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Temi dell'attività parlamentare

Il dibattito avviato all'inizio della legislatura
informazioni aggiornate a giovedì, 15 febbraio 2018

Le relazioni dei Gruppi di lavoro istituiti dal Presidente della Repubblica in materia economico-sociale ed europea e sui temi istituzionali

Un mese dopo la seduta iniziale della legislatura, che si è tenuta il 15 marzo 2013, i membri dei Gruppi di lavoro in materia economico-sociale ed europea e sui temi istituzionali, istituiti dall'allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il 30 marzo 2013, hanno consegnato al Capo dello Stato le relazioni conclusive (12 aprile 2013).

Nella relazione del gruppo di lavoro in materia istituzionale si proponeva che la revisione costituzionale si compiesse "attraverso una Commissione redigente mista costituita, su base proporzionale, da parlamentari e non parlamentari. La Commissione può avviare immediatamente il proprio lavoro (che dovrebbe durare pochi mesi) sulla base di documenti parlamentari che indichino i punti oggetto di revisione (la Commissione Bozzi fu istituita con una risoluzione alla Camera dei Deputati e un ordine del giorno al Senato). Contestualmente alla presentazione delle mozioni dovrebbe essere presentata una legge costituzionale per formalizzare il lavoro della Commissione".

Per quanto riguarda la riforma della legge elettorale, il gruppo di studio non aveva avanzato una proposta specifica, salvo quella eliminare la circoscrizione estero, prevedendo il voto per corrispondenza, assicurandone la personalità e la segretezza, e si è limitato a sottolineare che, in ogni caso, la legge attuale va superata e che la definizione della nuova legge è legata a quella della forma di governo: in caso di scelta da parte del Parlamento, come il gruppo di lavoro propone, per una forma di governo parlamentare razionalizzata, "le soluzioni possono essere più d'una, purché garantiscano la scelta degli eletti da parte dei cittadini e favoriscano la costituzione di una maggioranza di governo attraverso il voto."

 

L'attività parlamentare di indirizzo

Il 29 maggio 2013 l'Assemblea della Camera e quella del Senato hanno approvato le mozioni concernenti l'avvio del percorso delle riforme costituzionali presentate dai Gruppi di maggioranza e da altri Gruppi.

Si trattava della mozione n. 1-56, presentata dai capigruppo della maggioranza della Camera on. Speranza, Brunetta, Dellai, e dal Presidente del Gruppo misto on. Pisicchio (441 voti favorevoli e 138 voti contrari) e la mozione n. 1-47 a firma dei sen. Zanda, Schifani, Susta, Ferrara Mario, Zeller, Finocchiaro, Bruno, Martini, Esposito Giuseppe, votata al Senato (224 voti favorevoli e 61 contrari).

Le due mozioni, dal contenuto identico, impegnavano il Governo a presentare alle Camere, entro giugno 2013, un disegno di legge costituzionale di istituzione di una procedura straordinaria per l'approvazione delle riforme costituzionali in deroga a quella ordinaria di cui all'art. 138 Cost., articolata come segue:

  • istituzione di un Comitato bicamerale, composto da venti senatori e venti deputati, nominati dai rispettivi Presidenti, su designazione dei gruppi parlamentari, tra i componenti delle Commissioni affari costituzionali, della Camera e del Senato, e presieduto congiuntamente dai Presidenti delle predette Commissioni; la composizione del Comitato deve garantire la presenza di tutti i gruppi parlamentari e deve rispecchiare la proporzione tra i gruppi, tenendo conto non solo della loro rappresentanza parlamentare, ma anche dei voti conseguiti alle elezioni politiche;
  • conferimento al Comitato dei poteri referenti per l'esame dei progetti di legge di revisione costituzionale dei Titoli I, II, III e V della parte seconda della Costituzione, afferenti alla forma di Stato, alla forma di Governo e all'assetto bicamerale del Parlamento, nonché, coerentemente con le disposizioni costituzionali, di riforma dei sistemi elettorali;
  • successivo esame da parte delle Assemblee di Camera e Senato, secondo intese raggiunte fra i due Presidenti, dei progetti di legge approvati dal Comitato bicamerale;
  • conclusione dell'esame parlamentare dei disegni di legge di riforma entro 18 mesi dall'avvio, fermo restando il diritto di ciascun senatore e deputato, anche se non componente del Comitato o componente del Governo, di presentare emendamenti;
  • garanzia della facoltà di sottoporre, a prescindere dalla maggioranza con la quale le riforme saranno approvate,  il disegno di legge (o i disegni di legge) di revisione costituzionale, ad uno o più referendum confermativi popolari.

