Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 4151-A-bis


DISEGNO DI LEGGE
APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 16 novembre 2016 (v. stampato Senato n. 2551)
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(RENZI)
e dal ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale
(GENTILONI SILVERI)
di concerto con il ministro dell'interno
(ALFANO)
con il ministro della giustizia
(ORLANDO)
con il ministro dell'economia e delle finanze
(PADOAN)
con il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
(GALLETTI)
con il ministro delle infrastrutture e dei trasporti
(DELRIO)
e con il ministro del lavoro e delle politiche sociali
(POLETTI)
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, fatto a Parigi il 24 febbraio 2015, e del Protocollo addizionale, con Allegato, fatto a Venezia l'8 marzo 2016, con annesso Regolamento dei contratti adottato a Torino il 7 giugno 2016
Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica il 16 novembre 2016
(Relatrice di minoranza: SPADONI)


      

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Onorevoli Colleghi! — In principio, occorre sgomberare finalmente il campo da qualche palese inesattezza di troppo che ancora viene detta sulla realizzazione della linea ferroviaria Torino-Lione.
      In primo luogo, non esiste alcun Corridoio 5 Lisbona-Kiev (peraltro, anche il professor Zucchetti, audito presso la III Commissione della Camera dei deputati il 13 dicembre 2016, ha continuato a chiamarlo tale, sbagliando a sua volta). Esso non esiste più perché il Portogallo e l'Ucraina si sono chiamati fuori. Quindi, bisogna smetterla di chiamare questa linea Lisbona-Kiev, perché non esiste. In secondo luogo, il sistema ferroviario integrato, il cosiddetto Trans-european transport network (TEN-T), non prevede affatto la realizzazione di nuove linee: al massimo prevede l'uniformazione degli standard. In terzo luogo, non è vero che il traffico di merci ha bisogno di una nuova linea ferroviaria: questo è stato già ampiamente dimostrato in molteplici altre occasioni di analisi e di dibattito. Persino il Politecnico di Torino, cui è stato chiesto di elaborare una valutazione, ha affermato innanzitutto che questa linea non funzionerà mai in pareggio e che bisogna che il traffico passeggeri e merci si incrementi da dieci a quaranta volte rispetto a quello attuale per riuscire ad arrivare alla saturazione. A tale proposito, nel corso della sua audizione tenuta sempre nello stesso giorno citato, la professoressa Algostino, ordinaria di diritto costituzionale, ha esplicitamente parlato di un «profilo di irragionevolezza» riguardante la mancata considerazione di un elemento chiave contenuto in uno dei primi accordi sul collegamento ferroviario Torino-Lione, ossia la previsione, contenuta nell'articolo 1 dell'Accordo tra Italia e Francia per la realizzazione di una nuova linea ferroviaria Torino-Lione, fatto a Torino il 29 gennaio 2001 (ratificato ai sensi della legge n. 228 del 2002), che «l'entrata in servizio dovrebbe avere luogo alla data di saturazione delle opere esistenti». Tale saturazione, a quanto risulta ai più, è lungi dall'avvenire. Inoltre, anche nel caso di saturazione, va detto che la linea non è remunerativa e, infine, che è pur vero che ci sarebbe una leggera diminuzione dei costi di gestione per la minore pendenza e la minore quota da raggiungere, ma la nuova linea ferroviaria andrebbe refrigerata. Infatti, la temperatura nel cuore del tunnel sarebbe così elevata da richiedere costantemente l'uso di condizionatori, il cui costo di gestione è di svariati milioni di euro all'anno, perché più si va in profondità, nella zona di contatto tra due placche tettoniche, tanto più la temperatura aumenta.
      Ma ancora oggi la domanda che ricorre continuamente è: ma è veramente così importante andare da Torino a Lione in treno, impiegando un'ora di meno? E ancora: di fronte a una crisi del commercio mondiale e al fallimento della sesta tra le maggiori compagnie di trasporto marittimo, che senso ha pensare a un'opera per il trasporto di merci totalmente svincolata dal contesto mondiale? E, soprattutto, l'impresa vale la spesa?
