Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 4371


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
ALTIERI, DE GIROLAMO, FRANCESCO SAVERIO ROMANO, RAMPELLI, VARGIU, PAGANO, MINARDO, ABRIGNANI, ATTAGUILE, BOSCO, DISTASO, LATRONICO, MAROTTA, MARTI, MATARRESE, OCCHIUTO, PALESE, RIZZETTO
Modifiche al codice penale, concernenti il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, e altre disposizioni in materia di semplificazione della disciplina del lavoro agricolo
Presentata il 16 marzo 2017


      

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Onorevoli Colleghi! — Con la legge 29 ottobre 2016, n. 199, il legislatore ha cercato di dare maggiore efficacia all'azione di contrasto al fenomeno del caporalato, modificando il quadro normativo introdotto con il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.
      Il caporalato, termine con il quale si indicano l'intermediazione illegale e lo sfruttamento lavorativo, generalmente collegato a organizzazioni malavitose, mirante allo sfruttamento di persone in stato di bisogno o di profondo disagio sociale, non può che provocare un sentimento di disgusto e di repulsione e una forte condanna. Non vi sono dati ufficiali dettagliati sull'estensione del fenomeno: secondo l'Istituto nazionale di statistica, il lavoro irregolare in un settore come quello agricolo registra una crescita costante negli ultimi dieci anni, attestandosi su un valore di circa il 23 per cento.
      Va tuttavia evidenziato come questo dato si riferisca complessivamente al lavoro irregolare. Dai controlli effettuati da parte delle direzioni territoriali del lavoro nel periodo gennaio-settembre 2015, quindi quando era vigente la precedente normativa, su 4.033 verifiche effettuate, 4.451 sono state le irregolarità evidenziate a vario titolo e di queste 290 i casi di caporalato.
      Secondo stime di fonte sindacale e delle organizzazioni di volontariato, sarebbero circa 400.000 i lavoratori in Italia, sia italiani che stranieri, vittime di tale pratica diffusa in tutte le aree del Paese.
      Le principali modifiche introdotte dalla legge n. 199 del 2016 riguardano:

          la riscrittura del reato di caporalato con l'introduzione della sanzionabilità anche del datore di lavoro;

          l'applicazione di un'attenuante in caso di collaborazione con le autorità;

          l'arresto obbligatorio in flagranza di reato;

          il rafforzamento dell'istituto della confisca;

          l'adozione di misure cautelari relative all'azienda agricola in cui è commesso il reato;

          l'estensione alle persone giuridiche della responsabilità per il reato di caporalato;

          l'estensione alle vittime del caporalato delle provvidenze del Fondo per le misure anti-tratta;

          il potenziamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, in funzione di strumento di controllo e di prevenzione del lavoro nero in agricoltura;

          il graduale riallineamento delle retribuzioni nel settore agricolo.

      In particolare, chiunque recluti manodopera per destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento e chiunque utilizzi, assuma o impieghi manodopera sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato (viene punito non solo il «caporale», ma anche il datore di lavoro). Qualora siano posti in essere atti di violenza o minaccia, la pena prevede la reclusione da cinque a otto anni e una multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
      La pena è diminuita da un terzo a due terzi per chi aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l'individuazione o la cattura dei concorrenti o per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite. È inoltre previsto che in caso di condanna è sempre obbligatoria, fatti salvi i diritti della persona offesa alle restituzioni e al risarcimento del danno, la confisca delle cose che sono servite o sono state destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato (articolo 2). In luogo del sequestro, il giudice dispone il controllo giudiziario dell'azienda presso cui è stato commesso il reato, qualora l'interruzione dell'attività imprenditoriale possa comportare ripercussioni negative sui livelli occupazionali o compromettere il valore economico del complesso aziendale (articolo 3). Per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro commesso con violenza e minaccia è obbligatorio l'arresto in flagranza (articolo 4). Viene aggiunto il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro tra quelli per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti (articolo 6). In tale caso, la sanzione pecuniaria a carico dell'ente «responsabile» del reato di caporalato è stabilita tra 400 quote e 1.000 quote (l'importo di una quota va da un minimo di 258 a un massimo di 1.549 euro). E prevista l'assegnazione al Fondo per le misure anti-tratta dei proventi delle confische ordinate a seguito di sentenza di condanna o di patteggiamento per il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro; le risorse del Fondo sono anche destinate all'indennizzo delle vittime del reato di caporalato (articolo 7). La legge interviene anche sulla Rete del lavoro agricolo di qualità, di cui all'articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, in particolare: integrando il catalogo dei reati ostativi all'iscrizione, prevedendo che le sanzioni amministrative legate alle violazioni in materia di lavoro e di legislazione sociale e in materia di imposte e tasse possano anche non essere definitive; aggiungendo ulteriori requisiti per le imprese agricole che intendano partecipare alla Rete del lavoro agricolo di qualità, prevedendo l'adesione anche di altri

