XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 113 di giovedì 24 gennaio 2019

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 10,35.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

Sul processo verbale.

ROBERTO GIACHETTI (PD). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su cosa?

ROBERTO GIACHETTI (PD). Sul processo verbale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI (PD). Avrei bisogno di chiarire il mio pensiero rispetto all'intervento che ho fatto ieri. Ho bisogno di chiarire il mio pensiero perché ieri io temo di non essere riuscito a mettere in evidenza la gravità di quello che è accaduto e quindi di confermare la richiesta che ho fatto che, qualora non venisse esaudita, per me significa ripeterla in ogni seduta perché penso che quello che è accaduto sia qualcosa di grave. Ieri, a un certo punto, il Presidente Fico, vista la situazione in Aula, ha ritenuto - come ovviamente è nelle sue facoltà - di sospendere la seduta per cinque minuti. Non appena ha fatto questo annuncio ci sono stati due episodi gravissimi: il primo è di un capogruppo - se non erro - o comunque di un deputato, che è venuto verso i banchi della Presidenza inveendo contro il Presidente Fico e poi, mentre il Presidente Fico scendeva dal suo scranno per assentarsi per i cinque minuti, un sottosegretario si è alzato dai banchi del Governo ed è andato ad aggredirlo verbalmente mentre usciva dall'Aula.

Ora, questa non è una cosa che ho visto solo io - l'hanno vista molti deputati - ed io ho chiesto, ieri, al Presidente Fico di visualizzare le immagini perché ritengo che quello che è accaduto sia gravissimo. Non posso immaginare che si ritenga che sia meno grave magari perché le due persone che si sono rese responsabili di questo comportamento siano due persone dello stesso gruppo e dello stesso movimento del Presidente della Camera, perché il Presidente della Camera, io per primo, pretendo che, quando siede lì, rappresenti la Camera e sia a garanzia di tutti i deputati ed è assolutamente inaccettabile che il Presidente possa subire delle intimidazioni da parte di deputati in questa Camera, senza che questi vengano né richiamati, né censurati. Penso che sia molto grave che il Presidente la Camera subisca delle intimidazioni da parte di deputati in quest'Aula e il fatto che siano deputati del proprio gruppo è un'aggravante, non è un'esimente rispetto a quello che è accaduto.

Per questo, siccome ritengo che l'argomento non sia per nulla irrilevante, anche rispetto all'andamento dell'Aula, ho chiesto esplicitamente - perché lo ritengo un fatto grave - che il Presidente della Camera si faccia carico - se non se n'è accorto direttamente, ma penso se ne sia accorto, e comunque chiedo che formalmente sia fatto, quindi rivolgo questo invito anche all'Ufficio di Presidenza e investo anche lei direttamente di questo – di visualizzare i filmati di quanto accaduto ieri e, se quello che io sto dicendo non è una cosa falsa, che il Presidente della Camera si assuma la responsabilità, in quest'Aula, dopo aver visualizzato i filmati, di censurare quello che è accaduto, perché - ripeto - il Presidente della Camera è “il Pre-si-de-n-te di tu-t-ti” e quindi deve essere un Presidente che non dà la sensazione di coprire comportamenti che, se fossero stati fatti da qualunque altro deputato, sarebbero stati censurati. Ripeto che, se non avrò una risposta da parte del Presidente alla Camera, in ogni seduta, porrò questo problema e quindi la prego, in quanto parte dell'Ufficio di Presidenza, di farsi carico anche lei di proporre all'Ufficio di Presidenza la visione di questi filmati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie a lei, deputato Giachetti. L'intervento sul processo verbale mi pare che sia indirizzato verso il chiarimento del suo pensiero e la sua sottolineatura rispetto a quello che già aveva manifestato ieri, quindi con queste sottolineature, dopo aver dato la parola anche al deputato Enrico Borghi, io penso che possiamo comunque procedere, ferma restando la sua richiesta, che è chiara e che riporterò ovviamente al Presidente Fico, di attenzionare il comportamento che vi è stato ieri da parte di alcuni deputati nella sede preposta e nell'Ufficio di Presidenza.

ENRICO BORGHI (PD). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su cosa? Sempre sul processo verbale?

ENRICO BORGHI (PD). Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Prego.

ENRICO BORGHI (PD). Sul processo verbale in quanto, come i colleghi ricorderanno, la seduta di ieri si è attestata attorno alle dichiarazioni del Ministro della Giustizia che hanno provocato una serie di richieste di intervento, tra le quali quella del sottoscritto. Vorrei leggere testualmente, affinché rimanga a verbale dell'Aula, la dichiarazione, che il resoconto stenografico ci attesta, del Ministro Alfonso Bonafede che, dal nostro punto di vista, supporta e giustifica l'atteggiamento da noi tenuto, per la verità non solo dal Partito Democratico, ma anche dalle altre opposizioni. Leggo testualmente.

PRESIDENTE. Mi scusi, collega Borghi, ma se lei legge il verbale significa che già queste dichiarazioni compaiono nel verbale. Non è che possiamo riaprire il dibattito di ieri. Lei dovrebbe fare un intervento sul verbale letto dalla Segretaria di Presidenza, chiarendo il suo pensiero.

ENRICO BORGHI (PD). Esattamente. Io ho sentito leggere dalla collega il verbale. Ha citato, molto correttamente, il fatto che io sia intervenuto, ha citato il fatto che sia intervenuto il Ministro, ma non ha ricordato il casus belli, che è il motivo per il quale ieri, ai sensi dell'articolo 8 del Regolamento, ho fatto un richiamo al Presidente della Camera: Il Ministro della Giustizia, in Aula, ieri ha portato una non meglio precisata notizia di reato. E per questo motivo intendo leggere le dichiarazioni del Ministro della Giustizia, perché il Ministro della Giustizia sta sdoganando un atteggiamento che, dal nostro punto di vista, deve essere affrontato in sede di Ufficio di Presidenza e cioè cosa accade quando un Ministro, pubblico ufficiale, nell'Aula della Camera porta una notizia di reato? Qual è l'atteggiamento che deve tenere il Presidente della Camera? Perché ieri il Ministro ha detto - leggo testualmente -: “È inutile parlare di dati perché la corruzione in Italia non necessita di essere raccontata. La corruzione in Italia si vede ad occhio nudo, si vede ogni volta in cui, dopo un terremoto, crolla una scuola o un ospedale”. Il sillogismo della dichiarazione del Ministro è che, ogni volta che, dopo un terremoto, crolla una scuola o un ospedale, questo avviene perché ci sono stati dei fatti di corruttela - lo ha detto il Ministro – e, di conseguenza, questo significa che siamo in presenza di una notizia di reato e, di conseguenza, noi chiediamo che questo tema venga affrontato una volta per tutte dall'Ufficio di Presidenza, che questo venga fatto constare nel processo verbale e poi che si stabilisca un atteggiamento, altrimenti, signor Presidente, fatti come quelli di ieri si riprodurranno ogni qual volta Ministri della Repubblica verranno in quest'Aula a lanciare accuse generiche (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Grazie.

PRESIDENTE. Io ringrazio lei, deputato Borghi e non le sfuggirà comunque che questo intervento, da un punto di vista regolamentare, non è esattamente proprio, tuttavia, proprio per stemperare, dopo la giornata di ieri il più possibile il clima, le ho consentito di esprimere il suo giudizio. Lei è deputato esperto e sa bene quanto me che in nessun caso il verbale riporta il contenuto degli interventi, che risulta altresì dal resoconto stenografico.

Quindi, io - come già avevo dichiarato al deputato che ha preso la parola prima di lei, il deputato Giachetti - prendo atto della richiesta di approfondire quanto accaduto ieri e chiederò - già l'ho riferito in questa sede poco fa - al Presidente Fico di convocare gli organi preposti affinché quello che è accaduto ieri possa essere approfondito, attenzionato e, se del caso, sanzionato. Detto questo, il processo verbale, con le precisazioni che sono state argomentate, se non vi sono ulteriori osservazioni, si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Benvenuto, Bonafede, Brescia, Cancelleri, Colletti, Colucci, D'Inca', D'Uva, Delrio, Ferraresi, Gregorio Fontana, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Liuzzi, Lorefice, Lupi, Molinari, Morrone, Rixi, Saltamartini, Scoma e Sisto sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente novantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su cosa?

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). È un intervento di inizio d'Aula, sulla gravissima situazione del Venezuela, che si sta consumando in queste ore. Come Fratelli d'Italia…

PRESIDENTE. Lei mi consentirà, onorevole Del Mastro Del Vedove, a questo punto, di dare il preavviso.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,49).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento. Quindi, da questo momento, partono i venti minuti.

Sull'ordine dei lavori.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Delmastro Delle Vedove, lei può comunque parlare, quindi riprenda tranquillamente la parola per il suo richiamo sull'ordine dei lavori.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Grazie, Presidente, Sull'ordine dei lavori, come Fratelli d'Italia, riteniamo che il Ministro degli esteri debba immediatamente venire a relazionare in quest'Aula sulla gravissima situazione del Venezuela, ormai sull'orlo di una crisi che sconfina nella guerra civile. Abbiamo un'importantissima comunità di connazionali presente in Venezuela che da mesi chiede di fare rientro: con i nostri consolati non riusciamo ad evadere le domande per far rientrare i nostri connazionali venezuelani. Il regime di Maduro - questa ferocissima dittatura comunista -, ad oggi, ha provocato l'esodo forzato di più di due milioni di persone, ha comportato il fatto che ci siano centinaia e centinaia di oppositori che sono stati torturati, imprigionati, giustiziati sommariamente. Le condizioni, ormai, sono da crisi umanitaria perché vi sono 11 mila bambini denutriti in questo momento.

Come Fratelli d'Italia abbiamo chiesto, da una parte, che si stesse al fianco della nostra comunità nazionale che voleva far rientro, dall'altra parte, che l'Italia non riconoscesse il risultato delle elezioni farsa di Maduro; da un'altra parte ancora abbiamo chiesto, sempre in un assordante silenzio di questa maggioranza, che l'Italia sottoscrivesse, unitamente agli altri Paesi che già l'hanno sottoscritta, la denuncia alla Corte penale internazionale, ai sensi dell'articolo 14 dello Statuto di Roma, perché cessasse la dittatura di Maduro e si aprisse un processo per crimini contro l'umanità nei confronti della più sanguinaria dittatura che il Sudamerica abbia mai avuto. Tutto questo, nel silenzio dalla maggioranza. L'altro giorno in Commissione, purtroppo, un deputato dei 5 Stelle è riuscito anche a dire che Maduro rappresenta una democrazia avanzatissima: glielo vada a raccontare ai venezuelani che in tutto il mondo stanno urlando “libertà”; glielo vada a raccontare agli incarcerati, glielo vada a raccontare agli 11 mila bambini denutriti!

Io credo che il Ministro degli esteri debba venire oggi stesso a relazionare in Aula - quindi faccio questa richiesta per il suo tramite - ma, soprattutto, che l'Italia debba, secondo noi di Fratelli d'Italia, aderire a quei Paesi che già hanno riconosciuto il nuovo Presidente ad interim Juan Guaidò, eletto all'Assemblea nazionale, imprigionato pochi giorni fa e poi liberato, e che l'Italia debba sollecitare l'intera Comunità europea a non voltare più la testa dall'altra parte, a non porre eventuali interessi economici al di sopra della difesa dei diritti degli esseri umani e della difesa della nostra comunità nazionale.

Per cui, come Fratelli d'Italia, chiediamo che il Ministro degli esteri venga a relazionare e ci voglia raccontare se questo Governo vuole riconoscere Juan Guaidò quale unico Presidente ad interim e voglia iniziare a porre la fine di questo brutale e sanguinario regime dell'America Latina di Maduro (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

IVAN SCALFAROTTO (PD). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IVAN SCALFAROTTO (PD). Grazie, Presidente. Io voglio partire dal resoconto stenografico di una seduta del mese di gennaio della Commissione esteri, nel quale il nostro collega, l'onorevole Cabras, diceva cose del genere: “…che il sistema elettorale venezuelano è stato giudicato dal Carter center tra i migliori ed i più efficienti al mondo” e che in Venezuela “…la stampa gode di un'ampia libertà di espressione, soprattutto, se confrontata con la situazione di altri Paesi latinoamericani”.

Ora, che in Venezuela vi sia una dittatura e una situazione economica disperante, che ha visto milioni di persone lasciare il Paese, un'emergenza economica che ha toccato addirittura i beni di prima necessità, i farmaci, i bisogni basilari del popolo venezuelano; una dittatura che ha escluso dai rapporti internazionali e dalla comunità latinoamericana un Paese importantissimo come il Venezuela, nel quale, ricordiamo, esiste una grande comunità italiana, è fuori discussione. È evidente che in questo momento, come al solito, la politica estera di questo Paese brancola assolutamente nel buio. Nel momento in cui ci sono disordini di piazza - si parla di almeno otto morti -, nel momento in cui si sta verificando un trasferimento di poteri che lascia un Paese, già prostrato, in una situazione di totale incertezza (un Paese, ricordiamo, le cui riserve petrolifere potrebbero farne uno dei Paesi più prosperi del mondo e che, invece, lo ripeto, si trova nella situazione di avere bambini senza il latte e malati senza farmaci), in questo momento, nel quale c'è un passaggio di poteri e nel quale la comunità internazionale sta prontamente prendendo posizione - ricordiamo che Governi anche di orientamento molto dissimile, sebbene vicini, come gli Stati Uniti e il Canada, hanno già riconosciuto il Presidente del Parlamento come nuovo Presidente -, noi assistiamo a un silenzio assordante da parte di un Governo che, evidentemente, come al solito, non sa cosa dire.

Ricordo ancora una volta che c'è una grande comunità italiana. Io penso che sia assolutamente indispensabile che il Ministro Moavero Milanesi ci venga a dire che cosa pensa di fare il Governo in questo momento. Stiamo come al solito balbettando, come al solito non sappiamo chi sono i nostri alleati, come al solito l'Italia sta avendo una posizione imbarazzante di isolamento, di silenzio. Siamo una grande potenza internazionale, uno dei Paesi fondatori dell'Unione europea e, davanti ad un evento così importante, così strategico per una parte del mondo, come l'America Latina, con la quale ci legano rapporti storici ed economici importantissimi, il Governo non ha nulla da dire!

A nome del Partito Democratico, chiediamo che urgentemente il Presidente Conte o il Ministro degli esteri Moavero Milanesi vengano ad informare le Camere sugli sviluppi degli eventi in Venezuela, su quali siano le mosse che il Governo italiano vuole prendere. Se consideriamo, come dice l'onorevole Cabras o il Viceministro Di Stefano, o Alessandro Di Battista in più di un'occasione, che il Venezuela è un esempio preclaro di democrazia, di sviluppo e di progresso per quel popolo, che lo vengono a dire in quest'Aula, signor Presidente!

Vogliamo ascoltare che cosa abbiamo da dire sulla dittatura chavista, su Maduro e su quello che sta accadendo. Bisogna che il Paese sappia qual è la posizione del Governo italiano. Come al solito, non riusciamo a comprendere quale sia la linea: questo Parlamento non può più aspettare. Il Ministro venga subito in Aula ad informarci su quali sono gli sviluppi degli eventi in Venezuela e su quale vuole essere la posizione del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ROBERTO CASSINELLI (FI). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO CASSINELLI (FI). Presidente, poche parole per aderire alle considerazioni già svolte dal collega Delmastro, che condividiamo. Il Venezuela sta vivendo delle ore tragiche: noi, da un anno e più, segnaliamo - l'abbiamo fatto anche con iniziative parlamentari nell'altro ramo del Parlamento nella precedente legislatura - la situazione di questo Paese, che era su uno scivolo veramente pericoloso. Purtroppo, le nostre previsioni si sono verificate: Maduro si è dimostrato e si sta dimostrando un dittatore veramente senza scrupoli.

Quindi noi chiediamo al Governo italiano e al Ministro degli esteri di venire subito a riferire in Parlamento su questa situazione. Chiediamo che l'Italia riconosca subito, come hanno fatto molti altri Paesi europei - e non solo europei - il nuovo Presidente Guaidò, che si è autoproclamato tale, ma che, non dimentichiamolo, era stato regolarmente eletto dal popolo. Chiediamo che venga fatta una battaglia forte per ripristinare i diritti fondamentali civili e politici di questo Paese e chiediamo che l'Italia si faccia portatrice presso l'Unione europea per dar via ad una campagna di aiuti umanitari perché, come ricordavano prima i colleghi, in questo Paese oggi mancano veramente i farmaci e mancano gli alimenti fondamentali.

Ebbene, noi siamo molto sensibili su questo tema, abbiamo in progetto come gruppo parlamentare una visita, qui a Roma, dell'ex sindaco di Caracas, Ledezma, anche lui oppositore del Governo di Maduro, anche lui sta battendo perché in quel Paese vengano ripristinati, evidentemente, i diritti fondamentali civili e politici.

E, oltre a questo, noi chiediamo che il Governo svolga un'attenta politica, che tenga conto del numero elevatissimo degli italiani che vivono e lavorano da anni in Venezuela e che faccia tutto questo ovviamente mantenendo l'ambasciata e le rappresentanze diplomatiche in Venezuela (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Mi pare che il minimo comun denominatore degli interventi che si sono manifestati oggi sia quello di chiedere al Governo, in particolare al Ministro degli Affari esteri, di venire a riferire in Aula rispetto alla grave crisi in Venezuela e, quindi, per il tramite del Presidente Fico, faremo pervenire al Governo stesso questa istanza.

Ha chiesto di parlare il deputato Cabras. Ne ha facoltà. Sempre sulla vicenda venezuelana?

PINO CABRAS (M5S). Grazie, Presidente. Sono stato chiamato in causa, mi hanno detto, in quel momento ero in Commissione, per una mia presa di posizione dei giorni scorsi sulla questione del Venezuela. Immagino che, da quello che mi è stato riferito, la contestazione nei confronti della mia posizione si basasse sull'articolo de Il foglio, che titolava che io avrei detto - cosa non vera - che in Venezuela le cose vanno bene: una di quelle vicende in cui si verifica l'inadeguatezza di una parte del giornalismo italiano nel riferire le vicende politiche. Io ho detto una cosa molto diversa, che è molto chiara: in Venezuela c'è una situazione difficile da molti anni, con tanti fattori concomitanti, simile per certi versi alle situazioni di altri Paesi dell'America Latina, dove c'è una forte contrapposizione tra blocchi sociali che non trovano, a volte, un equilibrio costituzionale. È una situazione che si è aggravata negli ultimi tempi, perché c'è una concomitanza del calo dei prezzi del petrolio che si combina con la fortissima dipendenza di quel Paese dalla monocultura petrolifera e dalle sanzioni esterne e dalle ingerenze esterne. E ho detto che l'ultima cosa da fare in una situazione come questa è non riconoscere il Presidente democraticamente eletto o, comunque, frutto della situazione costituzionale di quel Paese. Riconoscere Presidenti ad interim che esulano da quel meccanismo costituzionale può aggravare la situazione. Questo ho detto. Si può non essere d'accordo, ma è molto diverso dal dire che lì le cose vanno bene o che sia la democrazia perfetta. È chiaro che c'è una grande sofferenza della popolazione, una grande sofferenza istituzionale e a questo bisognerà porre rimedio non con atti unilaterali, non con l'avventurismo, perché abbiamo conosciuto altre situazioni recenti, in Libia e in Siria, in cui, alla delegittimazione del vertice statale, sono seguite anche delle guerre, e io non vorrei che si pavimentasse la strada verso la guerra nei confronti della situazione venezuelana, tutto qui (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori la deputata Pezzopane. Ne ha facoltà.

STEFANIA PEZZOPANE (PD). Grazie, Presidente. Volevo informare l'Aula che nella giornata di ieri, presso la Commissione ambiente, abbiamo avuto l'onore dell'audizione del professor Piero Farabollini, commissario per la ricostruzione dei territori colpiti dal sisma. Il professor Farabollini è stato eletto ad ottobre, ci abbiamo messo quattro mesi per averlo finalmente in Commissione, dopo ripetute richieste. Il suo arrivo in Commissione è stato accompagnato da una relazione scarna e piena di provocazioni. C'è stato disappunto dalla gran parte dei commissari di opposizione e delle forze politiche di opposizione, le quali, in particolare il Partito Democratico, ribadiscono anche in quest'Aula che la ricostruzione deve andare avanti e che siamo pronti ogni giorno a mettere in campo tutte le nostre energie, ma che non vogliamo essere né presi in giro, né vogliamo che il commissario adotti comportamenti e usi un linguaggio offensivo e non degno di una Commissione parlamentare.

Innanzitutto, il commissario cita se stesso, per dire che ha fatto un grande lavoro di sensibilizzazione nei confronti del Parlamento e dice che le leggi approvate a maggio sono l'effetto del suo lavoro. Ora, io non ho mai visto un commissario che ha una funzione retroattiva (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), visto e considerato che il commissario è stato eletto a ottobre e che il decreto di maggio è il decreto Gentiloni, a cui poi noi abbiamo apportato, insieme a tutte le forze politiche numerose modifiche, perché il Governo era dimissionario e ha operato solo per l'emergenza.

Ma, andiamo avanti: a un certo punto, il commissario dice che lui non si considera un mago, non può fare il mago, però in due mesi ha già quasi iniziato la rivoluzione – rivoluzione –, per poi citare, su alcuni dati, degli elementi ostensivi per tutti noi, perché quando parla della ricostruzione privata, che peraltro è appena agli inizi, usa la metafora “tra il lusco e il brusco” (sta in un documento ufficiale consegnato alla Camera dei deputati), che, oltre ad avere un significato assai incerto, comunque, dopo una faticosa lettura e ascolto di quanto lui ha detto, sarebbe un'allusione a una gestione opaca. Ora, se si riferiscono questi dati, bisogna fare nomi e cognomi; e siccome la ricostruzione privata è gestita dai sindaci e dagli uffici speciali, io credo che noi non possiamo permettere a nessuno di offendere e di creare un'aria di sospetto su un tema così delicato come la ricostruzione dei territori colpiti dal sisma.

Abbiamo chiesto, insieme alle altre forze politiche, al commissario di tornare con un altro atteggiamento, con dati concreti e con proposte, per fare in modo che la ricostruzione effettivamente possa essere accelerata e concretizzata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Hanno chiesto di parlare altri deputati su questo argomento e ovviamente è improprio riaprire la discussione che vi è stata ieri in Commissione qui in Aula. Tuttavia, avendo dato i venti minuti di preavviso per le votazioni, abbiamo ancora del tempo, non è un tempo illimitato, quindi io chiederei la cortesia alla deputata Terzoni, al deputato Baldelli e chi altro eventualmente volesse aggiungersi, di fare sì, degli interventi, ma che possano essere interventi contenuti e, quindi, che non vadano a consumare gli interi cinque minuti previsti dai richiami sull'ordine lavori.

Ha chiesto di parlare la deputata Terzoni. Ne ha facoltà.

PATRIZIA TERZONI (M5S). Grazie, Presidente. Anche io ieri, logicamente, essendo un parlamentare del territorio ero in audizione di fronte al commissario Piero Farabollini. Onestamente, io, al contrario degli esponenti del Partito Democratico, ho apprezzato la sua franchezza nel raccontare lo stato in cui ha ritrovato tutto ciò che circonda la ricostruzione del terremoto e onestamente a questo Parlamento è servita la franchezza…

PRESIDENTE. Chiedo scusa. Colleghi, è necessario ristabilire un po' di silenzio, perché altrimenti la collega ha difficoltà a parlare e a farsi ascoltare. Quindi vi prego, se avete bisogno di dialogare, di accomodarvi fuori dall'Aula, grazie. Prego, prosegua.

PATRIZIA TERZONI (M5S). Grazie, Presidente. Ripeto, io ho apprezzato la franchezza con cui il commissario ha raccontato la situazione in cui si è trovato a gestire la ricostruzione del terremoto. Posso comprendere che gli esponenti del Partito Democratico si sentano offesi, ma in fondo quella situazione è proprio dovuta ai due anni e mezzo di gestione targata PD. Quindi, se loro si sentono offesi, forse dovevano lavorare meglio in quei due anni e mezzo in cui loro potevano lavorare meglio, invece di creare normative farraginose che ora, purtroppo, sono in piedi e noi stiamo cercando di sistemare in qualche modo.

Piero Farabollini, forse, gli esponenti del PD, non lo conoscono, ma è un geologo, professore universitario nonché presidente dell'ordine dei geologi, che già seguiva la ricostruzione del sisma, perché sedeva nei vari tavoli tecnici proprio per la ricostruzione del sisma. Quindi, lui, come molti altri ordini professionali, ha influito con le modifiche dei decreti precedenti sul sisma, anche quando non era commissario, perché il MoVimento 5 Stelle e la Lega, insieme, lo hanno ascoltato per la prima volta, a questo punto, visto che non sapevano neanche chi fosse, hanno ascoltato tutti gli ordini professionali, tutte le associazioni di categoria, gli stessi presidenti del Partito Democratico e, proprio, nel decreto di luglio, i due articoli che erano usciti con il Governo uscente, sono aumentati a 23 articoli; nel decreto di Genova abbiamo portato avanti…

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, deputata Terzoni, le ricordo soprattutto che il suo è un intervento, dal punto di vista regolamentare, per un richiamo sull'ordine dei lavori. Non possiamo sviluppare un ragionamento di merito, perché non è la sede propria.

PATRIZIA TERZONI (M5S). Bene, di merito. Comunque, io sono qui, perché quello che è stato detto prima in Aula, secondo me, non è assolutissimamente vero, in quanto se non si vuole ascoltare lo stato attuale delle cose perché è colpa di chi c'era stato prima, quel qualcuno dovrebbe farsi un esame di coscienza e pensare più ai terremotati che alla propria campagna elettorale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Trancassini. Ne ha facoltà.

PAOLO TRANCASSINI (FDI). Grazie, Presidente. Cercherò di essere molto contenuto. Francamente il richiamo del Partito Democratico sulla ricostruzione lo trovo un po' fuori luogo, perché, se noi oggi siamo in grande difficoltà, se ci interroghiamo da mesi su un cambio di strategia che non arriva e se ai territori questa ricostruzione non arriva come un progetto unitario, ma sempre e soltanto come una sterile petizione di principio, lo dobbiamo a quel binario morto sul quale la ricostruzione è stata messa, appunto, dal Partito Democratico che, per la verità, dal 2016 in poi, le ha sbagliate tutte.

Ora, però, io non vorrei che il dibattito per i nostri territori diventasse così sterile da guardare soltanto al passato, perché questo è il tentativo che noi registriamo da parte dei 5 Stelle e della Lega che, per la verità, hanno brillato molto di più sulla teoria che non sulla pratica e sono stati molto più bravi in campagna elettorale. Ricordo alla Terzoni che, insomma, quello che loro hanno raccontato ai territori in campagna elettorale, io non lo ritrovo negli emendamenti e nei dispositivi di legge che abbiamo sin qui approvato. Ricordo all'onorevole Terzoni e agli amici della Lega che abbiamo discusso del terremoto già tre volte, tre più tre, in Commissione, fa sei, sommate a quelle del Senato fa 12, e per dodici volte, tutti gli emendamenti presentati da Fratelli d'Italia finalizzati alla velocizzazione, alla sburocratizzazione di questa brutta storia italiana, sono stati respinti.

Ma c'è una cosa che ci dà la dimensione di come il terremoto sia uscito dall'agenda di Governo; quando il Governo ha licenziato il decreto su Genova, non c'era una riga sulla ricostruzione del centro Italia, non c'era. Si parlava di Ischia, perché sappiamo benissimo quali fossero gli interessi e le problematiche del Viceministro Di Maio, ma non c'era una riga sulla ricostruzione del centro Italia. Ci siamo battuti in Commissione, siamo riusciti a far approvare alcuni emendamenti, ma qualcuno ci deve ancora spiegare - e lo chiedo all'onorevole Terzoni e ai rappresentanti della Lega - perché il commissario che si occupa della ricostruzioni di Genova ha poteri illimitati rispetto al commissario Farabollini; è un grande professore universitario, è il più bravo, è uno che ascolta la gente, ma non gli avete dato uno straccio di potere, anzi gli avete nominato un accompagno che è il sottosegretario Crimi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Per la par condicio dico anche a lei, Trancassini, affinché il deputato Baldelli e anche il deputato Patassini che hanno chiesto di parlare sulla stessa materia possano tenerne conto, che sull'ordine lavori si può parlare ma, tecnicamente, perché la forma è anche sostanza, si dovrebbe fare una proposta che poi possa essere apprezzata e commentata anche da coloro i quali parlano dopo. Altrimenti si riapre un dibattito, lo ripeto, in sede impropria, perché è lo stesso dibattito che è stato fatto nella Commissione competente nella giornata di ieri.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Presidente Rampelli, come lei giustamente ha detto, è assolutamente pleonastico riportare il dibattito – dibattito poi si fa per dire, è stato un po' unilaterale - che c'è stato nella giornata di ieri in Commissione ambiente e che mi auguro continui, qui, in questa Assemblea. L'unica cosa che ritengo opportuno sottolineare è che, ormai, Presidente, nei documenti che vengono presentati al Parlamento, su un tema tra l'altro delicato, come quello del terremoto, troviamo scritti i titoli dei capitoli come ‘ricostruzione privata: tra il lusco e il brusco'. Ecco, non vado oltre, ma credo che questo rappresenti il livello del rispetto che qualcuno ha di questo ramo del Parlamento e anche il livello, mi si permetta, delle figure che vengono selezionate per incarichi importanti e delicati sul piano politico, sul piano tecnico e sul piano istituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Patassini. Sulla stessa materia? Sull'ordine dei lavori?

TULLIO PATASSINI (LEGA). Presidente, intervengo velocemente sul medesimo argomento dei colleghi come lei ha anticipato, semplicemente per ricordare a tutti che questo Governo è particolarmente attento alle questioni legate al sisma e al centro Italia e agli altri eventi sismici che si sono succeduti negli ultimi dieci anni. Vorrei ricordare a quest'Aula e a tutti gli onorevoli colleghi che, in quattro provvedimenti, siamo intervenuti a più riprese per iniziare un nuovo percorso di ricostruzione, sia a livello normativo che a livello finanziario. Abbiamo prorogato la struttura commissariale e abbiamo introdotto importanti novità a livello urbanistico, affinché questa ricostruzione possa ripartire e i primi risultati si vedono.

È evidente, come ha già detto l'onorevole Baldelli, che non è opportuno ripercorrere in quest'Aula, in questo momento, quanto è successo in Commissione ieri, ma vorrei semplicemente ricordare che sul sisma e i terremotati tutto ciò che sarà in nostro potere sarà fatto, perché la ricostruzione - come sta avvenendo -, e parlo di scuole e parlo di edifici pubblici e di ricostruzione privata, possa avere luogo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Donzelli. Non è chiaro l'argomento, su cosa? Che cos'è, un richiamo al Regolamento? Di che cosa si tratta deputato Donzelli?

GIOVANNI DONZELLI (FDI). Presidente, sì, è un richiamo al Regolamento nei confronti del collega Cabras che in Aula - e chiedo anche a lei di dare la possibilità di specificare il perché - ha detto una cosa non vera. Quando dice che c'è un rappresentante in Venezuela che rispetta la Costituzione e che sarebbe Maduro, quand'è l'esatto opposto, perché l'articolo 622 della Costituzione del Venezuela…

PRESIDENTE. Non è un argomento da poter trattare come un richiamo al Regolamento che è uno strumento improprio.

GIOVANNI DONZELLI (FDI). È stata detta una scorrettezza in Aula, il regime di Maduro è golpista, mentre Guaidò è quello che rappresenta democraticamente il Venezuela e sapere che il partito di Governo…

PRESIDENTE. Deputato Donzelli, può parlare a fine seduta sulla materia.

Annunzio della costituzione della Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria.

PRESIDENTE. Comunico che la Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria ha proceduto, in data odierna, alla propria costituzione. Sono risultati eletti: presidente, il deputato Ugo Parolo; vicepresidente, la senatrice Felicia Gaudiano; segretario, il deputato Paolo Giuliodori (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Lega-Salvini Premier).

Annunzio della costituzione della Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale.

PRESIDENTE. Comunico che la Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale ha proceduto in data odierna alla propria costituzione. Sono risultati eletti: presidente, il senatore Sergio Puglia, vicepresidenti, il senatore Giovambattista Fazzolari e la deputata Teresa Manzo, segretari, il deputato Alessandro Pagano e il senatore Antonio Misiani.

Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale: D'Uva ed altri: Modifiche all'articolo 71 della Costituzione, in materia di iniziativa legislativa popolare, e alla legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1 (A.C. 1173-A); e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Ceccanti ed altri; Ceccanti ed altri; Elisa Tripodi ed altri; Magi (A.C. 726-727-987-1447) (ore 11,18).

(Ripresa esame dell'articolo 1 – A. C.1173-A)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge costituzionale n. 1173-A: Modifiche all'articolo 71 della Costituzione, in materia di iniziativa legislativa popolare, e alla legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1; e delle abbinate proposte di legge costituzionale nn. 726-727-987-1447.

Ricordo che nella seduta di ieri è stato da ultimo respinto l'emendamento 1.56 Sisto.

Passiamo, dunque, alla votazione dell'emendamento 1.57 Sisto, a pagina 19 del fascicolo.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Grazie, Presidente. Purtroppo in 24 ore non cambia il provvedimento; rimane esattamente quello che è e le perplessità non possono in alcun modo essere attutite dalla riflessione. Con questo emendamento noi riproponiamo una chance, cioè quella di una meditazione diversificata fra coloro che propongono e che scrivono secondo i desiderata del Governo e del MoVimento 5 Stelle la legge, e coloro che chiedono che la legge sia sottoposta a referendum, perché che altri 500 mila elettori, rispetto ai 500 mila che hanno sottoscritto, possano nuovamente richiedere un referendum popolare propositivo sui principi fondamentali è, per dirla con un gergo noto, assolutamente elementare sul piano della democrazia, cioè è pacifico che non si possa dare una continuità e una sorta di perpetuazione della proposta a mezzo della firma fino a giungere addirittura al referendum. Cioè, si tratta di una deroga così importante per cui la differenziazione tra chi propone la legge e chi propone il referendum - la reiterazione della volontà della deroga - a noi sembra fondamentale.

Conseguentemente, ovviamente, interveniamo sull'intera proposta, ma soprattutto sollecitiamo - e non sarà mai a sufficienza questo sollecito - la relatrice e il Governo a consentire che davvero l'articolo 70 possa mantenere la sua vigenza e che l'articolo 71 non diventi un modo surrettizio per ammazzare quelli che sono i percorsi fisiologici disegnati dai costituenti. Non si tratta di una…

PRESIDENTE. Mi scusi. Deputato Trancassini, dovrebbe cortesemente togliere quella maglia (Il deputato Trancassini mostra la maglia ufficiale di una squadra di calcio). La tolga; non mi costringa a chiedere l'intervento degli assistenti parlamentari, per favore. Prego.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Presidente, dal suo sorriso intuisco che non è proprio sgradita quella maglia; lo intuisco.

