Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3925


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
SCANU, AMATO, PAOLA BOLDRINI, CAPELLI, CARROZZA, CATALANO, CAUSIN, COVA, CRIVELLARI, DURANTI, GRILLO, LACQUANITI, MASSA, NIZZI, RIZZO, SIMONETTI, ZARDINI, LUCIANO AGOSTINI, ALBINI, ALLASIA, ANTEZZA, ARGENTIN, ARLOTTI, ARTINI, BALDASSARRE, BARADELLO, BARGERO, BASILIO, BECHIS, BERLINGHIERI, MASSIMILIANO BERNINI, STELLA BIANCHI, BOCCUZZI, BOLOGNESI, BORGHI, BRANDOLIN, BRIGNONE, BURTONE, BUSIN, CAMPANA, CANI, CAPARINI, CAPONE, CARELLA, CARLONI, CARRA, CARUSO, CASATI, CASELLATO, CASTIELLO, CENNI, CHAOUKI, CIRACÌ, CIVATI, COLONNESE, COPPOLA, CORDA, CRIMÌ, DALLAI, DAMIANO, DE MARIA, DE MENECH, DELLAI, LUIGI DI MAIO, MARCO DI MAIO, D'INCECCO, ERMINI, FABBRI, GIANNI FARINA, FASSINA, FAUTTILLI, FEDI, FERRARA, FERRO, FITZGERALD NISSOLI, CINZIA MARIA FONTANA, FONTANELLI, FOSSATI, FREGOLENT, FUCCI, FUSILLI, CARLO GALLI, GARAVINI, GASPARINI, GIACOBBE, GIGLI, GINEFRA, GINOBLE, SILVIA GIORDANO, GRASSI, GRIBAUDO, GRIMOLDI, GUERRA, GUIDESI, TINO IANNUZZI, INVERNIZZI, KRONBICHLER, LA MARCA, LATRONICO, LATTUCA, LAURICELLA, LODOLINI, LOREFICE, ANDREA MAESTRI, MALISANI, MARAZZITI, MARCHI, MARGUERETTAZ, MARTELLA, MARZANO, MATARRELLI, MAZZOLI, MELILLA, MINNUCCI, MOGNATO, MOLTENI, MONGIELLO, MONTRONI, MORANI, MURA, NICOLETTI, OLIVERIO, OTTOBRE, PASTORELLI, PASTORINO, PATRIARCA, PELLEGRINO, PICCHI, PIEPOLI, GIANLUCA PINI, GIUDITTA PINI, PINNA, PIRAS, PREZIOSI, PRINA, RIBAUDO, ROMANINI, RONDINI, PAOLO ROSSI, ROSTELLATO, RUBINATO, SALTAMARTINI, SANGA, GIOVANNA SANNA, SANTERINI, SBERNA, SBROLLINI, SCHULLIAN, SCOPELLITI, SEGONI, SGAMBATO, SPERANZA, SPESSOTTO, STUMPO, TABACCI, TANCREDI, TARICCO, TERROSI, TULLO, VARGIU, VENITTELLI, VEZZALI, ZANIN, ZAPPULLA, ZOGGIA
Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e altre disposizioni concernenti la sicurezza sul lavoro e la tutela assicurativa contro gli infortuni e le malattie professionali del personale delle Forze armate
Presentata il 23 giugno 2016


      

