XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 12 febbraio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


      Le Commissioni I e IV,

          premesso che:

              la legge n. 226, del 23 agosto 2004, disponendo la sospensione del servizio di leva obbligatoria, ha introdotto, definitivamente, la figura del militare professionista e volontario prevedendo, tra l'altro, che il reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate fosse riservato ai volontari dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica militare;

              il codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, nel disciplinare ulteriormente il servizio di leva su base volontaria, ha previsto che il contingente annualmente autorizzato debba essere suddiviso tra l'Esercito, la Marina militare e l'Aeronautica, escludendo, pertanto, che il medesimo servizio possa essere svolto presso l'Arma dei carabinieri, con conseguente soppressione della figura del carabiniere ausiliario;

              in data 16 gennaio 2019, la IV Commissione della Camera dei deputati ha approvato la risoluzione n. 8-11 (Deidda) sull'impiego dei «Carabinieri ausiliari» con la quale, tra l'altro, ha impegnato il Governo a consentire, previa valutazione delle eventuali implicazioni a legislazione vigente, a coloro che abbiano prestato servizio senza demerito come Carabinieri ausiliari, l'accesso immediato al programma S.I.L.D. (sistema informativo lavoro difesa);

              il Governo, nel corso della discussione in Commissione di tale risoluzione, ha chiarito come, con riferimento al possesso del requisito minimo professionale nei confronti dei volontari di truppa dell'Arma dei carabinieri, congedati senza demerito che abbiano prestato servizio per almeno un anno, esso risulta già assorbito dalle previsioni dell'articolo 138, comma 2, del regio decreto n. 773 del 18 giugno 1931, che riconosce tale possesso in via generale per i volontari di truppa delle Forze armate che abbiano prestato servizio per almeno un anno senza demerito; pertanto, ai fini dell'idoneità a guardia particolare giurata si renderà necessario acquisire esclusivamente il requisito minimo di formazione individuato dal decreto del Ministro dell'interno previsto dal citato articolo 138, comma 2, ad oggi in corso di elaborazione;

              nel corso della XVII legislatura, la IV Commissione della Camera dei deputati ha affrontato la medesima problematica, con riguardo a coloro che abbiano prestato servizio di leva obbligatorio per un anno senza demerito come carabinieri ausiliari, con particolare riferimento al riconoscimento dei requisiti necessari per l'idoneità a guardia particolare giurata, approvando la risoluzione n. 8-00178 (Rizzo);

              risulta che la Commissione consultiva centrale per le attività di cui all'articolo 134 del Tulps (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) costituita presso il Ministero dell'interno, che sta procedendo all'elaborazione del decreto attuativo, ha istituito due sottocommissioni incaricate di predisporre i programmi di formazione minimi obbligatori e gli aspetti giuslavoristici connessi alla formazione professionale delle guardie giurate;

              alla luce dei valori costituzionali coinvolti, la ponderazione degli interessi compiuta dal legislatore con le disposizioni richiamate, e ora descritta, si rivela a giudizio dei firmatari del presente atto palesemente irragionevole, in quanto comporta un bilanciamento dei valori arbitrariamente differenziato e contrastante con quello presupposto dalla Costituzione, all'articolo 3, riguardo al divieto di discriminazione e al principio di uguaglianza, oltre che in palese contrasto con quanto previsto, a suo tempo, per il personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, con l'articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, e in deroga alla vigente normativa;

              le guardie particolari giurate sono dedite, secondo una definizione espressa nel parere reso dal Consiglio di Stato sullo schema di regolamento recante «modificazioni al regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (r.d. 6 maggio 1940, n. 635), in materia di guardie particolari, istituti di vigilanza e investigazione privata», il 21 aprile 2008, ad «...attività che per l'incidenza e la qualità delle prestazioni nonché per l'alto grado di pericolo e di specializzazione operativa erano originariamente riservati alla Forza pubblica e sono stati progressivamente affidati o consentiti agli istituti di vigilanza e alle guardie particolari, in virtù di specifiche previsioni normative...»;

              appare necessario consentire a coloro che abbiano prestato servizio senza demerito come carabinieri ausiliari, di valorizzare la professionalità acquisita durante la loro esperienza da volontari;

              l'articolo 138, comma 2, del Tulps prevede che il Ministero dell'interno, con proprio decreto, da adottarsi con le modalità individuate nel regolamento, sentite le regioni, provvede all'individuazione dei requisiti minimi professionali e di formazione delle guardie particolari giurate e costituisce requisito minimo l'avere prestato servizio per almeno un anno, senza demerito, quale volontario di truppa delle Forze armate,

impegnano il Governo:

          a provvedere all'emanazione, in tempi rapidi, del decreto del Ministro dell'interno previsto dall'articolo 138, comma 2, del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (Tulps), di cui al regio decreto n. 773 del 1931, volto a definire i requisiti minimi professionali e di formazione necessari ai fini dell'idoneità a guardia particolare giurata, esplicitando che il requisito professionale risulta già acquisito per i volontari di truppa, congedati senza demerito;

          a tenere adeguatamente conto, ai fini dell'individuazione del requisito minimo di formazione necessario a ottenere il riconoscimento a guardia particolare giurata, dell'attività svolta da coloro che hanno prestato servizio senza demerito come carabinieri ausiliari, prevedendo per tali soggetti percorsi semplificati e differenziati ratione materiae.
(7-00178) «Aresta, Maurizio Cattoi, Rizzo, Corda, Chiazzese, Del Monaco, D'Uva, Ermellino, Frusone, Galantino, Gubitosa, Iorio, Iovino, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Traversi».


      Le Commissioni VII e X,

          premesso che:

              è oramai dimostrato che i grandi eventi sportivi possono essere un vero e proprio strumento di marketing territoriale, turistico e culturale a cui ricorrere per valorizzare le risorse di un territorio;

              l'organizzazione di un grande evento sportivo può lanciare processi di rinascita e riqualificazione dei territori; inoltre, per una città, essere sede di un grande evento è l'occasione per promuovere eventi minori, già presenti sul territorio;

              i Giochi del Mediterraneo sono una manifestazione sportiva multidisciplinare, organizzata sulla falsariga dei Giochi olimpici, cui partecipano le nazioni che si affacciano sul mare Mediterraneo, più alcune nazioni dell'area mediterranea prive di accesso diretto al mare quali San Marino, Andorra, Repubblica di Macedonia e Serbia;

              il 27 novembre 2018 il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo sport e al Cipe ha espresso parere favorevole rispetto alla candidatura della città di Taranto per ospitare i Giochi del Mediterraneo nel 2025; verrà, inoltre, costituito un comitato promotore per Taranto 2025 al quale parteciperanno i soggetti che potranno investire tutte le risorse destinate a questo progetto, affinché questa candidatura possa davvero rappresentare l'occasione giusta per il rilancio e lo sviluppo del territorio;

              comune e regione, come si apprende da dichiarazioni stampa, sono già a lavoro per la redazione di un dossier che dovrà essere presentato all'organizzazione internazionale entro giugno 2019;

              la candidatura di Taranto nasce nell'ambito del Piano Strategico, promosso dalla regione Puglia e dal comune di Taranto con il coordinamento dall'agenzia regionale Asset, per definire una nuova visione di sviluppo ecosostenibile della città;

              oltre alla principale valenza sportiva e turistica, i Giochi possono costituire un momento unico di integrazione sociale, culturale ed anche educativa;

              in Puglia, non sono, infatti, da sottovalutare i dati riportati da Save the Children in una recente pubblicazione «Lettera alla scuola» che dimostrano che più di un minore su quattro è in povertà relativa (27,8 per cento) e più della metà (67 per cento) non ha svolto in un anno quattro o più attività culturali ed educative; inoltre, più di 1 ragazzo su 2 (il 67 per cento) tra i 6 e i 17 anni non arriva a svolgere, in un anno, attività culturali: lettura di almeno un libro, sport continuativo, concerti, spettacoli teatrali, visite a monumenti e siti archeologici, visite a mostre e musei, accesso a internet, contro una media nazionale del 59,9 per cento,

impegna il Governo:

          a predisporre iniziative per prevedere misure economiche volte a sostenere la candidatura della città di Taranto ad ospitare i Giochi del Mediterraneo nel 2025;

          ad assumere iniziative, attraverso il coinvolgimento delle strutture scolastiche, delle associazioni culturali e sportive, finalizzate a coinvolgere i giovani studenti del territorio;

          ad adottare iniziative per stanziare risorse adeguate al fine di avviare progetti di riqualificazione della città di Taranto, di rilancio socio-economico, di potenziamento delle infrastrutture e di sostegno alla rete imprenditoriale, anche al fine di inserire il territorio tra le attrattive turistiche della regione e dell'Italia;

          ad individuare le misure economiche e strumentali necessarie a sostenere la candidatura dell'Italia come Paese ospitante di manifestazioni sportive a carattere internazionale.
(7-00176) «Rossi, Moretto, Ciampi, Piccoli Nardelli, Prestipino, Ascani».


      La XII Commissione,

          premesso che:

              secondo i dati dell'Istat, aggiornati al 31 dicembre 2017, la popolazione femminile attualmente residente in Italia ammonta a oltre 31 milioni di unità, circa 14 milioni delle quali di età superiore ai 50 anni. Grazie al miglioramento della qualità di vita e del livello di salute, la speranza di vita femminile alla nascita ammonta oggi a 85 anni. Un terzo della vita, dunque, sarà trascorsa in menopausa: un incremento considerevole rispetto al passato, frutto del progresso scientifico e sociale;

              la diminuzione della quantità di estrogeni nel sangue successiva all'ingresso in menopausa comporta disturbi e sintomi, sia di natura neurovegetativa (vampate di calore, sudorazioni profuse, tachicardia, sbalzi della pressione arteriosa, disturbi del sonno e secchezza vaginale), sia di natura psicoaffettiva (irritabilità, umore instabile, affaticamento, ansia, demotivazione, disturbi della concentrazione e della memoria, diminuzione del desiderio sessuale);

              l'atrofia vulvo-vaginale (Avv) è una condizione patologica cronica che interessa, secondo dati recenti, circa una donna su due in menopausa fisiologica e fino al 70 per cento nei casi di menopausa indotta nelle pazienti che hanno avuto una diagnosi di carcinoma mammario. La carenza di estrogeni comporta, infatti, una progressiva modificazione della struttura dei genitali e l'assottigliamento del tessuto vaginale e vulvare con la perdita di elasticità e lubrificazione, provocando sintomi quali secchezza, bruciore, irritazione, dolore durante i rapporti sessuali, disturbi dell'apparato urinario, tali da configurare in molti casi non solo una riduzione considerevole della qualità di vita e un impatto negativo sulla relazione di coppia, ma anche la comorbidità con altre patologie di tipo depressivo e a livello urinario, come ad esempio la presenza di cistiti ricorrenti, che portano ad un utilizzo ripetuto di antibiotici;

              i sintomi dell'Avv sono associati ad un deterioramento clinicamente rilevante della qualità di vita della donna, paragonabile a quello osservato in pazienti con condizioni gravi quali l'artrite, la broncopneumopatia cronica ostruttiva, l'asma e la sindrome dell'intestino irritabile; inoltre, l'Avv non è soltanto un disturbo finale, ma una condizione che ha un impatto anche sulla vita maschile, in quanto può anche provocare lo sviluppo di una serie di patologie correlate alla menopausa, come ad esempio l'eiaculazione precoce o la disfunzione erettile;

              malgrado la rilevante epidemiologia dell'Avv ed impatto sulla qualità di vita, la consapevolezza circa le sue cause ed i rimedi a cui è possibile ricorrere, la terapia è ancora poco diffusa. La mancanza di conoscenza, anche all'interno del rapporto tra medico e paziente, configura l'Avv come una patologia sottodiagnosticata, sottovalutata e, dunque, sottotrattata: più del 63 per cento delle donne italiane, infatti, non è a conoscenza della sua natura cronica conseguente all'ingresso in menopausa e destinata a peggiorare con il passare del tempo, mentre il 75 per cento si aspetta che siano i medici ad iniziare la discussione sui sintomi menopausali e sulla salute sessuale, ma solo una donna su 10 ne parla con il medico. Inoltre, il recente studio «Attitudes and perceptions towards vulvar and vaginal atrophy in Italian post-menopausal women: Evidence from the European REVIVE survey», pubblicato sul «Maturitas» nel 2016, ha messo in evidenza come la principale fonte di informazione sulla sintomatologia dell'avv sia di natura informale, quali ricerche su internet o il confronto interpersonale;

              il rapporto tra medico e paziente riveste, dunque, un'importanza fondamentale nel garantire l'accesso ad una fonte qualificata di informazione e nella definizione del trattamento più adeguato ed efficace per le esigenze specifiche della donna. Tuttavia, lo studio «Revive» ha mostrato come soltanto in circa il 20 per cento dei casi risulti esservi stata una diagnosi puntuale della patologia da parte del medico. Inoltre, soltanto una quota minima del panel che ha partecipato allo studio, pari all'11 per cento del campione, ha riscontrato un atteggiamento proattivo del professionista sanitario nella ricerca di sintomi correlati alla menopausa, tra i quali quelli dell'Avv;

              la gestione dell'Avv, con tutte le complicanze che ne derivano, è ancora più critica nelle pazienti oncologiche che, spesso in giovane età, soffrono di menopausa indotta. Il tumore alla mammella rappresenta, infatti, la neoplasia più diffusa a livello femminile, con un incremento di rischio parallelo all'avanzamento dell'età. Secondo i dati del rapporto Airtum 2016, in Italia 692.955 donne hanno avuto una diagnosi di carcinoma mammario nel 2015 e circa 50.000 nuovi casi sono diagnosticati ogni anno;

              il progresso della ricerca medico-scientifica e la tempestività della diagnosi hanno permesso significativi miglioramenti nel tasso di sopravvivenza a 5 anni, che si attesta oggi all'85,5 per cento dei casi: il dato più alto fra tutte le patologie tumorali. Per queste donne si registra un'alta incidenza di menopausa (più della metà dei casi a seconda dell'età e del tipo di chemioterapia), conseguenza dell'effetto tossico dei trattamenti chemioterapici sulla funzione ovarica, con la presenza altresì di sintomi in forma molto severa, a causa dall'entità del blocco dell'azione degli estrogeni da parte dei chemioterapici endocrini. L'incidenza dell'atrofia vulvo-vaginale moderata e severa nelle pazienti oncologiche ha una prevalenza anche superiore a quella riportata nelle donne in menopausa naturale: il 60-80 per cento riportano disturbi della funzione sessuale;

              in questi casi, e in altre neoplasie sensibili agli estrogeni, l'uso di ormoni per il trattamento dell'Avv è formalmente controindicato, riducendo dunque notevolmente, nelle donne con una passata patologia oncologica, le soluzioni per un recupero soddisfacente della qualità di vita personale, in un momento così delicato della propria esistenza; mentre l'impiego di lubrificanti e idratanti vaginali dà solo un sollievo temporaneo, senza curare la causa sottostante l'Avv. Nuove terapie orali non ormonali oggi possono finalmente fornire una soluzione per permettere a queste donne, sopravvissute al trauma del tumore, di risolvere l'Avv per un qualità di vita e di coppia migliore; in questa fase della vita, la donna ha il diritto di essere tutelata soprattutto attraverso la corretta informazione e questo è possibile soltanto aprendo un dibattito sul tema, coinvolgendo tutti gli operatori in campo, nelle sedi adeguate, quali, ad esempio in occasione della giornata mondiale della menopausa, istituita per il 18 ottobre di ogni anno; infine, le donne in menopausa accusano disturbi per i quali esistono cure e rimedi utili a garantire loro una buona qualità della vita e occorre assicurare la piena libertà di scegliere l'opzione più adatta in base alle specifiche esigenze della paziente,

impegna il Governo:

          a promuovere, attraverso tutti gli opportuni canali, un adeguato percorso formativo del personale medico sui temi afferenti alla menopausa ed, in particolare, alla patologia dell'atrofia vulvo-vaginale;

          a definire, con l'ausilio delle società scientifiche, percorsi appropriati per la prevenzione ed il controllo di tutti i sintomi legati alla menopausa, nonché all'atrofia vulvo-vaginale;

          a promuovere campagne di sensibilizzazione ed informazione nei confronti delle donne in menopausa e con una storia di tumore al seno, volte ad incrementare la consapevolezza della sintomatologia ed il trattamento dell'Atrofia vulvo-vaginale, specie nel quadro del rapporto tra medico e paziente;

          ad assumere iniziative affinché venga garantito l'accesso al trattamento dell'Atrofia vulvo-vaginale per le donne con un passato di tumore al seno, promuovendo, in particolare, le soluzioni in grado di non rappresentare per loro una controindicazione;

          ad affrontare il tema dei disturbi legati alla menopausa, della consapevolezza da parte delle donne e dell'informazione da parte del medico in occasione di iniziative collegate alla salute della donna, come ad esempio la giornata mondiale sulla menopausa, istituita a livello mondiale il 18 ottobre di ogni anno.
(7-00177) «Carnevali».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