PRESIDENTE. Non è proprio così.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Però, al di là della mia intuizione, come posso dire, facciale, le dico che è proprio un problema di maglia, cioè noi indossiamo la maglia della Costituzione, se mi fa passare questo passaggio. Indossare questa maglia della Costituzione non è soltanto una sterile protesta avverso chi, invece, quella maglia si vuole togliere e vuole che il Paese la perda a favore di un populismo che, in realtà, non è altro che l'esatto contrario, cioè la consegna delle proposte legislative del Parlamento a uno sparuto numero di soggetti che possono controllarne i percorsi.

Illustre Presidente, al termine di questo intervento voglio rammentare, perché l'Aula non perda la memoria di quello che si è detto ieri, quello che è il vero disegno di questo articolo 71 new deal ma, ahimè, che ci riporta molto indietro sul piano dei principi. È quello di consegnare il Parlamento, di consegnare il Parlamento, a piattaforme informatiche gestite da pochi che possono neutralizzare i percorsi fisiologici, logici e virtuosi di chi scrive le leggi con profonda meditazione. Lo stress dei tempi, lo stress della qualità, la scritturazione, prima e fuori, non delle Commissioni, Presidente, ma fuori del Parlamento è la caratterizzazione di questa riforma. Noi saremo capaci di respingerla? Io mi auguro di sì e partiremo da questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO (PD). Grazie, Presidente. Noi riprendiamo il filo del ragionamento che abbiamo prodotto in questi giorni fino alla conclusione del dibattito di ieri perché sosteniamo che se davvero si vuole migliorare questo provvedimento, tenendo fede all'impianto della nostra Repubblica e all'impianto della nostra democrazia, che è una democrazia rappresentativa, non si può non intervenire in maniera profonda e radicale nel modificare alcuni aspetti molto critici di questo provvedimento, anche e nonostante gli emendamenti che sono stati approvati e presentati dalla relatrice e che affronteremo nel corso del dibattito.

Questo emendamento, secondo noi, va nella direzione giusta, cioè nella direzione di riuscire a dare e a confermare, in qualche modo, quella legittimità che organi terzi rispetto sia al Parlamento, sia al comitato referendario possono avere nel valutare la congruità della proposta approvata dal Parlamento in modifica della proposta di legge popolare, quindi, di non dare un potere eccessivo a un comitato referendario, che è giusto che abbia riconosciuta la propria dignità ma che non può essere messo alla pari di organi costituzionali che hanno competenze, strumenti e accessibilità per valutare, nella pienezza dei loro poteri, quanto quelle proposte e quelle modifiche che sono state apportate dal Parlamento alla legge di iniziativa popolare, effettivamente corrispondano o meno ai principi ispiratori.

Pensiamo che possa essere molto pericoloso lasciare al comitato promotore questo compito, perché il comitato promotore può essere composto sicuramente da persone animate da istinti positivi e da obiettivi assolutamente nobili, ma può anche essere animato, ad esempio, da una forza politica di opposizione e, difficilmente, la valutazione del comitato su quanto approvato dalla maggioranza parlamentare in modifica della legge di iniziativa popolare, se appunto quel comitato referendario è animato dall'opposizione, ad esempio, sarà una valutazione positiva.

Allora perché lasciare la valutazione a chi è parte in causa, a chi ha promosso quella legge e a chi ha promosso quella richiesta di referendum? Crediamo che sia più opportuno assegnare questo compito agli organi che già lo fanno per l'istituto del referendum abrogativo, ad esempio. Se c'è questa possibilità assegnata per il referendum abrogativo, perché creare una disparità tra i due strumenti? Anche il referendum abrogativo è uno strumento di democrazia diretta, anche il referendum abrogativo è uno strumento di partecipazione popolare e se per il referendum abrogativo c'è un vaglio di congruità da parte di una Corte che ha tutte le competenze, le caratteristiche, i curriculum e le personalità in grado di valutare in maniera obiettiva la congruità di un testo, perché non farlo anche per la legge di iniziativa popolare e per l'eventuale decisione di svolgere un referendum di tipo propositivo?

Peraltro - e torneremo su questo punto nel corso della discussione - ciò sarebbe ancora più importante in relazione a un'assenza di modifica dei limiti di materia rispetto ai quali si può intervenire con referendum popolare, perché - noi siamo sicuramente contro rispetto a questo provvedimento se non ci sarà una modifica di questi limiti di materia - se dovesse passare con il vostro voto una riforma di questo tipo e rimanessero gli attuali non limiti di materia, avremo sicuramente bisogno di un organo terzo competente e costituzionalmente riconosciuto per poter valutare se quei limiti sono rispettati, se quella legge effettivamente è compatibile con il nostro ordinamento costituzionale. È una valutazione che non possiamo lasciare e rimettere a un comitato promotore che, per quanto possa essere composto dalle menti più illuminati di questo Paese, non avrà mai la legittimazione costituzionale che invece hanno organi dello Stato, organi che hanno questo compito, organi che hanno, quindi, la possibilità di fare una valutazione scevra da qualsiasi tipo di condizionamento politico contingente e scevra da qualsiasi tipo di condizionamento dei rapporti tra maggioranza e opposizione.

E non dimentichiamo anche il fatto che questo tipo di intervento, questo tipo di iniziativa popolare, referendum propositivo, avrebbe inevitabilmente delle ripercussioni anche di tipo politico, anche sulla forma di Governo, perché se un referendum popolare si svolge su una proposta modificata dal Parlamento e la proposta viene bocciata, è chiaro che questo ha delle ripercussioni anche di tipo politico, e non possiamo permettere che una valutazione venga fatta dai promotori anziché, invece, da un organo terzo con tutte le competenze per poterlo fare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie a lei, anche per aver spaccato il minuto, anzi, il secondo.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Grazie, Presidente. Questo emendamento del collega Sisto, firmato dal collega Sisto - emendamento di Forza Italia - è un emendamento con il quale continuiamo a proporre delle alternative, diciamo così, a fattispecie progressive perché si ritiene che, dopo un numero x di tempo, sulla base della sovrapponibilità o meno, ovvero dello scostamento o meno del testo rispetto a quello proposto dal comitato promotore, si possa realizzare, con un'ulteriore raccolta di firme, il referendum; cioè, si interrompe sostanzialmente il meccanismo di automatismo tra la non corrispondenza del testo elaborato dal Parlamento e quello della celebrazione del referendum, perché, così come a Costituzione vigente con una raccolta firme si può godere del potere di iniziativa legislativa, poi ci sono le altre fattispecie, quella dell'eventuale…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

SIMONE BALDELLI (FI). … diritto all'esame e poi del diritto a vedere approvata una proposta identica, oppure, se diversa, l'ulteriore passaggio referendario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega Fatuzzo. Ne ha facoltà.

CARLO FATUZZO (FI). Signor Presidente, è dal 1983 che raccolgo firme per le elezioni politiche, successivamente per referendum regionali, per proposte di legge regionali, per proposte di legge nazionali e l'unica possibilità concreta per raccogliere queste firme è sempre stata quella di prendere dei tavolini, metterli in mezzo alla strada, fermare la gente e chiedere di firmare, illustrandone il contenuto. Non c'è nulla di più difficile che spiegare il motivo per il quale si chiede di apporre la firma.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

CARLO FATUZZO (FI). Le domando e mi domando e domando ai proponenti: come si potrà mai fare a spiegare la differenza tra una semplice domanda, come quella volete il divorzio o no, volete la Repubblica o la monarchia, e, invece, le proposte di legge, che sono composte di articoli, commi, virgole e punti e virgola? È praticamente impossibile. Di questo bisogna rendersi…

PRESIDENTE. Grazie, mi dispiace.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.57 Sisto, con il parere contrario della Commissione, il parere favorevole dei relatori di minoranza e il Governo che si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.58 Sisto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Grazie, Presidente. Sempre con la premessa che il modo con cui si raccolgono le firme è fondamentale e fa la differenza sui tetti di firme che sono necessari per poter accedere, ad esempio, al referendum abrogativo, così come al referendum propositivo, noi dovremmo potere avere la possibilità di separare le fattispecie. Mi spiego meglio. L'iniziativa legislativa oggi la si acquisisce con 50 mila firme ed è semplicemente l'iniziativa legislativa, nel senso che 50 mila cittadini firmano una proposta di legge, questa proposta di legge arriva in Parlamento, il Parlamento è libero di calendarizzarla, di approvarla, di lasciarla nei cassetti: non c'è nessun obbligo in relazione a quella proposta.

Se noi ipotizziamo che quella proposta di legge, anziché avere 50 mila firme per essere presentata, ne debba avere 100 mila o 500 mila, noi possiamo introdurre su quella proposta un requisito in più, cioè quello del diritto alla calendarizzazione, il che significa che, in linea teorica, al pari delle quote dell'opposizione, la si potrebbe avviare come iter in Commissione e portare in Aula, per poi poter scegliere se modificarla e approvarla, oppure se respingerla nella sua formulazione originaria, ma sarebbe questa una libertà del Parlamento.

Successivamente a questo si potrebbe stabilire il principio che, in base all'aderenza o meno di quella proposta, così come licenziata dal Parlamento, ai principi, ai motivi ispiratori, alle linee guida della proposta originaria, si possa in un secondo momento, attraverso un'altra raccolta di firme, porre in votazione con referendum popolare la proposta stessa. In questo caso sarebbe molto simile a un referendum abrogativo della proposta elaborata dal Parlamento.

Già un meccanismo del genere sarebbe molto più simile a quello che oggi è il nostro impianto costituzionale. Il nostro impianto costituzionale è stato scientificamente, volutamente, per una scelta politica dei nostri costituenti, impostato in questo modo. Ora - lo abbiamo fatto nelle giornate precedenti - abbiamo rappresentato in quali e in quanti modi possa essere utilizzato strumentalmente in maniera negativa lo strumento che abbiamo di fronte in questo momento.

Noi possiamo illuderci che le proposte d'iniziativa popolare siano raccolte da cittadini particolarmente coscienti di loro stessi e del ruolo che vogliono esercitare, e che tutto questo avvenga nella totale armonia, nella totale distanza da pressioni, da lobby, da interessi, eccetera, ma sappiamo che inevitabilmente non sarà così. E ripeto, quando noi legiferiamo dobbiamo sempre porci il problema che le norme che utilizziamo possano essere utilizzate dalle persone più spregiudicate che possiamo immaginare, perché solo così riusciamo a mettere, così come i nostri Padri costituenti hanno fatto per la nostra Costituzione nell'equilibrio tra i poteri, i paletti giusti per impedire distorsioni, abusi e utilizzi al limite del criminoso di istituti che invece, con una certa ingenuità o finta ingenuità, vengono pensati come istituti di partecipazione e di democrazia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Siamo ritornati al punto di ieri sera, cioè all'inserimento di alcuni irrigidimenti che consentono di rendere questo strumento più compatibile con la democrazia rappresentativa. Il punto chiave è sempre quello dei principi: quello che si richiede è che il Parlamento vada nella stessa direzione, ma una volta che il Parlamento sia andato nella stessa direzione, appare troppo rigida l'idea di andare comunque a referendum.

Accanto a questo punto di irrigidimento, questi emendamenti ripropongono una raccolta supplementare di firme, in modo tale che ci sia una presa di coscienza da parte dei promotori, se si accontentano o meno dall'intervento del Parlamento.

Il terzo elemento di irrigidimento è che si svolge comunque sui princìpi il referendum, in modo da consentire al Parlamento anche un'opera di mediazione successiva. Per questo, questo ed altri emendamenti che abbiamo presentato noi, che ha presentato il gruppo di Forza Italia sono tutti ispirati a questa logica positiva.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Fatuzzo. Ne ha facoltà, per un minuto.

CARLO FATUZZO (FI). Presidente, come lei e tutti i colleghi sanno, le proposte di legge popolari possono essere presentate al Parlamento nazionale anche con delibera a maggioranza dei singoli consigli regionali. Nel 1990, essendo consigliere regionale, ottenni la presentazione di una proposta di legge della regione Lombardia al Parlamento nazionale per rimborsare ai lavoratori che non hanno ottenuto la pensione perché non hanno raggiunto i 20 anni di contributi minimo, questi contributi. La proposta di legge è rimasta nei cassetti di questo Parlamento senza essere mai discussa. È sufficiente che si dia obbligo di esaminare entro un certo termine tutte le proposte di legge previste dall'attuale Costituzione…

PRESIDENTE. Concluda.

CARLO FATUZZO (FI). …per essere tutti d'accordo che si possa discutere realmente una proposta di legge popolare. Viva i pensionati, pensionati, all'attacco (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.58 Sisto, con il parere contrario della Commissione, mentre il Governo si è rimesso all'Aula e il relatore di minoranza ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione) (All'ingresso del deputato Frailis prolungati applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali).

Cogliamo l'occasione anche noi per dare il benvenuto al deputato Andrea Frailis, eletto nelle elezioni suppletive in Sardegna pochi giorni fa.

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.59 Sisto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Presidente, nell'unirmi al saluto al neodeputato, lo invito immediatamente a prendere atto del clima dell'Aula, ma ovviamente è ancora troppo preso dai saluti.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO (ore 11,45)

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Perché, Presidente, questo è un emendamento che cerca disperatamente – il termine non è usato casualmente – di riportare il tema nell'ambito del costituzionalmente “commestibile”.

PRESIDENTE. Collega Sisto, chiederei un attimo la sua attenzione e quella dei colleghi. Colleghi, stiamo discutendo della riforma della Costituzione: credo sia necessario un maggior silenzio da parte dell'Aula. Colleghi! Grazie. Prego, collega Sisto.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Grazie, Presidente. Cerco di riprendere l'intervento chiarendo che questo è un emendamento che ha lo scopo, ribadisco disperato, di riportare il tema della riforma dell'articolo 71 in un ambito di “commestibilità” costituzionale: cioè la possibilità di leggere questa riforma come non un tentativo eversivo nei confronti dei percorsi dell'articolo 70, ma come qualche cosa che in qualsiasi modo possa avvicinarsi a quella logica. Per la verità, devo dire che il principio della goccia che scava la roccia probabilmente potrà portare a qualche riflessione maggiore: io sono convintissimo che ribadire concetti più volte, anche qualche volta in modo insistente, anche qualche volta in modo ripetitivo, possa stimolare una riflessione utile.

E, allora, quando noi diciamo che, salvo che i promotori non vi rinunzino e a condizione che la Corte costituzionale lo giudichi ammissibile, come condizione di proponibilità del referendum noi non solo invitiamo alla possibilità di rinuncia, ma su questo si è già detto anche nel corso di Commissione che è una speranza vana. È evidente che se io ho raccolto 500 mila firme, l'ultima cosa che voglio è poter rinunciare al referendum: anche una qualsiasi chance, una qualsiasi possibilità di portare a referendum una mia proposta che ho faticosamente raccolto… Mi sembra che quindi la possibilità di rinunzia, oggi, costituisca semplicemente un'ipotesi del terzo tipo, dell'impossibilità.

Diversa invece la condizione che la Corte costituzionale lo giudichi ammissibile. Perché, parliamoci chiaro, allorquando si affida a 500 mila persone che possono essere eterodirette… Perché anche su questo io vorrei che vi fosse chiarezza: è molto difficile pensare che ciascuno dei firmatari abbia una propria autonomia critica nei confronti di un testo di legge, si tratta più di un movimento collettivo che di una scelta individuale. Ma questo, Presidente, rafforza la necessità che vi sia un'ammissibilità costituzionale come condizione e presupposto per il referendum. Cioè, proprio la scelta massificata e difficilmente catalizzabile sul singolo rende indispensabile un intervento di catarsi – fatemi passare questo termine – perché ci possa essere accesso al referendum. Cioè, noi non siamo per le scelte d'impeto. Una legge scritta d'impeto e proposta d'impeto, significa una legge che ha molte possibilità di essere asistematica, atecnica, incapace di produrre l'effetto che magari nell'ambito del sistema è indispensabile produrre.

Allora, una legge va riflettuta, va pensata, va meditata. Io credo che, invece, qui si faccia il contrario. Cerchiamo di parlare di metodo.

Questa riforma dell'articolo 71 comprime i meccanismi parlamentari, comprime i meccanismi del consenso, riduce il numero delle chance di rapporto fra democrazia e legge, sostanzialmente va in controtendenza rispetto ai principi che hanno legittimato la Costituzione e i suoi percorsi, cioè è un'anti-Costituzione sostanzialmente, che comporterà che la democrazia rappresentativa, che trova nel Parlamento la capacità di espandersi secondo un percorso ragionevole, raggiunga il suo effetto. Presidente, questa è una denuncia che noi costantemente riproporremo all'Aula e questo emendamento è soltanto l'inizio della lotta per la difesa della Costituzione.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Sisto. Salutiamo intanto gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto Comprensivo “Giovanni Pierluigi” di Palestrina (Roma), che sono venuti in visita ai nostri lavori di oggi. Benvenuti (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dadone. Ne ha facoltà.

FABIANA DADONE, Relatrice per la maggioranza. Grazie, Presidente. Solo per dire che l'emendamento - come ricordato dall'onorevole Sisto - aggiunge semplicemente, al primo capoverso: “salvo che i promotori non vi rinunzino e a condizione che la Corte costituzionale lo giudichi ammissibile”, cioè è esattamente quello che era il testo D'Uva, quindi si va a incollare una parte che abbiamo tolto in Commissione, non perché abbiamo eliminato la possibilità del comitato promotore di rinunziare, anzi abbiamo sottolineato più volte nel corso della seduta di ieri che il meccanismo di rinunzia sia uno dei nodi di questa riforma. Il vaglio di ammissibilità c'era, ma è stato poi trasformato, anzi verrà trasformato nel momento in cui verrà approvato l'emendamento della Commissione in un vaglio preventivo di costituzionalità, quindi in un controllo ancora più forte. Questo è il motivo per cui mantengo il parere contrario su questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI, Relatore di minoranza. L'emendamento comprende due cose: sulla seconda può avere ragione la relatrice, nel senso che nel sistema adottato dalla Commissione il controllo è a 200.000 firme, però avendo noi inserito l'organo terzo, se c'è intervento del Parlamento, io confermo il parere favorevole sull'emendamento del collega Sisto perché, se c'è comunque l'organo terzo che decide, l'organo terzo ascolta i promotori ed è casomai in quella sede che i promotori dicono all'organo terzo che per loro va bene la soluzione parlamentare. Quindi la rinunciabilità dei promotori, una volta che comunque i promotori vanno dall'organo terzo e dichiarano la loro volontà, può essere superata, per cui io ritengo ancora valido l'emendamento soprattutto per la prima parte.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fatuzzo. Ne ha facoltà.

CARLO FATUZZO (FI). Mi rivolgo, signor Presidente, tramite la sua persona, agli amici e colleghi della Lega, a proposito del parere della Corte costituzionale sulla costituzionalità delle proposte di legge o dei referendum. Non sarebbe stato molto meglio se, prima di iniziare a raccogliere le firme per chiedere l'abrogazione della legge “Fornero”, aveste già saputo che sarebbe stata dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale ed evitare tutto quell'impegno lodevole - io stesso ho firmato e sottoscritto quel referendum - per poi vederselo bocciare? Sarebbe meglio che, al più presto possibile, ci fosse un giudizio di legittimità costituzionale, o meno, contro il quale si possono esprimere dei pareri politici eventualmente difformi. Quindi, sono contrario a che non ci sia la possibilità di far deliberare dalla Corte costituzionale l'ammissibilità anche e a maggior ragione delle proposte di legge.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Speranza. Ne ha facoltà.

ROBERTO SPERANZA (LEU). Grazie, Presidente. Questo emendamento come alcuni precedenti e anche molti successivi - tra l'altro ce ne sono alcuni a firma dei deputati di Liberi e Uguali - ci consentono di tornare ad uno dei nodi fondamentali di questo provvedimento, su cui in Commissione è stato fatto un lavoro importante. Ora, a beneficio soprattutto dei colleghi che non erano in Commissione, vorrei che fosse chiaro un punto: che cosa accade con la proposta che si mette in campo? A un certo momento, dopo la raccolta delle firme, il Parlamento deve decidere se deliberare e approvare un testo sulla base del testo proposto dai 500 mila firmatari, oppure decidere semplicemente di soprassedere.

Nel caso in cui il Parlamento si disinteressi della proposta arrivata dalla raccolta di firme, è evidente che si va a referendum, nel caso in cui invece il Parlamento - come è auspicabile - decida di assumere quella domanda di iniziativa legislativa che proviene dai proponenti, si è di fronte ad un bivio, in qualche modo, perché c'è un testo su cui ci sono le firme dei 500.000 elettori e c'è un testo che è frutto della sovranità del Parlamento, che - voglio ricordare - è una sovranità frutto delle elezioni politiche, quindi di un momento in cui mediamente votano intorno ai 30, 33, 35 milioni di persone, quindi è un momento di sovranità assoluta.

Ora, qual è il punto? Chi giudica la differenza tra questi due testi. La mia personale opinione è che, a giudicare la differenza tra questi due testi, debba essere un organismo del massimo rilievo istituzionale e - dico di più - del massimo rilievo costituzionale e questo organismo - dal mio punto di vista, ci sarà un emendamento che arriverà - è la Corte costituzionale. Guardate, io invito la relatrice, che ha molto riflettuto e anche assunto le richieste e le valutazioni dell'opposizione, a riflettere su questo punto: nel testo base iniziale e nel testo uscito dalla Commissione questo giudizio sul lavoro fatto dal Parlamento lo davano addirittura i comitati promotori, facendo diciamo assurgere i comitati promotori a un ruolo che è del tutto fuori luogo dal mio punto di vista. Ora, io penso che - se si tratta di giudicare se il Parlamento ha fatto fino in fondo la propria parte e cioè ha riconosciuto il mandato che, in qualche modo, quei 500.000 elettori con la raccolta di firme hanno voluto esprimere - a giudicare il lavoro fatto dal Parlamento, in cui è espressa la sovranità popolare, debba essere la Corte costituzionale e credo in ogni caso che il ruolo dei comitati promotori vada sfumato il più possibile. Io ho presentato alcuni emendamenti soppressivi che fanno scomparire le parole “comitati promotori” dal testo della Costituzione, perché ho molto rispetto per i comitati promotori, però ritengo che, di fronte ad un voto del Parlamento che ha deliberato su un testo, a giudicare se quel testo è o non è in grado di assumere le proposte di fondo che venivano riportate dai 500.000 firmatari non possa essere altri che un organismo costituzionale di massimo rilievo, qual è la Corte costituzionale.

Concludo, chiedendo ancora uno sforzo alla relatrice. Come è noto, noi abbiamo provato fino in fondo a migliorare questo provvedimento; il nostro atteggiamento non è stato l'atteggiamento di chi vuol distruggere questa proposta ma di chi vuol migliorarla perché riteniamo che, nel rispetto della democrazia rappresentativa quale cardine delle nostre istituzioni, dare più potere di proposta ai cittadini e agli elettori sia un fatto positivo. Ora, io chiedo ancora una volta alla relatrice, nel corso di questa discussione, guardando anche i prossimi emendamenti, se ci sono le condizioni per chiarire questo punto: qual è il soggetto terzo che decide? Io credo che la Corte costituzionale sia il soggetto più idoneo a un'operazione di questo tipo (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Mi collego alle osservazioni che faceva il collega Speranza per puntualizzare alcune cose. Primo: i nostri costituenti non hanno voluto dare più potere di proposta politica ai cittadini, se non quello dell'iniziativa legislativa, e lo hanno fatto per una scelta ben precisa. Secondo: se noi stabiliamo, così come hanno stabilito già i nostri costituenti, che con 500.000 firme si possa portare a referendum una legge già lavorata dal Parlamento, già approvata dal Parlamento, non possiamo pensare che le stesse 50.000 firme possano servire per avere una legge già pronta e finita, che finisca sullo stesso livello di una legge votata dai due rami del Parlamento a maggioranza dei presenti.

È assurdo dal punto di vista costituzionale e anche l'organo terzo, che dovesse decidere sulla corrispondenza o meno, non può pensare che quelle due leggi siano sullo stesso piano, perché una è una legge scritta da uno studio legale e un'altra è una legge scritta dagli eletti e rappresentanti del popolo e votata. Non so se è chiaro questo concetto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole D'Ettore. Ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Presidente, intervengo sulla scia dell'intervento del collega Speranza, ma facendo un'altra ipotesi. Si parte dal presupposto che il comitato promotore non rinunzi, ma la rinunzia, che è un atto unilaterale, potrebbe diventare oggetto di trattativa - creando un ulteriore problema - con il Parlamento, perché invece di chiedere noi gli emendamenti come parlamentari, una lobby ben organizzata presenta direttamente una serie di proposte, poi tratta con il Parlamento e dice: se la modificate in questo modo, io al limite rinunzio. Questo è un altro problema: la rinunzia, che è un atto unilaterale, può essere oggetto di una rimessione convenzionale fra le parti, cioè se fate la modifica in questo modo. Ecco perché ci vuole un organo terzo, ecco perché bisogna valutare bene questo presupposto: perché la rinunzia può essere oggetto di una trattativa proprio con il Parlamento, con la maggioranza da parte di lobby che hanno proposto solo strumentalmente quelle loro. Per esempio, anche con riferimento a leggi di spesa che non saprebbero far passare con la legge di bilancio, lo potrebbero fare direttamente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO (PD). Presidente, riteniamo che sia importante ragionare anche su questo emendamento, perché va sulla scia di proposte che anche noi abbiamo presentato. È necessario che ci sia un organismo terzo indipendente a valutare l'ammissibilità dei quesiti, a valutare la congruità con i principi della nostra Costituzione, ma anche con l'organicità del nostro impianto normativo. Se siamo di fronte, ad esempio, a un quesito, a un referendum propositivo su materie tributarie, che non sono escluse - e speriamo vengano escluse e ci sia disponibilità a farlo in maniera netta nel corso dell'esame del provvedimento - e, quindi, se fosse ammissibile un referendum popolare su una legge d'iniziativa popolare in materia tributaria, quale organismo può essere in grado, se non ha accessibilità a tutti gli strumenti dello Stato, di valutarne l'ammissibilità, la congruità, la possibilità che non vada a squilibrare i conti pubblici? Crediamo che sia, quindi, fondamentale mettere in capo a un organismo terzo - avevamo fatto anche proposte alternative della Corte di cassazione -, ma, in questo caso, potrebbe essere utile fare ricorso all'utilizzo della Corte costituzionale che ha pieni poteri per poter intervenire.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sisto 1.59, con il parere contrario del relatore per la maggioranza, con il parere favorevole del relatore di minoranza del PD e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

Passiamo all'emendamento successivo 1.60 Sisto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Grazie, Presidente. Il dibattito comincia ad essere, per fortuna, più partecipativo e dà l'idea di come la sensibilità verso i temi della Costituzione fatalmente, inevitabilmente direi, naturalmente, si estendono a tutti coloro che hanno a cuore la democrazia e i percorsi dell'ortodossia parlamentare. Anche in questo emendamento noi riproponiamo la necessità di un meccanismo che possa essere fluido, non possa essere forzato. E devo dire che l'intervento, puntuale, della relatrice non solo non mi convince sul piano dei contenuti, ma mi convince dell'esatto contrario, cioè della necessità che questa battaglia possa, in qualche modo, continuare, perché la risposta alla domanda principale non è ancora stata fornita e credo che non potrà essere fornita. È pensabile che l'articolo 71 detti i tempi al Parlamento? Cioè, è pensabile che il Parlamento sia costretto ad agire in determinati tempi che perentoriamente diano come conseguenza il proprio suicidio sul piano della capacità di produrre delle leggi a riflessione parlamentare? È come se noi stessimo creando una sorta di bomba ad orologeria, che noi piazziamo in Parlamento con questo articolo 71 e che è destinata ad esplodere distruggendo completamente banchi, deputati, democrazia, Costituzione. Perché è evidente – è evidente – che l'intasamento e la compressione dei tempi sarà il depauperamento - si dice così? -, impoverirà, per essere più chiaro, la capacità del Parlamento di essere fucina di leggi.

Presidente, la scansione spazio-temporale dell'articolo 71, così come ipotizzato, e mi auguro soltanto ipotizzato e mai realizzato, dalla matrice pentastellata del Governo, ma con l'avallo - lo dico ancora una volta - il concorso omissivo, grave, dell'altra componente del Governo, è chiarissima. Io potrò proporre, l'1 per cento degli aventi diritto al voto proporrà cinque, dieci, quattro proposte legislative all'anno - non sappiamo ancora nella legge attuativa, così come nella proposta quale sarà la prospettiva -, bloccherà completamente i lavori parlamentari. Si vuole sfuggire anche ad un controllo che possa essere in qualche modo certificato e il Parlamento ha finito di essere un Parlamento.

A questa domanda, a questo quesito la compatibilità, numero di provvedimenti, tempi perentori, confusione dei diciotto mesi, non si capisce Camera e Senato, questa marmellata parlamentare in cui la melina in un ramo del Parlamento potrà essere sinonimo di referendum certificato, a queste domande non ho ancora avuto una risposta. E quando ad una domanda reiterata non si ha risposta, si ha la certezza che la nostra tesi è pacatamente fondata. Mi dovete spiegare come si eviterà l'intasamento del Parlamento, mi dovete spiegare come i diciotto mesi saranno divisi, mi dovete spiegare quali saranno gli spazi che il Parlamento manterrà a fronte del bombardamento di proposte ai sensi all'articolo 71, magari - ma questo è un rischio evidente, ma criptato nelle risposte della relatrice - a mezzo di consensi raccolti sulle piattaforme.

Allora, ogni emendamento ogni frangente ogni occasione, ogni “pretesto” sarà da noi utilizzato per questo memento e perché a queste domande insistenti ci possa essere una risposta, non una risposta in politichese, non una risposta che dice: in Commissione abbiamo analizzato. Il Parlamento! Dovete rispondere in Aula, al Parlamento. Voteremo a favore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giorgis. Ne ha facoltà.

ANDREA GIORGIS (PD). Presidente, questo emendamento, come una lunga serie di emendamenti che seguiranno, ha come obiettivo, a me sembra, quello di cercare di rendere un po' meno incompatibile l'istituto del referendum propositivo, così come delineato dai proponenti, e un impianto di democrazia rappresentativa tradizionale. Dobbiamo, però, essere sinceri e riconoscere che è difficile, molto difficile, dopo che si è imboccata la strada del riconoscimento in capo al comitato promotore e a 500 mila cittadini di introdurre direttamente e autonomamente una fonte di grado legislativo. Tuttavia, il senso del nostro lavoro, il senso di queste giornate e di questi nostri interventi è quello di insistere e nello scommettere sulla possibilità che gli argomenti che vengono qui avanzati producano un avanzamento.

E, dunque, il senso di questo intervento, come di quelli che seguiranno e che farò successivamente è quello di insistere nello sperare che, come dire, ci sia una rinnovata disponibilità a cogliere i rischi della introduzione di un circuito decisionale del tutto alternativo e competente a legiferare, ovvero tutto ciò su cui è competente a legiferare il Parlamento.

Io personalmente - lo voglio dire - nutro una qualche perplessità sulla opportunità di giurisdizionalizzare il conflitto tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa; io nutro qualche perplessità sull'opportunità di trasferire ad un organo come la Corte costituzionale il compito di verificare se il Parlamento si è davvero attenuto a quanto 500 mila elettori hanno, per il tramite di un comitato promotore, ipotizzato di introdurre nel nostro ordinamento. Non riesco davvero, onorevoli colleghi, a non cogliere come quel tipo di giudizio, quel tipo di tentativo di composizione, alla fine finisca con l'elevare il comitato promotore e 500 mila elettori allo stesso livello del Parlamento, e non rischi, quindi, ulteriormente di accreditare l'idea che sia possibile introdurre norme democraticamente definite in via diretta, così come è possibile introdurre norme democraticamente definite attraverso i rappresentanti.

Io vorrei chiedere con sincerità ai promotori, alla relatrice, di spiegare, di provare a spiegare, di provare ad avanzare un'argomentazione, che mi convinca di come un cittadino - che viene sollecitato da un comitato promotore a dire un “sì” o un “no” ad un pacchetto preconfezionato e definito - possa partecipare ad un miglioramento, ad un incremento, ad una integrazione di quel testo. Noi qui, oggi, e tutte le giornate che trascorriamo, che cosa facciamo? Discutiamo sul presupposto che, attraverso argomenti, sia possibile migliorare le proposte che vengono depositate. Ma voi immaginate se noi qui limitassimo il nostro lavoro ad un voto - “sì”, “no” - alle proposte che ciascuno di noi presenta?

Io rimango convinto che un cittadino, non perché è meno competente, anche se su questo bisognerebbe essere meno ipocriti e un po' più sinceri - un po' meno di ipocrisia, onorevoli colleghi -, ma immaginiamo anche, assumiamo, che un cittadino abbia su tutte le materie la stessa identica competenza che hanno i rappresentanti (i quali naturalmente non hanno una competenza su tutte le materie, posto che ciascuno sta in una Commissione specifica). Immaginiamo, però, io lo assumo come un dato di fatto, che i cittadini abbiano la stessa identica competenza e la stessa identica capacità di discernimento su ciò che vogliono introdurre nel nostro ordinamento. Bene, come fanno? Io vi chiedo: come può oggettivamente una persona competente, che è ben preparata su una certa materia, far pervenire una proposta di aggiustamento, di miglioramento? Come può far ciò?

Ecco, io vi chiedo: discutiamo di questo. Se risolvessimo questo problema, io credo che alla fine troveremmo anche una maggiore intesa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Grazie, Presidente. Intanto un piccolo sfogo, Presidente. Con grande tristezza assisto ad un dibattito in cui pochi colleghi appassionati intervengono e molti assistono con una certa noia ad un confronto sul tema, che è la nostra Costituzione.

Con questa premessa e ringraziando il collega Giorgis per le argomentazioni sin troppo articolate che ha espresso nel corso del suo intervento, mi domando - e domando ai colleghi che hanno, diciamo così, i numeri per portare avanti queste norme - che cosa succede se sulla stessa legge ci sono più comitati promotori. Cioè, se al nord, al centro e al sud si fanno tre comitati promotori che raccolgono le firme sulla stessa legge e uno dei tre, o due su tre intendono rinunciare…

PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Tornerei sulla specificità di questo emendamento. Allora, al momento, sulla base del testo, per non andare a referendum le possibilità sono due. Possibilità uno: rinunziano i promotori. Possibilità due: decide l'organo terzo. Io continuo, a differenza del collega Speranza a ritenere migliore la Corte di cassazione perché abbiamo già l'esperienza dell'abrogativo; siccome, però, l'organo terzo consulta i promotori, tanto vale avere solo una sulla procedura, cioè far rifluire tutto sull'organo terzo, anche il parere dei promotori e non avere, quindi, una procedura concorrente. Per questo mi sembra che l'emendamento colga nel segno.

