Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3816


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI, PASTORINO, SEGONI
Modifica all'articolo 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e altre disposizioni in materia di controllo parlamentare sui contratti relativi a strumenti finanziari derivati stipulati dallo Stato
Presentata il 10 maggio 2016


      

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Onorevoli Colleghi! – Non sono bastate cinque indagini conoscitive (due, rispettivamente, presso il Senato e presso la Camera negli anni 2004-2005; due presso il Senato negli anni 2007-2008 e 2009-2010; l'ultima presso la Camera nel 2015), svolte con la partecipazione di tutte le istituzioni e le rappresentanze dei soggetti interessati – la Banca d'Italia, la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), la Corte dei conti, il Corpo della guardia di finanza, l'Associazione bancaria italiana, l'International Swaps and Derivatives Association (ISDA), associazioni delle imprese, dei consumatori e dei consulenti indipendenti – nonché di esperti del settore finanziario, per fornire un quadro definitivo e completo sulle criticità conseguenti all'utilizzo di strumenti finanziari derivati, dapprima negoziati da operatori bancari con imprese italiane non finanziarie (di tutte le dimensioni e i settori merceologici) e successivamente con regioni ed enti locali.
      Invero, proprio nei contratti su strumenti finanziari derivati (di seguito denominati «contratti su derivati») stipulati con amministrazioni pubbliche si è verificato il maggiore coinvolgimento delle grandi banche d'affari internazionali di matrice anglosassone (si rammenti che proprio nel Regno Unito l'uso di strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali era stato vietato fin dal 1990). Le stesse banche sono anche le principali controparti del Tesoro italiano nella gestione del debito pubblico e degli strumenti finanziari derivati impiegati a tale fine.
      Oggi, la procura della Repubblica presso la Corte dei conti valuta in circa 3,8 miliardi di euro il presunto danno erariale causato dalla cattiva gestione di sei contratti su derivati, posti in essere dal Ministero dell'economia e delle finanze con la banca d'affari americana Morgan Stanley, che furono chiusi alla fine del 2011. L'inchiesta ipotizza anche la possibilità di un uso illegittimo di tali strumenti finanziari, fatto dal Ministero dell'economia e delle finanze per ottenere flussi finanziari di breve termine (quindi per copertura del fabbisogno del momento) anziché per porre in essere attività di copertura di rischi potenziali o di ristrutturazione del debito pubblico, le sole ammesse dalla normativa vigente a condizione che sia preventivamente dimostrata la convenienza economica dell'operazione (si vedano le disposizioni adottate in attuazione dell'articolo 41 della legge n. 448 del 2001). L'estinzione dei sei contratti suddetti comportò per il Tesoro l'esborso di 3,1 miliardi di euro in favore della banca americana e fu fatta per evitare la chiusura anticipata di tutti i contratti su derivati, che sarebbe stata possibile grazie a una clausola – denominata Additional Termination Events (ATE) – contenuta nell'accordo quadro stipulato nel 1995 tra le parti. «Tale clausola – si legge nella documentazione della procura presso la Corte dei conti – prevedeva come causa di risoluzione anticipata il superamento di un limite prestabilito dell'esposizione creditizia della banca d'affari nei confronti della Repubblica italiana, variabile in funzione del livello di rating. Al verificarsi di tale evento la banca d'affari aveva il diritto di chiedere la riduzione dell'esposizione creditizia al di sotto del limite, ovvero di procedere alla chiusura di tutto il portafoglio in essere, in quanto il Ministero dell'economia non aveva prestato la garanzia di beni offerti a collaterale (contante e/o titoli), prevista dallo stesso accordo quadro (c.d. garanzia collateral o collateralizzazione)». Dalle indagini condotte dalla Guardia di finanza è emerso che la clausola «rendeva, di fatto, tutti i contratti stipulati con la banca non idonei ad attuare le strategie perseguite dal Ministero dell'economia di medio e lungo periodo (c.d. effetto invalidante dell’Additional Termination Events)». Si precisa che il Ministero dell'economia e delle finanze era da molti anni a conoscenza del fatto che tale clausola poteva essere esercitata in qualunque momento e che, qualora la chiusura fosse stata contestuale al verificarsi delle condizioni, sarebbe costata tra 50 e 150 milioni di euro, contro un costo finale di 3.100 milioni come espressamente dichiarato in audizione dalla dottoressa Maria Cannata, dirigente della Direzione generale del debito pubblico. Ciò nonostante – come dichiarato in risposta ad uno specifico quesito – nessun corrispondente importo è stato mai appostato quale fondo rischi nel bilancio dello Stato, diversamente da quanto avrebbe imposto un principio generale di prudenza.