 

Per quanto riguarda il contenuto delle riforme, le due mozioni richiamavano le questioni irrisolte ricordate dal Presidente del Consiglio nel suo discorso programmatico, ossia, la forma di Stato, la forma di Governo, il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari e la riforma del sistema elettorale, la quale – secondo le mozioni – dovrà essere coerente e contestuale con il complessivo processo di riforma costituzionale.

Le Camere avevano approvato anche due mozioni della Lega Nord: alla Camera la n. 1-55 on. Giancarlo Giorgetti, al Senato, n. 1-31 sen. Calderoli e due atti presentati dai rappresentanti delle Autonomie: la risoluzione 6-11on. Alfreider alla Camera e la mozione 1-44 sen. Zeller al Senato.

Era stata invece respinta la mozione n. 1-53 on. Giachetti, finalizzata all'approvazione in tempi rapidi da parte del Parlamento di una riforma della legge elettorale volta a ripristinare il sistema misto previgente quello attuale.

Respinte alla Camera anche le mozioni n. 1-54 on. Migliore, n. 1-57 on. Dadone e n. 1-59 on. Giorgia Meloni, nonché la risoluzione n. 6-12 on Nuti. Il Senato ha respinto le mozioni n. 1-46 sen. Crimi e n. 1-48 sen. De Petris.

 

La relazione della Commissione per le riforme costituzionali trasmessa alle Camere il 18 settembre 2013

Le mozioni approvate dalle Camere il 29 maggio 2013 hanno preso atto dell'intendimento del Governo di avvalersi di una Commissione di esperti per l'approfondimento delle diverse ipotesi di revisione costituzionale e dei connessi profili inerenti al sistema elettorale e di estendere il dibattito sulle riforme alle diverse componenti della società civile, anche attraverso il ricorso a una procedura di consultazione pubblica.

La Commissione, istituita dal Presidente del Consiglio con decreto 11 giugno 2013, denominata Commissione per le riforme costituzionali, ha concluso i lavori con una relazione finale trasmessa alle Camere il 18 settembre 2013.

Il 15 ottobre 2013 il Ministro per le riforme costituzionali ha svolto alla Camera e al Senato un'informativa sulla relazione della Commissione.

I temi della relazione sono di seguito sintetizzati.

 

Parlamento
La Commissione si è espressa all'unanimità per il superamento del bicameralismo paritario, ma anche l'ipotesi del monocameralismo, con la costituzionalizzazione del sistema delle Conferenze Stato-Regioni-Enti Locali, ha raccolto manifestazioni di interesse.
L'ipotesi bicamerale attribuisce al Senato, da eleggere indirettamente secondo l'opinione prevalente, la rappresentanza degli enti territoriali (regioni e comuni) e alla Camera il rapporto fiduciario e l'indirizzo politico; però entrambe le Camere votano le leggi nelle forme previste dalla Costituzione, controllano l'azione del governo e valutano le politiche pubbliche, con una prevalenza della Camera nell'esercizio della funzione legislativa e del Senato nell'esercizio delle funzioni di controllo, in particolare per la valutazione delle politiche pubbliche. Quest'ultimo assorbirebbe a livello normativo le competenze dell'attuale sistema delle Conferenze e sarebbe soppressa la Commissione per le questioni regionali.
Per la riduzione del numero dei deputati si considera la proposta del Rapporto redatto dal Gruppo di lavoro sui temi istituzionali istituito dal Presidente della Repubblica di un deputato ogni 125.000 abitanti, per un totale di 480 deputati senza escludere criteri più restrittivi. Per i senatori si considera un numero non inferiore a 150 né superiore ai 200.
 
