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Doc. XXII-bis, N. 5

COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUI FENOMENI DELLA CONTRAFFAZIONE, DELLA PIRATERIA IN CAMPO COMMERCIALE E DEL COMMERCIO ABUSIVO

(istituita con deliberazione della Camera dei deputati del 25 settembre 2013)

(composta dai deputati: Catania, Presidente, Allasia, Baruffi, Benamati, Berretta, Bordo, Borghese, Camani, Cariello, Vicepresidente, Caruso, Cenni, Donati, Fantinati, Gallinella, Garofalo, Segretario, Milanato, Mongiello, Vicepresidente, Rampelli, Russo, Senaldi, Segretario, e Taranto)

RELAZIONE SULLA CONTRAFFAZIONE NEL SETTORE DELLA MOZZARELLA DI BUFALA CAMPANA

(Relatore: on. Paolo RUSSO)

Approvata dalla Commissione nella seduta del 23 settembre 2015

Comunicata alla Presidenza il 23 settembre 2015 ai sensi dell'articolo 2, comma 5, della deliberazione della Camera dei deputati del 25 settembre 2013

RELAZIONE

I N D I C E

1. L'ATTIVITÀ DELLA COMMISSIONE Pag. 7
2. ORIGINI ED EVOLUZIONE STORICA DELL'ECCELLENZA DELLA MOZZARELLA » 8
3. I DATI DELLA PRODUZIONE E DEL CONSUMO DELLA MOZZARELLA DI BUFALA » 9
  3.1 La mozzarella nel comparto dei formaggi italiani » 9
  3.2 La crescita tendenziale della produzione negli ultimi anni » 11
  3.3 La stagionalità del prodotto » 12
  3.4 La base provinciale di produzione » 15
4. PROBLEMI NEL RAPPORTO TRA I SOGGETTI DELLA FILIERA DELLA PRODUZIONE DELLA MOZZARELLA » 16
5. LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO » 17
  5.1 La disciplina normativa iniziale » 17
  5.2 Sviluppo dei più recenti interventi normativi » 22
6. LA CASISTICA DEGLI ILLECITI NEL SETTORE » 25
  6.1 L'impiego di cagliate congelate o provenienti dall'estero » 26
  6.2 L'occultamento della patologia della brucellosi » 28
  6.3 La violazione delle indicazioni geografiche tutelate e delle denominazioni d'origine » 29
  6.4 L'impiego di terapie farmacologiche illecite » 30
  6.5 Altri illeciti: l'utilizzo di latte diverso da quello di bufala e presenza nel latte di inquinanti » 31
  6.6 La tutela comunitaria legata alla DOP » 32
7. CONCLUSIONI E PROPOSTE » 33
  7.1 Soluzioni relative al carattere di stagionalità della mozzarella di bufala » 33
  7.2 La piena applicazione dei sistemi di tracciabilità » 34
  7.3 L'educazione del consumatore » 35
  7.4 L'indicazione nell'etichettatura degli ingredienti utilizzati » 36
  7.5 La tutela delle denominazioni d'origine e delle indicazioni di provenienza geografica » 36
  7.6 Il sistema dei controlli » 36
  7.7 La scelta di un modello di sviluppo per il settore »  37
Pag. 7

1. L'ATTIVITÀ DELLA COMMISSIONE

  L'Ufficio di Presidenza della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo, nella riunione del 17 settembre 2014, ha deliberato lo svolgimento di un approfondimento tematico relativo alla contraffazione nel settore della mozzarella di bufala, incaricandone il deputato Paolo Russo.
  La scelta della Commissione di approfondire tale tema trae spunto dalle caratteristiche di eccellenza di tale prodotto della filiera lattiero-casearia italiana, che trova nella storia agroalimentare nazionale il suo più adeguato riconoscimento. Un lavoro secolare, che ha fondato la sua solidità sulla passione, sulla competenza e sull'ingegno di agricoltori e allevatori, ha saputo conservare intatto il valore di una tradizione culturale: tutti questi elementi si ritrovano nella mozzarella, alimento orgoglio del Made in Italy nel mondo.
  La presente relazione si propone di verificare lo stato di attuazione delle leggi vigenti e il loro effettivo impatto sul settore, al fine di dare un contributo a tutelare l'identità dei prodotti italiani dalle frodi e dalle contraffazioni alimentari e di favorire la competitività e la specificità qualitativa delle aziende italiane operanti nel settore.
  A tal fine sono state svolte numerose audizioni con gli operatori del settore, riportando nella relazione gli elementi di fatto di maggiore rilievo derivanti da tale importante contributo conoscitivo, cercando altresì di evidenziare le problematiche inerenti al settore in questione. Oltre alle audizioni vertenti sui temi generali della contraffazione (1), sul tema specifico relativo alla mozzarella di bufala sono stati auditi dalla Commissione:
   il 15 luglio 2015:
    • il Presidente di Confagricoltura Campania, Michele Pannullo;
    • il Capo del Corpo forestale dello Stato, Cesare Patrone;
    • il Direttore della Confederazione italiana agricoltori Campania (CIA), Mario Grasso;
    • il Presidente della Federazione regionale Coldiretti Campania, Gennarino Masiello;

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   il 16 luglio 2015:
    • il Presidente del Consorzio Tutela Mozzarella di Bufala Campana, Raimondo Domenico;
   il 29 luglio 2015:
    • il Direttore dell'Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno, Antonio Limone;
    • il Professore di diritto agrario e comunitario della Seconda università di Napoli, Antonio Sciaudone;
    • il Comandante del Comando carabinieri Tutela della salute, Claudio Vincelli.

2. ORIGINI ED EVOLUZIONE STORICA DELL'ECCELLENZA DELLA MOZZARELLA

  La mozzarella è un formaggio fresco a pasta filata tipicamente italiano. La sua straordinaria unicità è stata già decantata da Plinio il Vecchio nella celeberrima Naturalis Historia, un'opera enciclopedica risalente al I secolo d.C., in cui si ricorda di un laudatissimum caseum del Campo Cedicio, zona corrispondente alla Piana del Volturno (o dei Mazzoni), ancora oggi vocata e destinata all'allevamento delle bufale.
  È il latte di bufala, infatti, ad essere fin dall'origine associato alla produzione della mozzarella, come risulta confermato dall'aumento degli allevamenti di bufale proprio nelle piane del Volturno e del Sele, interessate, durante i secoli del Medioevo, da un importante processo di impaludamento. Terreni improduttivi e altamente acquitrinosi sono divenuti ambienti particolarmente favorevoli per il pascolo di animali, che gli agricoltori hanno cominciato ad apprezzare e a valorizzare anche per la straordinaria attitudine a garantire il presidio del territorio.
  Ma è soprattutto per le proprietà del loro latte che le bufale hanno ricevuto, subito, un'attenzione particolare: dopo la mungitura, il latte veniva lavorato per la produzione della cagliata che, miscelata in precedenza con acqua bollente e successivamente filata, veniva mozzata a mano, conferendo al formaggio la classica forma tondeggiante. La mozza, termine inizialmente impiegato per indicare la mozzarella, era caratterizzata da una spiccata freschezza e da una naturale delicatezza, tanto da risultare poco adatta al trasporto e alla commercializzazione per la sua elevata deperibilità. Per garantirne una maggiore conservazione, la mozza veniva avvolta in foglie di mirto e di giunco, disposta in cestelli di vimini e di castagno, sebbene il suo consumo sia stato per molto tempo limitato al contesto familiare. Più adatta alla commercializzazione si presentava la così detta provatura, mozzarella che veniva sottoposta alla tecnica dell'affumicatura per garantirne una più lunga conservazione.
  Il termine specifico mozzarella viene impiegato, per la prima volta, in un'opera di particolare pregio di Bartolomeo Scappi, cuoco della Corte di Papa Pio V, per indicare una delle specialità che non potevano assolutamente mancare in cucina in primavera, estate ed Pag. 9autunno, insieme con ricotte fiorite e neve di latte, un alimento riservato ad ambienti ristretti, poco diffuso su larga scala. Soltanto verso la fine del XVIII secolo la mozzarella diventò oggetto di attività commerciale vera e propria, da quando, cioè, i reali di Napoli iniziano a dedicarsi anche all'allevamento delle bufale e alla produzione di formaggio attraverso la creazione di un caseificio sperimentale per la trasformazione del latte.

3. I DATI DELLA PRODUZIONE E DEL CONSUMO DELLA MOZZARELLA DI BUFALA

3.1 La mozzarella nel comparto dei formaggi italiani

  Il XII Rapporto Ismea Qualivita sulle produzioni agroalimentari italiane DOP, IGP e STG, del dicembre 2014, mostra come i formaggi rappresentino il principale comparto delle DOP e IGP, con un'incidenza attestatasi nel 2013 tra il 54 e il 58 per cento circa, rispettivamente sul fatturato al consumo nazionale e sul fatturato alla produzione, comprensivo dell'export, a fronte di un'incidenza dei prodotti a base di carne DOP e IGP, che rappresentano il secondo comparto per fatturato alla produzione ed al consumo, tra il 27 per cento e il 36 per cento sul valore totale delle DOP e IGP e degli ortofrutticoli e cereali, che valgono nell'ambito delle DOP e IGP il 6-7 per cento.
  La produzione certificata di formaggi a denominazione di origine ha registrato una sostanziale stabilità, attestandosi a circa 472 mila tonnellate, dovuta al compensarsi di fenomeni espansivi delle quantità certificate, come nel caso del Parmigiano Reggiano DOP ( 3,3 per cento) e del Gorgonzola DOP ( 4 per cento), e flessivi, come è avvenuto per il Pecorino Romano DOP (-4,4 per cento), per il Provolone Valpadana DOP (-18,7 per cento), il Montasio DOP (-11,7 per cento), e l'Asiago DOP (-6,6 per cento), per il Quartirolo Lombardo DOP Provolone Valpadana DOP (-18,7 per cento), il Montasio DOP (-11,7 per cento), e l'Asiago DOP (-6,6 per cento), il Quartirolo Lombardo DOP (-0,7 per cento) e il Grana Padano DOP (-0,7 per cento), mentre risulta invece sostanzialmente in linea con la media la produzione di Mozzarella di Bufala Campana DOP. Il comparto dei formaggi DOP e IGP ha sviluppato complessivamente nel 2013 un fatturato alla produzione di 3,8 miliardi, 2,5 sul mercato nazionale e 1,3 sui mercati esteri, e di 4,8 al consumo sul mercato nazionale. Il comparto continua a essere molto concentrato: i primi due prodotti, Grana Padano DOP e Parmigiano Reggiano DOP, rappresentano il 71 per cento del valore totale alla produzione, i primi cinque quasi il 90 per cento e i primi dieci circa il 97 per cento. Nella nuova classifica Qualivita 2014 la Mozzarella di Bufala Campana DOP è nella TopTen.
  Le prime dieci DOP e IGP concentrano l'81 per cento del giro d'affari e a fronte di una lieve flessione del fatturato DOP e IGP cresce l'export che si conferma fattore di traino.
  Un volume prodotto pari a 1,27 milioni di tonnellate, di cui oltre un terzo esportato per un valore pari a circa 2,4 miliardi di euro con un aumento del 5 per cento; un fatturato alla produzione di 6,6 Pag. 10miliardi di euro e al consumo di circa di 13 miliardi di euro (anno produzione 2013). L'Italia rimane leader mondiale del comparto per numero di produzioni certificate, con 269 prodotti iscritti nel registro UE, di cui 161 DOP, 106 IGP, 2 STG (dati al 30.11.2014). Il comparto dei formaggi DOP garantisce la qualità anche attraverso i 120 Consorzi di tutela riconosciuti dal MIPAAF, 48 Organismi di Certificazione autorizzati, per un complessivo numero di oltre 60.600 visite ispettive e 75.700 controlli analitici (campione di 150 prodotti).
  Segnatamente per la mozzarella si evidenzia (2) che questo formaggio è acquistato dal 92 per cento delle famiglie italiane (per la sola mozzarella di bufala la penetrazione è del 52 per cento), con un livello pro capite sopra la media nel Centro-nord e inferiore al Sud, dove è maggiormente diffusa la tipologia a peso variabile prodotta con metodi più tradizionali rispetto a quella a peso imposto tipicamente «industriale». Gli acquisti domestici (3) nel 2013 hanno raggiunto 162.100 tonnellate, per un valore pari a 1.221,2 milioni di euro. Si registra nel mercato della mozzarella un costante calo della tipologia a peso variabile a favore di quella a peso imposto. La prima, diminuita nel 2013 del 3,5 per cento, incide per il 15 per cento dei volumi, ma in realtà il suo peso è superiore poiché, mentre per le confezioni a peso imposto vengono rilevati tutti i canali del retail, per il peso variabile la stima riguarda solo la distribuzione moderna. Considerando perciò anche i canali alternativi, come la vendita presso gli ambulanti, le vendite dirette a domicilio, ecc., si arriva probabilmente intorno alle 190.000 – 195.000 tonnellate.
  Nella mozzarella a peso imposto venduta nella Grande distribuzione organizzata (Gdo) il ruolo predominante è rappresentato dalla mozzarella vaccina, con l'89 per cento del totale, di cui il 57 per cento del valore è costituito dalla palla in busta, il 18 per cento dalla palla in vaschetta, il 15 per cento dai piccoli formati, il 7 per cento dal panetto e la quota restante da treccia e altre tipologie. La mozzarella light è rimasta una nicchia di mercato, con meno del 2 per cento nel mercato del peso imposto.