FABIANA DADONE, Relatrice per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIANA DADONE, Relatrice per la maggioranza. Grazie. Anche io per ritornare all'emendamento. L'emendamento: aggiunge al primo comma “salvo che i promotori non vi rinunzino”. Allora, con l'impostazione del testo attuale, posso capire la battaglia su questo tipo di emendamento, ma nel momento in cui dovesse essere approvato l'emendamento 1.900 della Commissione, il testo diventerebbe così: “quando una proposta di legge è presentata da almeno 500 mila elettori e le Camere non la approvino entro 18 mesi dalla sua presentazione, è indetto un referendum per deliberarne l'approvazione, salvo che i promotori non vi rinunzino. Se le Camere la approvano con modifiche non meramente formali” - qui ci sarebbe una riformulazione del subemendamento dell'onorevole Migliore - “il referendum è indetto sulla proposta di legge presentata, ove i promotori non vi rinunzino”. Mi parrebbe che il testo, a questo punto, risulterebbe ridondante ed è il motivo per cui continuo a mantenere il parere contrario su questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fatuzzo. Ne ha facoltà. Onorevole Fatuzzo… onorevole Fatuzzo, prego.

CARLO FATUZZO (FI). Non avevo sentito il mio cognome, mi scuso Presidente.

PRESIDENTE. La chiamerò anche per nome.

CARLO FATUZZO (FI). Mi scuso Presidente, due volte. Quando studiavo ragioneria, la professoressa di italiano e letteratura italiana mi dava dei “due”, degli “zero”; non ero proprio bravo, non ero portato, ma non così tanto da non capire il significato dell'emendamento Sisto, il quale dice che i promotori possono rinunciare. Se non lo approviamo, che vuol dire? Che verrebbe celebrato il referendum anche se i promotori non vogliono. Poiché sarà quello che succederà nel futuro, ritengo che non sia corretto non approvare questo emendamento e del “se” e del “ma” sono lastricate le pavimentazioni dell'inferno, quindi io non so quello che verrà approvato in futuro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Speranza. Ne ha facoltà.

ROBERTO SPERANZA (LEU). Grazie, Presidente. Intervengo ancora perché ho trovato molto stimolanti gli interventi, in modo particolare del professor Andrea Giorgis, che stimo molto, e anche del professor Ceccanti. Ritengo che il nostro lavoro sia esattamente, qui in Aula, quello di provare ad interagire e a confrontarci, anche a partire da posizioni e punti di vista che sono diversi.

Provo a spiegare ancor meglio la posizione che ritengo di voler difendere dentro quest'Aula su una materia che è così delicata. Abbiamo detto che nel momento in cui il Parlamento decide di legiferare sulla materia su cui i proponenti hanno raccolto le firme, succede un fatto anomalo: vorrei che fosse chiaro a tutti i colleghi. Infatti, non esiste nella storia di questo Parlamento, nella vicenda istituzionale italiana, che dinanzi ad un'approvazione delle Camere il testo non diventi vigente. Nella riforma che si fa, avviene esattamente questo: ciò sarebbe un unicum. Vi prego colleghi di ascoltare con attenzione, cioè il Parlamento decide di discutere e di votare sulla materia indicata dalla proposta di legge dei proponenti ma, anche dopo l'approvazione, quella proposta non diventa legge dello Stato. Non stiamo dicendo una cosa da poco; stiamo dicendo una cosa enorme che a me fa venire la pelle d'oca, cioè che il Parlamento sovrano approva alla Camera e al Senato una norma che non diventa legge dello Stato, perché c'è ancora aperta la procedura del referendum.

A questo punto, perché io insisto sulla Corte costituzionale, pur comprendendo le ragioni che portano il professor Ceccanti a dire: ma la Corte di cassazione si occupa dell'articolo 75, del referendum abrogativo, perché non metterla in qualche modo in campo anche sulla vicenda che riguarda l'articolo 71?

Perché io ritengo che, rispetto a una legge approvata dal Parlamento sovrano, c'è bisogno che ci sia un organismo costituzionale di primissimo piano, quale solo la Corte è, per esprimere, di fatto, un giudizio su questa norma che è stata approvata dal Parlamento, perché il passaggio non può essere letto in maniera burocratica. Io non conosco un'altra modalità e un altro tempo in cui una legge approvata dalle due Camere non entri in vigore. E, allora, chi si può permettere di giudicare se quella legge ha assunto la domanda di fondo dell'iniziativa dei proponenti o meno? Nella proposta iniziale D'Uva, Molinari e anche nel testo uscito dalla Commissione, addirittura, questo compito era nelle mani del comitato promotore, una scelta sinceramente irricevibile, del tutto sbagliata e, io credo, al di là dei limiti, anche, della nostra Costituzione.

Ora, però, il tema lo abbiamo, chi deve decidere? Si sceglie un soggetto terzo, bene, la mia personale opinione è che il soggetto terzo più autorevole e più forte per esprimere un giudizio sul lavoro e sull'esito di questo lavoro delle Camere, non possa che essere la Corte costituzionale. Capisco alcune delle perplessità che pone il professore Giorgis, ma non trovo altra soluzione. Se ci sono altre soluzioni nel dibattito d'Aula sono disponibilissimo ad ascoltarle e a valutarle, ma viste le cose fatte finora, a me sembra che questa sia sinceramente la scelta più difendibile, più razionale e che meglio salvaguarda anche il prestigio, l'onore e la tutela delle Aule parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.60 Sisto, con il parere contrario della Commissione e favorevole del relatore di minoranza e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti 1.61 Sisto e 1.62 Toccafondi.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Questo intervento parlamentare è del giugno del 2030. La prima Repubblica dei partiti fu decimata dagli arresti e arrivò la seconda Repubblica dei presidenti e dei sindaci, con i suoi leader grandi e piccoli, locali e nazionali. Il leaderismo presidenzialista, con la sua retorica decisionista, portò al progressivo svuotamento dei poteri delle Assemblee. Quando si iniziò a parlare della cosiddetta casta, all'inizio degli anni 2000, il Parlamento aveva ancora due Camere legislative, con identiche funzioni, e circa mille rappresentanti del popolo. Si cominciò a parlare di loro, come se fossero dei privilegiati, facendo leva sulla morsa della crisi economica, sull'invidia sociale e degradando la funzione di rappresentanza democratica alla stregua di un posto di lavoro di lusso, ottenuto in forza di chissà quale congiuntura astrale.

Sembra strano, oggi, dire questo, trent'anni dopo, in questa Assemblea plenipotenziaria in cui siamo solo in trenta e paghiamo ciascuno 20.000 euro al mese per sedere tra questi banchi e sembra ancor più strano, se si pensa che questa cifra era più o meno la stessa dotazione mensile lorda che i nostri predecessori, allora, non versavano, ma ricevevano, per esercitare liberamente le loro funzioni.

I gruppi di appartenenza erano i partiti che avevano nomi come Popolo della Libertà, Partito Democratico, Italia dei Valori e così via e non i grandi gruppi economici e di pressione che ci sono oggi, Alleanza petrolifera, Italcantieri, Lega assicurazione, Retenergie, Edil Italia, Retecoop, Legalitalia. E tra i cosiddetti parlamentari non c'erano solo lobbisti o dipendenti di gruppi di pressione, come accade oggi per noi, allora erano semmai una sparuta minoranza, la maggioranza era, invece, costituita da politici di professione e da professionisti, avvocati, giornalisti, commercialisti, medici, se non addirittura lavoratori dipendenti, docenti, magistrati, funzionari pubblici, sindacalisti o piccoli e medi imprenditori. Quei parlamentari esprimevano voti in Aula, secondo le indicazioni dei partiti di appartenenza e, a volte, perfino secondo coscienza, in dissenso, senza poter essere licenziati in tronco, né dal CdA del loro gruppo economico di riferimento, come invece accade oggi, né da chicchessia. Ed è proprio per non essere ricattabili, neppure dai più piccoli datori di lavoro, dai quali sarebbero tornati, prima o poi, una volta cessati dal mandato, che i parlamentari di allora percepivano un assegno, detto vitalizio, che garantiva loro una serenità economica per il futuro, rendendoli piuttosto liberi da facili condizionamenti. Ovviamente anche questa garanzia fu facile da eliminare; bastò paragonare il trattamento economico di una maestranza qualunque a quella di un parlamentare, per scatenare l'indignazione, dapprima, delle fasce sociali più deboli e, poi, anche delle altre, fino a quelle dei baby pensionati o dei pensionati di lusso che si misero, paradossalmente, a inveire contro i vitalizi della politica, pur godendo essi stessi di trattamenti oggettivamente privilegiati. Fu quando i parlamentari di allora, per seguire l'ondata di antipolitica che stava, invece, per travolgerli, iniziarono anch'essi a chiamare costi della politica quelli che erano costi della democrazia. Ebbene, fu allora che la stessa democrazia fu ben presto trattata come un costo e, come tale, per essere dapprima ridotta di un poco, poi di molto, poi tagliata del tutto, come una voce di bilancio inutile. Fu un processo lento e inesorabile, fu mediaticamente così potente da poter godere, da subito, di un effetto esponenziale di distrazione di massa. Tale effetto, garantì un cono d'ombra sicuro e tranquillo a quanti avevano effettivamente l'interesse a realizzare, indisturbati, grossi affari col denaro pubblico, facendo a pezzi, nel frattempo, una classe politica fragile e facile da additare come il problema.

Quanto ci siamo vicini, Presidente; sono pagine scritte nel 2012 (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente, Partito Democratico e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Salutiamo, nel frattempo, anche gli studenti e gli insegnanti dell'istituto Don Lorenzo Milani di Marina di Massa, in provincia di Massa Carrara. Grazie, ragazzi, per essere qui con noi (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Presidente, cerco di spiegare meglio questo dialogo che abbiamo, in particolare, con il collega Speranza. La Corte costituzionale fa già due cose: un controllo di ammissibilità, che ha come parametro quello che il testo costituzionale dice come materie o tipologie inibite, e fa un controllo di costituzionalità sulla legge, che qui deve essere più pregnante, perché sull'abrogativo fa solo un'eventuale controllo sulla normativa di risulta e così via. In ambedue i casi ha come parametro la Costituzione, quindi, sia sull'ammissibilità che sulla costituzionalità. Quindi, è ovvio che sia l'organo più adatto a fare queste due cose. Se io ne aggiungo una terza e la terza è dire, poi a seconda delle diverse formulazioni, quanto l'intervento del Parlamento superi o meno quello popolare, qui, siamo in un ambito un po' diverso, perché il parametro non è la costituzionalità, ma è individuare o quelle che i relatori chiamano le modifiche formali o quelli che, secondo lo schema proposto da questi emendamenti del collega Sisto, ma anche dai nostri, sono i principi fondamentali. Ora, individuare cosa siano i principi fondamentali, nell'uno e nell'altro testo, è un'operazione un po' diversa che lavorare sulla Costituzione. Per questo insisto sul fatto che non sia casuale che nella legge n. 352 del 1970 tutto questo pezzo sull'abrogativo venisse dato alla Cassazione e non alla Corte costituzionale.

GIUSEPPE BRESCIA, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE BRESCIA, Presidente della I Commissione. Presidente, solo per fare una battuta. Io nutro una grande simpatia per il collega Baldelli ed è stato bellissimo vederlo nelle vesti del J-Ax parlamentare, perché sulla canzone 2030 degli Articolo 31 ci sono dei parallelismi interessanti perché nella canzone si diceva che nel 2030 avremmo visto Venezia affondare, l'Italia avrebbe venduto il Colosseo alla Francia e non si sarebbe più potuto fare l'amore perché ci sarebbe stato un virus che si sarebbe preso tramite il sudore e così catastrofico era anche il panorama disegnato dal collega Baldelli, che con la sua fantasia ha lavorato parecchio.

Noi siamo molto più speranzosi e siamo sicuri che nel 2030 il Parlamento sarà ancora qui a fare il suo dovere anche perché la nostra proposta di modifica costituzionale va esattamente in questo senso, cioè va a aumentare la sinergia che c'è tra i cittadini e il Parlamento e non nel senso contrario indicato dal collega Baldelli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Siamo confortati dalle sue rassicurazioni.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Fatuzzo. Ne ha facoltà.

CARLO FATUZZO (FI). Signor Presidente, colleghi, se non approviamo questo emendamento vuol dire che domani verranno sottoposte a referendum leggi che in un successivo tempo potranno essere dichiarate incostituzionali ma, nel frattempo, gli effetti che queste proposte di legge incostituzionali avranno fatto saranno salvaguardati, come dice la legge, perché quando viene dichiarata incostituzionale una legge gli effetti nel frattempo prodotti vengono regolamentati. E quindi ci troviamo anche nel pericolo di avere leggi incostituzionali che producono degli effetti che sono ovviamente incostituzionali.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 1.61 Sisto e 1.62 Toccafondi, con il parere contrario della Commissione, con il parere favorevole del relatore di minoranza mentre il Governo si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

Passiamo alla votazione del subemendamento 0.1.900.12 Sisto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Ravetto. Ne ha facoltà.

LAURA RAVETTO (FI). Grazie, Presidente. Questa proposta emendativa di Forza Italia è di buonsenso. Cioè, si dice: se il Parlamento ha recepito, convertito, creato la proposta parlamentare non frustrando i principi ispiratori della proposta popolare e non modificandone i contenuti essenziali il referendum non si fa. È un principio di buon senso e riprende un po' gli emendamenti che abbiamo già precedentemente discusso in un altro comma della proposta di legge. Noi lo riteniamo necessario Presidente - e mi rivolgo a lei per la relatrice - perché la dicitura attuale, cioè che non si fa il referendum se il Parlamento ha convertito ma con pure modifiche formali, è una dicitura non soltanto che non dice nulla, ma è troppo stringente. È di tutta evidenza, infatti, che il referendum sarebbe sempre possibile, a meno che il Parlamento non modificasse nulla se non le virgole. Ma soprattutto è una proposta emendativa che si rende necessaria per creare una coerenza all'interno della nostra stessa Costituzione e, in particolare, la coerenza con l'articolo 75 della Costituzione, dove si prevede il referendum abrogativo. Su questo è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 68 del 1978 che ha detto chiaramente che, in nome del principio della continuità legislativa e, cioè, in nome del principio che il Parlamento non ha limiti nella possibilità di legiferare, quando il legislatore esprime legislativamente una proposta legislativa che non violi e non frustri i valori e i principi del referendum allora il referendum non si fa più.

PRESIDENTE. Prisco.

LAURA RAVETTO (FI). Quindi, perché bisogna creare questa coerenza? Perché la Costituzione è materia olistica e si tiene in sé. La metafora che mi fa sempre il professor Brunetta è: “Il bravo medico sa che se mastichi male poi rischi di camminare male perché tutto è collegato” (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Allora, qui se non manteniamo questa coerenza la Costituzione la distruggiamo e, colleghi, dobbiamo evitarlo questo, a meno che - e io spero di no - non sia il vero intento del MoVimento 5 Stelle: togliere un mattoncino dal muro perché crolli tutto. Noi questo non lo accetteremo: noi la Costituzione la difendiamo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Prisco. Ne ha facoltà.

EMANUELE PRISCO (FDI). Grazie, Presidente. Anche il gruppo di Fratelli d'Italia ritiene che questo emendamento riapra un altro tema di quelli che sono stati affrontati nei lavori parlamentari e anche nella discussione in Commissione, cioè quello del regolare funzionamento e del funzionamento parallelo della proposta di legge d'iniziativa popolare con il regolare funzionamento dell'attività parlamentare, e obiettivamente pone un tema che è assolutamente di buonsenso, come ha ricordato già la collega Ravetto, perché di fatto è possibile che nella composizione di una norma anche di iniziativa popolare e, quindi, nella valutazione del Parlamento vi siano delle modifiche che non violino i principi della stessa iniziativa popolare ma che comportino per ragioni varie, che siano di bilancio o che siano di compatibilità con altre normative, un'armonizzazione tale per cui vi siano delle modifiche, che però magari non violano i princìpi fondamentali che hanno ispirato quella proposta legislativa. Mi sembra forse che questo che è stato proposto sia un elemento di buonsenso che andrebbe valutato nell'ambito della discussione parlamentare anche nel doppio passaggio tra Camera e Senato, perché altrimenti trasformeremmo le due Camere in ratificatori della proposta di legge di iniziativa popolare di fatto esautorando il Parlamento da quelle che sono le sue proprie funzioni (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI (FI). Grazie, Presidente. Questa fila di emendamenti credo che sia poi il cuore della proposta in discussione e sostanzialmente riguarda, appunto, il rapporto fra intervento del Parlamento e quesito posto dal comitato proponente. Parlando di modifiche meramente formali - come fa oggi il testo - mi chiedo cosa si voglia dire: che il Parlamento può solo cambiare qualche virgola o spostare qualche punto? Cioè, sostanzialmente il Parlamento diverrebbe un puro ente ratificatore della proposta.

Ora, fra questo eccesso e l'eccesso che magari il Parlamento possa totalmente stravolgere il quesito posto dal comitato proponente credo che ci sia un ampio margine di intervento. Allora - e questa è la richiesta al presidente della Commissione, alla relatrice e alla maggioranza - interveniamo con serietà su questa norma, perché se si trova il giusto mezzo per consentire realmente un intervento del Parlamento che non sia esclusivamente strumentale si può dare un senso reale a questa proposta di legge e forse, presidente Brescia, anche togliere qualsiasi dubbio fra quelli che già il collega Baldelli ha sottolineato con estrema ironia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bazoli. Ne ha facoltà.

ALFREDO BAZOLI (PD). Grazie, Presidente. Prima il collega Baldelli ha descritto uno scenario da incubo - nel 2030 il Parlamento che non c'è più - e poi il presidente Brescia ci ha rassicurato e ha detto: “No, nel 2030 il Parlamento ci sarà ancora e vi rassicuro”. Ma io mi chiedo: dobbiamo essere rassicurati dalle vostre parole o no?

Vorrei leggere, a questo proposito, quanto c'è scritto sull'organo di comunicazione ufficiale del MoVimento 5 Stelle, cioè il blog delle Stelle, che ha pubblicato il 23 luglio 2018 un'intervista integrale a Davide Casaleggio, il presidente dell'associazione Rousseau, quello a cui i colleghi dei 5 Stelle versano ogni mese 300 euro e che, mi pare, si possa considerare un po' l'ideologo del MoVimento 5 Stelle. Un'intervista lucida, acuta, tutt'altro che banale, nella quale dice: “La democrazia partecipativa è già una realtà grazie a Rousseau, che per il momento è stato adottato dal MoVimento 5 Stelle, ma potrebbe essere adottato in molti altri ambiti”, e ancora “I modelli novecenteschi stanno morendo, dobbiamo immaginare strade nuove e senza dubbio la rete è uno strumento di partecipazione straordinario”. Egli conclude questo ragionamento dicendo: “Per lungo tempo il metodo della rappresentanza è stato il migliore mondo possibile. Oggi, però, grazie alla rete e alle tecnologie, esistono strumenti di partecipazione decisamente più democratici ed efficaci in termini di rappresentatività del volere popolare di qualunque modello di Governo novecentesco. Il superamento della democrazia rappresentativa è quindi inevitabile”.

Ripeto: il superamento della democrazia rappresentativa è quindi inevitabile. Infine, si aggiunge: “Tra qualche lustro è possibile che il Parlamento non sarà più necessario”. Queste sono le parole di Davide Casaleggio, dell'ideologo del MoVimento 5 Stelle. Allora, mi chiedo e vi chiedo: a chi dobbiamo credere, cari colleghi? A voi, che ci rassicurate ma siete esecutori della volontà di questo movimento, o a chi attraverso la piattaforma Rousseau quella volontà la crea, la plasma, la condiziona? A voi, che ci dite che volete difendere la democrazia rappresentativa, o al vostro ideologo che dice che è inevitabile superarla e il Parlamento non ci sarà più (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Speranza. Ne ha facoltà.

ROBERTO SPERANZA (LEU). Presidente, torno al merito di questo emendamento, chiedendo anche all'onorevole Sisto la possibilità di poterlo sottoscrivere, perché mi sembra che possa aiutare il testo che stiamo costruendo ad avere meno limiti e meno incertezze possibili. Il tema di cui si parla è sempre la differenza tra i due testi: il testo come presentato con le 500 mila firme dal comitato promotore e il testo come approvato dal Parlamento. Vorrei che fosse chiaro che nella prima dicitura in Commissione si parlava semplicemente di testi diversi (qualora i testi fossero diversi). Dopo una lunga discussione, in cui la relatrice e la maggioranza hanno capito che quella dizione era oggettivamente debole, si è arrivati a questa ulteriore modifica. Oggi la proposta che stiamo discutendo non parla più di testi diversi, che era un'accezione troppo vaga, troppo dispersiva, ma parla di modifiche non meramente formali. Nell'accezione precedente bastava cambiare una virgola e i testi potevano considerarsi diversi, bastava un piccolo drafting di tipo parlamentare e i testi potevano essere diversi. Oggi si parla di modifiche non meramente formali.

La mia personale opinione, cara relatrice, è che si è fatto sicuramente un passo in avanti apprezzabile, ma che questo passo in avanti non è ancora sufficiente, perché dire semplicemente “modifiche non meramente formali” ancora costruisce una gabbia troppo stretta per il lavoro del Parlamento, che è l'organismo sovrano che credo tutti vogliamo mettere a cardine di questa democrazia (almeno, questo è l'auspicio che io ho personalmente). Per cui, ritengo che questo emendamento, che ci consente di superare la dizione “modifiche non meramente formali” e, invece, richiamare i principi generali della materia, sia una soluzione adeguata. Cioè, nel momento in cui il Parlamento nella sua sovranità delibera su quella materia, assumendo i principi generali, credo che il referendum, a quel punto, sia ampiamente evitabile, altrimenti la dignità e la forza del Parlamento rischia oggettivamente di essere messa in discussione. Per questo chiedo alla relatrice un ulteriore supplemento di riflessione e riterrei cosa molto utile che questo emendamento potesse essere approvato (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Perego Di Cremnago. Ne ha facoltà.

MATTEO PEREGO DI CREMNAGO (FI). Grazie, Presidente. Il filosofo Byung-Chul Han, coreano, che immagino tutti conosciate, scrive dello sciame in cui oggi si verificano questi fenomeni, ovvero degli sciami digitali. Questa riflessione mi ha portato a pensare a che cosa stia facendo oggi il MoVimento 5 Stelle e che cosa rappresenti. Bene, nello sciame digitale esistono gli homines digitalis, che non sono altro che un assembramento di individui digitali, che non rappresentano però un noi, uno spirito comune, ma solo un'occasione di raggruppamento temporaneo, un po' come fanno negli sciami le api.

Allora, io nel 2030 non vedo solo la disgregazione di questo Parlamento, della democrazia rappresentativa, ma vedo proprio un esercizio di disgregazione di quelli che sono i nostri valori come uomini, i nostri valori di collettività, di spirito di unione e vedo soltanto dei soggetti digitali che occasionalmente sposano una partita, che poi è un referendum, che poi significa non avere più in mente che cos'è la società e che cos'è il bene della società (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). La ringrazio, Presidente. Giusto per continuare a regalare delle gioie al presidente Brescia, le cui rassicurazioni non mi hanno affatto tranquillizzato, continuerò a leggere quell'intervento del 2030 nel prossimo intervento che avrò da cinque minuti. Siccome in questo ho soltanto minuto, mi permetto di citare, invece, un riferimento culturale forse non alla stessa altezza di J-Ax, ma il Ministro Fraccaro, che il 4 luglio diceva: “Se i cittadini si trovano di fronte a un Governo che non rispetta - che sarebbe non “rispetti” - il proprio mandato - e non si capisce se “proprio” è dei cittadini o del Governo, ma insomma - e tradisce la volontà popolare - quindi sarebbe dei cittadini, probabilmente - avranno la possibilità di scrivere loro le leggi e di approvarle direttamente”. Ha poi proseguito Fraccaro: “Non avremo più italiani che si lamentano al bar, ma italiani che avranno la possibilità di costruire e trasformare in attività propositiva la loro protesta, responsabilizzandoli”.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

SIMONE BALDELLI (FI). Allora, Presidente, delle due l'una: anziché abolire il bar, hanno scelto di abolire il Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iezzi. Ne ha facoltà.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Grazie. Trovo davvero curioso che nella discussione su una riforma costituzionale si continuino a citare cose che con la riforma costituzionale non hanno il benché minimo attacco. Ho sentito citare brani del Blog delle Stelle, sento citare previsioni sul 2030, sento citare - ne stiamo discutendo e ne abbiamo discusso stamattina, ne stiamo discutendo da giorni - un emendamento, che tra l'altro non è stato neanche presentato perché poi è stato ritirato, su un altro provvedimento, che è in discussione in un'altra Camera, perché è in discussione al Senato, una discussione che, tra l'altro, in questo momento è interrotta perché il Senato sta discutendo di tutt'altro; un emendamento che non c'entra nulla con la riforma di cui stiamo discutendo noi e che sicuramente sarà da approfondire, ma quando alla Camera ritornerà quel provvedimento che oggi è in discussione al Senato.

Posso rassicurare tutti coloro che non hanno letto il testo della riforma - perché quelli che l'hanno letta lo sanno, anche se sollevano motivazioni pretestuose - che non c'è scritto da nessuna parte, non c'è nessuna apertura a presunti voti digitali (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Questa preoccupazione, che secondo me è anche legittima, però sarà da discutere, da approfondire e da valutare quando affronteremo al Senato, quando i nostri colleghi al Senato, affronteranno questo provvedimento - il provvedimento Nesci, se non erro - e quando questo provvedimento ritornerà in quest'Aula. Quindi, è una discussione che non ha il benché minimo senso qui dentro. Qui dentro, nella riforma, non si fa il benché minimo cenno a nessun voto digitale.

C'è un'altra motivazione che trovo curiosa e che sento continuamente dire: è questa teoria che ci siano 500 mila elettori eterodiretti, incapaci di ragionare, senza competenze (cito), senza autonomia, che si apprestano ad obbedire a ordini per bloccare l'attività del Parlamento.

Allora, visto che sicuramente anche noi come Lega avevamo inizialmente la preoccupazione che lobby, che categorie, che associazioni organizzate, che gruppi organizzati potessero incidere troppo sull'attività del Parlamento, abbiamo svolto una riflessione sulla questione del quorum. Io davvero trovo incredibile che si possano ancora avere dei dubbi su eventuali influenze di lobby, di gruppi organizzati, quando parliamo di un quorum approvativo del 25 per cento: sono 12 milioni di elettori (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e MoVimento 5 Stelle)! Come si può pensare che nel nostro Paese 12 milioni di elettori siano eterodiretti, senza competenze, senza capacità di giudizio e senza autonomia?

Ultima questione. Mi rivolgo all'onorevole Speranza, tramite lei. Abbiamo capito che lei vuole il giudizio terzo della Corte costituzionale; ci sono altri, tra cui noi, che ritengono sia più indicata la Cassazione; abbiamo preso una decisione (di cui abbiamo discusso in Commissione affari costituzionali, c'è stata una lunga discussione), che questi temi verranno affrontati in sede di legge attuativa. Questo abbiamo deciso, tant'è che l'emendamento che verrà approvato dopo statuisce questo; e tra l'altro, proprio per dare a questa legge attuativa una valenza più importante e più profonda, l'abbiamo modificata rispetto al testo originale facendo in modo che questa legge attuativa sarà poi approvata con una maggioranza qualificata, con la maggioranza assoluta dei componenti della Camera, proprio per darle un valore diverso da quella legge ordinaria che era inizialmente la legge attuativa.

In quella sede scriveremo una legge, approfondiremo tutti i temi. Lo faremo con l'aiuto dell'opposizione, ovviamente, perché questo metodo, credo ce lo riconoscerete, l'abbiamo seguito durante tutta la discussione facendo molte aperture all'opposizione. Lì affronteremo anche questi temi, che abbiamo inserito, che rimangono ovviamente aperti, perché nel testo costituzionale non c'è scritto nulla di tutto ciò, ma che sono presenti, che sono comunque chiari, indicati, e che vanno affrontati quando scriveremo la legge attuativa.

Io rassicuro tutti: il Parlamento non va a scomparire, al massimo diventerà forse un po' più forte (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO (PD). Presidente, per il suo tramite, avrei una domanda semplice per il collega Iezzi: ma se lui è così sicuro che questo tema delle firme digitali è campato per aria, è inesistente, non interseca la discussione che stiamo facendo su questo progetto di legge costituzionale, ma allora perché non vota a favore degli emendamenti dei colleghi di Forza Italia, con i quali si è presentato alle elezioni politiche, che stabiliscono: al di là di ciò che sta succedendo al Senato, le firme non saranno digitali (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Forza Italia-Berlusconi Presidente e Liberi e Uguali)? Ma è tanto difficile, onorevole Iezzi, votare a favore di quell'emendamento?

La politica è una cosa semplice: se lei dice che non c'è questo pericolo, ha lo strumento. Credo che il collega Sisto avrà presentato più di un emendamento: ecco, tre emendamenti che riguardano quel punto. E non è così vero, come dice lei, che ciò che avviene al Senato non ci interessa, perché la politica chiede coerenza: la chiede a chi si è presentato alle elezioni politiche con un partito che adesso dice il contrario di voi, la chiede a chi svolge un lavoro nella Camera dei deputati, e si vorrebbe che lo stesso lavoro coerente fosse stato al Senato della Repubblica. Come si diceva una volta nelle pubblicità, per il suo tramite, Presidente, onorevole Iezzi: basta un sì (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO (PD). Presidente, effettivamente è ricco di contraddizioni l'intervento che abbiamo sentito poco fa dal collega della Lega. Anche perché non si può pensare di trattare la materia costituzionale slegandola da altri procedimenti che sono in corso in questo momento, anche se nell'altro ramo del Parlamento, e che comunque intaccano in maniera importante il testo costituzionale.

E poi ci sono evidentemente, come ricordava il collega Fiano, degli emendamenti che vanno nella direzione auspicata: non si capisce perché nel silenzio totale li si bocci completamente senza dare argomentazioni di merito. Forse c'è qualche imbarazzo anche tra i colleghi della Lega: lo capiamo, ma non si vengano a dare lezioni di coerenza o su come i colleghi dell'opposizione devono intervenire (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Signor Presidente, per il suo tramite vorrei interloquire con le riflessioni che svolgeva il collega Iezzi, perché c'è un punto del ragionamento che francamente non riesco a cogliere fino in fondo, e lo dico in maniera molto diretta. Il tema del giudice terzo è un tema non secondario, e noi diamo atto di un passo in avanti significativo…

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FEDERICO FORNARO (LEU). Un minuto solo. …rispetto al testo base. Però, se voi siete come maggioranza già orientati verso l'individuazione del soggetto, perché rimandare questo alla legge attuativa, e non inserirlo già oggi nel testo costituzionale?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega D'Ettore. Ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Presidente, tramite lei mi rivolgo all'onorevole Iezzi, che ringrazio per l'intervento, perché così abbiamo sentito anche la voce che proviene dall'altra parte della maggioranza che propone questa riforma costituzionale.

Quando si parla di riforma costituzionale non c'è niente che è estraneo: è il sistema, non è una monade (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Il sistema costituzionale dialoga con l'intero ordinamento, ha effetti su tutto. Tutto ciò che riguarda la materia costituzionale di converso riguarda l'ordinamento giuridico; e noi in materia di firma digitale abbiamo degli emendamenti, che quindi fanno parte del contesto della nostra discussione.

Così come non basta il quorum, perché se la proposta di legge parlamentare è approvata da 316 parlamentari, quelli rappresentano probabilmente più di 12 milioni di elettori, può darsi, anzi sicuramente li rappresentano. Quindi quella proposta può soccombere e diventare il nulla di fronte invece ad un referendum, oppure ad una rinunzia strumentale di chi ha proposto l'iniziativa di legge popolare.

Attenzione quando si parla di norme costituzionali: il dibattito non è mai inutile, e ogni questione è invece rilevante. Anche quelle che sollevava il collega Baldelli, che erano questioni relative alla riforma costituzionale.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1.900.12 Sisto.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).

Sospendo, a questo punto, l'esame del provvedimento, che riprenderà nella parte pomeridiana della seduta a partire dalle ore 14.

La seduta, sospesa alle 13, è ripresa alle 14,10.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2 del Regolamento i deputati Claudio Borghi, Brescia, Colletti, Colucci, D'Inca', Frusone, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Guerini, Lorefice, Molinari, Saltamartini, Schullian, Sisto, Stumpo e Tateo sono in missione a decorrere alla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente novantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Nel quarantesimo anniversario dell'omicidio di Guido Rossa.

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea e i membri del Governo). Colleghe e colleghi, ricorre oggi il quarantesimo anniversario del barbaro assassinio di Guido Rossa. Operaio, sindacalista e militante del Partito comunista italiano, Rossa fu ucciso mentre si recava al lavoro dalle Brigate Rosse perché ne aveva denunciato la propaganda all'interno dello stabilimento Italsider di Genova.

Ricordarlo oggi in quest'Aula costituisce anzitutto un doveroso omaggio a un uomo di grande integrità e passione civile che ebbe il coraggio di non guardare all'altra parte, mentre tanti fingevano di non comprendere o trattavano con indulgenza la minaccia brigatista. Ma la commemorazione odierna deve costituire anche l'occasione per ribadire che la nostra democrazia ha fronteggiato con successo, senza rinunciare al rispetto dello Stato di diritto, gli attacchi del terrorismo e dello stragismo. Pericoli dei quali, tuttavia, il nostro Paese, nessun Paese può ritenersi definitivamente immune. Lo dimostrano le indegne scritte contro Guido Rossa comparse ieri a Genova, verso le quali ribadisco la mia più ferma condanna.

Dobbiamo tutti rinnovare quotidianamente, pur nella diversità dei ruoli e delle funzioni, l'impegno a fare piena luce sulle torbide vicende di quegli anni ed arginare nuove derive eversive che dovessero manifestarsi, in coerenza con i principi e i valori della nostra Carta costituzionale. Ed occorre, come ha ricordato il Presidente Mattarella, che siano assicurati alla giustizia e scontino la pena tutti coloro che, sotto le diverse sigle del terrorismo brigatista e dell'eversione neofascista, hanno commesso gravi reati e si sono dati alla fuga. A questo scopo, per contribuire alla verità e alla giustizia, considero prioritario perseguire la declassificazione e pubblicazione dei documenti “segreti” o “riservati”, acquisiti dalle varie Commissioni parlamentari d'inchiesta che hanno operato negli anni scorsi, anche in relazione a quelle vicende.

Desidero rinnovare, a nome mio e dell'intera Assemblea, l'espressione del più sentito cordoglio ai familiari e agli amici di Guido Rossa che, con lui, hanno pagato un tributo alto ai valori della legalità e della democrazia.

Invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio in memoria di Guido Rossa (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio - Applausi). Grazie.

Si riprende la discussione della proposta di legge costituzionale n. 1173-A (ore 14,16).

PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione della proposta di legge costituzionale n. 1173-A.

Ricordo che, nella parte antimeridiana, della seduta è stato da ultimo respinto il subemendamento 0.1.900.12 Sisto.

Passiamo alla votazione del subemendamento 0.1.900.7 Sisto, a pagina 21 del fascicolo.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Grazie Presidente, riprendo le tematiche afferenti a questo provvedimento, rappresentando che tale proposta emendativa non può non tener conto, come accade quando si riprendono i lavori, degli accadimenti che hanno preceduto questa discussione, e non può non tenerne conto, perché ci siamo intrattenuti, lo ricorderei all'Aula, sulla necessità di legittimare il ricorso al referendum, non soltanto dal punto di vista dei numeri, non soltanto dal punto di vista di una nuova, rinnovata scelta di un certo numero di elettori di seguito alla proposta per accedere al referendum, ma soprattutto - ed è il tema nodale di questo provvedimento - relativamente ai rapporti fra la proposta dei 500.000 all'attacco e il Parlamento. Da questo punto di vista, la legittimazione della proposizione del referendum, nonostante il Parlamento si occupi dei temi della proposta referendaria, o si occupi della stessa proposta, costituisce sicuramente il nodo più rilevante, lo snodo più importante per comprendere se e come questa proposta sia capace, come io ritengo, di demolire la democrazia rappresentativa e la scritturazione costituzionale dei principi.

Con questo emendamento, Presidente, noi contestiamo la dizione “modifiche non meramente formali”, su cui inviterei l'Aula a riflettere: se il Parlamento effettua modifiche, che siano non meramente formali, vi è il titolo a promuovere il referendum, ma chiedo: che cosa significa “modifiche non meramente formali”? Vuol dire che il Parlamento è obbligato sostanzialmente a confermare, dalla prima parola all'ultima, la proposta referendaria, perché se, per caso, si azzarda ad intaccare, con un piccolo intervento, la compattezza, la solennità e l'intangibilità della proposta dei 500.000 all'attacco - della democrazia, aggiungo io - bene, c'è il via libera al referendum! Questo è un modello improponibile; la lingua italiana è fatta anche per scrivere le leggi, qualcuno se lo dovrebbe ricordare, non soltanto per guadagnarsi consensi. “Non meramente formali”: vi invito ad un'analisi semplicissima delle parole; neanche “formali”, ma “meramente formali”. Come a dire: non ti devi azzardare a toccarla quella proposta, di una qualsiasi cosa, perché, se tu la tocchi, io vado al referendum; quindi cerchiamo di essere chiari e di essere leali, almeno nei confronti della lingua italiana, Presidente. Non chiedo la lealtà nei confronti delle proprie idee e dei propri convincimenti ma del semplice approccio letterale alle parole: noi stiamo dicendo che il Parlamento non avrà alcun titolo a modificare quelle proposte, perché qualsiasi intervento comporterà automaticamente il referendum.

Chiedo pertanto, Presidente, che questo emendamento sia votato, riservandomi interventi successivi su analogo tema.

GIUSEPPE BRESCIA, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE BRESCIA, Presidente della I Commissione. Grazie, Presidente. Solo per dire che non è assolutamente vero quello che sostiene il deputato Sisto, perché, come abbiamo già avuto modo di dire più volte e lo ripetiamo speriamo per l'ultima volta, il comitato promotore può sempre, ha sempre la facoltà di rinunziare al referendum. Se le modifiche sono poco più che formali, noi pensiamo che nessun comitato promotore rischierà di andare al referendum, rischiando anche di perderlo, questo referendum, perché, lo ricordiamo, per poter passare il referendum serve il voto favorevole di più di 12 milioni di italiani. Quindi, se le modifiche saranno veramente fedeli a quello che era il testo e, quindi, l'intento iniziale del comitato promotore, noi pensiamo che il comitato promotore stesso si avvarrà della possibilità di rinunciare.

Qualora, invece, il testo sia stravolto e sia presentato un altro testo dalle Camere, allora ci sarà la possibilità di andare al referendum e in questo caso il Parlamento avrà, sì, la possibilità di esercitare in toto la sua funzione, con tutti gli estremi previsti dai nostri Regolamenti parlamentari, rappresentando la totalità degli italiani, come abbiamo detto e ridetto più volte. Quindi, non c'è nessuna estromissione del Parlamento, da un lato, e nessun automatismo per il referendum, dall'altro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Iezzi. Ne ha facoltà.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Grazie. Io volevo ripercorrere un attimo la storia di questo emendamento e dell'argomento di cui stiamo parlando, ricordando che nel primo testo, il testo iniziale sul quale abbiamo lavorato, si diceva che, se le Camere approvano la proposta in un testo diverso da quello presentato e i promotori non vi rinunziano, il referendum è indetto su entrambi i testi.

Ecco, su questo termine, il termine “diverso”, è nata tutta una discussione molto approfondita in Commissione che abbiamo affrontato con entusiasmo e con passione, nonostante fosse molto complicata, e che ci ha portato via diverse ore.

Cosa vuol dire “diverso”? E parlo ovviamente di termini costituzionali. Che cosa vuol dire “diverso”? Si intende una diversità sostanziale? Si intende una diversità per quanto riguarda i principi fondamentali? Si intende la virgola messa all'interno del testo che può cambiare il senso del referendum? È una diversità sostanziale o è una diversità formale? Ecco, su questo, si è anche ragionato su chi doveva ragionare su questo tipo di diversità: se era una diversità sostanziale, c'era anche una valutazione di tipo politico, perché chiaramente, se il testo approvato dalle Camere risulta diverso sostanzialmente dal testo portato avanti dal comitato promotore e sostenuto da 500 mila firme, chiaramente c'è una diversità di tipo politico, che non può essere lasciata, come giudizio, ad un organo di rilevanza costituzionale oppure alla Cassazione. Se, invece, è una diversità di tipo formale, come già succede oggi anche per i referendum abrogativi, c'è la possibilità che a giudicare questo tipo di diversità sia l'organo terzo, che come abbiamo detto prima è stato inserito all'interno della legge di attuazione, che può essere un organo costituzionale.

Ecco, questo è fondamentale anche per evitare di gettare organismi che hanno una rilevanza particolare anche a livello costituzionale all'interno dell'agone politico. È stato deciso che la politica la fanno gli organismi popolari, mentre l'aspetto formale viene lasciato agli organismi di una rilevanza costituzionale oppure alla Cassazione.

Quindi, se c'è una differenza sostanziale, sarà il Comitato a decidere se proseguire o meno con la sua, tra virgolette, “battaglia referendaria”, che poi, ricordo, dovrà essere avallata e confermata da 12 milioni di elettori, che non sono certo, come dicevo prima, una parte della popolazione italiana che può essere eterodiretta facilmente.

Se, invece, la differenza rimane formale, siccome è una valutazione a quel punto tecnica e non di rilevanza la politica, abbiamo pensato che - questa è stata la discussione che si è sviluppata all'interno della Commissione - questo giudizio sulla differenza formale potesse essere fatto dall'organo terzo, che poi andremo a decidere se è la Corte costituzionale o la Cassazione. Questo è il percorso che in questi giorni è stato fatto. La decisione finale è stata quella di un organo terzo, che poi verrà inserito all'interno della legge di attuazione, che, ricordo, è una legge con una maggioranza speciale, che quindi non sarà referendabile e che, quindi, necessiterà anche di un dialogo che mi auguro, quando arriverà il momento, sarà proficuo, anche con l'opposizione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Speranza. Ne ha facoltà.

ROBERTO SPERANZA (LEU). Grazie, Presidente. Voglio ancora interloquire, in modo particolare con il presidente Brescia, che ho visto provare a fare tutti i tentativi possibili anche nel lavoro della Commissione per migliorare questo testo, che partiva chiaramente da una proposta, che, dal mio punto di vista, rischiava di stravolgere il nostro sistema istituzionale, in modo particolare la democrazia rappresentativa.

Ora, dico al presidente Brescia che io credo che questi emendamenti siano emendamenti di buonsenso, perché, nonostante il lavoro fatto finora che io credo sia apprezzabile e positivo anche nell'interlocuzione tra maggioranza e minoranza, la dizione che voi lasciate, dal mio punto di vista, è foriera di parecchi dubbi e non è rispettosa del ruolo del Parlamento. Infatti, parlare di modifiche non meramente formali, dal mio punto di vista, non è sufficiente e svilisce il ruolo del Parlamento.

Qui io vorrei provare a dire fino in fondo come la vedo. È evidente che, quando un comitato promotore raggiunge 500 mila firme, che è un numero assolutamente significativo, la spinta dei promotori sul piano politico sarà naturalmente quella di arrivare al referendum, perché il referendum è la straordinaria occasione di portare all'attenzione del Paese e di tutta l'opinione pubblica il lavoro di mesi, che sarà stato fatto per raccogliere quelle firme. E, allora, io non credo molto al rinvio o alla rinuncia da parte dei proponenti. Abbiamo bisogno che un soggetto terzo, neutrale rispetto ai due testi, provi a capire che lavoro ha fatto il Parlamento.

Per questa ragione, io credo che sia fondamentale provare non solo a chiarire nel testo qual è il soggetto terzo: anche qui, lo dico al collega Iezzi provando a rispondere al suo intervento di prima, io resto dell'opzione che sia meglio la Corte costituzionale, ma qualora l'orientamento dovesse essere di individuare nell'ufficio centrale della Cassazione questo organismo terzo, io ritengo che comunque possa funzionare, l'importante è non lasciare tutto nell'incertezza. Ora stiamo mettendo mano alla Costituzione, è utile che si dica con chiarezza qual è questo soggetto terzo: ci si ci assuma la responsabilità di fare una scelta.

Ma tornando all'emendamento, invito ancora il presidente e la relatrice a riflettere, perché questa dizione di ‘modifiche non meramente formali' non è sufficiente: è come dire al Parlamento: dovete semplicemente fare il notaio e poco altro del lavoro fatto dai proponenti.

Il Parlamento, invece, può rispettare i principi fondamentali della proposta dei proponenti, ma nel rispetto, chiaramente, della sua autonomia e dentro una piena libertà di una sovranità che è quella popolare, che ha espresso il Parlamento stesso. Scriverla in questo modo significa, dal mio punto di vista, dare un messaggio profondamente sbagliato sul tema della centralità del Parlamento e io credo che questo rischi di indebolire la riforma nel suo complesso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Magi. Ne ha facoltà.

RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). Grazie, Presidente. Io convengo con il collega Iezzi che si sia fatto un notevole passo avanti rispetto a una formulazione, quella del testo originario, nella quale c'era l'attributo “diverso”, che da un punto di vista giuridico avrebbe creato solo confusione e aperto a una miriade di interpretazioni. Però non è sufficiente questa dicitura attuale: “con modifiche non meramente formali”, perché questo sminuirebbe non solo il ruolo del Parlamento, che si troverebbe a poter avere solo la funzione di correttore di bozze, ma anche il ruolo dell'organo terzo, che giustamente si è individuato. Quindi, si deve arrivare a una formulazione che comprenda nel procedimento l'interlocuzione tra l'organo terzo, che io credo debba essere l'ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, e il comitato promotore, come avviene ora per i referendum abrogativi, e vada ad individuare se la controproposta parlamentare sia andata nella direzione della proposta popolare, anche al di là di modifiche meramente formali, magari migliorative, però ribadendo i contenuti essenziali e i princìpi che erano espressi dalla proposta popolare. Altrimenti, lo ripeto, avremmo una formulazione costituzionale che sminuisce il ruolo del Parlamento e che dice: tu, Parlamento, puoi fare la correzione delle bozze; niente di più, mentre tu, ufficio centrale della Corte di cassazione, devi sancire se ci sono correzioni formali o meno. Mi sembra davvero che così non sia equilibrato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giorgis. Ne ha facoltà.

ANDREA GIORGIS (PD). Presidente, le perplessità che abbiamo avanzato nel corso della discussione e gli emendamenti che abbiamo sottoscritto e che stiamo sostenendo, non originano dal pensare che gli elettori - cosa di cui ci ha accusato l'onorevole Iezzi - siano incapaci di ragionare o siano eterodiretti. La questione che vorremmo discutere, che vogliamo mettere al centro di questo confronto non è, appunto, l'antropologia da cui muoviamo, non è se noi riteniamo che i cittadini siano strutturalmente incapaci di decidere in modo libero e consapevole o siano, invece, portatori di una saggezza e di una prudenza superiori a quella dei parlamentari: non è questo il punto. Il punto è se noi stiamo predisponendo delle procedure che aumentano oppure diminuiscono il grado di partecipazione possibile dei cittadini: questa è la questione. La questione è se noi stiamo predisponendo un istituto che aumenta la capacità di influenza, la partecipazione libera e consapevole, oppure, paradossalmente, se stiamo operando in direzione opposta. Questa è la nostra esclusiva preoccupazione: solo e soltanto questa.

Guardate, a questa preoccupazione se ne aggiunge un'altra che alla prima è strettamente collegata, cioè se noi assumiamo il popolo, che come viene spesso evocato è il popolo sovrano di cui all'articolo 1, come qualche cosa di organicamente unitario e portatore di una volontà che preesiste alle manifestazioni giuridiche, oppure se noi consideriamo il popolo come un insieme di cittadini diversi, portatori di convinzioni, credenze, interessi che necessitano di essere composti attraverso un processo di integrazione politica, ma soprattutto necessitano di essere trasformati in volontà popolare. Il tema per usare un altro termine è quello del pluralismo. Quando si introducono procedimenti decisionali a somma zero, quando si disintermedia, quando si marginalizza il ruolo dei partiti e dei corpi intermedi, quando si immagina che la democrazia si possa ridurre a un “sì” o a un “no”, si sta negando il pluralismo, si sta mortificando il pluralismo, si stanno riducendo i diritti politici dei cittadini.

Guardate che c'è una differenza profonda tra il partecipare alla vita politica attraverso dei rappresentanti che fanno valere dubbi, proposte, che modificano un percorso, e l'essere chiamati, un po' come la rana di Galvani, a reagire a una sollecitazione che ci chiede soltanto di dire “sì” o “no”.

Il popolo sovrano per noi è una pluralità di cittadini che deve essere messa nella condizione di potere, in qualche modo, partecipare alla definizione delle leggi e il modo attraverso il quale è possibile rendere questa partecipazione concreta è quello di immaginare dei luoghi dove dei rappresentanti discutono e, attraverso la discussione, trovano una soluzione che è potenzialmente in grado di soddisfare l'interesse di tutti. L'altra concezione è quella del popolo come organismo che viene semplicemente sollecitato a una risposta, a una reazione. Io credo che su questo dovremmo ancora soffermarci a discutere, perché c'è in gioco qualche cosa di più che un istituto giuridico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Più entriamo nel tema, Presidente, e più emergono le questioni importanti relative a questo provvedimento, come anche le differenze sul ruolo del Parlamento e su un percorso del genere. Cinquecentomila persone possono sottoscrivere una proposta, ma chi la scrive questa proposta, sulla base di quali esigenze, sulla base di quali interessi, mediando tra quali esigenze? Ammesso e non concesso che si tratti di una proposta tecnicamente corretta, ammesso e non concesso che si tratti di una proposta che tecnicamente possa contare su coperture credibili, non bollinate dalla Ragioneria, non garantite dal Governo, ma, ammesso tutto questo, noi mettiamo in qualche misura sullo stesso piano, di fronte a un organo terzo, qualunque sia questo organo, una proposta votata da un Parlamento sovrano, in uguale forma in tutte e due le Camere, e una proposta scritta non si sa da chi e sottoscritta da 500.000 persone soltanto. Questo è l'assurdo in cui ci troviamo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Bignami. Ne ha facoltà.

GALEAZZO BIGNAMI (FI). Grazie, Presidente. Non è che noi abbiamo una sfiducia nei confronti del popolo sovrano che, anzi, riteniamo essere evidentemente depositario di quel mandato parlamentare che poi si esplica, appunto, nella funzione che noi tutti, qui, esercitiamo, però, nel dibattito e nella lettura degli articolati, come usciti anche dal prezioso lavoro della Commissione, mi son tornate in mente alcune righe che lessi tempo addietro e che vorrei condividere con l'Aula. Mi permetto di aprire le virgolette: “Non serve la Repubblica parlamentare; essa, dopo i comitati dei cittadini, sarebbe un passo indietro, ma i comitati degli operai, dei salariati agricoli, dei contadini di tutto il Paese, dal basso all'alto, perché noi riconosciamo che il nostro partito è minoranza”. Sapete chi disse queste parole e lo dico guardando idealmente alla mia destra? Lo disse un signore che si chiamava Lenin, quei comitati si chiamavano Soviet ed erano alla base di quell'ideologia comunista che voi oggi state surrettiziamente affermando (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), perché c'era una responsabilità grave in quello che accadde…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

GALEAZZO BIGNAMI (FI). Non tanto - chiedo scusa, Presidente - nei confronti di chi affermava quell'ideologia, quanto di chi in maniera ingenua ma colpevole la lasciò affermare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI (FI). Grazie, Presidente. Io ho ascoltato con molta attenzione, soprattutto, gli interventi del collega Iezzi, perché aspettavo l'intervento della Lega dopo tutta la discussione che si sta effettuando in quest'Aula. Volevo dire per suo tramite al collega Iezzi che, purtroppo, noi non stiamo citando i blog o solo J-Ax. Noi abbiamo citato in quest'Aula le dichiarazioni del Ministro per i rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta, che è il padre putativo di questa normativa; abbiamo citato le dichiarazioni del presidente Di Maio. Questo per far riflettere un po' di più i colleghi della Lega su quelle che sono le nostre proposte nel merito.

Concludo velocissimamente, collega Iezzi, lo ribadisco: “Abbiamo fatto - dice il collega Iezzi - dei passi in avanti. Il testo della Commissione portava i termini “testi diversi”. “Diversi” è ovviamente un aggettivo che può essere ad elastico: può significare tutto o niente. Però, purtroppo, la modifica apportata dalla Commissione e, cioè, “modifiche non meramente formali” è estremamente più restrittiva ed estremamente delimitante rispetto all'intervento proprio di coadiuvamento fra l'intervento popolare e il Parlamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1.900.7 Sisto, con il parere contrario della Commissione, mentre il Governo si rimette all'Aula e il relatore di minoranza del gruppo Partito Democratico esprime parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).

Passiamo alla votazione del subemendamento 0.1.900.11 Sisto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Grazie, Presidente. In stretta contiguità con quanto stavo prima riferendo, devo ribadire che introdurre una definizione di “non meramente formali” - e lo diceva prima il collega Magi efficacemente – significa, in qualche maniera, aggirare l'ostacolo di un intervento del Parlamento credibile. Cioè, vuol dire che il Parlamento non potrà intervenire e dovrà arrendersi alla proposta popolare e subire costantemente il referendum, salvo che non approvi senza minimamente sfiorare quella che è stata la proposta dei 500 mila all'attacco.

Ma il tema si è arricchito in questo dibattito - e devo dare atto all'Aula che, come sempre, con un animismo qualche volta insospettabile risponde alle sollecitazioni, soprattutto in materia costituzionale, con particolare capacità - dell'intervento del collega Iezzi a cui credo di dovere qualche risposta, perché è stato un intervento organico e in qualche modo, come dice qualcuno, quando ci sono degli interventi che hanno dei contenuti è giusto che certi profili vengano chiariti.

Allora, innanzitutto - e in questo credo che vi sia un'occasione irripetibile - il fantasma della firma digitale. Noi lo dobbiamo esorcizzare nell'interesse dalla democrazia e per esorcizzarlo dobbiamo votare gli emendamenti 1.71 Sisto e 1.72 e 1.73 D'Ettore. Vanno votati qui, perché le rassicurazioni del Ministro Fraccaro, che 500 mila firme non sono compatibili con i voti digitali sinceramente… voglio dire con le firme digitali - e ho detto “i voti digitali” freudianamente, perché arriveremo anche a quello -, non sono affatto tranquillizzanti in Costituzione. Vogliamo scrivere che la Costituzione non sarà toccata perché il Ministro Fraccaro ce lo dice in Aula? Per carità, possiamo anche scrivere questo e potrebbe essere una polizza fideiussoria nuova di matrice costituzionale, con un Ministro che ci assicura e noi lo mettiamo in Costituzione. Ma è evidente che noi, su questo punto, non dobbiamo - noi! - fare sconti e dobbiamo scrivere subito che le firme digitali non saranno compatibili con questo provvedimento. Subito! Dunque, emendamenti 1.71 Sisto e 1.72 e 1.73 D'Ettore.

Il secondo passaggio, Presidente, è strettamente connesso con questo, perché se noi vogliamo essere credibili dobbiamo dire che 500 mila firme sono diverse da 500 mila adesioni digitali, poiché si rafforza la consapevolezza in quanto chi pone la firma ha la firma autenticata e, quindi, va materialmente, si muove, va, che è cosa diversa rispetto, invece, a chi magari sta comodamente seduto davanti a un computer e con dei sistemi di controllo che, checché se ne voglia dire da parte del collega Magi, oggi non sono assolutamente certificabili.

Allora, se noi vogliamo dire che 500 mila sono incoscienti, semicoscienti, più coscienti e culturalmente capaci di comprendere un testo unico formato da 120 articoli, magari con 12 commi e 75 richiami per articolo a legislazioni precedenti possiamo anche dirlo e anche credere a questa favoletta. È ovvio, però, che non possiamo sostenere validamente che 500 mila sottoscrittori sono 500 mila cittadini tutti consapevoli di ogni norma e di ogni passaggio, perché questo sarebbe una fake dal punto di vista della comunicazione. Lo possiamo dire, ma non lo possiamo pensare.

Il terzo passaggio - e voglio ringraziare il collega Iezzi per questo intervento - è quello del 25 per cento, dei 12 milioni e mezzo di persone necessarie perché il referendum possa diventare legge. Non è tanto questo il problema. Il problema non è l'effetto del referendum: è quello che il referendum comporta per il Parlamento. Cioè, il vero problema di questo articolo 71 non sono i numeri ma è l'intasamento parlamentare, cioè il fatto che il Parlamento sarà bloccato e sarà al servizio dei referendum ex articolo 71 delle iniziative popolari. Quindi, rifugiarsi sul numero significa guardare il finale ma non guardare né il presupposto, né lo svolgimento, né tutto quello che comporterà.

Ecco il motivo per cui, Presidente, il mio subemendamento 0.1.900.11 è una proposta emendativa che si colloca in questa scia e serve soltanto a cercare, come diceva il collega Giorgis, di recuperare disperatamente un po' di Costituzione. Dunque, lo voteremo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Presidente, i due interventi del collega Iezzi, che sono stati molto puntuali, meritano una replica anche per aspetti diversi da quelli che diceva il collega Sisto. Ci dice il collega Iezzi: “Abbiamo previsto una legge attuativa e questa legge attuativa, a maggioranza assoluta, si occuperà dei dettagli”. E, quindi, non ci dite qui delle cose che sono di dettaglio perché le risolveremo lì.

Ora, però, è vero che ci sarà la legge attuativa e questa legge attuativa ha un quorum garantista non della maggioranza semplice ma della maggioranza assoluta, ma se noi pensiamo di farla in questo Parlamento le due forze di maggioranza insieme sono sopra la maggioranza assoluta. Quindi, l'elemento garantista non può stare solo nel fatto che c'è il quorum che passa dalla maggioranza semplice alla maggioranza assoluta ma dovrebbe riguardare anche alcune questioni di merito. Infatti, alcuni dei problemi che abbiamo sollevato noi possiamo anche risolverli diversamente da come noi li abbiamo messi negli emendamenti e possiamo anche risolverli come vincoli di principio alla legge attuativa. Quindi, si può benissimo dire, come avevo sempre cercato di accennare ieri ai colleghi di Forza Italia, di non mettere una cosa iperdettagliata sulle firme digitali qui ma si può mettere il principio, dove si rinvia alla legge attuativa, che, comunque sia, la cosa sarà disciplinata non con firme digitali.

Dico questo perché nell'ultima revisione costituzionale approvata, la legge costituzionale n. 1 del 2012, quella sulla stabilità di bilancio, non si è messo tutto negli articoli 81 e 97. Si è prevista una legge di cui si sono predeterminati in larga parte i contenuti. Se andate a vedere l'articolo 5 della legge costituzionale n. 1 del 2012, ci sono tutta una serie di paletti che sono il cuore di quella che poi è stata la legge n. 243 del 2012, compreso l'Ufficio parlamentare di bilancio.

Se, allora, nella legge costituzionale n. 1 del 2012 si è prevista una legge attuativa con una serie di vincoli, compresa l'istituzione di un'autorità indipendente con determinate caratteristiche, perché non si può scrivere qui, nel rinvio alla legge di attuazione e nel punto sulla legge di attuazione, che ci deve essere la Cassazione che fa questo lavoro? Perché non si può scrivere che non ci saranno le firme digitali?

È proprio il precedente della legge costituzionale n. 1 del 2012 a dire che si può fare. In questo senso, invito la relatrice a riprendere una parte di questi contenuti, se la preoccupazione è quella che diceva Iezzi, cioè che non possono essere messe direttamente all'inizio del corpo dell'articolo 71. Possono essere messi nel rinvio alla legge attuativa, e quindi si risponde a un problema di irrigidimento, ma si dà anche una soluzione a chi, come chi si trova all'opposizione in questa legislatura, vorrebbe avere degli elementi di rassicurazione non solo in un quorum, ma anche in alcuni principi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signor Presidente. Riallacciandomi alla riflessione del collega Ceccanti, torno sulla questione, perché nel mio ultimo intervento avevo posto una domanda al collega Iezzi. Mi ero permesso, ovviamente, di interloquire per il tramite della Presidenza e continuo a non avere questa risposta né da lui, né dalla relatrice, cioè, perché non si può inserire nel testo costituzionale il soggetto individuato come giudice terzo, tenuto conto che, e non ho motivo di dubitare, loro dicono che il giudice terzo ci sarà, abbiamo già in mente chi possa essere, e, a questo punto, continuo a non capire – sarò testardo, sarò ottuso, scegliete voi – perché non è possibile scriverlo.

Credo che, invece, questo aiuterebbe molto in questa direzione; poi, come ha ricordato il collega Speranza, per quel che ci riguarda, preferiremmo la soluzione della Corte costituzionale, ma non faremo una questione di vita o di morte se, invece, si individuasse la Cassazione. Ma invece continuiamo ad avere forti riserve e perplessità sul fatto che non venga scritto e si rimandi a una legge che comunque è una legge ordinaria; e, come ha ricordato il collega Ceccanti, il rafforzamento con la maggioranza assoluta di per sé non è garanzia per le opposizioni, questo credo che dobbiamo riconoscerlo, altrimenti la vera garanzia sarebbe la maggioranza dei due terzi, ma è ovvio che a quel punto si darebbe alle opposizioni un potere di interdizione che non sarebbe corretto.

Quindi, proprio perché la scelta è di andare sulla legge ordinaria, sul tema sia delle firme digitali sia del giudice terzo noi continuiamo a non comprendere le ragioni per le quali non si possa scrivere direttamente nel testo costituzionale che stiamo discutendo. E, quindi, rinnovo anch'io l'invito alla relatrice di riflettere su queste questioni e di provare a trovare una soluzione, visto che, a vostro dire, sia sul tema della firma digitale, con le cose che sono state dette ieri anche dal Ministro Fraccaro e ribadite da due autorevoli esponenti della maggioranza nella giornata tra ieri e oggi, sia sul tema del giudice terzo avete le idee chiare. Allora, esplicitiamole e troviamo nel testo costituzionale le risposte anche a dei dubbi che credo – almeno su questo possiamo essere tutti d'accordo – non sono di tipo strumentale, perché stiamo parlando di due elementi assolutamente centrali nella valutazione e poi nel giudizio finale sul lavoro che stiamo facendo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI (FI). Grazie, Presidente. Ritornando al merito dell'emendamento, ci sono degli emendamenti che sono meramente modificativi, migliorativi, a nostro parere. Credo che, così come ha detto anche il presidente della Commissione spiegando il termine “modifiche non meramente formali”, quella dizione è oggettivamente eccessivamente vaga. L'emendamento Sisto parla di una legge del Parlamento che non modifica i principi ispiratori a cui si informa la disciplina in oggetto della richiesta popolare e, comunque, non ne altera i contenuti normativi essenziali. Piace questa dizione, non piace questa dizione, si può migliorare, si può modificare, ma chiedo veramente, per suo conto, alla relatrice di trovare una dizione che esplichi un senso: l'iniziativa, la legge non può in alcun modo tradire lo spirito della legge presentata dal comitato proponente. Questa potrebbe essere una soluzione politicamente adeguata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Tanto ha ragione la collega Santelli che mi viene da domandare alla relatrice: se la proposta di legge, nel suo articolato, rimane sostanzialmente identica, ma vengono cambiate le coperture, si tratta di una modifica esclusivamente formale o si tratta di una modifica sostanziale?

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA (ore 14,55)

SIMONE BALDELLI (FI). È una domanda, è una delle tante domande a cui bisognerebbe saper dare risposta in una fase come questa e a cui ci sembra che, invece, risposte da dare non ne abbiate.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole D'Ettore. Ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Nella scia di quanto diceva il collega Baldelli, il rischio che si trova in questo rapporto fra democrazia diretta e legge che viene ad essere prodotta, invece, dal lavoro parlamentare è che ci si può trovare di fronte a un prodotto normativo parlamentare che riguarda la stessa materia, le stesse questioni o più materie, o meglio, ordina e coordina il testo che deriva dall'iniziativa legislativa popolare, e non solo lo migliora, ma lo rende più congruente al sistema, in particolare se si tratta di una legge di spesa, e noi, a quel punto, che facciamo? Andiamo al referendum. È veramente incredibile: se la proposta ha un contenuto normativo, è la stessa cosa, la migliora, la perfeziona dal punto di vista di legge di spesa, perché può essere una legge di spesa, pensiamo se è in materia tributaria o in materia penale, arriva al punto di portarla anche a coordinarsi meglio con l'ordinamento, a mettere norme di coordinamento, abrogativo o meno, per non avere incompatibilità implicite con altre parti dell'ordinamento, no, non va bene, si va a referendum. È una follia! È veramente una pazzia, scusatemi, questa. Non si capisce perché non volete fare questa cosa, è una cosa folle. Non mi dite che questo non è un argomento, qui è un argomento anche la follia normativa, a questo punto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fatuzzo. Ne ha facoltà.

CARLO FATUZZO (FI). Signora Presidente, penso che si debba definire il più accuratamente possibile quand'è che il referendum possa essere cancellato dalla nuova legge approvata dal nostro Parlamento e quando no. Questo perché mi è capitato personalmente di essere oggetto della cancellazione di nove referendum su dieci che avevo presentato alla regione Lombardia proprio perché sono state modificate nove leggi regionali con variazioni o formali o quasi formali, ma praticamente insignificanti. Quindi, mettendomi dalla parte dei promotori del referendum, anche se sono contrario al referendum propositivo così come si sta approvando, debbo dire che non è interesse di alcuna parte non essere chiari nella formulazione del quando si farà il referendum e del quando non si farà.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1.900.11 Sisto, con il parere contrario della Commissione, il Governo si rimette all'Aula e con il parere favorevole del relatore di minoranza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

Passiamo alla votazione del subemendamento 0.1.900.14 Ceccanti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Grazie, Presidente. Per la gioia del presidente Brescia e anche dei colleghi del MoVimento 5 Stelle, che sono certo apprezzeranno molto queste parole di questo discorso del distretto militare metropolitano di Roma dell'8 giugno del 2030.

Continuo la lettura che ho iniziato prima. “Fu come quando crollò la Prima Repubblica e la politica sotto attacco della magistratura si suicidò togliendosi la garanzia dell'immunità parlamentare, così anche la seconda Repubblica sotto l'attacco delle lobby economiche interessate alle privatizzazioni e alle grandi partite finanziarie aperte sul piano internazionale e nazionale, pensò bene di tagliarsi le gambe sul piano dell'indipendenza economica della politica, grazie a una lunga serie di inchieste giudiziarie a tappeto realizzate col metodo delle intercettazioni cosiddette a strascico iniziò l'era della pubblicazione delle conversazioni private con cui sarebbe stato facile in ogni tempo sputtanare vizi privati e pubbliche virtù di chiunque, foss'anche degli irreprensibili padri costituenti. Ci furono anche casi internazionali su cui la politica italiana avrebbe potuto e dovuto riflettere, penso a quello di Wikileaks negli Stati Uniti, a News of the world in Inghilterra, ma, come sappiamo, non lo fece. Poi l'assalto ai cosiddetti privilegi riuscì a far passare il messaggio secondo il quale i problemi economici di un Paese con circa 1.900 miliardi di debito pubblico, aggravati dalla storica crisi del 2009, si sarebbero risolti con il taglio netto dei costi di funzionamento degli organi costituzionali, in particolare quelli di rappresentanza democratica come il Parlamento, che di miliardi all'anno ne costava, fra Camera e Senato, meno di 3 e in gran parte destinati alle retribuzioni dei dipendenti. Iniziò la fase del così detto autolesionismo virtuoso, in cui furono le stesse forze politiche a gareggiare al ribasso su chi fosse più bravo degli altri nel tagliare fondi ai partiti, alle assemblee locali, indennità a gettoni e altri trattamenti agli eletti. Così l'opinione pubblica, che su questo fronte si comportava come una sorta di vampiro insaziabile, invece di rallegrarsi dei tagli, continuò a chiederne ancora e ancora, fino a convincersi che le indennità di funzione, come le altre voci, venivano tagliate perché considerate effettivamente troppo alte perfino da chi le percepiva e che se i politici non fossero stati completamente cretini non si sarebbero ridotti quello che per tutti era di fatto uno stipendio, fino a trovarsi con un vero e proprio problema di sopravvivenza. E fu sempre la stampa, controllata dei grandi gruppi economici editoriali, a guidare che questa campagna antipolitica, fatta di gossip privati da un lato, e di richieste di tagli ad oltranza dall'altro. Di lì si avviò la spirale vorticosa che ci ha portato fino ad oggi, attraverso la stagione degli arresti facili, quella dei moti di piazza, quella della grande depressione, non economica ma psicologica, del 2020, da cui emerse la figura forte e salvifica del nostro amato generale che, con i decreti di riforma costituzionale del 2022 e il successivo plebiscito referendario dello stesso anno, chiuse, in un solo colpo Parlamento, Presidenza della Repubblica, Corte costituzionale, CSM, Corte dei conti, consigli regionali, provinciali e comunali. Per questo oggi, senza la democrazia come si conosceva allora, ma con un meccanismo di Stato decisamente più snello ed efficiente, con un esercito di leva obbligatoria con 40 milioni di soldati e un solo generale al potere e una sola auto blu, che peraltro è verde, con le giunte militari e un'arena di trenta rappresentanti nazionali eletti per così dire con le preferenze espresse dalle diverse lobby consociate, io credo francamente che ci si possa fermare nel ridurre i costi della politica. Ma se si decidesse di chiudere anche questa piccola Assemblea che, diciamocelo pure, malgrado conservi suoi poteri sulla carta, da tempo non prende più decisioni di grande rilievo ammetteremmo anche tra di noi che le lobby, i cui interessi noi siamo qui a tutelare, possono benissimo rappresentarsi da sole e decidere il loro destino con una semplice stretta di mano tra gli amministratori delegati e il Gabinetto del generale”. La storia continua (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Sì, discendere dagli scenari distopici suggestivi a banalità sugli emendamenti è un po' più noioso, però io mi attengo al compito. I tre emendamenti che seguono cercano di perfezionare la prima, parziale, apertura fatta con l'emendamento della Commissione. Come è noto, l'emendamento della Commissione rende esplicito che ci deve essere un organo terzo, e questo va bene, però restano due limiti, secondo noi, in qualche modo risolti, in modo diverso, da questi tre emendamenti.