      In un'epoca in cui c'è la dematerializzazione dell'economia e, quindi, viene meno la necessità dello spostamento materiale delle persone, si continua, invece, a pensare di fare questo tipo di linee ferroviarie, tanto più che è stato detto e ridetto fino alla noia – dai tecnici, per la precisione – che non è possibile mandare treni passeggeri a 300 chilometri orari e treni merci lunghi un chilometro sulla stessa linea, non essendo possibile garantire la sicurezza della linea stessa. Per di più, nessuno fa la seguente semplice osservazione: un treno ad alta velocità e a pieno carico spende il 91 per cento della propria energia per spostare se stesso, e cioè il treno, e solo il 9 per cento dell'energia per spostare i passeggeri. Questo non è un utilizzo intelligente dell'energia, perché la maggior parte di essa viene impiegata per spostare il mezzo stesso. Oltretutto, le previsioni di traffico di passeggeri su quella linea ci dicono che essa non andrà mai a saturazione per ciò che riguarda i passeggeri e, al massimo, potrà andare a saturazione per le merci, non prima del 2040 e all'avverarsi di tutta una serie di condizioni. La società Eurotunnel insegna: non è mai stata in pareggio e non ha mai prodotto un centesimo di utile; è continuamente ricapitalizzata dalla Francia e dalla Gran Bretagna. Eppure, è in completa saturazione.
      Dunque, come è stato detto a più riprese, la linea storica non è satura; anzi, è molto al di sotto della sua massima capacità. Oltre tutto, il vecchio tunnel del Fréjus è stato adeguato per la sagoma PC 80 dei grandi treni che portano merci. Si sono spesi 400 milioni di euro per adeguare la sagoma e far passare i grandi treni che portano varie merci. Il nostro Paese ha già speso 400 milioni di euro per adeguare un tunnel che già esisteva. Ora si intende impegnare una cifra molto elevata di denaro dei contribuenti per ridurre di venti minuti il tempo di trasporto delle merci? Si dice che il tunnel serve per trasportare le merci italiane in Francia. Gran parte delle merci – come è noto – viaggia però su nave e gran parte delle merci arriva non in Italia, ma nei grandi porti del Nord, come quelli di Rotterdam e Amburgo. Per trasportare le merci in Francia, in linea squisitamente teorica si deve competere con quei grandi porti. Forse, portando le merci da Rotterdam o da Amburgo direttamente in Francia si impiegherà minor tempo. E allora potremmo usare il tunnel per le merci italiane. Ma, se lo vogliamo usare solo per le merci italiane, è chiaro ed evidente che il tunnel è inutile, visto che abbiamo già adeguato quello del Fréjus.
      Se queste sono le situazioni sulle quali ci troviamo a ragionare, a che serve, dunque, fare questo tunnel? È questo il vero dilemma. Poi ci sono anche degli aspetti tecnici. Si legge nella relazione che il progetto definitivo è stato approvato nel febbraio 2015, ma: come hanno fatto ad approvare un progetto definitivo se il tunnel geognostico – ossia quello destinato alle indagini geologiche – non è stato ancora completato? Occorre considerare che per l'indagine geognostica è stato fatto un tunnel largo sei metri e profondo sette chilometri e mezzo. Quindi, sarebbe interessante capire come è stato approvato un progetto senza avere i risultati delle indagini.
      Esaminiamo adesso alcuni punti critici, per buona parte anche incostituzionali o, se vogliamo, truffaldini, di questi trattati a cominciare dal fatto che l'Accordo e il Protocollo addizionale dovevano essere approvati separatamente, mentre ci si appresta ad approvarli contestualmente. Inoltre, l'Unione europea non ha definito la piena partecipazione al progetto, né ha determinato la quota di finanziamento dello stesso, quindi vi è indeterminatezza dei costi. Come specificato nell'articolo 1 dell'Accordo del 2012, lo stesso non costituisce uno dei protocolli addizionali previsti dall'articolo 4 dell'Accordo del 2001 e, in particolare, non ha come oggetto quello di permettere l'avvio dei lavori definitivi della parte comune italo-francese, che richiederà l'approvazione di un protocollo addizionale opzionale separato (appunto!), tenendo conto, in particolare, della partecipazione definitiva dell'Unione europea al progetto (articolo 1, comma 3). La deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) n. 19/2015 del 20 febbraio 2015 ribadisce che l'avvio dei lavori definitivi della parte comune italo-francese resta, infatti, subordinato all'approvazione di un protocollo addizionale all'Accordo del 29 gennaio 2001 e dovrà tenere conto, in particolare, della partecipazione definitiva dell'Unione europea al progetto.