Tab. n. 1 – Vendita della mozzarella in Italia nella grande distribuzione organizzata nel 2013.

Totale vendite 107.000 tonnellate
Valore vendite 840 Milioni di euro
di cui:
 Vaccina
 Bufala e miste
 Light
Volume
89,0 per cento
9,4 per cento
1,6 per cento
Valore
83,0 per cento
15,1 per cento
1,9 per cento

Fonte: Elaborazione Clal.it su dati del Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana.

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  La mozzarella di bufala negli ultimi anni ha dato un buon impulso al mercato, rappresentando l'alternativa più importante alla mozzarella vaccina tradizionale, sia per il suo valore alimentare, in quanto il latte fresco di bufala è molto più ricco in proteine, sia per la dinamica positiva della produzione e commercializzazione del segmento. La tabella che segue mostra l'evoluzione della produzione dal 2010 al 2013.

Tab. n. 2 – La produzione di mozzarella di bufala campana DOP – anni 2010-2013.

Anni 2010 2011 2012 2013
Tonnellate certificate 36.700 37.500 37.056 37.309

Fonte: Elaborazione Clal.it su dati del Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana.

  La mozzarella di Bufala Campana è stata venduta per il 73 per cento in Italia e per il 27 per cento all'estero (vendita con marchio c/o terzi – Italia estero – pari al 19 per cento).
  Nel nostro Paese il primo canale distributivo è la GDO con il 37,8 per cento delle vendite, seguono il dettaglio tradizionale (18,7 per cento), l'Horeca (settore alberghiero, restaurant, cafè) (16,3 per cento), la vendita diretta (9,9 per cento), i discount (9,4 per cento), l'industria/grossisti (7,4 per cento), mentre una quota marginale spetta al commercio elettronico e altri canali.
  Per quanto riguarda l'export, il Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana evidenzia che la Francia (22,3 per cento) è il primo paese importatore, con una crescita delle richieste in Spagna ( 6 per cento), Svizzera ( 2 per cento) e Est Europa ( 1 per cento), e dei mercati diversi dall'UE, con in testa il Giappone ( 2 per cento), gli Emirati Arabi Uniti ( 1 per cento) e l'estremo Oriente ( 2 per cento), mentre sono ancora limitate le richieste di mozzarella di Bufala Campana DOP nei Paesi dell'America Latina.

3.2 La crescita tendenziale della produzione negli ultimi anni.

  Per quanto riguarda il volume complessivo della produzione, dai dati resi disponibili dal Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana, emergono due linee di tendenza, per quanto riguarda in particolare la crescita della produzione e la stagionalità del prodotto. La tabella che segue mostra la recente evoluzione delle produzioni di mozzarella di bufala campana DOP per tonnellate prodotte su base mensile, nel corso degli ultimi due anni e mezzo.

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  Con riferimento, ad esempio, al mese di giugno 2015, ultimo dato disponibile per l'anno in corso, si registra un incremento del 18,3 per cento rispetto al corrispondente mese di giugno del 2013 e del 12 per cento rispetto al corrispondente mese di giugno del 2014. Il totale della produzione annua nel 2014 (pari a 38.068 tonnellate) registra un incremento del 2 per cento (pari a 37.039 tonnellate) nel 2013. I primi sei mesi del 2015 registrano un incremento della produzione rispetto ai primi sei mesi del 2014 del 17,3 per cento.
  Tale positivo trend, ben conosciuto all'interno della filiera produttiva, è emerso nel corso delle audizioni in Commissione e risponde anche ad una crescita della vendita della mozzarella di bufala campana DOP, anche sul piano internazionale, specialmente i ricchi mercati nord europei ed americani e nonostante la flessione derivante dal blocco delle esportazioni per effetto delle sanzioni internazionali alla Russia per la crisi ucraina.

3.3 La stagionalità del prodotto.

  La mozzarella di bufala è caratterizzata da una tendenziale stagionalità del prodotto, che nei mesi estivi conosce una crescita dei volumi di produzione.Pag. 13
  La tabella che segue mostra l'evoluzione delle linee produttive su base mensile della mozzarella di bufala campana DOP, con picchi di produzione compresi in ciascuno degli anni di riferimento 2013, 2014 e 2015 (rilevazione limitata a giugno) tra maggio e settembre:

  A fronte di tale realtà produttiva va segnalato, viceversa, che la produzione del latte di bufala segue un andamento diverso, con maggiori concentrazioni di produzione nei mesi invernali e primaverili, come emerge sia dalla tabella n. 3 che dalla seguente tabella n. 5:

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  Tale tema introduce il problema dell'uso di materia prima straniera o di prodotto congelato nella preparazione della mozzarella di bufala, in violazione del disciplinare di produzione, su cui si rinvia anche al successivo cap. 6.1.
  Come emerso anche da una denuncia di Coldiretti e riportato da numerose notizie sui mezzi di stampa (4) il fenomeno dell'importazione dall'estero di cagliate, è diventato strutturale. Nell'ultimo anno sarebbero state più di un milione di quintali le cagliate importate dall'estero, particolarmente dall'Est Europa, che equivalgono a circa 10 milioni di quintali di latte, pari al 10 per cento dell'intera produzione italiana. Si tratta di prelavorati che consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità.
  Recentemente si è svolta al Brennero una mobilitazione degli allevatori pugliesi, per verificare, su un numero notevole di TIR provenienti dalla Polonia ed in transito in Germania, la presenza di numerosi quantitativi di cagliate estere indirizzate in Puglia.
  Secondo informazioni rese da Coldiretti Puglia, a fronte dei 1.939 allevamenti pugliesi che producono 3,6 milioni di quintali di latte bovino, le importazioni di latte dall'estero raggiungono i 2,7 milioni di quintali, oltre a 35mila quintali di prodotti semi-lavorati quali, appunto, cagliate, caseine, caseinati e altro, che sono utilizzati per realizzare prodotti lattiero-caseari spacciati poi per locali.
  Coldiretti ha denunciato che tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri e la metà delle mozzarelle in vendita sono prodotte utilizzando latte o cagliate provenienti dall'estero. In Italia le 35.000 stalle esistenti hanno prodotto nel 2014 circa 110 milioni di quintali di latte, a fronte di circa 86 milioni di quintali di importazioni di latte equivalente: «Per ogni milione di quintali di latte importato in più scompaiono 17mila mucche e 1200 occupati in agricoltura. E la situazione sta precipitando nel 2015, con il prezzo riconosciuto agli allevatori che non copre neanche i costi di produzione e spinge verso la chiusura gli allevamenti» (5).
  Il fenomeno si interseca con quello del crollo dei prezzi del latte italiano, come dichiarato da Coldiretti (6), secondo la quale «Negli ultimi mesi il prezzo del latte alla stalla in Puglia è sceso del 20 per cento, anche perché dalle frontiere italiane passano ogni giorno 3,5 milioni di litri di latte sterile, ma anche concentrati, cagliate, semilavorati e polveri per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all'insaputa dei consumatori. Tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro

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sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle in vendita sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero, ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio indicarlo in etichetta».
  Altro problema è quello della richiesta della Commissione europea all'Italia di porre fine al divieto, previsto dalla legge n. 138/1974, di detenzione e utilizzo di latte in polvere, latte concentrato e latte ricostituito, utilizzabile per la fabbricazione di prodotti lattiero caseari, per la quale è pervenuta da parte della Commissione UE una lettera di diffida, alla quale l'Italia dovrà rispondere entro il 29 settembre per evitare il rischio dell'apertura di una procedura di infrazione.
  Un comunicato stampa del 28 giugno 2015 del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Martina, in relazione alla diffida da parte della Commissione europea sulla fine del divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere, afferma che: «Difenderemo fino in fondo la qualità del sistema lattiero caseario italiano e la trasparenza delle informazioni da dare ai consumatori. Ribadiremo alla Commissione europea la necessità di un intervento più approfondito sull'etichettatura del latte, che sappia rispondere meglio alle esigenze dei nostri produttori soprattutto dopo la fine del regime delle quote. Non siamo disposti a fare passi indietro su questi principi. È importante comunque ribadire che non sono interessati da questa vicenda i nostri grandi formaggi DOP, per i quali non sarà mai possibile l'utilizzo di materie prime diverse da quelle previste dai disciplinari. Nel frattempo continueremo a portare avanti un lavoro di confronto con le organizzazioni agricole e con la filiera e gli altri Ministeri interessati per evitare penalizzazioni da parte dell'Unione europea.».

3.4 La base provinciale di produzione.

  I dati relativi al 2013 e 2014, distinti per caseifici e provincia, mostrano una prevalenza produttiva della provincia di Caserta, seguita da quella di Salerno:

Tab. n. 2 – Ripartizione della produzione nel 2013 e 2014, per caseifici e provincia di appartenenza.

PRODUZIONE CERTIFICATA DOP ANNO 2014 38.068 Ton.
CASEIFICI CERTIFICATI ANNO 2014 108
ALLEVAMENTI INSERITI NEL SISTEMA DELLA DOP ca. 1500
Province 2013 2014
Provincia di Caserta 58 per cento 57,3 per cento
Provincia di Salerno 33 per cento 33,3 per cento
Basso Lazio (Latina, Frosinone) 6,3 per cento 6,4 per cento
Provincia di Napoli 2,1 per cento 2,4 per cento
Provincia di Foggia 0,6 per cento 0,6 per cento

Fonte: Elaborazione Rivista «Il latte» su dati Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana.