Il primo è che sarebbe altamente preferibile nominare l'organo; l'organo migliore che può svolgere questa funzione è la Corte di cassazione.

Il secondo punto è che vanno allargate le maglie dell'operatività di questo organo, non solo per modifiche formali, ma per il fatto che si vada, in sostanza, nella direzione voluta dei promotori. Sono aspetti decisivi che noi continuiamo a riproporre, in particolar modo, come dicevo, l'individuazione dell'organo può anche essere fatta dopo, come richiama la legge istitutiva, ma noi ci teniamo altamente perché questo modificherebbe in modo sensibile il provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Migliore. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE (PD). Grazie, signora Presidente, sulla scorta di quanto appena ha affermato il collega Ceccanti, vorrei ribadire il sostegno a questo emendamento, pur riconoscendo che l'emendamento da me presentato successivamente e riformulato dalla relatrice include anche questa fattispecie perché parla di un organo terzo. E' evidente che, per noi, sarebbe preferibile che l'organo terzo, così come appare nella legge costituzionale del 1953, fosse la Corte di Cassazione, in modo tale che vi possa essere un'uniformità di giudizio e anche una valutazione che consenta agli stessi promotori, che magari potrebbero, contemporaneamente, promuovere un referendum abrogativo e uno propositivo, di avere lo stesso metro di giudizio; quindi ritengo che sia sostanziale la possibilità, e concludo, di poter individuare, fin da questa parte dell'esame del provvedimento, quale sia l'organo terzo e che questo sia appunto la Cassazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO (PD). Grazie Presidente, noi chiediamo che, con questo emendamento, venga esplicitato l'organo terzo, chiamato a valutare l'entità e il valore, ovviamente dal punto di vista formale, non certo dal punto di vista politico, delle modifiche che dovessero essere apportate al testo da parte delle Camere. Chiediamo che venga indicato in Costituzione l'organo terzo, in questo caso la Corte di Cassazione, perché riteniamo che ciò darebbe maggiore e ulteriore legittimazione alla stessa Corte di Cassazione, poiché pensiamo che non lasciare questa definizione a una legge ordinaria sia molto più forte ed efficace rispetto alla probabilità, che, cambiando la maggioranza parlamentare, magari, possa cambiare l'organo terzo chiamato a definire la congruità delle modifiche. Quindi, confidiamo in un ripensamento da parte della relatrice della maggioranza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fatuzzo. Ne ha facoltà.

CARLO FATUZZO (FI). Se questo emendamento venisse approvato, la Corte di Cassazione avrebbe un potere decisionale: sia benedetta la Corte di Cassazione. Come tutti noi sappiamo, moltissime leggi riguardanti le pensioni, la previdenza sociale, sono state modificate nel loro essere proprio dalla Corte di Cassazione: a maggioranza assoluta, tra cui, ad esempio, la prima che mi viene in mente, è il fatto che si ha diritto alla pensione di vecchiaia dal giorno del compleanno, mentre, fino a quel momento, veniva pagata la pensione solamente dal mese seguente; quindi, io trovo assolutamente importante che sia la Corte di Cassazione a esaminare, con attenzione, le proposte che provengono dai 500.000 presentatori e dal Parlamento medesimo, che ha dimostrato, purtroppo, tante volte, di non adempiere ai principi costituzionali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Signora Presidente, noi voteremo questo emendamento, che peraltro è molto simile ad un emendamento a mia prima firma, 0.1.900.1.

Mi chiedevo se, per l'economia dei lavori e anche come segno di disponibilità da parte della maggioranza a non chiudere completamente rispetto alle obiezioni che abbiamo posto sul confine tra testo costituzionale e legge attuativa, questo emendamento ed emendamenti similari, su questo argomento, cioè sull'individuazione del giudice terzo, possano essere accantonati. Questo aiuterebbe, io credo, perché l'accantonamento in questa fase non preclude ovviamente poi, una volta definita la scelta di maggioranza, di essere conseguenti nei voti successivi; se ci precludiamo già adesso questa possibilità è evidente che andiamo, da un lato, a irrigidire molto questa parte e anche diciamo a dare una risposta netta di chiusura totale nei confronti delle nostre osservazioni, e mi è consentito, per quanto il Parlamento sia sovrano, c'è però, a questo punto, un precedente: cioè, se voi bocciate questo emendamento diventa più complicato, da un punto di vista logico, riprendendo poi successivamente, in fase di legge ordinaria, l'individuazione della Corte di cassazione. Cioè, voi vi troverete in una condizione per cui, in sede di discussione della legge che quindi sta sopra, che diciamo è superiore nella gerarchia delle fonti, avete bocciato un emendamento che individuava la Corte di cassazione e poi successivamente, invece, in legge ordinaria, che nella gerarchia delle fonti sta sotto, la approvate, se questa è una delle strade che mi pare sia stata indicata.

Io credo che sarebbe, visto che non siamo ovviamente coi tempi di chiusura del provvedimento, un gesto utile l'accantonamento di questa proposta emendativa e, quindi, chiedo al collega Ceccanti la cortesia di poterla sottoscrivere e, conseguentemente, ne chiedo l'accantonamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ferri. Ne ha facoltà.

COSIMO MARIA FERRI (PD). Grazie, Presidente. Volevo aggiungere: si parla di organo terzo, di terzietà e, quindi, penso che sia importante dare un valore anche a questo inserimento, a questa proposta, inserendola nella legge costituzionale che ha delle maggioranze diverse, un procedimento diverso, rispetto a una legge attuativa. Quindi, proprio anche per il punto che andiamo a legiferare, per garantire e rafforzare questa terzietà è bene specificarlo.

Seconda considerazione: penso che il giudizio presso la Corte di cassazione non solo sia coerente con il referendum abrogativo e con l'articolo 75, è stato già sottolineato, ma anche perché è un giudizio diverso, di legittimità, rispetto a quello della Corte costituzionale, che ha ben altri compiti rispetto a quelli che vogliamo oggi demandarle; un giudizio, quello della Corte, che riguarda tutta la Carta, si basa sui principi costituzionali, è molto più ampio, che è diverso da quello più specifico, tipico della Corte di cassazione.

Quindi, davvero chiediamo e insistiamo perché sia indicato questo organo terzo nella Corte di cassazione, mantenendo questa coerenza sistematica con l'articolo 75 e il referendum abrogativo.

PRESIDENTE. Allora, è stata formalizzata una richiesta di accantonamento e chiedo, quindi, alla relatrice se intenda accoglierla o meno.

FABIANA DADONE, Relatrice per la maggioranza. Parere contrario, Presidente. In realtà, la Cassazione è indicata nella legge del 1970, che è una legge ordinaria. Esprimendo parere favorevole al subemendamento 0.1.900.16 Migliore, faccio molto di più, perché vado a inserire l'indicazione in una legge che è di rango costituzionale. Pertanto, parere contrario all'accantonamento.

PRESIDENTE. Parere contrario all'accantonamento, dunque. Chiedo se vi siano richieste di parlare, una a favore e una contro rispetto alla proposta di accantonamento. Onorevole Pollastrini, immagino intenda parlare a favore.

BARBARA POLLASTRINI (PD). Sì, signora Presidente, grazie. Io mi rivolgo ancora alla relatrice e al presidente Brescia, attraverso lei, signora Presidente, per insistere sulla richiesta di accantonamento perché, come abbiamo sentito da un dibattito anche assai interessante, io credo si possa davvero trovare, alla fine, una soluzione condivisa, poiché questa è una materia che ci permette di fare un altro passo in avanti e lo dimostra il fatto che la relatrice si è espressa favorevolmente alla proposta emendativa successiva, a prima firma Migliore.

Io mi permetto di insistere perché venga accantonato l'insieme della materia, perché, vedete, se noi insieme trovassimo una mediazione saggia nell'interesse di difendere la primazia del Parlamento, senza per questo offuscare il valore della partecipazione, io credo che sarebbe una buona cosa.

PRESIDENTE. C'è, invece, un deputato che intende parlare contro la proposta di accantonamento? No? Va bene.

Passiamo ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di accantonamento del subemendamento 0.1.900.14 Ceccanti.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge per 74 voti di differenza.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1.900.14 Ceccanti, con il parere contrario della Commissione, il Governo si rimette all'Aula e parere favorevole del relatore di minoranza, Ceccanti.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

Passiamo alla votazione del subemendamento 0.1.900.9 Ceccanti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Grazie, Presidente. Anche in questo caso, tra le varie questioni che, in maniera più o meno sistematica, ci troviamo ad affrontare nel corso del dibattito, abbiamo quella proposta dal collega Ceccanti che ci chiede di sostituire le parole “non meramente formali” con “che ne alterano i principi ispiratori e i contenuti normativi essenziali” e poi di aggiungere “l'individuazione di un organo terzo competente a valutare la natura delle modifiche apportate dalle Camere”.

Anche in questo caso, mi sembra che siano sempre iniziative emendative di buonsenso e sempre mi viene fuori la stessa riflessione: un giudice terzo, un organo terzo viene chiamato a valutare tra due contendenti che stanno sullo stesso piano e questo è il problema sostanziale, strutturale del tema che affrontiamo perché non siamo sullo stesso piano. Infatti, una proposta approvata dai due rami del Parlamento magari con un'ampia maggioranza non è la stessa cosa di una norma scritta in un ufficio legale a cui sono state allegate 500.000 firme: non è la stessa cosa e non può essere la stessa cosa.

Una norma approvata dal Parlamento, come tutti i colleghi di maggioranza e di opposizione sanno, è una norma che affronta un iter, che va in Commissione, che viene magari fatta oggetto di audizioni di esperti, si valutano i pro e i contro, si valutano i diversi interessi che entrano in gioco, diventa oggetto di dibattito, un confronto come quello che stiamo facendo in quest'Aula tra chi è a favore e chi è contro, tra chi l'ha letta e chi, oltre ad averla letta, l'ha anche capita, tra chi ritiene che una norma per lo stesso obiettivo debba essere coperta con determinate risorse e chi ritiene che debbano esserne utilizzate delle altre, con la presenza del Governo anche in questo caso.

Oggi, abbiamo qui un esponente del Governo che silente assiste ai nostri lavori.

Non lo chiamiamo neanche troppo in causa perché il Governo ha scelto per eleganza, per una formula un po' pilatesca, di rimettersi al giudizio dell'Assemblea su tutto il provvedimento. Anche questo è un fatto oggettivamente singolare. Fate il Ministero della democrazia diretta e sulla norma che riguarda il referendum sulle leggi di iniziativa popolare non esprimete i pareri: ma allora che l'avete fatto a fare il Ministero della democrazia diretta? Avreste fatto più bella figura a fare il Ministero dei rapporti con il Parlamento, come c'è sempre stato, a metterci magari la delega alle riforme, ma senza chiamarlo Ministero della democrazia diretta, perché di democrazia diretta non c'è niente: non abbiamo ascoltato mezza virgola di opinioni su ciascuno degli emendamenti! È vero che il Governo ha espresso i pareri sugli emendamenti in Commissione, ma in Commissione si è fatto un percorso che ha portato a un testo. Il testo è diverso in maniera sostanziale in relazione agli emendamenti presentati dalla collega Dadone: su quelli siete d'accordo o non siete d'accordo, qual è la vostra opinione? Tanto per dirne una. Così come, nel presente dibattito, l'opinione del Governo può essere e deve essere espressa, per esempio, sul dibattito in Parlamento in relazione a una proposta concorrente a quella di iniziativa popolare. Apriamo, allora, diverse ipotesi: se il Governo fosse talmente d'accordo con la proposta di iniziativa popolare da metterci la fiducia per farla approvare così com'è, nello stesso testo da parte dell'Assemblea della Camera e poi del Senato? Oppure, se il Governo fosse così convinto della giustezza della proposta di iniziativa parlamentare, su cui, per velocizzare i tempi - perché magari non si riesce a chiudere nei diciotto mesi previsti - decidesse di mettere la fiducia, poi che cosa accadrebbe di fronte alla sconfitta referendaria? Vi ponete queste domande? Ho la sensazione che nessuno si stia ponendo questi interrogativi e, non ponendoseli, facciamo un ulteriore errore rispetto al dibattito che stiamo portando avanti in questo momento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Grazie, Presidente. Soltanto per rimarcare ancora una volta la necessità di una riflessione dell'Aula sulla efficacia delle espressioni che vengono utilizzate normativamente. Questo sforzo da parte di molti parlamentari di far comprendere al Governo e alla relatrice che l'espressione “non meramente formali” è una espressione che non ha alcun significato, dovrà pure trovare una risposta. Chiedo, cioè, formalmente di conoscere - anzi glielo chiedo in modo meramente formale o non meramente formale, se preferisce - di conoscere le ragioni per cui si è impiegata una formula così evanescente e così incapace di dare dignità ad una norma costituzionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giorgis. Ne ha facoltà.

ANDREA GIORGIS (PD). Presidente, nella relazione di accompagnamento al disegno di legge, a un certo punto si ritrovano le seguenti parole, che leggo testualmente: “Pertanto, la prospettiva nella quale occorre guardare agli istituti partecipativi non è quella di una contrapposizione tra la democrazia diretta e la democrazia rappresentativa, ma quella di un reciproco completamento”. Pochi minuti fa, insomma, poche ore fa, anche il presidente Brescia ha parlato di voler costruire una migliore sinergia - ha usato questa espressione: sinergia - tra Parlamento e - qui però rimane un punto interrogativo - cittadini, comitati promotori, o coloro che attivano la raccolta delle 500.000 firme. Questo è un punto sul quale tornerò nei prossimi interventi, ma intanto mi attengo alla dichiarazione che è contenuta nelle parole che accompagnano e illustrano il disegno di legge: occorre guardare agli istituti partecipativi non nella prospettiva di una contrapposizione. Se questo è l'intendimento che davvero si vuole realizzare, a parte l'incomprensibilità dell'aver respinto l'emendamento 1.43 da me presentato, - ma a parte questa questione di fondo - mi è difficile capire perché viene dato parere negativo a questi emendamenti. Dico ciò perché questi sono emendamenti che, in qualche modo, ampliano la competenza di questo organo terzo e quindi innescano la possibilità che il referendum non si svolga, se il Parlamento ha comunque fatto propri i principi e i criteri essenziali e ispirativi della legge. Allora, perché respingerli? Cioè, se davvero l'obiettivo è quello di costruire questa dialettica costruttiva, allora non si può irrigidire il rapporto tra comitato promotore e Parlamento attraverso una formula che si limita a considerare necessario o inevitabile il ricorso al pronunciamento popolare, se le modifiche non sono meramente formali.

Questo emendamento, come altri che sono stati respinti, dimostrano lo sforzo di provare in tutti i modi a ridurre la conflittualità e ridurre l'alternatività, però il tipo di risposte che stiamo ricevendo confermano, invece, che non c'è nessuna vera intenzione di mitigare gli effetti distorsivi e alternativi di questo istituto. Mi dispiace dirlo, ma queste dichiarazioni che sono contenute nella relazione illustrativa sono dichiarazioni palesemente smentite oltre che dal testo dal tipo di atteggiamento tenuto in Aula, nonché dal voto che la maggioranza ha espresso nei confronti degli emendamenti che abbiamo presentato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole D'Ettore. Ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). È stato già ricordato - ma è bene ribadirlo - che la dizione “principi ispiratori e contenuti normativi essenziali” deriva dalla sentenza della Corte costituzionale n. 68 del 1978, soprattutto sull'affermazione del principio dell'abrogazione sufficiente. Non si vede perché non si possa trasportare anche su questo tema per stabilire un limite chiaro per poter accedere o meno al referendum, propositivo in questo caso. Anche perché la domanda che farei al relatore è: ma se c'è una norma finale che ha contenuti abrogativi di coordinamento, oppure una norma che riguarda, come dicevo prima, la spesa, il fondo e gli oneri che erano stati previsti dalla legge di iniziativa popolare e che sono stati, invece, utilizzati diversamente nei diciotto mesi, insomma, norme di questo tipo hanno un contenuto normativo essenziale, sono meramente formali o non sono meramente formali? Capite dove vi andate ad infilare lasciando solo l'espressione “meramente formale”? Vorrei una risposta: una norma finale, di coordinamento, abrogativa, sulle leggi di spesa, è o no meramente formale?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fatuzzo. Ne ha facoltà.

CARLO FATUZZO (FI). Subemendamento 0.1.900.6 o 0.1.900.9, non ho gli occhiali. Mi ha in parte preceduto il collega Sisto, ma non rinuncio a riferire che ho sentito una tirata di orecchie da parte della mia professoressa di italiano delle scuole medie e della scuola di ragioneria, che mi ha segnato con un rosso l'aggettivo “meramente” e mi ha chiesto: ma che diavolo vuol dire “non meramente formale? Meriti zero con questa dizione”. Ma vogliamo scrivere le leggi in un italiano corretto? Perché ci sono, forse, delle espressioni leggermente formali, delle espressioni pesantemente formali, che si contrappongano alle questioni meramente formali? La parola “meramente” dovrebbe essere cancellata. Così dicono anche tutti i miei amici pensionati: viva i pensionati, pensionati all'attacco!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Speranza. Ne ha facoltà.

ROBERTO SPERANZA (LEU). Sì, Presidente. Voglio provare anche io ad insistere su questo punto perché mi pare che il subemendamento sia assolutamente utile e positivo e potrebbe veramente aiutare la riforma che si sta proponendo. Provo a spiegarmi in un istante perché io ritengo che questo possa essere uno dei passaggi chiave anche per determinare l'orientamento delle forze politiche.

Ora noi ci stiamo muovendo su un filo che è molto sottile, stiamo provando a tenere insieme due cose che rischiano di confliggere tra loro: da una parte, un'aspettativa legittima, io direi finanche positiva, che va valorizzata, e cioè provare ad intensificare le modalità attraverso cui i cittadini possono concorrere all'iniziativa legislativa. Gli strumenti che ci sono oggi su questo terreno risultano de facto insufficienti e la nostra esperienza parlamentare ce lo dimostra; a mia esperienza personale, sono rarissimi i casi in cui, ad oggi, si riesce a portare in Aula ed approvare testi che nascono da un'iniziativa di partecipazione popolare.

Quindi noi vogliamo riconoscere il positivo che c'è in questo passaggio e in questa spinta, ma il filo è molto sottile, perché, se si gestisce male questa spinta legittima e positiva, si rischia di incrinare una delle questioni fondamentali, uno dei punti di tenuta fondamentali della nostra Costituzione e del nostro ordinamento, che è esattamente la democrazia rappresentativa per come l'abbiamo conosciuta finora.

Allora, questo emendamento vi offre una strada per tenere il punto da cui siamo partiti, e cioè valorizzare una partecipazione popolare dentro il processo legislativo, ma mettendo la Carta costituzionale al riparo del rischio che ho provato a sottoporvi. Allora, è del tutto evidente che scrivere dentro questa riforma una dizione come quella che è qui riportata, che fa riferimento a modifiche meramente formali, significa considerare in modo errato la funzione e il ruolo del Parlamento. Ora, voglio dirla in modo probabilmente un po' più volgare, ma questa dizione dà la sensazione di voler ridurre il Parlamento ad un passacarte, per cui, nel momento in cui questi cittadini, legittimamente, hanno presentato una proposta di legge, si dice al Parlamento: o te la prendi così com'è, senza nessuna modifica sostanziale, oppure c'è il referendum e dovrai fare i conti col popolo vero e proprio. Io credo che questo sia un errore e chi vi parla è convinto che ci siano le condizioni per trovare quell'equilibrio a cui ho fatto riferimento, perché è giusto aumentare la possibilità dei cittadini di partecipare all'iniziativa legislativa, ma lo si faccia dentro il pieno rispetto della sovranità parlamentare e del ruolo del Parlamento. E allora io voglio insistere ancora, perché ho visto un atteggiamento dialogante e di apertura: questo subemendamento può essere davvero decisivo, perché riprende quel soggetto terzo su cui voi avete ragionato e in più, però, supera questa dizione che io ritengo del tutto insufficiente e pericolosa per il nostro ordinamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Musella. Ne ha facoltà.

GRAZIANO MUSELLA (FI). Grazie, Presidente. Io ieri chiedevo un'espressione da parte dei rappresentanti della Lega rispetto alla centralità del Parlamento. Mi sembra che oggi, questa mattina, il collega Iezzi abbia detto che il Parlamento ne venga fuori rafforzato in prospettiva, rispetto a questo provvedimento. Io mi chiedo e vi faccio fare una riflessione: come può essere rafforzato l'organo parlamentare, se è sottoposto a un giudizio terzo? È evidente che sotto questo profilo dobbiamo esprimerci, dobbiamo prendere una posizione ben precisa, anche da parte vostra, dobbiamo cercare di capire tutti insieme la sostanzialità della funzione democratica che ha la nostra istituzione, e su questo noi ci stiamo battendo. Mi auguro che anche all'interno della Lega ci siano delle profonde riflessioni in questo senso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Forciniti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO FORCINITI (M5S). Grazie, Presidente. Io ho sentito evocare questo scenario di una presunta contrapposizione fra popolo e Palazzo, che questo nostro strumento che andiamo a istituire potrebbe comportare. Credo, dal mio punto di vista, che chi oggi sostiene questo non si stia forse rendendo conto al 100 per cento che già c'è un principio di contrapposizione fra popolo e Palazzo, che soffia in tutte le democrazie occidentali e che noi dobbiamo incanalare in qualcosa di positivo per riuscire a costruire nell'unica direzione di andare tutti verso il bene comune, per evitare che poi sfoci in qualcosa di peggiore.

Ora, io non voglio nemmeno prenderli in considerazione i violenti - che, quindi, non vanno giustificati in alcun modo - perché non fa parte della mia e della nostra cultura, ma ci dobbiamo rendere conto che sempre più nelle democrazie occidentali c'è bisogno e c'è necessità di venire coinvolti e di venire partecipati nei processi decisionali e non si può più pensare che il ruolo del cittadino sia solo e soltanto quello di mettere una croce su un simbolo, una volta ogni cinque anni, per poi tornare a casa e aspettare che gli eventi accadono su di sé; chi pensa questo, secondo me, oggi, ha una visione della democrazia che non è totalmente compiuta. Allora, questo strumento serve proprio ad arginare un principio di contrapposizione fra popolo e Palazzo che, purtroppo, negli ultimi anni si è venuto a verificare, perché la democrazia rappresentativa è un po' andata in crisi, spesso, perché chi ha avuto l'onore e l'onere di rappresentare i cittadini nelle istituzioni, forse, è incorso in un eccesso di autoreferenzialità. Questo strumento serve proprio per far sì che il cittadino si senta valorizzato e coinvolto in un processo decisionale e che, quindi, possa essere valorizzato nell'esprimere quell'idea, e che chi è nel Palazzo apra finalmente le finestre di questo Palazzo e si faccia forza di quello che arriva da fuori, nell'ottica, però, di migliorarlo, di sfumarlo, di limarlo, di arrivare insieme a una soluzione condivisa e comune che persegua l'interesse generale.

Ora, pensare che i cittadini si organizzino dal basso solo e soltanto per mettere i bastoni fra le ruote al Parlamento sovrano, secondo me, è una chiave di lettura autolesionista che non mi sembra realistica, né nel medio, né nel lungo periodo. Qui, c'è bisogno di capire la vera sfida del nostro tempo; se abbiamo veramente a cuore la tenuta sociale delle istituzioni democratiche, e tutti ovviamente ce l'abbiamo, si tratta di capire come possiamo meglio coinvolgere i cittadini nei processi decisionali, come possiamo uscire dalla logica della delega in bianco e dell'uomo solo al comando, come possiamo fare in modo che si metta in moto un circolo virtuoso di energie positive che possa, da una parte, coinvolgere i cittadini a tirare fuori il meglio di sé , invitarli a scrollarsi di dosso l'apatia, la rassegnazione, la noia e a dare il loro contributo al progresso materiale e spirituale della società e, dall'altra, capire come questo Palazzo possa fare tesoro di quello che arriva da fuori. In quest'ottica, questo strumento mi sembra abbastanza equilibrato e anche privo di quelle possibilità di degenerazione che molti di voi, colleghi, paventano, perché c'è questo primo step, in cui, comunque, si dovranno raccogliere le firme, un numero ragguardevole di firme e, quindi, chi si farà estensore di questo testo di legge, dovrà comunque elaborare una proposta che possa essere condivisa e che possa raccogliere e raggiungere un consenso ampio nella popolazione e nell'opinione pubblica; dopodiché, fermo restando che prima c'è un vaglio comunque preventivo di costituzionalità che abbiamo introdotto, una volta raggiunto il Parlamento, questa proposta, comunque, sarà vagliata per diciotto mesi, ci sarà un iter parlamentare che si esprimerà e si svolgerà in maniera ordinaria, così come stiamo facendo adesso in questo momento. In quel momento, ecco che possiamo mettere in piedi una sinergia positiva fra quello che c'è dentro questo Palazzo e quello che c'è fuori, per fare in modo che si addivenga insieme a una soluzione condivisa che ci porti, lo ripeto, a poter produrre il migliore strumento legislativo possibile, per tutti quanti, per chi è dentro e per chi è fuori.

Ed ecco che, in quest'ottica, secondo me, se veramente abbiamo a cuore la tenuta delle istituzioni rappresentative e democratiche, da qui ai prossimi anni, dobbiamo capire che dobbiamo coinvolgere e ascoltare i cittadini molto più di quello che non abbiamo fatto negli ultimi anni, per evitare anche degenerazioni che tutti noi condanniamo quando c'è da condannarle, però, poi, magari, non facciamo nulla per capire, analizzare e interpretare questi fenomeni per tempo e capire che la democrazia è in una fase di trasformazione, i processi democratici devono essere, non radicalmente trasformati, ma, comunque, innovati e dobbiamo affiancare a uno schema di democrazia rappresentativa, anche degli strumenti per garantire, ai cittadini, maggiori diritti, maggiore integrazione, maggiore partecipazione, maggiore coinvolgimento, anche nell'ottica di quello che è lo spirito che i nostri padri costituenti vollero dare alla Carta. La nostra Costituzione è tutta un invito a uscire di casa, a partecipare, con il diritto a manifestare, ad associarsi, con il diritto allo sciopero, persino. Noi dobbiamo capire che i nostri padri costituenti vollero dare questa impronta alla nostra Carta. I nostri valori sono questi e non possiamo, in nessun modo, pensare che difendere lo status quo in maniera così, anche certe volte, preconcetta, perché si ha paura di contrapporre popolo e Palazzo, possa fare del bene alle nostre istituzioni. Secondo me è l'esatto contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI (FI). Grazie, Presidente. Io credevo che questa dialettica fra piazza e palazzo, di cui abbiamo ascoltato parlare interamente per tutta la scorsa legislatura, fosse stata sanata quando il MoVimento 5 Stelle è andato al Governo, pensavo che questa fosse la vostra funzione, arrivando qui da cittadini comuni (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Mi rendo conto che già adesso voi siete consapevoli di essere esattamente casta. Finalmente, condividiamo lo stesso destino.

Però, collega Forciniti, qui, stiamo parlando di un qualcosa di diverso. A prescindere dallo strumento, stiamo parlando, ed è questo il tema, del fatto che, nel momento in cui il Parlamento lavora sulla proposta di origine popolare, quella proposta, quanto deve essere aderente a quella proposta dal comitato proponente?

E io chiedo formalmente alla relatrice di spiegarci in quest'Aula “modifiche meramente formali” cosa significa, qual è lo spazio lasciato al Parlamento. Questo è determinante e questa è la sede dove parlarne (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

FABIANA DADONE, Relatrice per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIANA DADONE, Relatrice per la maggioranza. Grazie, Presidente. So benissimo che questa formulazione trae ispirazione dalla sentenza della Corte costituzionale in materia di referendum abrogativo, so che lo sanno tutti quelli che partecipano al dibattito, ma forse tutta l'Aula non ha capito perché il mio parere rimane contrario.

La traslazione del quesito nell'abrogativo ha avuto un senso perché era fatta a tutela del comitato promotore, nel momento in cui le Camere, con una tecnica, una strategia, chiamiamola come vogliamo, avessero fatto una correzione ad hoc della disciplina, per far decadere il referendum e, quindi, avessero neutralizzato la possibilità dei cittadini di esprimersi sul quesito referendario.

Qui, invece, lo strumento è differente. Io so che abbiamo fatto tutto il possibile, già dalla discussione in Commissione, per uniformarli; i due strumenti, però, sono differenti: l'abrogativo abroga ed elimina qualcosa, qui, invece, si introduce uno strumento rafforzato di iniziativa popolare. Però, è una proposta di legge, di fatto, non è che si abroga qualcosa, si crea e, quindi, non vedo perché dovremmo traslare un quesito che là è fatto a tutela del comitato promotore “contro” - tra virgolette – le, non voglio dire “furbate”, perché non è corretto, però contro le correzioni ad hoc del Parlamento per far decadere il referendum in questo che è uno strumento differente.

Io ho sentito parlare anche di Parlamento correttore di bozze, notaio del comitato promotore, passacarte. Da dove mi è venuta in mente questa formulazione? Dagli emendamenti, mi è venuta in mente questa formulazione e dal dibattito che c'è stato in seno alla I Commissione affari costituzionali.

L'emendamento 1.725, se non sbaglio, a firma dell'onorevole Magi, prevedeva esattamente quanto meno questo contenimento, cioè il fatto che ci fosse la possibilità, per evitare che si andasse a referendum nella modifica di una sola virgola, che si potesse, almeno in quel caso, evitare di andare a referendum e, quindi, da lì ho preso la formulazione e dalla necessità di andare incontro a quelle che sono state delle esigenze reali rilevate.

Però, andare ad utilizzare questa espressione, mi sembra, per questo istituto, improprio. Lo ribadisco: è vero che tentiamo di affiancare l'abrogativo al propositivo, però, in realtà, anche quando abbiamo fatto le audizioni, buona parte dei costituzionalisti hanno detto che sì, sono entrambi istituti, diciamo così, referendari, ma hanno una natura molto diversa, uno propone e l'altro abroga. Poi, per evitare di raggirare la normativa sull'abrogativo, con l'emendamento dell'onorevole Ceccanti, abbiamo stabilito che il quorum fosse al 25 per cento degli aventi diritto al voto, anche sull'abrogativo, ma per evitare di svuotare quell'altro strumento, non perché riteniamo che siano due strumenti a specchio, uno rispetto all'altro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Basini. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE BASINI (LEGA). Intervengo per dichiarazione personale. Io vedo che ci sono delle paure, perché la democrazia popolare potrebbe contrapporsi a quella rappresentativa. Non è vero, se guardiamo indietro, nella nostra storia, abbiamo visto il contrario; abbiamo visto referendum vanificati, quello sulla responsabilità civile dei magistrati, ad esempio, abbiamo visto altri referendum addirittura stravolti, come quel referendum che diede finalmente un rapporto diretto eletto-elettore con il collegio uninominale, che fu poi vanificato da una legge che trasformò il Parlamento in un Parlamento di nominati. Questa legge fu denominata, non a caso, dal suo obtorto collo estensore, come una cosa… la definì una porcata.

Detto questo, mi stupisce di vedere che vi sia la difesa del Parlamento da parte delle forze che in realtà l'hanno espropriato a favore delle segreterie dei partiti. Noi non stiamo discutendo di democrazia diretta contro democrazia rappresentativa: stiamo discutendo dell'ennesimo attacco delle partitocrazie al Parlamento.

Il Parlamento in questi anni è stato espropriato dei suoi poteri e i parlamentari sono stati ridotti - loro! - sul seggio dei passacarte (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia). Forse, forse con questa legge restaureremo un po' del prestigio del Parlamento e, soprattutto, basta affidare alla magistratura l'ultima parola in materia politica, perché questo ha fatto degenerare la nostra democrazia (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Emanuela Rossini. Ne ha facoltà.

EMANUELA ROSSINI (MISTO-MIN.LING.). Presidente, desidero rispondere al collega Forciniti e anche all'ultimo intervento e alla domanda che si poneva su come coinvolgere e ascoltare i cittadini. Ebbene, il modo per coinvolgere e ascoltare i cittadini è fare bene i parlamentari. È fondamentale questo!

Noi abbiamo gli strumenti e il dovere di ascoltare, come stiamo facendo, tutte le categorie e tutte le istanze che ci provengono dai territori. Però, questo comporta un lavoro serio di studio e di raccordo con i propri territori e probabilmente questo scollamento voi come movimento lo state vivendo in modo drammatico.

Però, non potete utilizzare questa proposta per cercare di far pensare che esista un vulnus di rappresentatività in questo Paese. Se volete ascoltare i cittadini fatelo ora: togliete l'aumento dell'IRES al terzo settore perché lo sta chiedendo tutto il Paese. Non occorre un referendum propositivo per fare questo e così come su tantissime istanze che nelle audizioni, tutte le settimane, ci vengono portate da cittadini rappresentanti di categorie.

Pertanto, l'unica nota su cui possiamo concordare è che si dovrebbe dare più attenzione alle proposte popolari e arrivare a calendarizzarle. Però, aprire una strada parallela al Parlamento perché il Parlamento non funziona è una responsabilità che vi assumete voi. Il Parlamento funziona se si lavora in Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze Linguistiche).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.

LAURA RAVETTO (FI). Presidente, a me fa piacere che l'onorevole Basini appartenga, invece, a un partito in senso proprio, perché voglio ricordargli che magari tornassero i partiti, onorevole Basini, perché abbiamo visto cosa succede ad essere guidati dalle Srl che mettono le fiducie sulle finanziarie e sulle manovre di bilancio, che sono le leggi più importanti, e che ce le mandano pure con tre mesi di ritardo. Magari tornasse la politica (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)!

E, Presidente, mi rivolgo a lei: non si consenta ai colleghi, come Forciniti, di dire “Palazzo”. Questo non è il Palazzo: questo è il Parlamento, che rappresenta tutto il popolo e tutti gli elettori (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Voi, invece, volete ridurlo a un palazzo vuoto guidato da una piattaforma informatica (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Presidente, per chiarire questo aspetto io farei un esempio. Mettiamo che il collega Iezzi presenti una proposta popolare, ad esempio su “quota 100” per le pensioni. Deve fare una copertura? Non potendola fare in franchi coloniali, il collega Iezzi si inventerà una cosa estrosa: aumentare le clausole IVA, che è una cosa a cui nessuno penserebbe. Arriviamo in Parlamento e si conclude che forse una cosa abnorme come le clausole IVA sia eccessiva e, quindi, tanto vale fare “quota 110”. Il Parlamento si mette d'accordo per “quota 110” e gonfia un po' di meno queste clausole IVA.