          di recente il dipartimento della regione Calabria ambiente e territorio ha scritto ai comuni e ai gestori dei servizi relativi al ciclo dei rifiuti, ricordando loro il subentro all'ente regione, ai sensi della legge regionale 11 agosto 2014, n. 14, e a decorrere dal 1° gennaio 2019, degli stessi comuni (più precisamente degli ambiti territoriali ottimali (ato) nei rapporti contrattuali con essi gestori;

          nella stessa nota si legge della richiesta del suddetto dipartimento ai riferiti gestori di continuare a erogare i servizi malgrado manchino i contratti, indispensabili, che a parere degli interpellanti non si sa ancora se, come e quando i comuni potranno stipulare, per loro diffuse difficoltà sia finanziarie che di carattere strettamente amministrativo;

          il rischio che ne deriva è, ad avviso degli interpellanti, che in Calabria la «filiera » dei rifiuti possa presto bloccarsi completamente, con ogni intuibile conseguenza d'ordine sanitario e d'ordine pubblico, per comprensibili riserve dei suddetti gestori a proseguire le attività in mancanza delle garanzie contrattuali; a ciò si aggiunga che in Calabria non sono più in esercizio impianti pubblici di trattamento dei rifiuti e discariche in gestione pubblica e/o privata;

          quanto al problema del trasferimento delle competenze ai comuni riuniti in ato, la stessa regione ha pensato ad adottare una soluzione temporanea di affiancamento dei comuni, che tuttavia non sembra superare le prescrizioni delle norme vigenti in materia di ambiti territoriali e, infatti, il consiglio regionale della Calabria ha promulgato la legge regionale 25 gennaio 2019, n. 5, con la quale il trasferimento delle funzioni amministrative in materia di rifiuti da regione a comuni-ato (contenuto nella legge regionale n. 14 del 2014, in attuazione del principio di cui agli articoli 198 e 200 e successivi del decreto legislativo n. 152 del 2006) viene di fatto completamente eluso, attraverso la previsione di accordi attraverso i quali i comuni «possono delegare alla Regione Calabria le funzioni amministrative relative alla gestione del servizio di trattamento»;

          evidenti sono i problemi di coerenza sistematica e di rispetto di gerarchia delle fonti nel raffronto con il testo unico ambientale (articoli 198, 200, 203), nel provvedimento citato; ad essi si aggiungono altrettanto evidenti problemi di conformità normativa, in quanto i gestori continuano – e, probabilmente, continueranno – ad essere privi di qualunque disciplina contrattuale (articolo 203 del Tua) dei loro rapporti nonché di regolarità contabile, avendo la legge regionale in parola stanziato, con variazione del bilancio regionale, la cifra di 87.363.000,00 di euro, per la cui copertura vengono ipotizzati degli improbabili versamenti comunali, nonostante che, invece, gli obbligati siano gli ambiti territoriali ottimali (Ato) e non i singoli enti locali;

          quanto alla carenza di impianti pubblici di trattamento e smaltimento, la regione Calabria, nel mese di gennaio 2019, ha visto andare deserta, per la seconda volta, la gara europea per il trasferimento transnazionale dei rifiuti, nel mentre si preannuncia la predisposizione di una terza gara, con notevole aumento dei prezzi offerti che, ove trovasse partecipanti, eroderebbe tutte le risorse finanziarie delle quali beneficerebbero, in tariffa, i cittadini che seguono la prassi della raccolta differenziata che, pertanto, verrebbe presto abbandonata; inoltre, la regione è orientata solo a favorire la realizzazione di future mega-discariche private, spesso in spregio di norme di tutela ambientale e storico-paesaggistica, con grave nocumento degli interessi della collettività;

          ancora, si aggiunga, che nel tempo, in Calabria, regione – secondo Ispra – penultima in Italia quanto a percentuale di raccolta differenziata, il suo presidente, Mario Oliverio, in merito al ciclo dei rifiuti ha gestito il regime ordinario con ricorso sistematico a ordinanze in deroga, ben dodici in quattro anni, prassi nello specifico non consentita dalla norme in vigore per come già chiarito dal competente Sottosegretario per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare all'interpellante in sede di risposta all'interrogazione a risposta immediata in Commissione, il quale anche a mezzo stampa ha rilevato gravi criticità nella regione Calabria in relazione alla carenza di impianti di trattamento, alla percentuale della raccolta differenziata al di sotto degli obiettivi minimi previsti dalla legge e alle difficoltà esistenti in ordine al recupero e al riuso dei rifiuti –:

          se il Governo non ritenga, per ripristinare il rispetto della gerarchia delle fonti, di promuovere la questione di legittimità costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, in relazione alla legge regionale 25 gennaio 2019, n. 5, recante «Disposizioni transitorie per la gestione del servizio di trattamento dei rifiuti urbani», per conflitto con gli articoli 199-200-203 del decreto legislativo n. 152 del 2006, assumendo nel contempo urgenti iniziative di competenza per la gestione dei rifiuti nel territorio calabrese, anche prendendo in considerazione l'ipotesi di deliberare lo stato di emergenza e procedere, conseguentemente, alla nomina di un commissario governativo con riferimento alla situazione della regione Calabria.
(2-00268) «D'Ippolito, Daga, Deiana, Federico, Ilaria Fontana, Licatini, Alberto Manca, Maraia, Ricciardi, Rospi, Terzoni, Traversi, Varrica, Vianello, Vignaroli, Zolezzi, Acunzo, Adelizzi, Davide Aiello, Piera Aiello, Alaimo, Alemanno, Amitrano, Angiola, Aresta, Ascari, Azzolina, Baldino, Barbuto, Massimo Enrico Baroni».


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

          in Italia sono emersi due casi di morte, imputabili al Fentanyl, farmaco originato dalla morfina, utilizzato come droga, letale per i tossicodipendenti e per le forze dell'ordine; negli USA, Paese di maggior consumo, alcuni agenti sono deceduti in seguito al contatto cutaneo accidentale avvenuto durante le operazioni di sequestro, non consapevoli che l'assorbimento transdermico lo rendesse biodisponibile in misura superiore al 95 per cento;

          i centri per il controllo e la prevenzione delle malattie USA riferiscono un aumento di morti: 49 mila nel 2017. L'affare è gigantesco: un chilo di Fentanyl, comprato in Cina per 3.800 $ e tagliato rende oltre 30 milioni, un'enormità, considerato che un chilo di eroina, acquistata per 50.000 dollari può renderne «solo» 200 mila;

          il maggior produttore illegale è la Cina, gli Usa hanno chiesto controlli sulla produzione, poiché sono invasi di Fentanyl cinese, acquistabile online sul dark web, che provoca overdose nei soggetti con scarsa tolleranza agli oppioidi;

          l’International Journal of Drug Policy, in uno studio, ipotizza che ciò sia causato dalla diminuita produzione di oppio, quindi dell'eroina disponibile sul mercato;

          la droga è consumata anche in Europa, soprattutto in Estonia, in due Stati membri sono stati segnalati 77 casi di decesso, 13 vittime segnalati in altri 4 Stati ed è stato individuato in 11 Stati membri, con 44 sequestri totali avvenuti fra giugno e dicembre 2017;

          l'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze considera il Fentanyl un analgesico narcotico con potenza 80 volte superiore a quella della morfina; nel giugno 2018 un rapporto congiunto dell'Osservatorio e di Europol in materia di allerta precoce ha indicato che, dal 2012, sono giunti 28 nuovi fentanyl, tutti di provenienza cinese;

          nel marzo 2018 il comitato scientifico dell'Osservatorio europeo ha redatto delle relazioni sulla valutazione dei rischi, inviate alla Commissione e al Consiglio. Il Consiglio ha quindi approvato la decisione (UE) 2018/1463, del 28 settembre 2018, con la quale tali sostanze sono state assoggettate a misure di controllo ed a sanzioni analoghe a quelle previste per le altre sostanze stupefacenti, poco dicendo, in tema di prevenzione rispetto agli acquisti in generale e sul dark web in particolare, e sui modi per evitare l'importazione clandestina dalla Cina;

          nella decisione si afferma che: «L'esposizione accidentale al ciclopropilfentanyl può presentare rischi per i familiari e gli amici dell'utilizzatore, per le forze dell'ordine, il personale dei servizi di emergenza, il personale medico e dei laboratori forensi, nonché per il personale addetto alle strutture penitenziarie e quello dei servizi postali»;

          in Italia, la direzione centrale antidroga, nell'ultima relazione annuale, riguardo al Fentanyl, ha specificato che «non si erano verificate evidente della loro presenta nelle piatte italiane». Poi, nel settembre 2018, come detto in esordio, si è scoperto tardivamente il primo decesso avvenuto nell'aprile 2017. Inizialmente si riteneva che la vittima fosse morta per overdose da eroina;

          la comunicazione ritardata non ha consentito di conoscere l'esatta diffusione della droga in Italia perché mancano dati certi relativi ai decessi avvenuti nell'ultimo anno e mezzo. Il ritardo preoccupa perché l'unico caso accertato potrebbe rappresentare solo la punta dell’iceberg;

          una seconda morte è avvenuta il 10 giugno 2018; un tossicodipendente è morto, trovato dai carabinieri a Travedona Monate; accanto al suo corpo è stato trovato il Fentanyl: «La bustina di plastica che lo conteneva recava la scritta 1:10 contenente sostanza solido pulviscolare bianca/beige». Si cita l'Allerta di grado 3, diffusa dal Sistema nazionale di allerta precoce dell'istituto superiore di sanità. Il reperto è stato inviato il 20 luglio al laboratorio di analisi dei carabinieri di Milano, che, non riuscendo a identificare la sostanza si sono rivolti ai Ris di Parma. In quei laboratori il furanilfentanyl è stato riconosciuto con un'analisi spettrografica;

          l'allerta dello Snap riporta in testa la dicitura «vietate la divulgazione e la pubblicazione su web» ma, tra chi riceve gli alert si pensa che i dati vadano invece resi pubblici, anche fra chi non fa parte di queste categorie professionali; l'informazione può infatti interessare finanche gli stessi consumatori di stupefacenti. Gli allarmi dell'Osservatorio europeo su droghe e dipendenze e i sistemi nazionali di allerta di altri Paesi, non riportano divieti di pubblicazione;

          il 31 dicembre 2018, nell'ospedale di Melzo sono stati rubati 400 grammi di Fentanyl. Il furto è stato denunciato da un medico, che ha spiegato come le quattro fialette sparite fossero tenute in una cassaforte la cui chiave non era evidentemente custodita al sicuro –:

          a fronte dei fatti esposti in premessa, se il Governo intenda investire l'Unione europea, nelle sedi istituzionali proprie, della questione per proporre l'adozione di ulteriori e più efficaci politiche di contrasto alla diffusione del Fentanyl e similari nel territorio dei Paesi membri e se intenda adottare iniziative atte a prevenire morti accidentali, anche diramando accurate informazioni alle persone, tra quelle indicate nella decisione dell'Unione europea sopracitata, e alle forze dell'ordine in particolare, esposte al rischio di assorbimento involontario per via transdermica;

          se intendano tempestivamente adottare le iniziative di competenza per «assoggettare ciclopropilfentanyl e il metossiacetilfentanyl a misure di controllo e alle sanzioni penali» prescritte nella decisione dell'Unione europea sopracitata;

          se il Ministro dell'interno intenda predisporre un'attenta vigilanza per contrastarne la diffusione illegale, attivando in particolare la polizia postale, ed adottare misure di tutela per gli agenti dal contatto cutaneo;

          se il Ministro della salute intenda predisporre una indagine ministeriale per accertare eventuali ulteriori casi di morte, non ancora individuati, se intenda predisporre raccomandazioni per una più sicura detenzione del Fentanyl nelle strutture del servizio sanitario nazionale e se intenda adottare iniziative per consentire la divulgazione e la pubblicazione tempestiva dei casi di morte a causa del Fentanyl;

          se il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale intenda prendere contatti con il Governo cinese, avviando forme di collaborazione necessaria per garantire un efficace contrasto al narcotraffico;

          se il Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio, in ottemperanza alle competenze attribuite dalla legge, abbia in programma azioni mirate per prevenire e contrastare il diffondersi di questa specifica sostanza e della relativa tossicodipendenza.
(2-00270) «Ianaro, Macina, D'Uva, Nappi, Di Sarno, De Giorgi, Battelli, Galizia, Scerra, Bruno, Lombardo, Adelizzi, Menga, Caso, Zanichelli, Brescia, Olgiati, Angiola, Papiro, Trizzino, Palmisano, Rospi, Giordano, Di Lauro, Scagliusi, Lovecchio, Penna».


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

          la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato l'Italia il 17 novembre 2011, in merito alla causa C-496/09, poiché non ha adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alla sentenza 10 aprile 2004, causa C-99/02, Commissione/Italia, relativa al regime di aiuti concessi dall'Italia per interventi a favore dell'occupazione, dichiarati illegittimi ed incompatibili con il mercato comune, venendo meno agli obblighi che incombono sul Paese in forza di tale decisione e dell'articolo 228, n. 1, del trattato CE;

          il 2 dicembre 2014 la stessa Corte ha condannato l'Italia nella causa C-196/13 per 200 discariche non bonificate, prevedendo come sanzione una multa forfettaria di 40 milioni di euro e una multa semestrale proporzionale alle discariche ancora non bonificate;

          il 16 luglio 2015 ha condannato l'Italia nella causa C-653/13 per non aver adottato tutte le misure necessarie all'esecuzione della sentenza Commissione/Italia (C-297/08) sull'emergenza rifiuti in Campania, comminando una multa giornaliera di 120.000 euro per ciascun giorno di ritardo nell'attuazione delle misure necessarie e una multa forfettaria di 20 milioni di euro;

          il 17 settembre 2015 la Corte ha condannato l'Italia nella causa C-367/14, perché ha ritenuto che le riduzioni e/o sgravi dagli oneri sociali concessi tra il 1995 e il 1997 a una serie di imprese del territorio insulare di Venezia e Chioggia costituivano aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune; a seguito della sentenza il nostro Paese ha versato una somma forfettaria di 30 milioni di euro e dovrà versare una penalità di 12 milioni di euro per ogni semestre di ritardo nel recupero degli aiuti;

          il 31 maggio 2018 la Corte ha condannato l'Italia nella causa C-251/17 per aver omesso di adottare le disposizioni necessarie per garantire che diversi agglomerati situati nel territorio italiano fossero provvisti di reti fognarie per la raccolta e/o di trattamento delle acque reflue urbane conformi alle prescrizioni dell'articolo 3, dell'articolo 4, paragrafi 1 e 3, nonché dell'articolo 10 della direttiva 91/271; per tali motivi la Corte ha stabilito che: 1) la Repubblica italiana, non avendo adottato tutte le misure necessarie per l'esecuzione della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C565/10), è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell'articolo 260, paragrafo 1, TFUE; 2) nel caso in cui l'inadempimento constatato al punto 1 persista al giorno della pronuncia della sentenza, la Repubblica italiana è condannata a pagare alla Commissione europea una penalità di 30.112.500 euro per ciascun semestre di ritardo nell'attuazione delle misure necessarie per ottemperare alla sentenza del 19 luglio 2012 già citata, a partire dalla data della pronuncia della sentenza e fino all'esecuzione integrale della medesima, penalità il cui importo effettivo deve essere calcolato alla fine di ciascun periodo di sei mesi riducendo l'importo complessivo di una quota corrispondente alla percentuale che rappresenta il numero di abitanti equivalenti degli agglomerati i cui sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane sono stati resi conformi con quanto statuito dalla citata sentenza in rapporto al numero di abitanti degli agglomerati che non dispongono di tali sistemi al giorno della pronuncia; 3) la Repubblica italiana, inoltre, è condannata a pagare alla Commissione una somma forfettaria di 25 milioni di euro –:

          quale sia l'importo complessivo delle sanzioni pecuniarie che l'Italia ha dovuto versare in ragione delle condanne irrogate dalla Corte di giustizia ai sensi dell'articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e quali iniziative il Governo stia mettendo in campo per ottemperare a tali sentenze.
(2-00271) «Magi, Schullian».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      ANNIBALI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          in attuazione dell'articolo 1, commi 790 e 791, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e per il compimento degli obiettivi posti al paragrafo 5.4 «Soccorso» del piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 novembre 2017, sono state adottate le linee guida nazionali per l'assistenza socio-sanitaria alle donne che subiscono violenza e che si rivolgono ai pronto soccorso, pubblicate in Gazzetta Ufficiale il 30 gennaio 2018;

          tali linee guida individuano e delineano un percorso per le donne che subiscono violenza, con l'obiettivo di garantire loro un'assistenza adeguata e una «presa in carico» che parte dal triage infermieristico e arriva fino all'accompagnamento e all'orientamento ai servizi pubblici e privati dedicati presenti sul territorio di riferimento;