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4. PROBLEMI NEL RAPPORTO TRA I SOGGETTI DELLA FILIERA DELLA PRODUZIONE DELLA MOZZARELLA

  Come emerso nel corso delle audizioni, a fronte di un aumento della produzione, il prezzo del latte di bufala alla stalla è inspiegabilmente diminuito.
  Ogni ragione di ordine economico-aziendale e la stessa dinamica di mercato, con un trend ormai permanentemente in crescita, porterebbe a ritenere, in questo quadro, a parità di popolazione bufalina, un conseguente ineluttabile incremento del prezzo del latte in stalla, in quanto conseguente ad una complessiva maggiore domanda, per quanto spalmata in modo diseguale in funzione del tempo.
  Viceversa la diminuzione dei prezzi del latte indebolisce il sistema allevatoriale, negando la giusta soddisfazione, anche economica, degli allevatori rispetto al ruolo svolto dai caseifici.
  Accade anzi, inspiegabilmente e quindi per ragioni non di mercato, il contrario: il prezzo del latte di bufala alla stalla è sceso verso il basso, sino a sfiorare l'euro; il latte di bufala nel 2015 è stato pagato allo stesso prezzo del 1992, quando i costi di produzione erano di circa un terzo rispetto a oggi.
  Deve perciò essere sottolineata una sperequazione nella distribuzione del reddito lungo la filiera. Gli allevatori sono sempre più schiacciati, mentre i grandi caseifici industriali divengono sempre più ricchi.
  Si moltiplicano i contratti con gli allevatori disdettati dai caseifici, indebolendo così il sistema allevatoriale. L'industria, in tal modo, sembra non valorizzare il latte degli allevatori italiani, fissando un prezzo non remunerativo per l'acquisto del latte.
  Non si tratta solo di un impoverimento di carattere agricolo. Se questa tendenza continuasse si favorirebbe inevitabilmente la costituzione di mega-aziende agricole, stalle cioè annesse alle filiere industriali.
  Coldiretti ha denunciato la situazione (7) sostenendo che gli industriali «sottopagano il latte italiano e fanno chiudere le stalle, mentre il Made in Italy alimentare nel settore lattiero caseario è dominato da una multinazionale straniera che impone unilateralmente agli allevatori le proprie condizioni», con il «paradosso che gli italiani pagano un prezzo molto elevato per i formaggi e il latte fresco mentre agli allevatori si riduce la remunerazione senza tener conto della qualità del latte italiano. Lo dimostra il fatto che il prezzo del latte fresco moltiplica più’ di quattro volte dalla stalla allo scaffale con un ricarico del 329 per cento. Il risultato è che oggi il latte agli allevatori italiani viene pagato meno di venti anni fa».
  Il valore aggiunto di questo settore è dato senza alcun dubbio da un prodotto eccellente, unico nella sua capacità evocativa, dalla imponente tradizione e dalla succulenta squisitezza, ma la Mozzarella

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di Bufala Campana DOP è anche un potente strumento che dà risalto ad un'agricoltura non aggressiva, capace di sostenersi nei territori, che consente in chiave non intensiva di allevare non più di quattro capi per ettaro, con un ridotto impatto ambientale ed un'evidente valenza sul piano etico.
  Si tratta di una modalità produttiva che costituisce un modello di sviluppo.
  L'Italia deve credere a questo tipo di agricoltura, che costituisce un volano di crescita e la traccia di comportamenti virtuosi.
  Compete al disegno strategico di politica agricola nazionale costruire modelli aperti, ove le competenze e le diverse sensibilità e realtà territoriali e produttive possano coesistere, e ove l'impresa sia sostenuta da un'azione etica, tesa a valorizzare il sistema allevatoriale di qualità.

5. LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO

5.1 La disciplina normativa iniziale.

  Le apprezzate caratteristiche di qualità e tipicità dei formaggi a pasta filata, in generale, e della mozzarella in particolare, non hanno tardato a trasformare il settore lattiero-caseario in uno dei più vivaci comparti produttivi, tanto da stimolare una competizione non sempre condotta equamente e correttamente.
  Risale agli anni ’20 il primo intervento normativo diretto alla «repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari», con il R.d.l. 15 ottobre 1925 n. 2033, nel quale si chiariva che per formaggio o cacio deve intendersi il «prodotto che si ricava dal latte intero ovvero parzialmente o totalmente scremato, oppure dalla crema, in seguito a coagulazione acida o presamica, facendo uso di fermenti e sale da cucina».
  L'intensificarsi del commercio e l'incremento degli scambi hanno generato la necessità di identificare, definire e tutelare specifiche produzioni lattiero-casearie contro le false indicazioni che esaltano particolari caratteristiche, in realtà inesistenti, associate alla provenienza o alle tecniche tradizionali di produzione.
  Diversi sono, infatti, i formaggi che hanno ricevuto una specifica disciplina normativa, in virtù del riconoscimento di denominazioni ad hoc volte a valorizzare particolari metodi di lavorazione, caratteristiche merceologiche e zone di produzione.
  Tra questi anche la mozzarella di bufala come formaggio a denominazione tipica, prodotto «nel territorio nazionale, osservando usi leali e costanti, le cui caratteristiche merceologiche derivano da particolari metodi della tecnica di produzione», secondo la definizione di cui all'articolo 2, comma 2 della legge 10 aprile 1954 n. 125 recante Tutela delle denominazioni di origine e tipiche dei formaggi.
  Tuttavia tale riconoscimento, esprimendo una definizione non completa delle maggiori connotazioni del prodotto, non ha impedito di utilizzare il termine mozzarella come indicazione merceologica di un formaggio fresco a pasta filata ottenuto con latte vaccino o latte misto. L'utilizzo del latte di bufala, in quanto opzione specifica Pag. 18possibile, era solo riportata nell'elenco degli ingredienti seguendo un ordine ponderale decrescente.
  La mozzarella di bufala campana e la mozzarella con latte vaccino hanno avuto perciò una diversa tutela nel nostro ordinamento.
  Con il Decreto del Presidente della Repubblica del 28 settembre 1979, la mozzarella con la specificazione «di bufala campana», al fine di garantire una specifica tutela alle indicazioni geografiche e alle denominazioni di origine, che esprimono un particolare rapporto di qualità tra prodotti alimentari e zona di produzione, è stata inserita nella lista delle denominazioni di origine protetta, riconosciuto a denominazione tipica.
  Tale scelta ha comportato conseguentemente la rinuncia della protezione del prodotto «mozzarella» tout court, nella sua accezione generica di formaggio fresco a pasta filata, optando per la caratterizzazione più evocativa della mozzarella di bufala campana DOP, notevolmente conosciuto ed apprezzato.
  La Denominazione di Origine Protetta (DOP) «Mozzarella di Bufala Campana» è inoltre oggi iscritta, ai sensi del Regolamento (CEE) n. 2081/92, nel Registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette di cui all'articolo 11 del Regolamento (UE) 1151/12 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, che ha abrogato e sostituito, a decorrere dal 3 gennaio 2013, il Regolamento (CE) 510/06, il quale a sua volta aveva sostituito e abrogato, dal 31 marzo 2006, il Regolamento (CEE) 2081/92.
  La DOP «Mozzarella di Bufala Campana» beneficia, pertanto, nell'ambito dell'Unione europea, della protezione di cui all'articolo 13 del Regolamento (UE) 1151/12, con particolare riferimento all'istituto dell'evocazione, sul quale la Corte di giustizia dell'Unione europea si è soffermata in diverse occasioni, delineandone chiaramente l'ampia portata (8).
  La rinuncia in ambito nazionale alla protezione come DOP del prodotto mozzarella in quanto tale, con ciò intendendo anche il prodotto confezionato con latte vaccino, ne ha determinato la conseguente volgarizzazione, causando frequenti episodi di uso indebito, abusivo e fallace del termine in sé, della stessa denominazione protetta e dei sistemi di produzione.
  Per tale motivo il primo disciplinare della mozzarella di bufala campana DOP, del 1993, di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 maggio 1993 «Riconoscimento della denominazione di origine del formaggio Mozzarella di bufala campana», ha richiesto successive e significative integrazioni, intervenute nel 2008, con il Decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali dell'11 febbraio 2008, sviluppate su alcune direttrici:
   a) una tutela più efficace al prodotto di qualità;

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   b) l'adeguamento dei sistemi di produzione alle esigenze del mercato: in particolare gli allevamenti bufalini dai quali deriva il latte devono essere strutturati secondo gli usi locali; gli animali devono essere originari delle zone territoriali indicate in elenco e di razza mediterranea italiana; i capi bufalini, allevati in stabulazione semilibera in limitati paddock, o all'aperto con ricorso al pascolamento devono risultare iscritti ad apposita anagrafe già prevista per legge;
   c) l'estensione della zona geografica di produzione oltre i confini del territorio amministrativo compreso originariamente tra Campania e Lazio, includendovi alcuni comuni della Puglia e del Molise (9);
   d) la specificazione dell'ingrediente utilizzabile e della sua provenienza: il latte di bufala intero e fresco, non surrogabile da prodotti similari o alterati nella consistenza, come il latte congelato o surgelato; il latte crudo, eventualmente termizzato o pastorizzato, deve provenire da bufale allevate solo nelle zone territoriali individuate, nel rispetto di apposite prescrizioni relative all'allevamento e al processo tecnologico, in quanto rispondenti allo standard produttivo.

  Tale normativa prevede i tempi e le modalità di trattamento della materia prima:
   a) è fissato un tetto massimo temporale tra la mungitura e l'inizio della lavorazione in caseificio pari a 60 ore; si è eliminato l'obbligo di consegna dal latte al caseificio entro la sedicesima ora dalla mungitura;
   b) il latte deve possedere titolo in grasso minimo del 7,2 per cento e titolo proteico minimo del 4,2 per cento;
   c) si modifica il limite di temperatura massima, prevedendo che il riscaldamento del latte avvenga ad una temperatura variante da 330o a 390o;
   d) la coagulazione del latte può essere ottenuta soltanto con l'aggiunta di caglio naturale di vitello;

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   e) l'acidificazione del latte e cagliata è ottenuta per addizione di siero innesto naturale, derivante da precedenti lavorazioni di latte di bufala avvenute nella medesima azienda o limitrofe ubicate della stessa zona di produzione.

