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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVIII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 11 luglio 2018

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sarti Giulia , Presidente ... 2 

Audizione del Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, sulle linee programmatiche del suo dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Sarti Giulia , Presidente ... 2 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 2 
Sarti Giulia , Presidente ... 11 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 11 
Sarti Giulia , Presidente ... 11 
Perantoni Mario (M5S)  ... 11 
Cantalamessa Gianluca (LEGA)  ... 12 
Sarti Giulia , Presidente ... 12 
Costa Enrico (FI)  ... 12 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 13 
Zanettin Pierantonio (FI)  ... 13 
Ferraioli Marzia (FI)  ... 13 
Sarti Giulia , Presidente ... 14 
Ferraioli Marzia (FI)  ... 14 
Sarti Giulia , Presidente ... 14 
Ferraioli Marzia (FI)  ... 14 
Sarti Giulia , Presidente ... 14 
Ferraioli Marzia (FI)  ... 14 
Sarti Giulia , Presidente ... 14 
Ferraioli Marzia (FI)  ... 14 
Bartolozzi Giusi (FI)  ... 14 
Ruffino Daniela (FI)  ... 14 
Pittalis Pietro (FI)  ... 15 
Sarti Giulia , Presidente ... 15 
Pittalis Pietro (FI)  ... 15 
Sarti Giulia , Presidente ... 15 
Pittalis Pietro (FI)  ... 15 
Sarti Giulia , Presidente ... 15 
Pittalis Pietro (FI)  ... 15 
Sarti Giulia , Presidente ... 15 
Ermini David (PD)  ... 16 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 16 
Ermini David (PD)  ... 16 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 16 
Ermini David (PD)  ... 16 
Annibali Lucia (PD)  ... 17 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 17 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 18 
Maschio Ciro (FDI)  ... 18 
Conte Federico (LeU)  ... 20 
Sarti Giulia , Presidente ... 21 
Conte Federico (LeU)  ... 21 
Vitiello Catello (Misto-MAIE)  ... 21 
Sarti Giulia , Presidente ... 23 
Miceli Carmelo (PD)  ... 23 
Sarti Giulia , Presidente ... 23 
Miceli Carmelo (PD)  ... 23 
Sarti Giulia , Presidente ... 23 
Miceli Carmelo (PD)  ... 24 
Sarti Giulia , Presidente ... 24 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 24 
Ermini David (PD)  ... 26 
Sarti Giulia , Presidente ... 26 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 26 
Sarti Giulia , Presidente ... 27 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 27 
Sarti Giulia , Presidente ... 28 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 28 
Sarti Giulia , Presidente ... 28

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia: Misto-NcI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
GIULIA SARTI