          esse saranno recepite dalle aziende sanitarie e dalle aziende ospedaliere che al loro interno abbiano un pronto soccorso, fatta salva la normativa primaria e le leggi speciali e regionali vigenti, compatibilmente con le risorse disponibili stanziate per il fondo sanitario nazionale; le esperienze esistenti e consolidate nelle singole realtà territoriali potranno temporaneamente conservare le denominazioni in uso, ma dovranno progressivamente adeguarsi alla nuova denominazione di livello nazionale e alle raccomandazioni contenute nelle linee guida nazionali, entro e non oltre un anno dalla loro entrata in vigore;

          le regioni, in virtù della loro competenza di tipo concorrente in materia di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi socio-sanitari ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, devono adoperarsi affinché le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere diano puntuale attuazione alle linee guida nazionali;

          tra gli impegni assunti dal Governo con la mozione n. 1/00070 a prima firma dell'interrogante, vi è quello volto «ad assumere iniziative per proseguire nella strada tracciata dai Governi Letta, Renzi e Gentiloni, attuando la strategia delineata dal Piano nazionale 2017-2020 e implementando e monitorando le linee guida nazionali per l'assistenza sociosanitaria alle donne che subiscono violenza e che si rivolgono ai pronto soccorso» –:

          se il Governo, per quanto di competenza, sia al corrente dello stato di attuazione delle linee guida a livello regionale;

          se, e in che modo, il Governo stia implementando e monitorando l'attuazione delle linee guida nazionali per l'assistenza socio-sanitaria alle donne che subiscono violenza.
(5-01449)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CAPPELLACCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          il settore della pastorizia in Sardegna vive nuovamente una situazione drammatica, causata dal ribasso del prezzo pagato per il latte utilizzato dai trasformatori per la produzione del pecorino;

          questo era un dramma annunciato. Le crisi prima avvenivano ogni 48 mesi, ora invece ogni 24 mesi e si rischia che, in questo braccio di ferro perpetuo, moltissimi produttori soccombano per il gioco perverso delle trattative al ribasso;

          attualmente il prezzo è calato fino alla cifra di sessanta centesimi al litro, che rappresenta un vero e proprio insulto al lavoro dei pastori e a un settore tradizionale dell'economia sarda e che mette in pericolo l'attività di migliaia di produttori e la situazione economica delle relative famiglie;

          la condotta dei trasformatori rappresenta una vera e propria prevaricazione nei confronti dei produttori che, come già sottolineato anche dalle associazioni di categoria, viola le regole del libero mercato;

          i pastori sono dovuti arrivare a esercitare forme di protesta estrema per attirare l'attenzione su una situazione che ha responsabilità ben individuate: infatti, se il tetto previsto per la programmazione produttiva del pecorino «romano», approvato dal consorzio era di 280 mila quintali e poi non viene rispettato e nel 2018 si è arrivati a 340 mila, non è certo colpa dei pastori;

          oltre alla condotta dei trasformatori, emerge pertanto in tutta la sua evidenza il tradimento della missione del Consorzio del pecorino romano;

          in entrambi i casi si rendono necessarie e urgenti misure straordinarie per affrontare l'emergenza e per porre fine ad un «gioco al massacro» che ogni volta viene esercitato a spese dei pastori –:

          se il Governo intenda porre in essere iniziative drastiche e urgenti, per quanto di competenza, per ristabilire il rispetto delle regole del mercato e porre fine alle condotte di soggetti che, abusando della propria maggior forza economica, impongono ai pastori un prezzo iniquo e palesemente sbilanciato rispetto ai costi di produzione;

          se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per commissariare urgentemente il Consorzio del pecorino romano e ripristinare nell'immediato uno scenario in cui il confronto tra le parti avvenga in maniera paritaria, rimuovendo ogni elemento che ha generato una situazione di iniquità e disuguaglianza.
(4-02228)


      ALESSANDRO PAGANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          da diversi mesi i lavori sulla strada statale 640 (Caltanissetta-Agrigento) si sono fermati per il contenzioso tra Cmc e Anas; in particolare, risultano fermi lotti in procinto di completamento, come il lotto Empedocle 1 che è praticamente finito, al 99,9 per cento di avanzamento, con valore contrattuale per Cmc pari a 354 milioni (0,4 milioni residui) e il lotto Empedocle 2, che è al 90 per cento di avanzamento, con valore contrattuale pari a 669 milioni (66,2 milioni residui);

          le aziende che a vario titolo hanno contribuito alla realizzazione delle opere in questione, soprattutto subappaltatori e fornitori, già dalle prime fasi realizzative delle opere non hanno mai ricevuto i pagamenti in maniera puntuale, lamentando carenze sugli accordi contrattuali; la situazione si è aggravata nel momento in cui la Cmc ha incominciato a effettuare licenziamenti nel proprio organico, dichiarando di non poter pagare i suoi obbligazionisti;

          sembrerebbe, che due fattori hanno inciso in modo particolare sulla crisi aziendale: i contratti sottoscritti non prevedevano né la possibilità di fare un'eventuale cessione del credito né la facoltà di sospendere le forniture;

          si tratta di imprese inserite nelle «white list» delle prefetture siciliane, che hanno già superato i controlli preventivi imposti dal bando, ossia in regola con il documento unico di regolarità contributiva e con i pagamenti delle maestranze impiegate, che hanno ottemperato a quanto previsto dal protocollo di legalità sottoscritto da Anas e prefetture, di concerto con gli organi dello Stato, in possesso di conti correnti dedicati e monitorati H24 dagli organi preposti e con capacità economiche e produttive in grado di rispettare a regola d'arte gli accordi presi;

          ad oggi, le imprese coinvolte sono quasi 100, i crediti vantati per lavorazioni, forniture di materiali e servizi ammontano a più di cinquanta milioni di euro; le imprese hanno inviato diffide e istanze di pagamento ad Anas e ai general contractor del gruppo Cmc;

          le esposizioni a cui sono sottoposte le aziende coinvolte sono di due tipi: bancarie e tributarie, in quanto le imprese, senza il pagamento da parte di Cmc non sono in grado di pagare né i mutui richiesti né contributi Iva, cartelle esattoriali, rateizzazioni all'Agenzia delle entrate; soprattutto le imprese, da oltre 10 mesi, non sono in grado di pagare gli stipendi dei propri dipendenti;

          la situazione è diventata alquanto critica e, pertanto, occorre una posizione chiara e decisa da parte del Governo; le molte manifestazioni in corso testimoniano il rischio di fallimento delle migliori aziende della Sicilia, che getterà in povertà circa 2.500 famiglie;

          il comitato dei creditori della Cmc, tra cui numerosi imprenditori, ha in programma un incontro a Roma per il 13 febbraio 2019, dichiarando che i lavori non potranno essere ripresi se prima non saranno pagati i crediti pregressi e preannunciando eclatanti azioni di protesta se non vi saranno risposte concrete da parte del Governo;

          secondo quanto riportato dai giornali, il Comitato delle imprese creditrici attribuisce la problematica situazione attuale al disinteresse del precedente Governo e soprattutto all'Anas che non ha vigilato fino in fondo sulla corretta gestione della Cmc –:

          se il Governo non ritenga indispensabile e urgente convocare un tavolo istituzionale alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con la presenza dei Ministeri dell'interno, dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti e dell'Anas per risolvere la grave situazione di crisi che si è venuta a creare e se non intenda promuovere, nell'immediato, soluzioni concrete per il pagamento dei crediti vantati dalle imprese coinvolte, subappaltatori e fornitori, adottando iniziative per porre a carico dello Stato le lunghe procedure di recupero crediti, anche rivalendosi successivamente sulla Cmc.
(4-02232)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


      MOLLICONE, FRASSINETTI e FIDANZA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          la giornata del 10 febbraio è stata riconosciuta dallo Stato come «giornata nazionale del ricordo» per commemorare l'esodo e le stragi commesse a danno dei cittadini italiani già residenti nei territori dell'Istria e della Dalmazia già appartenenti alla sovranità italiana con la legge del 30 marzo 2004, n. 92;

          ai più alti livelli istituzionali sono stati riconosciuti la sofferenza e il dramma degli italiani che rimasero vittime delle stragi indiscriminate effettuate dalle bande comuniste jugoslave contro chiunque fosse italiano, al di là della sua appartenenza politica, religiosa, sociale;

          tuttavia, risulta all'interrogante che alcune centinaia di persone, già cittadini jugoslavi, usufruiscono di pensioni erogate dall'Inps nonostante siano stati partecipi ed esecutori delle stragi nelle foibe a danno di incolpevoli cittadini italiani;

          l'erogazione di queste pensioni deriva dall'Accordo del 14 novembre 1957 stipulato con l'allora Governo della Repubblica di Jugoslavia, e ratificato con legge n. 885 del 1960;

          appare del tutto incongruente proseguire nell'applicazione di tale accordo considerata la mutata situazione politica della ex-Jugoslavia a seguito del suo dissolvimento e la costituzione di molteplici Stati autonomi;

          gli interventi effettuati da questo Governo e da quelli precedenti sulle pensioni in essere, sia quelle cosiddette «d'oro» sottoposte a un contributo straordinario di solidarietà sia quelle ordinarie cui è stato modificato l'adeguamento all'incremento derivante dal costo della vita, consentono ulteriori interventi anche di effetto retroattivo;

          non è moralmente e politicamente accettabile che lo Stato italiano continui a erogare, tramite l'Inps, pensioni a personaggi non più cittadini italiani ritenuti corresponsabili di efferati delitti a danno di cittadini italiani inermi e incolpevoli, e comunque non meritevoli per azioni effettuate a favore e a sostegno dell'Italia –:

          se il Governo non ritenga opportuno e urgente adottare le iniziative di competenza per rivedere l'Accordo del 14 novembre 1957 e revocare con effetto immediato le pensioni corrisposte a cittadini dell'ex-Jugoslavia corrisposte esclusivamente in relazione alla loro attività bellica nel periodo 8 settembre 1943-10 febbraio 1947, con riserva di richiedere la restituzione degli importi finora versati secondo i termini di prescrizione di legge riguardanti le pensioni.
(3-00509)

Interrogazioni a risposta scritta:


      DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          la risoluzione conclusiva di dibattito in commissione n. 8-00002, sulla quale il Governo ha espresso parere favorevole ed approvata dalla III Commissione della Camera dei deputati nella seduta del 24 ottobre 2018, impegna il Governo medesimo ad avviare e proseguire percorsi volti a sottoscrivere trattati e/o accordi bilaterali con il Marocco, l'Albania, la Tunisia e la Nigeria, nonché con ulteriori Stati, per agevolare e semplificare il trasferimento dei detenuti al fine dell'esecuzione penale nello Stato di provenienza, attraverso strumenti e clausole che comprendano anche l'eliminazione della mancanza di consenso del detenuto dalle condizioni ostative –:

          quale sia lo stato di avanzamento dei lavori per la realizzazione dell'impegno.
(4-02239)


      DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per la famiglia e le disabilità, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          l'interrogante ha avuto modo di raccogliere doglianze in merito alla situazione dei minori contesi che seguono uno dei due genitori all'estero senza il consenso dell'altro genitore;

          stando a quanto rappresentato all'interrogante, l'iscrizione nei pubblici registri dell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire) avverrebbe d'ufficio anche di fronte a eventuali diffide da parte dell'altro genitore;

          in particolare, è stato rappresentato un caso di trascrizione all'Aire del comune di Roma di due bambini ad opera di un funzionario del consolato di Copenaghen, nonostante il genitore opponente avesse inviato per mezzo Pec una diffida a non aderire alle richieste dell'altro genitore, in quanto era stata già presentata una denuncia per sottrazione internazionale di minori e nonostante avesse manifestato la propria contrarietà alla decisione presa dall'altro genitore;

          a seguito della trascrizione, il genitore ha presentato un ricorso per chiedere la nullità della trascrizione e il ripristino della precedente residenza sul territorio nazionale. Tale richiesta veniva respinta, adducendo la mancanza di una sentenza del giudice ai sensi dell'articolo 337-ter del codice civile, nella misura in cui richiama il disaccordo tra i genitori, e sentenziando che l'operato del funzionario era da ritenersi conforme alle linee guida contenute nel «Manuale per l'operatore consolare di anagrafe», cap. III, paragrafo 9;

          poiché la presenza di una denuncia presuppone la richiesta di una tutela da parte dell'ordinamento giudiziario e segnatamente una pronuncia del giudice in merito alla fissazione della residenza ex articolo 337-ter del codice civile, a giudizio dell'interrogante la solerzia della trascrizione cozza con la necessità di salvaguardare il bene dei minori contesi –:

          quale sia la natura giuridica del «manuale per l'operatore consolare di anagrafe»;

          se l'indicazione contenuta nel cap. III, paragrafo 9, del manuale non risulti essere in contrasto con le disposizioni del codice civile in materia di responsabilità genitoriale;

          quali siano le tutele già previste ed esperibili per il genitore che subisce la trascrizione dei propri figli all'Aire contro la propria volontà;

          se il Governo sia in possesso di statistiche in merito a questa tipologia di episodi o contestazioni.
(4-02240)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


      GALLINELLA, DEL SESTO e PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          da alcuni dati resi noti da Legambiente è emerso che, dal maggio a novembre 2018, quasi 5 tonnellate di rifiuti (4,8 per la precisione), in prevalenza di plastica e monouso, sono state recuperate dai fondali marini in alcune zone del Tirreno e dell'Adriatico dai pescatori con le reti a strascico;

          in particolare, nell'Arcipelago Toscano sono stati portati «a galla» 1,8 le tonnellate di rifiuti; a Porto Garibaldi (Ferrara) ad oggi si contano 23 giornate di questo tipo che hanno portato al recupero di oltre una tonnellata di rifiuti; a Manfredonia in una sola giornata sono stati oltre 390 i chili di rifiuti riportati a terra, mentre in due mesi sono stati riportati in superficie 1,6 tonnellate di rifiuti a Terracina;

          tali dati sono frutto di progetti sperimentali che sono stati adottati da diversi paesi, regioni o territori italiani e che hanno consentito ai pescatori di portare a terra i rifiuti ripescati in mare;

          ad oggi, infatti, la normativa nazionale prevede che un pescatore che raccoglie rifiuti accidentali con le reti ne diventa poi responsabile, e ne debba dunque pagare lo smaltimento, se vuole riportarli a terra, questo perché i rifiuti ripescati in mare, a differenza di quelli prodotti dalle stesse navi, sono considerati «rifiuti speciali» (decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) e necessitano quindi di un diverso processo di raccolta e smaltimento;

          questo vincolo normativo, nonché onere burocratico ed economico, ostacola il ruolo che pescatori ed acquacoltori potrebbero avere nella raccolta dei rifiuti dispersi in mare e il loro fondamentale contributo alla salvaguardia e alla tutela di quello che, anche per loro, è uno spazio vitale;

          diverse associazioni di categoria del mondo dei pescatori, in più occasioni, hanno sottolineato come la normativa vigente impedisca loro di contribuire alla lotta all'inquinamento marino e hanno chiesto, a tal proposito, l'adeguamento della legislazione nazionale, partendo proprio dalla classificazione del rifiuto recuperato in mare;

          in secondo luogo, le stesse associazioni lamentano l'assenza, o anche l'inadeguatezza, degli impianti di raccolta di rifiuti presenti nei porti italiani (articolo 4 del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182), che spesso si allontanano dal modello ideale della cosiddetta «isola ecologica», nella quale i rifiuti possono essere adeguatamente depositati e differenziati;

          è evidente che il costo dello smaltimento dei rifiuti raccolti, considerata anche la loro mole, anche a fronte di un adeguamento della normativa attuale, non potrà andare in capo unicamente agli stessi pescatori, ma sarà necessario trovare le giuste modalità di distribuzione della spesa, incentivando i pescatori ad avere un ruolo centrale nella pulizia del mare;

          il successo dei progetti sperimentali, che si affianca anche alla richiesta più volte espressa da diverse regioni italiane che hanno approvato proposte di legge regionali in materia, dimostra che la volontà da parte del popolo del mare non manca, ma che resta soltanto la necessità di un intervento normativo –:

          se, sulla base di quanto esposto in premessa e al fine di risanare e proteggere l'ecosistema marino, non intenda adottare tempestivamente iniziative per adeguare la normativa italiana in materia di classificazione dei rifiuti ripescati in mare, agevolando e valorizzando così il ruolo dei pescatori nella sfida per un mare pulito;

          se, in base a quanto manifestato dalle associazioni di categoria dei pescatori, non intenda adottare iniziative per favorire, di concerto con tutte le altre autorità competenti, la raccolta nelle aree portuali dei rifiuti plastici derivanti dall'attività di pesca, prelevati anche in modo accidentale, nonché per introdurre nelle stesse aree portuali sistemi di raccolta differenziata finalizzati al successivo recupero dei rifiuti raccolti in mare anche mediante adeguamento dei piani di raccolta e gestione dei rifiuti previsti dall'articolo 5 del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182.
(4-02229)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      DE LUCA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

          da mesi si assiste a un drammatico impasse rispetto alla nomina del nuovo direttore della Reggia di Caserta che si ripercuote in evidenti e gravi disagi al sito che sta perdendo appeal e visitatori;