      Non è questo, tuttavia, il solo aspetto critico nella gestione degli strumenti derivati relativi al debito dello Stato, poiché – secondo i documenti della procura della Repubblica presso la Corte dei conti – sarebbe anche emerso che «le procedure adottate per la gestione dei contratti in derivati evidenziavano irregolarità relative a violazioni delle norme di contabilità generale dello Stato e più in generale del principio di buon andamento della pubblica amministrazione», considerato che «alcuni contratti in derivati evidenziavano profili speculativi che non li rendevano idonei alla finalità di ristrutturazione del debito pubblico prevista dalla vigente normativa».
      Che cosa si può fare, dunque, rispetto al settore pubblico per evitare che si verifichino nuovamente tali episodi?
      Si dovrebbe promuovere un controllo terzo e rigorosamente indipendente rispetto al Ministero dell'economia e delle finanze, che può essere svolto, secondo la presente proposta di legge, dall'Ufficio parlamentare di bilancio, con la collaborazione dell'Ufficio analisi quantitativa e innovazione finanziaria della CONSOB, a fronte della complessità delle strutture contrattuali, per colmare ogni asimmetria non solo contrattuale ma anche tecnico-finanziaria nei confronti delle controparti. Si rammenta, per inciso, che il menzionato ufficio appare oggi sottoutilizzato e ridotto negli ultimi anni di risorse e organici, nonostante l'elevatissimo livello di competenza nelle attività estimative (pricing), confermato da anni di riconoscimenti internazionali nei riguardi di alcuni dei suoi esponenti.
      Tale controllo dovrebbe vertere su una valutazione analitica ex post relativa ai singoli contratti, concentrandosi sul rispetto delle politiche in materia di rischi finanziari (risk policy) e sulla valutazione degli effetti delle misure adottate per la gestione del rischio (risk management), verificando in particolare se queste abbiano comportato eventualmente una migliore gestione del debito. Esso tende quindi ad accertare – sulla base di dati e analisi tecnico-finanziarie – se gli strumenti derivati impiegati abbiano portato un vantaggio nella riduzione del costo del debito pubblico.
      Come accennato, infatti, occorre fare piena chiarezza distinguendo tra un interesse legato al fabbisogno, spesso di breve termine, rispetto ad un maggiore indebitamento nel medio e lungo termine causato dalla mancata convenienza economica delle operazioni: i recenti dati dell'Eurostat e dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), calcolati anche in applicazione del sistema contabile europeo (SEC 2010), sembrano smentire gli assunti iniziali del Ministero dell'economia e delle finanze. Oggi il debito potenziale supera i 36 miliardi di euro e negli ultimi dieci anni sono maturati flussi negativi dal Tesoro alle banche controparti per circa 19 miliardi di euro.
      La chiarezza sui dati di gestione è l'obiettivo cui mira la presente proposta di legge che, all'articolo 1, pone a carico del Ministro dell'economia e delle finanze l'obbligo di determinare annualmente i princìpi relativi alle politiche in materia di rischi finanziari per la gestione del debito pubblico, al fine di verificare i livelli di copertura e di inserire nei documenti programmatici la valutazione degli effetti che gli strumenti finanziari derivati avranno sulla spesa pubblica futura, nonché l'obbligo di comunicare all'Ufficio parlamentare di bilancio il dettaglio dei dati, che rimangono coperti dal segreto d'ufficio, relativi ai tipi di contratti su strumenti finanziari derivati stipulati dal medesimo Ministero, affinché il suddetto Ufficio possa esprimere una valutazione circa il rispetto delle politiche di rischio e circa gli effetti delle misure adottate per la gestione del rischio stesso. Sarà poi compito dell'Ufficio parlamentare di bilancio, sentito l'Ufficio analisi quantitativa e innovazione finanziaria della CONSOB per le valutazioni di tipo tecnico-quantitativo, riferire alle Camere le proprie valutazioni relative ai contratti su derivati finalizzati alla gestione del debito pubblico, stipulati dal Ministero dell'economia e delle finanze, nonché al loro utilizzo in relazione al costo del debito e al valore atteso dei flussi che il Ministero si attende di ricevere o consegnare (mark to market dei derivati).
      L'articolo 2 dispone inoltre l'esplicita indicazione degli effetti attesi, per il periodo di riferimento del Documento di economia e finanza (DEF), dall'esecuzione dei contratti su strumenti finanziari derivati, stipulati per la gestione del debito dello Stato, mediante inserimento di pertinenti informazioni nella seconda sezione del medesimo documento. Infatti, secondo una valutazione dell'Ufficio parlamentare di bilancio, attualmente nel DEF non vengono fornite informazioni specifiche su tali effetti, poiché i relativi importi sono aggregati con le altre voci finalizzate alla determinazione del «raccordo tra l'indebitamento e la variazione del debito», mentre, in passato (tra il 2011 e il 2015), essi sono stati rilevanti, avendo contribuito ad un incremento del debito per un importo stimato in circa 4,7 miliardi di euro annui.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Controllo parlamentare sui contratti relativi a strumenti finanziari derivati stipulati dallo Stato).