  La seduta comincia alle 14.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Ministro della giustizia, onorevole Alfonso Bonafede, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
  Ringrazio il Ministro Bonafede di essere presente qui oggi per un passaggio rituale di inizio legislatura, ma al contempo anche un passaggio essenziale, ossia l'audizione sulle linee programmatiche.
  Al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori della Commissione, avverto che, secondo quanto convenuto in sede di Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi nella giornata di ieri, dopo l'intervento del ministro ciascun gruppo interverrà per dieci minuti. Ciascun gruppo potrà dividere il tempo a propria disposizione tra più oratori. Invito, quindi, i rappresentanti dei gruppi a far pervenire al banco della presidenza, durante lo svolgimento della relazione da parte del ministro, i nominativi dei componenti del proprio gruppo designati a intervenire. Penso siano già stati forniti, quindi faccio i complimenti a tutti i rappresentanti dei gruppi per aver già ottemperato.
  Cedo ora la parola al Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, per lo svolgimento della sua relazione.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Grazie e buonasera a tutti. Innanzitutto concedetemi davvero una parentesi personale di un minuto. È per me un'emozione incredibile essere, nelle vesti di Ministro della giustizia, in questa Commissione, dove ho avuto l'onore di sedere per cinque anni, e dove ho avuto la possibilità di emozionarmi, di arrabbiarmi e di portare avanti battaglie, a volte anche con risultati importanti. Sento che questa Commissione ha sempre qualcosa di speciale, non solo da un punto di vista personale, ma anche da un punto di vista istituzionale. Mi piace salutare tutto il personale che lavora in questa Commissione, perché ho avuto modo di apprezzarne il livello di altissima professionalità. Ringrazio la presidente Sarti e vi ringrazio tutti per essere qui ad ascoltare questa relazione.
  Prima ancora di addentrarmi nel merito delle linee programmatiche che sono chiamato oggi a esporvi, lasciatemi esprimere un sincero ringraziamento per il lavoro che state svolgendo e svolgerete in questa legislatura, che tutti noi auspichiamo essere ispirata a una leale collaborazione interistituzionale, nel rispetto delle relative attribuzioni e competenze, e contraddistinta da una proficua dialettica tra le varie forze politiche rappresentate in queste Commissioni e nel plenum dell'Assemblea.
  La centralità dell'istituzione parlamentare per l'elaborazione e la definizione degli interventi legislativi finalizzati al miglioramento complessivo del servizio giustizia sarà uno dei capisaldi sostanziali del mio Pag. 3operato di Ministro della giustizia. Solo da un costante ascolto reciproco e da un dialogo approfondito e costruttivo potranno emergere spunti, proposte e correttivi tali da assicurare l'individuazione delle varie criticità e l'approntamento delle adeguate risposte.
  Ascolto, confronto, collaborazione: questo è l'approccio metodologico che ritengo essere di maggiore utilità e che intendo perseguire, non solo nei confronti del ruolo cruciale svolto dal Parlamento, ma anche nei riguardi di tutti i soggetti in vario modo e a vario e diverso titolo coinvolti nel servizio giustizia, dagli operatori della giurisdizione alle associazioni e ai comitati di cittadini. In tal senso, ho già avviato un percorso di incontri con diversi rappresentanti delle categorie interessate e con gli operatori dell'amministrazione della giustizia.
  Come è noto, il contratto del governo del cambiamento lancia uno sguardo complessivo sul sistema giustizia, con una prospettiva che abbraccia un periodo ampio, cadenzato da una serie di innovazioni e di riforme, la cui iniziativa sia equamente suddivisa tra Esecutivo e Parlamento.
  In questo primo mese di incarico, ho dovuto quotidianamente fare i conti con il lavoro impostato dal mio predecessore, un'eredità che non si esaurisce, a onor del vero, nel prendere atto di un'indispensabile continuità burocratica propria della pubblica amministrazione, ma si estrinseca nella scelta politica di come attuare alcune riforme, spesso approvate in extremis, che hanno coinvolto, senza condizionarlo, una buona parte del mio impegno.
  Tutti sapete a quali riforme più o meno strutturali faccio riferimento, interventi pensati da altri, distanti dalle idee che hanno ispirato il programma del governo del cambiamento, e che, tuttavia, ho scelto di non respingere pregiudizialmente, preferendo la più faticosa strada di un approccio pragmatico, legato ai temi, cercando di immaginare, dove possibile, soluzioni utili per i cittadini e per la giustizia italiana.
  In questo senso, ritengo di aver tracciato una discontinuità nel metodo. È da qui che intendo partire con determinazione per proporre una altrettanto decisa discontinuità nei contenuti che caratterizzeranno nell'immediato i prossimi mesi di attività. Ed è per questo che in questa relazione mi concentro su quei contenuti che certamente arriveranno in Parlamento tramite atti d'iniziativa governativa. Per quanto riguarda tutte le altre priorità a cui farò cenno, sono contenute anche nel contratto di governo.
  La metodologia – ci tengo a dirlo – a cui ho fatto riferimento finora per me è fondamentale. Lo dico ancor di più a tutti i deputati dell'opposizione. Sono stato tra i banchi dell'opposizione, so quale tipo di frustrazione si sente ogni volta che si vuole presentare una proposta costruttiva che si infrange contro il silenzio della maggioranza. Sappiate che da parte mia ci sarà totale disponibilità al dialogo e cercherò di lavorare insieme a tutti i parlamentari della maggioranza, affinché non dobbiate mai sentire quel senso di frustrazione.
  Il primo punto che voglio affrontare è quello della lotta alla corruzione. Il contrasto senza quartiere alla corruzione costituisce un architrave dell'azione del governo e in particolare del ministero di cui ho la responsabilità. Il dilagare dei fenomeni corruttivi rappresenta storicamente, come dimostrato da corposa produzione di ricerche e di risultanze statistiche, uno dei limiti maggiori che grava sulla qualità complessiva del sistema Paese italiano, drenando risorse alle componenti sane del sistema economico e produttivo, riducendo gli spazi di libera concorrenza per le imprese virtuose, compromettendo il fisiologico funzionamento della pubblica amministrazione e mortificando, in tal modo, le legittime aspirazioni dei cittadini onesti.
  Combattere questa vera e propria piaga sociale è un imperativo etico e una necessità strategica per incrementare la possibilità di intraprendere un percorso di crescita economica, sociale e culturale duratura nel tempo e tangibile nei suoi effetti sulla società.
  Il varo di un'efficace legislazione anticorruzione, garantendo un cospicuo recupero di risorse finanziarie pubbliche, può inoltre rendere possibili investimenti suppletivi Pag. 4 sul comparto giustizia e l'incremento delle assunzioni tra le forze dell'ordine, innescando così un circolo virtuoso dalle indubbie ricadute benefiche sulla vita dei cittadini.
  Le misure strutturali per affrontare in modo deciso e innovativo il tema che intendiamo mettere in campo investono sia la dimensione investigativa, per facilitare l'emersione delle fattispecie criminose, sia la definizione giuridica e processuale del fenomeno corruttivo.
  Sotto il profilo sostanziale la prima misura allo studio del mio ministero è la rivisitazione degli istituti, come pena accessoria, dell'interdizione dai pubblici uffici per alcuni reati contro la pubblica amministrazione e dell'incapacità a contrattare con essa in presenza dei medesimi reati. L'obiettivo è quello di conseguire la massima deterrenza per coloro che, incaricati di pubblico servizio, siano tentati di trarre illecito e indebito profitto in ragione della propria posizione. In particolare, si tratterà di allargare l'ambito applicativo oggettivo della pena accessoria interdittiva, che attualmente riguarda solo alcune fattispecie, anche al corruttore. Parallelamente, sarà indispensabile accompagnare a tale strumento – il cosiddetto «Daspo» per corrotti e corruttori – una razionalizzazione complessiva delle cornici sanzionatorie, a cominciare dal traffico di influenze illecite, innalzando minimi e massimi edittali.
  Sotto il profilo, invece, dell'individuazione ed emersione del fatto corruttivo, l'impegno è quello di fornire supporto alle attività di indagine, mediante l'utilizzo dell'agente sotto copertura. In questo senso, l'innovazione che si vuole introdurre è quella di estendere all'ambito dei delitti contro la pubblica amministrazione un istituto finora previsto, in attuazione della Convenzione di Palermo del 2000 sul crimine organizzato transnazionale, nell'ambito di altre tipologie delittuose, prevalentemente di tipo organizzato. Si tratta di un intervento che segna un cambio di passo, una decisa inversione di rotta nella lotta alla corruzione nel nostro Paese e un esempio unico in ambito comunitario, dove puntiamo a diventare virtuosa avanguardia.
  Ricordo che l'articolo 50 della Convenzione di Merida del 2003 auspica la disponibilità di tecnologie investigative speciali, tra le quali le operazioni sotto copertura, anche in riferimento ai delitti di corruzione. In questo solco, l'agente sotto copertura non potrà confondersi con la configurazione del cosiddetto «agente provocatore».
  Parimenti, quale indispensabile mezzo di ricerca della prova, in particolar modo per quelle riguardanti le indagini sulla corruzione, non si potrà prescindere dalle intercettazioni. Riteniamo, pertanto, che si tratti di uno strumento che non debba in alcun modo essere oggetto di depotenziamento. Al contrario, per i reati contro la pubblica amministrazione vanno previste ulteriori possibilità di utilizzo, anche tramite il ricorso a soluzioni tecnologiche innovative, al fine di un contrasto più efficace.
  Il varo di un'equilibrata disciplina normativa delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni è interesse prioritario di tutti gli operatori di giustizia. Obiettivo primario è in tal senso l'elaborazione di previsioni idonee a soddisfare le diverse esigenze in gioco, garantendo un sano equilibrio tra le necessità di efficienza delle indagini preliminari, il rispetto della riservatezza dei cittadini coinvolti, nonché la corretta ripartizione delle responsabilità e dei compiti istituzionali tra polizia giudiziaria, magistratura requirente e giudicante. A ciò si aggiunga l'attenzione per il rispetto dei diritti difensivi garantiti dalla nostra Costituzione.
  In tal senso, come già esternato in precedenti occasioni, si ritiene che il decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216, varato dal precedente Esecutivo, la cui piena efficacia è prevista proprio durante questo mese, non riesca nell'obiettivo di assicurare un effettivo contemperamento dei diversi interessi richiamati.
  Le modifiche introdotte, anzi, appaiono come un dannoso passo indietro sulla strada della qualità ed efficacia delle indagini e rispetto alla corretta distribuzione dei compiti Pag. 5 funzionali tra i diversi soggetti coinvolti. Si tratta di un testo che ha suscitato i rilievi critici tanto dei magistrati requirenti quanto della classe forense.
  Il previsto archivio, inoltre, in cui si prevede di conservare integralmente i verbali, le registrazioni e ogni altro atto ad esse relativo non appare ancora in grado di funzionare correttamente e pienamente. Risultano, infatti, in fase di svolgimento le operazioni di predisposizione delle necessarie misure organizzative e di dotazione degli apparati elettronici e digitali. In alcuni uffici è tuttora in corso di svolgimento l'allestimento delle sale di ascolto.
  L'attività di adeguamento e di collaudo dei sistemi presso gli uffici delle singole procure della Repubblica richiede, pertanto, di posticipare la piena efficacia della disciplina richiamata, anche al fine di non comprometterne l'operatività funzionale. Si rileva, dunque, la necessità di ulteriore tempo, considerate le esigenze organizzative e di dotazione infrastrutturale che la normativa introdotta richiede, individuando nei primi mesi del prossimo anno il periodo più opportuno per l'entrata in vigore delle disposizioni.
  Parallelamente, si è scelto di avviare, sin da subito dopo l'insediamento del nuovo Governo, una capillare fase di ascolto e confronto, partendo dalle concrete esperienze vissute dalle procure e dagli avvocati, in modo da giungere alla definizione di una base di lavoro condivisa, che possa fungere da piattaforma su cui innestare la riscrittura della disciplina delle intercettazioni.
  Specifico che ho mandato una lettera a tutte le procure distrettuali d'Italia e al Consiglio nazionale forense proprio per ricevere un primo contributo su cui poi cominciare a lavorare per la riscrittura della relativa normativa.
  Specifico anche, visto che so che arriveranno domande in tal senso, che tutti i soldi investiti dal precedente Governo nell'acquisto delle attrezzature, che chiaramente erano destinate a una norma differente, non verranno sprecati. Sono comunque attrezzature che miglioreranno la qualità delle intercettazioni. Voglio, quindi, confortare e rassicurare tutti sul fatto che nessun euro speso dal precedente Governo per quelle infrastrutture andrà perso in seguito alla riscrittura della normativa di base, perché sono comunque attrezzature e infrastrutture che serviranno a migliorare la qualità delle intercettazioni.
  Uno degli obiettivi cardine per questo Ministero dovrà essere l'impegno a rendere l'amministrazione della giustizia un servizio efficiente e capace di produrre decisioni in tempi congrui e ragionevoli, così da non trasformare lo svolgimento del processo in una pena senza fine o in una richiesta di giustizia costantemente denegata.
  Gli interventi in questo campo dovranno essere molteplici, dovendosi sviluppare lungo differenti direttrici e ambiti, tanto penali che civili. Il denominatore comune è la necessità di indispensabili investimenti strutturali, per far fronte alle carenze di organico per magistrati e personale amministrativo.
  Passiamo alla riforma della prescrizione. In ambito penale è possibile evidenziare come il decorso della prescrizione causi ogni anno la morte anticipata di decine di migliaia di processi, vanificando de facto il lavoro svolto in sede di indagine e durante i vari gradi processuali e causando sostanzialmente uno spreco di risorse e tempo prezioso.
  Alcuni dati aiutano a comprendere meglio la portata della questione e la necessità di un intervento strutturale tale da riportarne le dimensioni a livelli accettabili da parte della comunità di cittadini. Nell'anno 2017 i procedimenti prescritti sono stati 125.551, dei quali il 25,8 per cento in grado di appello, con un'incidenza del 9,4 per cento sul totale dei procedimenti. Era l'8,7 nel 2016, quindi vuol dire che crescono i processi che vanno in prescrizione.
  L'abnorme quantitativo di procedimenti falcidiati dalla scure dell'avvenuta prescrizione si è, inoltre, tradotto in un incentivo a difendersi, non solo nel merito del processo, bensì attraverso la strada della decorrenza dei termini previsti, come è legittimamente consentito dalla normativa in questione. Pag. 6
  La ricerca della verità e l'esigenza di giustizia devono essere tutelate dall'uso pretestuoso di un istituto che, pur avendo una funzione originaria nobile, quale quella di garanzia dell'effettivo diritto all'oblio del cittadino rispetto a comportamenti risalenti nel tempo e di realizzazione di un principio di economia dei sistemi giudiziari, non può, però, prestarsi a vero e proprio scudo di comportamenti criminosi e di condotte che provocano un elevato allarme sociale.
  Una riforma seria ed equilibrata della prescrizione è una priorità irrinunciabile per incrementare il grado di fiducia con cui i cittadini si rivolgono all'istituzione giudiziaria. In uno Stato di diritto che possa davvero definirsi tale è ingiustificabile che condannati per reati gravissimi riescano a uscire indenni, anche dopo che è stata emessa una sentenza di condanna da parte dei tribunali di primo grado.
  La minaccia della prescrizione produce molteplici effetti negativi anche sul versante di chi conduce le indagini e sostiene l'accusa nella fase processuale, potendo indurre, proprio per evitare che tutto si risolva in un nulla di fatto, a corse contro il tempo, a detrimento della qualità e della profondità dell'attività di ricerca della prova e del momento dibattimentale.
  Al contempo, tale esigenza è correlata alla necessità di garantire il rispetto del canone costituzionale e sacrosanto – aggiungo io – della durata ragionevole del processo, ai sensi dell'articolo 111 della Costituzione e dell'articolo 6 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo. Tale finalità mira, quindi, a far sì che la responsabilità di far durare i processi un tempo ragionevole non debba pesare sui cittadini coinvolti in vicende giudiziarie né ricadere sui familiari delle vittime e sulle persone offese dal reato. L'obiettivo di garantire che la durata del processo penale sia effettivamente ragionevole deve essere soprattutto supportato dallo Stato in primis attraverso un adeguato investimento in risorse umane e materiali.
  Tra le varie opzioni d'intervento allo studio figura quella della sospensione della decorrenza del termine di prescrizione dopo che sia stata emessa una sentenza di primo grado. Si tratta del punto di partenza di uno studio che dovrà tenere conto di tutti gli effetti, positivi e negativi, di una soluzione di questo tipo, per giungere a un risultato efficace nel rispetto delle contrapposte garanzie e prendendo in considerazione, come al solito, le varie proposte che arriveranno sia dalla maggioranza che dalle forze di opposizione.
  Interventi riformatori in questo senso contribuirebbero al rafforzamento del senso di giustizia avvertito dalla comunità dei cittadini, garantendo una maggiore realizzazione della certezza della pena e riducendo in modo sensibile lo spazio di impunità per i colpevoli, specie in presenza di reati particolarmente odiosi.
  Veniamo alla riforma del processo civile. Nell'ambito civile, altrettanto urgente si presenta la necessità di aggredire la ormai strutturale, ingestibile durata dei procedimenti. La durata media dei procedimenti civili negli anni 2015-2017 e, dunque, nell'ultimo triennio fa emergere un quadro che induce a delle riflessioni.
  In particolare, se il procedimento semplificato previsto dall'articolo 702-bis del codice di procedura civile si caratterizza, pur nel rispetto del principio del contraddittorio, per avere a oggetto cause che possano essere definite senza svolgere attività istruttoria o con un'attività istruttoria sommaria, le controversie locatizie riguardano di regola cause non particolarmente complesse sotto il profilo tecnico, nelle quali l'ambito delle domande ed eccezioni proponibili è limitato e che sono normalmente connotate da un'istruttoria solo documentale.
  Proprio muovendo da tale considerazione, nell'ottica di realizzare un obiettivo di semplificazione con una significativa riduzione dei tempi del procedimento, la dilatazione dell'attività istruttoria rappresenta uno dei punti rispetto ai quali deve essere incentrata una riforma del diritto civile, proprio perché, valutando le macro aree del contenzioso ordinario – rito ordinario e rito del lavoro –, la durata delle controversie trattate con quest'ultimo, cioè Pag. 7il rito del lavoro, risulta inferiore di circa il 40 per cento.
  Le evidenze statistiche e le esperienze comparate, valutate in funzione della stretta connessione esistente tra la competitività del Paese, come percepita dagli investitori internazionali, e i tempi della giustizia civile, suggeriscono di intervenire sul rito del processo civile tratteggiando, sia per le cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica sia per quelle in cui giudica in composizione collegiale, un unico rito semplificato conformato ai princìpi del case management e di proporzionalità, con i quali risulta incompatibile un sistema processuale contrassegnato dalla predeterminazione legale dei poteri delle parti e del giudice. Il modello della predeterminazione legale, non a caso non più rinvenibile in nessun altro ordinamento europeo, risulta una soluzione poco efficiente, perché non può, in ragione dell'inelasticità della fonte legale, che essere declinata con riguardo ai casi di maggiore complessità.
  Tengo a precisare che ho sempre considerato il legislatore che ha operato negli ultimi anni come affetto da una malattia che spesso mi piace definire «riformite», i cui sintomi sono una produzione scomposta e spesso illogica di norme e di riti, che hanno avuto il solo effetto di gettare l'ordinamento giuridico in uno stato di sempre maggiore incertezza.
  Per questo, l'idea di semplificazione normativa che intendo portare avanti è ben rappresentata dall'immagine di interventi chirurgici, volti ad asciugare l'attuale rito esistente, senza, dunque, stravolgimenti inconsulti, forieri di periodi di lunga e controversa interpretazione giurisprudenziale e dottrinale.
  È allora il caso di citare su tutti un esempio di intervento assolutamente semplice, concreto, in grado di ridurre con certezza i tempi del processo e di semplificare la vita di tutti gli addetti ai lavori, cioè la cancellazione definitiva dell'atto di citazione come atto introduttivo, facendo rimanere soltanto il modello del ricorso. Ciò comporterà una semplificazione sia per gli avvocati sia per i magistrati sia per i cancellieri, che dovranno gestire un solo tipo di adempimento.
  Quanto ai possibili effetti, l'intervento in esame potrebbe incidere immediatamente sulla durata dei processi civili, tenuto conto delle rilevazioni statistiche che vi verranno fornite in apposite tabelle, i dati di alcune delle quali sono stati sopra riportati.
  La misura descritta, assieme alle molte altre allo studio, risponderebbe alla fondamentale esigenza di garantire un servizio giustizia sicuramente più efficiente, rispondendo anche alle richieste derivanti dalle rilevazioni internazionali e in particolare dal rapporto Doing business della Banca mondiale.
  Ci tengo a dire, a proposito di numeri e tabelle, che la valutazione dei numeri fine a se stessa non mi interessa. Secondo me, ogni volta che insieme analizzeremo i numeri della giustizia, dovremo cercare di andare oltre il dato meramente quantitativo e capire se a ciò corrisponde un dato qualitativo reale. Se io ho un minor numero di contenziosi civili, non per questo devo pensare che la giustizia civile in Italia funziona meglio, perché noi tutti sappiamo che un cittadino spesso si rivolge a un avvocato, chiede se ha un diritto da far valere in giudizio, l'avvocato gli risponde di sì, ma poi il cittadino gli chiede quanto costa e quanto dura un processo. A quel punto, dopo la risposta dell'avvocato, il cittadino si alza e dice «ci vediamo la prossima volta» o «non ci vediamo mai più». Quindi, se io registro una diminuzione della quantità di contenziosi civili, perché i cittadini italiani hanno rinunciato a rivolgersi al tribunale, in quel momento non ne ricavo un motivo di gioia; devo al contrario semplicemente piangere di fronte alla morte del processo civile, che non riesce più a rispondere alle legittime domande di giustizia.
  In tal senso, ho avviato uno studio analitico, per esempio, sull'impatto che hanno avuto i tentativi di mediazione obbligatori prima di andare in tribunale. Lì si vede come dietro i numeri c'è una risposta, perché ci sono dei settori in cui questo strumento ha avuto un impatto importante in termini di deflazione del processo, che Pag. 8però non è fine a se stessa, ma rappresenta semplicemente il fatto che le due parti si sono incontrate secondo un metodo di risoluzione alternativa del giudizio e hanno trovato una conciliazione. Faccio l'esempio del diritto di famiglia dove l'effetto è incredibilmente positivo. Ci sono degli aspetti – faccio l'esempio dei contenziosi di diritto bancario – in cui l'effetto è stato praticamente nullo.
  Veniamo ora alla riforma del diritto fallimentare. Centrale sarà il tema del diritto fallimentare, la cui rilevanza si presenta idonea a incidere sotto molteplici aspetti, primo fra tutti quello della necessità di rendere più rapida la risposta di giustizia in materia fallimentare.
  Sul punto, come noto, occorre considerare che la legge 19 ottobre 2017, n. 155, aveva conferito delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza.
  A tal proposito, pur consapevole dell'opera che già è stata svolta, ritengo assolutamente indispensabile ribadire la necessità di una riforma organica dell'intera materia dell'insolvenza e delle procedure concorsuali, anche in considerazione delle ricadute economiche sul piano dell'efficienza del sistema Paese, rispetto al quale rivestono un ruolo significativo sia le percezioni degli investitori esteri che le valutazioni compiute dagli organismi internazionali.
  Tale esigenza si armonizza con quella, manifestata da tutti gli operatori del diritto, di assicurare linearità a un sistema divenuto nel tempo troppo farraginoso, in modo da evitare interventi frazionati che, da un lato, determinano un accentuato scarto tra le disposizioni riformate e quelle rimaste invariate e, dall'altro lato, generano rilevanti difficoltà e incertezze applicative, soprattutto in ragione del fatto che il continuo mutamento del dato normativo rende problematico il formarsi di un orientamento giurisprudenziale consolidato, accentuando l'incertezza del diritto e favorendo il moltiplicarsi delle controversie, con evidenti ricadute negative sulla durata delle procedure concorsuali.
  In questa prospettiva, occorrerà, quindi, procedere a una parziale rivisitazione – anche in questo caso parliamo di interventi chirurgici – del lavoro della commissione Rordorf, attraverso la realizzazione di un quadro normativo unitario nel quale siano ben delineati i princìpi giuridici comuni al fenomeno dell'insolvenza, come tali idonei a fungere da chiari punti di riferimento per l'intera gamma delle procedure di cui si discute, sia pure con le differenziazioni di disciplina di volta in volta rese necessarie dalla specificità delle diverse situazioni in cui l'insolvenza può manifestarsi.
  In tale ottica, rispetto a quanto elaborato dalla commissione Rordorf, potranno essere previsti correttivi tesi a garantire una riforma improntata a canoni di modernità e idonea a contemperare efficienza e tutela della crisi d'impresa, specie per quanto attiene alle piccole e medie imprese. Ciò potrà avvenire attraverso varie ipotesi allo studio delle varie articolazioni ministeriali e in particolare, solo per fare un breve accenno, mediante la possibile previsione della necessità di assistenza tecnica (salvo che il debitore, sempre facoltizzato, nel procedimento di liquidazione giudiziale, a stare in giudizio personalmente), oppure della restrizione dell'ambito applicativo dell'allerta rispetto alle piccole imprese, attraverso la previsione di soglie di rilevanza dell'esposizione debitoria per debiti fiscali e previdenziali più elevati, nonché dell'elaborazione di specifici indici rivelatori.
  Su questo aspetto io voglio essere chiaro, perché la delega cosiddetta «fallimentare» è stato un esempio virtuoso, nella scorsa legislatura, di dialogo tra maggioranza e opposizione, che ha portato a un buon risultato. Tuttavia dopo l'entrata in vigore della legge-delega, si è sviluppato un dibattito nel mondo degli addetti ai lavori che ha individuato alcuni difetti di concreta attuazione. Per questo, si opererà seguendo la filosofia di fondo, anzi tutto il complesso normativo che era previsto in quella legge-delega, con interventi correttivi.
  Ci tengo a dire che, oltre a quanto detto in termini strettamente normativi, in quella delega c'è una filosofia di fondo importante, Pag. 9 che ribalta completamente il paradigma per cui un imprenditore che è in difficoltà economica sia necessariamente da considerare un fallito. Proprio in questo superamento, che permette allo Stato di stare vicino a un imprenditore che è in crisi attraverso una legge scritta nel migliore dei modi, secondo me ci sarà la grande sfida sull'attuazione della norma.
  Nell'ambito del più generale sforzo di razionalizzazione e velocizzazione del processo civile risulta cruciale il potenziamento del processo telematico. Il processo di digitalizzazione del servizio giustizia, fondamentale per conseguire un sostenibile incremento della produttività complessiva delle strutture giudicanti, necessita di proseguire speditamente per soddisfare le richieste di efficienza e semplificazione di cittadini, imprese e investitori.
  L'evoluzione del processo telematico, verificando i dati statistici dell'ultimo anno, si presenta in costante crescita, per quanto concerne gli atti depositati dai magistrati.
  Sono in corso di svolgimento gare relative allo sviluppo dei sistemi dell'area civile, dell'area penale, sicuramente più indietro rispetto all'area civile, e all'assistenza, con la consapevolezza che l'implementazione informatica si ponga come componente essenziale nel perseguimento dell'interesse del cittadino a una giustizia efficace, efficiente e di qualità.
  Passiamo alla situazione delle carceri. Quello della detenzione e dell'esecuzione della pena costituisce un settore importante della giustizia, sul quale il dicastero intende impegnarsi a fondo per migliorarne condizioni e funzionamento.
  Anche in questo ambito specifico, ritengo imprescindibile partire da una seria e approfondita interlocuzione con gli operatori direttamente coinvolti, la magistratura di sorveglianza e l'amministrazione penitenziaria, così come è in corso un costruttivo confronto con l'Autorità garante dei diritti dei detenuti.
  In tale ambito, obiettivo prioritario sarà realizzare un processo di riqualificazione tale da superare le carenze strutturali del sistema penitenziario in ogni sua sfaccettatura, nella prospettiva di una piena applicazione della funzione rieducativa sancita dall'articolo 27 della nostra Costituzione.
  L'analisi sullo stato del sistema dell'esecuzione della pena e in particolare sul sistema detentivo ci induce a ribadire la necessità di profondere il massimo impegno per sanare le debolezze e le deficienze, conseguendo risultati tangibili e misurabili.
  A cinque anni di distanza dalla sentenza CEDU (Corte europea dei diritti dell'uomo) Torreggiani contro Italia, nonostante le soluzioni adottate, nelle carceri vivono ancora 8.000 detenuti oltre la capienza regolamentare, la loro condizione di vita di ristretti non è sensibilmente migliorata, anzi non è migliorata affatto, mentre il principio della certezza della pena ha indirettamente subìto una continua erosione, generando un senso di insicurezza nella collettività.
  L'azione legislativa e l'amministrazione della giurisdizione, nell'ottica mia e del Governo di cui faccio parte, devono riuscire a far convivere armoniosamente certezza della pena e finalità rieducativa della pena stessa. Si tratta di due princìpi che necessariamente e fisiologicamente stanno insieme, essendo entrambi funzionali alla costruzione di un sentimento di fiducia che i cittadini hanno – o, meglio, che non hanno più – nei confronti dello Stato italiano, nella sua capacità di fornire una risposta di giustizia effettiva e sostanziale.
  Funzionalmente interrelato all'assicurazione di un apprezzabile grado di sicurezza e di garanzia di dignitose condizioni di permanenza all'interno degli istituti detentivi risulta essere il tema della dotazione e dell'organizzazione della polizia penitenziaria.
  L'attuale dotazione organica del personale del Corpo è stabilita in 41.202 unità, ma la presenza effettiva è oggi pari a 37.470 unità, con una percentuale di scopertura di circa il 9 per cento. Si rileva, però, come la distribuzione tra le varie strutture faccia sì che tale percentuale si innalzi significativamente in diversi istituti penitenziari, con le immaginabili conseguenze in tema di criticità di gestione. Nonostante non poche situazioni di difficoltà, la polizia penitenziaria continua ad accompagnare con professionalità Pag. 10 l'esigenza della rieducazione e del reinserimento sociale delle persone detenute, affrontando problematiche nuove, che costituiscono ormai nodi cruciali del mondo carcerario.
  In questo primo mese ho contattato telefonicamente, personalmente, gli agenti di polizia penitenziaria feriti in vari incidenti – chiamiamoli così – all'interno degli istituti penitenziari, per rappresentargli la vicinanza di uno Stato che secondo me, fino ad ora, gli è stato poco vicino. In questo senso, voglio assicurare che questi sono semplicemente primi tratti di tale vicinanza, che, però, poi dovrà estrinsecarsi nei fatti concreti, per far sì che questi servitori dello Stato all'interno delle carceri possano operare in piena sicurezza e dignità lavorativa.
  Esiste almeno un altro tema di particolare rilievo all'interno del contratto di governo e tengo a dire che, se non lo cito in questa sede, è soltanto perché è un tema molto delicato, la cui iniziativa ritengo debba essere parlamentare e non governativa. Si tratta del corretto rapporto che deve instaurarsi tra politica e magistratura.
  Come sapete, nel citato contratto è previsto il superamento del meccanismo delle porte girevoli tra politica e magistratura, tra Parlamento e aule giudiziarie. Un magistrato che decide legittimamente di impegnarsi per la gestione della cosa pubblica, partecipando a competizioni elettorali e rivestendo incarichi di governo, deve essere consapevole che non potrà tornare a esercitare la funzione giudiziaria, perché ne risulterebbe menomata l'immagine di terzietà che chi amministra la giurisdizione deve, invece, sempre mantenere viva.
  Tuttavia, ripeto che questo tema è giusto che sia affrontato in sede parlamentare, in ossequio alla sacralità del principio della separazione dei poteri.
  Aggiungo anche che, come ho detto all'inizio, io ho riportato i temi che verranno affrontati in questi primi mesi e quelli che hanno sicura iniziativa da parte dell'Esecutivo. Ci sono altri temi, che non sono meno prioritari – anzi –, su cui io adesso non ho relazionato, ma che magari nel dibattito potranno anche essere affrontati. Rappresentano una priorità per la maggioranza, ma stiamo ancora lavorando per cercare di capire se è meglio che questi temi vengano affrontati attraverso atti di iniziativa parlamentare o governativa. Quindi, per non dire qualcosa che poi potrebbe essere sbagliata, ripeto che non li ho riportati nella relazione.
  Faccio due esempi in particolare. Uno è la legittima difesa, su cui sapete che nel contratto di governo è prevista la necessità di intervenire per eliminare le zone d'ombra che attualmente rendono più difficile il percorso attraverso cui un cittadino che si è legittimamente difeso possa provare la propria innocenza. È un impegno che ha visto tutte le forze politiche in prima linea già nella scorsa legislatura e, quindi, immagino che per tutti rappresenti una priorità. Su quella ci confronteremo.
  Voglio chiarire che dal mio punto di vista il tema della legittima difesa è un tema che riguarda la giustizia e che non riguarda la sicurezza, perché nel momento in cui un cittadino si trova da solo in casa con un criminale che minaccia lui o la sua famiglia, in quel momento lo Stato ha fallito nella sua missione di garantire la sicurezza dei cittadini. È vero che una volta arrivati a quel punto, però, è giusto – lo ribadisco – che il cittadino che si è legittimamente difeso, perché abbandonato dallo Stato nella fase di sicurezza preventiva, almeno non senta di essere abbandonato dallo Stato anche quando si arriva nell'aula giudiziaria, nella fase in cui deve dimostrare la propria innocenza.
  Un altro tema per cui è ancora oggetto di valutazione se intervenire o meno tramite iniziativa governativa o parlamentare riguarda la lotta alla mafia. Preciso che per me la lotta alla corruzione riguarda la lotta alla mafia. Questo è un dato oggettivo. Ricordo che due o tre anni fa l'allora Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, disse che la corruzione è l'altra faccia della medaglia di uno stesso fenomeno criminale, quello mafioso. Ci sono riforme che sono indicate nel contratto di governo, come quella che investe il voto di scambio politico-mafioso. Anche quella è chiaramente una priorità. Pag. 11
  Sono consapevole che il raggiungimento di gran parte di questi obiettivi passa attraverso una forte sensibilizzazione del Governo circa la necessità della destinazione di adeguati stanziamenti in bilancio, ben maggiori di quelli di cui finora il sistema giustizia ha usufruito. Sono, altresì, fiducioso che questi ultimi non mancheranno, atteso che colgo in tutti voi, anzi in tutti noi, la convinzione che anche attraverso un forte investimento dello Stato sul sistema giustizia possano essere centrati obiettivi di grande rilevanza economica e sociale che postulano l'efficace funzionamento del sistema giudiziario.
  Al riguardo – permettetemi un'ultima parentesi – sottolineo che ciò vale soprattutto per ciò che concerne la tematica della sicurezza degli immobili adibiti all'esercizio delle funzioni giudiziarie. Non sfuggirà l'impegno profuso fin dai primissimi giorni del mio dicastero al fine di risolvere, come in effetti si sta prontamente facendo, la questione della sede degli uffici giudiziari di Bari. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro Bonafede. Ricordo che, per quanto ci riguarda, alle 16 avremo discussione generale in Aula sul decreto-legge n. 73 del 2018 relativo al tribunale di Bari e, dunque, chiedo già la disponibilità al Ministro, dato che non riusciremo a esaurire il dibattito nella seduta odierna, eventualmente ad aggiornarci per un'altra seduta.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Io do questa disponibilità su due piani: in primo luogo, ci saranno probabilmente interventi che richiederanno alcuni dati e li fornirò in una seconda occasione, se non me li mandano direttamente dal ministero tramite cellulare; in secondo luogo, chiaramente su tutti gli argomenti in generale su cui non risponderò tornerò a rispondere. Mi farebbe piacere farlo oggi, per cui vi chiedo, nel rispetto totale dei tempi di cui ciascuno ha bisogno per intervenire, e mi riferisco soprattutto alle forze di opposizione, di lasciarmi comunque uno spazio per dare una risposta. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARIO PERANTONI. Signor Ministro, buonasera. Sono molto contento e onorato della sua presenza, così come sono onorato di far parte di questa onorevole Commissione. Sono d'accordo con lei, signor Ministro: l'amministrazione della giustizia in questi anni ha sofferto di «riformite», ma ha sofferto anche di gravi e continue riduzioni di risorse e di ridimensionamenti che hanno provocato la situazione attuale, cioè una grave carenza negli uffici, gravi carenze di magistrati di ruolo, gravi carenze di organici e altresì la quasi desertificazione di alcune zone del Paese rispetto al servizio giustizia. Io vengo dalla Sardegna e l'inversione di tendenza che c'è stata anni fa, con la privazione di risorse per i piccoli uffici e una, a mio parere, irrazionale rivisitazione della geografia giudiziaria, hanno provocato una mancanza del servizio giustizia ai cittadini che risiedono in determinati territori.
  Questo taglio di risorse ha comportato anche un'altra cosa, a mio parere, molto grave, che io estremizzo dicendo che c'è stata quasi una precarizzazione del terzo potere dello Stato. Quando si è preteso dai magistrati onorari che svolgessero delle funzioni in determinate condizioni, si è creata una grave situazione, a fronte della quale credo sia oggi necessario cercare di porre rimedio.
  Il contratto di governo è un contratto che fa ben sperare, perché di questi temi si è parlato: si parla di rivisitazione della geografia giudiziaria, si parla di risorse, si parla di affrontare i problemi della magistratura onoraria. Quindi, presumo che tali temi verranno affrontati dall'amministrazione e dal nostro Governo.
  La giustizia, in questi anni, è stata retta grazie allo spirito di servizio di chi opera nel settore. Parlo prima di tutto dei magistrati togati, degli amministrativi, dei magistrati onorari e anche della classe forense, che tra mille difficoltà e mille problemi da affrontare quotidianamente, non solo i problemi della «riformite», riesce a gestire la macchina della giustizia. Pag. 12
  Io vedo che la sua attività è partita nel migliore dei modi, perché aver affrontato nei termini in cui è stato fatto il problema dell'edilizia giudiziaria di Bari – e in particolare il problema che si è verificato per quanto riguarda il tribunale di Bari – non può che essere di buon auspicio.
  Io chiedo, pertanto, quali siano le linee programmatiche del Ministero, che cosa il Ministro abbia in mente di realizzare oppure di sollecitare al Parlamento in merito a questi altri temi che molto brevemente mi sono permesso di esporre. La ringrazio.