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge arriva da lontano. Tra la XIV e la XVI legislatura, ben tre Commissioni parlamentari di inchiesta ebbero il merito di individuare le criticità in materia di sicurezza sul lavoro e tutela assicurativa contro gli infortuni e le malattie professionali nell'ambito delle Forze armate e di proporre un ampio ventaglio di indicazioni e proposte volte ad eliminare queste criticità.
      Peraltro, sin dalle prime attività svolte, una quarta Commissione parlamentare di inchiesta, istituita presso la Camera dei deputati nella corrente legislatura con deliberazione dell'Assemblea del 30 giugno 2015, ha dovuto constatare che molteplici criticità, puntualmente segnalate dalle precedenti Commissioni, non solo non risultano eliminate, ma sotto alcuni aspetti si sono persino aggravate. La Commissione ha pertanto ritenuto doveroso assumere immediate iniziative a tutela di beni preziosi quali la sicurezza sul lavoro e la tutela assicurativa dei militari.
      Tra queste iniziative spiccano le indicazioni per la revisione di alcuni profili della normativa speciale vigente per le Forze armate, in conformità, del resto, con quanto dispone la deliberazione istitutiva della Commissione, che all'articolo 4, comma 2, enunzia tra i suoi compiti quello di riferire alla Camera circa «l'eventuale necessità di adeguamento della normativa nazionale e dei trattati internazionali vigenti in materia, anche con riferimento all'individuazione di misure di prevenzione e di assistenza adottabili, nonché sull'adeguatezza dei vigenti istituti di indennizzo, di natura previdenziale e di sostegno al reddito». È proprio in questa prospettiva che si colloca la presente proposta di legge.
      Tre sono le basilari linee ispiratrici della proposta di legge.
      La prima di esse è l'effettività. Non basta che le norme stabiliscano princìpi astrattamente protettivi, ma occorre che esse impongano meccanismi idonei ad assicurarne l'attuazione concreta. Non basta, ad esempio, predisporre un apparato di organi preposti alla vigilanza sul rispetto delle disposizioni antinfortunistiche, se poi fa difetto un contesto organizzativo che di fatto valga a renderne incisiva l'azione, né basta attribuire a uno o ad altro soggetto responsabilità che siano dissociate dal possesso di tangibili poteri decisionali e di spesa, così come non basta prevedere indennizzi astrattamente adeguati, qualora non siano organizzate strutture e procedure atte a garantirne l'appropriata attribuzione. Destano allarme anche sotto questo aspetto, e meritano quindi una fattiva risposta da parte dello Stato, le dolorose esperienze – per non dire le battaglie – vissute oramai per troppi anni dalle vittime e dai loro congiunti negli attuali percorsi previdenziali ed eloquentemente esposte alla Commissione di inchiesta in audizioni drammatiche, per la mortificante sproporzione che in più casi si registra tra la dedizione dimostrata in attività altamente pericolose dal militare incorso in menomazioni invalidanti o mortali e la riluttanza istituzionale al tempestivo riconoscimento di congrui indennizzi.
      Strettamente connesso è il requisito della specificità del contesto nel quale sono destinate a operare le norme: una specificità, peraltro, che deve essere intesa non già come pretesto per giustificare una riduzione delle tutele, bensì come esigenza di fornire ai lavoratori misure di prevenzione che, mediante l'adattamento alle peculiarità delle Forze armate, valgano vieppiù a garantire ad essi la sicurezza e la salute. Come insegna la Corte di cassazione, l'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008 intende favorire la creazione non di «zone franche» impermeabili al rispetto delle leggi, ma di luoghi in cui debba venire assolutamente perseguita l'osservanza delle disposizioni antinfortunistiche. Per conseguenza, la specificità non può certamente condurre alla sostanziale disapplicazione delle norme né all'annullamento, o anche solo alla compressione, delle garanzie riconosciute dalla legge a tutti i lavoratori, senza differenze di sorta, e con riguardo a tutti i luoghi di lavoro, nessuno escluso.
      Come accettare allora un sistema che ritenga assolto con un semplice ordine il fondamentale obbligo di vigilanza sui lavoratori spettante al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti? Ovvero un sistema che non si preoccupi di commisurare obblighi essenziali, come la valutazione dei rischi e la formazione dei lavoratori, a situazioni lavorative specifiche quali sono quelle che si riscontrano nei luoghi di lavoro delle Forze armate, a contatto con equipaggiamenti militari speciali, armi, munizioni, sistemi d'arma, materiali di armamento?
      Altamente significative sono a questo proposito le indicazioni fornite dalla stessa disciplina vigente sulla sicurezza del lavoro nelle Forze armate e, in particolare, dagli articoli 2185 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e 1079 del testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, i quali contemplano l'erogazione di adeguati indennizzi: il primo a lavoratori e persino a cittadini esposti all'uranio impoverito e ad altro materiale bellico; il secondo a lavoratori e cittadini che abbiano contratto menomazioni dell'integrità psicofisica permanentemente invalidanti o da cui sia conseguito il decesso quando l'esposizione e l'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e la dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte da esplosione di materiale bellico abbiano costituito la causa ovvero la concausa efficiente e determinante delle menomazioni. Ciò – si badi – è previsto con riguardo sia al personale militare e civile impiegato nelle missioni internazionali o nei poligoni di tiro o nei siti in cui vengono depositati materiali di munizionamento o nei teatri di conflitto, sia ai cittadini operanti in tali aree o residenti nelle zone adiacenti alle basi militari nel territorio nazionale presso le quali è conservato munizionamento pesante o esplosivo.
      Si tratta di indicazioni preziose, che pongono in luce la presenza di specifiche esposizioni in ambienti di lavoro (e di vita) riconducibili all'Amministrazione della difesa, ma che allo stato della legislazione vigente rimangono confinate nell'orizzonte dell'erogazione di indennizzi, senza prima ancora ripercuotersi sull'attuazione degli obblighi di prevenzione in tali ambienti, con il dirompente risultato di tradire nei fatti proprio quell'esigenza di specificità vantata a parole.
      Si fa strada a questo punto una terza linea ispiratrice, ossia il sapere scientifico e tecnologico. In un settore, qual è quello delle Forze armate, in cui si assiste a un continuo sviluppo sia delle conoscenze sui rischi lavorativi e ambientali, sia delle tecnologie atte a fronteggiarli, la normativa cautelare ha bisogno di essere integrata dal sapere scientifico e tecnologico che reca il vero nucleo attualizzato della disciplina della prevenzione. Ben s'intende, pertanto, l'esigenza di potenziare un sistema nell'ambito del quale ciascun garante è chiamato ad analizzare i rischi specifici connessi alla propria attività e adottare le conseguenti appropriate misure cautelari, avvalendosi di figure realmente preparate e autonome come il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, che del sapere necessario sono istituzionalmente portatori. Non a caso, si parla al riguardo di autonormazione, vocabolo che esprime la necessità di un continuo autoadeguamento delle misure di sicurezza alle condizioni delle lavorazioni sulla scorta dell'accreditato sapere scientifico e tecnologico.
      Con la guida di queste linee ispiratrici, la proposta di legge – sul cui contenuto la Commissione di inchiesta si è espressa favorevolmente, con un solo voto contrario – introduce in sedici articoli una serie coerente di modifiche normative sia sul fronte della sicurezza sul lavoro, sia sul fronte della tutela assicurativa contro gli infortuni e le malattie professionali.

