Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 4263


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
GUERRA, MARCHI, ARLOTTI, BONOMO, CAMANI, CARLONI, CARRA, CASATI, CASELLATO, FABBRI, CINZIA MARIA FONTANA, FRAGOMELI, GASPARINI, GIULIETTI, GRECO, GIUSEPPE GUERINI, LODOLINI, MARANTELLI, MAZZOLI, MELILLI, SCUVERA
Delega al Governo per la revisione delle norme sull'ordinamento degli enti locali e altre disposizioni di semplificazione e incentivazione in materia di autonomie comunali e loro gestioni associate
Presentata il 31 gennaio 2017


      

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Onorevoli Colleghi! — L'esigenza di presentare questa proposta di legge nasce dalla consapevolezza che il sistema delle autonomie locali italiane può rappresentare un formidabile volano per lo sviluppo e per la crescita del nostro Paese, a patto che si liberino tutte le energie che sono state imprigionate da anni di stratificazione normativa di dettaglio e senza visione che, a partire dalle emergenze di finanza pubblica, ha interessato disordinatamente, e a volte irragionevolmente, gli assetti istituzionali, i bilanci, le spese, gli appalti, la fiscalità e le aziende, in particolare per i comuni, intervenendo con modalità talmente pervasive e alluvionali, anche su singoli capitoli e temi di spesa, da creare gabbie, blocchi e rigidità che hanno via via colpito indistintamente enti virtuosi ed enti meno virtuosi, determinando anche in diversi casi paradossali e controproducenti condizioni di penalizzazione proprio dei più virtuosi e responsabili e comunque obbligando anche a distorsioni rispetto alle più efficienti, economiche ed efficaci modalità di sviluppo dell'azione amministrativa. Così negli anni scorsi si è, ad esempio, cristallizzato come riferimento la spesa storica anche di singole voci dei bilanci comunali (in ciò operando anche incoerentemente rispetto alla giurisprudenza costituzionale in materia), o lo stato storico della dotazione di personale e della relativa spesa, giungendo non solo a mortificare le esigenze dell'autonomia ma anche, di fatto, in molti casi, a premiare i vizi e a penalizzare le virtù.
      Negli ultimi anni, in questa legislatura, con il superamento del patto di stabilità interno e con l'introduzione progressiva, pur da perfezionare e da semplificare, dei riferimenti alle capacità fiscali e ai fabbisogni standard, si sono determinate le condizioni per riproporre, in termini più corretti, e per rafforzare il binomio autonomia – responsabilità, con l'apertura di una fase nuova capace di far esprimere il meglio del contributo del sistema delle autonomie locali alla ripresa della crescita e alle modernizzazione e innovazione della pubblica amministrazione.
      Per muovere in questa direzione, a seguito della sua introduzione e fermo restando il rispetto della nuova normativa in materia di equilibrio di bilancio per gli enti locali che garantisce il rispetto dei vincoli di finanza pubblica, occorre cambiare radicalmente il punto di vista su molta parte della disciplina dell'ordinamento e dell'attività dei comuni: poche regole, semplici e chiare, più stabili e affidabili nel tempo per consentire la migliore programmazione e per rendere possibile il massimo livello di autonomia e di responsabilità degli amministratori.
      In questa prospettiva, l'articolo 1, comma 1, prevede la delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riordino, la razionalizzazione e il coordinamento delle disposizioni statali relative all'ordinamento e alla struttura istituzionale dei comuni, con particolare riferimento al sistema finanziario e contabile, ai controlli e alle norme fondamentali sull'organizzazione degli uffici e del personale, nonché agli obblighi di trasparenza, anche mediante la revisione del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Al comma 2 sono disciplinati i termini di adozione dei decreti e il comma 3 reca i princìpi e criteri direttivi della delega. Già nella delega è prevista una ricognizione delle norme statali di livello primario al fine di chiarire la portata applicativa delle disposizioni e di prevedere abrogazioni esplicite di norme ormai superate. Questo sforzo di semplificazione è tanto più necessario alla luce delle nuove regole di finanza pubblica locale introdotte nell'ordinamento. Secondo l'articolo 119, primo comma, della Costituzione «I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea». Dal 2016 gli enti locali partecipano al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica assunti dal nostro Paese in sede europea attraverso l'assoggettamento alle regole del pareggio di bilancio. Proprio il passaggio dal patto di stabilità interno al pareggio di bilancio, nell'ottica del binomio autonomia-responsabilità, rende inutili tutti i vincoli di dettaglio posti ai comuni su specifiche tipologie di spesa che ne hanno oggettivamente compresso gli spazi di autonomia dando vita a un addensamento normativo di regole complesse, non motivate, frequentemente mutevoli e difficilmente applicabili. Si fa riferimento, in particolare, ai limiti imposti su specifiche categorie di spese che comportano un'eccessiva rigidità del bilancio.