      Il Grant agreement under the connecting Europe facility, stipulato il 25 novembre 2015 tra la Commissione europea, attraverso l'Innovation and networks executive Agency (INEA), il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministère de l'ecologie, du développement durable et de l'energie, assegna un contributo di circa 814 milioni di euro, a fronte di spese programmate per circa 1,9 miliardi di euro, il tutto da realizzarsi entro il 31 dicembre 2019. Le attività alle quali l'Unione europea ha assegnato l'attuale contributo riguardano sia i lavori preliminari, sia quelli definitivi, ma difficilmente i lavori definitivi potranno essere completati, tenuto conto che nel Grant agreement, all'articolo 1, comma 3, si specifica che gli studi in corso e le indagini geologiche saranno completati aprendo la strada per i lavori preparatori e l'inizio delle principali opere civili, che proseguiranno oltre il 2019 fino al loro completamento. Pertanto, l'azione è una fase intermedia di un investimento complessivo per la realizzazione di infrastrutture in questa regione.
      Appare quindi evidente che il programma sul quale l'Unione europea ha assegnato il contributo consiste in una spesa drasticamente inferiore, pari a circa 1,9 miliardi di euro, rispetto a quella necessaria per la realizzazione del progetto della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria, il cui costo, ai sensi del Protocollo oggetto del disegno di legge di ratifica in esame, è stimato intorno agli 8,3 miliardi di euro. Se ne deduce quindi chiaramente che il contributo europeo assegnato con il Grant agreement non definisce la partecipazione definitiva dell'Unione europea al progetto, in quanto non riguarda la realizzazione complessiva del progetto stesso. Infatti, eventuali e ulteriori future partecipazioni dell'Unione europea potranno verificarsi soltanto a seguito dei seguenti passaggi: assegnazione di fondi nel bilancio dell'Unione europea; successiva emissione di bandi per il finanziamento di grandi infrastrutture di trasporto transfrontaliero; presentazione di specifiche domande di finanziamento da parte dei Governi italiano e francese; eventuale accettazione di tali domande e assegnazione dei relativi finanziamenti. Il tutto da suddividere tra le prossime legislature del Parlamento europeo, per avere un po’ più di fondi che ovviamente non ci sono.
      Nessuno dei passaggi sopraelencati è attualmente garantito o assicurabile, in quanto nessuna istituzione europea ha la possibilità di vincolare per il futuro i bilanci dell'Unione. Ne consegue che a tutt'oggi non sussistono le condizioni esplicitamente richieste dall'Accordo del 2012 e dalla delibera del CIPE n. 19/2015, ai sensi dei quali è richiesta partecipazione definitiva dell'Unione europea a questo progetto. Quindi, come affermato, è chiaro che attualmente la ratifica dell'Accordo del 2015 e del Protocollo aggiuntivo del 2016 che è in esso contenuto si pongono in diretto contrasto con l'Accordo del 2012 e con la delibera del CIPE n. 19/2015.
