nel registro nazionale di cui al comma 2 determina l'acquisizione della personalità giuridica.
      3-quater. Per quanto non espressamente previsto dal presente decreto, ai partiti politici si applicano le disposizioni del codice civile e le norme di legge vigenti per le associazioni dotate di personalità giuridica ai sensi dell'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361».

Art. 2.
(Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di requisiti per la partecipazione alle elezioni per la Camera dei deputati).

      1. Al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 14, primo comma, il primo periodo è sostituito dal seguente: «I partiti o i gruppi politici organizzati, iscritti nel registro nazionale di cui all'articolo 4 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, e successive modificazioni, che intendono presentare liste di candidati nei collegi plurinominali, devono depositare presso il Ministero dell'interno il contrassegno con il quale dichiarano di voler distinguere le liste medesime nei singoli collegi plurinominali»;

          b) all'articolo 22, primo comma, dopo il numero 1) è inserito il seguente:

              «1-bis) ricusa le liste presentate da partiti o gruppi politici organizzati non iscritti nel registro nazionale di cui all'articolo 4 del decreto-legge 28 dicembre

2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, e successive modificazioni;».

      2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a decorrere dal 1 luglio 2016.

Art. 3.
(Delega al Governo per la redazione di un testo unico).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante un testo unico nel quale, con le sole modificazioni necessarie al coordinamento normativo, sono riunite le disposizioni di cui alla presente legge e le altre disposizioni legislative in materia di:

          a) disciplina dell'attività politica e dello svolgimento delle campagne elettorali, anche in relazione alla regolamentazione della comunicazione politica;

          b) agevolazioni in favore di candidati alle elezioni, di partiti e movimenti politici e di gruppi politici organizzati nonché rendicontazione delle spese sostenute in occasione delle consultazioni elettorali e referendarie;

          c) attività di controllo e disciplina sanzionatoria.

      2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) puntuale individuazione del testo vigente delle norme;

          b) ricognizione delle norme abrogate, anche implicitamente, da successive disposizioni;

          c) coordinamento del testo delle disposizioni vigenti in modo da garantire la razionale applicazione nonché la coerenza logica e sistematica della normativa.

      3. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato su proposta del Ministro dell'interno e del Ministro per le riforme costituzionali e per i rapporti con il Parlamento, previo parere del Consiglio di Stato, che si esprime entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione. Lo schema del decreto è trasmesso alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica ai fini dell'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti, entro sessanta giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, il decreto può essere comunque adottato. Qualora il termine per l'espressione del parere scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine finale per l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo è prorogato di sessanta giorni.

Per tornare alla pagina di provenienza azionare il tasto BACK del browser