Ebbene, secondo il nostro schema non si dovrebbe fare il referendum perché comunque si è andati nella stessa direzione e il Parlamento si è dotato di una mediazione ragionevole, appunto andando nella stessa direzione. Certo è che, se il Parlamento invece avesse fatto l'opposto di quello che voleva Iezzi, passando da “100” a “90”, sarebbe ragionevole fare lo stesso perché ha legiferato sulla stessa materia, ma è andato in direzione opposta.

Con il testo attuale, se io faccio “quota 110”, ma anche se faccio “105” o “104”, io vado al referendum lo stesso perché ho fatto una modifica sostanziale, pur andando nella stessa direzione.

PRESIDENTE. Concluda.

STEFANO CECCANTI (PD). È di questo che stiamo parlando: di dare al Parlamento un margine di mediazione ragionevole andando nella stessa direzione. È questo che, al di là dei tecnicismi giuridici, vogliamo dire con questo ragionamento…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Ceccanti.

STEFANO CECCANTI (PD). …perché è un po' troppo facile cavarsela in maniera volontaristica come fa il collega Forciniti: “Siccome non vogliamo contrapporre piazza e Palazzo, noi non lo vogliamo, non accadrà”. No! Dipende dalla procedura che crei, perché, se crei una procedura sbagliata, anche se i tuoi intenti sono ottimi, finisci per produrla lo stesso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO (PD). Presidente, secondo me ha dell'incredibile che l'accusa di partitocrazia venga da un partito che, nella recente votazione sulla legge di bilancio, ha impedito che il Parlamento discutesse un solo emendamento in due rami del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) perché le segreterie di quei due partiti di Governo avevano deciso, insieme ai tecnocrati di Bruxelles, che quello doveva essere il testo che non poteva essere votato. Altrettanto vorrei dire al collega Basini che forse, prima di venire a darci lezioni sulla partitocrazia in quest'Aula, sarebbe meglio restituire i 49 milioni di euro del vostro partito (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zanettin. Ne ha facoltà.

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). Presidente, io voglio replicare in particolare alla relatrice, la quale ci ha spiegato le differenze fra referendum propositivo e referendum abrogativo.

Presidente, il tema è complesso perché, in un sistema e in un ordinamento completo come quello vigente nel nostro Paese, non essendoci spazi di deliberazione del tutto nuovi e del tutto inesplorati, il referendum propositivo necessariamente è anche referendum abrogativo. È per questo che, in tanti emendamenti, tenteremo di ricreare una coerenza fra l'uno e l'altro istituto, perché evidentemente entrambi tendono ad abrogare norme esistenti nel nostro ordinamento. Ma su questi argomenti torneremo con tanti altri emendamenti successivamente.

GIUSEPPE BRESCIA, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE BRESCIA, Presidente della I Commissione. Presidente, telegraficamente solo per rispondere al collega Ceccanti. Restando nella sua metafora, se il comitato promotore propone “quota 100” io mi chiedo per quale motivo il Parlamento dovrebbe proporre “quota 103” anziché approvare “quota 100”. È questo il punto! Cioè, non occorre fare una modifica perché, se sono sostanzialmente d'accordo, il Parlamento approva ciò che viene dal comitato promotore. Punto!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Enrico Borghi. Ne ha facoltà.

ENRICO BORGHI (PD). Posso, signora Presidente?

PRESIDENTE. Prego, le ho dato la parola.

ENRICO BORGHI (PD). La ringrazio. L'intemerata del collega Forciniti rafforza i dubbi e le preoccupazioni delle minoranze. Infatti, io lo vorrei invitare a rileggersi lo stenografico del suo intervento, perché lui ha fatto tutto un ragionamento rispetto al fatto - e già su questo potremmo fare una lunga discussione - che il concetto di democrazia si sostanzia esclusivamente nel momento in cui il cittadino va al voto mentre, in realtà, occorrerebbe rileggersi la nostra Costituzione dall'articolo 2 in giù, perché la democrazia si sostanzia anche nella partecipazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), nei corpi intermedi, nei sindacati, nell'associazionismo, nella società civile ed è un esercizio quotidiano rispetto al quale chi si sente chiamato a un dovere civile, indipendentemente dal fatto che ci siano ogni cinque anni le elezioni politiche, può tranquillamente esercitarsi.

Ma lui stesso ha detto che dobbiamo affiancare allo schema di democrazia rappresentativa e poi ha lasciato in sospeso il periodo. Ecco, occorrerebbe capire che cosa bisogna, dal vostro punto di vista, affiancare al sistema di democrazia rappresentativa perché è proprio questo il punto.

PRESIDENTE. Concluda.

ENRICO BORGHI (PD). Noi non dobbiamo affiancare alla democrazia rappresentativa un qualcosa, la dobbiamo rafforzare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO (PD). Grazie, Presidente. Prima l'intervento del collega Forciniti ha illustrato il lavoro dei nostri padri e delle nostre madri costituenti come un lavoro ispirato a spingere la gente a uscire di casa, e mi è venuto in mente l'intervento che fece il Ministro Toninelli, parlando della ricostruzione del ponte Morandi, quando lo descriveva come un luogo che doveva diventare un luogo di incontro in cui poter vivere, poter mangiare, poter giocare; e la cosa ci rende particolarmente preoccupati, perché, se eravamo già preoccupati per la vicenda del ponte Morandi, ora lo siamo se lo stesso criterio viene applicato anche alla riforma della Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Non si può pensare di affrontare un tanto al chilo una riforma costituzionale e nemmeno di accusare chi pone delle proposte di modifica correttive e migliorative di aver paura di affrontare un confronto con i cittadini. Noi il confronto con i cittadini e la valorizzazione della partecipazione l'abbiamo proposto anche nella scorsa legislatura, ad esempio potenziando la possibilità, anzi, introducendo l'obbligo, con la riforma che si votò in questo Parlamento e a cui il MoVimento 5 Stelle votò contro, per il Parlamento di affrontare le leggi di iniziativa popolare. Quella proposta venne cancellata da un referendum, ma ancor prima da un voto contrario. Quindi, non facciamo accuse, non abbiamo nessuna paura di confrontarci con gli elettori, ma abbiamo, invece, molta paura a lasciare questa materia in mano a chi fa ragionamenti così approssimativi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Grazie, Presidente. Molto rapidamente, il dibattito è molto utile perché, sostanzialmente, ci dà l'idea di quella che è la scuola di formazione del MoVimento 5 Stelle. Lesson number one: il popolo è contro il Parlamento. Credo che questo sia un assioma inaccettabile, cioè il popolo è contro il Parlamento. Ma scusate, il Parlamento chi lo ha eletto, qualcun altro, o voi vi arrogate il diritto di essere il popolo contro il Parlamento…

PRESIDENTE. Onorevole Sisto, mi scusi, ma sono costretta a toglierle la parola, perché lei ha già parlato su questo emendamento.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Presidente, lo rifarò identico.

PRESIDENTE. Va bene, l'aspettiamo, mi scusi. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signora Presidente. Devo dire che l'intervento del collega Basini ci ha molto preoccupato, perché, in realtà, nella chiosa finale ha detto l'esatto contrario del capogruppo del suo partito in Commissione, quando ha detto: non vogliamo che siano i giudici a giudicare il lavoro del Parlamento, mentre mi pare che l'intervento del collega Iezzi si conclude sostanzialmente auspicando che fosse la Corte di cassazione a essere il giudice terzo, e quindi, da questo punto di vista, vorrei sottolinearlo. Un'ultima cosa, collega Basini: un po' di memoria non guasta in questa sede e in quest'Aula. Il Porcellum, che è quello che lei ha ricordato, è stato votato dalla sua parte politica (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali). Noi non abbiamo votato il Porcellum, io non ho votato l'Italicum e non ho votato il Rosatellum. Lezioni su questo tema non le accettiamo (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mulè. Ne ha facoltà.

GIORGIO MULE' (FI). Grazie, Presidente. Riprendo da quello che non ha potuto dire il collega Sisto, quindi era la lesson number one sul Parlamento e sul popolo. L'intervento del presidente Brescia rivela il DNA di questo provvedimento, laddove si ipotizza: perché il Parlamento dovrebbe contrastare una proposta presentata dal popolo? Perché è il Parlamento, perché, a parità di proposta legislativa, noi qui dentro rappresentiamo non 500 mila elettori, ma, grazie a Dio, 50 milioni di italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), perché l'altra Camera ha la stessa dignità, e quindi presupporre questo significa rivelare il vero concetto di questo provvedimento, cioè annullare il Parlamento italiano (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Andrea Romano. Ne ha facoltà.

ANDREA ROMANO (PD). Anch'io riprendo da dove è stato interrotto Sisto, perché volevo dire ai colleghi dei 5 Stelle che forse loro pensano che contrapporre popolo e Parlamento sia un'invenzione di Casaleggio, di Beppe Grillo. Vorrei tranquillizzarvi: lo hanno fatto in molti prima di voi di provare a contrapporre popolo e Parlamento.

Tra i tanti esempi, poche centinaia di metri da qua, in piazza Venezia, c'era chi si affacciava a un balcone, dicendo che quell'adunata era più rappresentativa delle demoplutocrazie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Però quelle esperienze di contrapposizione tra popolo e Parlamento sono sempre andate a finire malissimo, innanzitutto per i cittadini che erano sottoposti a quei regimi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Migliore. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE (PD). Grazie, signora Presidente. Devo dire che nel corso di queste settimane e di questi mesi abbiamo sentito più volte la parola “popolo”, abusandone dal mio punto di vista. L'avvocato del popolo, lo stesso avvocato del popolo che ha detto che ci vorrà un'Europa per il popolo, dal popolo, con il popolo. Penso che riempirsi la bocca di popolo, che peraltro è una parola rotonda, non possa nascondere, invece, qual è il cuore di tenebra della proposta, così come è stata formulata da Forciniti, e cioè che c'è una sostanziale sfiducia nella democrazia rappresentativa. E noi, come Conrad, riteniamo che questo debba essere contrastato senza esitazioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Penna. Ne ha facoltà.

LEONARDO SALVATORE PENNA (M5S). Grazie, Presidente. Solo per ribadire un concetto: la Costituzione assegna la sovranità al popolo, e poi prosegue: la esercita secondo le regole stabilite dalla Costituzione. Ora, come sappiamo tutti, la Costituzione assegna due voti, la scheda elettorale e la scheda referendaria. Quindi, da quello che si continua a ribadire qui è come se la scheda referendaria assumesse una connotazione inferiore alla scheda elettorale, perché si dice sempre che questo Parlamento è espressione di 50 milioni di elettori, come se, invece, il voto referendario avesse una valenza inferiore. Se i padri costituenti hanno stabilito questo grande valore alla Costituzione, non si capisce perché si debba sempre continuare a svilire il valore del referendum, e ricordiamo anche un'altra cosa. Per chi ha fatto le campagne elettorali…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

LEONARDO SALVATORE PENNA (M5S). …raccogliere 500 mila firme non è una passeggiata. Chi ha fatto le campagne referendarie sa che ci vogliono lacrime e sangue per raccogliere queste firme (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mugnai. Ne ha facoltà.

STEFANO MUGNAI (FI). Non è tanto e solo in discussione la totale mancanza di rispetto nei confronti del ruolo che il Parlamento ha in una democrazia; quello che emerge da questo dibattito nelle dichiarazioni dei colleghi del MoVimento 5 Stelle è una filosofia di fondo, cioè la superficialità nell'affrontare le cose. Il referendum prevede un sì o un no, la realtà non è solo bianco e nero. Il Parlamento esiste anche per affrontare in profondità i temi e trovare soluzioni che possono essere complesse (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Voi volete sdoganare un concetto, che esistono soluzioni semplici a problemi complessi. Si possono vincere anche delle elezioni convincendo alcuni milioni di italiani che è così, ma la realtà poi presenterà il conto, perché la realtà è complessa e il nostro è un Paese complesso (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), e non è con la superficialità e l'approssimazione che si risolvono i problemi complessi del nostro Paese. Voi in questo siete maestri, ma sarete anche maestri a lasciare un Paese con problemi molto maggiori rispetto a quelli che avete trovato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Orsini. Ne ha facoltà.

ANDREA ORSINI (FI). Presidente, onorevoli colleghi, ascolto sconcertato le argomentazioni di alcuni dei colleghi 5 Stelle. La lettura degli atti della Costituente, non dico dei lavori preparatori, non pretendo tanto, ma una rapida lettura degli atti della Costituente gli insegnerebbe che questi temi sono stati ampiamente affrontati, ampiamente dibattuti, ampiamente oggetto di riflessioni, e, se c'è una cosa che i costituenti sono stati unanimi nell'escludere, è che il voto referendario sia assimilabile al voto parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), perché si è visto in questo lo svilimento della sovranità popolare rappresentata dal Parlamento.

Questo lo hanno escluso tutti, anche Mortati, che era il sostenitore del referendum propositivo. Per cui, onorevoli colleghi, vi prego, studiate quello che è successo in passato. Chi ha creato una Costituzione che da 70 anni funziona abbastanza bene non lo ha fatto per un capriccio, non lo ha fatto improvvisando. Cambiare oggi, in modo così demagogico, così improvvisato, così superficiale consentitemi, un delicatissimo equilibrio che ha consentito non solo alla democrazia italiana, ma a tutte le democrazie del mondo libero di funzionare, per un secolo, è pericolosissimo e sarebbe una pessima eredità che lasceremmo alle nuove generazioni (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole De Luca. Ne ha facoltà.

PIERO DE LUCA (PD). La ringrazio, Presidente. Riprendo anch'io le argomentazioni svolte dai nostri colleghi e non posso non esprimere la forte preoccupazione per le affermazioni svolte dai colleghi del gruppo 5 Stelle, perché effettivamente esce allo scoperto l'anima vera e l'intenzione reale di quello che è l'obiettivo forse principale di questa loro proposta di modifica referendaria.

Noi non possiamo permetterci di commissariare il Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), noi non possiamo permetterci di porre a rischio l'essenza stessa della democrazia rappresentativa nel nostro Paese, non possiamo affidare a 500 mila persone e/o dieci persone, un comitato promotore, una efficacia superiore, una forza superiore a quello che è il ruolo che la Costituzione assegna a più di mille parlamentari, eletti essi stessi dal popolo. Non possiamo creare questa conflittualità e questa tensione istituzionale del nostro Paese.

Per questa ragione non è possibile procedere nella direzione, a nostro avviso, indicata dai colleghi del gruppo 5 Stelle. Il nostro ruolo di parlamentari non può essere svilito in questo modo; noi stiamo qui a difendere il nostro ruolo e il nostro valore e a difendere l'essenza del Parlamento e della democrazia rappresentativa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Morani. Ne ha facoltà.

ALESSIA MORANI (PD). Grazie, Presidente. Ma le dichiarazioni dell'onorevole Forciniti non mi stupiscono, non mi stupiscono perché solo qualche giorno fa, su Rai 1, davanti a tre milioni e mezzo di telespettatori, l'ex onorevole Di Battista ha dichiarato, per il MoVimento 5 Stelle, che, secondo la sua opinione, la democrazia rappresentativa tra qualche anno la dichiareremo obsoleta, la guarderemo come oggi guardiamo la monarchia.

La democrazia rappresentativa, invece, è stata una conquista, e lo dico perché io vengo da una terra, le Marche, dalla provincia di Pesaro Urbino, in particolare dal comune di Cantiano, che ha visto una delle ventuno madri costituenti, Adele Bei, che ha fatto anni di prigionia, una partigiana, un'antifascista, lottare per avere questo Parlamento e questa democrazia rappresentativa. Non si può consentire lo svilimento del Parlamento e non si può consentire che anni di battaglie che hanno visto, purtroppo, anche tanti morti in questo Paese vengano svilite da 500 mila persone, da un comitato promotore di un referendum che andrebbe a sostituirsi a quella che è, invece, la rappresentanza vera del popolo, che è il Parlamento italiano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rotta. Ne ha facoltà.

ALESSIA ROTTA (PD). Grazie, Presidente. Ecco, noi abbiamo rispetto del Parlamento, un rispetto che non vediamo da un'altra parte, la parte che oggi è al Governo di questo Paese. Allora, voglio rifarmi anch'io alle dichiarazioni del supposto - uno dei supposti leader del MoVimento 5 Stelle -, l'onorevole Di Battista che, in particolare, parlando del Parlamento, l'ha definito un residuo bellico, ha paragonato la democrazia rappresentativa alla monarchia assoluta.

Allora è arrivato il momento davvero, anche per il rispetto nostro, ma soprattutto degli elettori che vi hanno votato, e di cui ovviamente dimostrate, oggi, qui, con questo dibattito, di non aver assoluto rispetto, di calare la maschera. Giù la maschera, con quello che intendete fare assolutamente e soprattutto siate onesti e dite che non ha senso neppure il vostro stare qui, se quello che avete in mente, il modello che avete in mente, è totalmente diverso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Magi. Ne ha facoltà.

RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). Grazie, Presidente. Vorrei provare a dare un elemento di riflessione, nel tentativo di andare al di là delle legittime contrapposizioni politiche. È evidente a tutti che l'espressione della sovranità popolare avviene attraverso il voto che elegge i rappresentanti; altra espressione, altro esercizio della sovranità popolare è quello previsto con la seconda scheda.

I Costituenti, quando hanno immaginato questo strumento particolare e specifico del referendum abrogativo, hanno previsto che questo esercizio della sovranità popolare avvenisse in un momento successivo alla formazione della legge e con una funzione diversa da quella appunto legislativa, quindi con una funzione meramente abrogativa. Questo, e mi rivolgo alla relatrice Dadone, non è quello che avviene con uno strumento fortemente innovativo, che è il referendum propositivo, nel quale due modalità di esercizio della sovranità popolare, quella che si esprime nel Parlamento e quella che si esprime attraverso il referendum propositivo, contemporaneamente andrebbero a fare la stessa cosa, cioè a legiferare. È per questo che servono maggiori garanzie, per evitare un corto circuito, per evitare uno squilibrio, per evitare che ci sia un conflitto fra due espressioni della sovranità popolare che fanno la stessa cosa nello stesso momento. E qui io ringrazio la relatrice di aver accolto quello che era effettivamente, come ha ricordato lei, un mio emendamento, e lo rivendico perché credo che la formulazione sia migliorativa rispetto al testo iniziale, ma comunque non sia ancora abbastanza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pettarin. Ne ha facoltà.

GUIDO GERMANO PETTARIN (FI). Grazie, Presidente. È estremamente importante assistere alla discussione, che oggettivamente è molto approfondita, dei temi che stiamo insieme vedendo, ma è opportuno ogni tanto tornare con i piedi per terra e ricominciare da principio a fare alcune valutazioni.

La nostra Costituzione si basa su dei parametri fondamentali, che non sono, in nessun modo, contestabili, perché sono il sistema su cui noi appoggiamo la nostra vita democratica. È indubitabile che la rappresentatività democratica e la rappresentazione democratica della volontà popolare passa attraverso questa istituzione che, come una collega prima detto non è un palazzo vuoto, è “la” istituzione. Pensare a un referendum propositivo con le modalità portate avanti, con la possibilità che, in realtà, vi sia un sistema che mina alla base il nostro ordinamento, mettendo il Parlamento in condizione di non operare, se non altro riempiendo di proposte senza nessun tipo di senso le nostre attività, è veramente un attentato alla Costituzione, che noi non permetteremo mai e a cui non aderiremo mai, in nessun modo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1.900.9 Ceccanti, con il parere contrario della relatrice per la maggioranza, il parere favorevole del relatore di minoranza Ceccanti, mentre il Governo si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).

Passiamo alla votazione dell'subemendamento 0.1.900.10 Ceccanti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Sì, approfitto per replicare al collega Brescia. Torno all'esempio di prima: se io propongo “quota 100” e il Parlamento vota “quota 103”, ci saranno 5-6 miliardi diversi di spese che si allocano in maniera diversa e qualche centinaio di migliaia di persone che vanno in pensione a differenza dell'altro scenario. È un po' difficile dire che non spetti al Parlamento, sulla base del principio niente tassazione senza rappresentanza, fare uno spostamento significativo di questa materia, anche se va in direzione voluta dai promotori. Non può essere lasciata al Parlamento semplicemente la scelta: prendere o lasciare.

E qui mi ricollego anche alle cose che diceva il collega Magi. Se io metto dei limiti a quella che è un'arma convenzionale, il referendum abrogativo, anche se qui sta passando l'idea che si può fare la legittima difesa senza limiti, vorremmo però mettere a un'arma nucleare come il referendum propositivo, perché crea norme e non solo ne elimina, limiti almeno comparabili? Per questo la giurisprudenza sull'abrogativo si può logicamente trasporre anche sul propositivo. Anzi, proprio perché il problema è il fatto che lo strumento è molto più forte, si giustificano non solo gli stessi limiti, ma si giustificherebbero limiti ancora maggiori. Questa è la ricerca di equilibrio, altrimenti puntiamo a un sistema squilibrato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Grazie, Presidente. L'utilità del dibattito non ha confini perché poi, nella necessità di doversi giustificare e giustificare e offrire all'Aula elementi di riflessione, fatalmente viene fuori la verità. Oggi abbiamo appreso l'esistenza, in Parlamento, di un nuovo gruppo: il gruppo dei guastatori della democrazia, cioè coloro che, partendo dal presupposto che il popolo è contro il Parlamento, sono in Parlamento per distruggere il Parlamento e fare gli interessi del popolo, perché questa è l'impostazione che il collega Forciniti ha dato al suo intervento, ossia che il popolo è contro il Parlamento e sarebbe questa una costante delle democrazie occidentali. Trovo veramente stupefacente, in tutti i sensi, quello che siamo costretti ad ascoltare in quest'Aula, cioè la massima espressione della democrazia, ossia il Parlamento, diventa il principio motore della rivoluzione, dall'interno del Parlamento, per distruggerlo e riconsegnarlo a un popolo che sarebbe ostile a un Parlamento che ha eletto: ma io sono allibito! Non possiamo tollerare che qui dentro si usi uno strumento di questo genere per mortificare e, consentitemelo, insultare la democrazia. Perché, se questi sono i presupposti e questo è il leitmotiv che porta il MoVimento 5 Stelle sempre con la connivenza - non voglio ancora chiamarla complicità, perché il percorso è lungo - dell'altra componente del Governo, la reazione deve essere globale, totale, universale, senza appartenenze, senza sconti. Ormai è chiaro e gli indizi sono diventati una prova: abbiamo ascoltato le dichiarazioni del Ministro Fraccaro; è stata citata una dichiarazione del guru Casaleggio; abbiamo ascoltato il collega Forciniti, siamo di fronte alla incapacità di rispondere alle obiezioni precise mosse a questo provvedimento da parte di chicchessia, perché refugium peccatorum è, ma in Commissione abbiamo discusso, in Commissione sono stati approvati gli emendamenti, in Commissione qualche cosa è stata fatta, come se il metodo potesse superare il merito. Siamo di fronte allo scempio, dichiarato e dolosamente preordinato, della democrazia.

Presidente, nel subemendamento 0.1.900.10 Ceccanti si cerca ancora - aggiungo il termine - disperatamente ma con grande dignità di vincere l'espressione “non meramente formali”, che è una incredibile scelta di artificio e raggiro nei confronti della Costituzione, con l'alterazione dei principi ispiratori e i contenuti normativi essenziali che - scusate se è poco - sono parole non al vento, sono principi solidi del diritto che noi chiediamo vengano inseriti in Costituzione. Al fake verbale del “non meramente formali” - certamente ai fake voi siete abituati, ma pensavamo che la Costituzione fosse un luogo in cui i fake non fossero consentiti, ma anche qui ce li volete propinare - noi rispondiamo in un modo molto semplice, ispirandoci a un minimo - un minimo! - di cultura normativa, a un “sei e mezzo” per consentire ad una norma di avere una sua dignità. Allora, io chiedo davvero a ciascun componente del Parlamento: se a fronte di questa confessione, scardinare il Parlamento in favore di un popolo, che poi sarebbero 500 mila professionisti della firma, magari reclutati in dieci minuti sul web, perché questo è il futuro, se in nome di tutto questo, noi possiamo continuare a discutere di un provvedimento senza una sollevazione morale, etica e giuridica e, se mi consentite, costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente): una sollevazione, Presidente!

Voteremo questo subemendamento come voteremo tutte quante le altre proposte emendative, con cui si cercherà una sola cosa: il rispetto della Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO (PD). Grazie, Presidente. Noi insistiamo sul punto e non ci accontentiamo che nel nuovo testo costituzionale, modificato sulla base dell'emendamento presentato dalla relatrice, si faccia riferimento semplicemente alle modifiche “non meramente formali”. Vogliamo che si parli in maniera molto esplicita di principi e contenuti normativi essenziali, perché non è una questione di dettaglio, non è una questione linguistica ma è una questione di sostanza. Il Parlamento in una democrazia rappresentativa rimane il centro della vita politica, istituzionale e democratica del Paese. Non vogliamo in alcun modo limitare, anzi vogliamo incentivare la partecipazione dei cittadini, ma vogliamo anche che quando i cittadini partecipano nella maniera più ampia e più costituzionalmente riconosciuta, che è l'elezione del Parlamento, il Parlamento sia nelle condizioni di poter intervenire, di poter dire la propria, di poter anche correggere proposte che vanno in una direzione condivisa, magari con contenuti e correttivi che siano più conformi al rispetto del bilancio dello Stato e del quadro normativo generale. Quindi, anche sul subemendamento 0.1.900.10 Ceccanti chiediamo una riflessione, chiediamo un ripensamento e chiediamo che ci sia la disponibilità ad ascoltare le proposte di buonsenso che stiamo facendo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole D'Ettore. Ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Questa probabilmente è l'ultima occasione per poter rivedere - mi rivolgo ai relatori e al presidente alla Commissione, che hanno comunque dimostrato un atteggiamento dialogante, seppur per un dialogo unilaterale, alla fine - l'espressione “non meramente formali”. In Costituzione la parola “meramente” non esiste. Il linguaggio costituzionale è il linguaggio più alto, più chiaro, più preciso, più facilmente comprensibile. Ogni disposizione contiene non una norma ma più norme: è un enunciato in forma compiuta del legislatore che può contenere più precetti e più indicazioni. “Meramente formale” è una porcheria linguistica, incomprensibile, che creerà una confusione totale. Vi prendete la responsabilità di mettere anche nella Carta costituzionale un linguaggio che è per davvero un porcellum, una porcheria: toglietela! Capitelo che la dovete togliere: non si capisce niente dicendo “meramente formale”! Ma perché siete sordi in questo modo? Cosa vi può smuovere per farvi capire che è una cosa incomprensibile e che non porterà altro che conflitti e confusione? Ma perché non lo capite? Perché non consentite al Parlamento di fare modifiche sostanziali nel senso e dell'indirizzo dei principi ispiratori della legge popolare.

PRESIDENTE. Concluda.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Cosa vi impedisce di fare ciò? La vostra ignoranza o la vostra testardaggine? Una delle due (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Grazie, Presidente Carfagna.

PRESIDENTE. Onorevole D'Ettore!

SIMONE BALDELLI (FI). Supero la mia proverbiale ritrosia ad intervenire in quest'Aula semplicemente perché mi è venuta in mente una idea, purtroppo tardivamente, quindi non la posso presentarla come emendamento perché il termine per gli emendamenti è scaduto, ma posso fornire una buona idea alla relatrice Dadone. Si potrebbe introdurre nel testo una formula che dica che il Parlamento si intende autorizzato al coordinamento formale del testo, visto che dobbiamo fare modifiche soltanto formali. Un po' come quando si arriva alla fine di un provvedimento e il presidente di Commissione legge e si danno per acquisite, se non vi sono obiezioni, le correzioni formali. Una cosa del genere risolverebbe strutturalmente il problema della mera formalità del lavoro del Parlamento, sulla quale il comitato promotore dall'alto dei suoi poteri avrebbe la possibilità - e l'organo terzo ancor di più - di accondiscendere alla sottoposizione alla Presidenza della Repubblica della promulgazione del nostro testo o addirittura del referendum compatibile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Enrico Borghi. Ne ha facoltà.

ENRICO BORGHI (PD). Grazie, signora Presidente. In realtà, esprimendosi in maniera contraria a questa proposta dei colleghi Ceccanti, Migliore ed altri, il relatore e la maggioranza, per una sorta di eterogenesi dei fini, vanno in una direzione esattamente opposta rispetto a quanto hanno sin qui dichiarato, perché non chiarire questo aspetto e cioè non definire che cosa significhi il concetto di non meramente formali, significa aprire la stura ad una logica di natura interpretativa che, in realtà, comprime la libertà del cittadino di adire a uno strumento di questa natura. Cioè, noi rischiamo di trovarci in una condizione per la quale si apre una discussione e una mobilitazione nell'opinione pubblica e poi, su questo punto, viene affidato, proprio perché non vi è una chiarezza di fondo in partenza, ad un soggetto che deve definire qual è l'elemento di formalità e quale non lo sia, l'elemento di merito. È per questo motivo che - concludo, signora Presidente - appare logico l'emendamento in questione e non si comprende la motivazione per la quale il relatore ha dato un parere contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Musella. Ne ha facoltà.

GRAZIANO MUSELLA (FI). Molto brevemente, io credo che questo emendamento sia fondamentale per chiarire l'importanza e la decisionalità di questa istituzione nei confronti di iniziative di carattere popolare. Quindi, io ritengo che si possa chiedere l'accantonamento di questo emendamento e chiedere un parere in questo senso al presidente della Commissione, che io mi auguro riveda la sua posizione.

PRESIDENTE. C'è una proposta di accantonamento. Chiedo alla relatrice se intende accoglierla oppure no.

FABIANA DADONE, Relatrice per la maggioranza. Sono contraria per le motivazioni che ho espresso in precedenza. Parere contrario.

PRESIDENTE. Chiedo se vi sia una richiesta di intervento a favore e una contro. Onorevole Migliore, prego.

GENNARO MIGLIORE (PD). Noi abbiamo iniziato una discussione costruttiva all'interno della Commissione quando si è determinata una condizione nella quale i colleghi della maggioranza - e la relatrice in primo luogo - hanno avuto la capacità di accogliere e anche di intendersi con noi rispetto ad alcune questioni che ritenevamo sostanziali. Il tema della formalità o della mera formalità, a mio giudizio, rappresenta uno di quegli equivoci che in una legge costituzionale non dovrebbero essere introdotti perché, altrimenti, ci troveremmo di fronte ad una metonimia, un concetto che viene elaborato in altri termini ma che nasconde un'idea ben diversa, cioè quella che, comunque, la prevalenza dell'intenzione dei proponenti debba avere un'ultima parola rispetto a quella del Parlamento.

Ieri, il collega D'Ettore ha spiegato con chiarezza e anche con termini giuridicamente ineccepibili che il diritto a rinunciare era sostanzialmente un atto che metteva in soggezione, in subordinazione il Parlamento. Io ritengo che sia fondamentale costruire intorno ad una legge di modifica costituzionale quella chiarezza, quella trasparenza e anche quella possibilità di applicazione senza che vi siano equivoci da parte dell'interprete. Quindi, la mera formalità, se viene attribuita, come è stato peraltro riconosciuto opportunamente dalla relatrice, a un organo terzo, in che cosa consiste, se noi non la sostanziamo anche di un giudizio di merito, che a un certo punto possa essere non semplicemente un'evocazione retorica, una metafora di quello che vorremmo fosse la democrazia diretta?

Abbiamo bisogno, per questo motivo, di interrogarci a fondo su quali siano le condizioni che si prestino a meno equivoci possibili, anzi che li azzerino, in modo tale che il primato parlamentare venga garantito da un organismo o da una pronuncia, che non debba stare a interpretare che cosa significhi “meramente formale”. Questo credo sia un interesse di tutti, non è un interesse dell'opposizione, è qualcosa che garantisce, a chi verrà dopo di noi e si troverà ad applicare questa legge e questa disposizione, di non incorrere in interpretazioni conflittuali. Allora, signora Presidente - e con questo mi avvio a concludere - c'è o non c'è questa volontà da parte della maggioranza di chiarire quei punti, quelle aporie, quegli spiragli, quelle crepe che si determinano all'interno del testo normativo e che poi possono generare voragini? Io penso che sia utile il confronto quando si propone senza pregiudizi - e io cerco di averne il meno possibile, anche se, ovviamente, essendo umani, pregiudizi un po' ne abbiamo tutti - di avere la possibilità di raccoglimento e, quindi, in questo senso di un rinvio e di un accantonamento per un esame più meditato possibile del subemendamento stesso. Mi appello, in questo caso, all'Aula e non solo alla relatrice, che ha già espresso il suo parere, che spero sempre possa cambiare, perché vi possa essere un sussulto di saggezza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. C'è qualcuno che vuole intervenire contro la proposta di accantonamento? Onorevole Corneli, ne ha facoltà.

VALENTINA CORNELI (M5S). Grazie, Presidente. Io ribadisco il nostro voto contrario, perché, come ha ricordato il collega Iezzi, questo subemendamento ha una storia che i colleghi possono benissimo andare a ripercorrere, leggendo quelli che sono stati i lavori. Questo subemendamento nasce proprio da alcuni rilievi fatti dalle opposizioni, ne abbiamo discusso tanto, eravamo in dubbio sulla formula e alla fine questa è stata la formula che più ci ha convinto per una serie di motivi. I principi di cui alla n. 68/1978 sull'abrogazione sufficiente non sono perfettamente attinenti a questa materia perché parliamo di un istituto nuovo, sicuramente è un istituto più forte rispetto all'abrogativo, certo, ma ha dei limiti più forti rispetto all'abrogativo, di cui parleremo, limiti che sono, sicuramente, il vaglio preventivo e tutto il resto, la discussione sarà poi sufficientemente ampia sul tema. Su questo punto il nostro voto resta contrario.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico, senza registrazione di nomi, la proposta di accantonamento del subemendamento 0.1.900.10 Ceccanti.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge per 87 voti di differenza.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1.900.10 Ceccanti, con il parere contrario della relatrice, favorevole del relatore di minoranza Ceccanti e su cui il Governo si è rimesso all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).

Passiamo al subemendamento 0.1.900.4 Sisto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Anche su questo subemendamento, Presidente, Forza Italia propone un nuovo punto di caduta sulla vicenda del testo con differenze meramente formali, parlando di conformità della nuova disciplina approvata dal Parlamento con il testo della proposta di legge di iniziativa popolare che vada giudicata dall'ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione; è un'altra proposta alla quale ci dite di “no”.

