Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3180


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO, SEGONI
Disciplina dell'esercizio dell'attività di prostituzione
Presentata il 16 giugno 2015


      

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Onorevoli Colleghi! Da molti anni in Italia si è presentata all'opinione pubblica la possibilità che il fenomeno della prostituzione possa essere regolamentato in forme diverse da quella attuale, astrattamente illegale, di fatto diffusissima e incontrastata.
      Nel corso degli ultimi anni si è considerata la prostituzione un fenomeno sociale largamente diffuso e tendenzialmente accettato e si è riconosciuto, altresì, che essa possa essere regolarizzata in un quadro normativo che la renda soggetta a regole, tributi e divieti.
      La cosiddetta legge Merlin, legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante «Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui», ha segnato la fine della prostituzione regolamentata e la chiusura delle case di tolleranza, che per molti versi costituivano un sistema di sfruttamento delle donne.
      La legge Merlin ha costituito, di certo, una legislazione coraggiosa per quei tempi e una prima apertura verso la tutela dei diritti delle donne; ha concepito la prostituzione come un'attività inerente la vita privata delle persone, lecita e non perseguibile né per chi la esercita, né per chi la utilizza.
      Dal punto di vista del raggiungimento degli obbiettivi che la legge si prefiggeva, invece, oggi si assiste a uno scenario nel quale la prostituzione è in gran parte organizzata e sfruttata da organizzazioni criminali internazionali che espandono le loro propaggini anche nel territorio italiano.
      Ben lungi, quindi, dall'essere riuscita a eliminare del tutto la prostituzione, la legislazione vigente crea meccanismi di scarsa protezione per le persone che autonomamente e in piena e consapevole libertà decidono di dedicarsi all'esercizio della prostituzione.
      Queste, infatti, si trovano a non poter prendere in locazione appartamenti per esercitarvi la prostituzione poiché la legge Merlin colpisce con il reato di favoreggiamento il proprietario di immobili che conceda in locazione un appartamento dove poi viene esercitata la prostituzione.
      Ciò impedisce, pertanto, alle persone dedite all'esercizio della prostituzione di associarsi e anche di prestarsi una sorta di mutuo soccorso.
      Le persone che vogliono autonomamente dedicarsi alla prostituzione restano, quindi, confinate in luoghi pubblici più o meno visibili, esercitando l'attività in situazioni anche precarie se considerate dal punto di vista della sicurezza personale, della salute, sia degli operatori sia dei clienti, nonché, in generale, della tutela del decoro.
      Parallelamente, come accennato, si riscontra una diffusa pratica di prostituzione coattiva perpetrata da organizzazioni criminali ricche e radicate nel territorio italiano che reclutano le loro vittime in Paesi esteri, principalmente ragazze, anche minori di età, che vengono illuse di essere avviate a un lavoro in Italia e che invece, una volta arrivate, vengono letteralmente vendute come schiave ad altre organizzazioni e in seguito obbligate con la violenza a prostituirsi per questi «protettori» che percepiscono la quasi totalità dei loro proventi economici.
      Le pratiche attuate dalle organizzazioni albanesi, romene, ucraine o nigeriane, per citarne solo alcune, sono assolutamente intollerabili poiché soggiogano le persone a vere e proprie nuove forme di schiavitù al fine dello sfruttamento sessuale, sequestrando passaporti, minacciando ripercussioni sulle famiglie nei Paesi d'origine e obbligando con continue gravi violenze queste persone a prostituirsi per le stesse organizzazioni.
      Oggi, perciò, la prostituzione viene vissuta in una situazione di semi–illegalità nella quale generalmente sono fuori controllo i più vari abusi: la prostituzione per costrizione attuata in condizioni di lavoro degradanti, i maltrattamenti e altri delitti che gravitano intorno allo sfruttamento delle persone.
      Sembrerebbe arrivato il momento socialmente e, quindi, politicamente favorevole per ripensare gli strumenti che hanno retto le leggi di regolamentazione, in senso lato, della prostituzione fino ad oggi, attraverso un approccio che prenda in considerazione le gravi problematiche che caratterizzano il tema, per porre un freno alla tratta degli esseri umani, alla violenza diffusa e allo sfruttamento della prostituzione in spregio ai più basilari diritti delle persone.
      Chiaramente il percorso ragionato in questa direzione, calato nel contesto politico attuale, deve prendere le mosse dall'idea che mira a garantire il pieno diritto di libertà di autodeterminazione della persona che desidera o no esercitare l'attività di prostituzione, consentendo che la prostituzione stessa sia considerata come un vero e proprio lavoro: quindi, proteggendo sia la persona dedita all'attività di prostituzione sia il cliente e rispettando il complesso dei diritti della persona, della salute pubblica e dei cittadini portatori di interessi contrari alla stessa prostituzione.