  Si è inteso, in questo modo, garantire espressamente il ricorso alla pratica della pastorizzazione e/o termizzazione, che tradizionalmente trovava applicazione quando il circuito dell'utilizzazione del latte crudo era troppo ampio per consentire il mantenimento delle caratteristiche qualitative (10).
  Si tratta di specificazioni rese necessarie per porre un limite alla diffusa pratica di commercializzare formaggi freschi a pasta filata abusivamente accompagnati dalla denominazione protetta DOP.
  Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 maggio 1993 ha previsto l'apposizione all'atto della sua immissione al consumo dei seguenti contrassegni, che si configurano come un marchio collettivo:

  Le attività fraudolente non si sono arrestate ai casi, sia pure prevalenti, di contraffazione della denominazione di origine protetta – attraverso l'impiego di etichettature ingannevoli che richiamano falsamente il logo della mozzarella di bufala campana DOP – ma hanno interessato tutte le ipotesi di impiego abusivo del termine generico mozzarella, per indicare, contrariamente al vero, un formaggio fresco a pasta filata ottenuto con latte vaccino o latte misto.
  Ne sono derivati, dunque, interventi normativi anche diretti a vigilare sul corretto impiego della denominazione merceologica mozzarella, sia pure con specifico riferimento alla natura bufalina della materia prima utilizzata, escludendo dalla tutela quelle designazioni dei prodotti lattiero-caseari che, non essendo riconducibili alla zona delimitata o alle caratteristiche fissate nel disciplinare di produzione della DOP, si traducano in un inganno per i consumatori.
  A tutela della DOP «Mozzarella di bufala campana» con il Decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali del 21 luglio 1998 «Criteri per l'utilizzo dei termini di designazione relativi al prodotto a denominazione di origine protetta “Mozzarelle di bufala

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campana”», per l'etichettatura di formaggi freschi a pasta filata non recanti la denominazione di origine protetta «Mozzarella di bufala campana» è stato consentito l'uso della denominazione generica «mozzarella» insieme alla scritta «di latte di bufala», intesa non come DOP ma come materia prima, soltanto a condizione che sia garantita la stessa visibilità alle due locuzioni, che i caratteri abbiano uguale dimensione e che tra il nome mozzarella e la successiva specificazione di latte di bufala sia inserita la menzione di un nome di fantasia, ovvero il nome, la ragione sociale o il marchio depositato dal fabbricante.
  Per la mozzarella non di bufala e non coperta dal DOP, una forma di tutela specifica è stata fornita dalla disciplina comunitaria in tema di attestazioni di specificità dei prodotti agricoli ed alimentari, di cui al Reg. (CEE) n. 2082/92 del 14 luglio 1992, relativo alle attestazioni di specificità dei prodotti agricoli ed alimentari, al Reg. (CEE) n. 2515/94 del 9 settembre 1994, recante modificazioni del regolamento (CEE) n. 1848/93 della Commissione che stabilisce le modalità di applicazione del citato regolamento (CEE) n. 2082/92 e al Reg. (CE) n. 2527/98 della Commissione del 25 novembre 1998, relativo all'iscrizione di talune denominazioni nell'albo, che ha consentito l'iscrizione della denominazione «Mozzarella» STG nell'Albo delle Specialità Tradizionale Garantite (STG) (così denominato a seguito di modifiche introdotte nel 2006, mentre in precedenza si chiamava Albo delle attestazioni di specificità).
  Il doppio piano di tutele, garantito dall'inserimento dell'abbreviazione DOP per la mozzarella di bufala ed STG per la mozzarella con latte vaccino nell'etichettatura delle produzioni conformi ai rispettivi disciplinari, non è valso ad impedire la continuità di un uso distorto dell'indicazione merceologica mozzarella.
  È diffuso l'impiego nella pubblicità di simboli idonei a richiamare l'area geografica di produzioni notoriamente conosciute per occultare la scarsa qualità delle materie prime impiegate, ovvero la loro provenienza dall'estero, con l'aumento dei rischi di un danno grave alla salute delle persone.
  Tali pratiche, supportate da incisive operazioni di marketing, si basano sullo sfruttamento della notorietà dell'area geografica di provenienza dei prodotti, lasciando intendere al consumatore che si tratti di mozzarelle ottenute con le tradizionali tecniche di produzione.
  È evidente che la diffusione di un prodotto che millanta il credito della mozzarella di bufala DOP e STG, surrogando, invece, l'utilizzo di materie non sempre adeguate (11) (spesso in stato di congelazione), danneggi gravemente le imprese costrette a subire concorrenza sleale, in termini di costi di produzioni sul mercato.

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5.2 Sviluppo dei più recenti interventi normativi.

  A finalità di tutela della mozzarella di bufala campana rispondono misure di carattere organizzativo introdotte negli ultimi anni concernenti i luoghi di produzione, per assicurare la trasparenza del mercato e la tutela degli interessi dei consumatori.
  Tale normativa è stata oggetto di modifiche successive, che hanno determinato l'adozione di misure diverse per il controllo delle fasi produttive del settore. Il legislatore ha inteso individuare il percorso normativo più idoneo ad interpretare, nel rispetto dei legittimi interessi degli operatori chiamati ad applicare tali norme, il sentimento crescente di ricerca della qualità e genuinità da parte dei consumatori e delle difficili condizioni in cui opera la filiera produttiva.
  La produzione della mozzarella, come altre dei settori agroalimentari operanti sui territori sopra indicati, deve affrontare infatti complessità evidenti, dalle emergenze sanitarie (zoonosi, brucellosi ecc.), alle emergenze ambientali e sociali (rifiuti pericolosi nella Terra dei fuochi, inquinamenti ambientali da diossina, presenza inquietante della camorra), a fenomeni di concorrenza sleale concretantesi nell'uso di materia prima illegale.
  Il decreto-legge 3 novembre 2008 n. 171, recante Misure per il rilancio competitivo del settore agroalimentare, convertito con modificazioni dalla legge 30 dicembre 2008 n. 205, aveva disposto, all'articolo 4, comma quinquiesdecies, l'obbligo, a partire dal 30 giugno 2013, come stabilito dal decreto ministeriale 6 marzo 2013 Separazione degli stabilimenti di produzione della Mozzarella di Bufala Campana DOP, della separazione degli stabilimenti, con la finalità di garantire che la mozzarella di bufala campana DOP fosse prodotta in locali fisicamente diversi e totalmente distinti da quelli in cui si producono altri tipi di formaggi (12); tale disposizione si propone di evitare l'utilizzo di materie prime improprie e di risolvere le disfunzioni o distorsioni manifestatesi.
  La materia era stata poi innovata dal successivo decreto ministeriale 10 aprile 2013 recante Modalità per l'attuazione della separazione degli stabilimenti di produzione della DOP Mozzarella di bufala campana, mantenendo la separazione degli stabilimenti, ma consentendo agli operatori inseriti nel sistema di controllo della DOP Mozzarella di Bufala Campana di produrre la Mozzarella di Bufala Campana nonché i sottoprodotti o derivati della stessa materia prima, inclusa la ricotta. In tali stabilimenti è vietata la detenzione e lo stoccaggio di materie prime e cagliate diverse da latte e cagliate bufaline.
  Successivamente, il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, ha poi disposto

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l'abrogazione della legge n. 205 del 2008, prevedendo (articolo 4 comma 1) in luogo della separazione degli stabilimenti, che il latte di bufala, i semilavorati e gli altri prodotti realizzati con latte proveniente da allevamenti inseriti nel sistema di controllo della DOP Mozzarella di bufala campana debbano essere trattati in spazi a ciò espressamente dedicati.
  Pertanto, per produrre prodotti realizzati esclusivamente o con l'aggiunta di latte differente da quello di bufala è necessario, oggi, non più disporre di opifici del tutto separati e facilmente controllabili, ma solo di uno spazio differente, che impedisca qualsiasi contatto anche solo accidentale tra i diversi tipi di latte in tutte le fasi della lavorazione e del confezionamento (13).
  La stessa legge n. 116 del 2014 ha poi disposto, al fine di assicurare la più ampia tutela degli interessi dei consumatori e di garantire la concorrenza e la trasparenza del mercato del latte di bufala, che gli allevatori bufalini, i trasformatori e gli intermediari di latte di bufala siano obbligati ad adottare sistemi idonei a garantire la rilevazione e la tracciabilità del latte prodotto quotidianamente, dei quantitativi di latte di bufala trasformato e delle quantità di prodotto derivante dalla trasformazione del latte di bufala utilizzato.
  La scelta del legislatore è stata quindi quella di sostituire ai controlli immediati e diretti in azienda il sistema della tracciabilità.
  Il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro della salute, del 9 settembre 2014, recante «Modalità per l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 4 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91» ha dettato le norme di attuazione di tale legge.
  In sintesi tale decreto:
   a) riconfermando l'obbligo della separazione dei locali per le produzioni bufaline, prevede che le imprese che lavorano sia latte del sistema della DOP Mozzarella di Bufala Campana che latte diverso, entro 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto ministeriale, debbano inviare all'ICQRF e all'Organismo di controllo incaricato la planimetria dello stabilimento con l'indicazione delle differenti linee di produzione, dei serbatoi, compresi quelli mobili, degli impianti e delle conduttore dedicati alla produzione di Mozzarella di Bufala Campana DOP; i serbatoi devono essere distintamente numerati e recare dispositivi di misurazione per la lettura diretta del contenuto;

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   b) istituisce la piattaforma informatica «Tracciabilità della filiera bufalina» gestita dal SIAN e dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno; a tale banca dati gli allevatori bufalini sono obbligati a comunicare una serie di dati:
    – i quantitativi giornalieri di latte prodotto complessivamente dalle bufale in lattazione presenti in allevamento ed i soggetti ai quali è conferito;
    – i quantitativi di latte di bufala e di semilavorati, anche in forma congelata, acquistati per la realizzazione di prodotti trasformati, nonché l'indicazione dei soggetti che li hanno conferiti;
    – i quantitativi prodotti di Mozzarella di Bufala Campana DOP;
    – i quantitativi prodotti di Mozzarella di latte di bufala;
    – i quantitativi di altri prodotti trasformati derivanti dall'utilizzo del latte bufalino;
    – i quantitativi di latte di bufala e di semilavorati inutilizzati ed eventualmente congelati; alla medesima piattaforma i soggetti intermediari che si interpongono tra gli allevatori bufalini ed i trasformatori di latte di bufala, hanno l'obbligo di comunicare i seguenti dati;
    – i quantitativi giornalieri di latte di bufala e di semilavorati, anche in forma congelata, acquistati con l'indicazione di ciascun soggetto conferente;
    – i quantitativi giornalieri di latte di bufala e di semilavorati, anche in forma congelata, ceduti con l'indicazione di ciascun destinatario;
   c) il latte prodotto giornalmente deve essere corredato, durante il trasporto, da specifica documentazione di accompagnamento, sottoscritta dall'allevatore, dal trasportatore e, all'arrivo, dall'acquirente;
   d) la rilevazione mensile della quantità di latte prodotto nelle 24 ore da ciascuna bufala in lattazione presente in allevamento deve avvenire attraverso uno strumento di rilevazione quale il lattometro meccanico o elettronico, il vaso misuratore, ecc., omologato dall'Associazione italiana Allevatori.

  In via transitoria si prevede che l'adeguamento degli impianti esistenti debba avvenire entro 14 mesi dall'entrata in vigore del decreto, mentre per attivare la procedura di registrazione presso la piattaforma informatica è concesso il termine di 60 giorni.
  In caso di mancata trasmissione dei dati alla piattaforma, salva l'applicazione delle norme penali vigenti, sono previste sanzioni amministrative: sanzione pecuniaria del pagamento di una somma da 2.000 a 13.000 euro e sanzioni accessorie della chiusura dello stabilimento per un periodo da un minimo di dieci ad un massimo di trenta giorni e della sospensione del diritto di utilizzare la denominazione protetta dalla data dell'accertamento della violazione fino a quando l'organo di controllo non abbia verificato la rimozione della causa che ha dato origine alla sanzione, con pubblicazione di tali sanzioni su due quotidiani a diffusione nazionale.

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  Tale assetto organizzativo, corretto in via di principio, deve conseguire l'obiettivo di trasmettere al sistema allevatoriale e di trasformazione un segnale di attenzione nello svolgimento dei controlli. Va sostenuta l'applicazione pratica di tali norme, onde garantire l'efficacia del sistema di tracciabilità delle attività di tutti gli allevatori e di tutti i caseifici.
  La corretta tracciabilità del latte di bufala, sia esso proveniente dall'area DOP sia da altre aree per il prodotto non DOP, può costituire un serio argine a fenomeni di contrattazione. Al proposito, peraltro, Confagricoltura Campania rilevava in Commissione (14) che a quasi un anno dalla partenza del sistema previsto dal citato Decreto del MIPAAF del 9 settembre 2014 «non si conoscono i dati relativi, vi siano segni di malfunzionamento del sistema informativo di tracciabilità e non si hanno notizie di quanta e quale sia la produzione tracciata ed il livello di adesione degli attori della filiera (allevamenti, trasportatori, trasformatori ecc.)».