Procedimento legislativo
Il procedimento legislativo è necessariamente bicamerale per alcune categorie di leggi, mentre per le altre l'esame del Senato è subordinato ad espresso richiamo da parte di quest'ultimo.
Il procedimento necessariamente bicamerale, che inizia indifferentemente presso l'una o l'altra Camera, è previsto per:
  • le leggi costituzionali e di revisione costituzionale cui si applicherebbe l'attuale art. 138 Cost., salvo verificare l'introduzione di un referendum confermativo;
  • le leggi sull'ordinamento e sulle funzioni di regioni e autonomie locali nonché i loro rapporti con lo Stato che non coinvolgano il rapporto fiduciario tra Parlamento e Governo, da indicare specificamente in Costituzione.
Il procedimento monocamerale è previsto sulle leggi organiche, che dovrebbero essere previste da riserve costituzionali di legge organica, in materie di diretta attuazione costituzionale, di competenza della sola Camera che dovrebbe approvarle a maggioranza assoluta.
Su tale soluzione la Commissione non ha registrato unanimità di consensi e la relazione lascia aperta la possibilità di prevedere per tale categoria di leggi la facoltà di richiamo da parte del Senato. In caso di tale opzione, il procedimento bicamerale riguarderebbe le leggi organiche e le leggi ordinarie, categoria individuata in via residuale, condizionatamente al richiamo del Senato, deliberato da una minoranza qualificata e da esercitare in un termine decadenziale. In quest'ultima ipotesi, la legge è approvata in via definitiva:
  • dal Senato, se non modifica la legge;
  • dalla Camera, se ritiene di approvarla pur respinta dal Senato;
  • dalla Camera, deliberando in via definitiva sulle modifiche del Senato.
Nel sistema delle fonti, la relazione tra le leggi organiche e le leggi bicamerali su regioni ed enti locali sarebbe regolata dal principio di separazione delle competenze; le stesse leggi organiche sarebbero sovraordinate alle leggi ordinarie.
  • rivedere, nell'ambito della competenza esclusiva statale, alcune materie considerate trasversali in quanto incidono considerevolmente sulle competenze regionali;
  • ridurre le materie di competenza concorrente o, secondo un altro orientamento, semplificare il riparto della competenza legislativa, superando quella concorrente. Entrambe le posizioni considerano l'opportunità di una clausola di salvaguardia statale;
  • rendere più flessibile la distribuzione delle competenze prevedendo la possibilità di conferimento o di delega, con legge bicamerale, dell'esercizio di competenze
Il Presidente della Repubblica - eletto dal Parlamento in seduta comune con la maggioranza dei due terzi nelle prime due votazioni e con la maggioranza assoluta nella terza - nomina il Presidente del Consiglio e questi propone al Capo dello Stato la nomina e la revoca dei Ministri. Lo stesso Presidente del Consiglio può essere sfiduciato solo con una mozione di sfiducia costruttiva sottoscritta da un quinto dei componenti della Camera e approvata con la maggioranza assoluta e una procedura analoga dovrebbe essere seguita quando il Presidente del Consiglio pone la questione di fiducia su un provvedimento e non la ottiene.
In ogni caso la relazione avverte dell'esigenza di porre rimedio alle disfunzioni della vita dei partiti con interventi di legge ordinaria nelle materie di contorno alla legislazione elettorale e con interventi sui regolamenti parlamentari.
 