tipi di enti e modificando la composizione della cabina di regia che presiede la Rete. Si prevede inoltre (articolo 8) che i soggetti provvisti di autorizzazione al trasporto di persone possano stipulare apposita convenzione con la Rete del lavoro agricolo di qualità per provvedere al trasporto di lavoratori agricoli, l'attuazione del libro unico del lavoro e l'adattamento del sistema UNIEMENS al settore agricolo (articolo 8). Vengono introdotte disposizioni per il supporto dei lavoratori che svolgono attività lavorativa stagionale di raccolta dei prodotti agricoli (articolo 9).
      Infine si prevede che nel settore agricolo gli accordi provinciali di riallineamento possano demandare, in tutto o in parte, la definizione del programma di riallineamento (a differenza di quanto previsto dalla normativa vigente) agli accordi aziendali di recepimento, a condizione che siano sottoscritti con le stesse parti che hanno stipulato l'accordo provinciale (articolo 10).
      Quindi, con la legge n. 199 del 2016 il legislatore ha tentato di contrastare la diffusione del caporalato nel settore agricolo attraverso la modifica della disciplina del delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. A pochi mesi dall'entrata in vigore del provvedimento, dopo un iniziale e quasi unanime consenso sul piano generale, le reazioni di una parte del mondo agricolo sono ora più improntate, quando si scende a un'analisi più approfondita delle singole norme, alla cautela e a sottolineare ed evidenziare ambiguità e carenze del testo normativo.
      In particolare, le censure riguardano principalmente la sanzionabilità, con confisca dei beni, estesa ai datori di lavoro per infrazioni lievi o che nulla hanno a che fare con il caporalato, con il rischio da parte delle aziende di commettere reati per piccole irregolarità.
      Nella parte in cui si individuano gli indici di sfruttamento del lavoro, infatti, non si è operata la dovuta distinzione tra reati gravi o gravissimi e violazioni, anche solo meramente formali, della legislazione sul lavoro e della contrattazione collettiva, aprendo la porta a una totale discrezionalità di valutazione del reato da parte di chi è deputato all'applicazione della legge.
      La preoccupazione è per le possibili ricadute che alcune misure contenute nella legge potrebbero avere sul sistema imprenditoriale agricolo nel suo complesso.
      È sugli indici di sfruttamento, infatti, che pur essendo indici di «orientamento probatorio» per il giudice e non elementi costitutivi del reato in senso stretto, si fonderà il vero ago della bilancia della punibilità, venendo meno i riferimenti all'organizzazione dell'attività lavorativa e alle condotte di violenza, minaccia o intimidazione (che costituiscono ora circostanze aggravanti in base all'articolo 603-bis del codice penale).
      Secondo la Confagricoltura di Bari, la legge contro il caporalato evidenzia «come la gestione delle normative che riguardano il lavoro, soprattutto agricolo, risenta di stati umorali che nulla hanno a che vedere con la reale necessità, espressa tanto dai lavoratori quanto dalle aziende, di reprimere le forme delinquenziali del caporalato e dare chiarezza e certezze a quanti vogliono lavorare nella legalità e con tranquillità».
      Gli organi di stampa già riportano episodi e aneddoti, a volte quasi surreali, di contestazioni elevate a imprenditori agricoli, in applicazione della legge, in merito a criticità formali relative alla sicurezza sul lavoro. Come sottolineato con un'amara battuta da un esperto del settore: «se il lavoratore andasse a dormire sotto un ponte, l'imprenditore rischierebbe meno che se lo alloggiasse precariamente in una vecchia casa».
      Ma cosa costituisce indice di sfruttamento secondo la legge n. 199 del 2016? L'articolo 603-bis, secondo comma, del codice penale, sostituito dall'articolo 1 della legge, stabilisce che «costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni:

          1) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o

comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;

          2) la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;

          3) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;

          4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti».