      La prostituzione sarebbe perciò considerata come un lavoro, cioè un fatto sociale pienamente accettato, ma necessariamente soggetto a regole, divieti, facoltà, poteri, obblighi e diritti per consentire che la prostituzione possa essere esercitata nel rispetto dei sentimenti di decoro e dell'emotività dei soggetti anche contrari nonché dei minori.
      In un contesto siffatto si riuscirebbe a ridare il dovuto rispetto alla dignità e alla libertà di tutti i soggetti coinvolti, sia gli operatori della prostituzione, sia i cittadini che male sopportano che la prostituzione sia esercitata nei luoghi più diversi.
      La prostituzione dovrebbe poter essere esercitata da soggetti maggiorenni che ne facciano richiesta registrandosi in un apposito elenco, iscrivendosi presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ovvero lasciando che esercitino come dipendenti o come lavoratori autonomi presso luoghi dedicati all'attività nei quali non possono entrare, a nessun titolo, persone minori di età.
      Tali luoghi dedicati, gestiti anche da associazioni auto-organizzate ovvero imprese registrate, in ogni caso composte necessariamente da operatori, dovranno ottenere le normali autorizzazioni e dovranno essere soggetti a periodici controlli per garantire il diritto alla salute degli operatori e dei clienti.
      Così facendo i soggetti dediti all'esercizio della prostituzione sarebbero anche tenuti al pagamento delle imposte sul reddito e all'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto per i loro servizi, oltre alla contribuzione assistenziale e previdenziale.
      Se si considera che, dai dati più recenti, il giro di affari stimato della prostituzione in Italia si attesterebbe sui 5 miliardi di euro, in caso di regolamentazione della prostituzione, considerando il recupero di base imponibile (imposta sul reddito delle persone fisiche) unito alla nuova contribuzione assistenziale e previdenziale (Istituto nazionale della previdenza sociale o altre casse previdenziali), si potrebbe trasformare in introiti per lo Stato una percentuale vicina al 40 per cento del complessivo giro di affari che muove la prostituzione.
      Un contributo vicino quindi ai 2 miliardi di euro annui, irrimediabilmente sottratti alle organizzazioni criminali. Si ricorda che il costo della cassa integrazione guadagni nel 2014 è stato pari a 4 miliardi di euro. Se la presente proposta di legge fosse già stata approvata, avremmo avuto la possibilità di reperire senza ricorrere agli odiosi tagli lineari la copertura finanziaria per la metà della stessa.
      In un sistema siffatto si riuscirebbero sicuramente a indebolire le organizzazioni illegali che controllano il racket della prostituzione e lo Stato, a fronte degli introiti derivanti dalla tassazione di una prostituzione libera e regolamentata, avrebbe più risorse per contrastare adeguatamente queste stesse organizzazioni criminali, nonché per contrastare ed eliminare le reti e le situazioni di sfruttamento.
      Nuove e consistenti risorse economiche offrirebbero anche maggiori possibilità per supportare e promuovere iniziative concrete di prevenzione e di assistenza a tutte le vittime della tratta di esseri umani, con percorsi di sostegno e di protezione dei soggetti che intendano denunciare questi sfruttatori senza scrupoli.
      Si rende doveroso, inoltre, rafforzare la lotta contro i fenomeni di sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione, soprattutto minorile, della tratta di esseri umani e della riduzione in schiavitù, mediante l'inasprimento del trattamento sanzionatorio oggi previsto per questi odiosi reati.
      Per consentire un reale miglioramento dello scenario dello sfruttamento si rende necessario, altresì, lo sviluppo di progetti e misure di sostegno psicologico e fisico a favore delle persone che manifestano la volontà di lasciare l'attività della prostituzione coatta.
      Nel complesso delle azioni volte al contrasto della prostituzione indotta con la violenza, perpetrata dalle organizzazioni criminali, sarà necessario prevedere l'intervento di operatori sociali e mediatori culturali nonché dei comuni, dei servizi di igiene e dei distretti socio-sanitari.
      Per un altro verso la riforma dell'attività di prostituzione in Italia deve considerare gli aspetti volti alla riduzione del conflitto sociale tra popolazione residente e operatori della prostituzione, mediante l'individuazione di aree dedicate ove tale attività possa venire esercitata: aree private, pubbliche o aperte al pubblico.
      Si vorrebbe lasciare la possibilità alle persone che si vogliano dedicare all'attività di prostituzione di esercitare in luoghi privati, anche in forma associata, eliminando i divieti della legge Merlin, ovvero di offrire i propri servizi in aree pubbliche ben definite, controllate e sufficientemente distanti da scuole, luoghi di culto e, in generale, da quella parte della popolazione che vive con intolleranza la presenza dell'attività di prostituzione in luoghi spesso troppo affollati o frequentati da minori.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Abrogazione. Definizione dell'attività di prostituzione).