Sistema elettorale
In questa materia la relazione prospetta lo stretto legame con le scelte in tema di forma di governo e quindi evidenzia le soluzioni ritenute preferibili nel caso di scelta semipresidenziale (sistema elettorale a doppio turno di collegio) o parlamentare razionalizzata (compatibile con vari sistemi, come quelli tedesco e spagnolo, quello della in cui l'iniziativa popolare si articola in un progetto di legge sul quale si apre un procedimento in cui interviene la Corte costituzionale con funzioni di verifica e il Parlamento con funzione deliberativa che può portare al voto popolare.
Per il referendum abrogativo si propongono modifiche per il quorum di validità e per anticipare il vaglio di ammissibilità della Corte costituzionale.
L'istituto della petizione dovrebbe essere potenziato e l'esercizio della potestà normativa secondaria dovrebbe essere condizionato ad adempimenti che consentano agli interessati di formulare le loro osservazioni.

 

 

Il Comitato parlamentare per le riforme previsto dal d.d.l. esaminato all'inizio della legislatura

In attuazione degli indirizzi parlamentari espressi con le mozioni del 29 maggio 2013, il Governo pro tempore ha presentato un disegno di legge costituzionale al Senato, che ne ha avviato l'esame l'11 giugno (A.S. 813). Al disegno di legge del Governo era stata abbinata una proposta di legge di iniziativa parlamentare volta ad istituire una Commissione parlamentare per le riforme costituzionali (A.S. 343). Il 13 giugno l'Assemblea del Senato ha approvato la richiesta di dichiarazione d'urgenza del Governo sull'esame del disegno di legge che, ai sensi del'art. 77 del Regolamento, comporta la riduzione di tutti i termini alla metà.

L'11 luglio il disegno di legge è stato approvato, con modifiche, dal Senato e trasmesso alla Camera che ne ha avviato l'esame il 17 luglio e lo ha concluso con il voto favorevole dell'Assemblea il 10 settembre 2013 (A.C.1359). Il 23 ottobre il Senato ha approvato il provvedimento in seconda deliberazione, con 218 voti favorevoli, 58 contrari e 12 astensioni. L'iter parlamentare non si è poi concluso.

Il disegno di legge prevedeva l'istituzione di un Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali composto da 20 deputati e 20 senatori, nominati dai Presidenti delle Camere, tra i membri delle due Commissioni Affari costituzionali, in base a specifici criteri. Di esso facevano parte di diritto i Presidenti delle Commissioni Affari costituzionali della Camera e del Senato. Il Comitato, che entro 6 mesi dalla prima seduta, era tenuto a trasmettere ai Presidenti delle Camere i progetti di legge costituzionale esaminati, svolge una funzione istruttoria nei confronti delle Assemblee delle due Camere alle quali riferisce.

Sono necessarie due successive deliberazioni da parte di ciascuna Camera, a maggioranza assoluta in seconda votazione, sul medesimo testo, con intervallo non minore di quarantacinque giorni. I lavori parlamentari si concludono entro 18 mesi dall'entrata in vigore del provvedimento.

L'oggetto della revisione è costituito dai progetti di legge di revisione della Parte II della Costituzione, esclusi i titoli IV, dedicato alla magistratura, e VI, dedicato alle garanzie; l'attività del Comitato comprende anche la materia elettorale in via consequenziale all'attività di revisione costituzionale.

Può essere richiesto referendum confermativo anche in caso di approvazione, in entrambe le Camere, a maggioranza dei due terzi, dei testi di revisione. Il Comitato cessa con la pubblicazione delle riforme o per scioglimento delle Camere.

Anche i compiti e le modalità organizzative ricalcano quelli indicati dal Parlamento; in particolare, viene definita una precisa scansione temporale delle principali fasi dei lavori parlamentari relativi ai progetti di legge costituzionale in modo da assicurarne la conclusione entro 18 mesi dall'approvazione del disegno di legge.