      
      Anzitutto, l'articolo 1, nell'intento di escludere in radice qualsiasi dubbio, stabilisce che, ai fini e per gli effetti delle disposizioni qui introdotte, l'Arma dei carabinieri s'intende compresa nelle Forze armate, in coerenza con la lettera della norma dettata dall'articolo 3, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo n. 81 del 2008 («Forze armate, compresa l'Arma dei Carabinieri»).
      Basilare è poi anche nell'ambito delle Forze armate l'individuazione del datore di lavoro – destinatario di tutti gli obblighi di sicurezza e titolare di obblighi non delegabili per l'importanza e l'intima correlazione con le scelte strategiche di fondo, quali la valutazione dei rischi e la redazione del relativo documento – nel soggetto effettivamente dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. A questo scopo, l'articolo 2 provvede a rendere esplicitamente inderogabile anche in relazione alle Forze armate l'individuazione del datore di lavoro nel soggetto dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. A ciò si procede qui con l'auspicio che, al fine di evitare inammissibili disparità di trattamento, analogamente si provveda per le ulteriori amministrazioni prese in considerazione dall'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008 e, in particolare, per le Forze di polizia e per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
      L'articolo 3 introduce nel decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, un nuovo articolo 3-bis che disciplina gli obblighi del datore di lavoro committente e lo svolgimento della sorveglianza sanitaria nell'ambito dell'Amministrazione della difesa, in correlazione con l'abrogazione degli articoli 256, comma 3, e 257, commi 8 e 9, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, disposta nel successivo articolo 12.
      In particolare si stabilisce che gli obblighi e gli adempimenti previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008 in relazione al personale utilizzato dalle imprese appaltatrici operanti per l'Amministrazione della difesa siano a carico del datore di lavoro dell'impresa appaltatrice medesima, restando tuttavia fermi, a carico del datore di lavoro committente, gli obblighi previsti dall'articolo 26 del citato decreto legislativo n. 81 del 2008. Per quanto riguarda le visite e gli accertamenti finalizzati alla sorveglianza sanitaria, previsti dall'articolo 41, comma 4, del medesimo decreto legislativo n. 81 del 2008, si prescrive che anche nell'ambito dell'Amministrazione della difesa essi siano effettuati dal medico competente, che, per accertamenti diagnostici, può comunque avvalersi dei servizi sanitari delle Forze armate. Infine, sono conferite al Servizio sanitario militare alcune competenze di studio, ricerca, consulenza, indirizzo e definizione di procedure e protocolli comuni, volte alla tutela della salute dei lavoratori civili e militari dell'Amministrazione della difesa, restando in ogni caso salva la piena autonomia del medico competente.
      Peraltro, al fine di agevolare l'Amministrazione della difesa nello svolgimento delle attività dirette a garantire la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro, l'articolo 5 attribuisce all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) il compito di fornire alle Forze armate assistenza e consulenza in materia.
      L'articolo 6 mira a porre rimedio alle carenze evidenti cui soggiace il sistema di controllo interno attualmente previsto, per la materia che qui interessa, nell'ambito delle Forze armate. È palese, infatti, l'esigenza di affidare l'attività di controllo nelle aree militari a personale terzo, non appartenente alla stessa Amministrazione sottoposta a controllo, e, d'altra parte, di garantire un'effettiva unitarietà dell'attività ispettiva in tali aree, sotto pena di non raggiungere altrimenti l'obiettivo di un'effettiva e sistematica vigilanza sul rispetto delle norme di sicurezza. Pertanto, si è stabilito anzitutto di affidare la vigilanza sui luoghi di lavoro dell'Amministrazione della difesa al personale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, purché in possesso di adeguata abilitazione di sicurezza, e, in secondo luogo, di attribuire a questo personale la facoltà di avvalersi di servizi sanitari e tecnici individuati dall'Amministrazione della difesa. Anche a questo proposito, è augurabile che si provveda