      1. La legge 20 febbraio 1958, n. 75, è abrogata.
      2. Ai fini di cui alla presente legge, per attività di prostituzione s'intende la volontaria offerta a scopo di lucro di prestazioni sessuali che coinvolgono persone maggiorenni consenzienti.

Art. 2.
(Esercizio dell'attività di prostituzione).

      1. L'attività di prostituzione può essere svolta in forma autonoma o associata ed è sottoposta alle norme vigenti in materia fiscale, retributiva e previdenziale.
      2. Nell'ambito dell'esercizio dell'attività di prostituzione è fatto divieto a chi la esercita, ai clienti o ad altre persone di turbare la quiete, la sicurezza, l'ordine pubblico e il buon costume.
      3. Chi esercita l'attività di prostituzione è tenuto alla totale riservatezza dell'identità del cliente.
      4. L'esercizio dell'attività di prostituzione è incluso tra le attività di piccola impresa e artigianato ed è regolato dalle disposizioni vigenti in materia nonché dalle disposizioni di cui alla presente legge.

Art. 3.
(Modalità di autorizzazione all'esercizio dell'attività di prostituzione).

      1. Per l'esercizio della prostituzione è necessario:

          a) comunicare presso una qualsiasi sede delle camere di commercio, industria,

artigianato e agricoltura (CCIAA) l'intenzione di esercitare la professione e il luogo dove essa è esercitata;

          b) corredare la comunicazione di cui alla lettera a) di un certificato d'idoneità rilasciato da un'azienda sanitaria locale (ASL) che attesti l'effettiva volontà personale di esercitare la professione, in assenza di condizioni psicologiche che evidenzino stati di vulnerabilità, costrizione o debolezza;

          c) il pagamento anticipato, su conto corrente intestato alla CCIAA alla quale è stata inviata la comunicazione di cui alla lettera a), di una somma pari a 3.000 euro, da versare con cadenza semestrale;

          d) aver compiuto gli anni ventuno.

      2. È altresì obbligatorio allegare alla comunicazione di cui al comma 1, lettera a), un certificato di sana e robusta costituzione che escluda la positività a qualunque malattia sessualmente trasmissibile, rilasciato da una ASL a seguito di specifici esami diagnostici individuati con regolamento adottato con decreto del Ministro della salute entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      3. Accertata l'ottemperanza agli obblighi di cui ai commi 1 e 2, la CCIAA rilascia un documento che autorizza allo svolgimento dell'attività di prostituzione, che deve essere esibito a richiesta dell'autorità competente. Il documento ha una validità di sei mesi dalla data del rilascio e può essere rinnovato con le modalità di cui ai citati commi 1 e 2.
      4. Chiunque esercita attività di prostituzione in assenza del documento di cui al comma 3, pur risultando in possesso del medesimo documento, ovvero nei luoghi privati o aperti al pubblico non espone in modo ben visibile il documento, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 1.000 euro.
      5. Chiunque esercita attività di prostituzione in assenza del documento di cui al comma 3 del presente articolo è punito con la reclusione da dieci a quaranta