  GIANLUCA CANTALAMESSA. Buongiorno, signor Ministro e signora presidente. Le porto innanzitutto i saluti di tutto il gruppo della Lega e le faccio gli auguri per l'incarico che svolge da un mese e svolgerà per i prossimi cinque anni.
  Abbiamo un contratto insieme, un contratto del cambiamento, e ho preso nota di una serie di dichiarazioni che lei ha fatto che hanno trovato il mio parere favorevole, ma credo anche di tutti gli altri componenti della Lega nella Commissione. Mi riferisco alla certezza della pena, alla funzione rieducativa della stessa. Ha parlato di ascolto, di confronto e di collaborazione. Credo che questi siano gli obiettivi e il modo per arrivarci.
  Non mi soffermo sulle riflessioni, proprio per permetterle di dare quante più risposte possibile, per cui le vado a porre alcune domande. Vorrei sapere come e se intende affrontare la legittima difesa anche in sede civile.
  Un'altra battaglia che abbiamo previsto come Lega e che abbiamo portato avanti riguarda l'eliminazione del rito abbreviato per i reati più gravi, così come la riforma per l'affido dei minori nell'ambito del diritto di famiglia.
  Abbiamo poi parlato di giustizia di prossimità nel contratto. Su questo specifico argomento mi preme evidenziarle anche il problema dei tribunali isolani, in Toscana, Campania e Sicilia, che vivono con una spada di Damocle sulla testa.
  Il discorso della magistratura onoraria è stato affrontato, ma le chiedo più specificamente come e se intende procedere anche in tal senso.
  Per tutto quello che riguarda il discorso della riforma della geografia giudiziaria, c'è una grossa aspettativa da parte di tutto il popolo italiano. Noi come Lega siamo disponibili a collaborare e a fare la nostra piccola parte nel provare a rendere la giustizia più giusta per tutti.