analogamente per quanto riguarda le Forze di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
      D'altra parte, le stesse disposizioni contenute negli articoli 2185 del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 e 1079 del decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 fanno capire che i rischi ambientali non colpiscono soltanto il personale dell'Amministrazione della difesa. Tali rischi non sempre sono confinati dentro le mura delle strutture militari, ma possono espandersi in danno dell'intera comunità, potenzialmente fino alle dimensioni del disastro ambientale, cioè di un disastro i cui effetti, a differenza di quelli di un crollo o di un incendio, potrebbero prolungarsi nel tempo per anni e anni. Perciò l'articolo 7, intervenendo sull'articolo 18, comma 1, lettera q), del decreto legislativo n. 81 del 2008, il quale prescrive che il datore di lavoro e i dirigenti prendano appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno, verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio, estende esplicitamente tale obbligo alle zone di cui all'articolo 2185, primo comma, lettere d) ed e), del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, e, dunque, in particolare, anche alle zone adiacenti alle basi militari nel territorio nazionale presso le quali sono conservati munizionamento pesante o esplosivi.
      In considerazione, poi, della già illustrata importanza dell'obbligo di valutazione dei rischi, l'articolo 8, comma 1, lettera a), aggiunge tra i «gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari», richiamati dall'articolo 28, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2008, anche coloro che svolgono «le attività o mansioni comportanti operazioni connesse ad attrezzature presenti nei luoghi di lavoro delle Forze armate, quali equipaggiamenti militari speciali, armi, munizioni, sistemi d'arma, materiali di armamento, o la frequentazione di luoghi situati in prossimità di tali attrezzature, comprese le operazioni indicate negli articoli 2185 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e 1079, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90».
      L'articolo 9 si propone di rafforzare, nell'ambito dell'Amministrazione della difesa, l'autonomia di un'istituzione essenziale qual è il servizio di prevenzione e protezione: a questo scopo, si prevede che i responsabili e gli addetti a tale servizio adempiano alle proprie funzioni in piena autonomia nei confronti di autorità gerarchicamente sovraordinate.
      Strettamente connesso all'articolo 8 è l'articolo 10, il quale estende l'obbligo di informazione nei riguardi dei lavoratori, di cui all'articolo 36, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008, ai pericoli connessi alle attrezzature presenti nei luoghi di lavoro delle Forze armate. Il contenuto di tale obbligo è esplicitamente specificato con riferimento alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e scientifico.
      Tra i temi approfonditi dalla Commissione parlamentare di inchiesta emergono quelli concernenti la sorveglianza sanitaria e la profilassi vaccinale sul personale dell'Amministrazione della difesa. Anzitutto, la presente proposta di legge si preoccupa di collocare la profilassi vaccinale sul personale militare, ora disciplinata nell'articolo 206-bis del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, nella doverosa e appropriata cornice del decreto legislativo n. 81 del 2008 e, a questo fine, introduce un insieme coordinato di modifiche a tale decreto. Infatti, l'articolo 8, comma 1, lettera b), inserisce le profilassi vaccinali previste da appositi protocolli sanitari per il personale dell'Amministrazione della difesa tra le misure di prevenzione e di protezione da individuare nel documento di valutazione dei rischi a norma dell'articolo 28, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008. A sua volta, l'articolo 4 attribuisce all'apposita Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 81 del 2008, il compito di elaborare, sentita ciascuna Forza armata, appositi protocolli sanitari per la somministrazione della profilassi vaccinale al personale dell'Amministrazione della difesa; tali protocolli dovrebbero altresì indicare le cautele e gli accertamenti da eseguire al fine di ridurre o escludere, per quanto consentito dalle conoscenze scientifiche acquisite, i rischi derivanti dalle modalità di somministrazione dei vaccini. Infine, l'articolo 11, al comma 1, lettera b), aggiunge le profilassi vaccinali tra le misure mirate al rischio ritenute necessarie dal medico competente nell'ambito delle visite mediche ai sensi dell'articolo 41, comma 4, primo periodo, del decreto legislativo n. 81 del 2008.
      Occorre, inoltre, tener presente che, secondo il decreto legislativo n. 81 del 2008, la sorveglianza sanitaria sui lavoratori deve essere effettuata dal medico competente esclusivamente «nei casi previsti dalla normativa vigente, nonché dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui all'articolo 6», oltre che nell'ipotesi in cui «il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi» (articolo 41, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo n. 81 del 2008). Le specifiche caratteristiche delle attività e delle mansioni svolte dal personale dell'Amministrazione della difesa e le conoscenze scientifiche sui relativi rischi, attualmente in piena evoluzione, hanno indotto alla redazione della norma contenuta nell'articolo 11, comma 1, lettera a), volta a liberare un adempimento preventivo essenziale quale la sorveglianza sanitaria dalle strettoie dei cosiddetti «rischi tabellati» e, dunque, a ricollegare siffatto adempimento alle risultanze della valutazione dei rischi inerenti alle attività o mansioni comportanti operazioni connesse ad attrezzature presenti nei luoghi di lavoro delle Forze armate, quali equipaggiamenti militari speciali, armi, munizioni, sistemi d'arma, materiali di armamento, o alla frequentazione di luoghi situati in prossimità di tali attrezzature, comprese le operazioni indicate negli articoli 2185 del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 e 1079, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010.
      In coerenza con le modifiche appena illustrate, all'articolo 12 si prevede l'abrogazione di norme del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 che si palesano contrastanti con tali modifiche: l'articolo 246, comma 2 (individuazione del datore di lavoro) e gli articoli da 260 a 263 e 270 (vigilanza sui luoghi di lavoro dell'Amministrazione della difesa).
      Ulteriori abrogazioni si rendono indispensabili in vista di un'adeguata tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro delle Forze armate.
      L'articolo 250, comma 10, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 prevede che «nell'Amministrazione della difesa, tenuto conto delle peculiarità organizzative istituzionali che prevedono l'unicità di comando e controllo, l'autorità cui i rappresentanti, militari o civili, dei lavoratori per la sicurezza possono far ricorso, ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera o), del decreto legislativo n. 81 del 2008, se ritengono inadeguate le misure prevenzionistiche adottate, si identifica nell'autorità gerarchicamente sovraordinata al datore di lavoro». Una norma, questa, doppiamente inappropriata: in primo luogo, perché appare in contrasto con l'esigenza di affidare la vigilanza sui luoghi di lavoro delle Forze armate ad organi esterni a tale Amministrazione; in secondo luogo, perché prospetta la presenza di un'autorità gerarchicamente sovraordinata al datore di lavoro, inevitabilmente suscettibile di sminuirne l'irrinunciabile possesso di autonomi poteri decisionali e di spesa.
      L'articolo 253, comma 7, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 stabilisce che «l'obbligo gravante in capo al datore di lavoro, ai dirigenti e preposti di esigere, con la costante sorveglianza, l'osservanza delle misure di sicurezza da parte dei lavoratori militari si intende assolto, e a tal fine esonerativo da responsabilità, con l'aver impartito ordini certi e adeguati all'osservanza di dette misure, essendo legittima l'aspettativa da parte dei superiori gerarchici del rispetto dell'ordine, la cui inosservanza è particolarmente sanzionata in relazione ai vincoli propri della disciplina militare». L'aspettativa del rispetto dell'ordine non appare sufficiente a soddisfare l'esigenza di sicurezza perseguita dall'obbligo di vigilanza previsto nell'articolo 18, commi 1, lettera f), e 3-bis, del decreto legislativo n. 81 del 2008 a carico del datore di lavoro e dei dirigenti e nell'articolo 19, comma 1, lettera a), del medesimo decreto legislativo a carico dei preposti.