Le relazioni dei Gruppi di lavoro istituiti dal Presidente della Repubblica in materia economico-sociale ed europea e sui temi istituzionali

Un mese dopo la seduta iniziale della legislatura, che si è tenuta il 15 marzo 2013, i membri dei Gruppi di lavoro in materia economico-sociale ed europea e sui temi istituzionali, istituiti dall'allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il 30 marzo 2013, hanno consegnato al Capo dello Stato le relazioni conclusive (12 aprile 2013).

Nella relazione del gruppo di lavoro in materia istituzionale si proponeva che la revisione costituzionale si compiesse "attraverso una Commissione redigente mista costituita, su base proporzionale, da parlamentari e non parlamentari. La Commissione può avviare immediatamente il proprio lavoro (che dovrebbe durare pochi mesi) sulla base di documenti parlamentari che indichino i punti oggetto di revisione (la Commissione Bozzi fu istituita con una risoluzione alla Camera dei Deputati e un ordine del giorno al Senato). Contestualmente alla presentazione delle mozioni dovrebbe essere presentata una legge costituzionale per formalizzare il lavoro della Commissione".

Per quanto riguarda la riforma della legge elettorale, il gruppo di studio non aveva avanzato una proposta specifica, salvo quella eliminare la circoscrizione estero, prevedendo il voto per corrispondenza, assicurandone la personalità e la segretezza, e si è limitato a sottolineare che, in ogni caso, la legge attuale va superata e che la definizione della nuova legge è legata a quella della forma di governo: in caso di scelta da parte del Parlamento, come il gruppo di lavoro propone, per una forma di governo parlamentare razionalizzata, "le soluzioni possono essere più d'una, purché garantiscano la scelta degli eletti da parte dei cittadini e favoriscano la costituzione di una maggioranza di governo attraverso il voto."

 

L'attività parlamentare di indirizzo

Il 29 maggio 2013 l'Assemblea della Camera e quella del Senato hanno approvato le mozioni concernenti l'avvio del percorso delle riforme costituzionali presentate dai Gruppi di maggioranza e da altri Gruppi.

Si trattava della mozione n. 1-56, presentata dai capigruppo della maggioranza della Camera on. Speranza, Brunetta, Dellai, e dal Presidente del Gruppo misto on. Pisicchio (441 voti favorevoli e 138 voti contrari) e la mozione n. 1-47 a firma dei sen. Zanda, Schifani, Susta, Ferrara Mario, Zeller, Finocchiaro, Bruno, Martini, Esposito Giuseppe, votata al Senato (224 voti favorevoli e 61 contrari).

Le due mozioni, dal contenuto identico, impegnavano il Governo a presentare alle Camere, entro giugno 2013, un disegno di legge costituzionale di istituzione di una procedura straordinaria per l'approvazione delle riforme costituzionali in deroga a quella ordinaria di cui all'art. 138 Cost., articolata come segue:

  • istituzione di un Comitato bicamerale, composto da venti senatori e venti deputati, nominati dai rispettivi Presidenti, su designazione dei gruppi parlamentari, tra i componenti delle Commissioni affari costituzionali, della Camera e del Senato, e presieduto congiuntamente dai Presidenti delle predette Commissioni; la composizione del Comitato deve garantire la presenza di tutti i gruppi parlamentari e deve rispecchiare la proporzione tra i gruppi, tenendo conto non solo della loro rappresentanza parlamentare, ma anche dei voti conseguiti alle elezioni politiche;
  • conferimento al Comitato dei poteri referenti per l'esame dei progetti di legge di revisione costituzionale dei Titoli I, II, III e V della parte seconda della Costituzione, afferenti alla forma di Stato, alla forma di Governo e all'assetto bicamerale del Parlamento, nonché, coerentemente con le disposizioni costituzionali, di riforma dei sistemi elettorali;
  • successivo esame da parte delle Assemblee di Camera e Senato, secondo intese raggiunte fra i due Presidenti, dei progetti di legge approvati dal Comitato bicamerale;
  • conclusione dell'esame parlamentare dei disegni di legge di riforma entro 18 mesi dall'avvio, fermo restando il diritto di ciascun senatore e deputato, anche se non componente del Comitato o componente del Governo, di presentare emendamenti;
  • garanzia della facoltà di sottoporre, a prescindere dalla maggioranza con la quale le riforme saranno approvate,  il disegno di legge (o i disegni di legge) di revisione costituzionale, ad uno o più referendum confermativi popolari.