6. LA CASISTICA DEGLI ILLECITI NEL SETTORE

  L'intero comparto lattiero-caseario è stato colpito negli anni da vicende serie e preoccupanti, che hanno visto particolarmente coinvolti e danneggiati i produttori della mozzarella di bufala campana DOP.
  Da segnalare il ruolo svolto dall'Arma dei Carabinieri (15), che concorre all'esecuzione dei controlli attribuiti ai Ministeri della Salute e delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, con due tipologie di Reparti dell'Organizzazione Speciale:
   a) il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute, che coordina i 38 Nuclei Antisofisticazioni e Sanità (NAS), posti alle dipendenze funzionali del Ministero della Salute, interessati alle attività di «sicurezza alimentare», finalizzate a stabilire che i prodotti alimentari siano «salubri» e «non pericolosi per la salute dei consumatori», con azioni di contrasto alle c.d. «frodi sanitarie» (adulterazioni, sofisticazioni, contraffazioni, alterazione e nocività, previste dal codice penale negli artt. 439, 440, 442 e 444); per il tema in oggetto i NAS assolvono i compiti istituzionali di cui al decreto ministeriale 26.02.2008 che in materia alimentare riguardano la salubrità degli alimenti e degli animali da reddito, operando come Ufficiali di polizia giudiziaria, esercitando i poteri di «Ispettori Sanitari» ex articolo 17 della L. 441/1963 (decreto ministeriale 5.11.1963) con l'equipollenza ai «Tecnici della Prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro» ex decreto ministeriale 17.01.1997, n. 58 (decreto ministeriale 3.11.2011); oltre ai controlli il NAS può effettuare controlli e sviluppare attività investigative e di intelligence, non sovrapponibili alle ordinarie verifiche svolte da altri Organi di

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Vigilanza (A.S.L.); nel periodo 2012-2014/Io semestre 2015, i NAS hanno effettuato complessivamente 131.823 controlli, di cui 7.995 mirati per il settore «latte e derivati», ove le non conformità accertate sono state 2.291 (oltre il 28 per cento), con 2.181 soggetti segnalati alle Autorità Giudiziaria ed Amministrativa e 13 persone sottoposte a misure cautelari per aver commercializzato latte e formaggi contaminati da micotossine e latte prodotto da capi bovini sottoposti a trattamenti veterinari vietati (somministrazione di anabolizzanti per aumentarne la produttività); le sanzioni amministrative contestate superano i 2,9 milioni di euro, mentre il valore della merce sequestrata è di circa 148 milioni di euro;
   b) il Comando Carabinieri Politiche Agricole e Alimentari, che coordina i Nuclei Antifrodi Carabinieri (NAC), posto alla dipendenza funzionale del MIPAAF, competenti per le attività di controllo di «qualità alimentare», finalizzate a stabilire che gli alimenti tipici abbiano le «caratteristiche originali» previste dai disciplinari di produzione, con azioni di contrasto alle c.d. «frodi commerciali» (frodi in commercio, reati di contraffazione di cui agli artt. 515, 516, 517 e 517-quater del codice penale; i NAC operano su tutto il territorio nazionale e, se necessario, anche all'estero nel rispetto delle vigenti disposizioni di legge e delle direttive del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali; il NAC, ai sensi del D. Lgs. 5 ottobre 2000, n. 297 e dal D.P.C.M. 27 febbraio 2013, n. 105, svolge controlli straordinari sull'erogazione e percezione di aiuti UE nel settore agroalimentare, della pesca ed acquacoltura, sulle operazioni di ritiro e vendita di prodotti agroalimentari, ivi compresi gli aiuti a Paesi in via di sviluppo e agli indigenti; esercita controlli specifici sulla regolare applicazione dei regolamenti UE e svolge attività di prevenzione e repressione delle frodi nel settore agroalimentare; nel citato arco temporale, i NAC Carabinieri hanno eseguito esclusivi controlli in materia di «qualità alimentare» nel settore della mozzarella di bufala presso 118 aziende, rilevando 35 illeciti penali e amministrativi e segnalando 14 persone all'Autorità Giudiziaria.

6.1 L'impiego di cagliate congelate o provenienti dall'estero.

  Negli ultimi anni si sono verificati molti casi di contraffazione che hanno compromesso la qualità della mozzarella attraverso l'impiego di cagliate congelate o provenienti dall'estero, con l'obiettivo di poter differire nel tempo l'uso del latte nel processo di elaborazione della mozzarella, recando un grave nocumento ai consumatori e a chi produce onestamente e in qualità.
  Ad essere interessati da comportamenti fraudolenti sono le mozzarelle tout court, tanto bovine che bufaline, in troppe occasioni immesse sul mercato con segni o simboli diretti a richiamare l'attenzione del consumatore sull'origine italiana o sul carattere fresco dei prodotti tipici della tradizione italiana, ottenuti, invece, con l'utilizzo di latte estero congelato. Si pensi al caso della «mozzarella Pag. 27blu» che ha portato al sequestro di 70 mila mozzarelle realizzate da una società tedesca, vendute con nomi propriamente italiani che presentavano una particolare colorazione dovuta alla presenza di un batterio nell'acqua di refrigerazione, a dimostrazione che si trattava di prodotti realizzati con latte congelato.
  A tali episodi si sono aggiunti fatti ancora più preoccupanti, direttamente coinvolgenti la salute delle persone e degli animali.
  Ad esempio, nel 2013, dopo le denunce dei NAS, la Procura antimafia di Napoli ha avviato un'inchiesta che ha visto coinvolti 114 indagati, sono stati richiesti 87 arresti e il sequestro di 34 opifici per frode e altri reati nella vendita di mozzarella.
  I NAS dal 2006 al 2010 hanno accertato che molti caseifici del circuito della mozzarella D.O.P. utilizzavano latte proveniente da aree D.O.P. congelato e tenuto in deposito in apposite celle frigo industriali, al fine di far fronte alla maggiore richiesta di mozzarella nei mesi primaverili/estivi, in violazione del disciplinare di produzione che prevede l'uso di latte fresco entro 60 ore dalla mungitura; altro illecito era l'uso di cagliata di latte bufalino congelata e disidratata, importata in pani da 700/800 grammi dall'Est-Europa (Romania), al costo di 5,00 euro, con cui era possibile ottenere un Kg. di mozzarella a circa 4,50/5,00 euro (Fonte Coldiretti); i caseifici che utilizzavano la cagliata congelata ottenevano un prodotto finito impiegando 800/900 grammi di cagliata congelata al posto di 4 litri di latte di bufala, a costi particolarmente competitivi nella grande distribuzione, con concorrenza sleale nei confronti di omologhe aziende che lavoravano prodotti locali e imponendo, di fatto, un prezzo del latte basso agli allevatori onesti dell'area D.O.P., costretti a vendere il prodotto sottocosto (16).
  Dalle analisi dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mediterraneo si evince che è in corso di sviluppo un programma di ricerca finanziato dal Ministero della salute e condotto dalle Università di Foggia e di Napoli.
  Al di là dell'esito processuale di tali vicende è interessante osservare come la causa dell'illecito fenomeno sia da individuare nel basso costo della cagliata di importazione da differenti Paesi, variabile da un massimo di euro 2,90/kg a un minimo di 2,40/kg, comprensivo di trasporto. Ed è inspiegabile, tenuto conto del costo del latte, oltre che di quello legato alla spedizione a lunghe distanze a bordo di veicoli dotati di sistemi di refrigerazione, come tale semilavorato possa essere competitivo in termini economici, se si considera che per produrre un chilo di cagliata occorrono come minimo 12 litri di latte: l'unica ipotesi che sembra validamente sostenibile è quella che il prodotto sia ottenuto non con latte fresco, bensì in polvere. Solo con il ricorso a tali pratiche, non conformi al rispetto del disciplinare è possibile conseguire cospicui guadagni e porre fuori mercato i singoli produttori che intendano impiegare latte fresco di bufala.

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6.2 L'occultamento della patologia della brucellosi.

  Sul tema vanno ricordati i risultati dell'attività investigativa condotta dal Corpo Forestale dello Stato, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, tra la primavera e l'estate del 2013, che hanno portato al sequestro di 800 bufale nel corso della prima «Operazione bufale sicure» e di 1.112 capi nel corso della «Operazione bufale sicure 2», dopo la scoperta di un sistema illegale di mascheramento della brucellosi ai danni della salute pubblica. I controlli hanno evidenziato, infatti, che i capi di bestiame sequestrati erano stati sottoposti alla somministrazione di dosi massicce di vaccino, servito ad occultare la presenza della malattia infettiva durante i controlli sanitari.
  Tale «accorgimento» fraudolento era ovviamente finalizzato ad evitare l'abbattimento di ogni singolo animale infetto come, invece, previsto dal programma europeo di eradicazione della brucellosi. Conseguenza dell'espediente utilizzato dagli allevatori è stato il passaggio del batterio vivo della brucella dall'animale al latte prodotto, con rischio di contaminazione anche per il consumatore.
  Tale sistema criminale ha favorito la permanenza del batterio negli allevamenti e negli altri luoghi di lavorazione del latte infetto, con conseguente pericolo di contaminazione per gli operatori addetti alla manipolazione del latte prima della pastorizzazione.
  Da un'analisi più approfondita di oltre ottocento campioni di sangue è emerso, in particolare, che il vaccino era stato somministrato agli animali in età adulta, malgrado l'Unione Europea consenta – e solo in alcune zone del Sud Italia – la somministrazione di vaccino limitatamente alle bufale in età compresa tra i 6 e i 9 mesi e con il rispetto di protocolli gestiti dalle autorità sanitarie locali.
  In sostanza, gli allevatori incriminati non solo nascondevano la malattia infettiva eludendo i controlli messi in atto dalle autorità sanitarie nazionali ma, dopo aver sfruttato gli animali per ricavarne quanto più latte possibile, procedevano al loro abbattimento al solo scopo di percepire i contributi previsti dall'Unione Europea.
  Gli accertamenti eseguiti dal NAS di Napoli dal 2006 al 2010 hanno rivelato che i centri di raccolta del latte elaboravano documentazione falsa per consentire ad alcuni caseifici della provincia di Caserta di eludere le restrizioni sanitarie imposte per contrastare la diffusione della brucellosi e conferire latte infetto destinato al consumo umano o a caseifici del circuito D.O.P.
  In sede di controlli va ricordata la Delibera della Regione Campania n. 189/2011, avente ad oggetto «il piano triennale per il controllo della brucellosi bufalina in provincia di Caserta», per la vaccinazione dei capi bufalini femmine di età tra i sei e i nove mesi, con un richiamo a distanza di un mese con il vaccino RB51; alcuni allevatori, per non perdere la qualifica dell'allevamento di «indenne da brucellosi», con un drastico calo del valore del latte prodotto, non utilizzabile per la produzione di Mozzarella DOP, hanno illegalmente praticato la vaccinazione con il prodotto RB51 a capi bufalini in età superiore ai 9 mesi, creando pericolo per la salute pubblica a causa della trasmissibilità all'uomo del ceppo vaccinale.Pag. 29
  Per contrastare efficacemente le vaccinazioni illegali, è stato approntato nel luglio 2013 dal Ministero della Salute un piano di campionamento straordinario per determinare l'entità del fenomeno della vaccinazione non consentita negli allevamenti bufalini della provincia di Caserta, e verificare l'illecito impiego del vaccino RB51. È stato esaminato il patrimonio bovi-bufalino di 58 aziende, con prelievo ematico su 9.984 capi, le cui risultanze analitiche hanno evidenziato 402 positività complessive alla fissazione del complemento (FdC) con antigene specifico della brucella RB51, distribuite su 27 allevamenti, con il sequestro giudiziario degli animali positivi, il sequestro amministrativo/sanitario di n. 114 capi bufalini per irregolarità di identificazione e le ipotesi di reato di cui all'articolo 544-ter c.p. (maltrattamento di animali) e 650 c.p. (inosservanza di atto dell'autorità, in specie la Delibera di Giunta della Regione Campania n. 189 del 24/05/2011); sono state impartire le prescrizioni necessarie a tutelare gli aspetti connessi alla salute pubblica, da applicare sul patrimonio zootecnico degli allevamenti interessati e sul latte da destinare alla distruzione o idoneo trattamento termico in attesa della riqualifica sanitaria. Su un totale di 828 allevamenti bufalini presenti nella provincia di Caserta ne sono stati testati 424, da cui è emerso che in 38 strutture erano presenti capi positivi all'illecita vaccinazione con RB51; tra le 21 persone segnalate all'Autorità giudiziaria per diffusione di malattie infettive, vi erano responsabili di caseifici presso i quali veniva prodotta mozzarella di bufala con l'impiego parziale di latte vaccino e detenuto, ai fini dell'impiego nella produzione di mozzarella di bufala, latte con un'elevatissima carica batterica.