Ma sono certo che nel frattempo il presidente Brescia si sarà domandato come andava a finire l'intervento del Parlamento del 2030 e, quindi, lo riprendiamo dal punto, più o meno, in cui l'abbiamo lasciato. “Se si decidesse di chiudere anche questa piccola Assemblea che, diciamocelo pure, malgrado conservi i suoi poteri sulla carta, da tempo, non prende più decisioni di grande rilievo, ammetteremmo anche tra di noi che le lobby, i cui interessi siamo qui a tutelare, possono rappresentarsi da sole e decidere il loro destino con una semplice stretta di mano tra gli amministratori delegati e il Gabinetto del generale. È ovvio che se questa fosse la nostra decisione, che dovesse emergere democraticamente dal voto che stiamo per dare, io da Presidente di questa assise sarei la persona più felice, perché sarebbe il completamento di un lungo ciclo e, come si sa, i cicli politici spesso si caratterizzano da conclusioni auto-liquidatorie. Sarei felice, inoltre, perché proprio io, come del resto moltissimi tra di noi, non ho mai fatto mistero di riporre nelle qualità del nostro generale supremo una fiducia totale e completa, anche nella speranza di poter presto dare il mio contributo propositivo e concreto alla già eccellente struttura del suo Gabinetto. Ed è principalmente per questa ragione, non lo nascondo, che formulo l'auspicio che nessuno abbia il cattivo gusto di chiedere il voto segreto su questa deliberazione. Poi c'è la deliberazione, pongo in votazione, presenti 30, votanti 30, astenuti zero, favorevoli zero, contrari zero. L'arena degli interessi approva. In applicazione a quanto disposto dal testo appena licenziato da questa arena, dichiaro ufficialmente sciolto l'organo denominato arena di rappresentanza nazionale degli interessi; le sue funzioni si intendono pertanto assorbite dal Gabinetto del generale. Nel ringraziare tutti i componenti e i lobbisti presenti in sala, rivolgo a voi il mio commosso e deferente saluto e adesso pubblicità”. Questo, veniva scritto nel 2012, guardate quanto ci stiamo andando vicino (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giorgis. Ne ha facoltà.

ANDREA GIORGIS (PD). Presidente, io vorrei sottolineare il valore e l'importanza di questa discussione e vorrei prendere spunto da una considerazione che ha svolto l'onorevole Forciniti, che, a mio avviso, con chiarezza e onestà intellettuale, ha iniziato il suo ragionamento con una considerazione che riassumo con queste parole: stiamo già vivendo una contrapposizione tra popolo e Palazzo - dice l'onorevole Forciniti - non è questo istituto che produrrà questa contrapposizione, perché la contrapposizione è in atto. E poi ha proseguito, l'onorevole Forciniti, dicendo: Questa contrapposizione è una contrapposizione che vede il Palazzo - io traduco: le istituzioni democratico-rappresentative – oggi, sempre meno capaci di rappresentare e coinvolgere i cittadini. Ecco, io debbo dire che se questa considerazione è una considerazione di fatto, io penso che sia una considerazione fondata, dalla quale dobbiamo prendere le mosse.

È vero, oggi, le istituzioni politico rappresentative vivono una stagione di difficoltà, oggi i cittadini faticano a sentirsi rappresentati. I partiti politici, nel corso degli ultimi anni, hanno progressivamente perso capacità rappresentativa e capacità di organizzare la partecipazione.

Qual è il punto che noi dobbiamo risolvere per rispondere a questa analisi? E' se noi pensiamo che questa crisi, questa difficoltà, questa incapacità delle istituzioni democratico rappresentative di rappresentare e governare, sia una crisi irreversibile, dalla quale si può uscire soltanto marginalizzando e, in qualche misura, superando il Parlamento e i partiti politici e, quindi, costruendo percorsi alternativi che portano alle estreme conseguenze, all'idea della disintermediazione e del coinvolgimento, appunto, immediato; oppure se ci si deve, con altrettanta onestà, interrogare sul come oggi sia possibile riattivare una partecipazione democratica mediata, come oggi è possibile consentire ai partiti e ai corpi intermedi di tornare ad organizzare in maniera adeguata la partecipazione politica.

Io sono convinto che non ci sia alternativa a questa strada, se abbiamo a cuore l'idea di una democrazia emancipante, la quale, attraverso la partecipazione politica dei cittadini, realizzi le condizioni del pieno sviluppo della persona umana e dell'effettiva partecipazione, appunto, di tutti i cittadini all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Allora, se questa è la preoccupazione che anima l'onorevole Forciniti, io dico: parliamoci con franchezza e diciamo con altrettanta onestà qual è l'obiettivo di questo istituto, perché a me sembra che, per come è scritto, l'obiettivo di questo istituto sia quello di prendere atto che non è possibile organizzare la partecipazione democratica attraverso i corpi intermedi e che, dunque, bisogna esternalizzare.

Io dico: perché non proviamo, invece, a prendere sul serio il problema del valorizzare l'organizzazione e valorizzare coloro che organizzano la partecipazione? Riapriamo una discussione nel Paese sull'autonomia della politica e dei corpi intermedi. La democrazia ha dei costi, costi umani e costi economici, organizzare la partecipazione democratica è nell'interesse del Paese, è nell'interesse della sua crescita economica. Bisogna investire su coloro che organizzano la partecipazione democratica; riapriamo una discussione sul finanziamento pubblico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) - lo ripeto: pubblico! - dei partiti e di coloro che organizzano la partecipazione, riapriamo il discorso dell'autonomia della politica; il finanziamento pubblico è la precondizione per garantire l'autonomia della politica.

Se abbiamo davvero a cuore, onorevole Forciniti, di riavvicinare i cittadini alle istituzioni e non sostituire le istituzioni, allora, discutiamo, spiegando ai cittadini che dobbiamo chiudere la stagione della delegittimazione della politica, perché è troppo facile e troppo pericoloso…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

ANDREA GIORGIS (PD). È troppo pericoloso, e concludo, conquistare consenso, alimentando la contrapposizione tra popolo e Palazzo. Questo è il punto; se avete davvero a cuore questa preoccupazione dovete preoccuparvi di superare quella contrapposizione e non di costruire consenso, alimentandola. Questo è il punto che rende difficile, difficilissimo, per noi, aprire un confronto su questo istituto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI (FI). Presidente, da ore, ormai da giorni, stiamo tentando di convincere con vari argomenti il relatore a mutare (Dai banchi del gruppo Partito Democratico si grida: Presidente! Una fotografia!)

PRESIDENTE. Colleghi…

JOLE SANTELLI (FI). Che cosa è successo?

PRESIDENTE. Onorevole Acquaroli, colleghi, calma…

Prego, continui, onorevole Santelli.

JOLE SANTELLI (FI). Io ricomincio e prendo il tempo.

PRESIDENTE. Sì, abbiamo fatto ripartire il timer.

JOLE SANTELLI (FI). Onorevole Presidente, come dicevo, da ore e da giorni stiamo cercando di convincere o, perlomeno, di far riflettere la relatrice e la maggioranza su alcune modifiche a questa normativa, che magari non sono esattamente quelle che vorremmo ma che comunque migliorerebbero il testo.

Sembra che non ci riusciamo e, quindi, provo con un'altra argomentazione. Io sto apprezzando - e lo dico con serietà - il coraggio di questa maggioranza. Avete grande coraggio, perché voi non temete una maledizione che è su questo Palazzo: è la maledizione della Costituzione. Su chiunque abbia toccato la Costituzione a maggioranza poi la Costituzione si è vendicata e gliel'ha fatta pagare caramente in termini politici. Colleghi, attenzione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signora Presidente. Io vorrei cogliere questa discussione attorno a questo emendamento per ritornare sull'intervento del collega Forciniti e interloquire con lui in un dibattito che io considero un dibattito utile e non un dibattito inutile.

Il punto di partenza del suo ragionamento è condivisibile - e lo ha detto, prima di me e in maniera anche più autorevole, il collega Giorgis - perché siamo oggi di fronte a una crisi della democrazia rappresentativa.

Stiamo, se mi è concesso, vivendo un'epoca in cui si sta manifestando un paradosso della democrazia. Cioè, se all'indomani della Seconda guerra mondiale avessimo dovuto contare il numero delle democrazie, esse erano largamente inferiori al numero dei sistemi totalitari e dittatoriali a livello mondiale.

Oggi, la fotografia è una fotografia che vede prevalenti le democrazie rispetto ai sistemi dittatoriali, ma proprio nel momento in cui, dopo il lungo Novecento - se mi è consentito - le democrazie hanno vinto sui totalitarismi, proprio in questo momento, ci sono segnali preoccupanti di distacco e di crisi della democrazia rappresentativa.

Il tema, quindi, è che cura noi vogliamo dare a questa crisi. Se è vero che la democrazia è malata, allora il tema è che cura le possiamo dare. Possiamo darle una cura che cerca di rinvigorirla attraverso la partecipazione, che cerca di colmare il fossato tra elettori e Parlamento, tra politica e cittadini comuni, oppure possiamo darle una medicina che, alla fine, potrebbe uccidere questa democrazia.

Lo dico chiaramente: in un suo passaggio il collega Forciniti ha sostanzialmente individuato un modello che è un modello duale, cioè è un modello che dice - vado a memoria ma cito testualmente – che, accanto alla democrazia rappresentativa (che, dice lui, noi continuiamo a ritenere fondamentale eccetera eccetera), vogliamo sostanzialmente mettere il tema, attraverso lo strumento del referendum propositivo, della democrazia diretta. E devo dire che maggiore conferma di questo pensiero non ci può non essere con la scelta, che ho ricordato già in altra occasione, di dare al Ministro Fraccaro la delega alla democrazia diretta, totale innovazione nella storia repubblicana.

Questo è il punto che ci lascia e continua a lasciarci perplessi, perché la questione è come noi rafforziamo - e qui ci siamo - la democrazia rappresentativa attraverso l'innesto e l'iniezione di partecipazione dei cittadini anche attraverso lo strumento - rafforzando un istituto che, lo ricordo, non è totalmente innovativo, ma c'era già nell'impianto costituzionale - delle leggi di iniziativa popolare. E, quindi, il punto è come noi rafforziamo questo, mentre siamo e continuiamo ad essere, invece, totalmente contrari su strumenti che vanno a indebolirla, se non addirittura a costruire un'alternativa.

E qual è il dubbio? Da questo punto di vista, io non ho ragione per non credere alla buona fede del ragionamento del collega Forciniti. Peccato, però, che vi siano, come ho già avuto modo di ricordare, i testi fondativi del vostro movimento, la scelta di nascere con il V-Day in contrapposizione e in alimentazione di contrapposizione tra il Parlamento e i cittadini e il volere, in prospettiva, sostituire alla democrazia rappresentativa e ai partiti, indicati come la ragione di tutti i mali italiani, un'altra cosa.

È questo il punto che credo faccia sorgere molti dubbi e che chiede quindi, per quel che ci riguarda, di avere ancora maggiore forza nei sistemi di garanzia e di controllo nell'utilizzo potenziale di questo strumento, per indirizzarlo in maniera positiva al rafforzamento della democrazia rappresentativa e non a suo scapito.

Questo è il punto politico e credo, comunque, che questa sia una discussione assolutamente necessaria, ma se volete convincerci fino in fondo cercate di cogliere quali sono i nostri dubbi e provate a dare le risposte che stiamo andando in quella direzione e non, invece, nella direzione del libro di Casaleggio e Grillo del 2011 che aveva un titolo evocativo: Siamo in guerra.

Ecco, noi non siamo in guerra con la democrazia rappresentativa e con i partiti, ma siamo esattamente, al contrario, alla ricerca di come rafforzare la democrazia rappresentativa e di come rilanciare il ruolo affidato dall'articolo 49 della Costituzione ai partiti politici e ai corpi intermedi (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Musella. Ne ha facoltà.

GRAZIANO MUSELLA (FI). Grazie, Presidente, per la parola. Cari colleghi, la democrazia non è un sistema perfetto, ma è il sistema migliore possibile anche perché ha in sé stesso la capacità e la forza di migliorarsi e di cambiare. Io, però, in questo provvedimento vedo solo un suicidio della democrazia, un indebolimento delle istituzioni e questo indebolimento, guardate, non porta a migliorare la volontà popolare ma porta a essere soggetti alle lobby finanziarie ed economiche che possono congestionare e far indebolire ancora di più il nostro Paese e le nostre istituzioni.

Io, quindi, credo che, anche sotto questo profilo, la maggioranza debba fare una riflessione, una riflessione profonda in questo senso. E, soprattutto, mi appello di nuovo ai colleghi della Lega che con noi, il 4 marzo avevano firmato un altro contratto ben più vincolante rispetto a questo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Carnevali. Ne ha facoltà.

ELENA CARNEVALI (PD). Grazie, signora Presidente. Vorrei che quest'Aula, nella consapevolezza dell'importanza di ciò che stiamo discutendo, avesse anche la conoscenza che a pochi metri da qui, nelle nostra aula della conferenza stampa, si sta presentando una proposta di legge di iniziativa popolare che riguarda la sospensione dell'obbligo vaccinale per l'età evolutiva.

Questo dà il senso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) di come quando noi andiamo a trattare temi come quello, appunto, dell'introduzione di un referendum propositivo non proprio tutto dovrebbe essere consentito e questo forse dovrebbe in qualche modo ravvederci rispetto ad alcune rigidità che noi stiamo avvertendo in quest'Aula e rispetto a quanto sia importante e rischioso - io dico anche, se non con gli elementi correttivi che chiediamo -arrivare a fare proposte come quella che viene disconosciuta dal MoVimento 5 Stelle e che contemporaneamente viene proposta a pochi metri da qui (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Orsini. Ne ha facoltà.

ANDREA ORSINI (FI). Presidente, io sono un convinto oppositore della filosofia e della logica che stanno alla base di questo provvedimento nel suo insieme e, quindi, le mie riflessioni potrebbero apparire scontate. Tuttavia, faccio veramente fatica a capire il pervicace atteggiamento di chi, invece, pur essendo favorevole rifiuta anche quegli emendamenti che potrebbero rendere questa legge in grado di funzionare. Se ci credete veramente, colleghi della maggioranza, dovreste approvare e dovreste fare vostra l'introduzione di meccanismi che consentono a questa legge di funzionare senza problemi interpretativi, senza problemi che saranno da rinviare ogni volta alla Corte costituzionale, senza che si debbano aprire ogni volta infiniti contenziosi.

E, allora, è legittimo il sospetto che a voi poco importi del merito di questo provvedimento e molto importi di inserire semplicemente elementi che scardinano la logica e il coerente funzionamento della democrazia rappresentativa. Questo non mi stupisce da parte dei colleghi del MoVimento 5 Stelle, che questo, in fondo, lo teorizzano, mi stupisce molto da parte dei colleghi e - oserei dire - degli amici della Lega che hanno, a differenza dei 5 Stelle, una cultura di governo…

PRESIDENTE. Concluda.

ANDREA ORSINI (FI). …che hanno governato con noi questo Paese, che governano con noi molte regioni italiane, che sanno cosa vuol dire governare, sanno qual è la grave responsabilità e la complessità che deve affrontare chi governa e non posso credere che accettino delle norme che deliberatamente mettono delle zeppe alla funzionalità stessa del sistema democratico (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1.900.4 Sisto, con il parere contrario della Commissione, favorevole del relatore di minoranza Ceccanti e con il Governo che si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 12).

Passiamo alla votazione del subemendamento 0.1.900.5 Sisto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Grazie, Presidente. Come si suole dire, noi abbiamo sempre la speranza che le osservazioni dell'intera Aula, ad eccezione di una “capotica” maggioranza di Governo, possano rompere il muro, direi, ingiustificatamente indisponibile di chi è portatore, per la verità sano, ma di un provvedimento che certamente sano non è.

Con questa proposta emendativa noi torniamo sul punto della normalizzazione costituzionale dell'intera procedura. Cerchiamo, in qualche maniera, di recuperare le categorie di ortodossia procedimentale, cerchiamo soprattutto di introdurre, nell'ambito di questa dolorosa vicenda, la terzietà del controllo di quanto si vorrebbe affidare semplicemente alla iniziativa dei proponenti. È evidente che nelle parole “conformità della nuova disciplina approvata dal Parlamento con il testo dalla proposta di legge di iniziativa popolare” si cela il cuore di questa proposta emendativa.

Cioè, noi chiediamo che ci sia un ufficio terzo, sono d'accordo con il collega Speranza, Corte costituzionale, Corte di cassazione, diciamo che nei confronti del destinatario di questa terzietà ho un atteggiamento di indifferenza, quasi di dolo eventuale, cioè mi accollo il rischio che possa essere l'uno o l'altro, non ho nessuna preclusione. L'importante è che ci sia una posizione di terzietà, cioè che ci sia un terzo, un arbitro che non vesta casacche, che in qualche maniera possa dire se il vulnus alla dignità del Parlamento, sotto il profilo dall'articolo 70, possa essere violato. Allora, individuare l'ufficio presso la Corte di cassazione ha una sua assonometria con il referendum abrogativo, è un ufficio che ha l'abitudine a occuparsi di queste cose, anche se, e qui condivido qualche osservazione di Roberto Speranza, non è proprio la stessa cosa l'abrogativo rispetto al propositivo.

Per cui, proprio la difficoltà di ingoiare una deroga di questo genere comporterebbe che la Corte costituzionale possa essere, in qualche maniera, differenziata e più legittimata rispetto alla Cassazione, però, ripeto, non è questo il dilemma, la dicotomia che mi e ci appassiona.

Ciò che conta è che vi sia comunque qualcuno che si pronunci sulla doverosità di questa deroga. L'espressione che noi abbiamo utilizzato, Presidente, “conformità della nuova disciplina approvata dal Parlamento con il testo della proposta di legge di iniziativa popolare”, è un'espressione estremamente più tecnica, perché una conformità non significa identità, non significa similitudine; significa rispetto dei temi e rispetto dell'autonomia del Parlamento rispetto - scusate il bisticcio - alla proposta che viene dai 500 mila firmatari. Il concetto di conformità è un concetto dinamico, è un concetto discrezionale, ma a discrezionalità vincolata. In altri termini, illustri colleghi della maggioranza, noi chiediamo semplicemente che ci sia dato un segnale di dinamica nei rapporti fra il Parlamento e l'iniziativa popolare, cioè che ci si renda conto che non si può lasciare al “non meramente formale”, alla virgola, una scelta così importante, e che sia un terzo a decidere.

Presidente, queste osservazioni - e chiudo su questo emendamento - troveranno comunque un'eco, cioè non potranno rimanere inascoltate. Non si potrà fare finta di non sentire perché certamente una norma costituzionale che non funziona non è una norma rimediabile: diventa una norma irrimediabile. Se mi fate passare - ho chiuso - questo esempio, è come un acquerello: quando sbagli, non puoi correggere. Ecco, io penso che voi dobbiate in qualche maniera rendervi conto che un errore su una norma costituzionale è per sempre.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Mi sembra che questa del collega Sisto sia una possibile variante dello schema dello spostamento della giurisprudenza dell'abrogativo sul propositivo che abbiamo prodotto con gli altri emendamenti. Invece di ricorrere a quella giurisprudenza, adottiamo un parametro leggermente diverso, ma che è lo stesso, cioè l'andare o no nella direzione dei promotori. Ora, io volevo replicare al collega Basini, che ci accusava prima di cedere al Governo dei giudici. Questa critica, visti anche i proponenti, risulta un po' improbabile, ma a parte questo qui il problema è questo: o noi stabiliamo che uno dei due soggetti debba prevalere, perché gerarchicamente superiore (quindi o l'iniziativa popolare o quella parlamentare), oppure stabiliamo che ci sia un organo terzo e indipendente che arbitri sul fatto che si sia andati nella stessa direzione oppure no. Non c'è un'altra soluzione logica nell'ordinamento.

Per questo mi sembra importante che anche questo emendamento, che rientra nella famiglia di emendamenti che cercano un punto di equilibrio, vada approvato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1.900.5 Sisto, con il parere contrario della Commissione, su cui il relatore di minoranza ha espresso parere favorevole, mentre il Governo si è rimesso all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 13).

Passiamo alla votazione del subemendamento 0.1.900.3 Sisto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Presidente, è da giorni che stiamo, con una certa lentezza, votando questi emendamenti e subemendamenti. Forse è necessario farci qualche domanda e darci pure qualche risposta: ma ci rendiamo conto di quello che stiamo facendo? Cioè, nel disinteresse quasi totale di questa Assemblea, Presidente, non dico nel brusio che è cosa alla quale siamo gioiosamente abituati, perché è anche normale che ci sia, ma nel vero e proprio disinteresse, quasi totale, di questa Assemblea, che sembra subire questo dibattito come un lavoro forzato e noioso - e credo che sia entrambe le cose, Presidente –, con una maggioranza sostanzialmente silente, parte della quale ha posto, in maniera non so quanto ingenua o quanto pericolosamente consapevole, questo tema all'interno del proprio programma, mentre l'altra parte lo ha completamente ignorato, avendo fatto la campagna elettorale con noi, quindi in una situazione di un Governo di coalizione che si è formato dopo le elezioni perché nessuno aveva vinto le elezioni. C'è stato chi è arrivato primo, il centrodestra, c'è stato chi è arrivato primo come Partito, il MoVimento 5 Stelle, ma nessuno ha vinto le elezioni; nessuno dalle urne, il 4 di marzo, è uscito con i numeri che gli permettessero di poter governare alla Camera e al Senato. Qui si è fatto un Governo di coalizione con due forze politiche che stanno al Governo avendo firmato un contratto - tra di loro, non con gli italiani - e stiamo mettendo le mani sulla Costituzione, senza nessun mandato popolare, senza che nessuno ce l'abbia chiesto e senza che a nessuno, sostanzialmente, in questo ramo del Parlamento, sembra interessi che cosa stiamo facendo. Perché non è che abbiamo avuto un dibattito partecipato, salvo rari interventi che si sono susseguiti, con grande buona volontà da parte di alcuni colleghi che magari hanno seguito questo tema in Commissione e oggi in Assemblea e ieri in Assemblea. Cioè, non stiamo facendo, lo dico con autoironia, la leggina sugli ausiliari del traffico: stiamo mettendo le mani sulla Costituzione della Repubblica. Ha ragione la collega Santelli: lo penso anch'io e l'ho detto anche nel corso dell'esame sul complesso degli emendamenti. Guardate che toccare la Costituzione è uno dei confini oltrepassato il quale si rischia grosso, perché la Costituzione è come la natura: si vendica. Perché gli italiani tengono alla loro Costituzione molto più di quanto non la conoscano davvero, ma sanno che è un paletto che tutela i loro diritti di libertà civile ed economica, che tutela un ordinamento che ha permesso la democrazia. Quando è stata scritta questa Costituzione noi venivamo dal fascismo. Ci torneremo, ma - guardate - la superficialità con cui si sta affrontando questa pagina parlamentare la dice lunga sul fatto che sia impropria, dal punto di vista politico, inopportuna in questo momento questa discussione. Portare avanti i provvedimenti che credete: il decreto su “quota 100”, il reddito di cittadinanza; ci incontriamo e ci scontriamo; sono questioni che toccano la carne viva del Paese. Confrontiamoci sul modello di sviluppo ma, per carità di Dio, giù le mani dai diritti dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), dall'equilibrio che è stato garantito dai nostri Padri costituenti, specie se pensate di farlo in maniera unilaterale.

In questo, probabilmente, un minimo di saggezza il Governo l'ha avuta nel non esprimere i pareri, ma almeno ci dica che cosa pensa, perché abbiamo come la sensazione che tra le due parti in commedia che il Governo spesso mette in campo su tutti i provvedimenti, anche su questo ci sia una parte che spinge e una parte che, obtorto collo, proprio perché magari la riforma l'ha letta e oltre ad averla letta l'ha anche capita, questa parte e la riforma la subisca (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rotta. Ne ha facoltà.

ALESSIA ROTTA (PD). Sì, Presidente, chiedo la parola perché appunto stiamo affrontando una materia delicata. Stiamo toccando la Costituzione e dovremmo averne tutti i riguardo in questo dibattito. Appunto, è in corso un dibattito parlamentare che ha come fulcro la democrazia rappresentativa ed eventuali modifiche. Mentre noi stiamo a discutere su questo, naturalmente con la giusta cautela, con il giusto rispetto, c'è chi sta facendo una conferenza stampa nella quale la cosa più grave è che si promette.

Promette che una proposta popolare sarà legge, anzi che questa proposta referendaria è fatta apposta per far passare delle leggi che sono segnatamente contro la scienza che, da parte di tutto l'universo scientifico, vengono tacciate come delle tesi antiscientifiche, vorrei dire fantascientifiche per non parlare di stregoneria: la tesi dei no vax. Ebbene, per il rispetto che si deve a quest'Aula evidentemente anche da parlamentari, da parlamentari di qualsiasi schieramento politico, assumere un atteggiamento del genere e promettere quello che non si può promettere significa tradire evidentemente le vere intenzioni di qualcuno che propone questo referendum.

Diceva appunto il collega Baldelli: giù le mani dai diritti dei cittadini! Noi vorremmo anche dire: giù le mani dalla salute dei bambini con queste proposte antiscientifiche (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) che non dovrebbero essere svendute per propaganda elettorale - io credo, sono portata a dire - da parte di una rappresentante del MoVimento 5 Stelle (smentita dallo stesso presidente di gruppo, ma anche su questo non abbiamo la certezza della posizione), così come molte delle domande che sono state poste qui in punta di diritto, giustamente perché stiamo parlando della Costituzione, non hanno avuto risposte durante tutto questo dibattito. E allora non si tratta di cavilli giuridici: si tratta di dire la verità anche ai cittadini rispetto alle reali intenzioni di chi vuole modificare la nostra Carta costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1.900.3 Sisto, con il parere contrario della Commissione, mentre il Governo si rimette all'Aula e il relatore di minoranza Ceccanti ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 14).

Passiamo alla votazione del subemendamento 0.1.900.1 Fornaro.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Signora Presidente, noi crediamo che sia giusto votarlo, e quindi non lo consideriamo assorbito, com'era stato proposto dalla relatrice, perché siamo arrivati ad una di quelle proposte emendative che in qualche modo possono rappresentare una cartina di tornasole dell'esatta volontà del relatore e della maggioranza. Noi in questo subemendamento, rispetto alla questione che è stata lungamente dibattuta in quest'Aula oggi e anche nella giornata di ieri, dell'individuazione di un terzo soggetto, noi chiediamo, proponiamo a questo punto, rispetto alle due opzioni (poi seguirà un altro emendamento a prima firma del collega Speranza che individua la Corte costituzionale), noi in questo subemendamento individuiamo la Corte di cassazione come soggetto a cui spetta dichiarare se il testo approvato dalle Camere presenta modifiche meramente formali.

Quindi sono a ritornare ad una richiesta nei confronti della maggioranza e della relatrice, affinché sia in questa sede, cioè nella sede del testo di Costituzione e non nella legge attuativa, che si individui il soggetto terzo. E quindi in questa fase, signora Presidente, per il suo tramite, sono a richiedere l'accantonamento. Ribadisco che l'accantonamento in questa fase non implica ovviamente né un atteggiamento ostruzionistico e neppure un rallentamento del lavoro che stiamo facendo, perché è del tutto evidente che non licenzieremo oggi il testo; e credo che invece questi giorni che ci dividono dalla ripresa dei lavori di martedì possano aiutare la maggioranza a riflettere e a sciogliere questo nodo. Credo che sarebbe un atto di chiarezza, e un atto anche di ascolto vero delle osservazioni, dei dubbi, delle riserve che non soltanto noi, anche altri colleghi dell'opposizione oggi in quest'Aula hanno espresso. Quindi, in questa fase sono a chiedere l'accantonamento del subemendamento 0.1.900.1 da me presentato.

PRESIDENTE. Chiedo alla relatrice quale sia il suo parere sulla richiesta di accantonamento,

FABIANA DADONE, Relatrice per la maggioranza. Sono contraria perché elimina semplicemente “prima dell'eventuale rinunzia dei promotori”. Credo che la richiesta di accantonamento si riferisca a quello successivo, che verte sulla Corte costituzionale. Però chiedo dei chiarimenti all'onorevole Fornaro.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Fornaro.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, Presidente. L'emendamento parte prima perché dice “sopprimere le parole: ove i promotori non vi rinunziano. Conseguentemente: alla parte principale, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Spetta alla Corte di Cassazione dichiarare se il testo approvato dalle Camere presenta modifiche meramente formali”.

PRESIDENTE. Il parere?

FABIANA DADONE, Relatrice per la maggioranza. Innanzitutto chiedo scusa perché mi sono distratta dopo molte ore ma il parere rimane contrario. Come insomma avrò modo di dire successivamente - ma potrei anche dirlo in questa fase - con il subemendamento 0.1.900.16 Migliore nel testo riformulato ho tentato proprio di recepire le osservazioni sull'argomento della necessità di attribuire ad un organo terzo la valutazione sulla differenza tra i due testi. Le problematiche sottese ci sono. È evidente e si capisce sia dagli emendamenti sia dal dibattito svolto in questi giorni: qualcuno in favore della Corte costituzionale, qualcun altro della Corte di Cassazione, è evidente che entrambe le scelte hanno dei pro. In questa fase però ho ritenuto fondamentale mettere nel testo il principio che fosse attribuito ad un organo terzo che chiaramente deve essere uno di questi due. Ho mantenuto però il parere contrario anche sugli emendamenti precedenti dell'onorevole Sisto perché sono estremamente estesi, lunghi e non adatti anche dal punto di vista della redazione a essere inseriti all'interno di un testo costituzionale. Credo che tuttavia il punto sia quello di inserire il principio che la valutazione della differenza non venga rimessa nelle mani del comitato promotore, come era invece nel testo originario, ma che venga affidata ad un organo terzo.

PRESIDENTE. Onorevole Fornaro, dopo la spiegazione della relatrice, insiste comunque per la richiesta di accantonamento?

FEDERICO FORNARO (LEU). No, per l'economia dei lavori, non avendo alcun atteggiamento ostruzionistico. Credo di avere ancora un minuto forse, solo per completare il ragionamento…

PRESIDENTE. Però è già intervenuto, onorevole Fornaro, su questo: non è questione di tempi ma è già intervenuto per la dichiarazione di voto sull'emendamento.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Dopo aver capito meglio, cambio il parere in positivo. Tuttavia insisterei con la relatrice per la maggioranza - non su questi subemendamenti dal momento che ha confermato il suo parere contrario – sul fatto di pensare se, nel punto di rinvio alla legge, cioè nel punto che verrà dopo, almeno lì possa inserire la menzione esplicita della Corte di Cassazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Presidente, intervengo per rimarcare come l'Aula inesorabilmente abbia una unicità di vedute sul testo: maggiore terzietà e minore autoreferenzialità conseguente alla possibilità che vi sia un giudizio fondato su criteri certi. Ritengo che debba essere un tema da sottolineare nei confronti della relatrice che è sempre disponibile, per la per la verità, con dei no abbastanza garbati, anche se sempre no rimangono, ma disponibile comunque all'interlocuzione e di questo bisogna darle atto. È importante che un giudizio così rilevante sia fondato su regole certe e mi appello, si fa per dire, alla comune prassi. Immaginiamo se noi dovessimo affidare un giudizio di questa importanza ad un soggetto che non avesse parametri certificati a monte, cioè la libertà di valutazione o la inesistenza di confini sulla valutazione o la inesistenza di regole che possono in qualche modo certificare la legittimazione a violare i percorsi parlamentari: è un'ipotesi buona dal punto di vista costituzionale o costituisce un modo per eludere il rigore di una parametrazione di questo genere? Ritengo che sia un tema ineludibile, cioè non si potrà neanche pensare per un attimo ad un'ipotesi di iniziativa popolare se il popolo non viene rispettato più dello stesso Parlamento (può sembrare un paradosso), cioè se non si inserisce una regola che consenta a monte di capire quando e come si possa porre in essere un'iniziativa di questo genere e quando e come il Parlamento possa essere chiamato ad essere neutralizzato da un dato di questo tipo.

Allora ho la netta impressione che, nella interfaccia tra la relatrice e gli interventi che, non nascondo, con qualche fatica ma con molta tenacia stiamo proponendo alla sua attenzione, si corre il rischio di un corto circuito perché, da un lato, c'è il tentativo di riportare a normalità il percorso normativo sia pur costituzionale, dall'altro c'è invece pervicacemente la volontà di raggiungere un obiettivo che non è un obiettivo controllabile e quando dico controllabile non significa non discrezionale ma con una perimetrazione che sia leggibile nell'ambito di una normalità comportamentale nel rapporto tra soggetto, norma e chi giudica in posizione di terzietà quello che deve essere realizzato. Inviterei ancora una volta, anche sull'onda di quello che ha detto il collega Fornaro e che ha detto il professor Ceccanti - vede come si creano non abituali convergenze di carattere politico ma qui la Costituzione, lo dico ancora una volta, non ha differenziazioni dal punto di vista dello sforzo di tutti per raggiungere un obiettivo - inviterei ancora una volta la relatrice su questo criterio della terzietà e dei criteri e dei limiti per poter legittimare il passaggio dalla legge del Parlamento al referendum in qualche modo contro la legge dal Parlamento, la inviterei a offrirci una parametrazione un minimo più percepibile e un minimo più controllata.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1.900.1 Fornaro, con il parere contrario della relatrice, il parere favorevole del relatore di minoranza, mentre il Governo si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 15).

Passiamo alla votazione del subemendamento 0.1.900.2 Fornaro, sul quale la Commissione ha formulato un invito al ritiro.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Speranza. Ne ha facoltà.

ROBERTO SPERANZA (LEU). Presidente, durante questo pomeriggio credo che ci siano stati interventi molto interessanti che hanno in qualche modo anche palesato una distanza e una differenza di cultura politica che in una materia così delicata come la Costituzione ritengo non possano che arricchire il nostro dibattito e i punti di vista diversi che sono emersi. Il punto di vista che voglio rappresentare è quello di chi crede convintamente e compiutamente nella democrazia rappresentativa e in modo particolare nella funzione che i partiti che possono esercitare all'interno della democrazia rappresentativa. È evidente che, dall'altra parte, c'è un tentativo di rafforzare l'idea di una democrazia diretta non meglio precisata che sinceramente non mi convince. Vorrei solo dire all'Aula che lo stesso Rousseau, che in una parte significativa di quest'Aula è ritenuto un punto di riferimento sul piano intellettuale e sul piano filosofico, sulla democrazia diretta aveva un'opinione sinceramente molto cauta dicendo che era uno strumento applicabile solo in situazioni assolutamente determinate e le descriveva per differenza già rispetto all'epoca in cui egli stesso viveva e tale differenza diviene assolutamente grandissima se pensiamo a quanto è lontano quel mondo dal tempo in cui viviamo oggi e dai rischi in cui viviamo oggi.