      L'articolo 2, comma 1, opera una ricognizione di queste disposizioni che hanno posto ulteriori vincoli con l'obiettivo di disapplicarle per i comuni. In particolare, la lettera a) disapplica la norma che lega l'acquisto di immobili all'indispensabilità e all'indilazionabilità dell'operazione; la lettera b) disapplica una serie di limiti di spesa su incarichi di studio e di consulenza, relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza, sponsorizzazioni, missioni, formazione del personale e in materia di autovetture. La lettera c) disapplica il limite per le spese destinate alla stampa e alle pubblicazioni. La lettera d) disapplica una serie di limiti che si riferiscono all'acquisto, alla manutenzione e al noleggio di autovetture. Infine la lettera e) disapplica la finalizzazione delle entrate dei comuni relative ai proventi delle multe.
      L'articolo 3 introduce una nuova disciplina sul personale. In particolare, con decreto del Ministro dell'interno si individua la media nazionale per classe demografica, tenuto conto della qualità dei servizi offerti, della popolazione fluttuante, dell'estensione e della conformazione del territorio. Ai comuni che hanno un rapporto inferiore a quello medio per classe demografica e ai comuni istituiti a seguito di fusione che abbiano una spesa complessiva per il personale inferiore alla somma di quella dei comuni originari si disapplicano tutte le norme limitative in materia di personale. A quelli che hanno un rapporto superiore a quello medio per classe demografica, la percentuale di cui all'articolo 1, comma 228, primo periodo, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è innalzata al 50 ovvero al 75 per cento a seconda della classe demografica.
      L'articolo 4 reca due disposizioni in materia di status degli amministratori locali. Il comma 1 chiarisce la portata applicativa dell'articolo 5, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, secondo cui nei confronti dei titolari di cariche elettive lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni, inclusa la partecipazione a organi collegiali di qualsiasi tipo, può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute ed eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta. L'applicazione letterale di tale disposizione, inserita in un articolo dedicato alle «economie negli organi costituzionali, di governo e negli apparati politici», impone a tutta la pubblica amministrazione il divieto di retribuire qualsiasi prestazione fornita da un professionista titolare di un incarico elettivo anche se non esiste alcun collegamento tra l'amministrazione che conferisce l'incarico e quella in cui si svolge il mandato elettivo. Con il comma 1 si esplicita che non rientrano tra gli incarichi oggetto del vincolo quelli conferiti ai titolari di cariche elettive da enti diversi da quello di appartenenza per lo svolgimento di attività libero-professionali. Al comma 2 si introducono misure di flessibilità nell'assegnazione delle indennità di giunta mantenendo fermo il limite complessivo di risorse da destinare a tale finalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno.
      Infine l'articolo 5 detta alcune disposizioni in materia di semplificazione, incentivazione e premialità delle gestioni associate, finalizzate a costruire un sistema comunale fatto da enti più robusti e strutturati, con maggiori risorse umane, finanziarie, strumentali, di competenze, capaci di maggiore adeguatezza nell'esercizio delle funzioni e servizi loro affidati, a tutela degli interessi e dei diritti delle loro comunità e dei loro cittadini. Con questa normativa si persegue l'obiettivo di superare la stucchevole successione di misure che, almeno a partire dal 2010, oscillano tra l'obbligo generalizzato delle gestioni associate e la continua proroga dell'obbligo stesso. Questa circostanza determina un'insopportabile condizione di permanente incertezza per gli amministratori che non costituisce certo un buon viatico per sostenere un processo strategico di riordino e di riorganizzazione del sistema delle autonomie locali. Un processo appunto, non una grida manzoniana che non trova mai attuazione. E neppure un riordino territoriale illuministicamente o con parametri solo quantitativi disegnato centralmente, che il centro sia statale o regionale. Un processo da costruire e da accompagnare nel tempo con normative e con azioni coerenti da parte di tutti i livelli istituzionali interessati, nel rispetto delle rispettive competenze, ma a partire dalla lettura di ciascun territorio e delle sue peculiarità e promuovendo il protagonismo degli amministratori locali.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Delega al Governo per la revisione delle disposizioni statali relative all'ordinamento dei comuni).