      L'articolo 253, comma 8, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 dispone che, «salvo quanto previsto al comma 7, gli importi dei pagamenti in sede amministrativa previsti dal decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, e delle sanzioni amministrative previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008, eventualmente irrogate al personale militare e civile dell'Amministrazione della difesa per violazione [recte: violazioni] commesse presso organismi militari, sono imputate, in via transitoria sul pertinente capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa, fatta salva ogni rivalsa dell'Amministrazione nei confronti degli interessati che siano riconosciuti responsabili per dolo o colpa grave a seguito di specifica inchiesta disposta ai sensi del titolo III del libro III». Palese è che il meccanismo contemplato da questa disposizione toglie incisività all'efficacia dissuasiva delle sanzioni previste a carico delle persone fisiche dei datori di lavoro, dei dirigenti, dei preposti e dei medici competenti, anche in considerazione della difficoltà di operare una distinzione tra presenza e assenza di dolo o colpa grave, e senza che un sostanziale ausilio possa giungere in proposito dall'autorità giudiziaria, atteso che i procedimenti penali relativi alle contravvenzioni antinfortunistiche sono abitualmente destinati a chiudersi con l'estinzione del reato per intervenuta oblazione a norma del decreto legislativo n. 758 del 1994.
      Infine, l'articolo 255, comma 3, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 dispone che «Nell'ambito dell'Amministrazione della difesa, tenuto conto che le vigenti disposizioni in materia di organizzazione del lavoro, rapporti gerarchici, relazioni con i superiori e doveri propri di quest'ultimi, di cui, fra gli altri, al libro IV del codice, titolo VIII e al libro IV del regolamento, titolo VIII, sono già preordinate anche alla prevenzione dei rischi psicosociali e dei loro possibili effetti sulla salute negli ambienti di lavoro militari, la valutazione dei rischi collegati allo stress lavoro-correlato, di cui all'articolo 28, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2008, al fine di adottare le conseguenti misure di prevenzione e sorveglianza sanitaria, è effettuata dal datore di lavoro se ne è segnalata la necessità dai competenti servizi sanitari delle Forze armate a seguito delle attività espletate in applicazione delle vigenti disposizioni in materia di idoneità fisica, psichica e attitudinale al servizio per il personale militare e civile della difesa». Questa norma finisce per snaturare l'obbligo di valutazione di un rischio, lo stress lavoro-correlato – tutt'altro che irrilevante nell'ambito di un'amministrazione gerarchicamente ordinata – e indebitamente attribuisce in via esclusiva al medico competente la gestione di un'area di rischio affidata dal decreto legislativo n. 81 del 2008 a tutte le funzioni, compreso il servizio di prevenzione e protezione (si veda l'articolo 32, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo n. 81 del 2008).
      Di grande rilievo è, poi, nel decreto legislativo n. 81 del 2008, il ruolo assegnato alla figura del committente, anche con riguardo agli appalti cosiddetti «interni». L'articolo 256 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010, al comma 3, nel prescrivere che «per il personale utilizzato dalle imprese appaltatrici per lo svolgimento dei servizi, lavori, opere o forniture, gli obblighi e gli adempimenti previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008 sono a carico del datore di lavoro delle medesime imprese», appare in stridente contrasto con l'ispirazione di fondo di quest'ultima normativa. Pertanto, si dispone qui l'abrogazione del citato comma 3, mentre con l'articolo 3 della presente proposta di legge si fanno salvi gli obblighi del datore di lavoro committente di cui all'articolo 26 del predetto decreto legislativo n. 81 del 2006.
      Da salvaguardare, poi, in vista dell'esercizio della sorveglianza sanitaria da parte di specifici soggetti individuati dal datore di lavoro (o dal dirigente delegato) nell'ambito di un rapporto fiduciario e titolari di obblighi penalmente sanzionati, è il ruolo del medico competente.
      Attualmente, l'articolo 257 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010, al comma 8, prevede che «Le visite e gli accertamenti sanitari finalizzati alle verifiche previste dall'articolo 41, comma 4, del decreto legislativo n. 81 del 2008, sono effettuati dai servizi sanitari delle Forze armate, ai sensi dell'articolo 929 del codice e del libro IV, titolo II, capo II del presente regolamento». In tal modo finisce per sostituire generici servizi sanitari a una figura appositamente designata e penalmente responsabile quale il medico competente. L'articolo 3 della presente proposta di legge conferma, quindi, la competenza per le visite e gli accertamenti sanitari in favore del medico competente e precisa che per accertamenti diagnostici il medico competente può avvalersi dei predetti servizi sanitari in coerenza con la lettera e la ratio dell'articolo 39, comma 5, del decreto legislativo n. 81 del 2008 («Il medico competente può avvalersi, per accertamenti diagnostici, della collaborazione di medici specialisti scelti in accordo con il datore di lavoro che ne sopporta gli oneri»).
      Il comma 9 dello stesso articolo 257 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 dispone attualmente: «Ai fini della tutela della salute dei lavoratori dell'Amministrazione della difesa, lo Stato maggiore della difesa: a) effettua attività di studio e ricerca in materia di medicina occupazionale, trasferendone i risultati a favore degli organismi delle aree tecnico-operativa, tecnico-amministrativa e tecnico-industriale della Difesa, per incrementare le misure sanitarie finalizzate a prevenire danni alla salute del personale militare e civile dell'Amministrazione della difesa; b) fornisce consulenza e indirizzi generali in materia di medicina occupazionale, tenendo conto della necessità di salvaguardare l'operatività e l'efficienza delle Forze armate; c) definisce eventuali procedure per la valutazione dei rischi per la salute elaborando, altresì, protocolli standardizzati per la sorveglianza sanitaria dei lavoratori militari e civili dell'amministrazione della difesa, tenendo conto dei rischi tipici dell'attività svolta». Queste disposizioni sono state trasposte nel decreto legislativo n. 81 del 2008 con l'articolo 3 della presente proposta di legge, ove si contempla il coinvolgimento del Servizio sanitario militare, ma si fa comunque salva la piena autonomia del medico competente nell'assolvimento di obblighi previsti e sanzionati a suo carico.
      Infine, anche in correlazione con il ruolo attribuito all'INAIL sotto il profilo inerente alla tutela assicurativa contro gli infortuni e le malattie professionali e illustrato più avanti, vengono abolite le deroghe, previste dall'articolo 248 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010, agli obblighi di comunicazione, denuncia e segnalazione all'Istituto medesimo da parte del datore di lavoro nell'ambito dell'Amministrazione della difesa.
      Resta da sottolineare che, laddove disposizioni di legge o regolamentari prevedano un rinvio alle disposizioni abrogate, tale rinvio deve intendersi riferito alle disposizioni introdotte dalla proposta di legge.
      Del pari fondamentali sono le modifiche previste dalla presente proposta di legge a proposito della tutela assicurativa contro gli infortuni e le malattie professionali.
      L'attività d'indagine condotta dalla Commissione ha, infatti, messo a nudo l'inadeguatezza della tutela assicurativa contro gli infortuni e le malattie professionali garantita al personale delle Forze armate dalle attuali prassi applicative. Un'inadeguatezza determinata non dall'entità delle provvidenze previste dall'ordinamento vigente, ma dalle incongruenze e criticità della procedura di attribuzione di tali provvidenze. Eloquente è in proposito la giurisprudenza sviluppatasi a seguito delle azioni proposte per il mancato riconoscimento delle prestazioni richieste. Né appare sufficientemente garantita la terzietà di giudizio nel procedimento che porta al riconoscimento della cosiddetta «causa di servizio».
      Inoltre, quand'anche la tutela indennitaria attualmente prevista in favore delle Forze armate fosse correttamente attuata e l'equo indennizzo dovesse risultare equipollente alle prestazioni economiche contemplate dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, la tutela assicurativa del personale delle Forze armate risulterebbe comunque deteriore rispetto a quella garantita ai lavoratori dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.
      Invero, la vigente normativa garantisce ai lavoratori la tutela sanitaria privilegiata, riconoscendo il diritto alla gratuità delle prestazioni integrative dei livelli essenziali di assistenza, in particolare nelle forme del rimborso dei farmaci di fascia C necessari al recupero dell'integrità psicofisica compromessa dall'evento lesivo di origine lavorativa nonché dell'erogazione di prestazioni riabilitative e di fisiocinesiterapia eccedenti i predetti livelli essenziali.