Ora il subemendamento 0.1.900.2 Fornaro, che io non voglio ritirare e che vorrei tenere serenamente alla discussione di quest'Aula, prova a specificare qual è il soggetto terzo che sarà chiamato a valutare tra il testo dei proponenti e il testo come modificato dal Parlamento. Intanto premetto che è un fatto positivo che, grazie al lavoro svolto, la relatrice, il presidente, la maggioranza si siano convinti che fosse un errore gravissimo lasciare questa scelta ai proponenti: noi avremmo dato un ruolo del tutto improprio a persone che, rispettabilmente, raccolgono delle firme, ma che non possono decidere se tra quei due testi c'è una linearità, un'omogeneità, oppure se questa non esiste.

Perché io continuo a pensare che questa funzione debba essere data alla Corte costituzionale? Perché si tratta di un giudizio nel fondo su un testo che è stato votato dalle due Camere. Io lo dico ancora chiedendo attenzione ai parlamentari di quest'Aula: guardate che nella storia della Repubblica non è mai avvenuto che un testo viene approvato e non viene promulgato. Noi stiamo inserendo un'eccezionalità da brividi, ma, quando questo avverrà, chi è che ha la forza, l'autorevolezza, la potestà di natura costituzionale per poter dire: bene, la Camera ha assunto i principi come io vorrei o, come voi scrivete, le modifiche non sono sostanziali? Io non credo che possa essere una funzione che attribuiamo ad un organo terzo senza la qualificata forza della Corte costituzionale. E anche qui, diciamocelo con chiarezza, so che ci sono opinioni diverse dentro la stessa minoranza, dentro la stessa opposizione, è chiaro che lo si può dare anche alla Corte di cassazione, vista la funzione che la Corte di cassazione esercita nell'articolo 75, ma la Corte di cassazione è, prima di tutto, giudice di ultima istanza sui processi. La Corte costituzionale è, invece, il giudice delle leggi, quindi io credo che sia più all'altezza di un ruolo delicatissimo di giudizio su una legge uscita dalle Camere e, quindi, una legge che porta su di sé il peso della sovranità del Parlamento eletto in libere elezioni democratiche e, quindi, io sono convinto che questa sia la scelta giusta.

Ribadisco, nei pochi secondi che mi restano, e lo dico in modo particolare alla relatrice, che questa è la mia opinione: se io dovessi scegliere, direi senza ombra di dubbio Corte costituzionale, e ho spiegato più volte perché, ma ribadisco che, qualora questa scelta non dovesse convincere e si ritenesse che la strada sia quella della Corte di cassazione - io stesso sono firmatario dell'emendamento precedente che indicava quella strada -, io vi chiederei comunque di assumere una decisione, perché lasciare questo soggetto terzo nell'ambiguità, rimandandolo ad una legge successiva, io credo che sia un errore, perché quando si ha a che fare con la Carta costituzionale, c'è bisogno di dare certezza. Allora, io dico: per me il meglio è la Corte costituzionale. Preferite la Cassazione? Ma si dica Cassazione. Lasciare, invece, questo dibattito dentro un'incertezza, credo che non aiuti il percorso che stiamo facendo (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Io vorrei chiarire il punto perché io ho dato parere positivo su questo emendamento, anche se per noi rappresenta una second best rispetto alla Cassazione. Perché questo? Noi affidiamo, comunque, alla Cassazione, dove ci sono operazioni politiche molto sensibili, non solo l'abrogativo, ma anche la proclamazione provvisoria degli eletti alle Camere, quindi tutto ciò che è legalità, procedimento elettorale, cose delicate, li collochiamo lì, per questo io continuo a ritenere preferibile quella collocazione. Però, se l'alternativa è il testo della relatrice, che ha aperto all'organo terzo ma non lo nomina, preferisco comunque che venga nominato, perché c'è il rischio che magari venga creato un organo indipendente ad hoc meno autorevole. Questo è il problema. Quindi, come male minore rispetto alla mera indicazione di un principio, preferisco anche l'indicazione della Corte costituzionale, però resto convinto che la soluzione migliore sia la Cassazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 0.1.900.2 Fornaro, con il parere contrario della relatrice, favorevole del relatore di minoranza e su ci il Governo si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 16).

Passiamo al subemendamento 0.1.900.15 Pollastrini.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Presidente, intervengo su questo emendamento della collega Pollastrini soltanto per ribadire come il mantenimento del parere contrario da parte della relatrice e, quindi, della maggioranza, induca ad essere particolarmente pessimisti sull'esito del dibattito in quest'Aula, perché questo è un emendamento che io definirei en plein air rispetto alla possibilità di individuare l'organo terzo competente a valutare l'eventuale modifica dei principi ispiratori o dei contenuti essenziali apportata dalle Camere, cioè vi è addirittura apertura rispetto alla tipologia dell'organo terzo da individuare. Significa che, quindi, non c'è nessuna volontà da parte della relatrice e del Governo di individuare un organo terzo, neanche una riformulazione o un qualche cosa che ci consenta di avere una maggiore, come posso dire, duttilità.

Se questo è vero, come io mi auguro che non sia vero perché c'è sempre tempo per la relatrice di poter rivedere determinati passaggi, dobbiamo dedurre che questa riforma davvero è modulata sullo schema Forciniti, cioè sullo schema che vorrebbe il popolo sovrapporsi al Parlamento: un Parlamento antagonista del popolo è una storia del Parlamento che finisce con l'articolo 71, affidato, com'è, ad un dominio - neanche tanto di fatto, ma anche di diritto, addirittura di matrice costituzionale - di una piccola parte del popolo.

E qui, parliamoci chiaro, la moltiplicazione dei numeri non è una somma, appunto è una moltiplicazione, cioè uno più uno più uno fa provvedimenti che possano, moltiplicandosi fra loro come una sorta di ameba che si moltiplica dividendosi, raggiungere l'obiettivo di mettere il Parlamento in condizione di essere perfettamente neutralizzato.

Io registro questo atteggiamento anche su un emendamento che non è di Forza Italia, ma non cambia, è un emendamento che cerca di smuovere e di rimuovere il macigno del non voler comprendere come la democrazia non sia un popolo virtualmente antagonista del Parlamento, ma un Parlamento che, con la sua democrazia rappresentativa di matrice costituzionale, sia accompagnato dalla iniziativa popolare, ma ho la netta impressione che questo schema, dopo aver ascoltato e aver letto, non sia nel DNA, nelle corde di chi vuole, invece, con questo nuovo articolo 71, cancellare di fatto l'articolo 70.

Voteremo a favore anche di questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Ci stiamo avvicinando al testo della Commissione col solo organo terzo, che è contenuto anche in questa proposta emendativa, su cui noi torniamo a insistere sull'allargamento del parametro dell'organo terzo, perché la forza di questo organo terzo deriva non solo dalla sua indipendenza e autorevolezza, ma deriva anche dal parametro, dal ruolo che gli assegniamo. E noi insistiamo nel dire che il ruolo non può essere quello, come diceva prima il collega Baldelli, di verificare il coordinamento formale, ma di verificare se si vada nella stessa direzione voluta dai promotori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Occhionero. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA OCCHIONERO (LEU). Grazie, signora Presidente. Anch'io intervengo in questa sede perché ritengo necessario, ancora una volta, spiegare le motivazioni per cui noi riteniamo che sia assolutamente necessario individuare in questa fase l'organo terzo competente a valutare l'eventuale modifica tra la proposta di iniziativa popolare e quella formulata dalle Camere. Questo perché riconosciamo, comunque, un grande lavoro della relatrice, che ha compiuto notevoli passi avanti anche rispetto a quelle che sono le istanze delle opposizioni, però un'ostinazione a non voler individuare in questa sede l'organo terzo, ci induce a pensare che, forse, ci sia un tentativo, da parte della maggioranza, di nascondere quelle che per noi sono finalità assolutamente da mettere da parte, rispetto a un dialogo costruttivo che vuole rafforzare una democrazia diretta, mantenendo però ben ferma l'importanza e la centralità della democrazia rappresentativa. Riteniamo che sia necessario che questo organo terzo sia, in fondo, la Corte costituzionale, perché la stessa è già stata chiamata a decidere in questa materia, perché, lo ha detto prima il professor Ceccanti, in realtà, c'è già un controllo di ammissibilità da parte della Corte costituzionale rispetto alla proposta del comitato promotore e c'è già, anche, un vaglio di ammissibilità preventiva sulla stessa legge, per cui, per noi, questo è un argomento che avvalora la decisione di conferire alla Corte costituzionale la decisione di valutare le eventuali modifiche tra la legge parlamentare e la legge dei comitati promotori (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). A proposito di principi ispiratori, Presidente, poniamo il caso che, invece di essere il comitato promotore a ispirare, in qualche modo, “spintaneamente” il Parlamento ad occuparsi di un tema, fosse il contrario, cioè che il Parlamento avesse già legiferato su un tema e il comitato promotore decidesse, non appena approvata una norma, di intraprendere l'iniziativa legislativa sullo stesso tema. Questo ci porrebbe di fronte al tema, che peraltro è stato anche affrontato in alcuni emendamenti che affronteremo non in questa fase e credibilmente neanche in questa giornata, del rapporto tra referendum propositivo, da un lato, e referendum abrogativo e dell'inammissibilità del primo rispetto al secondo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.

LAURA RAVETTO (FI). Presidente, l'intervento dell'onorevole Baldelli mi pone anche la questione contraria, il quesito contrario: e se, invece, il Parlamento volesse legiferare, però, è già stato proposto un referendum propositivo, che cosa succede? Il Parlamento si deve bloccare? Che succede? Per diciotto mesi non può intervenire sulla materia? Anche questa è una domanda che pongo alla relatrice.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI (FI). Grazie, Presidente. Continuando nelle ipotesi fatte dai colleghi Ravetto e Baldelli, se il Parlamento avesse approvato una legge in uno dei suoi due rami e la minoranza parlamentare, organizzata, “esternalizzasse” il servizio proponendo il referendum, che cosa accadrebbe a quel punto? Dove ciò confligge? Quindi, alla fine, il referendum può diventare, come purtroppo spesso è anche diventato, esclusivamente, uno strumento ulteriore della lotta parlamentare al di fuori della piazza, piuttosto che uno strumento semplicemente di iniziativa meramente popolare.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1. 900.15 Pollastrini, con il parere contrario della Commissione, favorevole del relatore di minoranza Ceccanti e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 17).

Dobbiamo ora passare al subemendamento 0.1.900.16 Migliore, su cui la relatrice ha espresso parere favorevole, subordinatamente all'accoglimento di una proposta di riformulazione. Chiedo quindi al presentatore se intenda accettare tale proposta. Prego, onorevole Migliore.

GENNARO MIGLIORE (PD). Signora Presidente, posso anche intervenire oltre che accettare la riformulazione?

PRESIDENTE. Lei accetta la riformulazione?

GENNARO MIGLIORE (PD). Sì, accetto la riformulazione.

PRESIDENTE. Prego, ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE (PD). Accetto la riformulazione, perché ritengo che abbia, di fatto, colto…

PRESIDENTE. Però, scusi, onorevole Migliore, a questo punto il suo subemendamento verrà ricollocato nel testo e posto in votazione successivamente, ovvero dopo il subemendamento 0.1.900.13 Ceccanti e, quindi, magari, se vuole illustrarlo o fare una dichiarazione di voto potrà intervenire dopo, va bene? Avendo lei accettato la proposta di riformulazione, il suo subemendamento sarà collocato in un altro punto del fascicolo.

A questo punto, passiamo al subemendamento Fiano 0.1.900.17 su cui c'è un invito al ritiro. Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione. Onorevole Ceccanti, prego.

STEFANO CECCANTI (PD). Noi questo subemendamento lo terremmo, perché mantiene l'esplicitazione dell'organo della Cassazione, quindi, siamo contenti che sia stato accettato l'emendamento precedente, col principio dell'organo terzo, ma vorremmo che l'organo fosse nominato e fosse identificato nella Corte di cassazione. Quindi, confermiamo l'emendamento e invitiamo a votare a favore coloro che condividono che l'organo sia esplicitato.

PRESIDENTE. Se nessun altro chiede di intervenire, lo pongo in votazione con il parere contrario della relatrice, favorevole del relatore di minoranza Ceccanti e con il Governo che… scusate, ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Presidente, voglio fare una precisazione su questo subemendamento 0.1.900.17 Fiano, poiché è vero che individua la Corte di cassazione come organo terzo, ma introduce il criterio della natura non meramente formale delle modifiche apportate dalle Camere, sicché, se da un lato individua un organo terzo, dall'altro individua un organo terzo su verifiche non meramente formali; così, di fatto, svuotando la individuazione della terzietà.

Pertanto, noi voteremo contro questo subemendamento, perché, di fatto, non risolve la questione principale, cioè una terzietà ha senso soltanto se può essere esercitata con un criterio; se è una terzietà che si deve spiegare semplicemente per la verifica di un intervento non meramente formale, è un'ulteriore aggiramento della necessità di dare certezza al giudizio. Allora, è chiaro che non si può fingere di concedere la terzietà a fronte di un criterio che, invece, mortifica quella terzietà, perché un altro soggetto che in qualche modo deve giudicare la natura non meramente formale è un soggetto che non è che ha le mani legate, di più, non può fare altro che pappagallescamente ripetere il nulla che è il criterio del non meramente formale. Allora, dato che c'è una dignità anche nel recepire apparenti concessioni da parte della relatrice e del Governo, noi voteremo fermamente contro questo subemendamento.

PRESIDENTE. Se nessun altro chiede di intervenire, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1.900.17 Fiano, con il parere contrario della relatrice, favorevole del relatore di minoranza e sul quale il Governo si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 18).

Passiamo al subemendamento 0.1.900.50 Sisto.

È stata avanzata dal gruppo di Forza Italia la richiesta di scrutinio segreto sul subemendamento 0.1.900.50 Sisto, volto a stabilire che la legge di attuazione del provvedimento in esame preveda le norme necessarie per garantire un'informazione oggettiva ed equilibrata sull'oggetto e sui contenuti del referendum.

Analoga richiesta è stata avanzata sull'emendamento 1.565 Fatuzzo, a pagina 143 del fascicolo, in materia di accesso agli spazi televisivi durante la campagna elettorale in favore dei proponenti, e sugli emendamenti 1.784 Giorgis e 1.782 Fiano, volti a garantire la conoscibilità del testo sottoposto a referendum da parte delle minoranze linguistiche.

Al riguardo ricordo che in sede di Giunta per il Regolamento, nella seduta del 12 gennaio 2015, è stato ritenuto ammissibile il voto segreto sugli emendamenti riferiti al disegno di legge costituzionale n. 2613-A che innovano la disciplina sostanziale di principi e diritti di libertà come quelli che disciplinano la comunicazione politica in campagna elettorale, in quanto incidono sull'articolo 21 della Costituzione, e quelli che contengono disposizioni sostanziali riferite alla tutela delle minoranze linguistiche, di cui all'articolo 6 della Costituzione. Conformemente a tale pronuncia, sono stati votati a scrutinio segreto, nelle sedute del 13 e 22 gennaio 2015, gli emendamenti in materia di tutela delle minoranze linguistiche e di par condicio nell'accesso ai mezzi di comunicazione dal tenore analogo a quelli in questione.

La richiesta può essere pertanto accolta in quanto le proposte emendative in questione incidono, nel senso chiarito dalla Giunta per il Regolamento nelle sedute del 7 febbraio e del 7 marzo 2002, rispettivamente sull'articolo 21, libertà di manifestazione del pensiero, e sull'articolo 6 della Costituzione, tutela delle minoranze linguistiche.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.

LAURA RAVETTO (FI). Sul subemendamento in esame.

PRESIDENTE. Sì, certo. Prego.

LAURA RAVETTO (FI). Presidente, siamo alla fine di una lunga giornata di voto e, quindi, siamo chiaramente tutti provati. È stata una discussione importante, però questo capitolo che si apre è importantissimo e su questo, appunto, abbiamo chiesto il voto segreto, perché crediamo che sia anche una proposta emendativa che nelle coscienze dovrebbe mettere d'accordo. Qui che cosa si chiede di fatto? Si chiede che nel derby referendario che abbiamo capito essere in re ipsa - e anche ammesso dalla maggioranza - tra proposta popolare e proposta parlamentare ci sia, però, una parità di informazione, cioè che l'informazione sia obiettiva su entrambe le proposte.

Come ho già espresso in altri interventi, io ritengo che la vera chiarezza si avrebbe soltanto indicando nella scheda che esistono entrambe le proposte e non, come ora, indicando solo la proposta popolare, perché è di tutta evidenza che quella parlamentare potrebbe non essere conosciuta. Ma nel momento in cui non si riesca ad avere queste estrema chiarezza - anche se ancora lo speriamo, dato che il MoVimento 5 Stelle ha dimostrato un'apertura dicendo che questo sistema di modifica della scheda potrebbe essere recepito nei provvedimenti attuativi -perlomeno qui chiediamo all'Aula di votare una cosa ovvia, che ci sembra giusta, che ci sembra il minimo e, cioè, che entrambe le proposte possano essere adeguatamente rappresentate e siano in parità di condizioni. Altrimenti che cosa succederà? Succederà che sulla proposta popolare, così come ci insegna Schmitt relativamente a qualunque referendum, il voto sul referendum non lo fa l'elettore che va a votare ma lo fa già il proponente quando fa la domanda, perché è chiaro che la domanda, soprattutto se fatta in maniera - diciamo - appetibile e quindi magari anche un po' demagogica, può avere un riscontro immediato. Invece, è molto più difficile dall'altra parte immaginare delle forze politiche o dei cittadini che a questa proposta devono muovere una controproposta e che devono spiegarla e magari è fatta di 50 norme o di 150 articoli. Cosa dobbiamo fare non per contrastare ma per dire che c'è anche un'altra proposta parlamentare? Dovremmo mettere in piedi delle scuole di formazione a favore di tutti gli altri cittadini.

Quindi, chiediamo semplicemente che qui ci sia una pubblicità obiettiva, una parità di trattamento e che questo derby avvenga almeno in condizioni di lealtà, come in qualunque competizione sportiva (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Presidente, premetto che non ho ben capito il voto precedente da parte dell'onorevole Sisto, perché se noi facciamo due proposte migliorative (cioè che venga citato l'organo e che venga cambiato il parametro) e se un emendamento ne modifica anche una sola delle due, è comunque più vicino a quello che si chiede rispetto allo status quo. Però, ognuno vota come vuole e non c'è problema.

Qui noi abbiamo due emendamenti di fila e su quello successivo è stato espresso parere favorevole con riformulazione. Io non ho problemi a votare favorevolmente anche su questo perché comunque dice delle cose giuste, però mi sembra che quello successivo, che è stato accolto, sia comunque più ampio per due motivi: perché questo si limita alla votazione, alla par condicio nella votazione, mentre l'emendamento successivo si riferisce all'uguale conoscenza in tutto il procedimento elettorale, compresa la votazione.

Poi, c'è un altro problema. Al voto, se il Parlamento non ha deciso nulla, va il testo popolare contro lo status quo. Quindi, in quel caso io intendo assicurare la copertura che ci sia uguale conoscenza della proposta popolare in alternativa al diritto vigente. Invece, questo emendamento, che pur va bene, parla solo della proposta popolare e dell'eventuale proposta parlamentare ma non copre lo status quo.

Ciò detto, qualsiasi cosa che sia migliorativa va bene votarla e non c'è problema. Dico solo che forse l'emendamento successivo risolverebbe più problemi di questo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Grazie, Presidente. Non vorrei che il collega Ceccanti si abitui troppo alla convergenza fra Forza Italia e Partito Democratico (probabilmente ha questa pretesa). Noi riteniamo che se ci deve essere un emendamento da votare debba essere un emendamento che rispetti innanzitutto la logica costituzionale e manteniamo la nostra autonomia nei confronti del meglio rispetto al peggio. Per noi un meglio rispetto a un peggio delle volte può essere un peggio e non un meglio.

Ma, soprattutto, vorrei rammentarvi come questo emendamento, brillantemente illustrato dalla collega Ravetto, abbia una caratteristica: il diritto vigente è un diritto noto e non c'è da illustrare la norma che esiste e, infatti, la norma che esiste si dà per conosciuta. Invece, noi ci sforziamo di stabilire la necessità di chiarire i contenuti della votazione con riferimento alla proposta approvata dalle Camere e a quella di proposizione popolare. Quindi, direi che questo è un emendamento che ha una sua perfetta logica. Noi lo voteremo convintamente e indipendentemente da quello che sarà l'atteggiamento del Governo con riferimento a quello successivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI (FI). Grazie, Presidente. Va bene che il meglio è sempre migliore del peggio, però vorrei sottolineare al collega Ceccanti che io credo che vi sia una differenza, collega, nel senso che la proposta successiva parla di “modalità per assicurare uguale conoscenza”, che è un termine molto più astratto. Invece, nell'emendamento che adesso stiamo esaminando si parla di “norme necessarie per garantire informazione oggettiva ed equilibrata su oggetto e contenuti”.

Allora, il tema che stiamo andando ad affrontare è che due proposte legislative - e non due quesiti, non due domande secche, ma due proposte legislative - saranno poste all'attenzione del corpo elettorale. Come faremo perché queste vengano conosciute? E aggiungo, per ultimo, che potrebbe essere un elemento dissuasore per chi chiedesse un referendum inutile, perché ove le differenze fossero veramente minimali si renderebbe evidente la strumentalità da parte del comitato promotore di una richiesta ulteriore di referendum (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Corneli. Ne ha facoltà.

VALENTINA CORNELI (M5S). Presidente, intervengo solo per dire che noi concordiamo con l'interpretazione data dal collega Ceccanti. Il suo subemendamento è sostanzialmente identico a quello del collega Sisto ma è più ampio. Quindi, voteremo a favore sul subemendamento 0.1.900.51 Ceccanti, mentre voteremo contro su questo subemendamento e non perché siamo contro il principio della par condicio ma semplicemente perché è sostanzialmente assorbito nel successivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole D'Ettore. Ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Presidente, stavolta l'onorevole Ceccanti, per la voglia di far passare i suoi emendamenti, sa di dire una cosa che non si potrà mai verificare, perché la disputa sarà tra norma di iniziativa popolare e norma che esce dal lavoro parlamentare, se modifica. Sul diritto vigente non ci sarà la disputa perché se non c'è nessuna norma parlamentare di modifica non si fa il referendum e, quindi, non c'è il diritto vigente e questo mi pare evidente.

Tra parentesi, sulla nostra proposta, nel momento in cui si valuta l'equilibrato rapporto nel diritto all'informazione fra l'una e l'altra proposta, è evidente che se c'è una valutazione parlamentare di modifica, quella deve essere conosciuta e il dare equilibrata e oggettiva conoscenza è qualcosa di più che dare semplicemente conoscenza della proposta parlamentare, quando c'è una conoscenza molto più ampia di quella di iniziativa popolare. Il diritto vigente sta nel fatto stesso che se non c'è il referendum non si parla di diritto vigente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signora Presidente. Per trasparenza annuncio che l'indicazione di voto del nostro gruppo sarà favorevole al subemendamento 0.1.900.50 Sisto. Non posso, però, esimermi dall'osservare che il subemendamento 0.1.900.51 Ceccanti è più ampio, e quindi il concetto di par condicio riguarda una fattispecie più ampia. Siamo tutti stanchi, però vorrei ricordare anche ad altri colleghi che sono già intervenuti che esiste il diritto vigente e che in questa competizione potenziale c'è la possibilità, sostanzialmente, che il Parlamento decida di non intervenire, lo dico al collega D'Ettore. Non intervenendo il Parlamento, è evidente che rimane il testo vigente, ed è quindi fondamentale che sia posto a conoscenza del cittadino, che non necessariamente è tenuto a conoscere le migliaia, le decine di migliaia di leggi del nostro ordinamento, che la proposta referendaria ha determinate caratteristiche.

Il testo vigente, a cui fa riferimento, evidentemente, la legge di iniziativa popolare, ha i tratti caratteristici che gli sono stati dati dal legislatore a suo tempo. Quindi, ripeto, noi voteremo favorevolmente entrambi, ma oggettivamente il subemendamento 0.1.900.51 Ceccanti amplia il concetto di par condicio, e individua, quindi, tutte e tre le fattispecie possibili che possono essere messe in competizione, la proposta popolare, l'eventuale alternativa approvata dal Parlamento a seguito dell'iniziativa popolare oppure il testo del diritto vigente, anche qua, per scelta parlamentare, che non viene modificato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.

Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1.900.50 Sisto, con il parere contrario della Commissione e favorevole del relatore di minoranza, mentre il Governo si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 19).

Interrompiamo, a questo punto, l'esame del provvedimento, che riprenderà nella seduta di martedì 29 gennaio, a partire dalle ore 14.

Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Andrea Frailis, proclamato il 22 gennaio 2019, ha dichiarato, con lettera pervenuta in data odierna, di aderire al gruppo Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Giorgi. Ne ha facoltà.

Colleghi, vi prego di abbandonare l'Aula consentendo alla collega Di Giorgi di svolgere il suo intervento. Colleghi del MoVimento 5 Stelle, collega D'Uva. Prego, onorevole Di Giorgi.

ROSA MARIA DI GIORGI (PD). Grazie, Presidente. Volevo rendere partecipe l'Aula di un fatto molto grave che è successo questa notte al Senato, nella nostra Camera parallela. Dunque, è stato abolito il Consiglio superiore del cinema e dell'audiovisivo.

Questo organismo stava all'interno della legge sul cinema, una legge che avevamo aspettato cinquant'anni per migliorare e per mettere in essere. Il Consiglio superiore era un organismo di controllo, era un organismo che garantiva la trasparenza. Nella notte, con un emendamento della Lega, tra l'altro neanche nella Commissione di merito, ma all'interno del provvedimento sulla semplificazione, un provvedimento omnibus, dove si possono ben nascondere gli atti che non si vuole che abbiano sufficiente pubblicità, ecco, quindi, questo indirizzo non ci sarà più. Il Ministro sarà libero, avrà mani libere per poter nuovamente distribuire, secondo la propria discrezionalità, fondi a tutto il mondo del cinema, che, ovviamente, non era nella condizione di avere accolto, probabilmente (perché, altrimenti, non si capisce perché i colleghi della Lega abbiano fatto questo), felicemente quella che era stata una grande riforma, che era stata fatta, oltretutto, in modo bipartisan, signora Presidente, nell'altra legislatura.

Quindi, adesso il gruppo del PD ha fatto un appello al Ministro perché possa ricostituire questo importante organismo di controllo, di trasparenza, perché non è giusto che tutta l'azione di distribuzione di fondi e di risorse, che è molto importante, come sapete, all'interno del mondo del cinema, venga messa nelle mani di qualcuno all'interno dei Ministeri, come probabilmente era prima e come si vuole che venga fatto ancora nel prossimo futuro.

PRESIDENTE. Colleghi del MoVimento 5 Stelle, la seduta non è ancora finita; se volete restare in Aula, vi prego di restare in Aula in silenzio.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Dall'Osso. Ne ha facoltà.

MATTEO DALL'OSSO (FI). Grazie, Presidente. Per la prima volta nella storia della Repubblica essere disabile viene considerato come avere un vantaggio economico. Infatti, l'assegno di disabilità, 280 euro al mese, viene considerato nel calcolo dell'ISEE. I disabili non sono più considerati come disabili, ma come poveri. E la legge n. 68 del 1999 per il collocamento mirato al lavoro delle persone disabili? Quando le aziende saranno incentivate ad assumere chi percepisce il reddito di cittadinanza, ai disabili chi ci pensa più?

Non fu lo stesso Alessandro Di Battista, tre anni fa, a citare una frase di don Lorenzo Milani, non c'è giustizia più ingiusta che fare parti uguali fra diseguali?

E, infine, un appello al Ministro del lavoro, dello sviluppo economico, delle politiche sociali, nonché capo politico del MoVimento 5 Stelle e Vicepremier, anche questo: Luigi, noi non abbiamo scelto. Lo stesso appello lo feci a fine dicembre, non mi avete ascoltato, ma noi non lo abbiamo scelto. Tu, invece, lo puoi scegliere ora. E non dire che non ti voglio bene e che non vi voglio bene, perché io ve ne voglio; siete voi che dovete volerci bene! Grazie mille (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Termini. Ne ha facoltà.

GUIA TERMINI (M5S). Grazie, Presidente. Pierangela Tadini, Ida Milanesi e Alessandra Pirri, tre donne che, la mattina del 25 gennaio scorso, erano sul Trenord deragliato poco dopo essere uscito dalla stazione di Pioltello Limito.

Quel treno trasportava circa 350 passeggeri, principalmente pendolari diretti a Milano, e il suo deragliamento ha provocato tre morti e quarantasei feriti. Errore umano? No, purtroppo. I primi accertamenti condotti dai consulenti tecnici su quello che restava dei binari e dei vagoni si sono subito focalizzati sullo stato della rotaia e sulla sua manutenzione. Circa un chilometro prima della stazione di Pioltello è stato, infatti, ritrovato il giunto, in cattivo stato, che univa le due rotaie e la zeppa di legno che lo sosteneva.

Quel giorno ha lasciato un segno, un segno profondo in tutti i pendolari che percorrono e ripercorrono quel tratto: da allora c'è chi, almeno per un attimo, torna a pensare a Pierangela, Ida e Alessandra, che esattamente un anno fa non sono più arrivate a destinazione. I nomi delle vittime sono incisi nelle banchine delle stazioni da cui erano partite quel giorno: è importante che questi nomi restino incisi anche nella memoria di tutti noi, perché una tragedia come quella di Pioltello non si ripeta.

Alla magistratura spetta il compito di accertare e punire i responsabili di questo disastro; spetta a noi parlamentari far sì che il nostro impegno sia focalizzato per rendere più efficiente il servizio ferroviario, e garantire in particolar modo ai pendolari viaggi puntuali, comodi e sicuri.

Proprio sulla sicurezza il Ministro Toninelli si è soffermato durante il suo intervento in Commissione sulle linee programmatiche. Lavoreremo con tutti i mezzi a nostra disposizione per dare più tutela a tutti gli spostamenti, che siano in treno, in auto, in moto o in bicicletta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tasso. Ne ha facoltà.

ANTONIO TASSO (MISTO-MAIE-SI). Presidente, in questi giorni nel mio territorio, che è la Capitanata, sta venendo fuori uno scenario distopico, che comprende gli ambiti più svariati. La cronaca quotidiana sta evidenziando di tutto: dagli attentati criminali alle attività commerciali e ai tutori dell'ordine, dall'illogica declassazione dei laboratori di analisi al progressivo e francamente pericoloso indebolimento dei presidi ospedalieri, che posseggono, nonostante tutto, una elevata potenzialità assistenziale, dallo sfruttamento dei tirocinanti percettori di reddito di dignità regionale, per poi abbandonarli al proprio destino, alle condizioni di abbandono della viabilità urbana ed extraurbana.

In particolare, su quest'ultimo punto, si levano le numerose segnalazioni di cittadini, chiaramente in maniera negativa, in riferimento alle strade provinciali 58 e 45-bis, che intersecandosi costituiscono il fondamentale collegamento tra le città di Manfredonia e San Giovanni Rotondo. Se consideriamo che San Giovanni Rotondo, a parte l'importanza turistico-religiosa, è sede di uno dei più importanti centri ospedalieri del Meridione, e che su quell'arteria stradale sono costrette a transitare le ambulanze dei centri del Basso Gargano costiero, ormai privi di gran parte dei servizi ospedalieri, comprendiamo tutta la drammatica pericolosità di questa situazione.

Purtroppo, non ci conforta neanche la situazione economica dell'amministrazione provinciale, con la quale c'è un ottimo rapporto di intesa e di collaborazione, che purtroppo, come previsto dal comma 889 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019, registra una diminuzione della contribuzione per il finanziamento della manutenzione di scuole e strade.

Concludo, dicendo che naturalmente verrà redatto un elenco di priorità di interventi, così come il sottoscritto e il gruppo di lavoro a supporto manterrà alta l'attenzione su queste problematiche e le intraprese, sia a livello locale che parlamentare, per quanto di competenza.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Venerdì 25 gennaio 2019 - Ore 9:

1. Svolgimento di interpellanze urgenti .

La seduta termina alle 18,10.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nella votazione n. 1 il deputato Marchetti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 1 la deputata Di Giorgi ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

nelle votazioni nn. 1 e 2 la deputata Bonomo ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

nelle votazioni nn. 1, 11, 12, 17 e 18 il deputato Acunzo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 2 i deputati Bellachioma, Fogliani e Papiro hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 2 il deputato Buratti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 4 i deputati Ermellino, Frate e Mariani hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario;

nelle votazioni nn. 5 e 8 la deputata Lapia ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

nelle votazioni nn. 5 e 7 la deputata Sarli ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 5 il deputato Bignami ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 6 i deputati Brunetta e Giacometto hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 6 il deputato Bond ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 7 i deputati Sportiello, Alberto Stefani e Rospi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario;

nelle votazioni dalla n. 7 alla n. 9 il deputato Vinci ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

nelle votazioni dalla n. 9 alla n. 12 il deputato Maurizio Cattoi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 10 la deputata Lazzarini ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

nelle votazioni nn. 10 e 11 il deputato Sut ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 11 la deputata Latini ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 12 i deputati Bisa e Boniardi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 15 i deputati Giaccone e Legnaioli hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 16 il deputato Furgiuele ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 16 il deputato Mulè ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 17 la deputata De Angelis ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 18 il deputato Orsini ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Pdl cost. 1173-A e ab. - em. 1.57 447 410 37 206 154 256 81 Resp.
2 Nominale em. 1.58 433 400 33 201 150 250 79 Resp.
3 Nominale em. 1.59 460 460 0 231 200 260 79 Resp.
4 Nominale em. 1.60 457 435 22 218 174 261 79 Resp.
5 Nominale em. 1.61, 1.62 452 428 24 215 169 259 79 Resp.
6 Nominale subem. 0.1.900.12 456 456 0 229 195 261 78 Resp.
7 Nominale subem. 0.1.900.7 422 422 0 212 175 247 88 Resp.
8 Nominale subem. 0.1.900.11 445 445 0 223 190 255 85 Resp.
9 Nominale subem. 0.1.900.14 443 422 21 212 165 257 83 Resp.
10 Nominale subem. 0.1.900.9 432 432 0 217 176 256 83 Resp.
11 Nominale subem. 0.1.900.10 415 415 0 208 164 251 80 Resp.
12 Nominale subem. 0.1.900.4 419 419 0 210 162 257 80 Resp.
13 Nominale subem. 0.1.900.5 415 415 0 208 154 261 80 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 19)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale subem. 0.1.900.3 410 410 0 206 152 258 80 Resp.
15 Nominale subem. 0.1.900.1 402 386 16 194 132 254 80 Resp.
16 Nominale subem. 0.1.900.2 405 388 17 195 130 258 80 Resp.
17 Nominale subem. 0.1.900.15 393 378 15 190 124 254 80 Resp.
18 Nominale subem. 0.1.900.17 395 395 0 198 72 323 80 Resp.
19 Segreta subem. 0.1.900.50 389 388 1 195 134 254 80 Resp.