Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3282


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa della deputata ROTTA
Modifiche all'articolo 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56, in materia di rispetto della parità di genere nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti
Presentata il 5 agosto 2015


      

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Onorevoli Colleghi! La questione della parità di genere in Italia è ben lontana dall'essere risolta. In qualunque aspetto della vita sociale, politica ed economica vi è una debolezza e sottorappresentazione delle donne. Disoccupazione più alta, salari più bassi, minore rappresentanza politica, e trattamenti previdenziali più bassi. Guardiamo ai dati di inizio 2015. Mentre per la componente maschile vi era una dinamica occupazionale stabile secondi i dati dell'Istituto nazionale di stato (ISTAT) di febbraio 2015, la componente di disoccupate cresceva. In valori assoluti, si trattava di 42.000 donne occupate in meno. Lo stesso andamento si osservava per i tassi di occupazione: il tasso di occupazione maschile, pari al 64,7 per cento, rimaneva stabile mentre quello femminile, pari al 46,8 per cento, diminuiva di 0,2 punti percentuali. Il tasso di disoccupazione rimaneva stabile all'11,7 per cento per gli uomini mentre per le donne saliva al 14,1 per cento ( 0,3 punti percentuali). La situazione nel corso dell'anno sta migliorando anche per l'occupazione femminile. Il merito è dovuto certamente a una combinazione di fattori. Cambio favorevole con il dollaro, prezzo del petrolio più basso, e ruolo della Banca centrale europea. Ma anche e soprattutto il ciclo di riforme, a partire da quella del lavoro e gli incentivi all'occupazione, che il Governo sta mettendo in campo. Ad aprile 2015, a due mesi dall'entrata in vigore del jobs act, la disoccupazione è diminuita tra gli uomini (-1 per cento) e tra le donne (-1,6 per cento). Il tasso di disoccupazione femminile è sceso al 12,9, in calo di 0,3 punti. L'obiettivo del jobs act è unificare il mercato del lavoro italiano, aiutarlo a uscire dalle sue numerose contraddizioni e frammentazioni, quelle tra giovani e anziani, tra precari e stabili, tra donne e uomini, nel segno delle pari opportunità per tutti e dell'equità. Il jobs act non crea da solo la ripresa ma può aiutarla a svilupparsi al meglio, nell'interesse generale. La situazione sta cambiando in tanti ambiti. Un'altra questione sulla rappresentanza di genere è quella che riguarda i consigli di amministrazione. La legge bipartisan Golfo-Mosca (legge 120 del 2011) sta funzionando. L'Italia nel luglio 2011 ha approvato la legge che impone, a partire da agosto 2012, il rispetto di quote di genere nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle società quotate in borsa. L'obbligo si è poi esteso anche alle società sotto il controllo pubblico. La quota è fissata al 20 per cento per il primo rinnovo e al 33 per cento per i due successivi. Si tratta di una misura temporanea: le quote sono obbligatorie solo per tre mandati. Grazie a questa normativa l'Italia è passata dal 6 per cento di presenza femminile nei consigli di amministrazione delle società quotate al circa 23 per cento attuale (dati della commissione nazionale per la società e la borsa, gennaio 2015). Il risultato è stato ottenuto nonostante l'Italia soffra di ritardi enormi nell'uguaglianza di genere sul mercato del lavoro, con un tasso di occupazione femminile pari al 47 per cento, terzultimo in Europa, seguito solo da Grecia e Malta. Un altro punto centrale, oggetto della presente proposta di legge, riguarda la rappresentanza politica. Ci sono certamente, nel 2015, più donne elette che in ogni altro momento della storia repubblicana. Vi è oggi il Parlamento più femminile nella storia del Paese, grazie, va rilevato, ad alcune forze politiche che hanno imposto, attraverso    azioni primarie, liste fondate sull'alternanza tra uomo e donna. Sono state elette una Presidente della Camera dei deputati donna e donne ai vertici delle strutture amministrative    della Camera, il Governo è stato fondato sulla parità di genere e una donna ricopre un'altissima carica internazionale in Europa su designazione europea. Certamente rimangono profondamente indietro gli enti locali. Alle ultime elezioni regionali vi è stato un basso numero di donne elette. Le percentuali che riguardano le elette – soprattutto se valutate in rapporto all'obiettivo di un'effettiva parità – rimangono molto basse. In Puglia sei su cinquanta consiglieri (11,8 per cento); in Umbria, tre su venti (14,3 per cento); in Liguria, cinque su trenta, inclusa Raffaella Paita (16,6 per cento); tra il 20 e il 23 per cento, si alzano le quotazioni «rosa» nelle Marche (sei su trenta, 20 per cento), in Campania (11 su cinquanta, 22 per cento) e nel Veneto (12 su 51, pari al 23,5 per cento), ma è in Toscana che le donne conquistano la quota di seggi più alta, undici su quaranta, il 27,5 per cento. E questo nonostante in sei regioni su sette vi fosse, nelle leggi elettorali regionali, il meccanismo della doppia preferenza. Un tale dato ci porta a rilevare che le leggi da sole non bastano, ma che funzionano se sono all'interno di una trasformazione culturale. Per questo la presente proposta di legge interviene sulla legge Delrio (legge n. 56 del 2014) che già prevede la parità di genere nelle giunte delle amministrazioni comunali, ma che rischia di rimanere inattuata. Molto spesso gli statuti comunali impongono che gli assessori siano consiglieri eletti e vi sono pochi eletti tra le donne determinando un basso numero effettivo di assessori donna. Inoltre non vi sono strumenti di sanzione per le amministrazioni inadempienti. La presente proposta di legge pone in capo al prefetto il dovere di far rispettare la parità di genere dando un tempo congruo al comune per adeguarsi, arrivando, in caso di continua inadempienza, alla decadenza della giunta. Una legge senza sanzione non funziona perché non vi è lo strumento che ne rende necessaria e non più eludibile l'applicazione, ma al tempo stesso non e possibile solo contare sulle norme, ma esse devono essere accompagnate da un'operazione di trasformazione culturale che porti tutti i soggetti coinvolti a comprendere che l'equilibrio di genere non è un favore alle donne, bensì uno strumento per la crescita del Paese. La normativa proposta, oltre ad avere un'utilità pratica, consente di operare un cambio culturale. Per questo si invitano gli onorevoli colleghi a una rapida approvazione.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. Il comma 137 dell'articolo 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56, è sostituito dai seguenti:
      «137. Nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento per eccesso all'unità superiore. La disposizione si applica anche in caso di sostituzione di uno o più componenti.
      137-bis. Nei casi in cui il prefetto accerti il mancato rispetto della quota stabilita dal comma 137 diffida il comune a ripristinare l'equilibrio tra i generi entro sessanta giorni. In caso di inottemperanza alla diffida, il prefetto fissa un nuovo termine di sessanta giorni, decorso il quale dichiara la decadenza della giunta.
      137-ter. Il Ministro dell'interno vigila sul rispetto delle disposizioni dei commi 137 e 137-bis e presenta alle Camere una relazione biennale sullo stato di attivazione delle stesse disposizioni».

      2. I sindaci dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti provvedono a ripristinare l'equilibrio tra i generi dei componenti delle giunte in carica alla data di entrata in vigore della presente legge che non rispettano la percentuale fissata dall'articolo 1, comma 137, della legge 7 aprile 2014, n. 56, come modificato dal comma 1 del presente articolo, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, decorsi i quali si applica il comma 137-bis del medesimo articolo 1, introdotto dal citato comma 1 del presente articolo.

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