      Per giunta, agli invalidi del lavoro, per mezzo del centro dell'INAIL di Vigorso di Budrio, considerato struttura di eccellenza a livello internazionale, è garantita un'assistenza protesica di particolare qualità, anche grazie all'attività di ricerca sviluppata in sinergia con l'Istituto italiano di tecnologia di Genova, con la Scuola superiore Sant'Anna di Pisa e con il Campus bio-medico di Roma. Uno dei primi risultati della ricerca è stato la realizzazione di una protesi mioelettrica di arto superiore.
      Agli invalidi del lavoro sono altresì garantite prestazioni finalizzate al reinserimento sociale, quale imprescindibile elemento costitutivo del recupero dell'integrità psicofisica, come disciplinate con il «Regolamento per l'erogazione agli invalidi del lavoro di dispositivi tecnici e di interventi di sostegno per il reinserimento nella vita di relazione» adottato dall'INAIL con determina presidenziale n. 261 del 29 settembre 2011.
      La peculiare qualità dell'assistenza garantita ai disabili da lavoro trova riscontro anche nella giurisprudenza della Corte di cassazione: «La disciplina relativa alla fornitura degli apparecchi di protesi e degli apparecchi atti a ridurre il grado dell'inabilità degli invalidi è diversa a seconda che riguardi gli assicurati del sistema INAIL (cioè gli invalidi per lavoro) ovvero la generalità degli assicurati, ai quali provvede il Servizio Sanitario Nazionale. La prima fondamentale differenza tra i due regimi è dovuta al fatto che nel sistema INAIL tale disciplina viene periodicamente aggiornata e modificata in senso favorevole al lavoratore infortunato, al precipuo fine di venire incontro in modo più adeguato e completo alle esigenze degli interessati, nel rispetto degli impegni assunti dal nostro Stato in ambito comunitario e internazionale» (Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza 23 luglio 2013, n. 17895).
      Agevole, a questo punto, è affermare che, allo stato, il regime speciale dettato per le Forze armate, lungi dal costituire una garanzia adeguata alla specificità del ruolo, determina, di fatto, vuoti di tutela in palese contrasto con i princìpi di cui agli articoli 2, 3, 32 e 38 della Costituzione.
      La Corte costituzionale, con numerose sentenze (per tutte, n. 27 del 1998 e nn. 226, 423 e 522 del 2000), ha più volte ribadito, in riferimento agli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, che la graduazione degli interventi di sostegno della collettività, e per essa dello Stato, in favore di coloro che abbiano riportato danni alla salute deve essere effettuata in relazione alla rilevanza dell'interesse pubblico sottostante ai trattamenti che hanno dato origine al danno. Questo principio di graduazione, per la sua portata generale, non può non essere applicato anche con riferimento all'articolo 38, secondo comma, della Costituzione, che garantisce a coloro che siano vittime di infortuni sul lavoro o di malattie professionali il diritto ai mezzi adeguati alle esigenze di vita.
      Appare, pertanto, anche sotto questo profilo, in effettivo contrasto con la spesso vantata specificità delle Forze armate un sistema all'interno del quale gli appartenenti siano destinatari di una tutela addirittura meno intensa di quella garantita alla generalità dei lavoratori. Si tratta di un sistema che per di più confligge con l'eccezionale rilevanza sociale e costituzionale della funzione di difesa della nazione, affidata alle Forze armate.
      È pertanto necessario e urgente un intervento che ponga fine a inaccettabili criticità che indeboliscono sensibilmente la tutela assicurativa del personale delle Forze armate, e che ne garantisca quanto meno la parità di diritti con gli altri lavoratori. In questa prospettiva, l'articolo 13 riordina l'intera materia della tutela assicurativa del personale delle Forze armate, riconducendola nell'ambito dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, garantita alla generalità degli altri lavoratori, e individua nell'INAIL il soggetto istituzionale effettivamente idoneo a tal fine. Conformemente a quanto è previsto per tutti i dipendenti di ruolo dello Stato, l'assicurazione di tale personale verrà attuata dall'INAIL con il sistema della gestione per conto dello Stato.
      In relazione a quanto sopra esposto e ai fini di una coerente ed efficace applicazione dei princìpi che governano la materia si dovrà comunque procedere, con le modalità previste dalle norme vigenti, ai tempestivi aggiornamenti delle tabelle delle malattie professionali, inserendovi le specifiche patologie riguardanti il personale delle Forze armate, tenendo conto delle risultanze scientifiche e di quanto accertato dalla Commissione parlamentare di inchiesta istituita nella corrente legislatura e da quelle che l'hanno preceduta, e in conformità con le stesse indicazioni fornite dai citati articoli 2185 del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 e 1079 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010.
      In particolare, i predetti aggiornamenti dovranno essere effettuati con assoluta priorità per quanto riguarda le patologie la cui origine professionale è stata già riconosciuta in conseguenza dei giudizi promossi dal personale militare per il riconoscimento della causa di servizio.
      L'articolo 14 dispone la cessazione dell'applicazione dell'istituto dell'equo indennizzo al personale delle Forze armate.
      L'articolo 15, al fine di scongiurare riduzioni dei livelli di tutela garantiti al personale delle Forze armate e in considerazione della loro peculiari caratteristiche, riconosce la cumulabilità delle speciali provvidenze – già previste dall'ordinamento in favore di tale personale – con le prestazioni indennitarie garantite dall'INAIL. Inoltre, per evitare ogni possibile duplicazione di indennizzo, in coerenza con i princìpi che governano la compatibilità delle prestazioni previdenziali, è stata espressamente prevista l'incumulabilità delle prestazioni che traggono origine dallo stesso evento lesivo e assolvono alla medesima funzione. Per garantire il raccordo tra i diversi istituti e precludere ogni possibilità di valutazioni contraddittorie, è previsto che la presentazione della domanda di riconoscimento di infortunio sul lavoro o di malattia professionale sia condizione per la procedibilità della domanda di riconoscimento del diritto alle specifiche provvidenze previste in favore del personale delle Forze armate. A tal fine si è previsto che l'accertamento effettuato dall'INAIL sul nesso di causalità tra l'attività lavorativa e l'evento lesivo sia vincolante anche ai fini del riconoscimento del diritto a tali provvidenze e che il relativo procedimento rimanga sospeso fino all'esito dell'accertamento predetto.
      Risulta necessario disciplinare la fase transitoria in relazione, per un verso, ai procedimenti in corso, e, per l'altro, agli infortuni verificatisi e alle malattie professionali manifestatesi prima dell'entrata in vigore del nuovo regime e per i quali, a tale data, non sia ancora pendente il relativo procedimento. L'articolo 16 impone l'interruzione dei procedimenti in corso, ponendo a carico dell'Amministrazione della difesa l'obbligo di trasmettere all'INAIL entro centottanta giorni la denuncia di infortunio sul lavoro o di malattia professionale; in caso di inottemperanza è prevista una sanzione. Quanto agli infortuni verificatisi e alle malattie professionali manifestatesi prima dell'entrata in vigore del nuovo regime e per i quali, a tale data, non sia stato ancora instaurato il relativo procedimento, l'articolo 16 fissa un termine di decadenza (dodici mesi) entro il quale l'interessato dovrà denunciare l'infortunio verificatosi o la malattia professionale manifestatasi. Al medesimo fine di assicurare l'ordinata transizione dal vecchio al nuovo regime, è altresì stabilito che il rigetto della domanda di equo indennizzo, pronunziato con sentenza passata in giudicato per insussistenza del nesso di causalità tra l'attività di servizio e la patologia, precluda la proposizione della domanda di riconoscimento di infortunio sul lavoro o di malattia professionale per la patologia oggetto del giudizio.
      Resta ferma anche per il personale delle Forze armate la facoltà di farsi assistere da un legale di fiducia in tutte le fasi del procedimento amministrativo.
      Infine, l'articolo 17, come norma di chiusura, esclude l'applicazione della normativa introdotta alle patologie per cui, alla data di entrata in vigore di tale normativa, sia stato riconosciuto, in via definitiva, il diritto all'equo indennizzo o alla pensione per causa di servizio.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Ambito di applicazione).