      1. Il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi per il riordino, la razionalizzazione e il coordinamento delle disposizioni statali relative all'ordinamento e alla struttura istituzionale dei comuni, con particolare riferimento al sistema finanziario e contabile, ai controlli e alle norme fondamentali sull'organizzazione degli uffici e del personale, agli obblighi di trasparenza, anche mediante la revisione del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
      2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno e del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri per la semplificazione e la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze.
      3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) ricognizione delle norme statali vigenti in materia per provvedere al loro coordinamento formale e sostanziale e al loro aggiornamento e adeguamento in funzione anche delle esigenze di semplificazione del linguaggio normativo, apportando ad esse le modifiche necessarie per garantirne la coerenza giuridica, logica e sistematica e per adeguarle alla legislazione vigente di rango costituzionale in materia, anche tenendo conto delle eventuali modifiche intervenute successivamente alla data di entrata in vigore della legge;

          b) salvaguardia dell'organicità, dell'unitarietà e della coerenza ordinamentale

della disciplina statale in materia di enti locali anche in caso di adozione di più decreti delegati entro il termine massimo di cui al comma 2, con decreto, anche modificativo, di coordinamento dei decreti delegati già adottati;

          c) rispetto dei princìpi affermati dalla giurisprudenza costituzionale e dei princìpi derivanti dal diritto dell'Unione europea e di quelli affermati dalla Corte di giustizia dell'Unione europea;

          d) ricognizione di tutti gli obblighi informativi degli enti locali al fine di eliminare duplicazioni degli adempimenti e sovrapposizione di scadenze, predisposizione di un sistema unico di rivelazione dei dati e sviluppo di forme di coordinamento preventivo tra le amministrazioni controllate e controllanti;

          e) ricognizione degli obblighi di pubblicazione e degli adempimenti in materia di trasparenza, eliminazione di tali obblighi qualora i dati siano reperibili con modalità alternative e semplificazione degli stessi, specie per i comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti e le loro forme associative, in particolare per quanto riguarda la possibilità di assolvere agli obblighi di pubblicazione attraverso l'indicazione nel sito internet del collegamento ipertestuale alle banche dati, il piano triennale per la prevenzione della corruzione, la nomina di un unico responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, la semplificazione delle modalità di nomina dei revisori dei conti;

          f) ricognizione delle norme statali di livello primario che sono o restano abrogate, fatta salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile.

      4. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 del presente articolo, previo parere della Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da rendere entro venti giorni, e del Consiglio di Stato, da rendere entro quarantacinque giorni, sono trasmessi alle Camere per l'espressione dei

pareri da parte delle competenti Commissioni parlamentari entro il termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti legislativi possono essere comunque adottati.
      5. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo è delegato ad adottare, ove necessario, uno o più decreti legislativi recanti le modifiche ritenute necessarie, nel rispetto delle procedure, dei princìpi e criteri direttivi stabiliti dal presente articolo.
Art. 2.
(Semplificazioni).

      1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, fermo restando l'obbligo di conseguire un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, ai comuni e alle loro forme associative non si applicano le limitazioni e i vincoli di cui:

          a) all'articolo 12, comma 1-ter, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;

          b) all'articolo 6, commi 7, 8, 9, 12, 13 e 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;

          c) all'articolo 27, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

          d) all'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135;

          e) all'articolo 1, commi 2, 3 e 4, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125;

          f) all'articolo 208, comma 4, lettere a) e b), del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

Art. 3.
(Personale).