6.3 La violazione delle indicazioni geografiche tutelate e delle denominazioni d'origine.

  Altro fenomeno contraffattivo di particolare dannosità è rappresentato dalla messa in circolazione di confezioni di mozzarella che violano i marchi DOP o recano indicazioni false o fallaci sull'origine, richiamando in maniera evocativa i simboli italiani e la qualità tradizionale della mozzarella italiana, sfruttandone la qualità, l'apprezzamento e la notorietà commerciale, ma vendendola a prezzi ribassati.
  Si parla in tal caso di «agropirateria» (17).
  Questa tipologia di contraffazione mette fortemente a rischio l'economia delle imprese del settore agroalimentare italiano, ricco di prodotti di eccellenza e certificazioni di qualità. Vale ricordare che dei circa 1.200 prodotti registrati dall'Unione europea con marchi D.O.P., I.G.P. e S.T.G., ben 261 (158 D.O.P., 101 I.G.P. e 2 S.T.G.) sono di origine italiana, ovvero circa il 22 per cento dell'intera fetta del mercato europeo.

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  La violazione delle indicazioni geografiche tutelate e delle denominazioni d'origine è sanzionata penalmente dall'articolo 517-quater del codice penale, relativo alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni d'origine dei prodotti agroalimentari.
  Altro fenomeno frequente di contraffazione, essenzialmente all'estero, è rappresentato dalle pratiche del c.d. Italian sounding, con il quale si indicano le pratiche di produzione e commercializzazione di prodotti contenenti una falsa evocazione dell'italianità del prodotto, senza tuttavia realizzare una fraudolenta utilizzazione o falsificazione di segni distintivi di prodotti di aziende italiane o DOP, ma utilizzando nomi, simboli, colori, o attraverso l'imitazione di denominazioni geografiche o l'utilizzo di immagini ed etichette che evocano l'italianità dei luoghi di origine della materia prima, della ricetta, o del processo di produzione, e che sono idonei a far ritenere erroneamente ai consumatori un'origine italiana del prodotto.
  Mentre la contraffazione dei prodotti con violazione delle denominazioni d'origine o dei segni distintivi delle aziende produttrici costituisce un illecito penale, l'erronea evocazione dell'origine quasi mai è considerata tale in moltissimi Paesi, visto che al di fuori dell'Unione europea non trovano tutela nemmeno i prodotti agroalimentari riconosciuti quali DOP (denominazione d'origine protetta) o IGP (indicazione geografica protetta). Nel nostro ordinamento la legislazione penale ha inteso contrastare i più gravi casi di evocazione ingannevole, assimilandola al falso Made in Italy, con l'articolo 4 comma 49 e segg. della legge n. 350/2003 che sanziona non solo la falsa indicazione d'origine, ma anche la fallace indicazione, atta ad indurre il consumatore in errore, che il prodotto sia di origine italiana, anche qualora sia indicata l'origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, con l'uso di segni, figure, o quant'altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana.
  È indispensabile che il legislatore approfondisca, chiarendo, il concetto di frode e frodi con riguardo alla provenienza geografica.
  Sul punto si rinvia alla «Relazione su possibili proposte normative in materia penale in tema di contraffazione», approvata dalla Commissione il 4 agosto 2015.

6.4 L'impiego di terapie farmacologiche illecite.

  Le indagini eseguite dal NAS di Napoli dal 2006 al 2010, denominate «Somathos e Oro Bianco», coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, hanno permesso di riscontrare in 47 aziende zootecniche bufaline l'utilizzo sugli animali di ormoni della crescita vietati (somatotropina BOOSTIN-S), importati illegalmente dalla Corea e dalla Svizzera, per favorire l'aumento fraudolento della lattazione e un largo impiego di terapie farmacologiche, con uso di antibiotici e altri farmaci veterinari di provenienza illecita, senza rispettare i previsti tempi di sospensione; inoltre si verificava l'alterazione degli esiti delle profilassi ordinarie eseguite dalle locali A.S.L. che accertavano la diffusione della brucellosi, con la complicità dei veterinari, che effettuavano più prelievi ematici su animali sani per Pag. 31ottenere un numero di campioni di sangue corrispondente al numero totale dei bufali presenti in un determinato allevamento ed era accertato l'uso occulto di vaccini antibrucellari (RB5 l) di provenienza illecita, somministrati ai bufali con modalità illegali, al di fuori di un piano di profilassi regionale e senza rispettare i previsti tempi di sospensione, onde evitare la diffusione della brucellosi ed il conseguente abbattimento degli animali, come previsto dalla normativa vigente; altri illeciti riguardavano la sistematica falsificazione dei registri e dei documenti in dotazione agli allevatori.
  Le operazioni si concludevano con l'esecuzione di 20 ordinanze di custodia cautelare, 8 ordinanze di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, 3 ordinanze di divieto dell'esercizio della professione, la denuncia in stato di libertà di ulteriori 62 persone, il sequestro di 47 allevamenti di bufale, 11.891 capi bufalini, 2 caseifici, 460 confezioni di somatotropina e oltre 20.000 confezioni di medicinali ad uso umano e veterinario illegalmente detenute o importate.

6.5 Altri illeciti: l'utilizzo di latte diverso da quello di bufala e presenza nel latte di inquinanti.

  Un'altra modalità di frode consiste nell'utilizzo del latte vaccino al posto del latte di bufala.
  Al proposito si ricorda quanto affermato in Commissione dal Presidente di Confagricoltura Campania Michele Pannullo, il 15 luglio 2015, secondo il quale il fenomeno non è particolarmente allarmante, in quanto facilmente rilevabile e contrastabile con un efficace piano di controlli.
  Nell'audizione del Direttore dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno (IZSM) Antonio Limone del 29 luglio 2015, si è affermato che tale modalità di frode costituisce la fattispecie di più frequente applicazione, in quanto meno costoso e più disponibile sul mercato. Il metodo «Rilevazione di caseinato e di latte vaccini nei formaggi», ai sensi del Reg. (CE) 273/2008 del 5 marzo 2008, è idoneo a rivelare in modo accurato l'aggiunta di latte vaccino nella mozzarella di bufala, sino alla percentuale dell'1 per cento sul totale. I risultati dei campionamenti dimostrano comunque una percentuale bassa di campioni irregolari: il 2,3 su un totale di 175 campioni esaminati nel 2013, il 5,6 per cento su 215 nel 2014 e l'1 per cento su 94 nel primo semestre 2015. I campioni irregolari presentavano una presenza media del 5 per cento di latte bovino.
  L’impiego di latte in polvere è indagato attraverso la determinazione della furosina, molecola che si produce a seguito di procedimenti termini con l'impiego di tale preparato. Dalle analisi dell'IZSM è risultata una percentuale di campioni non conformi pari all'1,2 per cento.
  Altra irregolarità, rispetto a quanto previsto dal disciplinare di produzione, è l'eccesso di acqua; su 1.929 campioni ne sono risultati irregolari 22, nei limiti di un massimo di 2-3 punti percentuali.
  Circa la contaminazione del latte con sostanze inquinanti nel primo trimestre del 2008 i NAS accertavano la presenza di diossine e PCB (policlorobifenili) dovuta, presumibilmente, per le diossine alla Pag. 32combustione di materiale organico, spesso rifiuti, tossiche per l'uomo e per i PCB da composti chimici contenenti cloro utilizzati in passato nella sintesi di antiparassitari, erbicidi, preservanti del legno, vernici, solventi, disinfettanti, come plastificanti nella produzione di adesivi e come fluidi dielettrici nei condensatori e nei trasformatori elettrici, utilizzati per alcuni processi industriali.
  Il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, anche in relazione ad indagini disposte dall'Autorità Giudiziaria, ha elaborato, con la Commissione Europea, un piano di monitoraggio per le province di Avellino, Caserta, Napoli, Salerno e Benevento, curato dall'Istituto Zooprofilattico di Teramo, con la collaborazione dei NAS competenti per territorio. Nel gennaio 2013 il Comando CC per la Tutela della Salute eseguiva controlli presso 60 caseifici ubicati nella provincia di Caserta, che ha portato al riscontro di due casi di anomalia.

6.6 La tutela comunitaria legata alla DOP.

  La tutela della DOP costituisce una tutela efficace nell'ambito comunitario.
  I criteri di cui al decreto 21 luglio 1998 per l'utilizzo dei termini di designazione relativi al prodotto mozzarella di bufala campana DOP, peraltro, sono invocabili -trattandosi, come noto, di disposizioni non cogenti – soltanto in Italia, ma non sembrano essere in sintonia con la protezione di cui beneficia la DOP mozzarella di bufala campana sulla base dell'articolo 13 del Regolamento 1151 nella giurisprudenza della Corte e del nuovo articolo 42 del Regolamento citato. Tale norma rubricata «Varietà vegetale e razza animale» prevede che il Regolamento non impedisce la messa in commercio «di prodotti la cui etichettatura riporti un nome o un termine protetti o riservati nell'ambito di un regime di qualità descritto al titolo 2, al titolo 3 o al titolo 4, che contiene o comprende il nome di una varietà vegetale o di razza animale purché siano soddisfatte le condizioni seguenti: a) il prodotto in questione comprenda la varietà o la razza indicata oppure ne è derivato; b) i consumatori non siano indotti a errori; c) l'uso del nome della varietà o della razza rispetti le regole della concorrenza leale; d) l'uso non sfrutta la notorietà del termine protetto; e) nel caso del regime di qualità descritto al titolo II, la produzione e la commercializzazione del prodotto si siano diffuse al di fuori della zona di origine prima della data della domanda di registrazione dell'indicazione geografica».
  Tali tematiche sono state oggetto di particolare approfondimento nel corso dell'audizione con il Consorzio per la tutela della mozzarella di bufala campana DOP.
  Nei paesi extra UE, a meno che si tratti di paesi con i quali l'Unione abbia concluso accordi bilaterali per la protezione delle indicazioni geografiche (IG) con un ambito di protezione analogo a quello previsto dal Regolamento (UE) 1151/12 (es. Svizzera), l'azione finalizzata a tutelare e salvaguardare la DOP «Mozzarella di Bufala Campana» è ancora più difficile.Pag. 33
  Il Consorzio si è adoperato per assicurare in tali Paesi la protezione della denominazione «Mozzarella di Bufala Campana» attraverso la figura del marchio collettivo/di certificazione e intende agire per ottenere la registrazione della denominazione in seno all'Accordo di Lisbona per la protezione delle denominazioni d'origine e la loro registrazione internazionale, oltre a presentare, nei Paesi che hanno un sistema sui generis di protezione delle IG, la domanda di registrazione della denominazione «Mozzarella di Bufala Campana» oppure, nei Paesi privi di tale sistema, la domanda di registrazione della denominazione come marchio collettivo/di certificazione (ad es. in Brasile, Russia, India e Cina). Altro strumento da attivare è la presentazione della domanda d'intervento delle autorità doganali ai sensi del Regolamento (CE) 1383/03 con riferimento alla DOP «Mozzarella di Bufala Campana» ed al marchio collettivo utilizzato come segno distintivo del prodotto conforme al disciplinare.
  Tra le iniziative ricordate dal Consorzio vi è stata l'azione nei confronti di un operatore svizzero che commercializzava sul territorio della Confederazione un formaggio fresco a pasta filata contenente latte di bufala e il 20 per cento di latte di mucca, con un'etichettatura caratterizzata dalla designazione «Mozzarella di bufala», l'immagine di una testa di bufala, l'uso dei colori della bandiera italiana. A seguito dell'intervento del Consorzio, in base alla protezione garantita sul territorio svizzero alla DOP «Mozzarella di Bufala Campana» in virtù dell'accordo tra l'Unione europea e la Confederazione svizzera relativo alla protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei prodotti agricoli e alimentari, entrato in vigore il lo dicembre 2011, dal tenore analogo a quella prevista dall'articolo 13 del Regolamento (UE) 1151/12, l'operatore si impegnava a modificare la denominazione del prodotto in questione, in modo tale da utilizzare una etichettatura non più suscettibile di ledere la DOP «Mozzarella di Bufala Campana» e di ingannare i consumatori.