giorni e con una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 a 15.000 euro da versare al Fondo di cui all'articolo 10.
      6. Le CCIAA provvedono a comunicare agli enti previdenziali competenti e al Ministero dell'interno i nominativi di coloro che risultano autorizzati all'esercizio dell'attività di prostituzione ai sensi del comma 3 ai fini delle verifiche da parte delle autorità competenti. Il documento di cui al citato comma 3 può essere rilasciato solo a cittadini dell'Unione europea e a stranieri non appartenenti all'Unione europea regolarmente soggiornanti nel territorio nazionale in possesso di un titolo di soggiorno diverso da quello per motivi turistici.
      7. I proventi delle sanzioni di cui ai commi 4 e 5 del presente articolo sono destinati al Fondo di cui all'articolo 10.
Art. 4.
(Esercizio dell'attività di prostituzione in una dimora privata).

      1. Non è punibile il proprietario di un immobile che legittimamente lo concede in locazione, in uso, in abitazione, in usufrutto o in comodato a una persona che ivi eserciti la prostituzione volontariamente, in forma autonoma ovvero associata. Qualora le autorità competenti accertino lo sfruttamento dell'attività di prostituzione esercitata in un immobile privato, il proprietario dello stesso è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 a 100.000 euro.
      2. Non è punibile chi, ai fini dell'esercizio dell'attività di prostituzione, utilizza una dimora privata di cui ha la legittima disponibilità, anche ospitando persone, comunque in numero non superiore a quattro, che dispongano di ambienti personali separati e di dimensioni adeguate allo scopo, comunque di dimensioni non inferiori a 12 metri quadrati, dedite alla medesima attività, senza che intermediari, anche non presenti nel luogo, traggano profitto dalla loro attività, fatta salva la

condivisione delle spese vive relative alla conduzione dell'immobile.
      3. Non è in ogni caso consentita la presenza di minori nelle dimore private durante l'esercizio dell'attività di prostituzione.
      4. Non è punibile l'attività, prestata in qualsiasi forma e senza fini di lucro, di reciproca assistenza tra soggetti che esercitano l'attività di prostituzione.
      5. La convivenza nelle dimore private durante l'esercizio dell'attività di prostituzione è ispirata al rispetto dei diritti fondamentali dell'autoregolamentazione del proprio lavoro e della dignità della persona, dell'ordine pubblico e delle attività di prevenzione e di tutela della salute della persona e della popolazione.
Art. 5.
(Esercizio dell'attività di prostituzione in zone individuate dagli enti locali).

      1. Gli enti locali, in accordo con le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, con le organizzazioni di volontariato e con altri soggetti privati nonché con le eventuali associazioni dei soggetti che esercitano attività di prostituzione e con comitati di cittadini, se istituiti, possono individuare luoghi pubblici nei quali è consentito l'esercizio dell'attività di prostituzione, concordando orari e modalità di utilizzo degli stessi. Tali luoghi devono distare almeno 500 metri da edifici scolastici, ospedalieri, di culto, caserme e stazioni dei mezzi pubblici di trasporto. In tali luoghi sono promosse anche misure volte alla riduzione del danno sociale e sanitario connesso all'esercizio dell'attività di prostituzione, quali il controllo della criminalità e interventi volti alla tutela della salute. In tali luoghi è garantita la presenza di presìdi sanitari e delle Forze dell'ordine, prevedendo che questi ultimi siano composti in prevalenza da donne.
      2. Con le modalità di cui al comma 1 possono altresì essere individuati luoghi pubblici nei quali è espressamente vietato l'esercizio dell'attività di prostituzione.


      3. In ogni caso è vietato pubblicizzare l'attività di prostituzione con parole o immagini evocative dell'attività stessa.
      4. Chiunque, partecipando anche in qualità di cliente, viola il divieto disposto ai sensi del comma 2 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro.
Art. 6.
(Esercizio dell'attività di prostituzione in luoghi privati aperti al pubblico).

