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Temi dell'attività parlamentare

Imprese, servizi ed energia
Commissione: X Attività produttive
Sviluppo economico e politiche energetiche
La politica industriale dell'UE e gli strumenti di difesa commerciale

L'industria manifatturiera dell'UE:

  • contribuisce al 16,15% del PIL dell'UE (dati 2016);
  • assicura 32 milioni di posti di lavoro diretti e 20 milioni indiretti (ad esempio, nei settori estrattivo, edilizio e agricolo); ogni nuovo posto di lavoro creato nell'industria manifatturiera può generare fino a 2,5 posti di lavoro in altri settori;
  • rappresenta il 68% delle esportazioni europee e il 65% delle attività di ricerca e innovazione condotte da privati;
  • è leader mondiale in molti settori (automobilistico, aeronautico, ingegneristico, chimico e farmaceutico) e in alcuni mercati delle tecnologie del futuro (fabbricazione avanzata, nanotecnologia, biotecnologia, microelettronica e macroelettronica, fotonica e materiali avanzati).
   (Fonte Commissione europea)

Nell'UE l'attività manifatturiera, il cui valore aggiunto complessivo nel 2016 è stato di 2.383 miliardi di dollari, è concentrata prevalentemente in Germania, Italia e Francia. Nel 2016 il valore aggiunto dell'industria manifatturiera tedesca è stato di circa 717 miliardi di dollari, quello dell'industria manifatturiera italiana di circa 271 miliardi di dollari e quello dell'industria manifatturiera francese di circa 250 miliardi di dollari. Nel 2016 il contributo dell'industria manifatturiera al PIL è stato del 22,9%, in Germania del 16,2% in Italia e dell'11,3% in Francia (Fonte World Bank e OCSE).

Tuttavia, negli ultimi decenni l'economia europea ha perso circa un terzo della sua base industriale, in particolare a causa della crescita della concorrenza di altri Paesi (soprattutto della Cina) e della delocalizzazione di attività ad alta intensità di lavoro in Paesi con un costo del lavoro inferiore.

Per quanto riguarda la quota di mercato sulle esportazioni mondiali di merci, nell'ultimo decennio l'UE ha perso terreno passando dal 16,4% del 2006 al 15,7% del 2016. Molto marcata appare l'ascesa della Cina, la cui quota è passata dall'11% del 2006 al 17% del 2016, mentre la quota degli Stati Uniti è rimasta sostanzialmente stabile, passando dall'11,7% del 2006 all'11,8%, del 2016 (Fonte Eurostat).

L'industria manifatturiera dell'UE ha perso circa 3,8 milioni di posti di lavoro negli anni della crisi, anche se si registra una leggera inversione di tendenza negli ultimi anni: dopo il 2013, infatti, secondo la Commissione europea, sono stati creati oltre 1,5 milioni di nuovi posti di lavoro.

La nuova Strategia di politica industriale dell'UE

Il 13 settembre 2017 la Commissione europea ha presentato la nuova Strategia di politica industriale dell'UE (COM(2017)479) che mira a rafforzare la competitività del settore manifatturiero europeo, ribadendo l'obiettivo, già fissato nel 2012, di riportare il contributo dell'industria manifatturiera al PIL dell'UE al 20% entro il 2020, attraverso la trasformazione e la modernizzazione dell'industria europea, soprattutto nei settori dell'innovazione, della digitalizzazione e della decarbonizzazione.

L'UE appare ancora lontana dall'obiettivo, sebbene negli ultimi anni abbia invertito la tendenza negativa: nel 2016 la quota delle attività manifatturiere ha rappresentato il 16,15% del PIL dell'UE, in crescita rispetto agli ultimi anni e di nuovo ai livelli del 2008 (Fonte OCSE).

La nuova Strategia industriale riunisce diverse politiche orizzontali e settoriali dell'UE (ad esempio, digitalizzazione, innovazione, commercio, prezzi dell'energia, obiettivi ambientali, accesso alle materie prime) in una strategia industriale globale, integrandole con una serie di politiche specifiche destinate a settori strategici (industria spaziale, automobilistica, della difesa e dell'acciaio).

Per quanto riguarda l'industria siderurgica, la Commissione europea ha presentato la comunicazione "Acciaio: mantenere occupazione sostenibile e crescita in Europa" (COM(2016)155), con cui propone una serie di azioni per sostenere l'industria siderurgica europea che, nonostante il forte potenziale, attraversa un periodo di crisi.