      1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell'interno individua con proprio decreto, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, la media nazionale per classe demografica della consistenza delle dotazioni organiche per comuni e i rapporti medi tra dipendenti e popolazione, tenuto conto della qualità dei servizi offerti, della popolazione fluttuante, dell'estensione e della conformazione del territorio. Il decreto di cui al presente comma è aggiornato ogni tre anni.
      2. A decorrere dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 1, ferme restando le facoltà assunzionali previste dall'articolo 1, comma 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296:

          a) ai comuni che hanno un rapporto tra dipendenti e popolazione dell'anno precedente, determinato ai sensi del comma 1, inferiore all'indicatore medio per classe demografica, nonché ai comuni istituiti a seguito di fusione che hanno una spesa complessiva per il personale inferiore alla somma di quella dei comuni originari, non si applicano le seguenti disposizioni:

              1) articolo 1, commi 557, 557-bis, 557-ter, 557-quater e 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

              2) articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;

              3) articolo 6, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

              4) articolo 1, comma 228, della legge 28 dicembre 2015, n. 208;

          b) per i comuni che hanno un rapporto tra dipendenti e popolazione dell'anno precedente, determinato ai sensi del comma 1, superiore al rapporto medio per classe demografica, la percentuale di cui all'articolo 1, comma 228, primo periodo, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è pari al 50 per cento per i comuni con popolazione

superiore a 10.000 abitanti e al 75 per cento per i comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti.

      3. Dopo il comma 557-quater dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è inserito il seguente:

          «557-quinquies. Le unioni di comuni e i comuni che ne fanno parte possono avvalersi della facoltà di conteggiare la spesa di personale in modo unitario. In tale caso gli adempimenti relativi al controllo della spesa sono effettuati unitariamente attraverso l'unione».

      4. Il terzo periodo del comma 5 dell'articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è sostituito dal seguente: «I comuni possono cedere, anche parzialmente, le proprie capacità assunzionali all'unione di comuni di cui fanno parte».
      5. Il comma 31-quinquies dell'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è abrogato.
      6. Al fine di consentire un utilizzo più razionale e una maggiore flessibilità nella gestione delle risorse umane da parte degli enti locali coinvolti in processi associativi, le disposizioni dell'articolo 30, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non si applicano al passaggio di personale tra l'unione e i comuni ad essa aderenti, nonché tra i comuni medesimi, anche quando il passaggio avviene in assenza di contestuale trasferimento di funzioni o di servizi.

Art. 4.
(Status degli amministratori).

      1. All'articolo 5, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Non rientrano tra gli incarichi di cui al presente comma quelli eventualmente conferiti ai titolari di cariche elettive da enti diversi da quello di appartenenza per lo svolgimento di attività libero-professionali,

nel rispetto dei limiti di spesa previsti dalla normativa vigente. Sono fatti salvi gli incarichi di tipo libero-professionale conferiti alla data di entrata in vigore della presente disposizione e per essi non si dà luogo alla ripetizione delle somme eventualmente erogate a titolo di corrispettivo».
      2. Con decreto del Ministro dell'interno, adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 82, comma 8, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono rideterminate le indennità onnicomprensive degli amministratori locali risultanti dall'applicazione delle disposizioni dell'articolo 6, comma 3, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Le indennità di cui al primo periodo possono essere incrementate o diminuite con delibera di giunta per i rispettivi componenti. Nel caso di incremento, la spesa complessiva risultante non deve superare quella risultante dalla somma delle indennità rideterminate ai sensi del comma 1. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario o che hanno fatto ricorso alla procedura di riequilibrio pluriennale.
Art. 5.
(Semplificazione, incentivazione e premialità delle gestioni associate).

      1. Su proposta dei sindaci interessati, la conferenza metropolitana o l'assemblea dei sindaci adotta, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un programma quinquennale per l'individuazione di ambiti omogenei per la gestione delle funzioni fondamentali, di seguito denominato «programma». All'interno di tali ambiti, con strumenti e con modalità definiti nel programma, sono sviluppati e incentivati processi di gestione associata, nonché di costituzione di unioni e di fusione di comuni. Sul programma è sentita la regione, che esprime un parere con osservazioni ed eventuali proposte di modifica entro novanta giorni, decorsi i quali senza che la regione si sia pronunciata