      1. L'attività di prostituzione può essere esercitata anche in luoghi privati aperti al pubblico, di seguito denominati «centri erotici». Tale attività è comunque vietata in ogni luogo espressamente individuato ai sensi dell'articolo 5, comma 2, ed è soggetta agli obblighi di cui al medesimo articolo 5, comma 1.
      2. L'attività di prostituzione di cui al comma 1 del presente articolo è esercitata in centri erotici gestiti in forma societaria o associativa da un gruppo di soggetti, in possesso del documento di cui all'articolo 3, in numero non superiore a quindici. I centri erotici devono essere autorizzati dalle autorità di pubblica sicurezza del comune competente secondo le disposizioni che regolano i pubblici esercizi. L'autorizzazione è annuale.
      3. Non è concessa l'autorizzazione di cui al comma 2 a chi:

          a) non dispone dell'esercizio dei diritti civili e ha riportato condanne penali legate a fatti di violenza, traffico di droga, sfruttamento, favoreggiamento o induzione alla prostituzione o comunque connessi alla prostituzione;

          b) è già titolare di un'autorizzazione per la conduzione di un esercizio pubblico.

      4. Il gestore, individuale o in forma associata, è il responsabile del centro erotico ed è tenuto ai seguenti obblighi:

          a) verificare che tutte le persone che esercitano l'attività di prostituzione siano

in possesso del documento di cui all'articolo 3;

          b) tenere un registro, costantemente aggiornato, indicante l'identità delle persone esercitanti l'attività di prostituzione;

          c) vigilare affinché gli esercenti svolgano l'attività di prostituzione in libertà, autonomia e senza nessun condizionamento;

          d) assicurare il mantenimento dell'ordine e delle condizioni igienico-sanitarie adeguate nel centro erotico e che clienti ed esercenti osservino ogni misura di prevenzione e di profilassi contro le malattie sessualmente trasmissibili, con particolare riguardo all'utilizzo del profilattico;

          e) provvedere a denunciare immediatamente all'autorità di pubblica sicurezza i casi nei quali abbia motivo di sospettare che l'attività di prostituzione possa essere ricondotta a una forma di sfruttamento della stessa;

          f) impedire l'accesso a clienti minori di anni ventuno.

Art. 7.
(Introduzione dell'articolo 529-bis del codice penale in materia di attività di prostituzione).

      1. Dopo l'articolo 529 del codice penale è inserito il seguente:
      «Art. 529-bis.(Attività di prostituzione). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi e con la multa da euro 2.580 a euro 103.290, fatta salva in ogni caso l'applicazione dell'articolo 240:

          a) chiunque recluti una persona al fine di farle esercitare l'attività di prostituzione o ne agevoli a tale fine l'attività di prostituzione;

          b) chiunque induca all'attività di prostituzione una persona di età maggiore o compia atti di lenocinio, sia personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità;

          c) chiunque induca una persona a recarsi nel territorio di un altro Stato o comunque in luogo diverso da quello della sua abituale residenza al fine di esercitarvi l'attività di prostituzione ovvero si intrometta per agevolarne la partenza;

          d) chiunque svolga un'attività in associazioni e organizzazioni nazionali o estere dedite al reclutamento di persone da destinare all'attività di prostituzione o allo sfruttamento dell'attività di prostituzione, ovvero in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo agevoli o favorisca l'azione o gli scopi delle predette associazioni od organizzazioni.

      La pena di cui al primo comma è aumentata della metà:

          a) se il fatto è commesso con violenza, minaccia o inganno;

          b) se il fatto è commesso ai danni di persona in stato di infermità o di minorazione psichica, naturale o provocata, ovvero minore di età;

          c) se il colpevole è un ascendente, un affine in linea retta ascendente, il marito, il fratello o la sorella, il padre o la madre adottivi, ovvero il tutore;

          d) se al colpevole la persona è stata affidata per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia;

          e) se il fatto è commesso ai danni di persone aventi rapporti di servizio domestico o d'impiego;

          f) se il fatto è commesso da pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni;

          g) se il fatto è commesso ai danni di più persone;

          h) se il fatto è commesso ai danni di una persona tossicodipendente.

      Sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 a euro 10.000 i soggetti:

          a) che in luogo pubblico o aperto al pubblico invitino al libertinaggio in modo scandaloso o molesto;

          b) che seguano le persone, invitandole al libertinaggio con atti o con parole».

Art. 8.
(Misure per la prevenzione delle malattie sessuali).