      1. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui alla presente legge, l'Arma dei carabinieri s'intende compresa nelle Forze armate.

Art. 2.
(Modifica all'articolo 3 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81).

      1. All'articolo 3, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, dopo le parole: «le disposizioni del presente decreto legislativo» sono inserite le seguenti: «, escluse in relazione alle Forze armate quelle di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), secondo periodo,».

Art. 3.
(Introduzione dell'articolo 3-bis del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81).

      1. Dopo l'articolo 3 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, è inserito il seguente:

«Art. 3-bis.
(Obblighi del datore di lavoro committente e sorveglianza sanitaria nell'ambito dell'Amministrazione della difesa).

          1. Per il personale utilizzato dalle imprese appaltatrici per lo svolgimento dei servizi, lavori, opere o forniture cui si applicano le disposizioni dell'articolo 256 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, gli obblighi e gli adempimenti previsti dal presente decreto sono a carico del datore di lavoro delle medesime, fatti salvi gli obblighi del datore di lavoro committente previsti

dall'articolo 26 del presente decreto legislativo.

          2. Nell'ambito dell'Amministrazione della difesa, le visite e gli accertamenti sanitari finalizzati alle verifiche previste dall'articolo 41, comma 4, del presente decreto legislativo sono effettuati dal medico competente, che, per accertamenti diagnostici, può avvalersi del servizi sanitari delle Forze armate, ai sensi dell'articolo 929 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e del libro quarto, titolo II, capo II, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90.

          3. Ai fini della tutela della salute dei lavoratori civili e militari dell'Amministrazione della difesa, fatta salva la piena autonomia del medico competente, il Servizio sanitario militare:

          a) effettua attività di studio e ricerca in materia di medicina occupazionale, trasferendone i risultati a favore degli organismi delle aree tecnico-operativa, tecnico-amministrativa e tecnico-industriale della Difesa, per incrementare le misure sanitarie finalizzate a prevenire danni alla salute del personale militare e civile dell'Amministrazione della difesa;

          b) fornisce consulenza e indirizzi generali in materia di medicina occupazionale, tenendo conto della necessità di salvaguardare l'operatività e l'efficienza delle Forze armate;

          c) definisce eventuali procedure per la valutazione dei rischi per la salute elaborando, altresì, i protocolli da applicare per la sorveglianza sanitaria dei lavoratori militari e civili dell'Amministrazione della difesa, tenendo conto dei rischi tipici dell'attività svolta».

Art. 4.
(Modifica all'articolo 6 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81).

      1. All'articolo 6, comma 8, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, dopo la lettera m-quater) è aggiunta la seguente:

          «m-quinquies) elaborare, sentita ciascuna Forza armata, appositi protocolli sanitari

per la somministrazione della profilassi vaccinale al personale dell'Amministrazione della difesa. Tali protocolli indicano, tra l'altro, le cautele da osservare e gli accertamenti da eseguire al fine di escludere o ridurre, per quanto consentito dalle conoscenze scientifiche acquisite, i rischi derivanti dalle modalità di somministrazione dei vaccini».
Art. 5.
(Modifica all'articolo 9 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81).

      1. All'articolo 9, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, dopo la lettera d-bis) è aggiunta la seguente:

          «d-ter) fornisce alle Forze armate assistenza e consulenza in materia di salute e sicurezza sul lavoro».

Art. 6.
(Modifiche all'articolo 13 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81).

      1. All'articolo 13 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1-bis, le parole: «delle Forze Armate,» sono soppresse;

          b) al comma 2, dopo la lettera c) è aggiunta la seguente:

          «c-bis) luoghi di lavoro delle Forze armate, comprese le aree riservate od operative e quelle che presentano analoghe esigenze, anche in rapporto alle attività che comportano un rischio derivante dalle radiazioni ionizzanti, indicate all'articolo 1 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230»;

          c) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

          «2-bis. Il personale ispettivo destinato allo svolgimento delle attività di vigilanza di cui alla lettera c-bis) del comma 2 deve essere in possesso di adeguata abilitazione di sicurezza. Nello svolgimento di tali attività

esso può avvalersi dei servizi sanitari e tecnici individuati dall'Amministrazione della difesa».
Art. 7.
(Modifica all'articolo 18 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81).

      1. All'articolo 18, comma 1, lettera q), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «anche nelle zone di cui all'articolo 2185, comma 1, lettere d) ed e), del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66».

Art. 8.
(Modifiche all'articolo 28 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81).