il parere si intende favorevole. Entro sessanta giorni dalla trasmissione del parere della regione o dalla sua mancata trasmissione nel termine previsto, la conferenza metropolitana o l'assemblea dei sindaci procede all'approvazione definitiva del programma, motivando le eventuali decisioni difformi dal parere regionale. Sono fatte salve diverse modalità di individuazione e di delimitazione di ambiti aventi le stesse finalità e caratteristiche di cui al presente articolo eventualmente già disposte dalle normative regionali, nei casi in cui tali normative prevedano comunque la partecipazione dei comuni al processo di definizione degli ambiti stessi.
      2. Il programma definisce gli ambiti omogenei, legati da prevalente contiguità territoriale e socio-economica, per la gestione associata di almeno tre funzioni fondamentali e di servizi comunali, oltre quelli relativi allo sviluppo dei sistemi informatici, attraverso l'unione di comuni prevista dall'articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Il medesimo programma individua, inoltre, i processi di fusione di comuni su proposta dei sindaci interessati. Resta ferma la possibilità di avvalersi della convenzione prevista dall'articolo 30 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 come strumento di flessibilità nella costruzione di processi associativi.
      3. L'individuazione degli ambiti omogenei di cui ai commi 1 e 2 tiene conto delle unioni di comuni già costituite e delle fusioni di comuni già intervenute o avviate alla data di adozione del programma.
      4. Il programma è soggetto a revisione un anno prima della sua scadenza, o qualora la conferenza metropolitana, l'assemblea dei sindaci o la regione, anche su proposta dei sindaci interessati, ne ravvisi la necessità, con le stesse modalità adottate per la sua approvazione. Presso la provincia o la città metropolitana è istituito un ufficio per il monitoraggio e per l'assistenza nei processi di attuazione del programma.
      5. Lo Stato e le regioni, nel rispetto delle loro autonomia e competenza, promuovono i processi associativi e di fusione definiti negli ambiti omogenei di cui al presente articolo attraverso misure di semplificazione, incentivazione e premialità.
      6. Il riparto dei fondi statali e regionali di incentivazione e di premialità per le unioni di comuni deve tenere conto in modo direttamente proporzionale del numero e della tipologia di funzioni e di servizi, del numero di comuni e della dimensione demografica raggiunta dalla forma associativa.
      7. Gli amministratori delle unioni di comuni possono percepire, in sostituzione di quelle comunali, le indennità di importo pari a quelle dei comuni con pari popolazione. L'unione di comuni si avvale di una figura apicale unica e, per quanto non diversamente disciplinato, si applicano le disposizioni previste per i comuni con pari popolazione.
      8. In caso di fusione di comuni, la data per l'istituzione del nuovo comune decorre dal 1° gennaio del primo anno utile per l'effettivo avvio del nuovo comune. A tale fine, le regioni comunicano a tutti gli enti competenti, entro un termine congruo, le necessarie procedure di attivazione, assicurando il rilascio dei codici identificativi del nuovo ente sino dal primo giorno della sua istituzione.
      9. Dal termine di istituzione del nuovo comune, la gestione commissariale è affidata a un organo costituito dagli amministratori che alla data di estinzione dei comuni aderenti alla fusione ricoprivano la carica di sindaco.
      10. Nei territori dei comuni estinti a seguito di fusione, a decorrere dalle fusioni realizzate ai sensi del testo unico di cui al decreto legislative 18 agosto 2000, n. 267, è garantita la presenza di un ufficio postale.
      11. I comuni nati da fusione sono esentati fino al decimo anno dalla loro istituzione dagli obblighi di revisione dei piani di dimensionamento scolastico.
      12. Al comune istituito a seguito di fusione si applicano per dieci anni, in quanto compatibili, le norme di maggior favore, incentivazione e semplificazione previste per i comuni con popolazione inferiore a quella raggiunta con la fusione.
      13. Dopo il comma 128 dell'articolo 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56, è inserito il seguente:

          «128-bis Nei programmi dell'Unione europea cofinanziati dallo Stato o dalle regioni e nei programmi statali o regionali di finanziamento, sostegno o incentivazione degli investimenti dei comuni, attraverso la concessione di contributi a fondo perduto o a tassi agevolati o altre modalità, sono previste quote di riserva o forme di priorità e di prelazione a favore, nell'ordine, dei comuni istituiti a seguito di fusione e dei comuni appartenenti alle unioni che gestiscono in forma associata le funzioni di cui all'articolo 14, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122».

      14. Al fine di monitorare e di sostenere l'evoluzione dei processi associativi, di individuare le criticità e di verificare la coerenza della produzione normativa e delle attività amministrative dello Stato e delle regioni con le finalità di cui al presente articolo e in particolare con le disposizioni di cui ai commi da 10 a 13 e anche al fine di proporre eventuali interventi normativi e amministrativi, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è istituito un Osservatorio con la partecipazione dei rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali. L'Osservatorio relaziona annualmente alla Conferenza unificata, alle Camere e alla Presidenza del Consiglio dei ministri sullo stato delle gestioni associate e di attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge.

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