      1. Per l'esercizio dell'attività di prostituzione è obbligatorio l'uso del profilattico.
      2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in collaborazione con gli enti locali e avvalendosi di organizzazioni non lucrative di utilità sociale, di organizzazioni di volontariato e di altri soggetti privati, promuovono interventi diretti a favorire la partecipazione delle persone che manifestano la volontà di cessare l'attività di prostituzione a iniziative di sostegno idonee al loro reinserimento sociale, anche con riferimento alle attività di assistenza e protezione sociale disciplinate dall'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con le modalità di cui al periodo precedente, promuovono altresì interventi di formazione degli operatori pubblici a contatto con i soggetti che esercitano attività di prostituzione nonché interventi di informazione, prevenzione e riduzione del danno sanitario e sociale connesso all'attività di prostituzione, con particolare attenzione ai giovani di età inferiore a diciotto anni.
      3. Nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado devono essere dedicate almeno venti ore l'anno a programmi e

campagne di informazione, realizzati da soggetti in possesso di adeguate competenze, volti alla prevenzione e alla riduzione del danno sanitario e sociale connesso alle malattie sessualmente trasmissibili e all'attività di prostituzione. Tali interventi informativi sono finanziati dal Fondo di cui all'articolo 10.
Art. 9.
(Misure per la sessualità assistita delle persone disabili).

      1. Al fine di tutelare il diritto alla sessualità e al benessere psico-fisico delle persone disabili a ridotta autosufficienza a livello di mobilità e di motilità, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano predispongono un elenco di soggetti autorizzati a svolgere nei rispettivi territori la funzione di assistenti per la sana sessualità e per il benessere psico-fisico delle persone disabili, di seguito denominati «assistenti sessuali».
      2. Costituiscono elementi necessari per l'inserimento nell'elenco di cui al comma 1 le seguenti caratteristiche:

          a) il compimento di anni ventuno;

          b) l'adempimento dell'obbligo scolastico;

          c) la sottoscrizione del codice etico di cui al comma 3, lettera d);

          d) il possesso del documento di cui all'articolo 3;

          e) l'accreditamento di cui al comma 3.

      3. Ai fini di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono:

          a) a determinare i criteri e le procedure di accreditamento ai fini dell'inserimento nell'elenco di cui al comma 1, prevedendo un adeguato percorso formativo;

          b) alla predisposizione e all'aggiornamento periodico dell'elenco di cui al

comma 1, nonché alla regolamentazione dell'inserimento in tale elenco;

          c) all'adozione di misure che garantiscano la protezione dei dati sensibili relativi agli assistenti sessuali, ai sensi di quanto disposto dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, nonché la libertà di ciascun assistente sessuale riguardo la pubblicazione del proprio recapito professionale, fatta salva la necessaria pubblicità dell'elenco;

          d) alla recezione in un codice etico per gli assistenti sessuali e per le persone disabili loro clienti del contenuto dei codici etici elaborati e sperimentati, in Italia o in altri Paesi, da associazioni professionali o istituzioni competenti;

          e) a definire il tipo e la gravità della disabilità della persona che rende funzionale l'intervento professionale dell'assistente sessuale;

          f) a definire le modalità per il monitoraggio dell'equilibrio psico-fisico e dello stato di salute di ciascun assistente sessuale.

      5. All'attività di assistenza sessuale si applicano le disposizioni degli articoli 2 e 3.

Art. 10.
(Fondo per l'attività di prostituzione).

      1. Presso il Ministero della salute è istituito il Fondo nazionale per l'attività di prostituzione, di seguito denominato «Fondo», la cui dotazione è assicurata per mezzo delle rimesse del gettito derivante dall'imposizione fiscale dell'attività di prostituzione nonché dalle sanzioni previste dalle disposizioni di cui alla presente legge.
      2. La dotazione del Fondo è destinata nella misura del 3 per cento al finanziamento di progetti informativi volti alla prevenzione e alla riduzione del danno sanitario e sociale connesso alle malattie

sessualmente trasmissibili nonché al recupero e all'assistenza delle persone che cessano l'attività di prostituzione. La restante parte è destinata alla riduzione delle imposte sul reddito da lavoro mediante l'esenzione dall'imposta sul reddito delle persone fisiche di una quota pari a 1.000 euro del reddito mensile imponibile.
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