          è noto che la direzione del dottor Felicori, insediatosi nel 2015, aveva decisamente rilanciato l'immagine della Reggia sulla scena culturale nazionale e internazionale: basti pensare che il sito vanvitelliano sotto la sua guida aveva ottenuto un nuovo record di visitatori;

          in ragione della legge sulla quiescenza obbligatoria per limiti di età dei dipendenti pubblici, l'incarico del dottor Felicori come direttore della Reggia di Caserta è cessato in anticipo rispetto alla scadenza originariamente prevista;

          il Governo sin dal suo insediamento, ad avviso dell'interrogante, non ha prestato la dovuta attenzione al sito culturale in questione determinando, pertanto, una serie di criticità per uno dei poli di maggiore richiamo del patrimonio culturale italiano;

          non è difficile notare un pregiudizio «ideologico» nei confronti dell'impianto della cosiddetta «riforma Franceschini», che pure ha consentito di realizzare un indiscusso rilancio del patrimonio archeologico, artistico e culturale in Italia;

          molta eco ha avuto sugli organi di informazione la diminuzione dei visitatori nel mese di gennaio 2019 con un -23 per cento e sistematicamente vengono riportate notizie di una cattiva gestione del sito con criticità nella manutenzione ordinaria, chiusura di sale e pessima condizione del verde dei giardini;

          si palesa un grave deficit gestionale che potrebbe aggravare ulteriormente le prospettive del sito considerata l'incertezza manifestata fino ad oggi circa la individuazione del percorso da seguire per la nomina del nuovo Direttore –:

          se il Ministro sia a conoscenza delle criticità riportate in premessa e quali iniziative intenda assumere con la massima urgenza per avviare una procedura di selezione pubblica, aperta e trasparente per l'individuazione – su basi di assoluta competenza e qualità manageriali – del nuovo direttore della Reggia di Caserta, al fine di dare certezze gestionali al sito e possibilmente proseguire nell'azione di valorizzazione avviatasi con il dottor Felicori.
(5-01454)

Interrogazione a risposta scritta:


      FRATE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

          il Real Albergo dei Poveri è anche noto come Palazzo Fuga, dal nome del famoso architetto che ne iniziò i lavori nel 1749, su ordine di Re Carlo III. Per volontà del sovrano, Ferdinando Fuga realizzò la più grande «residenza sociale» d'Europa, destinata ad accogliere i poveri provenienti da tutto il regno;

          con oltre 430 stanze distribuite su quattro livelli, Palazzo Fuga copre centomila metri quadrati di superficie utile; la facciata è lunga oltre 350 metri, per nove chilometri di sviluppo lineare dei corridoi, con la sala più maestosa alta otto metri;

          tra le tante attività che questo complesso ha ricoperto nel corso dei secoli vanno ricordate una scuola di musica, un centro di correzione giovanile, una scuola per sordomuti, un carcere e un manicomio, uno spazio di accoglienza per diseredati e donne perdute;

          fino al 1980 Palazzo Fuga vedeva la presenza di lavanderie, botteghe artigiane, opifici, laboratori e addirittura un'officina per la messa a punto delle canne da fucile. Dopo il terremoto, è rimasto abbandonato per decenni. Solo nel 1999 presero l'avvio i lavori di rifacimento della facciata centrale;

          in forza dei vincoli di destinazione di cui al decreto legislativo n. 490 del 1999, Palazzo Fuga è soggetto a una serie di rigide tutele quali il divieto di effettuare restauri che ne pregiudichino l'aspetto sostanziale, la conservazione e l'integrità strutturale;

          diverse sono state le ipotesi per il suo recupero: la creazione di un museo dell'artigianato e dell'antiquariato per la promozione dell'economia locale ma, anche, l'istituzione di una città della musica per la valorizzazione della tradizione canora partenopea. Altra ipotesi fu quella della «città dei giovani», proposta avanzata dal comune di Napoli in un masterplan che contemplava spazi didattici e ricreativi per la popolazione minorile del quartiere;

          successivamente, Palazzo Fuga venne indicato come sede della Stoà, alta scuola di formazione, con un impegno di spesa pari a due milioni e 783 mila euro per l'allestimento completo di servizi e forniture di arredi, impianti e attrezzature, aule, uffici, sala conferenza e biblioteca;

          in tempi recenti il comune di Napoli, nell'ambito del progetto «Restituire la dignità» cofinanziato con i 10 Rotary Club della città di Napoli riuniti nel Gruppo partenopeo del distretto Rotary 2100 e con fondi della Fondazione Rotary, ha destinato un'area di 270 metri quadrati quale spazio di accoglienza diurna per i senza fissa dimora, con servizi di lavanderia e igienici;

          il recupero della vocazione solidaristica della struttura è sicuramente un'azione giusta e lodevole. Da non trascurare, tuttavia, è il contesto culturale e artistico di insistenza territoriale: Palazzo Fuga si colloca, in meno di quattro chilometri, in un'area di eccezionale interesse tra il Museo archeologico nazionale, il Museo di Capodimonte, l'Orto botanico, il Museo del tesoro di San Gennaro, l'arte presepiale di San Gregorio Armeno, il Centro storico, il Museo arte contemporanea «Madre», il Museo diocesiano Donnaregina, la Biblioteca dei Girolamini, il Museo Cappella San Severo, il Teatro San Carlo;

          allo stato attuale Palazzo Fuga si presenta come un bene pressoché abbandonato. Importanti progetti, come la nascita di un museo universale o di un polo di biblioteca, non hanno visto la luce. Inoltre, la mancanza di un'adeguata manutenzione ordinaria ha determinato un rapido deterioramento dei lavori effettuati; si tratta di una condizione che non rende onore al suo valore storico e a tutte le enormi potenzialità, anche in termini di sviluppo economico ed occupazionale, che la struttura offre –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e quali iniziative intenda assumere al riguardo per quanto di competenza.
(4-02234)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


      GEMMATO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          secondo quanto si evince da fonti di stampa, sembrerebbe sussistere l'ipotesi di chiusura o di trasferimento delle funzioni e del personale del 16° stormo – Protezione delle forze – dell'Aeronautica militare di stanza a Martina Franca in provincia di Taranto;

          il 16° stormo è il reparto dei fucilieri dell'aria, è stato costituito nel 2004 e rappresenta per competenza e funzioni svolte una delle eccellenze del comparto difesa italiano. Oggi è un reparto combattente del comando della squadra aerea con compiti di protezione delle forze. Nel tempo ha operato in 37 diverse missioni internazionali, in ben 18 teatri operativi nel mondo, maturando oltre 36 mila ore di volo. I fucilieri dell'aria sono stati presenti in Afghanistan per assicurare la protezione della base di Herat per ben 9 anni;

          il 5 aprile 2015, la bandiera di guerra del 16° stormo «Protezione delle forze» è stata decorata con Medaglia d'argento al valore aeronautico dal Presidente della Repubblica;

          recentemente, la compagine fucilieri dell'aria ha acquisito la qualifica a operare in autonomia con sistemi elettromagnetici per il contrasto all'uso illegittimo dei droni, assicurando la necessaria sicurezza, in particolare per la protezione di aeroporti, infrastrutture critiche o siti sensibili. Questa particolare attività è di fondamentale importanza, poiché consente allo Stato di fornire risposte immediate a minacce dall'aria sia in ambito civile che della difesa;

          le notizie di stampa che riguardano il 16° Stormo e, in particolare quelle relative alla sua presunta chiusura o al trasferimento di funzioni e di personale sono causa di rilevanti preoccupazioni per i militari impiegati e per le loro famiglie, poiché, qualora dovessero corrispondere al vero, potrebbero determinare disagi alla pianificazione della propria vita familiare;

          appare evidente che proprio nel momento storico che si sta attraversando, nel corso del quale il nostro Paese affronta una profonda crisi sociale ed economica, anche la difesa degli interessi familiari e professionali di chi occupa con merito e da anni ruoli importanti nel comparto della difesa italiana merita, come tutto, particolare attenzione e tutela;

          il 26 luglio 2018, nel corso dell'audizione del Ministro della difesa sulle linee programmatiche del dicastero presso le Commissioni riunite 4ª (Difesa) del Senato della Repubblica e IV (Difesa) della Camera dei deputati così come anche nella risposta all'interrogazione n. 3-00386 del 12 dicembre 2018, il Ministro interrogato ha voluto evidenziare la sua intenzione di tutelare la dimensione sociale e familiare dei militari impiegati nel loro lavoro;

          in particolare, il Ministro ha dichiarato che: «...In linea con i principi del nostro programma, ho intenzione di impegnarmi per garantire le legittime aspettative dei nostri uomini e delle nostre donne in uniforme e non, su temi che riguardano la loro vita quotidiana quali per esempio: la tutela dei rapporti familiari (attraverso una razionalizzazione dei trasferimenti e degli impieghi, e la risoluzione delle problematiche alloggiative), la tutela della condizione genitoriale (maternità e paternità), e infine la salvaguardia della salute. La famiglia e la garanzia dell'unità familiare devono rappresentare gli elementi cardine a cui ritengo debba essere assicurato il massimo livello di tutela...» –:

          se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero;

          ove i fatti esposti in premessa dovessero corrispondere al vero, se ritenga opportuno che si proceda a una eventuale chiusura o a un trasferimento delle funzioni e del personale del 16° stormo – Protezione delle forze – dell'Aeronautica militare di stanza a Martina Franca e, in caso affermativo, quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire le legittime aspettative del personale impiegato e di tutelare i rapporti familiari e le condizioni genitoriali.
(4-02231)


      FASANO. — Al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          il comune di Olevano sul Tusciano (Salerno) ha da anni manifestato la volontà di realizzare una nuova caserma dei carabinieri con alloggi per il comandante e il vice comandante;

          con delibera n. 10 del 25 maggio 2009 il consiglio comunale di Olevano sul Tusciano, con l'approvazione del programma triennale delle opere pubbliche, ha avviato l’iter per la costruzione di una caserma dei carabinieri con alloggi per il comandante e il vice comandante, alla località Mulino della frazione Ariano, per una spesa complessiva di 1.205.124,55 euro;

          con delibera n. 231 del 10 dicembre 2009 la giunta ha approvato il progetto preliminare dei lavori per la costruzione della suddetta opera, «per una spesa complessiva di € 1.660.000,00 a valere sui fondi Fas della Regione Campania»;

          con delibera n. 170 la giunta deliberava la volontà di trasferire la realizzazione dell'opera al provveditorato regionale delle opere pubbliche;

          con delibera n. 223 del 27 ottobre 2011 la giunta approvava il progetto esecutivo della suddetta opera per una spesa complessiva di 1.000.000,00 euro, «confermando la volontà dell'Amministrazione comunale a cedere l'area di proprietà dell'Ente al Demanio Civile»;

          in data 28 novembre 2017 si è costituito un tavolo tecnico presso gli uffici della prefettura di Salerno per la disamina degli aspetti di carattere tecnico, amministrativo ed economico connessi alla realizzazione della caserma;

          nel corso della suddetta riunione, a quanto consta all'interrogante i rappresentanti del provveditorato interregionale per le opere pubbliche hanno ribadito d'inadeguatezza di allocare la Caserma in un'area a rischio a seguito di perimetrazione dell'Autorità di Bacino, escludendo la possibilità di realizzare l'opera in un immobile confiscato sito nel comune di Olevano sul Tusciano e che era stato destinato nell'anno 2014 dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata al Ministero dell'interno per gli usi dell'Arma dei carabinieri. I presenti, dunque, hanno convenuto sulla possibilità di adottare la precedente soluzione inizialmente avviata, ma è stata evidenziata la necessità di effettuare una perizia ecologica per escludere problemi di edificabilità. Il vice sindaco del comune di Olevano sul Tusciano ha riferito di una perizia geologica effettuata negli anni passati, prima dell'entrata in vigore dell'attuale normativa, e per questo purtroppo non attendibile;

          ha escluso, altresì, che il comune possa a sua volta farsi carico di questo onere finanziario. I rappresentanti del provveditorato interregionale per le opere pubbliche hanno quindi prospettato l'ipotesi di indire una preliminare conferenza dei servizi istruttoria per acquisire i pareri degli enti competenti su uno studio di fattibilità e, acquisiti i pareri preliminari, se favorevoli, autorizzare l'impegno di parte degli stanziamenti economici per l'espletamento delle indagini necessarie. I rappresentanti dell'Agenzia del demanio hanno ribadito che una volta certificata l'edificabilità del suolo, potrebbe essere rapidamente avviata, la procedura di accettazione dell'atto di donazione da parte del Comune;

          con deliberazione n. 4 del 31 gennaio 2018 il consiglio comunale di Olevano sul Tusciano ha confermato la volontà di rendere disponibile, a titolo gratuito, l'area già individuata, in favore del demanio civile ai fini della realizzazione di una caserma dei carabinieri. Con lo stesso atto deliberativo l'ente ha preso atto che «il Provveditorato alle Opere Pubbliche si accerterà, nel contempo, della percorribilità della procedura già prospettata per reperire i fondi da utilizzare per la perizia geologica»;

          il progetto per la realizzazione della caserma della stazione dei carabinieri di Olevano sul Tusciano, nonostante sia esecutivo e cantierabile, è ancora fermo per l'assenza di una perizia geologica –:

          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e, per quanto di competenza, quali iniziative intendano adottare.
(4-02233)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


      DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          si intende richiamare l'attenzione sull'ordine del giorno n. 9/01334-B/006, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea della Camera dei deputati del 30 dicembre 2018, che impegna il Governo a finanziare interventi a favore della lotta alla desertificazione commerciale delle montagne, in particolar modo attraverso misure di fiscalità di vantaggio per le attività commerciali e d'impresa che operano nei territori dei comuni in cui operano non più di 5 esercizi commerciali –:

          quale sia lo stato di avanzamento dei lavori da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;

          quali siano le previsioni del Governo in merito alle tempistiche per l'adozione di iniziative normative urgenti al riguardo.
(4-02237)


      DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          l'ordine del giorno n. 9/01334-AR/217, accolto come raccomandazione dal Governo nella seduta dell'Assemblea della Camera dei deputati dell'8 dicembre 2018, impegna il Governo a valutare l'introduzione di una normativa più equa in materia di riscossione provvisoria, al fine di garantire che il contribuente possa attendere una pronuncia della magistratura tributaria che confermi l'attendibilità delle richieste avanzate dall'agente della riscossione prima di corrispondere alcun importo –:

          se sia stata avviata una riflessione in seno al Governo;

          quali siano gli intendimenti del Governo in materia.
(4-02238)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

          la situazione in cui versa il sistema viario siciliano, già da tempo critica, va aggravandosi sempre di più, in particolare quella delle autostrade dove si verificano sempre più incidenti, con numerosissimi morti a causa delle pessime condizioni in cui versano, con gallerie fatiscenti, carreggiate cosparse di buche, frane diffuse;

          a titolo esemplificativo, vale la pena segnalare le condizioni dell'autostrada A18 Messina-Catania che rappresenta la principale dorsale autostradale della Sicilia orientale nonché parte integrante dell'itinerario europeo E45. La centralità di questa opera è altresì rimarcata dai numeri: da anni ormai i volumi di traffico tra Messina e Catania sfiorano circa i 30 milioni di veicoli in transito, e in particolare tra le località di Taormina e Giardini Naxos annualmente registra oltre 2 milioni di turisti;

          purtroppo, altri dati numerici rendono l'A18 protagonista nel settore viario siciliano: basti ricordare che nel corso del 2018 sono stati ben 617 gli incidenti registrati su un tracciato caratterizzato da gravi e inaccettabili criticità in numerosi tratti. Sulla medesima autostrada, il 15 gennaio 2019 l'ispettore capo della polizia stradale di Giardini Naxos, Angelo Spadaro, è rimasto ucciso, schiacciato contro il guard-rail da un tir sopraggiunto, mentre l'agente stava intervenendo per un altro incidente;

          il governo regionale in carica sta intervenendo con 46 milioni di euro per manutenere tutta la tratta messinese A18 e A20, in tutto 120 chilometri da riasfaltare e 30 chilometri di barriere, in direzione Catania e in direzione Palermo, da finanziare con 120 milioni di euro dal Patto per il Sud. Inoltre, 16 milioni di euro sono previsti per la sistemazione della tratta interessata dalla frana di Letojanni in essere dal 2015 (con 4 milioni di euro della protezione civile regionale);

          si riscontrano però gravissime problematiche riconducibili ad anni di inerzia da parte delle precedenti amministrazioni regionali e del Consorzio autostrade siciliane (Cas), ente gestore della rete stradale, quest'ultimo interessato da un'inchiesta della direzione investigativa antimafia, che nel 2017 emetteva ordinanze di arresto, interessando oltre 50 indagati tra il personale del consorzio, con accuse di appalti truccati e progetti inesistenti e ipotizzando reati di falso, abuso d'ufficio e truffa per fatti riguardanti le autostrade A18 e A20, per l'ammontare di 1,3 milioni di euro;

