Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 1852


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato BRUNETTA
Abrogazione dell'articolo 5 della legge 13 aprile 1988, n. 117, concernente il giudizio di ammissibilità della domanda di risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie
Presentata il 25 novembre 2013


      

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Onorevoli Colleghi! L'esito positivo del referendum dell'8-9 novembre 1987 aveva imposto al Parlamento di intervenire per rinnovare la disciplina della responsabilità civile dei magistrati.
      La nuova disciplina introdotta dalla legge 13 aprile 1988, n. 117 (comunemente nota come «legge Vassalli»), recante «Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati», ha risposto alle attese dei promotori del referendum solo parzialmente perché, mentre sono stati ampliati i casi di responsabilità, è rimasto il «filtro», anche se si tratta di una forma di protezione diversa dalla precedente.
      Infatti, al dolo e al «diniego di giustizia», sostanzialmente corrispondenti ai casi di responsabilità di cui all'articolo 55 del codice di procedura civile, è stata aggiunta la colpa grave. Non, però, come ipotesi generica, specificandosi che essa è costituita da: a) la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile; b) l'affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento; c) la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento; d) l'emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione (articolo 2, comma 3).
      Tuttavia, occorre tenere presente che le ipotesi di responsabilità previste dalla legge trovano un'importante limitazione nella norma (articolo 2, comma 2) che esclude in ogni caso la responsabilità per l'attività di interpretazione di norme di diritto e per quella di valutazione del fatto e delle prove (cosiddetta «clausola di salvaguardia»).
      L'autorizzazione del Ministro è stata eliminata, ma il soggetto danneggiato – fatta eccezione per il caso in cui il danno sia derivato da un fatto che costituisce reato (articolo 13) – non può agire contro il magistrato. È, infatti, previsto che chi abbia subito un danno ingiusto per un «comportamento» o un «atto» o un «provvedimento giudiziario» posto in essere da qualunque magistrato – ordinario o speciale (articolo 1) – «può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali che derivino da privazione della libertà personale» (articolo 2, comma 1).
      L'azione di risarcimento del danno contro lo Stato – che deve essere esercitata nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri (articolo 4) – rappresenta in sé un «filtro».
      Ma vi è anche il «filtro endoprocessuale» costituito dal giudizio di ammissibilità (articolo 5), che la presente proposta di legge mira ad abrogare: un «meccanismo di deterrenza a monte contro azioni temerarie, artificiose, fittizie, di mera turbativa». Il tribunale competente a pronunciarsi sull'azione risarcitoria contro lo Stato dichiara, infatti, inammissibile la domanda «quando non sono stati rispettati i termini o i presupposti indicati dagli articoli 2, 3 e 4 ovvero quando è manifestamente infondata».
      La Corte costituzionale, infatti, oltre a esigere che vi sia il filtro della responsabilità indiretta del magistrato nei confronti dello Stato, ha riconosciuto il rilievo costituzionale del giudizio di ammissibilità quale «meccanismo di “filtro” della domanda giudiziale, diretta a far valere la responsabilità civile del giudice, perché un controllo preliminare della non manifesta infondatezza della domanda, portando ad escludere azioni temerarie e intimidatorie, garantisce la protezione dei valori di indipendenza e di autonomia della funzione giurisdizionale».
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. L'articolo 5 della legge 13 aprile 1988, n. 117, è abrogato.

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