 

Per quanto riguarda il contenuto delle riforme, le due mozioni richiamavano le questioni irrisolte ricordate dal Presidente del Consiglio nel suo discorso programmatico, ossia, la forma di Stato, la forma di Governo, il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari e la riforma del sistema elettorale, la quale – secondo le mozioni – dovrà essere coerente e contestuale con il complessivo processo di riforma costituzionale.

Le Camere avevano approvato anche due mozioni della Lega Nord: alla Camera la n. 1-55 on. Giancarlo Giorgetti, al Senato, n. 1-31 sen. Calderoli e due atti presentati dai rappresentanti delle Autonomie: la risoluzione 6-11on. Alfreider alla Camera e la mozione 1-44 sen. Zeller al Senato.

Era stata invece respinta la mozione n. 1-53 on. Giachetti, finalizzata all'approvazione in tempi rapidi da parte del Parlamento di una riforma della legge elettorale volta a ripristinare il sistema misto previgente quello attuale.

Respinte alla Camera anche le mozioni n. 1-54 on. Migliore, n. 1-57 on. Dadone e n. 1-59 on. Giorgia Meloni, nonché la risoluzione n. 6-12 on Nuti. Il Senato ha respinto le mozioni n. 1-46 sen. Crimi e n. 1-48 sen. De Petris.

 

La relazione della Commissione per le riforme costituzionali trasmessa alle Camere il 18 settembre 2013

Le mozioni approvate dalle Camere il 29 maggio 2013 hanno preso atto dell'intendimento del Governo di avvalersi di una Commissione di esperti per l'approfondimento delle diverse ipotesi di revisione costituzionale e dei connessi profili inerenti al sistema elettorale e di estendere il dibattito sulle riforme alle diverse componenti della società civile, anche attraverso il ricorso a una procedura di consultazione pubblica.

La Commissione, istituita dal Presidente del Consiglio con decreto 11 giugno 2013, denominata Commissione per le riforme costituzionali, ha concluso i lavori con una relazione finale trasmessa alle Camere il 18 settembre 2013.

Il 15 ottobre 2013 il Ministro per le riforme costituzionali ha svolto alla Camera e al Senato un'informativa sulla relazione della Commissione.

I temi della relazione sono di seguito sintetizzati.

 

Parlamento
La Commissione si è espressa all'unanimità per il superamento del bicameralismo paritario, ma anche l'ipotesi del monocameralismo, con la costituzionalizzazione del sistema delle Conferenze Stato-Regioni-Enti Locali, ha raccolto manifestazioni di interesse.
L'ipotesi bicamerale attribuisce al Senato, da eleggere indirettamente secondo l'opinione prevalente, la rappresentanza degli enti territoriali (regioni e comuni) e alla Camera il rapporto fiduciario e l'indirizzo politico; però entrambe le Camere votano le leggi nelle forme previste dalla Costituzione, controllano l'azione del governo e valutano le politiche pubbliche, con una prevalenza della Camera nell'esercizio della funzione legislativa e del Senato nell'esercizio delle funzioni di controllo, in particolare per la valutazione delle politiche pubbliche. Quest'ultimo assorbirebbe a livello normativo le competenze dell'attuale sistema delle Conferenze e sarebbe soppressa la Commissione per le questioni regionali.
Per la riduzione del numero dei deputati si considera la proposta del Rapporto redatto dal Gruppo di lavoro sui temi istituzionali istituito dal Presidente della Repubblica di un deputato ogni 125.000 abitanti, per un totale di 480 deputati senza escludere criteri più restrittivi. Per i senatori si considera un numero non inferiore a 150 né superiore ai 200.
 