      Riassumendo, quindi, nell'ipotesi più generosa si può affermare che le condizioni che avevano determinato l'Italia e la Francia ad accordarsi nel 2001 per la realizzazione dell'opera sono interamente venute meno, e ciò già da numerosi anni. Si aggiunge il fatto che la mancanza di prognosi di saturazione della linea esistente comporta la scomparsa della condizione giuridica essenziale per la sopravvivenza dell'Accordo del 2001, come si evince dalle intenzioni dei legislatori dell'epoca, espresse tanto nell'Accordo medesimo quanto nei lavori parlamentari, ed è chiarissimo come non vi sia alcuna ragione per proseguire il progetto, oramai obsoleto; vi è anzi l'urgenza immediata di estinguere l'Accordo per salvaguardare le assai scarse finanze pubbliche italiane, le finanze francesi e quelle dell'Unione europea, in presenza di spese che inspiegabilmente continuano a generarsi sia in territorio italiano sia in territorio transalpino in relazione a determinati lavori. In generale occorre, senz'altro, rivalutare il piano delle opere pubbliche, espungendo quelle più costose per lo Stato e più dannose per il territorio e per l'ambiente, come la tratta ad alta velocità ferroviaria Torino-Lione. Tale piano delle opere pubbliche dovrà superare l'attuale impostazione, priva di una visione strategica, e affermare una nuova visione che tenga conto delle vere priorità del Paese in tema di infrastrutture di pubblica utilità: messa in sicurezza del territorio; valorizzazione e riqualificazione dei centri urbani; avvio di infrastrutture e programmi per lo sviluppo e la diffusione della mobilità sostenibile; potenziamento delle reti di trasporto pubblico, urbano ed extraurbano, sistemazione e incremento dell'efficienza delle reti idriche.
      Un altro punto critico nell'Accordo riguarda la possibilità di apportare modifiche alla parte che disciplina la commissione dei contratti, composta da dodici membri, con scambi di lettere tra le Parti. In questo modo si permetterebbe che gli eventuali emendamenti proposti possano sfuggire alla valutazione e alla successiva autorizzazione parlamentare, malgrado il fatto che le parti modificabili attraverso scambi di lettere risultino interessare ambiti rilevanti e piuttosto delicati. Un altro elemento di forte criticità dell'Accordo è il trasferimento al promotore pubblico del ruolo di gestore di infrastruttura della linea storica Bardonecchia-Modane.
      Il secondo atto, il Protocollo, prevede all'articolo 2, comma 1, che le parti fissino la stima del costo dell'opera in 8.300 milioni di euro. Detto costo avrebbe dovuto essere certificato da una società terza, come stabilito dall'Accordo del 2012, ma nel Protocollo non ci sono riferimenti alla certificazione di un terzo esterno. Inoltre il costo dovrebbe essere attualizzato, raggiungendo la cifra di 9,69 miliardi di euro. Per aggiornare il costo si usa un indice le cui modalità di calcolo sono stabilite nel Protocollo stesso, ma il dato interessante è che il Protocollo precisa dettagliatamente per il lato francese di spesa il relativo indice di riferimento per ciascuna categoria, mentre per i costi del lato italiano si utilizzano generiche e ambigue indicazioni. Il costo è dunque una stima, quindi non è certo. Inoltre, nella certificazione prodotta il 3 maggio 2016 si sottolinea che non sarà possibile perfezionare la stima attuale del costo in base alla soluzione prescelta.
      Interessante è poi notare nell'articolo 3 l'impegno per prevenire ogni rischio o tentativo di infiltrazione mafiosa, delegando a una commissione intergovernativa l'incarico di elaborare un regolamento dei contratti estremamente rigoroso. Questo articolo 3 è un capolavoro, in quanto, con modalità tanto singolari quanto improprie, sia l'Accordo sia il Protocollo producono effetti giuridici internazionali, ossia l'elaborazione di un regolamento dei contratti, prima ancora che i predetti atti siano ratificati e vigenti nell'ordinamento italiano; con ciò si consente che il Parlamento esamini un atto, il regolamento, prima ancora che le fonti del medesimo atto vengano ratificate. Il regolamento si compone di 15 articoli e ben due allegati e ha come oggetto la definizione delle regole applicabili. Al fine di prevenire e contrastare i tentativi di infiltrazione mafiosa, viene costituita una struttura binazionale con due prefetti (uno italiano e uno francese) che dovranno valutare i titoli delle imprese sulla scorta della white list italiana. Abbiamo visto quanto sia complicata la gestione delle white list anche in Italia con tutte le nostre banche dati, figuriamoci quando ci si dovrà confrontare con imprese che hanno sede all'estero, in tutta Europa. Da ultimo dobbiamo ricordare i dubbi espressi il 10 giugno 2016 dal presidente della Corte dei conti francese, il quale ha evidenziato come l'Agenzia francese per il finanziamento delle infrastrutture abbia un bilancio ampiamente fuori portata rispetto al costo di quest'opera.

MARIA EDERA SPADONI,
Relatrice di minoranza.

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