          le previsioni del Cas di circa 510 mila euro per interventi di pavimentazione delle tratte ammalorate appaiono ormai insufficienti. Si continua, infatti, a svolgere micro interventi, di poche centinaia di metri. Risulta, inoltre, che l'appalto per riasfaltare l'intera carreggiata da Messina a Giarre, per un valore di 24,3 milioni di euro, sia fermo, in attesa del via libera del provveditorato regionale delle opere pubbliche, organo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. «Così vuole il codice degli appalti, solo che al Provveditorato fanno poche sedute e i tempi si allungano a dismisura», precisano dal Cas ammettendo così la grave e inaccettabile situazione in cui versa la Sicilia;

          il Ministro interpellato, durante la conferenza stampa del 20 novembre 2018, ha affermato che per risolvere il problema della viabilità avrebbe adottato «il modello Genova», nominando un commissario straordinario al quale avrebbe assegnato i poteri e i fondi necessari;

          la ragione per cui «al di là delle appartenenze politiche è necessario lavorare insieme», risiedeva nella necessità di abbreviare i tempi. Il Ministro ha affermato, altresì, che «forse già nel prossimo consiglio dei ministri», sarà nominato un commissario straordinario per la Sicilia, per «mettere in condizione di ordinarietà una situazione che al momento appare assimilabile, per buona parte dei 26 mila chilometri di strade provinciali, a quelle postbelliche»;

          lo stesso Ministro interpellato ha poi aggiunto: «Servono interventi ordinari e straordinari, sono qui a proporre un commissario straordinario governativo che non si sostituisca alla Regione, ma che integri. Un nome proposto dalla Regione con la condivisione di tutti. Lo dico con grande sincerità: oggi lo Stato torna a interessarsi concretamente della Sicilia». E anche che «Qui bisogna riprendere in mano la situazione. E se servono poteri speciali lo faremo. Così in pochi mesi qualche cantiere può essere sbloccato»;

          gli interpellanti ricordano che le ex province, oggi liberi consorzi comunali e città metropolitane, sono sottoposte a un prelievo forzoso, solo parzialmente ridotto con l'ultima legge di bilancio;

          il processo di riforma avviatosi dal 2014 non ha però ricevuto adeguato sostegno finanziario da parte dello Stato, anzi è stato caratterizzato dal crescente prelievo forzoso che ha quasi cancellato ogni autonomia finanziaria regionale, a giudizio degli interpellanti in palese violazione dell'articolo 119 della Costituzione. Di tale avviso è anche la Consulta, come risulta dalla sentenza n. 137 del 2018. Il prelievo forzoso operato dallo Stato, in violazione dei princìpi costituzionali, ha reso impossibile l'erogazione di fondamentali servizi pubblici essenziali, soprattutto in materia di viabilità, ma essa incide complessivamente sulla possibilità di fornire adeguati servizi sociali, come l'edilizia scolastica;

          si è, pertanto, innanzi a un caso definibile come «dissesto indotto» dalla normativa, che ha reso impossibile il completamento del processo di riforma avviato prima dal legislatore nazionale, poi dalla regione siciliana;

          la richiamata sentenza della Corte Costituzionale afferma che: «L'omissione del legislatore statale lede l'autonomia di spesa degli enti in questione (...) perché la necessità di trovare risorse per le nuove funzioni comprime inevitabilmente le scelte di spesa relative alle funzioni preesistenti, e si pone altresì in contrasto con il principio di corrispondenza tra funzioni e risorse, ricavabile dall'articolo 119, quarto comma, della Costituzione (...) perché all'assegnazione delle funzioni non corrisponde l'attribuzione delle relative risorse, nonostante quanto richiesto dalla L. n. 56 del 2014 e dalla sentenza n. 205 del 2016 di questa Corte.». La sentenza della Suprema Corte è auto esplicativa –:

          se le condizioni di cui in premessa corrispondano al vero e, in tal caso, quali iniziative il Governo intenda assumere;

          in particolare, se e quando il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per provvedere alla nomina di un commissario straordinario, come affermato nel corso della conferenza stampa citata, per risolvere la drammatica situazione della viabilità stradale in Sicilia, dotandolo di fondi adeguati;

          quali iniziative, anche di carattere normativo, il Governo intenda assumere al fine di intervenire sulla causa principale delle problematiche illustrate in premessa, cioè in merito al prelievo forzoso che provoca la mancata erogazione dei servizi pubblici essenziali descritti, con particolare riguardo alla tutela della libertà di circolazione, nonché al diritto alla mobilità, costituzionalmente garantiti ma, di fatto, in Sicilia, non pienamente goduti dai cittadini-utenti a causa della impossibilità di percorrere gran parte della rete viaria.
(2-00269) «Germanà, Gelmini, Prestigiacomo, Bartolozzi, Minardo, Scoma, Siracusano».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      GALLINELLA, DEL SESTO e PARENTELA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          in Italia, i centri autorizzati per la revisione dei veicoli a motore sono circa 8.500, con oltre 20.000 addetti e circa 15 milioni di veicoli revisionati ogni anno;

          il decreto n. 214 del 19 maggio 2017, emanato in recepimento della direttiva comunitaria sui controlli periodici 2014/45/UE, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha introdotto la figura dell'ispettore del centro di controllo in sostituzione del responsabile tecnico delle revisioni; una figura altamente specializzata, con requisiti minimi di competenza e formazione individuati dallo stesso decreto ministeriale, e requisiti ulteriori da definire attraverso ulteriori appositi decreti attuativi;

          ad oggi non risultano ancora emanati tali decreti e i corsi di formazione per il nuovo personale di controllo sono stati bloccati in base sia a quanto previsto dall'articolo 7 del decreto direttoriale della motorizzazione n. 211 del 18 maggio 2018, sia alla decisione assunta, nella seduta del 28 maggio 2018, dal gruppo professioni del coordinamento della commissione «formazione commissione istruzione, lavoro, innovazione e ricerca» della Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, di sospendere, sull'intero territorio nazionale, l'attivazione dei corsi di formazione organizzati secondo la precedente disciplina;

          il decreto-legge n. 91 del 2018, convertito dalla legge n. 108 del 2018 all'articolo 13-bis, proroga l'attuazione dell'articolo 13 del citato decreto ministeriale, relativo proprio all'introduzione della nuova figura dell'ispettore, fino all'effettiva emanazione dei decreti attuativi, ma – secondo quanto chiarito con una successiva nota (prot. N. 28059) del Ministro in parola – lascia comunque sospesi i corsi di formazione avviati con la precedente disciplina, al fine di evitare contrasti con la direttiva comunitaria;

          in questo scenario i controlli periodici sui veicoli rischiano di essere completamente bloccati, soprattutto in quei numerosi centri di revisione che hanno un solo ispettore, i quali saranno costretti a chiudere l'attività in caso di un qualsiasi impedimento dettato da malattia o ferie del dipendente;

          ciò potrebbe costituire, come conseguenza, un pericolo per la sicurezza stradale dei veicoli nel nostro Paese –:

          se, sulla base di quanto esposto in premessa, non intenda procedere all'emanazione dei suddetti decreti, così da garantire il riavvio dei corsi di formazione per gli ispettori e il regolare lavoro dei centri di revisione dei veicoli a motore.
(5-01446)


      PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          dopo un lungo e complesso iter anche in sede di confronto con l'Unione europea è stato approvato il progetto definitivo, con dichiarazione di pubblica utilità, riguardante l'opera infrastrutturale denominata «Gronda di Genova»;

          si tratta di un'opera imprescindibile per il futuro della città di Genova e per la mobilità dei cittadini liguri, soprattutto in considerazione delle croniche criticità infrastrutturali che attanagliano questo territorio, purtroppo ulteriormente aggravatesi, dopo il drammatico crollo del «Ponte Morandi» avvenuto il 14 agosto 2018;

          l'avvio delle procedure di demolizione con gli inevitabili tempi necessari per la ricostruzione del ponte non risolve la questione relativa al miglioramento complessivo della rete infrastrutturale genovese e ligure nonché al miglioramento della mobilità di persone e merci;

          vi è la forte preoccupazione da parte della stragrande maggioranza dei soggetti istituzionali e delle forze economiche e sociali della Liguria circa un possibile «stop» da parte dell'attuale Governo in merito alla realizzazione della richiamata opera anche in considerazione dell'approccio ideologico pregiudizialmente contrario sulle grandi opere;

          quello che l'interrogante giudica il triste spettacolo dell'analisi costi-benefici relativa alla Tav in atto in questi giorni costituisce un fortissimo segnale negativo anche per altre importanti e strategiche opere infrastrutturali come lo è la «Gronda»;

          considerate le polemiche, non vi sono elementi di garanzia e di imparzialità della struttura tecnica ministeriale nominata dal Ministro e presieduta dal professor Ponti che dovrebbe pronunciarsi anche su questa opera infrastrutturale –:

          quale sia l'orientamento del Governo al fine di assicurare, come richiesto dalle istituzioni locali e dalle forze economiche e sociali liguri, la realizzazione della «Gronda» di Genova quale opera infrastrutturale strategica, confermandone il progetto e il relativo cronoprogramma nell'interesse di un reale ammodernamento della rete infrastrutturale di questo quadrante territoriale e dell'intero Paese.
(5-01453)

Interrogazione a risposta scritta:


      DONZELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          per poter rinnovare la patente è necessario procedere a chiedere tramite la motorizzazione civile un appuntamento per la visita medica;

          le commissioni hanno molte richieste in tutta Italia;

          i tempi per la visita sono variabili a seconda della motorizzazione di riferimento –:

          quali siano i tempi medi;

          quali siano i tempi di attesa nelle motorizzazioni toscane;

          quali iniziative intenda adottare per affrontare il grave disagio dei tempi di attesa.
(4-02235)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:


      MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZÓFFILI e ZORDAN. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

          ai sensi dell'articolo 5, comma 2-ter, del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città, sono stanziati 37 milioni di euro per l'installazione di sistemi di videosorveglianza, con l'obiettivo di operare la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria, in particolare a vantaggio delle zone maggiormente interessate da fenomeni di degrado;

          in dettaglio, lo stanziamento prevede la spesa di 7 milioni di euro per l'anno 2017 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019;

          nel novembre del 2018, il Ministro interrogato ha firmato il decreto attuativo, che dà il via libera al finanziamento di 37 milioni di euro per il triennio 2017-2019, al fine di realizzare 428 sistemi di videosorveglianza in altrettanti comuni italiani;

          il decreto ha approvato la graduatoria definitiva delle richieste di finanziamento avanzate da parte dei comuni interessati e ha disposto che i progetti siano ammessi a finanziamento secondo l'ordine della graduatoria definitiva e fino a concorrenza della disponibilità delle risorse finanziarie previste;

          l'installazione di sistemi di videosorveglianza si rende indispensabile al fine di garantire la sicurezza dei cittadini, a causa dei persistenti fenomeni di criminalità che interessano, sempre più, diverse realtà italiane, urbane e di provincia, nel Nord come nel Sud del Paese;

          i sistemi di videosorveglianza hanno peraltro un forte effetto deterrente, in quanto prevengono i reati e consentono di risparmiare sui costi derivanti dalla repressione dei crimini –:

          quale sia lo stato di attuazione delle norme richiamate e quali siano, più in generale, le linee programmatiche del Ministro interrogato per tutelare la sicurezza dei cittadini.
(3-00510)


      FUSACCHIA. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

          tra il 23 e il 26 maggio 2019 si terranno in tutti gli Stati membri dell'Unione europea le elezioni per i membri del Parlamento europeo;

          almeno 330.000 italiani risultano iscritti all'Anagrafe italiani residenti all'estero come residenti nel Regno Unito e si stima che altri 300.000 vi siano temporaneamente domiciliati;

          nelle precedenti elezioni europee i cittadini italiani residenti nel Regno Unito, come negli altri Paesi dell'Unione europea, hanno potuto esercitare il diritto di voto attraverso la rete dei seggi organizzati nelle sedi consolari;

          l'annunciata uscita del Regno Unito dall'Unione europea priverebbe tali concittadini italiani di questa forma di esercizio dell'elettorato attivo, poiché gli italiani residenti in un Paese extra-Unione europea, sulla base della normativa vigente, non possono votare con questa modalità per il Parlamento europeo e sarebbero tenuti – contrariamente a quanto avvenuto storicamente – a rientrare fisicamente in Italia per votare;

          permane una totale incertezza rispetto ai termini e ai tempi del processo di uscita del Regno Unito dall'Unione europea – tra «uscita senza accordo», proroga dei termini dell'articolo 50 del Trattato sull'Unione europea e nuovi negoziati tra il Regno Unito e l'Unione europea – cosa che rende a sua volta particolarmente incerto il voto alle prossime elezioni europee per quanto riguarda le sue modalità di esercizio;

          la determinazione delle liste elettorali per consentire in Italia il voto di cittadini residenti nel Regno Unito e gli altri adempimenti necessari comporterebbero un aggravio di oneri amministrativi e organizzativi per gli uffici nazionali competenti;

          il costo del viaggio e l'impegno di tempo conseguente rappresentano per molti connazionali un ostacolo all'esercizio del diritto di voto e, quindi, all'effettiva partecipazione di tutti i cittadini alla politica europea;

          per mantenere un diritto storicamente esercitato dalla comunità italiana nel Regno Unito non sarebbe necessario che un parziale e temporaneo adeguamento, vista l'obiettiva eccezionalità della situazione, dell'articolo 3 del decreto-legge 24 giugno 1994, n. 408, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1994, n. 483, per consentire in ogni caso nel 2019 il voto ai cittadini italiani residenti nel Regno Unito attraverso la rete consolare –:

          quali iniziative il Governo intenda adottare per tutelare gli interessi e garantire pienamente il diritto di elettorato attivo di un numero di italiani complessivamente superiore all'1 per cento del corpo elettorale del nostro Paese, a partire dal necessario adeguamento della suddetta normativa.
(3-00511)


      SANTELLI, OCCHIUTO, SISTO, CALABRIA, RAVETTO, BARTOLOZZI, BATTILOCCHIO, MARROCCO, MUGNAI, RUGGIERI, SPENA e MARIA TRIPODI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

          gli innumerevoli episodi di criminalità, violenza, aggressioni, spaccio e accattonaggio molesto mostrano come le città italiane siano sempre più insicure e Roma, con note vicende come l'omicidio avvenuto nei pressi di un asilo nido e la sparatoria davanti ad un locale notturno in cui un giovane atleta è rimasto gravemente ferito riportando lesioni permanenti, ne è la rappresentazione plastica;

          secondo dati Eurispes, quattro italiani su dieci (39 per cento) ritengono di vivere in città «poco» (33,1 per cento) o «per niente» (5,9 per cento) sicure e il numero di coloro che dicono di sentirsi poco o per niente sicuri di uscire da soli nella zona in cui vivono è in crescita: dal 27,8 per cento del 2017 al 44 per cento del 2019 (+16,2 per cento);

          consistente il timore di uscire soli di notte nella zona in cui si vive, passato dal 35,3 per cento del 2017 al 42,4 per cento del 2019 (+7,2 per cento), e anche restare soli in casa fa più paura che in passato: a non sentirsi sicuri sono ben il 46,3 per cento degli italiani, quando erano appena il 27,9 per cento nel 2017 (+18,4 per cento);

          il lavoro svolto quotidianamente dalle forze dell'ordine, in una situazione di grave carenza di personale, è senz'altro encomiabile, nonostante le irrisorie risorse stanziate dal Governo per tutelare un comparto fondamentale del Paese, nonché per garantire una maggiore sicurezza ai cittadini e l'assenza di un coordinamento centrale che privilegi chiare strategie di intervento;

          i fattori che contribuiscono all'aumento di episodi di criminalità sono numerosi e l'immigrazione clandestina è soltanto un segmento, importante ma non unico, di un contesto molto più grande in un Paese dove, purtroppo, la tossicodipendenza produce una media terribile di quasi una vittima al giorno e non si hanno interventi mirati volti a sradicare il diffuso fenomeno dello spaccio;

          ad avviso degli interroganti, nonostante i numerosi proclami del Governo, a cui fino ad oggi non è seguita un'azione concreta, la percezione dei cittadini che vivono nelle grandi e piccole città, come dimostrato dai dati e dai numerosi episodi di criminalità, è quella di vivere nell'insicurezza e di essere continuamente esposti a situazioni di serio rischio –:

          se, in che modo e con quali tempistiche il Ministro interrogato intenda illustrare e rendere esecutivo un chiaro e preciso programma di interventi volti a ridurre gli innumerevoli episodi di criminalità nelle grandi e piccole città al fine di rassicurare i cittadini, riaffermando la primazia delle istituzioni democratiche italiane.
(3-00512)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:

          il 9 febbraio 2019 il Ministro interpellato in visita ad alcuni istituti scolastici in Campania si è lasciato sfuggire dichiarazioni offensive nei confronti dei docenti del Sud che non si impegnerebbero a sufficienza nel loro lavoro e che sarebbero, di fatto, responsabili delle minori prestazioni degli studenti meridionali;