In particolare, la Commissione europea intende supportare le capacità dell'industria dell'acciaio dell'UE di sviluppare nuove caratteristiche speciali dell'acciaio e di fornire prodotti dell'acciaio di elevata qualità che le conferiscano vantaggi competitivi a livello globale. Esempi importanti sono alcuni tipi d'acciaio ad altissima resistenza sviluppati di recente per il settore dell'edilizia e lo sviluppo di acciai leggeri nel settore automobilistico o nella produzione additiva (stampa 3D) con leghe di acciaio. Inoltre, l'iniziativa UCLOS (Ultra Low CO2 Steelmaking - produzione dell'acciaio a emissioni ultrabasse di CO2), cofinanziata dall'UE, alla quale partecipa la maggior parte delle principali aziende europee, ha avviato una ricerca su diverse potenziali tecnologie all'avanguardia per produrre un acciaio pulito concorrenziale. La ricerca applicata e lo sviluppo nel settore dell'acciaio sono sostenuti sia dal programma Horizon 2020 che dal Fondo di ricerca carbone e acciaio. Anche il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) contribuisce a innovare il settore dell'acciaio riducendo il rischio per i progetti innovativi.

L'UE è il secondo produttore mondiale di acciaio (dopo la Cina), con una produzione di 162 milioni di tonnellate nel 2016, il 9,9% della produzione mondiale (1.630 milioni di tonnellate). Tuttavia, l'UE ha registrato negli ultimi anni una notevole diminuzione del suo peso sul mercato: nel 2000, infatti, l'UE copriva il 24,7% della produzione mondiale (Fonte Worldsteel).

Per quanto concerne l'industria spaziale, nel 2016 la Commissione europea ha presentato la nuova Strategia spaziale per l'Europa (COM(2016)705) per promuovere la leadership europea nel settore spaziale. L'UE sta investendo oltre 12 miliardi di euro nello spazio per il periodo 2014-2020. Il settore spaziale europeo impiega oltre 230 000 professionisti e nel 2014 il suo valore era stimato tra 46 e 54 miliardi di euro. I programmi faro dell'UE nel settore spaziale sono: Copernicus, per la fornitura di dati di osservazione terrestre a livello globale; Galileo, il sistema globale europeo di navigazione via satellite; EGNOS, il servizio geostazionario europeo di copertura della navigazione.

Per quanto riguarda l'industria della difesa, si veda il tema "La politica di sicurezza e difesa dell'UE (PSDC)".

Per quanto concerne, infine, l'industria automobilistica, che impiega 12 milioni di persone e rappresenta circa il 4% del PIL dell'UE e il più grande investitore privato in ricerca e sviluppo dell'UE, secondo la Commissione europea deve sottoporsi a cambiamenti rapidi e profondi per restare competitiva sul mercato mondiale, riconoscendo l'importanza della transizione verso tecnologie più sostenibili e nuovi modelli imprenditoriali. In particolare, secondo la Commissione europea, occorrerà creare in tutta Europa stazioni elettriche di ricarica e migliorare le capacità europee nelle tecnologie delle batterie. Nel 2015 la Commissione europea ha lanciato GEAR 2030, un gruppo di alto livello per migliorare la competitività dell'industria automobilistica dell'UE.

La Commissione europea intende, inoltre, stabilire un dialogo aperto, inclusivo e collaborativo tra l'UE, gli Stati membri e l'industria stessa attraverso l'istituzione di una Giornata annuale dell'industria e una Tavola rotonda industriale ad alto livello.

Digitalizzazione dell'industria europea

La nuova strategia industriale conferma l'impegno per la digitalizzazione dell'industria europea (COM(2016)180).

Secondo la Commissione europea, se vuole rimanere competitiva nel medio e lungo termine, l'industria manifatturiera dell'UE deve saper rispondere alle sfide e cogliere le opportunità della nuova era industriale: infatti, i progressi tecnologici in settori come la robotica, l'Internet delle cose, l'intelligenza artificiale, i sistemi energetici e la bioeconomia stanno trasformando rapidamente la progettazione, la produzione e la distribuzione di sistemi e prodotti manifatturieri.