  PRESIDENTE. Passiamo agli interventi del Gruppo di Forza Italia. Sono iscritti in cinque. Chiedo celerità in modo da potersi dividere correttamente i minuti.

  ENRICO COSTA. Sarò brevissimo, quindi non faccio gli auguri di buon lavoro al Ministro, con cui ci conosciamo da molto tempo, proprio in quanto membri di questa Commissione.
  Vengo al primo punto: legittima difesa. Io insisto su questo tema. Noi abbiamo una proposta di legge sul tema, e durante più Uffici di presidenza abbiamo chiesto che venisse calendarizzata e, sentendoci ogni volta annunciare le intenzioni del Governo di andare avanti. Abbiamo il dubbio che ci sia una divisione nella maggioranza che determini questo ritardo. Calendarizziamo e discutiamo. Questo è quello che noi ci aspettiamo.
  Vengo alla prescrizione. Il Ministro ha parlato di 125.000 prescrizioni lo scorso anno e ha detto che questo è il numero più alto. A me risulta che nel 2014 le prescrizioni fossero 132.000, che nel 2011, ad esempio, fossero 128.000. Siccome questa è un'audizione formale, io ci terrei a che i numeri fossero chiari. Ha detto che il 25 per cento di queste prescrizioni interviene in appello. Ci dica quante sono le prescrizioni durante le indagini preliminari, quando la difesa non «tocca palla», perché il sottinteso nelle dichiarazioni del Ministro è che le tecniche dilatorie della difesa determinano processi che vanno in prescrizione. Durante le indagini preliminari la difesa non «tocca palla», quindi, se sono più del 50 per cento, come penso io, o quasi il 60 per cento i procedimenti che vanno in prescrizione durante le indagini preliminari, significa che questo ragionamento parte da una radice errata.
  Il terzo punto è l'ingiusta detenzione. Entro il 31 gennaio di ogni anno il Ministero Pag. 13 della giustizia deve fare una relazione sulla custodia cautelare e sull'ingiusta detenzione. Lo prevede l'ultima riforma del processo penale. Il precedente Governo non l'ha fatto per ciò che riguarda l'ingiusta detenzione. Auspico che venga fatta questa integrazione.
  Vengo all'ultimo punto. Ha parlato di «riformite» come malattia di alcuni suoi predecessori. Io spero che lei non assuma la «demagogite», perché alcuni provvedimenti saranno pure chirurgici, ma mi sembra che siano anche piuttosto demagogici.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Per potermi consentire di rispondere in maniera più dettagliata, mi può fare un esempio di questi interventi? Anche un solo esempio. Lo faccio in termini costruttivi, perché di fronte a un'accusa di demagogia generale, che è legittima e mi va benissimo, vorrei capire se è mirata oppure se è un atteggiamento generale, soltanto questo.

  PIERANTONIO ZANETTIN. Buongiorno Ministro, cercherò di essere telegrafico e sintetico per non togliere spazio ai miei colleghi di gruppo.
  In merito al Consiglio superiore della magistratura, si parla di correnti e della necessità di debellarne o di ridurne il potere. Non facciamo polemiche, ma diciamo che è un tema di cui abbiamo parlato tutti in diverse sedi. La questione che vorrei porre è questa. In diverse legislature abbiamo cercato di modificare la legge elettorale del Consiglio superiore della magistratura soprattutto per quanto riguarda i togati, però abbiamo visto che poi, in effetti, si possono anche cambiare le leggi elettorali, ma il peso delle correnti rimane. Cosa pensa del sorteggio?
  Vengo ora agli organici della magistratura. Notoriamente gli organici della magistratura in servizio non coprono le necessità tabellari. Sono circa mille le vacanze rispetto ai ruoli tabellari. Lei intende proseguire nella politica di concorsi per cercare di avere nuovi magistrati togati e, quindi, colmare queste carenze?
  In terzo luogo, vengo ai piccoli tribunali. Io le cito un esempio: il tribunale della Pedemontana a Bassano del Grappa. È una zona particolare. Come lei certamente sa, il rapporto tra numero di magistrati e abitanti per quanto riguarda la corte d'appello di Venezia è il più basso d'Italia, in un'area molto ricca dal punto di vista produttivo. C'è già lo stabile disponibile. Sta pensando alla riapertura del tribunale della Pedemontana, tenuto conto che nel contratto di governo abbiamo visto che ci sarà da parte di questo Governo una particolare attenzione ai piccoli tribunali?
  Un ultimo ragionamento concerne la prescrizione. Integrando i dati del collega Costa, credo che al Ministero – questi dati sono disponibili – lei possa sapere che la prescrizione sul territorio nazionale ha indici molto diversi da zona a zona, da corte d'appello a corte d'appello, che non trovano giustificazione né nelle scoperture di organico né in altre motivazioni plausibili. In realtà, il problema è anche molto spesso organizzativo.
  Il Consiglio superiore della magistratura si è molto impegnato per cercare di trasferire le buone prassi organizzative, perché queste hanno un effetto molto importante per diminuire la prescrizione. Quindi, non c'è solo il tema della prescrizione e dell'interruzione dopo una condanna di primo grado. Le prassi organizzative hanno effetto molto significativo sull'indice di prescrizione dei reati.

  MARZIA FERRAIOLI. Prendo un po’ di tempo in più, ma non vado necessariamente su aspetti specifici. Parliamo delle linee programmatiche: e ho bisogno di qualche chiarimento.
  Innanzitutto voglio rassicurarla: lei si è ricordato con molta emozione di quest'aula, però ha anche detto che fare l'opposizione è frustrante. Io non mi sento frustata, assolutamente no, anzi mi sento esaltata, perché non faccio l'opposizione per l'opposizione, faccio l'opposizione in chiave migliorativa e in chiave dialogante. Peccato che non sempre il dialogo c'è. Il dialogo non c'è, ma l'opposizione per l'opposizione qui non la facciamo. Abbiamo bisogno di ascolto, abbiamo bisogno di sentirci dire che non c'è nessuno che ha una verità assoluta. La verità si costruisce insieme, Pag. 14 ragionando, dialogando e vagliando gli aspetti, i più critici, i più immediati da prendere in considerazione.
  Questa è la premessa doverosa.

  PRESIDENTE. Onorevole Ferraioli, le chiedo scusa ma ci sono cinque Gruppi che devono intervenire.

  MARZIA FERRAIOLI. Ho appena cominciato. Se mi dà il tempo...

  PRESIDENTE. No, non posso darle il tempo. Ci aggiorneremo a un'altra seduta.

  MARZIA FERRAIOLI. Allora faccio un elenco di problemi.

  PRESIDENTE. Faccia un elenco e poi ci sarà la possibilità di chiarirci in un'altra seduta e di continuare.

  MARZIA FERRAIOLI. La prima cosa che ho bisogno di capire è l'uso del termine «contratto». Lei è un civilista e ci parla di contratto. Per me il contratto è tutt'altra cosa e adesso è diventata una forma di governo. Io ritengo che il contratto sia stato già stipulato in campagna elettorale da ognuno di noi con i propri elettori. Quello è il contratto. Altri contratti non ne conosco. Quindi, vorrei capire qual è la scelta di questo termine e perché siete ricorsi a questo strumento, dal mio punto di vista, anomalo.
  Lei parla di governo del cambiamento, ma credo che sia un governo del capovolgimento, che è cosa peggiore del cambiamento. Posso dire rivoluzionario, ma non in termini negativi. La rivoluzione è il cambiamento di tutto, lo sconvolgimento di tutto. Per esempio, stamattina abbiamo esaminato una riforma penitenziaria che ha visto l'impegno di tantissime persone e che non è stata discussa, perché appartiene a un Governo precedente. Io credo che non si possa sconvolgere ogni cosa che sia stata fatta appena cambia il Governo. Se c'è un lavoro già fatto, lo si prende in considerazione – l'ho già detto alla presidente stamattina e ho bisogno di dirlo anche a lei – e non si butta via niente.

  PRESIDENTE. Onorevole Ferraioli, la prego, forse non ci siamo capiti: qui ci sono dei gruppi che devono intervenire. Lei non può continuare a parlare, perché ci riaggiorneremo in altra seduta. Avevamo concordato in Ufficio di presidenza le modalità, quindi o lei finisce in trenta secondi o io le tolgo di nuovo la parola e non gliela posso più ridare.

  MARZIA FERRAIOLI. Finisco in trenta secondi e chiedo al Ministro di quali intercettazioni sta parlando. Lei ha parlato di una riforma delle intercettazioni, che non dà il suo risultato. Quella riforma risale a tre mesi fa e doveva entrare in vigore oggi, il 12 luglio. Come facciamo a stabilire che non ha dato risultati? Mi fermo. Avrei tanto da dire e spero in un altro incontro.

  GIUSI BARTOLOZZI. Presidente, parlerò veramente due minuti. Se volete, posso anche rinunciare, ma sarò lapidaria. Sliding doors, Ministro, lei ha parlato di porte girevoli tra politica e magistratura. Noi come Forza Italia abbiamo già presentato una proposta di legge. Il mio pensiero personale è che non vi siano contaminazioni laddove c'è un forte senso istituzionale. Io ne ho sempre avuto, sono vent'anni, quindi per me non c'è contaminazione, ma capisco che il momento è questo, bisognerà demandare all'Aula parlamentare, allora le pongo una domanda.
  Siccome il suo pensiero, che lei ha esternato personalmente più volte, è quello dell'impossibilità di rientrare per i magistrati che sono stati eletti alla Camera o al Senato, io le chiedo cosa pensa lei di chi, invece, vede conferiti gli incarichi e, quindi, di tutte le persone che le stanno accanto in quella meravigliosa struttura che è il ministero, che sono miei colleghi: il capo di gabinetto, il capo degli uffici legislativi. Infatti, se c'è una contaminazione, c'è soprattutto per le cariche che le stanno più vicine, quindi capi di gabinetto e quant'altro. Le chiedo una sua personale riflessione sull'incompatibilità anche in questi casi.

  DANIELA RUFFINO. Buongiorno, signor Ministro, io le parlo della revisione Pag. 15della geografia giudiziaria e sarò molto veloce. Rispetto ad alcune scelte fatte dai precedenti Governi in tema di soppressione di sedi giudiziarie, dite che dovrebbero essere riviste, poiché fatte senza alcuna conoscenza del territorio e delle relative specificità.
  Sicuramente condivido. Le parlo in particolare di una sede di tribunale, quella di Pinerolo, che ha un bacino di utenza di circa 200.000 unità, con comuni che distano anche oltre 100 chilometri dalla sede giudiziaria. Signor Ministro, le faccio presente che la sede del tribunale di Pinerolo era ed è di proprietà comunale, è stata ampliata proprio nell'imminenza della chiusura e attualmente è vuota, quindi in questo senso occorrerebbe, a fronte del contratto, una risposta concreta per un problema imminente.