      1. Il Ministro dell'economia e delle finanze stabilisce annualmente i princìpi relativi alle politiche in materia di rischi finanziari per la gestione del debito pubblico, al fine di verificare i livelli di copertura e di inserire nei documenti programmatici la valutazione degli effetti che gli strumenti finanziari derivati avranno sulla spesa pubblica futura. I princìpi stabiliti ai sensi del primo periodo sono comunicati riservatamente all'Ufficio parlamentare di bilancio per i fini di cui al comma 2.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze trasmette riservatamente, per ogni semestre, all'Ufficio parlamentare di bilancio i dati dettagliati concernenti i tipi di contratti relativi a strumenti finanziari derivati stipulati dal Ministero nell'ambito della gestione del debito pubblico.
      3. L'Ufficio parlamentare di bilancio valuta la congruità dei contratti di cui al comma 2 rispetto ai princìpi in materia di rischi finanziari stabiliti ai sensi del comma 1 nonché all'utilizzazione dei contratti medesimi in relazione al costo del debito e al valore atteso dei flussi che il Ministero si attende di ricevere o consegnare come mark to market degli strumenti finanziari derivati, sulla base dell'analisi probabilistica del rischio atteso. A questo fine, per le valutazioni di natura tecnico-quantitativa, l'Ufficio parlamentare di bilancio si avvale della collaborazione dell'Ufficio analisi quantitativa e innovazione finanziaria della Commissione nazionale per le società e la borsa.
      4. L'Ufficio parlamentare di bilancio, sulla base delle valutazioni giuridiche e tecnico-quantitative espresse a seguito dell'esame ai sensi del comma 3, riferisce alle Camere entro trenta giorni dalla ricezione

dei dati di cui al comma 2. Le Camere possono esaminare la relazione per le conseguenti iniziative secondo i rispettivi Regolamenti. La relazione è trasmessa alla Corte dei conti per le eventuali determinazioni di sua competenza.
      5. I dati e i documenti trasmessi ai sensi dei commi 1 e 2 sono sottoposti al regime del segreto d'ufficio. La violazione del segreto è punita ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.
Art. 2.
(Modifica all'articolo 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di indicazione degli strumenti finanziari derivati nel Documento di economia e finanza).

      1. All'articolo 10, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, alla lettera f) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «; le informazioni relative agli effetti attesi, per il medesimo periodo, dall'esecuzione dei contratti su strumenti finanziari derivati, stipulati per la gestione del debito dello Stato».

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