      Sono considerati aggravanti, e quindi comportano un aumento di pena, il fatto che il numero dei lavoratori reclutati sia superiore a tre, il fatto che uno o più soggetti reclutati sia minore in età non lavorativa o che i lavoratori sfruttati siano stati esposti a situazioni di grave pericolo con riferimento alle prestazioni svolte e alle condizioni di lavoro.
      Quindi, la mera, anche se reiterata, violazione di una delle molteplici regole in materia di sicurezza sul lavoro, ovvero inottemperanze inerenti l'organizzazione del lavoro, quali orario di lavoro, mancato riposo settimanale, aspettativa obbligatoria o ferie nonché inottemperanze inerenti la corresponsione del salario determinano per l'imprenditore la sussistenza della fattispecie penale, con le relative conseguenze che possono portare fino all'arresto obbligatorio in flagranza di reato, all'adozione di misure cautelari relative all'azienda agricola in cui è stato commesso il reato e al rafforzamento dell'istituto della confisca.
      Se da un lato va condiviso lo spirito della norma, che è quello di combattere il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento del lavoro, salvaguardando non solo i lavoratori, vittime di comportamenti criminali, ma anche le aziende agricole sane che – è sempre bene ricordarlo – subiscono una concorrenza sleale, dall'altro perplessità e timori desta la traduzione in norme giuridiche di tale spirito.
      La presente proposta di legge mira a intervenire sulla normativa vigente in materia di caporalato al fine di rimuovere e meglio precisare i punti che maggiori preoccupazioni hanno suscitato nel mondo dell'imprenditoria agricola, riproponendo alcune delle proposte emendative già suggerite da alcune organizzazioni di rappresentanza del settore nel corso dell’iter parlamentare della legge n. 199 del 2016.
      Al fine di evitare che gli indici di sfruttamento, nuovamente definiti, che sono alternativi tra loro, possano avere un impatto eccessivo sull'attività imprenditoriale datoriale, si propone, all'articolo 1, che ai fini della fattispecie penale, l'indice di sfruttamento scatti in presenza di almeno due delle condizioni indicate nell'articolo (e non solo per una).
      Vengono introdotte correzioni volte a evitare l'applicazione di sanzioni penali anche in presenza di lievi violazioni delle normative.
      Viene elevato a cinque il numero minimo di lavoratori reclutati al fine del configurarsi dell'aggravante specifica del reato.
      All'articolo 1, comma 2, che modifica l'articolo 603-bis.2 del codice penale, si stabilisce che è disposta la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità, anche indirettamente o per interposta persona, per un valore corrispondente al prodotto, prezzo o profitto del reato anche nel caso in cui la confisca del bene, che è il prodotto del reato, comprometta altro bene anche nel suo utilizzo, appartenente a persona o ente estranei al reato, a cui esso sia funzionalmente o strutturalmente connesso.
      Vengono poi introdotti due articoli alla legge n. 199 del 2016: l'articolo 7-bis che formalizza un impegno assunto dal Governo in sede di approvazione della legge, prevedendo l'adozione di specifiche linee guida, aggiornate almeno ogni due anni, per capire quando e in che modo possa essere contestata la violazione dello sfruttamento del lavoro; mentre l'articolo 10-bis prevede che, entro il 30 marzo di ogni anno, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministro della giustizia predispongano congiuntamente e trasmettano alle Commissioni parlamentari competenti una relazione sullo stato di