Procedimento legislativo
Il procedimento legislativo è necessariamente bicamerale per alcune categorie di leggi, mentre per le altre l'esame del Senato è subordinato ad espresso richiamo da parte di quest'ultimo.
Il procedimento necessariamente bicamerale, che inizia indifferentemente presso l'una o l'altra Camera, è previsto per:
  • le leggi costituzionali e di revisione costituzionale cui si applicherebbe l'attuale art. 138 Cost., salvo verificare l'introduzione di un referendum confermativo;
  • le leggi sull'ordinamento e sulle funzioni di regioni e autonomie locali nonché i loro rapporti con lo Stato che non coinvolgano il rapporto fiduciario tra Parlamento e Governo, da indicare specificamente in Costituzione.
Il procedimento monocamerale è previsto sulle leggi organiche, che dovrebbero essere previste da riserve costituzionali di legge organica, in materie di diretta attuazione costituzionale, di competenza della sola Camera che dovrebbe approvarle a maggioranza assoluta.
Su tale soluzione la Commissione non ha registrato unanimità di consensi e la relazione lascia aperta la possibilità di prevedere per tale categoria di leggi la facoltà di richiamo da parte del Senato. In caso di tale opzione, il procedimento bicamerale riguarderebbe le leggi organiche e le leggi ordinarie, categoria individuata in via residuale, condizionatamente al richiamo del Senato, deliberato da una minoranza qualificata e da esercitare in un termine decadenziale. In quest'ultima ipotesi, la legge è approvata in via definitiva:
  • dal Senato, se non modifica la legge;
  • dalla Camera, se ritiene di approvarla pur respinta dal Senato;
  • dalla Camera, deliberando in via definitiva sulle modifiche del Senato.
Nel sistema delle fonti, la relazione tra le leggi organiche e le leggi bicamerali su regioni ed enti locali sarebbe regolata dal principio di separazione delle competenze; le stesse leggi organiche sarebbero sovraordinate alle leggi ordinarie.
  • rivedere, nell'ambito della competenza esclusiva statale, alcune materie considerate trasversali in quanto incidono considerevolmente sulle competenze regionali;
  • ridurre le materie di competenza concorrente o, secondo un altro orientamento, semplificare il riparto della competenza legislativa, superando quella concorrente. Entrambe le posizioni considerano l'opportunità di una clausola di salvaguardia statale;
  • rendere più flessibile la distribuzione delle competenze prevedendo la possibilità di conferimento o di delega, con legge bicamerale, dell'esercizio di competenze
Il Presidente della Repubblica - eletto dal Parlamento in seduta comune con la maggioranza dei due terzi nelle prime due votazioni e con la maggioranza assoluta nella terza - nomina il Presidente del Consiglio e questi propone al Capo dello Stato la nomina e la revoca dei Ministri. Lo stesso Presidente del Consiglio può essere sfiduciato solo con una mozione di sfiducia costruttiva sottoscritta da un quinto dei componenti della Camera e approvata con la maggioranza assoluta e una procedura analoga dovrebbe essere seguita quando il Presidente del Consiglio pone la questione di fiducia su un provvedimento e non la ottiene.
In ogni caso la relazione avverte dell'esigenza di porre rimedio alle disfunzioni della vita dei partiti con interventi di legge ordinaria nelle materie di contorno alla legislazione elettorale e con interventi sui regolamenti parlamentari.
 