      1. All'articolo 28 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, e comunque le attività o mansioni comportanti operazioni connesse ad attrezzature presenti nei luoghi di lavoro delle Forze armate, quali equipaggiamenti militari speciali, armi, munizioni, sistemi d'arma, materiali di armamento, o la frequentazione di luoghi situati in prossimità di tali attrezzature, comprese le operazioni indicate negli articoli 2185 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e 1079, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90»;

          b) al comma 2, lettera b), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, comprese le profilassi vaccinali previste da appositi protocolli sanitari per il personale dell'Amministrazione della difesa».

Art. 9.
(Modifica all'articolo 31 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81).

      1. All'articolo 31, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 9 aprile

2008, n. 81, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e adempiono le proprie funzioni in piena autonomia anche nei confronti di autorità gerarchicamente sovraordinate».
Art. 10.
(Modifica all'articolo 36 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81).

      1. All'articolo 36, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, dopo la lettera b) è inserita la seguente:

          «b-bis) sui pericoli connessi alle attrezzature presenti nei luoghi di lavoro delle Forze armate di cui all'articolo 28, comma 1, anche in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e scientifico».

Art. 11.
(Modifiche all'articolo 41 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81).

      1. All'articolo 41 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, lettera a), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, e nei casi in cui è resa necessaria dalla valutazione dei rischi inerenti alle attività o mansioni svolte nei luoghi di lavoro dell'Amministrazione della difesa di cui all'articolo 28, comma 1, del presente decreto legislativo»;

          b) al comma 4, primo periodo, le parole: «e indagini diagnostiche mirati al rischio» sono sostituite dalle seguenti: «, le indagini diagnostiche nonché le profilassi vaccinali di cui all'articolo 28, comma 2, lettera b), mirati al rischio e».

Art. 12.
(Abrogazioni).

      1. Gli articoli 246, comma 2, 248, 250, comma 10, 253, commi 7 e 8, 255, comma 3, 256, comma 3, 257, commi 8 e 9, 260,

261, 262, 263 e 270 del testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, sono abrogati.
      2. Ove disposizioni di legge o regolamentari facciano rinvio alle disposizioni abrogate ai sensi del comma 1, tale rinvio si intende riferito alle disposizioni introdotte dalla presente legge.
Art. 13.
(Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali relativa al personale delle Forze armate).

      1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, al personale delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, si applicano le disposizioni del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.
      2. L'obbligo di assicurazione derivante dall'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 è limitato al personale che vi sia soggetto ai sensi degli articoli 1 e 4 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965.
      3. L'assicurazione del personale di cui ai commi 1 e 2 è attuata dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), per l'amministrazione dalla quale il personale dipende, con il sistema di gestione per conto dello Stato di cui al decreto del Ministro del tesoro 10 ottobre 1985, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 46 del 25 febbraio 1986.
      4. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, si provvede alla modifica e all'integrazione delle tabelle di cui agli articoli 3 e 211 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, su proposta della commissione scientifica istituita ai sensi del comma 1 dell'articolo 10 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, formulata

previa individuazione delle malattie professionali derivanti dalle attività del personale militare sulla base della verifica delle denunce ricevute.
Art. 14.
(Cessazione dell'applicazione dell'istituto dell'equo indennizzo).

      1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'istituto dell'equo indennizzo cessa di applicarsi al personale di cui all'articolo 13.

Art. 15.
(Cumulabilità delle prestazioni).

      1. Per il personale di cui all'articolo 13, comma 1, della presente legge resta ferma l'applicazione delle speciali provvidenze previste dal libro settimo, titolo III, capi III e IV, del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010 n. 66. Esse sono cumulabili con le prestazioni garantite dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al medesimo articolo 13.
      2. La presentazione della denuncia di infortunio sul lavoro o di malattia professionale all'INAIL costituisce condizione di procedibilità della domanda di riconoscimento del diritto alle provvidenze di cui al comma 1, primo periodo, del presente articolo. L'accertamento sul nesso di causalità tra l'attività lavorativa e l'evento lesivo effettuato dall'INAIL è vincolante anche ai fini del riconoscimento del diritto a tali provvidenze. Il procedimento relativo al riconoscimento di tali provvidenze rimane sospeso sino all'esito dell'accertamento predetto.
      3. L'assegno ordinario di invalidità e la pensione ordinaria di inabilità al lavoro non sono cumulabili con la rendita vitalizia liquidata per lo stesso evento invalidante, a norma del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, fino a concorrenza della rendita stessa.

Art. 16.
(Norme transitorie).

      1. Alla data di entrata in vigore della presente legge sono interrotti i procedimenti amministrativi, in corso alla medesima data, relativi all'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio e del diritto al rimborso delle spese di degenza per causa di servizio nonché del diritto all'equo indennizzo e alla pensione privilegiata.
      2. L'Amministrazione della difesa trasmette all'INAIL per via telematica, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la denuncia di infortunio sul lavoro o di malattia professionale per l'evento lesivo che costituisce oggetto del procedimento sospeso, corredata della documentazione sanitaria acquisita fino alla data della trasmissione.
      3. In caso di inosservanza dell'obbligo di cui al comma 2, a carico del funzionario responsabile del procedimento si applicano le sanzioni amministrative previste per omessa o tardiva denuncia di infortunio sul lavoro o di malattia professionale.
      4. Dalla data della ricezione da parte dell'INAIL degli atti del procedimento interrotto ai sensi del comma 1 del presente articolo decorre il termine di cui all'articolo 102, secondo comma, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.
      5. Gli infortuni sul lavoro verificatisi e le malattie professionali manifestatesi prima della data di entrata in vigore della presente legge devono essere denunciati, a pena di decadenza, entro dodici mesi da tale data.
      6. Il rigetto della domanda di equo indennizzo, con sentenza passata in giudicato, per insussistenza del nesso di causalità tra l'attività di servizio e la patologia preclude la proposizione della domanda di riconoscimento di infortunio sul lavoro o di malattia professionale per la patologia oggetto del giudizio.

Art. 17.
(Norma finale).

      1. Le disposizioni di cui alla presente legge non si applicano alle patologie per le quali, alla data della sua entrata in vigore, sia già stato riconosciuto in via definitiva il diritto all'equo indennizzo o alla pensione per causa di servizio.

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