          il Ministro della Repubblica in quanto tale dovrebbe rappresentare tutto il territorio nazionale e non prendere le distanze da una parte del Paese, alimentando stereotipi che andrebbero invece combattuti tanto nella teoria quanto nella pratica, cioè nella assunzione di tutte le misure necessarie a colmare il gap esistente tra diverse zone dell'Italia;

          in una fase in cui la credibilità della istituzione «scuola» è continuamente messa in discussione da atteggiamenti di studenti e di genitori che arrivano a minare la sicurezza fisica degli operatori della scuola sul posto di lavoro – da mesi tali episodi sono riportati in articoli di stampa – il Ministro non dovrebbe permettersi di rilasciare dichiarazioni offensive verso una categoria di lavoratori dello Stato geograficamente definita che ne indebolisce ulteriormente l'autorità, il prestigio sociale e la forza persuasiva proprio in regioni più a rischio di disagio sociale, con tassi di abbandono scolastico e di disoccupazione giovanile più alti e assenza di infrastrutture produttive in grado di stimolare il tessuto economico della regione;

          il livello di abbandono è strettamente connesso alla mancanza di progettualità e alla mancanza di investimenti tali da definire e delineare una struttura produttiva capace di dare lavoro, e quindi speranza e quindi senso all'impegno da infondere nella preparazione e nella carriera formativa;

          sarebbe stato lecito aspettarsi dal Ministro, invece, un sostegno formale in sede di visita e un sostanziale supporto come azione di Governo, quale riconoscimento dell'impegno e della motivazione che quotidianamente mettono gli insegnanti che operano in territori difficili e di disagio sociale, lasciati soli a rappresentare uno Stato che non è in grado di difenderli innanzitutto, e che non prevede interventi a largo raggio su un tessuto sociale sfilacciato e senza grandi punti di riferimento;

          quasi la metà dei docenti che lavorano al Nord provengono proprio da questi territori di «fannulloni» senza che questo abbia ripercussioni sulle qualità e sulle performance degli studenti settentrionali;

          risultano oltremodo offensive anche le parole del Ministro dell'interno che di fatto parla della gente del Sud come se fosse una categoria di cittadini di seconda classe, differenziata, con pesantissime allusioni e offese: un Paese, una Nazione è tale solo quando non agisce solo per sostenere le aree più avanzate ma è capace di intervenire fattivamente sul Paese come su un corpo unico; un Governo è tale solo quando è in grado di sviluppare e rafforzare il senso di appartenenza e di identità;

          non è di assistenzialismo che ha bisogno il Sud per mettersi al passo con le zone più sviluppate e ricche del Paese: a disposizione degli alunni e dei docenti meridionali ci sono meno strutture formative ed educative; mancano gli asili nido, le scuole materne funzionano in maggioranza a tempo parziale, c'è scarsità di luoghi culturali e di aggregazione quali biblioteche, centri sportivi, scuole con palestre; tutti fattori che incidono e assumono rilevanza nel processo di sviluppo cognitivo dei bambini;

          il Governo ha fortemente contratto le risorse del fondo per il contrasto alla povertà educativa, mentre sarebbero auspicabili misure volte al sostegno e allo sviluppo dell'istruzione e della formazione professionale, al fine di dotare di strumenti reali e concreti di realizzazione di sé e di costruzione di futuro le ragazze e i ragazzi che il disagio sociale e la povertà educativa portano ad allontanarsi dai luoghi dell'istruzione, rendendoli potenziali destinatari dell'attrazione esercitata dall'idea di un facile guadagno offerta dalla criminalità organizzata;

          il Ministro interpellato sembra ignorare i dati relativi alle realtà da lui visitate che presentano indici preoccupanti di dispersione scolastica, di criminalità giovanile (baby gang), di disoccupazione giovanile determinati da contesti socio ambientali deprivati;

          se è di impegno che si vuole parlare gli interpellanti richiamano l'attenzione del Ministro sulle inadempienze del dicastero che presiede considerando il numero di crolli, per fortuna senza vittime, che si continuano a registrare nelle scuole, del Nord come del Sud, mentre i fondi per l'edilizia scolastica, a detta del Ministro sbloccati per almeno 7 miliardi di euro, sono assolutamente latitanti;

          nell'ambito del programma operativo nazionale (Pon) del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nell'agosto 2017 è stato pubblicato sul sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca l'avviso relativo allo stanziamento di 350 milioni di euro destinati a progetti di edilizia scolastica in comuni e province delle regioni Basilicata, Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, per accedere ai quali gli enti destinatari hanno presentato i progetti entro la scadenza richiesta del febbraio 2018 ma ad oggi di questi fondi non se ne sa nulla;

          tra le tipologie di interventi finanziabili erano compresi anche interventi sull’«attrattività delle scuole, intesa come miglioramento della qualità ed ammodernamento degli spazi per la didattica e realizzazione di spazi funzionali per lo svolgimento di servizi accessori agli studenti (es. mensa, spazi comuni, aree a verde, realizzazione di infrastrutture per lo sport e per gli spazi laboratoriali), finalizzati alla riqualificazione e al miglioramento della fruibilità degli spazi (interni ed esterni), anche per promuovere una idea di scuola aperta al territorio e alla comunità» –:

          se il Ministro interpellato intenda scusarsi con i presidi, gli insegnanti e gli operatori della scuola che lavorano nel Sud Italia;

          quali iniziative concrete intenda adottare per la scuola italiana e del Meridione, per sconfiggere la dispersione scolastica, la criminalità e la disoccupazione giovanile e quali fondi saranno destinati alle scuole del Sud, dove il ricorso al tempo pieno è inferiore al 15 per cento per mancanza di risorse economiche.
(2-00273) «Casciello, Gelmini, Paolo Russo, Aprea, Bagnasco, Anna Lisa Baroni, Bartolozzi, Biancofiore, Cappellacci, Carfagna, D'Attis, Fatuzzo, Fitzgerald Nissoli, Labriola, Marin, Marrocco, Mugnai, Napoli, Occhiuto, Orsini, Palmieri, Pettarin, Pittalis, Rossello, Rotondi, Ruffino, Saccani Jotti, Sarro, Sandra Savino, Scoma, Maria Tripodi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CIAMPI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          sono presenti nella pagina Facebook del professor Stefano Doroni, docente di italiano e storia presso l'istituto d'istruzione superiore «E. Santoni» di Pisa, gravissime frasi e offese razziste, violente e xenofobe;

          ad esempio, l'ex Ministro Cécile Kyenge viene definita dallo stesso Stefano Doroni una «scimmia berciante» mentre l'Anpi (l'Associazione nazionale partigiani d'Italia) un «bubbone da gettare ai cani randagi»; il professore rispetto ai rom sgomberati nel comune di Gallarate scrive: «Purtroppo non spuntano oggetti atti a fracassare i loro sudici crani e a lasciarli stesi al sole». Per il docente inoltre chi ha accolto i migranti della Sea Watch merita di prendersi «almeno la scabbia» e di «attaccarla alle loro famiglie»;

          tali frasi sono state riportate anche da organi di informazione e proprio a causa dei contenuti aggressivi e intolleranti che istigano all'odio razziale e politico, il professor Stefano Doroni ha dovuto rinunciare a intervenire, come relatore, alla iniziativa dedicata al «Giorno del Ricordo» promossa dall'assessorato alla cultura del comune di Pisa, che si sarebbe dovuta svolgere il 10 febbraio 2019, ma che è stata rimandata dallo stesso sindaco di Pisa a data da definire;

          Stefano Doroni, rispetto all'evento sopracitato annullato, ha chiesto scusa sul suo profilo Facebook ammettendo che le sue parole sono censurabili anche se lo stesso professore ha poi precisato di non avere cambiato la sua opinione politica su quei temi;

          Stefano Doroni è un docente di scuola superiore di materie quali italiano e storia in un importante istituto di Pisa in cui studiano centinaia di ragazzi tra i 14 ed i 19 anni che potrebbero appartenere alle minoranze etniche o culturali verso le quali il professore inneggia alla violenza fisica, psicologica e all'odio razziale e politico –:

          se non sussistano i presupposti per avviare un'ispezione in relazione al comportamento di Stefano Doroni, in qualità di docente di istituti scolastici pubblici, al fine di valutare se ricorrano gli estremi per una iniziativa disciplinare.
(5-01452)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'interno, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

          alcuni dipendenti del Corpo guardie giurate s.p.a. in provincia di Mantova, dopo aver espletato un turno regolare notturno di ore sette, devono, con una breve pausa di tre ore, rientrare in servizio per ulteriori cinque ore. Il responsabile dell'organico è costretto a richiedere questi servizi che recano disagio ai dipendenti per mancanza di personale. Questi dati sono emersi nel corso degli incontri sindacali (Cobas lavoro privato). A un dipendente che aveva rifiutato di rientrare in servizio dopo il turno notturno, nonostante avesse comunicato per tempo di non riuscire a sopperire tale richiesta, è stata applicata la sospensione non retribuita. Tali turnazioni appaiono in conflitto con il decreto legislativo 26 novembre 1999, n. 532, e successive circolari, emanate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che disciplinano il lavoro notturno, sia dal punto di vista dell'orario consentito che della durata; orari di lavoro che vanno dalle 4/5 ore prima o dopo il turno notturno di 7/8 ore con una pausa di 2/3 ore, possono essere rischiosi per il lavoratore e non dovrebbero esserci ore in eccesso alle 8 ore su 24 ore. Il lavoro della guardia giurata con incarico di pubblico servizio è molto delicato, in quanto fornisce servizi di sicurezza sia al pubblico che al privato cittadino, ma per garantire un'efficiente servizio i dipendenti devono godere di un ottimale riposo psicofisico per prestare attenzione in modo minuzioso. Le troppe ore di lavoro ledono e riducono la lucidità alla guardia, che non avendo riposato correttamente, diventa un pericolo, in primis per sé stesso e successivamente per gli altri utenti della strada, con un aumento della possibilità di provocare sinistri. Inoltre, è da considerare che gli orari sopracitati non sono dovuti a un'emergenza, ma sono parte integrante dell'ordinario. Situazioni analoghe risultano agli interpellanti presenti in altre parti d'Italia –:

          se i Ministri interpellati siano al corrente di questa situazione e se ritengano di adottare iniziative al riguardo e/o promuovere modifiche normative per precisare la disciplina in materia e per tutelare la qualità di vita e la sicurezza dei lavoratori e dei pubblico;

          se intendano promuovere una riforma atta al riconoscimento di uno status giuridico adeguato che garantisca l'ottimale svolgimento delle mansioni e delle funzioni alle quali oggi le guardie particolari giurate sono chiamate, istituendo un registro provinciale delle guardie particolari giurate.
(2-00272) «Zolezzi, Costanzo, Davide Aiello, Amitrano, Ciprini, Bilotti, Cubeddu, De Lorenzo, Giannone, Invidia, Pallini, Perconti, Segneri, Siragusa, Tripiedi, Tucci, Vizzini, Carbonaro, Carelli, Carinelli, Casa, Caso, Cassese, Cataldi, Maurizio Cattoi, Chiazzese, Cillis, Cimino, Colletti, Corda, Corneli, Currò, Dadone, D'Ambrosio».

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

          sul territorio pratese, da anni, migliaia di imprese, per la quasi totalità a conduzione cinese, operando al di fuori di regole e normative, costituiscono un sistema di illegalità e di sfruttamento lavorativo che, nel solo settore dell'abbigliamento, ha causato la morte di 9 persone, in due roghi, negli ultimi 5 anni;

          il Progetto lavoro sicuro della regione Toscana ha migliorato i livelli di sicurezza e impedito il pernottamento nei capannoni, ma non ha cambiato il modello produttivo del sistema illegale: si tratta di aziende di pronto moda committenti lavoro a laboratori di confezione che sfruttano il personale assunto con falsi part time, o completamente in nero persone che lavorano fino a 14 ore al giorno, 7 giorni settimanali, per 800-1000 euro mensili (2-3 euro/ora lavorata);

          dopo anni di pubbliche denunce senza esiti, i locali sindacati di settore Filctem-CGIL, Femca-CISL e Uiltec-Uil, insieme a Cna, Confartigianato e Confindustria, hanno costituito un tavolo, a tutela dei lavoratori sfruttati e delle imprese corrette, dove hanno condiviso analisi e proposte e, il 1° marzo 2017, hanno sottoscritto il protocollo «Per il lavoro dignitoso e il ripristino dello legalità nel sistema produttivo illegale pratese del tessile abbigliamento»;

          il protocollo identifica e denuncia un vero e proprio «sistema» produttivo illegale. Propone come, quando e dove controllare con maggiore efficacia, visto che sono poche decine, le aziende di tintoria e stamperia che alimentano con il tessuto le migliaia di confezioni. E richiede la sistematica applicazione della responsabilità solidale per i contributi non versati (decreto legislativo n. 276 del 2003, articolo 29) da parte della locale sede Inps nei confronti dei committenti che si servono delle aziende sfruttatrici. Tale previsione appare fortemente deterrente ma mai applicata dall'Inps nel tessile-abbigliamento pratese, malgrado le circolari, applicative, le ripetute richieste delle parti sociali e una chiara sentenza del tribunale di Prato. La norma è applicata invece con successo da altre sedi Inps, come nel distretto calzaturiero del Fermano-Maceratese, dove ha prodotto i risultati auspicati nel protocollo e un cospicuo, ed effettivo, recupero contributivo;

          nel frattempo il nuovo articolo 603-bis del codice penale ha inasprito le pene e allargato il reato di sfruttamento, previsto per il caporalato, anche all'utilizzatore di lavoratori sfruttati, declinando gli indici di sfruttamento: gli stessi subìti giornalmente a Prato da migliaia di lavoratori;

          dopo la firma del protocollo, la perfetta ha istituito un tavolo di confronto, nel quale vari soggetti controllori si sono resi disponibili a condividere i loro dati nella stessa piattaforma informatica, facendo emergere, dall'analisi preventiva, i soggetti da controllare. Nel mese di aprile 2018, alla presenza dei firmatari del protocollo, viene firmato il piano di intesa tra prefettura, tutti i comuni della provincia, Agenzia delle entrate, Agenzia delle dogane, Guardia di finanza, Inail e Ispettorato del lavoro. Tutti tranne l'Inps che sembrerebbe avesse fatto mancare la firma;

          ora i controlli sono più efficaci, individuano addirittura «ditte fantasma», o con altissime percentuali di lavoratori in nero, e portano all'immediata sospensione dell'attività produttiva, che però, in base alle vigenti norme, può tranquillamente ripartire il giorno dopo, con le stesse modalità;

          ne è esempio, tra settembre e ottobre 2018, una stireria che, già chiusa per lavoro nero e sfruttamento della manodopera clandestina – e subito riattivata grazie a una prestanome – viene richiusa dopo pochi giorni con l'arresto sia della ex titolare che della prestanome le quali, processate e liberate il giorno dopo, hanno riaperto l'attività per la terza volta;

          se invece l'Inps avesse contestato la responsabilità solidale al committente (cioè al proprietario effettivo delle maglie da stirare trovate in azienda), l'azienda sfruttatrice non avrebbe più ricevuto le commesse per riprendere l'attività dopo la chiusura. E se alla titolare fosse stato contestato lo sfruttamento lavorativo (date le pene previste) difficilmente avrebbe trovato una prestanome pronta a subentrarle e produrre illegalmente;

          è evidente che queste contestazioni, se sistematiche, metterebbero in crisi il sistema illegale, che sempre più spesso utilizza lavoratori richiedenti asilo che, regolari sul territorio, possono essere sfruttati in nero rischiando una semplice sanzione amministrativa che, onorata in parte, consente la immediata riattivazione dell'attività eventualmente sospesa;

          in sintesi, le leggi ci sono, ma a Prato non si applicano;

          a novembre 2018, le locali Filctem, Femca e Uiltec, Cna e Confartigianato, hanno scritto al Ministro del lavoro e delle politiche sociali esponendo la situazione e chiedendo il suo intervento, disponibili a fornire tutta la collaborazione e candidando Prato a laboratorio di sperimentazione per applicare le leggi con procedure più efficaci di contrasto allo sfruttamento e all'illegalità. Questo a tutela dei lavoratori e delle aziende del settore che operano correttamente e sono messe a rischio dal sistema illegale e dalla concorrenza sleale –:

          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza perché a Prato trovino finalmente effettiva applicazione la normativa sullo sfruttamento lavorativo e, da parte dell'Inps di Prato, quella sulla responsabilità solidale.
(2-00266) «Silli, Giacomelli, Mazzetti, Donzelli».