Sistema elettorale
In questa materia la relazione prospetta lo stretto legame con le scelte in tema di forma di governo e quindi evidenzia le soluzioni ritenute preferibili nel caso di scelta semipresidenziale (sistema elettorale a doppio turno di collegio) o parlamentare razionalizzata (compatibile con vari sistemi, come quelli tedesco e spagnolo, quello della in cui l'iniziativa popolare si articola in un progetto di legge sul quale si apre un procedimento in cui interviene la Corte costituzionale con funzioni di verifica e il Parlamento con funzione deliberativa che può portare al voto popolare.
Per il referendum abrogativo si propongono modifiche per il quorum di validità e per anticipare il vaglio di ammissibilità della Corte costituzionale.
L'istituto della petizione dovrebbe essere potenziato e l'esercizio della potestà normativa secondaria dovrebbe essere condizionato ad adempimenti che consentano agli interessati di formulare le loro osservazioni.

 

 

Il Comitato parlamentare per le riforme previsto dal d.d.l. esaminato all'inizio della legislatura

In attuazione degli indirizzi parlamentari espressi con le mozioni del 29 maggio 2013, il Governo pro tempore ha presentato un disegno di legge costituzionale al Senato, che ne ha avviato l'esame l'11 giugno (A.S. 813). Al disegno di legge del Governo era stata abbinata una proposta di legge di iniziativa parlamentare volta ad istituire una Commissione parlamentare per le riforme costituzionali (A.S. 343). Il 13 giugno l'Assemblea del Senato ha approvato la richiesta di dichiarazione d'urgenza del Governo sull'esame del disegno di legge che, ai sensi del'art. 77 del Regolamento, comporta la riduzione di tutti i termini alla metà.

L'11 luglio il disegno di legge è stato approvato, con modifiche, dal Senato e trasmesso alla Camera che ne ha avviato l'esame il 17 luglio e lo ha concluso con il voto favorevole dell'Assemblea il 10 settembre 2013 (A.C.1359). Il 23 ottobre il Senato ha approvato il provvedimento in seconda deliberazione, con 218 voti favorevoli, 58 contrari e 12 astensioni. L'iter parlamentare non si è poi concluso.

Il disegno di legge prevedeva l'istituzione di un Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali composto da 20 deputati e 20 senatori, nominati dai Presidenti delle Camere, tra i membri delle due Commissioni Affari costituzionali, in base a specifici criteri. Di esso facevano parte di diritto i Presidenti delle Commissioni Affari costituzionali della Camera e del Senato. Il Comitato, che entro 6 mesi dalla prima seduta, era tenuto a trasmettere ai Presidenti delle Camere i progetti di legge costituzionale esaminati, svolge una funzione istruttoria nei confronti delle Assemblee delle due Camere alle quali riferisce.

Sono necessarie due successive deliberazioni da parte di ciascuna Camera, a maggioranza assoluta in seconda votazione, sul medesimo testo, con intervallo non minore di quarantacinque giorni. I lavori parlamentari si concludono entro 18 mesi dall'entrata in vigore del provvedimento.

L'oggetto della revisione è costituito dai progetti di legge di revisione della Parte II della Costituzione, esclusi i titoli IV, dedicato alla magistratura, e VI, dedicato alle garanzie; l'attività del Comitato comprende anche la materia elettorale in via consequenziale all'attività di revisione costituzionale.

Può essere richiesto referendum confermativo anche in caso di approvazione, in entrambe le Camere, a maggioranza dei due terzi, dei testi di revisione. Il Comitato cessa con la pubblicazione delle riforme o per scioglimento delle Camere.

Anche i compiti e le modalità organizzative ricalcano quelli indicati dal Parlamento; in particolare, viene definita una precisa scansione temporale delle principali fasi dei lavori parlamentari relativi ai progetti di legge costituzionale in modo da assicurarne la conclusione entro 18 mesi dall'approvazione del disegno di legge.

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