  PIETRO PITTALIS. Sarò molto veloce – avremo altre occasioni – ma, signor Ministro, io le anticipo che non nascondo la mia delusione e anche la mia preoccupazione per la sua relazione. Delusione perché non ho trovato alcun accenno a una categoria che mi pare che nella sua relazione sia totalmente assente e quasi assuma un ruolo residuale o marginale, cioè l'avvocatura. Dall'altro lato, neppure una parola spesa per la magistratura onoraria, che meriterebbe forse un supplemento di attenzione, posto che alle disfunzioni in parte si sopperisce anche grazie al lavoro della magistratura onoraria.
  Faccio un cenno molto veloce – poi ci torneremo – alla prescrizione. La sua è una soluzione che risponde sicuramente a logiche di palazzo, ma che non risponde all'esigenza di tutelare il cittadino, la tutela del cittadino passa anche dalla salvaguardia di diritti e interessi che non possono essere appesi perché c'è un'inchiesta vita natural durante e dipendere solo dalla discrezionalità del magistrato quando...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  PIETRO PITTALIS. Chiudo con una domanda, che voglio porre al Ministro. L'ho annotata, quindi sarò celerissimo, presidente. Secondo i più recenti dati disponibili del Ministero della giustizia, al 31 maggio 2018 i detenuti presenti negli istituti penitenziari in Italia sono esattamente 58.569 su una capienza regolare di 50.615, come lei stesso ha ricordato. I detenuti stranieri sono 19.929 e rappresentano il 34 per cento sul totale.

  PRESIDENTE. La invito a concludere, altrimenti gli altri gruppi non hanno tempo di intervenire.

  PIETRO PITTALIS. È una domanda che penso sia di utilità. Sono quasi un terzo, mentre i detenuti italiani sono 38.640. Pongo a lei la domanda per capire se la pensa come il vicepremier, nonché Ministro dell'interno Salvini, che nel corso di una trasmissione ha detto che si impegnerà a far scontare la pena dei detenuti stranieri nei loro Paesi di origine.
  Vengo alla domanda. Posto che il trasferimento dei detenuti stranieri...

  PRESIDENTE. Ha già fatto la domanda. Adesso passiamo agli interventi del Gruppo del Partito democratico. Ci riaggiorniamo per un'altra seduta, non è possibile mancare di rispetto in questo modo ai colleghi. Noi fra 30 minuti dobbiamo andare in Aula e io vorrei dare a tutti i gruppi la possibilità di intervenire, onorevole Pittalis. La prego, ci riaggiorneremo in un'altra seduta.

  PIETRO PITTALIS. Non mi pare sia il caso di procedere così sui problemi della giustizia, con questa semplificazione.

  PRESIDENTE. Abbiamo fatto un Ufficio di presidenza nella giornata di ieri in cui si è definito l'ordine dei lavori di questa seduta, perché è fissata per le ore 16 di oggi la discussione generale in Aula su un provvedimento molto importante. Se in quest'Aula non c'è rispetto per i colleghi, io intervengo e tolgo la parola, perché voglio dare a tutti i Gruppi la possibilità di intervenire nella seduta odierna e voglio consentire al Ministro di poter replicare. Grazie e ci riaggiorniamo con il suo intervento Pag. 16e la sua domanda per un'altra seduta in cui il Ministro risponderà.
  Passiamo agli interventi del Gruppo del Partito democratico.

  DAVID ERMINI. Naturalmente formulo gli auguri di buon lavoro al Ministro, nonché collega di foro. Naturalmente le osservazioni che farò e che faremo sono del tutto politiche e mai personali, però il Ministro Bonafede sa benissimo che nella dialettica politica ci si dicono le cose in modo franco.
  Io credo, Ministro Bonafede, che lei abbia fatto una campagna elettorale in tema di giustizia molto demagogica, e adesso dovrà risolvere i problemi, su cui ha fatto una marea di promesse, ma che nella relazione di oggi ha palesemente mancato di affrontare.
  Per esempio, sulla lotta alla corruzione noi abbiamo fatto moltissime battaglie e tante discussioni. In questi cinque anni passati noi come esponenti di Governo e anche come maggioranza abbiamo sostenuto riforme storiche nel nostro Paese. Lei naturalmente non ce ne darà atto, ma dovrà ricordare la reintroduzione del falso in bilancio; il disegno di legge Grasso con l'aumento delle pene per atti di corruzione, che scongiurava la possibilità di evitare il carcere; gli sconti di pena per i collaboratori di giustizia, come la magistratura ci richiedeva; il whistleblowing, fatto in collaborazione con il Movimento 5 Stelle grazie a un accordo qui in Commissione giustizia con l'onorevole Businarolo, che oggi non vedo; gli ecoreati e il caporalato, tutti reati collegati anche al sistema mafioso, senza parlare dell'autoriciclaggio e del voto di scambio.
  Lei oggi viene qui e ci dice: «Io voglio sostanzialmente inserire pene accessorie e agente provocatore». E questa sarebbe la sua lotta alla corruzione? Queste sono parole al vento. Lei sarebbe dovuto venire qui a dire: «Guardate, io voglio migliorare quello che avete fatto. Ragioniamo insieme su questo». Lei si limita a due interventi che puntano solo sulle sanzioni, solo sulla paura delle pene accessorie. Lei pensa che con l'agente sotto copertura... Prima parlavate di agenti provocatori, poi vi siete accorti di cosa sarebbe successo. Adesso, con questo voi pensate di risolvere il problema della corruzione? No, il problema della corruzione si risolve con l'ANAC, si risolve col Codice degli appalti, si risolve con una serie di attività prodromiche all'attività della giustizia.
  Salterò un sacco di questioni, perché avremo occasione di parlarne. Ministro, sulle intercettazioni, la ratio della riforma è che siamo stufi di vedere sbattute sui giornali persone perbene, persone che non hanno nulla a che vedere con le indagini, persone che non c'entrano nulla con l'attività investigativa. Ministro, lei purtroppo lo ha subìto personalmente. Nell'indagine Lanzalone-Parnasi lei è stato più volte indicato nelle intercettazioni.
  Io le domando: in un fatto di questo genere lei è sicuramente estraneo e io la conosco bene...

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Vista la delicatezza, spieghi che erano citazioni che non avevano nulla a che fare con fatti... È una precisazione.

  DAVID ERMINI. L'ho premesso, però «Bonafede presenta Lanzalone alla Raggi» e tutta questa roba qui, l'abbiamo letta sui giornali. Io posso capire che un politico può avere la scorza, resistere, sapendo che, se si espone al pubblico, può anche ricevere questo trattamento, ma le persone che non fanno politica, perché non devono essere tutelate dal linciaggio mediatico che spesso si verifica?
  Le faccio una domanda provocatoria: non è che lei vuole cambiare questa riforma perché ha paura che qualcuno possa dire che si sente un tantino in conflitto d'interessi sulla vicenda delle intercettazioni? Vado avanti.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Posso chiederle, per risponderle in maniera mirata, quale sarebbe il conflitto d'interessi?

  DAVID ERMINI. Qualche malizioso potrebbe pensare che lei, per evitare che si possa dire «Bonafede è rimasto imbrigliato Pag. 17nelle intercettazioni», per non far vedere che si vuole autodifendere, blocchi la riforma sulle intercettazioni.
  Della prescrizione hanno parlato anche altri. Le dico soltanto che noi abbiamo fatto tanto sulla prescrizione e vorrei che di questo ci fosse dato atto. Dobbiamo fare in modo che la prescrizione intervenga, non a danno dei cittadini, ma a favore della giustizia, in questo modo, invece, mi sembra proprio il contrario.
  Concludo dicendo che nella sua campagna elettorale, Ministro, ha fatto tante promesse. C'è una cosa che dobbiamo sapere. Lei ha affermato che l'accesso alla giustizia sarebbe stato più facile. Io voglio sapere quando e come diminuirà il contributo unificato. Voglio sapere se ci sarà lo scorrimento degli assistenti giudiziari. Voglio informazioni sulle assunzioni nella polizia penitenziaria. Voglio sapere come sistema i magistrati onorari. Voglio sapere con quali fondi garantisce l'apertura dei tribunali.
  Su tutte queste cose è facile dire: «Lo vedremo poi, lo vedremo nella legge di bilancio». Io voglio solo sottolineare che nella passata legislatura per la prima volta il bilancio della giustizia è stato incrementato, abbiamo assunto molte persone. Lei lo sa, perché abbiamo bandito i concorsi per i cancellieri, dopo tanti anni che non venivano fatti.
  Concludo dicendo che sono d'accordo con la collega che ha parlato del magistrato in politica. Io ho presentato un emendamento. Se non possono rientrare in magistratura i magistrati che sono stati semplici parlamentari, vi chiedo: fa più politica un parlamentare di opposizione, un parlamentare semplice o il capo di gabinetto di un ministero? Siccome fa più politica un capo di gabinetto, se non rientrano i parlamentari, non rientrano nemmeno i capi di gabinetto.

  LUCIA ANNIBALI. Buonasera, Ministro. Io vado dritta al punto, nel senso che vorrei sottoporle alcune sollecitazioni e richieste di chiarimenti per quanto riguarda gli interventi del suo dicastero in materia di violenza di genere. Anche se in realtà nel contratto di governo il tema non viene menzionato in modo espresso e specifico, qualcosa c'è, anche se quello che c'è a me sembra piuttosto sul versante repressivo e securitario.
  Comunque, vado dritta al punto per non perdere tempo, e mi riferisco all'ambito penale. Quando si parla di prevenzione e contrasto del femminicidio si scrive: «Risulta opportuno impartire specifica formazione agli operatori delle forze dell'ordine sulla ricezione delle denunce riguardanti i reati a sfondo sessuale [...] per i quali sarà previsto anche un vero e proprio codice rosso». Vorrei sapere da lei se può dirmi che cosa si intende per codice rosso, perché l'attuale Ministra Bongiorno in campagna elettorale ne aveva parlato in riferimento alle donne vittime di violenza che accedono ai pronto soccorso. Se è questo – ma magari mi sbaglio –, in realtà esistono le linee guida nazionali emanate dal precedente Governo, che peraltro io ho redatto, per quanto riguarda appunto l'accesso al pronto soccorso per le donne vittime di violenza. Quindi, in realtà, sarebbe un di più, anzi il codice rosso non è neanche pensabile; casomai sarebbe auspicabile promuovere queste linee guida.
  Ho maggiori perplessità, invece – ma non solo io – per quanto riguarda l'ambito civile, in particolare il diritto di famiglia. Avete parlato di obbligatorietà della mediazione civile quando ci sono figli minorenni e di affidamento condiviso dei figli, sempre con riferimento a situazioni di violenza. Se questo principio può valere in linea generale per garantire una parità di trattamento tra marito e moglie, di certo ciò non può accadere quando ci siano situazioni di violenza. Credo che di questo bisognerà tenere conto.
  Spesso in sede civile, in sede di separazione, quando ci sono situazioni di violenza, i giudici tendono a risolverle come semplici conflitti. Questo, in realtà, non fa che mettere in pericolo la sicurezza anche degli stessi figli, aprendo poi il tema della violenza assistita. In realtà, io chiedo una riflessione in più nel momento in cui andrete ad agire su questi temi. Lo speriamo, quindi ben venga.

  ALFREDO BAZOLI. Sarò assolutamente telegrafico. Innanzitutto auguro buon lavoro Pag. 18 al Ministro. Vorrei molto telegraficamente affrontare due questioni: una di cui lei non ha parlato e una, invece, che lei ha illustrato. La questione di cui non ha parlato e che vorrei sottoporle, perché a me preoccupa molto, è contenuta nel contratto di governo: mi riferisco all'idea che si debbano smontare alcune riforme fatte nella scorsa legislatura, volte a deflazionare in particolare il contenzioso penale: l'abrogazione della depenalizzazione di reati, la non punibilità per particolare tenuità del fatto, l'estinzione del reato per condotte riparatorie.
  Mi chiedo come questo si concili con l'obiettivo, che lei ha dichiarato e che noi ovviamente condividiamo, di ridurre la durata dei processi. Un aumento dell'estensione dell'ambito penale chiaramente rischia di intasare i tribunali e questo comporterà un allungamento, verosimilmente, del processo. Io temo che smontare le riforme citate porti a questo rischio e, quindi, la cosa mi preoccupa molto.
  La seconda questione riguarda la riforma delle procedure concorsuali. Lei ha detto, giustamente, che occorre una riforma organica. La riforma che abbiamo approvato nella scorsa legislatura è una riforma organica, è la prima riforma organica da settant'anni a questa parte. L'abbiamo fatta insieme, quindi con una condivisione larga. Le ricordo che l'esercizio della delega scade a ottobre. Lei ha parlato di interventi puntuali. Le faccio notare che abbiamo raggiunto un equilibrio complicatissimo nella scorsa legislatura, dopo una lunghissima discussione. Toccare un solo tassello di quell'equilibrio rischia di far naufragare una riforma che, come lei sa, è una riforma fondamentale per il sistema economico.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Io ho parlato di correttivi. Non le sfuggirà che, per esempio, nella legge-delega è previsto il dovere per l'Agenzia delle entrate di fare una segnalazione di allerta. Ora, se facciamo partire segnalazioni di allerta rispetto a tutto il mondo delle imprese italiane, secondo quello che è emerso nel dibattito dottrinale successivo, a cui hanno partecipato diversi magistrati, andiamo incontro al rischio caos.
  Quindi la procedura di allerta, che è sacrosanta ed è uno degli aspetti migliori, dovrà quantomeno essere calibrata rispetto a indici che saranno differenziati. Sto parlando semplicemente di questo, di andare a correggere gli aspetti che già sono emersi e che potrebbero creare un danno alla reale attuazione della riforma.