Interrogazione a risposta immediata:


      EPIFANI e FORNARO. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:

          il settore automobilistico guida il crollo della produzione industriale italiana che, a novembre 2018, è scesa del 2,6 per cento su base annua. Secondo i dati dell'Osservatorio sulla componentistica automotive italiana 2018, nei primi undici mesi del 2018 la produzione è stata inferiore del 5,1 per cento rispetto allo stesso periodo del 2017 e, solo a novembre 2018, ha toccato un -19 per cento su base annuale e -8,6 per cento rispetto a ottobre 2018;

          secondo i dati preliminari di Anfia, Associazione nazionale filiera industria automobilistica, a dicembre 2018 la produzione domestica di autovetture ammonta a circa 39.000 unità, in calo del 13 per cento rispetto a dicembre 2017. Gli ordinativi per il settore automotive risultano in calo del 13,6 per cento a novembre 2018 (risultato di una componente interna in calo del 18,7 per cento e di una componente estera in calo del 5,9 per cento). Il fatturato del settore automotive, infine, riporta un calo del 9,5 per cento a novembre 2018;

          Mike Manley, amministratore delegato di Fca, aveva annunciato un piano di investimenti da 5 miliardi di euro in Italia dal 2019 al 2021. Dopo l'introduzione del provvedimento bonus/malus sugli incentivi, che entrerà in vigore dal 1o marzo 2019, Manley ha fatto sapere che il piano verrà rivisto. La norma, penalizzando le auto più inquinanti e premiando chi compra una vettura elettrica o ibrida, per definizione danneggia Fca, che, per ora, non produce nessuna vettura «premiata» e che, invece, ha puntato in passato decisamente sulle vetture «premium», con elevate immissioni di anidride carbonica. Come si legge, infatti, nel documento «il Mestiere dell'auto. Il posizionamento competitivo del gruppo Fca» prodotto da Fiom-Cgil, «l'Italia è il Paese con la più alta presenza di auto con motori a carburante alternativo, gpl e metano, ma con la più bassa di auto elettriche»;

          tutto questo preoccupa molto i sindacati, che prevedono ulteriori posti di lavoro a rischio e che già sono in agitazione in diverse realtà, come, ad esempio, nell'impianto Blutec di Termini Imerese, dove sono in attesa della proroga della cassa integrazione per 564 lavoratori diretti e quella in deroga per altri 300 dell'indotto –:

          quali iniziative intenda assumere in materia di settore automobilistico per rilanciare la produzione anche al fine di salvaguardare i posti di lavoro.
(3-00513)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      DONZELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          nel quinquennio coincidente con la crisi economica la concorrenza tra diversi Contratti collettivi nazionali di lavoro nel medesimo settore, da massima espressione del principio di pluralismo sindacale, si è trasformata in una competizione al ribasso, dando luogo a fenomeni di dumping contrattuale che stanno assumendo la dimensione di una vera e propria piaga sociale. Si tratta del fenomeno dei cosiddetti contratti collettivi pirata;

          tecnicamente, come ha spiegato bene Arturo Maresca, si tratta di accordi «negoziati e poi firmati da sindacati minori, privi di una reale rappresentatività, e da compiacenti associazioni imprenditoriali, con la finalità, aperta e dichiarata, di costituire un'alternativa rispetto al contratto collettivo nazionale di lavoro, in modo tale da consentire al datore di lavoro di assumere formalmente la posizione giuridica – e, quindi, i conseguenti vantaggi – di chi applica un contratto collettivo"»;

          la diffusione dei «contratti pirata» è enormemente ampia;

          analogo ragionamento può essere svolto in relazione alla proliferazione dei fondi interprofessionali per la formazione continua. Essi sono autorizzati anche quando costituiti da associazioni datoriali e sindacali con diffusione minima, in virtù di una norma di legge (articolo 118 della legge n. 388 del 2000) che utilizza quale criterio di selezione delle organizzazioni datoriali e sindacali intitolate a costituire i fondi interprofessionali il criterio della maggiore rappresentatività fondi dei dipendenti;

          il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con nota del 24 marzo 2015, ha operato una ricognizione in merito alla problematica dei cosiddetti contratti pirata e del concetto normativo di «maggiore rappresentatività comparata»;

          il Ministero, pur rammentando il principio di libertà sindacale, di cui all'articolo 39 della Costituzione, ha altresì precisato la non applicazione generalizzata, da parte del datore di lavoro, dei cosiddetti contratti pirata, che sono contratti collettivi «di comodo» più favorevoli alle aziende sul piano retributivo e normativo rispetto a contratti dello stesso settore stipulati dalle organizzazioni più rappresentative;

          attualmente, i criteri per stabilire la rappresentatività degli attori negoziali possono essere ricavati dal testo unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014 –:

          quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di evitare ai lavoratori di subire contratti collettivi non rappresentativi, con retribuzioni e contribuzioni più basse.
(5-01450)


      TRIPIEDI, PALLINI, COSTANZO, OLGIATI, TUCCI, SABRINA DE CARLO, DAVIDE AIELLO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, PERCONTI, CIPRINI, VILLANI, DE LORENZIS, ZOLEZZI, SPORTIELLO, DI STASIO, INVIDIA, CARBONARO, AMITRANO, TUZI e BILOTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          Peg Perego è una azienda italiana fondata ad Arcore nel 1949 con sedi in Italia ad Arcore (Milano) e San Donà di Piave (Venezia), a Limeira in Brasile, a Fort Wayne negli Stati Uniti d'America, a Targu Mures in Romania e a Toronto in Canada. Produce articoli per l'infanzia tra cui passeggini, seggiolini auto, seggioloni e giocattoli;

          a inizio gennaio 2019, l'azienda ha comunicato ai sindacati di poter decidere di licenziare 110 dei circa 440 dipendenti del sito di Arcore e 50 dei circa 200 dipendenti di San Donà di Piave a causa della crisi economica che sta attraversando la Peg Perego. Alla base della crisi, c'è anche la mancanza di un piano industriale di rilancio con investimenti nel marketing, ricerca sui prodotti e sull’e-commerce, tutte misure programmate solo ora dall'azienda nella speranza di un suo rilancio futuro;

          Peg Perego ha fatturato 118 milioni di euro nel 2016 e 116.835.035 nel 2017, ma per ammissione del direttore del personale, Filippo Magni, il 2018 è stato l'anno peggiore di sempre per l'azienda anche a causa del calo delle vendite del 25 per cento a livello mondiale, e il 2019 non si prospetta migliore;

          i lavoratori degli stabilimenti italiani sono in contratto di solidarietà, introdotto dall'azienda nel 2013, con scadenza ad inizio aprile 2019;

          Filippo Magni ha dichiarato che il rinnovo dei contratti di solidarietà non rappresenta la soluzione migliore per l'azienda;

          l'azienda si è mostrata da subito disponibile al dialogo con i sindacati per trovare una soluzione alternativa a quella prospettata dei licenziamenti e al fine di portare avanti un percorso condiviso senza tensioni;

          l'obiettivo dei sindacati è di evitare tagli di posti di lavoro. Tra le alternative proposte, c'è quella di provare a convincere l'azienda a concedere la cassa integrazione straordinaria e la «Naspi» per chi è prossimo alla pensione;

          il 12 febbraio 2019 è stato fissato un primo incontro tra le parti con l'intento di capire, per entrambe le parti, come affrontare le diverse problematiche ed evitare eventuali licenziamenti –:

          se il Governo non intenda promuovere, qualora ciò non sia già avvenuto, un tavolo nazionale di confronto con i proprietari della sopraindicata azienda Peg Perego, le rappresentanze sindacali e le rappresentanze sindacali unitarie interessate, al fine di garantire la continuità aziendale e produttiva e il mantenimento dei livelli occupazionali e, nel caso ciò non fosse possibile, prevedere degli adeguati ammortizzatori sociali.
(5-01451)

Interrogazione a risposta scritta:


      NOBILI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          il Ministro interrogato ha scelto il professore Mimmo Parisi per guidare l'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal) e seguire la riforma dei centri per l'impiego;

          Mimmo Parisi, classe 1966, originario di Ostuni, professore di demografia e statistica all'Università statale del Mississippi (Stati Uniti), è famoso per aver realizzato una «App» che, utilizzando i big data, incrocia domanda e offerta di lavoro nello Stato del Mississippi;

          risulta chiaro, dunque, che il suddetto Mimmo Parisi non sia solo un professore universitario, ma anche un imprenditore nel business dei software per il matching tra domanda e offerta di lavoro;

          invero, ai sensi della legge n. 215 del 2014 il conflitto di interessi indica una condizione in cui un soggetto al quale viene affidata una forte responsabilità decisionale è al tempo stesso titolare di interessi, siano essi di natura personale o professionale, che rischiano di compromettere l'imparzialità che invece lo stesso è tenuto a garantire;

          pertanto, si ritiene che potrebbe configurarsi un caso di conflitto d'interessi nel caso in cui l'Anpal presieduta da Parisi comprasse il software prodotto dallo stesso Parisi. Va considerato che: La Valentz Inc. è una società fondata il 18 maggio 2018 dallo stesso Parisi e amministrata dalla moglie del professore, Michelle Parisi, a sua volta VP of finance and administration della società Camgian che si occupa dello sviluppo di piattaforme end-to-end finalizzate, tra le altre cose, all'analisi dei big data;

          inoltre va considerato che Parisi ha dichiarato di esser stato «considerato da Trump come possibile sottosegretario al Lavoro» –:

          se sia prevista una gara pubblica per decidere quale sarà la «App» che useranno i navigator per incrociare domanda e offerta di lavoro e, in caso negativo, se abbia considerato il rischio di esporre il Governo a un caso di conflitto d'interessi nel caso in cui l'Anpal presieduta da Parisi comprasse il software prodotto dallo stesso Parisi;

          se il Ministro interrogato intenda fare chiarezza circa il ruolo che ricoprirà la Valentz Inc. e, da ultimo, se abbia chiesto al professor Parisi se e che tipo di consulenze svolga oggi per l'amministrazione Trump o per altri soggetti politici americani.
(4-02236)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      GALLINELLA, DEL SESTO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, il 10 gennaio 2019, ha deliberato di formulare alcune osservazioni in merito alla disciplina dei canoni delle concessioni demaniali marittime per le attività di pesca e acquacoltura, così come previsti, per le società cooperative e loro consorzi, dal decreto ministeriale n. 595 del 15 novembre 1995 e, per le imprese non costituite in forma cooperativa, dal decreto ministeriale del 19 luglio 1989;

          la disciplina in questione prevede oggi un regime di canoni i cui importi appaiono notevolmente differenziati in relazione alla natura giuridica del soggetto titolare di concessione, cioè a seconda che sia stata adottata la forma di cooperativa o di altra forma di impresa, a fronte della medesima attività svolta, costituita dalla pesca e dall'acquacoltura;

          con riguardo alle imprese in forma di cooperativa la disciplina è rinvenibile all'articolo 48, comma 1, lettera e), del regio decreto 8 ottobre 1931, n. 1604, tuttora in vigore. Il decreto legislativo n. 154 del 2004 ha invece escluso, per le società non cooperative, l'applicazione del canone meramente ricognitorio per le concessioni a uso acquacoltura;

          l'Autorità è già intervenuta sul tema con una segnalazione nel 2008, evidenziando la sperequazione di costi ingiustificata esistente per l'utilizzazione del demanio marittimo, a fronte della stessa attività svolta (pesca ed acquacoltura), a seconda che sia stata adottata la forma di cooperativa o di altra forma di impresa. Evidenziava altresì, a conferma di ciò, l'omogeneizzazione dei canoni operata in alcune realtà regionali;

          alcune regioni (il Friuli Venezia Giulia con legge regionale n. 22 del 2010, le Marche con legge regionale n. 16 del 2015 e la Sardegna con legge regionale n. 9 del 2018) hanno infatti temporaneamente «congelato» la questione, vista l'enormità dei canoni richiesti a imprese diverse da quelle cooperative, provvedendo all'equiparazione dei canoni dovuti sia dalle cooperative che dalle imprese non costituite in forma di cooperativa;

          la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha ripetutamente chiesto al Governo, nel 2012 e nel 2015, un intervento volto a parificare gli importi dei suddetti canoni;

          lo stesso Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali pro tempore, in risposta a un'interrogazione parlamentare del 2012, rappresentava di aver proposto e sostenuto l'introduzione nei provvedimenti in materia di una norma volta a ricondurre i suddetti canoni alla misura ricognitoria anche per le imprese non cooperative;

          risulta che alcune decisioni del giudice amministrativo hanno accolto i ricorsi presentati da società concessionarie non cooperative avverso gli ordini di pagamento di importi dovuti a titolo di conguaglio del canone;

          nella recente presa di posizione, l'Autorità ha ribadito che la normativa in questione, nell'individuare canoni concessori notevolmente differenziati in ragione della sola natura giuridica del concessionario, è idonea a determinare distorsioni concorrenziali, non giustificate da esigenze generali e comunque non proporzionate rispetto ad esse, tra operatori che svolgono le medesime attività di pesca e acquacoltura. Ha auspicato un intervento del legislatore;

          la questione, di indubbio interesse per il settore, è stata da ultimo sollevata durante un'audizione in Commissione agricoltura della Camera da parte degli operatori dell'acquacoltura, in data 6 febbraio 2019;

          se il Governo sia a conoscenza delle esposte circostanze;

          se il Governo ritenga di adottare, con l'urgenza evidenziata dall'Autorità, iniziative normative atte a eliminare la denunciata disparità, a tutela della concorrenza e della parità di trattamento tra operatori del settore della pesca e dell'acquacoltura, nell'ottica di non penalizzare un intero comparto produttivo con l'imposizione di canoni elevatissimi.
(5-01448)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

          nella città di Caserta e nella sua provincia opera un consorzio di cooperative denominato Ati (composto dalle cooperative Quadrifoglio, Pellicano e Aido) che impiega gli operatori socio sanitari (Oss) distribuendoli nelle strutture sanitarie della provincia;

          sono 170 unità, gli operatori socio sanitari, inquadrati dal consorzio ATI ed attualmente impiegati presso le strutture ospedaliere di Maddaloni, San Felice a Cancello, Marcianise, Piedimonte Matese, Sessa Aurunca, Santa Maria Capua Vetere, presso il SPDC (servizio psichiatrico diagnosi cura) dell'ospedale di Caserta, presso il coordinamento farmaceutico dell'ex ASL CE1, presso la farmacia del poliambulatorio di Caiazzo distretto 15;

          gli operatori socio-sanitari esplicano mansioni assistenziali in ambiti sanitari complessi quali: la degenza ospedaliera, della radiologia, di pronto soccorso e della salute mentale;

          il rapporto di lavoro dei 170 lavoratori Oss viene regolamentato attraverso il rinnovo periodico del contratto di lavoro tra il Consorzio ATI e l'Asl di Caserta, che è il committente e tale rinnovo contrattuale avviene dal 2005, come si apprende da notizie stampa pubblicate dal giornale Il Mattino il 31 gennaio 2019;

          la programmazione dell'attività dell'azienda, la definizione degli obiettivi e la verifica della disponibilità finanziaria, anche derivante da vincoli nazionali e regionali, costituiscono atti prodromici posti alla base del piano triennale dei fabbisogni delle aziende e degli enti del servizio sanitario nazionale. I predetti piani triennali, compatibilmente con la cornice finanziaria prevista per il servizio sanitario nazionale, devono essere redatti nel rispetto della legislazione vigente e sono approvati dalle rispettive regioni di appartenenza, secondo quanto previsto dalla disciplina regionale in materia e tenuto conto della riorganizzazione della rete ospedaliera effettuata ai sensi del decreto ministeriale n. 70 del 2 aprile 2015;

          i piani triennali, inoltre, devono essere predisposti in coerenza con i rispettivi atti aziendali, di cui all'articolo 3, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, ferma restando la specifica disciplina prevista per le regioni in piano di rientro dal deficit sanitario ai sensi della quale detti fabbisogni devono essere verificati dal Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei Lea (livelli essenziali di assistenza), nonché dal Tavolo per il monitoraggio dell'attuazione del regolamento di cui al decreto del Ministro della salute del 2 aprile 2015, n. 70 –:

          se, anche alla luce dei dati in possesso del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, il fabbisogno del personale, con specifico riferimento all'operatore socio sanitario (Oss), nell'ambito delle strutture ospedaliere e sanitarie della regione Campania, sia da ritenersi congruo sulla base della normativa vigente, richiamata in premessa;

          se nelle strutture ospedaliere e sanitarie, sopra menzionate dell'Asl di Caserta, il personale sia sufficiente a garantire ai cittadini la piena erogazione dei livelli essenziali di assistenza;

          se non ritenga, nell'ambito delle proprie competenze, di adottare iniziative per porre rimedio ad una situazione di precarietà, che si protrae da oltre 13 anni, per i 170 lavoratori Oss della provincia di Caserta.
(2-00267) «Sportiello, D'Arrando, Massimo Enrico Baroni, Bologna, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Trizzino, Troiano, Leda Volpi, Battelli, Bella, Berardini, Berti, Bilotti, Brescia, Bruno, Buompane, Businarolo, Cabras, Cadeddu, Cancelleri, Luciano Cantone, Cappellani, Carabetta».