7. CONCLUSIONI E PROPOSTE

  Sulla base degli approfondimenti sviluppati nel corso dell'inchiesta si propongono pertanto alcune linee di intervento.
  L'analisi proposta in questa Relazione orienta la riflessione sulle criticità del sistema produttivo, sia a livello macro che di dettaglio, che non trova adeguata risposta nell'attuale assetto normativo di riferimento.
  Se l'obiettivo è quello di preservare l'eccellenza della mozzarella, è dunque necessario definire un'adeguata architettura di base del sistema pubblico di supporto alle attività di allevamento, produzione e commercializzazione, secondo i seguenti filoni di intervento.

7.1 Soluzioni relative al carattere di stagionalità della mozzarella di bufala.

  La mozzarella è un alimento richiesto si tutto l'anno, ma con picchi costanti nei mesi estivi, mentre è nei mesi invernali che si concentra la produzione di latte.
  Il disciplinare della mozzarella di bufala campana DOP esclude l'impiego di latte congelato, utilizzato, pertanto, per produrre prodotti diversi, come la ricotta, a prezzi notevolmente contenuti.Pag. 34
  Il fabbisogno di latte nei mesi estivi legato alla richiesta straordinaria di mozzarella, non può non spingere i produttori, se si vogliono esaminare i problemi nel loro reale manifestarsi, stante il vincolo imposto dalle norme, a rifornirsi della materia prima anche attraverso forme illecite, importando latte o cagliate dall'estero, a prezzi irrisori, o utilizzando latte congelato durante l'inverno.
  Potrebbe, allora, essere consentita un'appropriata politica di destagionalizzazione della lattazione delle bufale, onde aumentare la produzione di latte di bufala nel periodo di maggiore domanda del mercato e non avere (o limitarle al massimo) eccedenze invernali da congelare.
  Va osservato che la destagionalizzazione comporta maggiori costi di produzione, che non sono in nessun modo ripagati dal prezzo del latte, pur con i prezzi differenziati tra periodo estivo e invernale.
  Sarebbe opportuno che sia sviluppato e portato a conclusione il dibattito già in atto tra gli operatori del settore e le Istituzioni, relativo a modifiche del disciplinare di preparazione della mozzarella di bufala, ed, in particolare, del vincolo delle 60 ore dalla mungitura per l'impiego del latte bufalino ai fini della preparazione della mozzarella (18).
  Il tema è controverso, in quanto da parte di altri stakeholders è stata espressa in audizione contrarietà all'ipotesi dell'abolizione del vincolo delle 60 ore (19).
  Va ricordato, viceversa, che nel corso dell'audizione del Presidente del Consorzio Tutela Mozzarella di Bufala campana DOP Domenico, il 16 luglio 2015, la Commissione è stata informata di proposte di modifica del disciplinare formulate dal Consorzio al MIPAAF, per destinare prodotto già trasformato e surgelato al canale HORECA (Hotel, Restaurant, Café), onde evitare il ricarico dei costi di trasporto per esercenti operanti lontani dai luoghi di produzione, non potendosi fare magazzino con prodotti freschi. In tal caso l'effetto delle 60 ore scomparirebbe automaticamente, perché tutto il latte che entra nell'azienda sarebbe trasformato e parte del prodotto surgelato.

7.2 La piena applicazione dei sistemi di tracciabilità.

  Da quanto emerso nell'inchiesta occorre migliorare, rendendo effettiva ed assoluta, la performance della tracciabilità, passando dalle forme volontarie a quelle obbligatorie e prevedendo adeguate sanzioni fin da subito. Pochi ancora sono gli incroci dei dati con le forze di

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polizia per le conseguenti attività di verifica e di controllo indispensabili ai fini di un corretto sistema premiale/sanzionatorio.
  Prezioso sembra il know how che l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, con sede centrale in Portici, ha reso disponibile per la gestione della piattaforma informatica dei dati. L'Istituto è un Ente sanitario di diritto pubblico che opera nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale, in materia di Igiene e sanità Pubblica Veterinaria, quale strumento tecnico-scientifico dello Stato e delle Regioni Campania e Calabria e rappresenta quindi l'unico affidabile supporto all'applicazione del sistema della tracciabilità.
  Sul tema vale richiamare quanto proposto alla Commissione il 15 luglio 2015 Campania nel corso dell'audizione di Confagricoltura campana, che al fine di garantire la piena tracciabilità del latte bufalino, ha ipotizzato una eventuale riduzione del termine per l'adeguamento a quanto previsto in merito dal decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 9 settembre 2014.
  Occorre, in altri termini, garantire agli operatori del settore e alle Istituzioni chiamate ad effettuare i controlli, l'immediata conoscenza del numero dei caseifici operanti in regime di DOP, del numero degli allevatori aderenti, di quanta produzione di latte bufalino sia stata già tracciata e quanta nell'area DOP, onde determinare con sicurezza, sulla scorta di dati inconfutabili, la reale capacità produttiva del settore.
  Andrebbe inoltre potenziata la Piattaforma Informatizzata, acquisendo tutti i dati in possesso degli stakeholders che partecipano del più ampio e complessivo sistema di produzione, diffusione e degustazione del prodotto.

7.3 L'educazione del consumatore.

  Un altro filone sul quale gioverà impegnarsi è rappresentato da un crescente coinvolgimento dei consumatori nella difesa della qualità dell'italianità del prodotto.
  È necessaria una maggiore informazione sui rischi per la salute o anche solo della perdita di valori nutrizionali conseguenti all'impiego di latte o cagliata non in possesso dei requisiti richiesti dalla legge per il confezionamento della mozzarella, derivante da fenomeni di contraffazione e di frode alimentare.
  Occorre, in altri termini, migliorare la percezione del gusto da parte dei consumatori, promuovendo nel mondo, attraverso campagne di comunicazione, la qualità e le caratteristiche della Mozzarella di Bufala Campana DOP.
  Consumatori avveduti e consapevoli possono rappresentare i migliori garanti dell'esigenza di comprare una mozzarella di bufala campana DOP in possesso di tutte le sue caratteristiche organolettiche, che la rendono alimento vincente, irripetibile ed unico, favorendo una sana concorrenza nel mercato, che deve avvenire con piena trasparenza e nel rispetto delle norme.
  A tal fine una misura concreta potrebbe essere quella di istituire un Osservatorio sulla Mozzarella di Bufala Campana DOP, avente Pag. 36funzioni di promozione, controllo e monitoraggio del «fenomeno» mozzarella di bufala.

7.4 L'indicazione nell'etichettatura degli ingredienti utilizzati.

  Sul piano della trasparenza e della tracciabilità, la commercializzazione di formaggi freschi a pasta filata senza l'indicazione in etichetta degli ingredienti favorisce la produzione di mozzarelle che nulla hanno a che fare con le caratteristiche tipiche di tale prodotto, sia esso DOP o non DOP.
  Andrebbe perciò indicata tra gli ingredienti la cagliata utilizzata per la produzione di mozzarella, in modo da configurare un’etichetta trasparente per il consumatore, che dovrebbe essere messo in condizione di scegliere e non dovrebbe trovare sempre e solo un'etichetta generica che indichi «latte, sale e caglio». La ricaduta sui prodotti DOP sarebbe indiretta ma molto utile, particolarmente per gli allevatori italiani visto che il latte italiano è in competizione legale sul mercato (non illegalmente come per il prodotto DOP) con il latte fresco, congelato, in polvere, disidratato, già cagliato, semilavorato ecc. proveniente da tutto il mondo, a prezzi realmente irrisori.
  Sul tema in oggetto nell'audizione del Consorzio citata si è evidenziata la presenza sul mercato dell'Unione europea di diversi formaggi freschi a pasta filata ottenuti da latte di bufala la cui etichettatura è suscettibile di evocare, presso il consumatore, la DOP «Mozzarella di Bufala Campana», tale da rendere necessaria una costante azione di monitoraggio, che riguarderà anche il settore delle collettività.

7.5 La tutela delle denominazioni d'origine e delle indicazioni di provenienza geografica.

  La continua messa in circolazione di confezioni di mozzarella con indicazioni false o fallaci sull'origine, che violano i marchi ovvero evocano una erronea origine (c.d. Italian sounding), richiamando i simboli italiani e la qualità tradizionale della mozzarella, venduta a prezzi eccessivamente ribassati, non solo lede l'immagine del nostro Paese, ma causa danni economici rilevanti ai produttori che operano onestamente.
  È indispensabile in sede di tutela penale operare una razionalizzazione dell'apparato sanzionatorio, anche nel senso di prevedere sanzioni interdittive delle autorizzazioni all'esercizio dell'attività impresa per le aziende che operano illegalmente, ampliando anche le misure di carattere preventivo, secondo le linee indicate nella Relazione su possibili proposte normative in materia penale in tema di contraffazione«, approvata dalla Commissione il 4 agosto 2015, cui si rinvia.

7.6 Il sistema dei controlli.

  Elementi di perplessità riguardano, altresì, la stessa efficacia dei sistemi di controllo, poiché in questa filiera, ove si applica il sistema Pag. 37dell'autocontrollo previsto dal 2006 per le aziende alimentari dal Reg. 852/04/CE, esteso anche alla produzione primaria (mungitura, coltivazione di vegetali, ecc.), si profila una situazione di conflitto di interesse dato che l'ente preposto al controllo, soggetto privato o pubblico autorizzato dal MIPAAF ad espletare il controllo sulla STG «Mozzarella», viene individuato e pagato dall'azienda controllata.
  Va ricordato (20) che dal 2006 al 2010, a seguito di indagini delegate dall'Autorità Giudiziaria ai NAS presso il Consorzio di Tutela del Formaggio Mozzarella di Bufala Campana D.O.P. è stata accertata l'assenza dei previsti controlli sugli associati o l'inattendibilità delle verifiche eseguite e la mancata segnalazione alle competenti autorità degli esiti accertati di pratiche illecite di produzione adottate da molti associati. Tra il 2007 ed il 2009 i due Direttori pro-tempore avvicendatisi nella gestione del Consorzio furono segnalati all'Autorità Giudiziaria.
  Il sistema di controllo più efficace deve prevedere la redazione di un «Piano di Valutazione e Controllo», gestito dall'Autorità ad esso preposta, con dimensioni, indicatori e variabili e strumenti di rilevazione specificamente determinati e costruiti.
  La successione di normativa che ha prima introdotto il principio della separazione degli stabilimenti per poi abrogarlo, adottando la sola separazione dei locali e la tracciabilità delle lavorazioni, ha suscitato perplessità.