  CIRO MASCHIO. Presidente, colleghi, signor Ministro, innanzitutto condivido con lei l'emozione di quest'inizio. Auspico che tra qualche anno in un prossimo Governo qualcuno di voi condivida anche la nostra, ma nel frattempo condividiamo questo dialogo.
  In ogni caso, per come la conosco, quantomeno giornalisticamente e non solo, so che in queste aule ha dimostrato in questi anni disponibilità al dialogo e confronto dialettico sempre ispirato a una logica di rispetto reciproco, quindi confido, augurandole buon lavoro, che saremo in grado di farlo anche in questa legislatura.
  Peraltro, sulla giustizia giochiamo tutti, il Paese gioca, una partita fondamentale anche per il deficit di competitività che caratterizza l'Italia nel mondo per la sua nota e ormai paradossale inefficienza del sistema giustizia.
  È noto a tutti quanto sia alta in questo momento da parte dei cittadini la percezione dell'ingiustizia e dell'impunità diffusa; quindi condivido molto, pur non essendo al Governo, la preoccupazione di questo Esecutivo e la volontà di restituire certezza della pena e fiducia nella giustizia in questo Paese.
  Sul piano della lotta alla corruzione, ovviamente condividiamo appieno quanto detto. Le recenti vicende, anche quelle romane, che ovviamente vediamo come spettatori del tutto estranei, confermano quanto alta debba essere, anche a partire dalla Capitale, l'attenzione nei confronti della corruzione.
  È inutile dire che il tema fondamentale è l'inefficienza della giustizia. È chiaro che sono necessari investimenti strutturali organici importanti, non dichiarati ma praticati, più di quanto sia avvenuto negli anni Pag. 19scorsi. Anche sulla riforma del processo civile fallimentare e sull'implementazione delle procedure telematiche ovviamente auspichiamo si possano vedere presto risultati concreti.
  Il tema dell'inefficienza della giustizia è anche connesso a quello della prescrizione. Se si arriva a proporre la sospensione del termine della prescrizione, sulla base di un'esperienza che dimostra un'interminabile durata dei processi, si corre il rischio, da un lato, di pregiudicare in parte il diritto alla difesa dei cittadini – che è anche il diritto a essere trattati in modo uguale in merito alla decorrenza dei termini, considerato che ogni indagato, ogni imputato, è un presunto innocente fino a sentenza definitiva –, ledendo i diritti costituzionali fondamentali, e dall'altro, di codificare e legalizzare un sintomo. Se codifichiamo la sospensione della prescrizione perché i processi sono troppo lunghi, anziché intervenire sul male, andiamo a riconoscere anche le conseguenze.
  Auspico che, quanto più efficace sarà l'azione di efficientamento e di velocizzazione dei procedimenti e della giustizia, tanto meno sarà necessario ricorrere alla sospensione della prescrizione o ad altre misure.
  Per quanto riguarda la certezza della pena, non abbiamo minimamente condiviso la politica praticata dai Governi precedenti, che ha sostanzialmente sbriciolato tale concetto. I decreti svuotacarceri, le depenalizzazioni diffuse, la trasformazione dei reati in illeciti civili e amministrativi, a nostro avviso non hanno pagato e hanno aggravato la situazione.
  Questo si riscontra anche nella situazione dell'ordinamento penitenziario. A seguito della sentenza Torreggiani, che ha sostanzialmente messo in mora l'Italia in merito al sovraffollamento carcerario, i Governi degli ultimi anni hanno dimostrato, dati alla mano, di essere riusciti a ridurre progressivamente il sovrappopolamento carcerario. La situazione, in realtà, se la guardiamo con più attenzione, non è questa.
  Non si svuotano le carceri liberando i delinquenti, come è stato fatto in questi anni. La popolazione carceraria è di circa 58-60.000 detenuti, di cui più di un terzo stranieri. Il problema della sovrappopolazione si risolve: in primo luogo, costruendo nuove carceri; in secondo luogo, insistendo molto sulla prospettiva di far scontare le pene agli stranieri nei Paesi d'origine, concludendo gli accordi bilaterali che ancora non sono stati conclusi e dando attuazione a quelli tuttora non attuati.
  Penso al Marocco, ad esempio, che è il primo della lista, con quasi 5.000 detenuti nel nostro Paese. È chiaro che, se si instaura una collaborazione forte, se immaginiamo che il costo per detenuto è di circa 124 euro e lo moltiplichiamo per 10.000, 15.000, 20.000 detenuti, si possono risparmiare e destinare alla giustizia cifre che vanno dai 500.000 euro al miliardo di euro all'anno per costruire nuove carceri e per investire sul personale, sulle strutture e su tutto quello che in questo momento sta causando l'inefficienza della giustizia. Su questo ci aspettiamo molto. Saremo collaborativi se lo farete, mentre vi contesteremo e solleciteremo con particolare attenzione se non sarete in grado di farlo.
  Concludo, visti i tempi ristretti, con alcune questioni che poniamo all'agenda. La prima è immediata. Condividiamo in pieno le critiche soprattutto sulle linee di principio ispiratrici delle riforme dell'ordinamento penitenziario, su cui abbiamo discusso in Commissione anche in questi giorni. Sappiamo che la Commissione giustizia dovrebbe esprimersi con un parere contrario. Le chiediamo un atto di chiarezza subito: ci dica con chiarezza subito, a questo punto, se il Governo prenderà la decisione di non dare attuazione alla delega. Oltre a esprimersi in senso contrario, noi abbiamo chiesto espressamente che la Commissione nel parere chiedesse al Governo esplicitamente di non dare attuazione alla delega, senza per questo pregiudicare tutto il buon lavoro che è stato fatto; quindi la parte condivisibile della riforma potrà essere recuperata, ma semplificando e facendo chiarezza su questa linea.
  Le chiedo se c'è la disponibilità a un confronto, anche a sostegno degli operatori di giustizia e delle forze dell'ordine che quotidianamente vivono la difficoltà di tutelare Pag. 20 la sicurezza dei cittadini. Le chiedo se c'è la sua disponibilità a un confronto sulla nostra proposta di legge di abrogazione del reato di tortura, e specificamente degli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale.
  Le chiedo se è disponibile a un confronto con noi su una proposta di legge che rafforzi la tutela delle vittime di reato, prevedendo la possibilità di un risarcimento del danno ai cittadini che sono vittime di reati da parte di soggetti che non dovevano essere deambulanti e liberi di agire sul territorio. Mi riferisco a clandestini – banalizzo il concetto – che non devono neanche essere in Italia, o a soggetti che sono stati scarcerati con misure alternative, che invece avrebbero potuto scontare la pena in carcere.
  Quando un cittadino subisce un reato, soprattutto se grave, ad opera di soggetti che non dovevano essere a piede libero nel nostro territorio, vorremmo che lo Stato si assumesse l'onere di risarcire il danno che esso stesso ha causato.
  Le faccio un ultimo appello da avvocato, quindi anche da collega. So che ha da poco incontrato i rappresentanti dell'ordine forense, il Consiglio nazionale forense. So che è stato un incontro molto cordiale e collaborativo. Spero che anche lei sia consapevole quanto noi che negli anni scorsi le libere professioni, e l'avvocatura in particolare, sono state massacrate sotto diversi profili, e quindi auspico che lei sia il primo a restituire dignità sia simbolicamente, sia per quanto riguarda le tutele fiscali, economiche, previdenziali e quotidiane, anche e soprattutto ai giovani avvocati. Da questo punto di vista, c'è sicuramente molto da fare.
  Le rinnovo gli auguri di buon lavoro e auspico che avremo modo di confrontarci più volte in quest'Aula.

  FEDERICO CONTE. Buonasera, Ministro. Occuperò molto meno del tempo a mia disposizione a vantaggio della Commissione per porre due quesiti in particolare.
  Oggi, la presidente Sarti ha illustrato come relatrice il parere contrario allo schema di decreto legislativo sull'ordinamento penitenziario. Il collega che mi ha preceduto ha già posto in maniera netta la questione, che faccio mia, e cioè quale sia l'intenzione del Governo rispetto alla legge delega in scadenza per il 3 agosto: intende riproporre lo schema, eventualmente facendo tesoro delle notevoli osservazioni critiche contenute nel parere, che, pur essendo contrario, è argomentato come se portasse delle osservazioni, e in taluni casi delle condizioni? O, comunque e in ogni caso, qual è l'intenzione del Governo rispetto al tema dell'ordinamento penitenziario? Nell'immediato come intende il Governo fronteggiare non solo il problema della sovrappopolazione carceraria, che ella ha messo in evidenza nella sua relazione, ma anche l'obbligo, il dovere di garantire ai detenuti un percorso rieducativo?
  Se politicamente si ritiene che la funzione di reinserimento nella società non è adeguatamente garantita dal sistema di norme esplicative della legge delega, fondate su un meccanismo di misure alternative assistite, è importante sapere come il Governo vorrà garantire questa funzione costituzionale all'interno del carcere, in particolare se tale prospettiva possa o meno agganciarsi a un monitoraggio dello stato attuale delle carceri non solo dal punto di vista della popolazione, ma anche da quello delle strutture, della loro agibilità, della loro funzionalità.
  Rispetto a questo, c'è un programma di più ampio respiro che riguarda una dotazione adeguata perché quella funzione di reinserimento nella società che non si vuole garantire con le misure alternative in ragione di una spinta più securitaria possa essere garantita all'interno?
  In secondo luogo, c'è il tema della prescrizione, rispetto al quale – lo dico con chiarezza – ritengo ci sia una posizione dogmatica, che, signor Ministro, finirà e finisce per assumere caratteri demagogici individuandola come una causa dei disservizi del sistema, mentre nella mia rappresentazione essa è una conseguenza dei disservizi del sistema.
  Lei denuncia un uso pretestuoso della prescrizione. La mia preoccupazione è che si faccia un uso pretestuoso del tema della Pag. 21prescrizione rispetto alle esigenze di intervento. Allora, le vorrei chiedere, nell'esercizio del suo dicastero, se ha in testa, se ha in mente, se nei suoi progetti ci sono interventi di carattere complessivo che riguardano, ad esempio, la dotazione di maggiore organico non solo tra i magistrati, ma anche tra i dipendenti del Ministero della giustizia, nonché di infrastrutture materiali e immateriali, e mi riferisco segnatamente al processo telematico, e se il Governo intende porre mano, ad esempio...

  PRESIDENTE. Mi perdoni, onorevole Conte. Intervengo soltanto per dare una comunicazione.
  L'inizio della seduta dell'Assemblea in sede di discussione generale è stata posticipata alle 16.30.
  Il Ministro replicherà adesso, dopo la conclusione degli interventi dei gruppi, poi capiremo se riaggiornarci a un'altra seduta. Intanto, facciamo concludere l'onorevole Conte.

  FEDERICO CONTE. Poche battute, presidente. Stavo chiedendo al Ministro se il Governo intenda mettere mano con una proposta di legge al processo penale per individuare, ad esempio, termini processuali caratterizzati dal meccanismo della perentorietà anche per quanto riguarda le attività di indagine preliminare; se intende dotare di sanzioni processuali inefficienze e ritardi che riguardano la scadenza di quei termini, i passaggi dei procedimenti dalla fase delle indagini alla fase dell'udienza preliminare e poi alla fase del tribunale; se, cioè, inizia un percorso di scansione – lei parlava del case management – che introduca nel processo penale meccanismi di gestione del processo ispirati a criteri di efficienza, questo evidentemente anche alla luce del chiarimento che ci darà su quali siano i momenti più salienti del processo in cui maturano gli elementi significativi dei procedimenti che vanno prescritti; se, insomma, c'è l'idea di intervenire a monte e non soltanto a valle con il sacrificio di un diritto e di un presidio di garanzia per curare questo male nel nostro sistema. Grazie.