attuazione della legge, evidenziando eventuali criticità e distorsioni applicative.
      Si interviene, inoltre, sul catalogo dei reati ostativi all'iscrizione alla Rete del lavoro agricolo di qualità di cui all'articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, prevedendo che le sanzioni amministrative legate alle violazioni in materia di lavoro e di legislazione sociale e in materia di imposte e tasse debbano essere gravi e, comunque, definitive.
      Infine, con l'articolo 2, è aggiunto il comma 9-bis dell'articolo 41 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, volto a semplificare ulteriormente le attività esercitate dalle medie e piccole imprese operanti nel settore agricolo, prevedendo, nel rispetto dei livelli generali di tutela di cui alla normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro e limitatamente a lavorazioni generiche e semplici non richiedenti specifici requisiti professionali, che il datore di lavoro possa avvalersi di un lavoratore già in possesso del giudizio di idoneità alla mansione specifica in corso di validità, rilasciato dal medico competente di un'altra impresa agricola, qualora la mansione e i relativi rischi associati alle lavorazioni da svolgere siano gli stessi valutati dalla sorveglianza sanitaria precedentemente effettuata.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Modifiche al codice penale e ad altre disposizioni).

      1. All'articolo 603-bis del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al terzo comma:

              1) all'alinea, le parole: «una o più» sono sostituite dalle seguenti: «almeno due»;

              2) il numero 1) è sostituito dal seguente:

              «1) la sistematica retribuzione dei lavoratori in misura significativamente difforme dai contratti collettivi di lavoro nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale o comunque manifestamente sproporzionata rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro prestato»;

              3) al numero 2), dopo la parola: «reiterata» sono inserite le seguenti: «e grave»;

              4) al numero 3), dopo le parole: «sussistenza di» sono inserite le seguenti: «gravi e reiterate» e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «tali da poter arrecare danni alla salute del lavoratore»;

              5) al numero 4), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e tali da ledere la dignità del lavoratore»;

          b) al quarto comma, numero 1), la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «cinque».

      2. All'articolo 603-bis.2 del codice penale, dopo le parole: «Ove essa non sia possibile» sono inserite le seguenti: «, nonché laddove la confisca del bene, che è il prodotto del reato, comprometta un altro bene anche nel suo utilizzo, appartenente a persona o ente estranei al reato, a cui esso

sia funzionalmente o strutturalmente connesso,».
      3. Alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) dopo le parole: «negli ultimi tre anni, di» è inserita la seguente: «gravi»;

          b) le parole: «ancorché non» sono soppresse.

      4. Alla legge 29 ottobre 2016, n. 199, sono apportate le seguenti modificazioni:

              1) dopo l'articolo 7 è inserito il seguente:

          «Art. 7-bis. – (Linee guida). – 1. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente articolo, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con il Ministro della salute, con il Ministro dell'interno e con il Ministro della giustizia, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari e sentite la Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto dei livelli generali di tutela stabiliti dalla legislazione vigente in materia di salute e sicurezza sul lavoro, sono adottate linee guida per l'attuazione degli articoli 603-bis e 603-bis.2 del codice penale. Le linee guida di cui al periodo precedente sono sottoposte a verifica e aggiornamento almeno biennali.

          2. Dall'attuazione delle disposizioni del comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica»;

              2) dopo l'articolo 10 è inserito il seguente:

          «Art. 10-bis. – (Relazione annuale). – 1. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministro della giustizia predispongono congiuntamente e

trasmettono alle Commissioni parlamentari competenti entro il 30 marzo di ogni anno una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, evidenziando eventuali criticità e distorsioni applicative».
Art. 2.
(Disposizioni in materia di semplificazione della disciplina del lavoro agricolo).

      1. All'articolo 41 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

          «9-bis. Tenuto conto della semplificare degli adempimenti relativi all'informazione, formazione e sorveglianza sanitaria prevista dall'articolo 3, comma 13, in considerazione della specificità dell'attività esercitata dalle medie e piccole imprese operanti nel settore agricolo, nel rispetto dei livelli generali di tutela stabiliti dalla legislazione vigente in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro e limitatamente a lavorazioni generiche e semplici non richiedenti specifici requisiti professionali, il datore di lavoro può avvalersi di un lavoratore già in possesso del giudizio di idoneità alla mansione specifica in corso di validità, rilasciato dal medico competente di un'altra impresa agricola, qualora la mansione e i relativi rischi associati alle lavorazioni da svolgere siano gli stessi valutati dalla sorveglianza sanitaria precedentemente effettuata. Il datore di lavoro è tenuto ad acquisire copia del giudizio di idoneità presentato dal lavoratore».

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