SUD

Interrogazioni a risposta immediata:


      DONNO, ALEMANNO, ADELIZZI, ANGIOLA, TRIZZINO, BUOMPANE, RADUZZI, D'INCÀ, FARO, FLATI, GUBITOSA, GABRIELE LORENZONI, LOVECCHIO, MANZO, MISITI, SODANO e ZENNARO. – Al Ministro per il sud. – Per sapere – premesso che:

          il decreto-legge n. 91 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 123 del 2017, ha istituito agli articoli 4 e 5 le zone economiche speciali e la legge di bilancio per il 2018 ha istituito le zone logistiche semplificate;

          il citato decreto-legge è stato recentemente oggetto di modifiche nel provvedimento sulle semplificazioni, un intervento normativo che va ad incidere ulteriormente sulle speciali condizioni per gli investimenti e per lo sviluppo nelle zone economiche speciali e nelle zone logistiche semplificate;

          con tale modifica normativa, il Governo ha riconosciuto la strategicità di rendere davvero operative le zone economiche speciali e le zone logistiche semplificate, attuando in concreto la semplificazione burocratica per queste zone;

          in particolare, si è deciso di procedere in questo modo, al fine di rendere immediatamente operativa la misura, con l'accelerazione dell'individuazione di misure di semplificazioni nelle aree delle zone economiche speciali e delle zone logistiche semplificate, che, fino ad oggi, non hanno trovato applicazione a causa della previsione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che, sicuramente, non rappresentava lo strumento normativo più efficace ma, grazie a questa proposta, si è previsto un nuovo meccanismo di accelerazione per garantire l'accesso agli interventi di urbanizzazione primaria alle imprese insediate nelle aree interessate;

          oltre alle zone economiche speciali, ci sono altri interventi che possono sostenere la ripresa del Sud: la ricognizione delle risorse allocate sul Fondo di sviluppo e coesione, il monitoraggio continuo e la verifica sulla coerenza nell'uso dei fondi strutturali europei, nonché i contratti istituzionali di sviluppo, uno strumento che consente di realizzare investimenti, con la totale partecipazione e l'assunzione di responsabilità dei territori interessati, con l'obiettivo di dare certezza sull'avvio e la conclusione delle opere –:

          quali iniziative il Governo intenda adottare per sostenere la ripresa, l'attrazione di investimenti produttivi, la creazione di occupazione e il recupero di competitività dei territori del Sud del Paese.
(3-00515)


      LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. – Al Ministro per il sud. – Per sapere – premesso che:

          dal convegno «Rapporto Sud – Emergenze e opportunità per far ripartire il Mezzogiorno», tenutosi il 27 settembre 2018 a Reggio Calabria, sono emersi dati preoccupanti;

          negli ultimi 10 anni, l'area del Mezzogiorno, che copre il 40 per cento dell'intero territorio italiano e in cui vive il 35 per cento della popolazione, ha visto ridursi progressivamente la capacità di spesa e di investimento, sempre più debole rispetto a quella del Centro-Nord;

          secondo i dati Eurostat del 2016, infatti, la rete autostradale del Mezzogiorno si estende per 2.149 chilometri e rappresenta circa il 31 per cento di quella nazionale. Una dimensione che, posta in rapporto alla superficie territoriale, appare sensibilmente inferiore a quella necessaria;

          analoga è la situazione ferroviaria: «l'Italia nel 2016 dispone – secondo i dati Eurostat – di 16.788 chilometri di rete ferroviaria, distribuita per 7.533 chilometri nel Nord, 3.457 nel Centro ed i restanti 5.730 nel Mezzogiorno»;

          la chiave di volta per poter ribaltare il divario tra Nord e Sud risiede nella competitività, da realizzarsi attraverso una progettazione integrata e in grado di valorizzare le risorse di cui il territorio è ricco e, in questa ottica di integrazione e di sviluppo economico, sono le infrastrutture a presentare il fondamento per lo sviluppo;

          la Ministra interrogata, in recenti dichiarazioni, ha sottolineato la necessità di superare e «disincagliare» il Mezzogiorno da una condizione di affanno strutturale;

          la stessa Ministra aveva promesso misure specifiche per il Sud e, in particolare, ha sostenuto che «per quanto attiene alle mie specifiche competenze dirette, il caposaldo resta l'introduzione del 34 per cento degli investimenti ordinari da destinare al Sud», atteso che, attualmente, la percentuale di stanziamenti ordinari in conto capitale non supera il 29 per cento;

          la misura che lega gli investimenti alla popolazione di riferimento (criterio che porta la quota per il Mezzogiorno al 34 per cento) era stata già prevista con la legge di bilancio per il 2017 ma «non attuata»;

          ad oggi nulla di tutto questo è stato realizzato: appare indispensabile ed urgente disegnare nuove e più efficaci azioni che consentano al Mezzogiorno di intraprendere un percorso di sviluppo, autonomo e responsabile, in grado di valorizzare i tanti elementi positivi comunque presenti in questi territori –:

          quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare per consentire un adeguato sviluppo infrastrutturale al Sud, destinando quindi alle regioni meridionali il 50 per cento delle risorse destinate agli investimenti pubblici nazionali in luogo del 34 per cento attualmente previsto.
(3-00516)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      VISCOMI. — Al Ministro per il sud, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          secondo quanto si apprende da fonti di stampa, non smentite, la Bper banca sta adottando, in Calabria, un piano di riorganizzazione delle proprie filiali ed agenzie;

          fra gli effetti di tale piano deve segnalarsi la prevista chiusura dell'agenzia presente nel comune di Fabrizia, in provincia di Vibo Valentia, territorio ricadente in un'area interna in particolari condizioni di disagio per quanto riguarda la mobilità e i collegamenti con gli altri centri;

          la paventata chiusura della filiale e tale da creare seri e gravosi disagi alla popolazione locale e alle attività economiche del territorio come più volte e reiteratamente denunciato anche da un comitato spontaneo di cittadini;

          la predetta paventata chiusura crea, di fatto, una condizione di emergenza sociale che può ragionevolmente essere considerata non meno grave di una emergenza occupazionale, e quindi, al pari di questa, meritevole di un'azione proattiva e sinergica da parte delle autorità pubbliche, ai vari livelli della filiera istituzionale;

          tale azione proattiva non può che essere orientata ad assicurare condizioni minime per lo svolgimento delle attività economiche e a scongiurare il rischio concreto di prevedibili e comprensibili effetti di spopolamento;

          a tal fine, parrebbe quanto meno opportuno promuovere l'istituzione, da parte delle competenti autorità governative, anche tramite la locale prefettura, di un tavolo di confronto al fine di verificare con la direzione aziendale della predetta banca, nonché con le autorità pubbliche locali, l'esistenza e la fattibilità di soluzioni alternative in grado di ridurre o almeno contenere contenere l'impatto sociale della decisione aziendale –:

          se sia intendimento dei Ministri interrogati intervenire con una specifica azione proattiva, al fine di mitigare e comunque governare le conseguenze socialmente rilevanti delle scelte aziendali, quali quelle della citata Bper Banca, consistenti di fatto nella delocalizzazione delle attività di produzione di beni e servizi all'interno del territorio nazionale, con conseguenze penalizzanti per le aree più deboli del Mezzogiorno;

          se sia intendimento dei Ministri interrogati attivare un tavolo di confronto – anche tramite la competente prefettura e la partecipazione delle autorità pubbliche locali nonché del comitato civico spontaneo che raccoglie la protesta dei cittadini di Fabrizia – al fine di verificare l'esistenza e la fattibilità di soluzioni alternative in grado di contenere l'impatto socialmente rilevante, sia sulle attività economiche sia sulla quotidianità personale, della paventata chiusura dell'agenzia della Bper banca di Fabrizia.
(5-01447)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta immediata:


      MORETTO, BENAMATI, BONOMO, GAVINO MANCA, MOR, NARDI, NOJA, ZARDINI, MARTINA, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI e FIANO. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:

          quelle che appaiono agli interroganti le sconsiderate affermazioni del Ministro interrogato di un imminente boom economico sono state smentite dall'Istat che, per la prima volta dal 2014, certifica una «recessione tecnica»: nel quarto trimestre 2018, il prodotto interno lordo italiano ha segnato la seconda variazione congiunturale negativa consecutiva;

          in un quadro di marcato peggioramento dell'indice di fiducia delle imprese, che prospetta serie difficoltà di tenuta dei livelli di attività economica, particolarmente colpito è il settore industriale che, sempre secondo l'Istat, nel dicembre 2018 ha ridotto la produzione del 5,5 per cento rispetto al dicembre 2017;

          questi dati mostrano che, come sempre denunciato dal Partito democratico, i principali provvedimenti del Governo sono inutili, ove non dannosi: a partire dal cosiddetto «decreto dignità» che, invece di creare lavoro stabile, sta aumentando precarietà e licenziamenti e risulta inefficace nel contrasto delle delocalizzazioni, per proseguire con la legge di bilancio per il 2019 che ha svuotato le misure di Industria 4.0, aumentato di oltre sei miliardi di euro la tassazione sulle imprese e ridotto di un miliardo di euro gli investimenti pubblici, introdotto l'ecotassa sulle auto che sta determinando effetti negativi sulle decisioni di investimento delle imprese e di acquisto da parte dei consumatori;

          a gennaio 2019 risulterebbero 138 tavoli di crisi aperti presso il Ministero dello sviluppo economico, con circa 210 mila lavoratori coinvolti e situazioni di difficoltà che ormai caratterizzano tutti i settori e interessano l'intero territorio da Nord a Sud, sui quali il Governo sta dimostrando la sua assoluta inadeguatezza;

          emblematica la gestione della crisi riguardante la Pernigotti, perfetta sintesi dello scarto tra le promesse, con relativi slogan e tweet, e i risultati ottenuti nell'azione del Governo: nonostante i cioccolatini mangiati con i lavoratori a Novi Ligure, la vicenda si è tristemente conclusa con la cassa integrazione per 92 dipendenti dell'azienda e l'ipotesi di spostare la produzione in Turchia;

          per la prima volta da anni, sabato scorso gli imprenditori del settore industriale hanno partecipato alla manifestazione unitaria dei sindacati condividendo la stessa preoccupazione per le scelte del Governo –:

          se intenda intraprendere azioni concrete per raggiungere tali obiettivi, quali il pieno rifinanziamento di Industria 4.0 richiesto a gran voce dal mondo imprenditoriale, abbandonando la propaganda e iniziando a fornire al Paese credibili risposte di politica economica e industriale per invertire le tendenze economiche in atto.
(3-00514)

Interrogazione a risposta scritta:


      GALLINELLA, DEL SESTO e PARENTELA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          il 24 gennaio 2019 la Commissione europea ha inviato una lettera di costituzione in mora all'Italia, relativamente alla corretta applicazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica;

          la direttiva in parola stabilisce un quadro comune in misure per la promozione dell'efficienza energetica nell'Unione europea, al fine di garantire il conseguimento dell'obiettivo dell'Unione relativo all'efficienza energetica del 20 per cento entro il 2020, e di gettare le basi per ulteriori miglioramenti dell'efficienza energetica al di là di tale data;

          la comunicazione dell'Unione europea che è stata contestualmente inviata anche a Belgio, Bulgaria, Repubblica Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Grecia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Polonia e Portogallo, prevede che a questo punto, i Paesi abbiano due mesi di tempo per replicare alle argomentazioni della Commissione; in caso di mancato invio, scatterà il parere motivato alle rispettive autorità che potrebbe portare all'apertura della procedura di infrazione;

          a norma della direttiva, tutti i Paesi dell'Unione europea sono tenuti a utilizzare l'energia in modo più efficiente in tutte le fasi della catena energetica, dalla produzione al consumo finale, ed evidentemente l'Italia risulta ancora molto lontana dall'obiettivo –:

          in base a quanto esposto in premessa, come si intenda rispondere alla lettera della Commissione europea e quali siano le iniziative in materia di efficienza energetica avviate o in fase di avvio da parte del Governo.
(4-02230)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Romaniello n. 4-02197, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Barzotti.

      L'interrogazione a risposta scritta Delmastro Delle Vedove n. 4-02210, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 febbraio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Maschio.

Pubblicazione di un testo
ulteriormente riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta scritta Gabriele Lorenzoni n. 4-02165, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 120 del 5 febbraio 2019.

      GABRIELE LORENZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:

          non esiste collegamento ferroviario diretto tra Roma e i capoluoghi di provincia Rieti e Ascoli Piceno e l'unica strada tra la Capitale e le due città che attraversa l'area del cratere sismico venutosi a creare con il terremoto del 2016, funzionando da collegamento naturale tra Roma e la costa adriatica, è una consolare a due corsie, una per senso di marcia;

          l'area dei Monti Reatini è interessata da un processo di spopolamento che ha determinato una riduzione della popolazione del 31,8 per cento tra il 1971 e il 2011, prima degli eventi sismici e dell’austerity economica;

          i dati dell'Istat certificano un calo delle presenze turistiche nella provincia reatina dal 2014 al 2017, pari al 25 per cento, terzultima provincia nonostante il potenziale turistico e la vicinanza con Roma;

          il Reatino e la Val Vibrata – Valle del Tronto – Piceno rientrano nelle «aree di crisi industriale complessa» riconosciute dal Ministero dello sviluppo economico e la provincia di Rieti è una delle prime in Italia per pendolarismo extra-provinciale;

          la ripresa economica, lo sviluppo del turismo e il contrasto allo spopolamento delle aree colpite dal sisma del 2016 sono strettamente connessi ad adeguamenti infrastrutturali ineludibili;

          la tratta «Passo Corese-Rieti» è un'infrastruttura strategica presente nella «legge obiettivo» n. 443 del 2001 e compresa nell'ambito dei «Corridoi trasversali e dorsale appenninica» alla voce «sistemi ferroviari» con delibera del Cipe n. 121 del 2001;

          risulta approvato il progetto che prevede la realizzazione di una nuova linea per il collegamento diretto tra Roma e Rieti, a semplice binario elettrificato lungo 49 chilometri dalla stazione di Fara Sabina alla stazione di Rieti della linea Terni-Sulmona, quest'ultima oggetto nel prossimo periodo di lavori di elettrificazione di discutibile utilità, in considerazione della messa in esercizio di nuovi treni bimodali, che non necessitano di alimentazione elettrica, prevista nel 2021 come da contratto di servizio tra Trenitalia e regione Lazio;

          nel 2002 nell'intesa generale quadro tra Governo e regione Lazio, l'opera è compresa tra le «infrastrutture di preminente interesse nazionale»;

          il Cipe, con delibera n. 124 del 2003, prende atto dei pareri favorevoli con prescrizioni espressi sia dalla regione Lazio che dal Mibact approvando il progetto preliminare;

          il Cipe approva il progetto definitivo del primo stralcio funzionale con delibera n. 105 del 2006;

          la «Nuova linea Passo Corese-Rieti» è inserita nel contratto di programma RFI 2007-2011 con un costo di 792 milioni di euro e una disponibilità di 90 milioni di euro;

          Rfi, con aggiornamento al contratto di programma 2007-2011, propone lo spostamento temporaneo di tali risorse sul «Quadruplicamento della tratta Rho-Parabiago», confermata con delibera del Cipe n. 33 del 2010;

          la linea «Passo Corese-Rieti» è presente nel contratto di programma 2017- 2021 dopo l'annuncio del «progetto certo nella sua realizzazione» dato in conferenza stampa a Rieti il 17 ottobre 2017 in presenza del Ministro pro tempore Delrio, del presidente della regione Lazio Zingaretti, del presidente della regione Marche Ceriscioli e dell'amministratore delegato di Rfi Gentile, finanziata per 4 milioni di euro sui 792 previsti, mentre il finanziamento dei restanti è previsto successivamente all'anno 2026;

          l'ordine del giorno 9/01334-B/089, accolto il 30 dicembre 2018, impegna il Governo a procedere con lo studio di fattibilità per la realizzazione di una linea ferroviaria che colleghi Ascoli Piceno con Roma, utilizzando i tratti ferroviari esistenti in territorio reatino e romano –:

          quali iniziative il Governo intenda assumere per anticipare la realizzazione della tratta Passo Corese-Rieti, prerequisito per il collegamento con Ascoli Piceno, facilitando così il traffico pendolare e lo sviluppo turistico e contrastando lo spopolamento in atto, recuperando 90 milioni distolti «temporaneamente» con delibera del Cipe 33/2010 eventualmente posticipando l'elettrificazione della Terni-Sulmona;

          quali iniziative intenda assumere per realizzare lo studio di fattibilità per la tratta Antrodoco-Amatrice-Ascoli Piceno e la progettazione di questa infrastruttura come volano per lo sviluppo economico per le aree interne colpite dal sisma del 2016;

          quali iniziative intenda intraprendere per utilizzare i fondi europei destinati alle infrastrutture degli Stati membri in relazione alla tratta Passo Corese-Rieti di cui alla «legge obiettivo» e al proseguimento verso Ascoli Piceno.
(4-02165)

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

          interpellanza Zolezzi n. 2-00245 del 28 gennaio 2019;

          interrogazione a risposta scritta Magi n. 4-02206 del 7 febbraio 2019.