Le imprese europee sono spesso all'avanguardia della digitalizzazione e dell'automazione in settori chiave dell'industria. Ad esempio, l'Europa ha una quota di mercato mondiale del 33% nella robotica, del 30% nei sistemi integrati, del 55% nei semiconduttori automobilistici, del 20% nei semiconduttori e del 20% nei componenti fotonici. Ciononostante, il suo ruolo nell'economia dei dati e delle piattaforme è ancora limitato e la diffusione della tecnologia digitale nelle PMI è bassa. Secondo la Commissione europea, circa il 60% delle grandi imprese e oltre il 90% delle PMI non sono al passo con l'innovazione digitale. Solo un quinto delle imprese dell'UE è altamente digitalizzato.

Gli strumenti di difesa commerciale

La regolamentazione degli scambi commerciali sotto forma di strumenti di difesa commerciale serve a proteggere i produttori dell'UE dai danni e a contrastare la concorrenza sleale di imprese straniere come il dumping e le sovvenzioni.

Nel caso delle sovvenzioni, sono forniti aiuti pubblici a un settore specifico. Ciò falsa la concorrenza rendendo i beni sovvenzionati artificialmente competitivi. In linea generale, invece, si configura la pratica del dumping quando un prodotto è immesso in un mercato estero a un prezzo inferiore a quello normalmente applicato nel mercato interno, in tal modo distorcendo la concorrenza a danno delle imprese del Paese importatore.

Le pratiche commerciali sleali hanno portato a enormi sovraccapacità e di conseguenza a esportazioni in dumping sul mercato dell'UE, con grave pregiudizio per la manifattura europea in termini di produzione e di posti di lavoro. I differenziali rispetto ai dazi applicati da altri membri del WTO, tra cui gli Stati Uniti, possono, inoltre, condurre alla diversione degli scambi dei prodotti oggetto di dumping verso il mercato dell'UE, dove i dazi sono più bassi, peggiorando ulteriormente la situazione.

Il problema si è posto negli anni più recenti con particolare riferimento alla Cina che ha visto crescere enormemente la propria capacità produttiva e la quota di mercato mondiale detenuta (esemplare in proposito il caso dell'industria siderurgica).

L'uso che l'UE fa degli strumenti di difesa commerciale è molto ridotto rispetto a tante altre giurisdizioni e riguarda solo lo 0,27% del totale delle importazioni nell'UE. Tuttavia, negli ultimi anni, la Commissione europea è ricorsa a un numero senza precedenti di misure antidumping e antisovvenzioni, principalmente nel settore delle industrie chimiche e delle industrie connesse, del ferro e dell'acciaio, delle ceramiche e dell'ingegneria meccanica.

Secondo la Trentacinquesima relazione annuale della Commissione europea sulle attività antidumping, antisovvenzioni e di salvaguardia dell'UE (COM(2017)598), alla fine del 2016 erano in vigore nell'Unione 90 misure antidumping (84 riguardanti la Cina) e 15 misure antisovvenzioni (7 concernenti le importazioni cinesi).

Al fine di salvaguardare i posti di lavoro europei, garantire la concorrenza leale nei mercati aperti e preservare il libero scambio, l'UE sta procedendo a una revisione dei suoi strumenti di difesa commerciale.

Nuova metodologia antidumping

Il 20 dicembre 2017 è entrato in vigore il regolamento (UE) 2017/2321 che introduce una nuova metodologia per calcolare i margini di dumping delle importazioni da Paesi terzi membri del WTO in presenza di forti distorsioni del mercato o di un'influenza penetrante dello Stato sull'economia.

La nuova metodologia prevede in particolare:

  • l'eliminazione della precedente distinzione tra economie di mercato e non di mercato nel calcolo del dumping (si distingue solamente tra Paesi membri e non membri del WTO);
La Commissione europea, al fine di evitare un vuoto normativo e una situazione di incertezza dovuti alla decadenza (12 dicembre 2016) di alcune disposizioni del Protocollo di adesione della Cina al WTO relative ai criteri per la determinazione del dumping per le economie non di mercato sospette di fare uso di strumenti commerciali sleali, ha adottato una soluzione normativa per aggirare la questione del riconoscimento della Cina quale economia di mercato ed assicurare, nel contempo, un livello di protezione antidumping adeguato. Tuttavia, è in atto un contenzioso presso il WTO avviato dalla Cina. Le consultazioni non sono riuscite a risolvere la controversia. Di conseguenza, la Cina ha richiesto la costituzione di un panel di esperti, avviando così formalmente la seconda fase del procedimento di contenzioso.
  • la dimostrazione, da parte della Commissione europea, di "distorsioni di mercato significative" tra il prezzo di vendita di un prodotto e il relativo costo di produzione;
Per il calcolo del dumping, il metodo standard si basa su una comparazione dei prezzi all'esportazione con i prezzi o i costi sul mercato interno del Paese esportatore. Se i prezzi o i costi sul mercato interno sono distorti a causa dell'intervento dello Stato nell'economia, la Commissione europea non ne terrà conto nel calcolo del valore sul mercato interno e ricorrerà, invece, ad altri valori di riferimento che riflettano costi di produzione e prezzi di vendita senza distorsioni (ad esempio, il prezzo della merce in un Paese con un livello di sviluppo economico analogo). Per determinare i casi di distorsione potranno prendersi in considerazione diversi criteri, tra cui le politiche e l'influenza dello Stato, la presenza diffusa di imprese di proprietà dello Stato, la discriminazione a favore delle imprese nazionali e l'assenza di indipendenza del settore finanziario.
  • la considerazione delle norme sociali e ambientali nell'individuare situazioni di dumping;
  • l'elaborazione, da parte della Commissione europea, di relazioni specifiche su Paesi o settori descrivendone le distorsioni. In linea con le pratiche vigenti spetterà alle imprese dell'UE presentare denunce, ma esse potranno avvalersi delle relazioni della Commissione per sostenere le loro argomentazioni.
La Commissione europea ha già pubblicato la prima relazione per Paese riguardante la Cina.

Infine, il regolamento prevede che eventuali nuove sovvenzioni emerse nel corso di un'inchiesta possano essere esaminate e tenute presenti all'atto dell'istituzione dei dazi definitivi.

Modernizzazione degli strumenti di difesa commerciale

Il regolamento (UE) 2017/2321 non sostituisce la proposta di regolamento (COM(2013)192) concernente la modernizzazione degli strumenti di difesa commerciale , sulla quale il 5 dicembre 2017 è stato raggiunto un accordo tra il Consiglio e il Parlamento europeo dopo un lungo stallo.

Oggetto di controversia in Consiglio è stata, in particolare, la permanenza o meno della cosiddetta regola del dazio inferiore, che alcuni Stati membri, tra cui l'Italia, avrebbero voluto sopprimere. La regola del dazio inferiore consente alla Commissione di istituire i dazi a un livello inferiore al margine di dumping se tale livello è sufficiente a eliminare il pregiudizio arrecato ai prodotti dell'UE.

In particolare, in base all'accordo raggiunto, le nuove norme dovrebbero:

  • migliorare la trasparenza e la prevedibilità delle misure antidumping e antisovvenzioni provvisorie e ridurre il periodo di inchiesta per istituirle dagli attuali 9 mesi a un periodo normale di 7 mesi, ma non superiore a 8 mesi, con i dazi definitivi che dovranno essere imposti entro 14 mesi;
  • consentire di adeguare la "regola del dazio inferiore" per imporre dazi più elevati in presenza di distorsioni relative ai prezzi delle materie prime e dell'energia.

Controllo degli investimenti esteri diretti

Il 13 settembre 2017 la Commissione europea ha presentato la proposta di regolamento (COM(2017)487) per istituire un quadro europeo per il controllo degli investimenti esteri diretti (IED) nell'UE per motivi di sicurezza o di ordine pubblico.

L'Unione europea è la principale fonte e destinazione mondiale di IED. Gli Stati Uniti restano il maggiore investitore estero nell'UE, ma negli ultimi venti anni la loro quota di investimenti è diminuita di circa il 20%, mentre sono significativamente cresciuti gli investimenti provenienti da altri Paesi, a partire dalla Cina (più 600%).

Secondo la Commissione europea, l'intervento è necessario in considerazione del notevole incremento di casi in cui gli investitori stranieri, in particolare i cosiddetti fondi sovrani, cercano di acquisire attività strategiche che permetterebbero loro di controllare o influenzare imprese europee le cui attività sono cruciali per la sicurezza e l'ordine pubblico.

In particolare, si prevede l'istituzione di:

  • un meccanismo di cooperazione tra Stati membri e Commissione europea, che può essere attivato qualora uno specifico IED in uno o più Stati membri possa mettere a rischio la sicurezza o l'ordine pubblico di altri Stati membri;
  • un controllo della Commissione europea per motivi di sicurezza o di ordine pubblico nei casi in cui gli IED negli Stati membri possano incidere su progetti o programmi di interesse per l'Unione, come quelli nei settori della ricerca (Horizon 2020), dello spazio (Galileo), dei trasporti (reti transeuropee dei trasporti, TEN-T), dell'energia (TEN-E) e delle telecomunicazioni.