  CATELLO VITIELLO. Ministro, buonasera e auguri per il suo lavoro.
  Condivido assolutamente con lei l'emozione di stare in quest'Aula, perché io da neofita ci sono per la prima volta, lei oggi torna da Ministro, e io invece mi siedo per la prima volta come parlamentare qui e anche nell'emiciclo, quindi è un'emozione che condivido assolutamente.
  Soltanto per una questione di impostazione pratica, le voglio dire che ho votato la fiducia al Governo. Non so se lo ricorda, ma io sono nel Gruppo misto, ma rappresento l'unica componente che ha votato la fiducia a questo Governo. Questo è per dirle che ho fiducia nel cambiamento, ho fiducia che si facciano le cose in maniera diversa rispetto a come sono state fatte fino ad ora. Le distorsioni, soprattutto in materia di giustizia, sono notevoli e sono sempre stato contro la «riformite» anch'io, nel senso che ho sempre ritenuto che le riforme, soprattutto quelle a macchia di leopardo, servissero soltanto a complicare la vita degli studenti universitari, oltre che degli avvocati all'interno dei tribunali.
  Vorrei, quindi, non essere critico già prima ancora che lei cominci il suo lavoro. Capisco che quello che ci ha illustrato è una sorta di carta dei valori, che però non è preclusiva di ulteriori passaggi, e soprattutto di altre priorità che il Governo avrà certamente, ma in questo momento mi sento magari di poter dare un contributo, anche perché mi svestirò sempre, quando sarò qui, in ogni occasione di confronto, dei panni di una formazione politica per assumere quelli che mi sono più consoni, cioè quelli dell'avvocato.
  Noto che nel corso del tempo si è fatto sempre ricorso alla riforma o per stigmatizzare un determinato passaggio, codicillo, qualcosa che non andava, o per aumentare e amplificare pene. Io penso che sia arrivato il momento, Ministro, di fare quello che non si è fatto fino ad ora.
  I Governi che l'hanno preceduta, che hanno preceduto il governo del cambiamento, hanno sempre istituito tavoli di confronto, commissioni per le riforme del codice penale e del codice di procedura penale. Io ricordo, per il codice penale, la Pag. 22riforma Pisapia, la riforma Nordio; per il codice di procedura penale, la riforma D'Alia, la riforma Riccio. Alla fine, però, sono rimasti pacchetti conservati nei meandri del Governo e del Parlamento senza portare a nulla.
  Per combattere la «riformite», Ministro, ho la vaga sensazione che si debba incidere, come dicevo, non a macchia di leopardo ma magari in maniera più organica provando a cambiare il sistema. Per il codice penale, ad esempio, a tutt'oggi abbiamo un codice nella cui parte speciale le prime fattispecie riguardano lo Stato e non l'individuo. Questa è una cosa abbastanza grave, nel senso che abbiamo un codice che, sebbene interpolato più volte, risale a un momento precedente alla Carta costituzionale.
  Penso che sia arrivato davvero il momento di mettere il cittadino al centro anche del codice penale. Dobbiamo partire dalla vita con le fattispecie penali. Penso che sia da lì che si cambia, che sia da lì che si dà il senso di quello che facciamo qui dentro.
  Dopodiché, penso che sia necessaria anche una riforma processuale. Da che è nato questo codice, nel 1988 – mi permetta, Ministro – abbiamo avuto più di una volta la Consulta contro, abbiamo avuto una tradizione di codice inquisitorio, perché nasceva anche quello a braccetto con il codice penale del 1930, in un'epoca precedente alla Carta costituzionale. Dopodiché, abbiamo deciso di cambiare; il Guardasigilli Vassalli riformò radicalmente il codice di procedura penale.
  Il problema è che poi ci sono state incursioni da parte della Consulta. Oggi, invece, si sta facendo nuovamente un'attività legislativa per cercare di mettere le cose a posto, avendo dalla nostra anche la Consulta, che nel frattempo si è abituata per tradizione anche giuridica e giudiziaria a questo modo di concepire il processo.
  Io penso che questo renderebbe anche più semplice il discorso sulla prescrizione. Oggi si fa una grande confusione tra prescrizione e ragionevole durata del processo, che sono due cose completamente diverse. Dobbiamo ragionare in termini di prescrizione, e chi le parla è anche d'accordo a individuare un termine di prescrizione magari processuale. Prima, Ministro, ha fatto riferimento nella sua relazione alla sospensione dopo la sentenza di primo grado: va bene, va benissimo, ma non dobbiamo consentire che la Corte d'appello fissi un'udienza d'appello dopo quattro o cinque anni. È capitato a me.
  Io sono ricorso in appello nel 2012 e ancora oggi ... Probabilmente, è prescritto, e quindi hanno dimenticato di mandarmi anche l'avviso di cui all'articolo 129, fatto fuori udienza, anche quella una pratica assolutamente da abolire, ma dobbiamo stare attenti, Ministro. La verità è che, se portiamo dei correttivi alla prescrizione, dobbiamo stare attenti però a che il processo non ci sfugga dalle mani.
  La ragionevole durata si registra sulle notifiche, e sono avvocato, so che cosa significa per un avvocato cambiare le notifiche, significa accelerare i processi, ma va bene, va bene perché va nella direzione giusta. C'è poi il diritto tabellare. I ruoli dei magistrati devono essere cambiati. Se il nostro è un processo votato al contraddittorio, non possiamo sentire i testimoni dopo anni che il fatto si è verificato, altrimenti quella testimonianza non avrà più alcun peso e alcun valore.
  Secondo me, l'accelerazione sulla prescrizione va introdotta unitamente a norme volte a rettificare e a garantire la ragionevole durata del processo.
  Dopodiché – mi dispiace, non voglio prendere troppo tempo, poi avremo ancora modo di riparlare di queste cose – c'è la riforma dell'esame da avvocato. Mi dispiace, non ho sentito nessuno parlarne, ma io sono obbligato a farlo, perché mi occupo anche di questo nella mia vita professionale: noi dobbiamo riformare l'esame da avvocato. Non è giusto che un esame di abilitazione sia gestito in questo modo, senza la garanzia di un correttore efficace, senza garanzia di una selezione di correttori capaci di dare una giusta risposta a chi arriva, dopo anni di lavoro, dopo anni di sacrificio, a un esame di abilitazione che per mera sorte non si supera, perché è Pag. 23tutta una questione di sorte. Questo è l'esame da avvocato. Allora, va riformato.
  Lo so, mi rendo conto, è difficile, probabilmente bisogna partire dalle università, ma facciamo qualcosa per chi deve superare l'esame da avvocato. Non è un concorso pubblico. Ricordiamocelo. È un esame di abilitazione.
  Relativamente all'edilizia giudiziaria, lei non sa, non può sapere, che in quest'aula non ho preso la parola sulla riforma dell'ordinamento penitenziario. Secondo me, al di là e al netto del buon lavoro svolto anche dal vecchio Governo – secondo me, questa riforma ha aspetti notevoli e buoni, soprattutto nei confronti dei detenuti –, bisogna però partire dall'edilizia giudiziaria.
  Se il Governo ha questo come punto di riferimento, ha questo come priorità, io mi sento tranquillo, perché lavorare in tema di edilizia giudiziaria significa diminuire il sacrificio dei detenuti all'interno delle carceri.
  Un ultimo passaggio. Non me ne voglia, Ministro, ma se dice che ci vuole il confronto e che ci sarà confronto, non ho capito perché sul decreto «salva Bari» questo confronto non c'è stato. Mi perdoni, glielo devo dire. Io speravo che tanti emendamenti potessero essere accolti. Io li ho presentati, io come tanti altri qui dentro, in maniera costruttiva e non distruttiva. Volevamo salvare Bari, ma secondo me l'emergenza barese, al netto di quello che si è detto, non è paragonabile alle calamità naturali, non può essere la stessa cosa.
  Sono 17 anni. Addirittura, il primo sequestro del tribunale di Bari è stato fatto nel 2003. Non lo dico io. Sono venute le persone qui, gli auditi, a dircelo. Nel 2003 si è fatto il primo sequestro, sequestro con la possibilità dell'uso. È incredibile. Dopo 17 anni ci troviamo a parlare di Bari e a dire che è un'emergenza imprevedibile e facciamo un decreto-legge per sospendere la prescrizione. Per me, va anche bene, ci sta tutto, però attenzione al «considerando» che ha dato la stura al decreto legge. Se il «considerando» è l'edilizia, se il «considerando» è l'inagibilità, all'interno del decreto-legge – mi dispiace, Ministro – ci voleva una norma che prevedesse poteri straordinari per la requisizione di un immobile a Bari immediatamente. Se mi si risponde, come mi è stato risposto in questa sede, che lo fate per le vie ordinarie, allora non ci voleva un decreto-legge, perché non c'è l'emergenza, mi dispiace.
  In questo senso, ritengo che sia più che opportuno recepire anche quei passaggi tecnici, come la custodia cautelare in carcere. Non è soltanto quella l'eccezione alla sospensione. L'eccezione doveva essere prevista anche per le misure cautelari personali, doveva essere prevista per l'incidente probatorio. Tutto questo non è stato previsto. Addirittura, gli uffici hanno evidenziato un'osservazione per migliorare la qualità del prodotto legislativo ma neanche quella è stata recepita...
  Io spero che ciò che è capitato con questo decreto-legge, vale a dire una chiusura da parte del Governo e della maggioranza, sia soltanto un incidente di percorso, un inizio un po’ incespicante, e che per il futuro aumenti davvero il confronto. Grazie. Chiedo scusa se ho utilizzato un po’ più del tempo a mia disposizione.

  PRESIDENTE. No, collega Vitiello è stato nei dieci minuti previsti.
  Darei la parola al Ministro per la replica.

  CARMELO MICELI. Presidente...

  PRESIDENTE. Onorevole Miceli, dovrei riaprire lo spazio per tutti gli interventi. Ho pregato i gruppi di definire prima chi avrebbe voluto intervenire. Abbiamo mezz'ora in più, ma se riapriamo la possibilità di fare interventi e di fare domande, il ministro non potrà più replicare.

  CARMELO MICELI. Dieci minuti, presidente: ci dia un minuto a gruppo.

  PRESIDENTE. Forse non ci siamo capiti. Alle 16.30 abbiamo la seduta dell'Assemblea. Il ministro deve replicare oggi. Non ce la farebbe a replicare se consentissimo di riaprire gli interventi. Potrà tornare, ma se il Ministro oggi ha intenzione Pag. 24di replicare, diamogli intanto la possibilità di farlo oggi; poi terremo un'altra seduta per ulteriori interventi e altre repliche.

  CARMELO MICELI. Presidente, solo per rassicurarla, io non avrei aperto altri capitoli.