7.7 La scelta di un modello di sviluppo per il settore.

  In conclusione, e a prescindere dalle misure concrete sopra indicate, occorre definire la direzione verso la quale orientare la «dimensione» produttiva e qualitativa delle aziende del settore.
  Al fine di garantire l'eccellenza della mozzarella di bufala campana, occorre, infatti:
   a) preservarne il carattere di artigianalità. Siamo al cospetto di una importante filiera produttiva, che vale centinaia di milioni di euro di fatturato, che va alimentata e curata, proprio in rapporto alla sua natura di prodotto DOP, e non solo in chiave meramente industriale. È proprio l’artigianalità che ha portato al riconoscimento europeo di questo prodotto, motivazione per la quale devono essere protette la tradizione e la riconoscibilità territoriale, la storia dei luoghi, la sapienza dei casari, come quella degli allevatori.

  Da questo punto di vista, i problemi di rapporti entro la filiera della mozzarella sono duplici:
   • da un lato vi è il rapporto tra caseifici industriali e caseifici artigianali, ove spesso i primi riescono a vendere la mozzarella di bufala campana a prezzi con i quali il piccolo caseificio artigianale non può neanche ripagare il costo del latte necessario per produrla.

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Questo comporta naturalmente la chiusura di tanti piccoli opifici artigianali, che sono quelli che, generalmente, pagano meglio il latte al produttore e creano concorrenza sul mercato del latte; produttori artigianali e allevatori rispecchiano le tradizioni locali e rappresentano piccoli indotti determinanti per i livelli occupazionali, particolarmente in un territorio difficile come quello campano;
   • dall'altro lato vi è un problema di equilibrio tra produzione casearia e allevatori, ove la mancanza di una giusta remunerazione per gli allevatori costituisce un problema che rischia di spiazzare la produzione italiana di latte e di favorire l'ingresso massiccio di latte importato perché comprato a basso costo, senza considerazione per la qualità del prodotto e l'impatto sull'economia agricola del nostro Paese.
   b) scegliere un modello di sviluppo razionale per la filiera della Mozzarella di Bufala Campana DOP, attraverso le misure adottate e quelle che ancora andranno assunte.

  La prospettiva e la sfida sono quelle di conciliare le esigenze di espansione della quantità prodotta, al fine di accedere ai ricchi mercati internazionali, con quelle di agevolare un'attività orientata alla qualità, proponendo un modello di territorio che si affaccia e si apprezza sui mercati internazionali per l'autenticità di un'agricoltura basata sul rapporto con il territorio ed è il frutto del lavoro generazionale dell'uomo che coltiva questa tradizione secolare.
  Tocca al legislatore integrare questi due modelli, garantendo, attraverso una assoluta tracciabilità, l'utile d'impresa a quegli allevatori dell'area DOP senza i quali si perderebbe, irreparabilmente, la specificità di un prodotto che potrebbe, altrimenti, essere realizzato, domani, indifferentemente a Cleveland, a Pechino o a Bangkok.

   (1) Sono stati auditi nella prima fase dei lavori della Commissione: l'11-09-2014 il Ministro per lo sviluppo economico, Federica Guidi; il 17-09-2014 il Presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti; il 25-09-2014 il Vicepresidente di Confindustria con delega per il settore della lotta alla contraffazione, Lisa Ferrarini; il 9-10-2014 il Presidente del CNA, Daniele Vaccarino; il 16-10-2014 il Comandante Generale della Guardia di Finanza, Saverio Capolupo; il 23-10-2014 il Presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo; il 29-10-2014 il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina; il 6-11-2014 il Sottosegretario del Ministero dello sviluppo economico, Simona Vicari; il 13-11-2014 il Presidente di Agrinsieme, Mario Guidi; il 27-11-2014 il Presidente dell'Autorità Garante della concorrenza e del mercato (AGCM), Giovanni Pitruzzella; il 4-12-2014 il Presidente di Confcommercio nazionale, Carlo Sangalli; il 25 marzo 2015 il Direttore Generale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Giuseppe Peleggi.

   (2) Dati tratti dalla rivista specializzata Il Lattenews.it.

   (3) Dati forniti di CLAL.it, Società di Consulenza che opera ed eroga servizi nel comparto agro-alimentare, su fonte Symphony Iri.

   (4) V. dichiarazioni del Vicepresidente di Coldiretti Puglia, Alfonso Cavallo, dell'8 settembre 2015. Sulla stampa, v., da ultimo, gli articoli apparsi sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 15 settembre 2015, intitolato «Latte pugliese e affini, il pericolo viene dall'Est» e su La Repubblica, sezione «ambiente», dell'8 settembre 2015, intitolato «Allarme di Coldiretti: “Di questo passo, tra 33 anni l'agricoltura scomparirà”».

   (5) V. La Repubblica, sezione «ambiente», dell'8 settembre 2015, intitolato «Allarme di Coldiretti: “Di questo passo, tra 33 anni l'agricoltura scomparirà”».

   (6) V. Coldiretti Puglia, 8 settembre 2015, dichiarazioni di Angelo Corsetti, direttore di Coldiretti Puglia.

   (7) V. Comunicato stampa sul Sito Coldiretti in http://www.coldiretti.it/News/Pagine/617---7-Settembre-2015.aspx.

   (8) Sul punto v. audizione del 16 luglio del Presidente del Consorzio per la tutela della mozzarella di bufala DOP Raimondo Domenico.

   (9) A seguito delle modifiche introdotte dal Decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali dell'11 febbraio 2008 l'ambito territoriale di produzione della mozzarella di bufala è così delimitato: nella Regione Campania, per la Provincia di Benevento i comuni di Limatola, Dugenta, Amorosi; per la Provincia di Caserta l'intero territorio, per la Provincia di Napoli i comuni di Acerra, Giugliano in Campania, Pozzuoli, Qualiano, Arzano, Cardito, Frattamaggiore, Frattaminore, Mugnano di Napoli, per la Provincia di Salerno l'intero territorio; nella Regione Lazio, per la Provincia di Frosinone i comuni di Amaseno, Giuliano di Roma, Villa S. Stefano, Castro dei Volsci, Pofi, Ceccano, Frosinone, Ferentino, Morolo, Alatri, Castrocielo, Ceprano, Roccasecca, per la Provincia di Latina i comuni di Cisterna di Latina, Fondi, Lenola, Latina, Maenza, Minturno, Monte S. Biagio, Pontinia, Priverno, Prossedi, Roccagorga, Roccasecca dei Volsci, Sabaudia, S. Felice Circeo, Sermoneta, Sezze, Sonnino, Sperlonga, Terracina, Aprilia, per la Provincia di Roma i comuni di Anzio, Ardea, Nettuno, Pomezia, Roma, Monterotondo; nella Regione Puglia, per la Provincia di Foggia: i comuni di Manfredonia, Lesina e Poggio Imperiale e parte del territorio dei comuni di Cerignola, Foggia, Lucera, Torremaggiore, Apricena, Sannicandro Garganico, Cagnano Varano, San Giovanni Rotondo, San Marco in Lamis; nella Regione Molise, per la Provincia di Isernia il comune di Venafro.

   (10) Regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, Domanda di modifica a norma dell'articolo 9 e dell'articolo 17, paragrafo 2 «Mozzarella di Bufala Campana» n. CE: IT/PDO/117/0014/20.09.2002.

   (11) Le audizioni del Comandante Generale del Corpo Forestale dello Stato del 15/7/2015 e del Commissario dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno del 29/7/2015, evidenziano che una delle frodi più frequenti nella produzione di mozzarella anche Dop è costituita proprio dall'aggiunta al latte, sia bufalino che bovino, di percentuali di caseina e caseinati o di cagliate congelate, compromettendo genuinità e qualità del prodotto a danno dei consumatori e con evidenti effetti distorsivi sul mercato.

   (12) Questa misura compariva già nella Risoluzione n. 8/00029 della Commissione Agricoltura della Camera dei deputati (Bollettino n. 131 del 03/02/08), recependo un'indicazione giunta dalle forze dell'ordine nel corso di una indagine conoscitiva promossa dalla Commissione Agricoltura della Camera dei deputati nella XVI legislatura, a seguito di indagini svolte da diverse Procure della Repubblica su irregolarità relative al Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana.

   (13) Il decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali del 9 settembre 2014, recante Modalità per l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 4 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, recante «Misure per la sicurezza alimentare e la produzione della Mozzarella di Bufala Campana DOP», che ha abrogato il decreto ministeriale 10 aprile 2013, ha precisato che la separazione fisica deve riguardare esclusivamente gli impianti di stoccaggio, di movimentazione, di lavorazione del latte e di confezionamento dei prodotti. Soltanto per le imprese che lavorano tipi di latte differente è previsto l'obbligo di inviare al competente ufficio territoriale ICQRF e all'organismo di controllo incaricato, la planimetria dello stabilimento con l'indicazione delle differenti linee di produzione, dei serbatoi, compresi quelli mobili, degli impianti e delle condutture dedicati alla produzione di mozzarella di bufala campana DOP. L'adeguamento degli impianti alle prescrizioni contenute nel decreto deve avvenire entro 14 mesi dalla sua entrata in vigore.

   (14) V. audizione del Presidente di Confagricoltura Campania, Pannullo, il 15 luglio 2015.

   (15) V. audizione del generale Vincelli, Capo del Comando Carabinieri per la Tutela della Salute, il 29 luglio 2015.

   (16) Un litro di latte di bufala genuino ha un costo di 1,40/1,50 euro in estate e di 0,90 /1,00 euro circa in inverno. Un Kg. di mozzarella di bufala genuina costa circa 8,00 euro al produttore (Fonte Coldiretti, citata nell'audizione del Capo del reparto dei NAS Vincelli il 29 luglio 2015).

   (17) Si veda la classificazione in tema di illeciti nel settore agroalimentare recata nel Rapporto IPERICO 2014 Lotta alla contraffazione in Italia nel settore agroalimentare.

   (18) Si vedano gli interventi all'Assemblea generale del Consorzio della Mozzarella di Bufala Campana DOP, svoltasi il 24 giugno 2015, sulla necessità di modificare il disciplinare nel senso di abolire il vincolo dell'impiego di latte entro le 60 ore dalla mungitura, che impedisce l'uso di latte congelato (v. http://www.scattidigusto.it/wp-content/uploads/2015/06/Comunicato-stampa-assemblea-generale-consorzio-mozzarella-bufala-Dop-giugno-2015.pdf) e le notizie tratte dal sito di Agronotizie (http://agronotizie.imagelinenetwork.com/zootecnia/2015/06/25/mozzarella-di-bufala-campana-dop-via-libera-all-uso-del-latte-congelato/44663) circa proposte del Consorzio alla Regione Campania per modifiche al disciplinare.

   (19) V. sul punto audizione del Direttore di Confagricoltura Campania, Pannullo, il 15 luglio 2015.

   (20) V. audizione del Capo dei NAS, Vincelli, svolta il 29 luglio 2015.