  PRESIDENTE. Forse, onorevole Miceli, non ci siamo capiti. A tanti suoi colleghi piacerebbe intervenire.
  Diamo la parola al Ministro Bonafede per le relative repliche, e poi ci aggiorneremo a una prossima seduta.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Non ho problemi a ritornare, ma mi fa piacere, e ringrazio la presidente, di avere a disposizione questi venti minuti, che mi permetteranno quantomeno di toccare in replica i vari argomenti che sono stati sollevati.
  Ho apprezzato, per quello che può contare, il fatto che ci siano state domande anche abbastanza pungenti, anche abbastanza dirette, abbastanza franche. Spero che apprezzerete la stessa franchezza con cui darò le mie risposte.
  Inizio con quello di cui non ho parlato per specificare che non ne ho parlato semplicemente perché si tratta di temi inseriti nel contratto di Governo e, come ho detto all'inizio, non fanno parte dei primi provvedimenti di sicura iniziativa governativa.
  Ringrazio l'onorevole Annibali per aver sollevato il problema della violenza di genere, che è assolutamente una priorità. Il riferimento al codice rosso non riguarda assolutamente la priorità negli ospedali. Riguarda la priorità nell'accesso alla giustizia, cioè poter dare un canale preferenziale – e d'altronde questo codice rosso è stato proposto da diverse associazioni del settore – alle denunce che arrivano per quei reati odiosi e approntare immediatamente una tutela.
  Quello che è stato fatto nella scorsa legislatura, cioè l'aumento di pene e di sanzioni e così via, si è dimostrato abbastanza fallimentare semplicemente perché, dal nostro punto di vista, quando si aumenta la pena per un reato che una persona sta per compiere, non si ha alcuna efficacia deterrente, perché quella persona è in preda a una volontà per la quale certamente non decide di fare un passo indietro perché c'è un aumento di pena, nemmeno se la pena è incrementata di dieci anni.
  È evidente che in questo settore bisogna intervenire con la prevenzione, con la prevenzione di carattere culturale. Molte associazioni che lavorano in questo settore lamentano la totale assenza o l'insufficienza di fondi che possono consentire di intervenire in maniera preventiva. Ecco, ci muoveremo in quel senso.
  Tra gli altri argomenti di cui non ho parlato c'è la magistratura onoraria, a cui ha fatto riferimento, se non ricordo male, il deputato Pittalis. Sappiamo tutti quanto sia complicato quel settore, quel problema. Di fatto, oggi la magistratura onoraria è un pilastro su cui si regge la nostra giustizia. È sbagliato che sia così, perché il pilastro su cui si regge la nostra giustizia vive e versa in una situazione di precarietà assolutamente inaccettabile.
  Ora, su questo che cosa ho pensato di fare, rispetto a persone che lo Stato – lo possiamo dire – in questi anni ha sfruttato da un punto di vista lavorativo, senza cercare di dare una garanzia di stabilità alla loro attività?
  Il 18 luglio inizio le consultazioni, i confronti, i dialoghi con le associazioni del settore per far capire a tutti gli addetti ai lavori che il Governo vuole creare una linea politica che possa rispondere il più possibile alle loro esigenze.
  Vi dico anche che gli investimenti che verranno fatti in termini di risorse non saranno destinati ad incrementare la magistratura onoraria. Dal nostro punto di vista, se dobbiamo spendere un euro, lo dobbiamo investire nell'ampliamento dell'organico della magistratura ordinaria.
  E così rispondo anche all'onorevole Zanettin, che ha fatto riferimento proprio alla possibilità di ampliare l'organico. Sicuramente, nelle intenzioni del Governo c'è la volontà di proseguire, se vogliamo, la strada iniziata nella scorsa legislatura e di agire per l'ampliamento, perché ancora non è Pag. 25sufficiente, considerando i pensionamenti che ci sono ogni anno.
  Rispondo sul discorso delle risorse. In tanti hanno sollevato la questione delle risorse, tra questi il deputato Perantoni, e ora da ultimo, sulla sicurezza dei tribunali, il deputato Vitiello. E viene presa in considerazione la situazione di Bari. Mi viene detto che forse su Bari si sarebbe dovuto tenere un confronto maggiore.
  Chiarisco la mia idea di come debba svolgersi il dibattito. La prima parola spesso spetta alla maggioranza, l'ultima parola, in democrazia, spetta sempre alla maggioranza. Più voci arrivano in termini di proposta, tra la prima parola e l'ultima, migliore sarà la stessa ultima parola su cui si pronunceranno il Parlamento o il Governo.
  Detto questo, si deve parlare di proposte. Chiaramente, su alcune questioni può non esserci una condivisione della linea politica.
  Allora, su Bari, tanto per chiarire alcuni punti – ho sentito che circolano diversi equivoci – il decreto-legge aveva soltanto una funzione, e cioè smantellare le tende a Bari, perché non era accettabile che le tende stessero un giorno in più a Bari.
  Voi avete sentito tante persone che sono venute in audizione. Bene, quelle persone sono state sedute a un tavolo. Come saprete, a Bari c'è una conferenza permanente. Sono andato io a Bari, ci siamo riuniti, e nessuno in occasione dell'incontro mi aveva detto: guardi, Ministro, non siamo d'accordo sul decreto-legge che smantella le tende.
  È ovvio che nessuno può dire: non siamo d'accordo col togliere le tende! E reputo irrilevante, sinceramente, se si dovrà fare qualche notifica in più. Preferisco prendere una task force e mandarla a Bari per fare le notifiche, ma non accetto che in uno Stato di diritto ci possa essere una situazione come quella che io ho trovato quando sono andato lì. In cinque minuti, ero tutto sudato, e c'erano giudici, imputati e avvocati che erano lì da tutta la mattinata, con cancellieri che piangevano. Ora, nessuno me lo ha detto.
  Poi alcune delle persone che erano lì hanno pensato che il decreto-legge fosse una situazione... il decreto-legge ha finalità di urgenza! E, quindi, si risponde rispetto alle cose urgenti, cioè rispetto a quelle cose che non si possono risolvere in via ordinaria.
  Tra i banchi dell'opposizione ho chiesto tante volte alla maggioranza di non procedere per decreto-legge, perché il decreto-legge calpesta sempre i diritti di qualcuno ogni volta che interviene su materie su cui si potrebbe intervenire in maniera ordinaria.
  A quel punto, viene approvato il decreto-legge – il primo decreto-legge del Governo Conte è su Bari – che ripeto aveva soltanto la finalità di togliere le tende.
  Poi su questo si sono espressi tutti i soggetti del mondo giuridico, sul fatto che fosse necessario nominare un commissario straordinario. È qui l'equivoco italiano, tutto italiano, del commissario straordinario. Vorrei che qualcuno mi dicesse dove è accaduto che un commissario straordinario abbia risolto i problemi.
  Se penso, per esempio, al commissario straordinario per l'ILVA, sottratto a qualsiasi responsabilità (penale, amministrativa e civile) per decreto, manco fosse Dio – va bene? –, non mi risulta che ci siano state risoluzioni. Forse, sarebbe stato meglio, quattro anni fa, quando abbiamo cominciato a nominare commissari straordinari, sederci nella sede della democrazia e dire: come risolviamo la questione di ILVA in via strutturale? Siamo noi quelli eletti dai cittadini.
  Allora, a Bari ho chiarito un principio: siccome il Ministro andava lì personalmente e ci metteva la faccia, il Ministro volta per volta, quando non fosse stato possibile agire in via ordinaria, si sarebbe preso la responsabilità, eventualmente anche tramite nomina di commissario straordinario, di assumere atti urgenti.
  È incredibile che le forze di opposizione si lamentino per un atto della maggioranza che cerca di rispettare il più possibile le regole ordinarie!
  Tra l'altro, voglio ricordare che attraverso la procedura ordinaria è stato individuato un immobile. Sono finiti gli ostacoli? Forse no, però intanto è stato individuato Pag. 26 l'immobile, molto prima – do una notizia – di come sarebbe stato fatto se fosse stato nominato un commissario straordinario. Tuttavia ribadisco che nessuno in mia presenza ha detto: guardi, Ministro, il decreto-legge per smantellare le tende è sbagliato. Né tantomeno io ho mai detto: guardate che col decreto-legge risolvo tutti i problemi di Bari. Ho sempre parlato di un primo passo.
  Dopodiché, su tutto ciò che ne è derivato in termini di dibattito, posso dirvi, e non so quante volte fosse capitato in materia di giustizia, che prima di andare a Palazzo Chigi per l'adozione del decreto-legge, ho chiamato uno a uno i soggetti rappresentanti delle varie categorie coinvolte, e anche lì nessuno mi ha detto: no, guardi, Ministro, si fermi, non vada a fare il decreto-legge. Ci sono stati alcuni che hanno preferito parlare successivamente. Non dico niente. Ciascuno ha diritto di parola e ciascuno si prende le proprie responsabilità, ma mi faceva piacere chiarire qualche punto.
  Rispetto agli emendamenti presentati, non c'è stata alcuna chiusura pregiudiziale. Semplicemente, il Governo ha assunto una linea politica: nella misura in cui essi erano incompatibili con la linea politica, cioè la volontà di non nominare il commissario straordinario, almeno in questa fase, non sono stati accolti.
  Tra l'altro, su questo punto voglio dire che già il mio predecessore aveva iniziato un'opera di capillare monitoraggio della situazione edilizia di tutti i tribunali. Ho trovato un altissimo livello di professionalità all'interno del Ministero. Procederemo anche in termini di semplificazione delle procedure che portano all'intervento rispetto al momento in cui si apre la prima crepa nella sede del tribunale. Il punto è questo: rispetto a quando viene segnalato che c'è una crepa nella parete della sede di un tribunale, a volte passa un anno prima che qualcuno intervenga a risolvere il problema.
  A proposito del personale che ho trovato all'interno dei Ministeri – rispondo al deputato Ermini, così come a un altro intervento –, credo che il magistrato che lavora all'interno del tribunale come tecnico non abbia nulla a che fare con quello che ha una veste politica. Lo dimostra l'esperienza di questo primo mese.
  Al netto di quello che è stato detto in giro, e io non rispondo alle polemiche, su quattro dipartimenti ho confermato due capi dipartimento, anzi di cinque capi dipartimento ne ho confermati tre. Si tratta di magistrati che erano stati nominati dall'ex Ministro Orlando. Tre su cinque capi dipartimento sono stati ... Cosa?

  DAVID ERMINI. (fuori microfono) Avete fatto una campagna elettorale dicendo...

  PRESIDENTE. Onorevole Ermini, per favore!

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Deputato Ermini, lei mi ha fatto una critica precisa e io do una risposta precisa.
  Per me, nell'esperienza che sto dimostrando in questo primo mese, il magistrato che lavora al Ministero fuori ruolo non assume veste politica, e quindi non c'entra niente con la norma che impedisce le porte girevoli. Se poi lei mi dice che bisogna intervenire per razionalizzare i fuori ruolo, quello è un altro discorso, che per me però non riguarda il Ministero nella sua formazione principale.
  Per quanto riguarda la deputata Ferraioli, che parlava di contratto, ho rinviato più volte al contratto. Chiaramente, non è un'accezione ex articolo 1321 del codice civile, è però un impegno pubblico. L'onorevole Ferraioli, però, ha specificato che il contratto è quello che si stipula in campagna elettorale con gli elettori. Se accogliamo questa configurazione di contratto, direi che siamo stati abituati a diversi inadempimenti di contratti, alcuni stipulati anche a Porta a Porta dal Presidente della forza politica in cui milita la deputata Ferraioli, ma prendo atto che lì il contratto andava bene, mentre ora, che due forze politiche ne fanno uno serio e si impegnano a portarlo avanti, sorge qualche critica addirittura sulla parola «contratto». Pag. 27
  Vengo a una serie di questioni poste dal deputato Ermini, che chiaramente dice che io non darò atto di quello che è stato fatto di buono nella scorsa legislatura. Non è vero. Certo, se si riferisce alla legge sul falso in bilancio, dal nostro punto di vista, dal mio punto di vista, non do assolutamente atto di una buona legge, che a distanza di meno di un anno ha richiesto l'intervento delle Sezioni unite perché aveva gettato nel panico le sezioni della Corte di cassazione e tutta la magistratura per quanto riguarda l'interpretazione.
  Per quanto riguarda altre norme, su cui abbiamo sudato 500.000 camicie, come quella del whistleblowing, ritengo assolutamente che siano stati fatti passi avanti, così come per gli ecoreati, e aggiungo anche la legge sul divorzio breve, che mi ha visto personalmente protagonista.
  Il deputato Ermini dice, però: lì abbiamo fatto qualcosa contro la corruzione. Io non credo. Seppure io ritenga, come ho avuto modo di dire allora, che l'aumento delle pene possa essere importante, non ritengo che per la lotta alla corruzione sia quello il punto fondamentale. Può essere un passetto in avanti, ma la lotta alla corruzione si fa cercando di scovare la corruzione, e oggi questo non accade. Non è che, se si aumenta una pena, si scoprano maggiori fatti di corruzione.
  Per questo ritengo che ci sia una vera e propria rivoluzione nel momento in cui si va ad agire con uno strumento come quello dell'agente sotto copertura e col potenziamento dello strumento delle intercettazioni, prima di tutto evitando l'entrata in vigore del dannoso decreto legislativo del precedente Governo. E agisco attraverso il Daspo ai corrotti con un'efficacia realmente deterrente, perché l'imprenditore che si appresta a pagare una mazzetta mette in conto di essere sanzionato, ma non mette in conto – lo vedremo nella normativa che scriveremo – la possibilità di non avere più a che fare con la pubblica amministrazione per tutta la vita.
  Dopodiché...

  PRESIDENTE. Per favore, onorevole Ermini!

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Dopodiché, se attualmente i detenuti cosiddetti «colletti bianchi» al 31 dicembre 2017 sono lo 0,6 per cento di tutta la popolazione carceraria – parliamo di 370 in tutta Italia – a fronte della mole del fenomeno della corruzione in Italia, qualcosa evidentemente non ha funzionato.
  Rispondo alle critiche costruttive. Quando si vuole buttarla in caciara, non ho intenzione di rispondere, perché soprattutto un avvocato che fa il deputato dovrebbe sapere che cos'è il conflitto di interesse. E, comunque, se posso dire la mia sulla questione dello stadio, non mi sognerei mai di dire a un giornale che non deve pubblicare un'intercettazione che gli è arrivata, mai! Lo considererei non degno di uno Stato di diritto. Non lo direi mai, come è stato detto invece nella legislatura scorsa. I giornali fanno bene a pubblicare le intercettazioni quando ce le hanno. Questo è il mio pensiero.
  Dopodiché, mi permetto di criticare, non in questa sede, quando su questo si vogliono costruire responsabilità politiche o, come sta facendo lei in questa sede, si cerca di buttarla un po’ in caciara. Secondo me, in quel caso è assolutamente sbagliato, ma questa resta una mia opinione.
  Ricordo che nella scorsa legislatura – lì, forse, c'è il conflitto di interesse – il giorno dopo che scoppiò il caso Mafia Capitale, che coinvolgeva diversi partiti, venne l'allora Viceministro Costa, oggi deputato dell'opposizione, che disse: dobbiamo intervenire urgentemente. Ci si aspettava che si parlasse della lotta alla mafia, visto che era scoppiato il caso di Mafia Capitale, e invece l'urgenza era data dall'intervenire sulle intercettazioni imbavagliandole.
  Siccome non lo consideravo degno di uno Stato di diritto allora, non lo considero degno di uno Stato di diritto adesso.
  In due minuti cerco di toccare alcuni punti. Relativamente alla geografia giudiziaria, dobbiamo essere tutti consapevoli del fatto che un conto è non chiudere un tribunale, un conto è riaprirlo, in termini economici. Il Governo sta cercando di fare una rilettura – saluto l'ex Ministro Andrea Orlando – delle condizioni in cui versano Pag. 28alcuni tribunali, partendo da due criteri: uno, quelli che si trovano in una geografia giudiziaria particolarmente difficile; due, quelli che si trovano in un territorio con un alto livello di criminalità organizzata.
  Sulla prescrizione ho detto già diverse cose pubblicamente. Non dico che quello dell'interruzione o della sospensione dopo la prima sentenza sia un punto di arrivo. È un punto di partenza. Vi dico solo che sulla prescrizione c'è la maggiore distanza tra cittadini e politica. Il cittadino non comprende come, dopo che lo Stato ha investito soldi per portare avanti indagini e un processo che addirittura arriva alla sentenza di primo grado, a un certo punto si dica: finisce tutto.
  Siccome questo è diventato il cavillo dietro il quale il legislatore si è nascosto, io intendo portare avanti una nuova logica, per cui lo Stato si prende le proprie responsabilità sulla ragionevole durata del processo, investe risorse e fa sì che tutti coloro che si rivolgono alla giustizia, imputati e persone offese dal reato, ricevano una risposta nel merito sulla reale verificazione del fatto e sulla configurazione del fatto come reato o meno.
  Su tutto il resto tornerò volentieri a parlare e a confrontarmi con la Commissione. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro Bonafede.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Lo scorrimento delle graduatorie avverrà a settembre. Questo è un punto a cui tengo.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Ci riaggiorneremo per una prossima seduta. Grazie mille.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.30.